Discorsi 2005-13 19051

ALLA COMUNITÀ DELLA PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA "TERESIANUM" DI ROMA Sala Clementina Giovedì, 19 maggio 2011

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Cari Fratelli e Sorelle!

Sono lieto di incontrarvi e di unirmi a voi nel rendimento di grazie al Signore per i 75 anni della Pontificia Facoltà Teologica Teresianum. Saluto cordialmente il Gran Cancelliere, Padre Saverio Cannistrà, Preposito Generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, e lo ringrazio per le belle espressioni che mi ha rivolto; con lui accolgo molto volentieri i Padri della Casa Generalizia. Saluto il Preside, Padre Aniano Álvarez-Suárez, le Autorità accademiche e l’intero corpo docente del Teresianum, e con affetto saluto voi, cari studenti, Carmelitani Scalzi, religiosi e religiose di diversi Ordini, sacerdoti e seminaristi. Sono passati, dunque, tre quarti di secolo da quel 16 luglio 1935, memoria liturgica della Beata Vergine del Monte Carmelo, in cui l’allora Collegio Internazionale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi nell’Urbe fu eretto a Facoltà Teologica. Fin dall’inizio essa si orientò ad approfondire la teologia spirituale nel quadro della questione antropologica. Nel corso degli anni, venne poi a costituirsi l’Istituto di Spiritualità, che assieme alla Facoltà Teologica compone il polo accademico che va sotto il nome di Teresianum.

Considerando con sguardo retrospettivo la storia di questa Istituzione, vogliamo lodare il Signore per le meraviglie che ha compiuto in essa e, attraverso di essa, nei tanti studenti che l’hanno frequentata. Anzitutto, perché far parte di tale comunità accademica costituisce una peculiare esperienza ecclesiale, avvalorata da tutta la ricchezza di una grande famiglia spirituale qual è l’Ordine dei Carmelitani Scalzi. Pensiamo al vasto movimento di rinnovamento originato nella Chiesa dalla testimonianza dei santi Teresa di Gesù e Giovanni della Croce. Esso suscitò quel riaccendersi di ideali e di fervori di vita contemplativa che nel sedicesimo secolo ha, per così dire, infiammato l’Europa e il mondo intero. Cari studenti, sulla scia di questo carisma si colloca anche il vostro lavoro di approfondimento antropologico e teologico, il compito di penetrare il mistero di Cristo, con quella intelligenza del cuore che è insieme un conoscere e un amare; ciò esige che Gesù sia posto al centro di tutto, dei vostri affetti e pensieri, del vostro tempo di preghiera, di studio e di azione, di tutto il vostro vivere. Lui è la Parola, il “libro vivente”, come lo è stato per santa Teresa d’Avila, che affermava: “per apprendere la verità non ebbi altro libro che Dio” (Vita 26,5). Auguro a ciascuno di voi di poter dire con san Paolo: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore” (
Ph 3,8).

A tale proposito, vorrei richiamare la descrizione che santa Teresa fa dell’esperienza interiore della conversione, così come lei stessa la visse un giorno davanti al Crocifisso. Scrive: “Appena lo guardai… fu così grande il dolore che provai, la pena dell’ingratitudine con la quale rispondevo al suo amore che mi parve che il cuore mi si spezzasse. Mi gettai ai suoi piedi tutta in lacrime e lo supplicai di farmi la grazia di non offenderlo più” (Autobiografia 9,1). Con lo stesso impeto, la Santa sembra chiedere anche a noi: come restare indifferenti a tanto amore? Come ignorare Colui che ci ha amato con una misericordia così grande? L’amore del Redentore merita tutta l’attenzione del cuore e della mente, e può attivare anche in noi quel mirabile circolo in cui amore e conoscenza si alimentano reciprocamente. Durante i vostri studi teologici, tenete sempre lo sguardo rivolto al motivo ultimo per cui li avete intrapresi, cioè a quel Gesù che “ci ha amato e ha dato la sua vita per noi” (cfr 1Jn 3,16). Siate consapevoli che questi anni di studio sono un dono prezioso della Provvidenza divina; dono che va accolto con fede e vissuto diligentemente, come una irripetibile opportunità per crescere nella conoscenza del mistero di Cristo.

Grande importanza riveste, nel contesto attuale, lo studio approfondito della spiritualità cristiana a partire dai suoi presupposti antropologici. La specifica preparazione che esso fornisce è certamente importante perché rende idonei e abilita all’insegnamento di questa disciplina, ma costituisce una grazia ancor più grande per il bagaglio sapienziale che porta con sé in ordine al delicato compito della direzione spirituale. Come non ha mai smesso di fare, ancora oggi la Chiesa continua a raccomandare la pratica della direzione spirituale, non solo a quanti desiderano seguire il Signore da vicino, ma ad ogni cristiano che voglia vivere con responsabilità il proprio Battesimo, cioè la vita nuova in Cristo. Ognuno, infatti, e in modo particolare quanti hanno accolto la chiamata divina ad una sequela più prossima, necessita di essere accompagnato personalmente da una guida sicura nella dottrina ed esperta nelle cose di Dio; essa può aiutare a guardarsi da facili soggettivismi, mettendo a disposizione il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze vissute nella sequela di Gesù. Si tratta di instaurare quello stesso rapporto personale che il Signore aveva con i suoi discepoli, quello speciale legame con cui Egli li ha condotti, dietro di sé, ad abbracciare la volontà del Padre (cfr Lc 22,42), ad abbracciare, cioè, la croce. Anche voi, cari amici, nella misura in cui sarete chiamati a questo insostituibile compito, fate tesoro di quanto avete appreso in questi anni di studio, per accompagnare quanti la provvidenza divina vi affiderà, aiutandoli nel discernimento degli spiriti e nella capacità di assecondare le mozioni dello Spirito Santo, con l’obiettivo di condurli alla pienezza della grazia, “fino a raggiungere - come dice san Paolo - la misura della pienezza di Cristo” (Ep 4,13).

Cari amici, voi provenite dalle più diverse parti del mondo. Qui a Roma il vostro cuore e la vostra intelligenza sono provocati ad aprirsi alla dimensione universale della Chiesa, sono stimolati a sentire cum Ecclesia, in profonda sintonia con il Successore di Pietro. Vi esorto, pertanto, a vivere una sempre maggiore e più appassionata capacità di amare e di servire la Chiesa. In questo tempo pasquale, chiediamo al Signore Risorto il dono del suo Spirito, e lo chiediamo sostenuti dalla preghiera della Vergine Maria; Ella, che nel Cenacolo ha invocato con gli Apostoli il Paraclito, vi ottenga il dono della sapienza del cuore e attiri una rinnovata effusione di doni celesti per il futuro che vi attende. Per intercessione della Madre di Dio e dei santi Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, imparto di cuore alla comunità del Teresianum e all’intera Famiglia carmelitana la Benedizione Apostolica.



AI DIRIGENTI, DOCENTI E STUDENTI DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Aula Paolo VI Sabato, 21 maggio 2011

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Signori Cardinali,
Magnifico Rettore, illustri Docenti,
distinti rappresentanti del personale,
cari studenti!

Sono molto lieto di avere questo incontro con voi che formate la grande famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sorta novant’anni fa su iniziativa dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore e garante dell’Ateneo, per la felice intuizione di Padre Agostino Gemelli. Ringrazio il Cardinale Tettamanzi e il Prof. Ornaghi, per le calorose parole che mi hanno rivolto a nome di tutti.

Il nostro tempo è tempo di grandi e rapide trasformazioni, che si riflettono anche sulla vita universitaria: la cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento, mentre l’accento viene posto sulle discipline dette ‘produttive’, di ambito tecnologico ed economico; si riscontra la tendenza a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso. La cultura contemporanea, poi, tende a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato. In questo contesto, le motivazioni e le caratteristiche stesse della istituzione universitaria vengono poste radicalmente in questione.

A novant’anni dalla sua fondazione, l’Università Cattolica del Sacro Cuore si trova a vivere in questo tornante storico, in cui è importante consolidare e incrementare le ragioni per le quali è nata, recando quella connotazione ecclesiale che è evidenziata dall’aggettivo “cattolica”; la Chiesa, infatti, “esperta in umanità”, è promotrice di umanesimo autentico. Emerge, in questa prospettiva, la vocazione originaria dell’Università, nata dalla ricerca della verità, di tutta la verità, di tutta la verità del nostro essere. E con la sua obbedienza alla verità e alle esigenze della sua conoscenza essa diventa scuola di humanitas nella quale si coltiva un sapere vitale, si forgiano alte personalità e si trasmettono conoscenze e competenze di valore. La prospettiva cristiana, come quadro del lavoro intellettuale dell'Università, non si contrappone al sapere scientifico e alle conquiste dell’ingegno umano, ma, al contrario, la fede allarga l'orizzonte del nostro pensiero, è via alla verità piena, guida di autentico sviluppo. Senza orientamento alla verità, senza un atteggiamento di ricerca umile e ardita, ogni cultura si sfalda, decade nel relativismo e si perde nell’effimero. Sottratta invece alla morsa di un riduzionismo che la mortifica e la circoscrive può aprirsi ad un’interpretazione veramente illuminata del reale, svolgendo così un autentico servizio alla vita.

Cari amici, fede e cultura sono grandezze indissolubilmente connesse, manifestazione di quel desiderium naturale videndi Deum che è presente in ogni uomo. Quando questo connubio si infrange, l’umanità tende a ripiegarsi e a rinchiudersi nelle sue stesse capacità creative. È necessario, allora, che in Università abiti un’autentica passione per la questione dell'Assoluto, la Verità stessa, e quindi anche per il sapere teologico, che nel vostro Ateneo è parte integrante del dispositivo curricolare. Unendo in sé l’audacia della ricerca e la pazienza della maturazione, l’orizzonte teologico può e deve valorizzare tutte le risorse della ragione. La questione della Verità e dell'Assoluto - la questione di Dio - non è un’investigazione astratta, avulsa dalla realtà del quotidiano, ma è la domanda cruciale, da cui dipende radicalmente la scoperta del senso del mondo e della vita. Nel Vangelo si fonda una concezione del mondo e dell’uomo che non cessa di sprigionare valenze culturali, umanistiche ed etiche. Il sapere della fede quindi illumina la ricerca dell’uomo, la interpreta umanizzandola, la integra in progetti di bene, strappandola alla tentazione del pensiero calcolatore, che strumentalizza il sapere e fa delle scoperte scientifiche mezzi di potere e di asservimento dell’uomo.

L’orizzonte che anima il lavoro universitario può e deve essere la passione autentica per l’uomo. Solo nel servizio all’uomo la scienza si svolge come vera coltivazione e custodia dell’universo. E servire l’uomo è fare la verità nella carità, è amare la vita, rispettarla sempre, a cominciare dalle situazioni in cui essa è più fragile e indifesa. È questo un nostro compito, specialmente nei tempi di crisi: la storia della cultura mostra come la dignità dell’uomo sia stata riconosciuta veramente nella sua integralità alla luce della fede cristiana. L’Università Cattolica è chiamata ad essere luogo in cui prende forma di eccellenza quell’apertura al sapere, quella passione per la verità, quell’interesse per la storia dell’uomo che caratterizzano l’autentica spiritualità cristiana. Porsi infatti, in atteggiamento di chiusura o di distacco di fronte alla prospettiva della fede significa dimenticare che essa è stata lungo la storia, e lo è tuttora, fermento di cultura e luce per l’intelligenza, stimolo a svilupparne tutte le potenzialità positive per il bene autentico dell’uomo. Come afferma il Concilio Vaticano II, la fede è capace di donare luce all’esistenza. Dice il Concilio che la fede: “Tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane” (Gaudium et spes
GS 11).

L’Università Cattolica è luogo in cui ciò deve avvenire con singolare efficacia, sotto il profilo sia scientifico, sia didattico. Questo peculiare servizio alla Verità è dono di grazia ed espressione qualificante di carità evangelica. L’attestazione della fede e la testimonianza della carità sono inscindibili (cfr 1Jn 3,23). Il nucleo profondo della verità di Dio, infatti, è l’amore con cui Egli si è chinato sull’uomo e, in Cristo, gli ha offerto doni infiniti di grazia. In Gesù noi scopriamo che Dio è amore e che solo nell'amore possiamo conoscerLo: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio perché Dio è amore” (1Jn 4,7 1Jn 4,8) dice san Giovanni. E sant’Agostino afferma: “Non intratur in veritatem nisi per caritatem” (Contra Faustum, 32). Il vertice della conoscenza di Dio si raggiunge nell'amore; quell’amore che sa andare alla radice, che non si accontenta di occasionali espressioni filantropiche, ma illumina il senso della vita con la Verità di Cristo, che trasforma il cuore dell’uomo e lo strappa agli egoismi che generano miseria e morte. L’uomo ha bisogno di amore, l’uomo ha bisogno di verità, per non disperdere il fragile tesoro della libertà ed essere esposto alla violenza delle passioni e a condizionamenti aperti ed occulti (cfr Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus CA 46). La fede cristiana non fa della carità un sentimento vago e pietoso, ma una forza capace di illuminare i sentieri della vita in ogni sua espressione. Senza questa visione, senza questa dimensione teologale originaria e profonda, la carità si accontenta dell’aiuto occasionale e rinuncia al compito profetico, che le è proprio, di trasformare la vita della persona e le strutture stesse della società. È questo un impegno specifico che la missione in Università vi chiama a realizzare come protagonisti appassionati, convinti che la forza del Vangelo è capace di rinnovare le relazioni umane e penetrare nel cuore della realtà.

Cari giovani universitari della “Cattolica”, voi siete la dimostrazione vivente di quel carattere della fede che cambia la vita e salva il mondo, con i problemi e le speranze, con gli interrogativi e le certezze, con le aspirazioni e gli impegni che il desiderio di una vita migliore genera e la preghiera alimenta. Cari rappresentanti del personale tecnico-amministrativo siate fieri dei compiti che vi sono assegnati nel contesto della grande famiglia universitaria a supporto della multiforme attività formativa e professionale. E a voi, cari Docenti, è affidato un ruolo decisivo: mostrare come la fede cristiana sia fermento di cultura e luce per l’intelligenza, stimolo a svilupparne tutte le potenzialità positive, per il bene autentico dell’uomo. Ciò che la ragione scorge, la fede illumina e manifesta. La contemplazione dell’opera di Dio dischiude al sapere l’esigenza dell’investigazione razionale, sistematica e critica; la ricerca di Dio rafforza l’amore per le lettere e per le scienze profane: «Fides ratione adiuvatur et ratio fide perficitur», afferma Ugo di San Vittore (De sacramentis, I, III, 30: PL 176, 232). In questa prospettiva, cuore pulsante e alimento costante della vita universitaria è la Cappella, a cui è unito il Centro Pastorale ove gli Assistenti Spirituali delle diverse sedi sono chiamati a svolgere la loro preziosa missione sacerdotale che è imprescindibile per l’identità dell’Università Cattolica. Come insegna il Beato Giovanni Paolo II, la Cappella “è luogo dello spirito, dove sostano in preghiera e trovano alimento, orientamento e sostegno i credenti in Cristo, che vivono con modalità diverse la vita intensa dell’Università; è palestra di virtù cristiane, dove cresce e si sviluppa la vita battesimale, e si esprime con ardore apostolico; è casa accogliente ed aperta, per tutti coloro che, ascoltando il Maestro interiore, si fanno cercatori di verità e servono l’uomo nella dedizione diuturna a un sapere non pago di orizzonti angusti e pragmatici. Nel contesto della modernità declinante, essa diventa con spiccato accento centro vivo e propulsivo di animazione cristiana della cultura: nel dialogo rispettoso e franco, nella proposta chiara e motivata (cfr 1P 3,15), nella testimonianza che interroga e convince” (Discorso ai Cappellani europei, 1 maggio 1998). Così Papa Giovanni Paolo II nel 1998.

Cari amici, auspico che l’Università Cattolica del Sacro Cuore, in sintonia di intenti con l’Istituto Toniolo, prosegua con rinnovata fiducia il suo cammino, mostrando efficacemente che la luce del Vangelo è sorgente di vera cultura capace di sprigionare energie di un umanesimo nuovo, integrale, trascendente. Vi affido a Maria Sedes Sapientiae e con affetto vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.




COLLEGAMENTO CON LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE - COLLOQUIO CON GLI ASTRONAUTI Sala dei Foconi Sabato, 21 maggio 2011

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Introduzione

Cari astronauti,

sono molto lieto di avere questa straordinaria possibilità di una conversazione con voi durante la vostra missione. Sono particolarmente grato di potermi rivolgere a così tanti di voi, data la presenza contemporanea in questo momento di due equipaggi sulla Stazione Spaziale.

L’umanità vive un periodo di rapidissimo progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecniche. In certo senso voi siete i nostri rappresentanti - la punta avanzata dell’umanità che esplora nuovi spazi e nuove possibilità per il nostro avvenire, andando aldilà dei limiti delle nostre esperienze quotidiane.

Tutti ammiriamo il vostro coraggio, la disciplina e l’impegno con cui vi siete preparati per questa missione. Noi siamo convinti che siete animati da nobili ideali e che volete mettere i frutti delle vostre ricerche e delle vostre imprese a disposizione di tutta l’umanità e per il bene comune.

Questa conversazione mi dà quindi modo di esprimere anch’io la mia ammirazione e il mio apprezzamento per voi e tutti quelli che collaborano a rendere possibile la vostra impresa e di incoraggiarvi cordialmente nel portarla a compimento con sicurezza e successo.

Ma questa deve essere una conversazione, perciò non devo essere solo io a parlare. Anzi sono molto interessato a sentire da voi le vostre esperienze e le vostre riflessioni. Permettetemi quindi di rivolgervi alcune domande:

Domande (le prime quattro in inglese, la quinta in italiano)

Prima domanda
Dalla Stazione Spaziale vedete la nostra Terra da una prospettiva molto diversa. Sorvolate continenti e popoli diversi molte volte al giorno. Credo che per voi sia evidente che viviamo tutti insieme su una sola Terra e che è assurdo combattersi e uccidersi fra noi. So che la moglie di Mark Kelly è stata vittima di un grave attentato e spero che la sua salute continui a migliorare. Contemplando dall’alto la Terra, quali considerazioni fate dunque sul modo in cui le nazioni e i popoli vivono insieme quaggiù, o su come la scienza può contribuire alla causa della pace?

R. – (Mark Kelly, Usa)
Grazie, Santità, per le sue parole gentili e grazie per avere ricordato mia moglie Gabby. La sua è una domanda interessante. Infatti, noi voliamo sul mondo e non vediamo confini, ma allo stesso tempo ci rendiamo conto del fatto che i popoli si combattono, che c’è tanta violenza in questo mondo e questo è veramente una disgrazia. In genere, i popoli si combattono per ragioni diverse. Lo vediamo oggi nel Medio Oriente: in parte ne va della democrazia, ma normalmente i popoli lottano per le risorse. E’ interessante quello che accade nello spazio: sulla Terra, infatti, spesso si lotta per l’energia; nello spazio, utilizziamo l’energia solare e sulla Stazione spaziale abbiamo riserve energetiche. Vede, la scienza e la tecnologia applicate alla Stazione spaziale per sviluppare il potenziale di energia solare ci rifornisce in realtà di una quantità pressoché illimitata di energia. Ecco, se queste tecnologie fossero maggiormente utilizzate sulla Terra, probabilmente si potrebbe ridurre anche la violenza.

Seconda domanda
Uno dei temi su cui ritorno spesso nei miei discorsi è quello della responsabilità che tutti abbiamo per l’avvenire del nostro Pianeta. Ricordo che vi sono seri rischi per l’ambiente e per la sopravvivenza delle future generazioni. Gli scienziati ci invitano alla prudenza, e dal punto di vista etico dobbiamo far crescere le nostre coscienze. Dal vostro punto straordinario di osservazione come vedete la situazione della Terra? Vedete dei segni o dei fenomeni a cui dobbiamo essere più attenti?

R. – (Ron Garan, Usa)
Santità, è un grande onore parlare con lei. Ha ragione: quello che abbiamo da qui è veramente un punto di vista straordinario. Da un lato, vediamo quanto indescrivibilmente bello sia il pianeta che ci è stato dato; dall’altro, possiamo vedere quanto in realtà sia fragile. Prendiamo, ad esempio, l’atmosfera: vista dallo spazio, essa è fina come un foglio di carta, e il pensiero che questo strato fino come un foglio di carta sia tutto quello che separa qualsiasi essere vivente dal vuoto dello spazio, e che sia tutto quello che ci protegge, è un pensiero che fa riflettere. Vede, a noi sembra incredibile vedere la Terra appesa nel nero dello spazio e pensare che noi ci troviamo lì, tutti insieme, nella corsa di questa fragile oasi attraverso l’universo … Ecco, ci ricolma di grande speranza il pensiero di trovarci tutti insieme a bordo di questa incredibile Stazione spaziale orbitante, realizzata da tanti Paesi in collaborazione internazionale, per svolgere questa grandiosa impresa in orbita … Vede, questo dimostra che lavorando insieme, collaborando, possiamo superare molti dei problemi che il pianeta si trova ad affrontare, potremmo risolvere molte delle sfide poste agli abitanti del nostro pianeta, che è veramente un bellissimo luogo in cui vivere e lavorare, e questo [nel quale ci troviamo] è un luogo incredibile per ammirare la nostra bella Terra!

Terza domanda
L’esperienza che state facendo ora è straordinaria e importantissima, ma poi tornerete su questa Terra come tutti noi. Quando tornerete sarete guardati con ammirazione, sarete trattati come degli eroi e parlerete con grande autorità. Vi inviteranno a parlare delle vostre esperienze. Quali saranno i messaggi più importanti che vorreste poter indirizzare, soprattutto ai giovani, che vivranno in un mondo profondamente segnato dalle vostre esperienze e dalle vostre scoperte?

R. – (Mike Finchke, Usa)
Santità, come hanno detto i miei colleghi, noi possiamo guardare in basso ed ammirare quello splendido pianeta Terra che ha fatto Dio, che è il più bel pianeta nell’intero sistema solare. Però, se alziamo lo sguardo, vediamo il resto dell’universo, e l’universo è lì per essere esplorato da noi. E la Stazione spaziale internazionale è solamente un simbolo, un esempio di quello che gli esseri umani possono fare quando lavorano insieme in termini costruttivi. Quindi il nostro messaggio – uno dei nostri messaggi, ma credo il più importante – è che dobbiamo far sapere ai figli, ai giovani di questo pianeta che intorno a noi c’è tutto un universo da esplorare. E che se lo facciamo insieme, non c’è nulla che non possiamo ottenere!

Quarta domanda
L’esplorazione dello spazio è un’avventura scientifica affascinante. So infatti che in questi giorni installate nuovi strumenti per la ricerca scientifica e lo studio delle radiazioni che giungono dagli spazi più lontani. Ma credo che sia anche un’avventura dello spirito umano, uno stimolo potente a riflettere sull’origine e sul destino dell’universo e dell’umanità. I credenti guardando spesso verso gli spazi sconfinati, meditando sul Creatore di tutto ciò, e sono colpiti dal mistero della sua grandezza. Perciò la medaglia che ho affidato a Roberto (Vittori) come segno della mia partecipazione alla vostra missione rappresenta la creazione dell’uomo, dipinta da Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina. Nel vostro intenso impegno di lavoro e di ricerca, vi succede di fermarvi e fare simili riflessioni - forse anche di rivolgere una preghiera al Creatore? Oppure sarà più facile per voi riflettere su queste cose quando sarete ritornati sulla Terra?

R. – (Roberto Vittori, Italia)
Santità, vivere a bordo della Stazione spaziale internazionale, lavorare da astronauta sullo shuttle Soyuz della Stazione è un’esperienza estremamente intensa. Ma, quando scende la notte, noi tutti possiamo guardare in basso, alla Terra: il nostro pianeta, il pianeta blu, è bellissimo. Blu è il colore del nostro pianeta, blu è il colore del cielo, blu è anche il colore dell’Aeronautica militare italiana, l’organizzazione che mi ha dato l’opportunità di entrare nell’Agenzia spaziale italiana prima e quindi nell’Agenzia spaziale europea. Quando abbiamo un momento di tempo per guardare verso il basso la bellezza, che è l’effetto tridimensionale della bellezza del nostro pianeta, cattura il nostro cuore, cattura il mio cuore. E allora prego: prego per me, per le nostre famiglie, per il nostro futuro. Ho portato con me la medaglia, e la faccio galleggiare davanti a me, a dimostrazione dell’assenza di gravità. Io desidero ringraziarla molto per questa opportunità; voglio che questa medaglia fluttui verso il mio amico e collega Paolo: infatti, lui tornerà sulla Terra sul Soyuz. Io l’ho portata con me nello spazio e lui la riporterà sulla Terra per restituirla a lei.

Quinta domanda - in italiano - per Paolo Nespoli
La mia ultima domanda è per Paolo. Caro Paolo, so che nei giorni scorsi la tua mamma ti ha lasciato e quando fra pochi giorni tornerai a casa non la troverai più ad aspettarti. Tutti ti siamo stati vicini, anche io ho pregato per lei…Come hai vissuto questo tempo di dolore? Nella vostra Stazione vi sentite lontani e isolati e soffrite un senso di separazione, o vi sentite uniti fra voi e inseriti in una comunità che vi accompagna con attenzione e affetto?

R. – (Paolo Nespoli, Italia)
Santo Padre, ho sentito le sue preghiere, le vostre preghiere arrivare fino qua su: è vero, siamo fuori da questo mondo, orbitiamo intorno alla Terra ed abbiamo un punto di vantaggio per guardare la Terra e per sentire tutto quello che ci sta attorno. I miei colleghi qui, a bordo della Stazione – Dimitri, Kelly, Ron, Alexander e Andrei – mi sono stati vicini in questo momento importante per me, molto intenso, così come i miei fratelli, le mie sorelle, le mie zie, i miei cugini, i miei parenti sono stati vicini a mia madre negli ultimi momenti. Sono grato di tutto questo. Mi sono sentito lontano ma anche molto vicino, e sicuramente il pensiero di sentire tutti voi vicino a me, uniti in questo momento, è stato di estremo sollievo. Ringrazio anche l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale americana, che hanno messo a disposizione le risorse affinché io abbia potuto parlare con lei negli ultimi momenti.

Parole conclusive del Papa:

Cari astronauti,

vi ringrazio cordialmente per questa bellissima occasione di incontro e di dialogo con voi. Avete aiutato me e tante altre persone a riflettere insieme su temi importanti per l’avvenire dell’umanità. Faccio i migliori auguri per il vostro lavoro e per il successo della vostra grande missione al servizio della scienza, della collaborazione internazionale, del progresso autentico e della pace nel mondo. Continuerò a seguirvi con il mio pensiero e la mia preghiera e vi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.



ALLA DELEGAZIONE DELLA EX-REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA, IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI IN ONORE DEI SANTI CIRILLO E METODIO Lunedì, 23 maggio 2011

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Signor Presidente,
Onorevoli Membri del Governo e Distinte Autorità,
Venerati Fratelli Rappresentanti
della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Cattolica!

Sono particolarmente lieto di accogliervi e di rivolgere a ciascuno il mio cordiale saluto, in particolare il Signor Presidente della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia. La festa dei santi Cirillo e Metodio è per noi tutti motivo di gioia. Questi Santi fratelli inviati ai popoli slavi annunziarono il Vangelo tra tante difficoltà, ma sempre sorretti da una incrollabile fiducia nel Signore. Essi sono stati animati dalla passione di far conoscere il Vangelo di Cristo e per tale motivo si prodigarono a far conoscere la dottrina cristiana, raccogliendola in libri scritti in lingua slava. Senza dubbio fu questo un evento decisivo per la crescita e lo sviluppo della civiltà e della cultura slava in generale. La testimonianza e l’insegnamento dei santi Cirillo e Metodio sono ancora attuali sia per coloro che sono al servizio del Vangelo, sia per coloro che sono chiamati a governare le sorti delle Nazioni.

La vita di questi uomini fu totalmente dedicata all’attività apostolica e l’intuizione divina di rendere comprensibile e accessibile il messaggio della Rivelazione alle popolazioni fu motivo di unità per tradizioni e culture differenti. Nell’accoglienza del disegno salvifico di Dio, i popoli possono ritrovare i fondamenti sui quali edificare civiltà e società pervase dallo spirito di riconciliazione e di convivenza pacifica. Non vi può essere unità reale senza il rispetto per la dignità di ogni persona umana e dei suoi diritti inalienabili. Il Vangelo di Cristo, lo avevano ben compreso i santi Cirillo e Metodio, è capace di illuminare ogni ambito e dimensione dell’esperienza umana, per renderla pienamente umana. La Parola di Dio chiama continuamente alla conversione del cuore, perché ogni decisione, ogni scelta siano purificati da interessi egoistici; ed è proprio da questa permanente conversione a Dio che è possibile far nascere un’umanità nuova.

Il vostro pellegrinaggio annuale a Roma sia occasione per rinnovare i vincoli di amicizia tra la vostra Nazione e la Chiesa Cattolica e, al tempo stesso, per rafforzare e promuovere l’impegno per il bene del vostro Paese. Invochiamo l’intercessione dei santi Cirillo e Metodio, perché il Signore possa donare la sua pace e benedire le popolazione della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia!





SALUTO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLA DELEGAZIONE DELLA BULGARIA NELLA MEMORIA LITURGICA DEI SANTI CIRILLO E METODIO Lunedì, 23 maggio 2010

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Signora Presidente del Parlamento,
Onorevoli Membri del Governo e distinte Autorità,
Venerati Fratelli della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Cattolica!

Desidero rivolgere il mio deferente saluto alla Delegazione ufficiale della Bulgaria - guidata dalla Signora Presidente del Parlamento - giunta a Roma, come è consuetudine, nel contesto della festa liturgica dei Santi Cirillo e Metodio. Questo gradito incontro, che si rinnova anche quest’anno, mi offre l’opportunità di ribadire la rilevanza spirituale e culturale di questi due illustri e benemeriti pionieri dell'evangelizzazione dell'Europa, le cui figure sono onorate tanto in Oriente quanto in Occidente. Grazie alla loro coraggiosa predicazione per le strade del Continente, essi favorirono un vasto rinnovamento spirituale e posero le basi per un’autentica promozione della libertà e dell'unità dell'Europa cristiana. Cirillo e Metodio furono «vangeli viventi» e segni eloquenti della bontà del Signore, per questo la loro testimonianza raggiunse più facilmente gli uomini del loro tempo.

Ai popoli europei, che si aprono in questi anni a nuove prospettive di cooperazione, questi due grandi Santi ricordano che la loro unità sarà più salda se basata sulle comuni radici cristiane. Infatti, nella complessa storia dell'Europa, il Cristianesimo rappresenta un elemento centrale e qualificante. La fede cristiana ha plasmato la cultura del vecchio Continente e si è intrecciata in modo indissolubile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il Cristianesimo ha assunto un ruolo sempre più rilevante.

Risulta, pertanto, importante che l'Europa cresca anche nella dimensione spirituale, sulla scia della sua storia migliore. L'unità del Continente, che sta progressivamente maturando nelle coscienze e si sta definendo anche sul versante politico, rappresenta una prospettiva di grande speranza. Gli Europei sono chiamati ad impegnarsi per creare le condizioni di una profonda coesione e di una effettiva collaborazione tra i popoli. Per edificare su solide basi la nuova Europa non basta fare appello ai soli interessi economici, ma è necessario far leva piuttosto sui valori autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale, inscritta nel cuore di ogni uomo.

Auspico di cuore che l’eredità morale e culturale dei Santi Cirillo e Metodio alimenti sempre in ciascuno di voi il desiderio di valorizzare il patrimonio spirituale delle vostre terre e, in pari tempo, quello dell’apertura e della comunione nel reciproco rispetto. Possa questo nostro incontro essere motivo di ulteriori rapporti nella fraternità e nella solidarietà. Il Signore benedica il vostro caro Paese e tutti i suoi cittadini.





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