Discorsi 2005-13 30151

AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE Sala Clementina Lunedì, 30 maggio 2011

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Signori Cardinali,
Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle,

quando lo scorso 28 giugno, ai Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo annunciai di voler istituire un Dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione, davo uno sbocco operativo alla riflessione che avevo condotto da lungo tempo sulla necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana, che si sta verificando in tanti Paesi, soprattutto di antica tradizione cristiana. Oggi, con questo incontro, posso costatare con piacere che il nuovo Pontificio Consiglio è diventato una realtà. Ringrazio Mons. Salvatore Fisichella per le parole che mi ha rivolto, introducendomi ai lavori della vostra prima Plenaria. Un saluto cordiale a tutti voi con l’incoraggiamento per il contributo che darete al lavoro del nuovo Dicastero, soprattutto in vista della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che, nell’ottobre 2012, affronterà proprio il tema Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana.

Il termine “nuova evangelizzazione” richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana. Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore. Il Concilio Vaticano II ricordava che “i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove” (Decr. Ad Gentes
AGD 6). Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile. Proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo, per rendere ragione della propria fede in situazioni differenti dal passato. La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica. Nei decenni passati era ancora possibile ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni, cresciute all’ombra della fede che aveva plasmato la cultura. Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede.

Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cfr Ac 2,1-4), è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo. Sant’Agostino afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli Apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma “questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. E fu in tal modo che la grazia tramite gli Apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il Vangelo… anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio Unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra” (Sermo 239,1). La grazia della missione ha sempre bisogno di nuovi evangelizzatori capaci di accoglierla, perché l’annuncio salvifico della Parola di Dio non venga mai meno, nelle mutevoli condizioni della storia.

Esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma quello stesso annuncio ha bisogno oggi di un rinnovato vigore per convincere l’uomo contemporaneo, spesso distratto e insensibile. La nuova evangelizzazione, per questo, dovrà farsi carico di trovare le vie per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza, senza del quale l’esistenza personale permane nella sua contraddittorietà e priva dell’essenziale. Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità. Mi auguro che nel lavoro di questi giorni possiate delineare un progetto in grado di aiutare tutta la Chiesa e le differenti Chiese particolari, nell’impegno della nuova evangelizzazione; un progetto dove l’urgenza per un rinnovato annuncio si faccia carico della formazione, in particolare per le nuove generazioni, e sia coniugato con la proposta di segni concreti in grado di rendere evidente la risposta che la Chiesa intende offrire in questo peculiare momento. Se, da una parte, l’intera comunità è chiamata a rinvigorire lo spirito missionario per dare l’annuncio nuovo che gli uomini del nostro tempo attendono, non si potrà dimenticare che lo stile di vita dei credenti ha bisogno di una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono. E’ per questo che vogliamo fare nostre le parole del Servo di Dio Papa Paolo VI, quando, a proposito dell’evangelizzazione, affermava: “È mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41).

Cari amici, invocando l’intercessione di Maria, Stella dell’evangelizzazione, perché accompagni i portatori del Vangelo e apra i cuori di coloro che ascoltano, vi assicuro la mia preghiera per il vostro servizio ecclesiale e imparto su tutti voi la Benedizione Apostolica.




CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani Martedì, 31 maggio 2011

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Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di unirmi a voi in preghiera, ai piedi della Vergine Santa, che oggi contempliamo nella Festa della Visitazione. Saluto e ringrazio il Signor Cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica di San Pietro, i Cardinali e i Vescovi presenti, e tutti voi che siete qui convenuti questa sera. A conclusione del mese di Maggio, vogliamo unire la nostra voce a quella di Maria, nel suo stesso cantico di lode; con Lei vogliamo magnificare il Signore per le meraviglie che continua ad operare nella vita della Chiesa e di ciascuno di noi. In particolare, è stato e rimane per tutti motivo di grande gioia e gratitudine l’avere iniziato questo mese mariano con la memorabile Beatificazione di Giovanni Paolo II. Quale grande dono di grazia è stata, per la Chiesa intera, la vita di questo grande Papa! La sua testimonianza continua ad illuminare le nostre esistenze e ci è di sprone ad essere veri discepoli del Signore, a seguirLo con il coraggio della fede, ad amarLo con lo stesso entusiasmo con cui egli ha donato a Lui la propria vita.

Meditando oggi la Visitazione di Maria, siamo portati a riflettere proprio su questo coraggio della fede. Colei che Elisabetta accoglie nella sua casa è la Vergine che “ha creduto” all’annuncio dell’Angelo e ha risposto con fede, accettando con coraggio il progetto di Dio per la sua vita e accogliendo così in sé la Parola eterna dell’Altissimo. Come sottolineava il mio beato Predecessore nell’Enciclica Redemptoris Mater, è mediante la fede che Maria ha pronunciato il suo fiat, «si è abbandonata a Dio senza riserve ed “ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla persona e all’opera del Figlio suo”» (n. 13; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium
LG 56). Per questo Elisabetta, nel salutarla, esclama: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Maria ha davvero creduto che “nulla è impossibile a Dio” (v. 37) e, forte di questa fiducia, si è lasciata guidare dallo Spirito Santo nell’obbedienza quotidiana ai suoi disegni. Come non desiderare, per la nostra vita, lo stesso abbandono fiducioso? Come potremmo precluderci quella beatitudine che nasce da una così intima e profonda consuetudine con Gesù? Perciò, rivolgendoci oggi alla “piena di grazia”, le chiediamo di ottenere anche a noi, dalla Provvidenza divina, di poter pronunciare ogni giorno il nostro “sì” ai disegni di Dio con la stessa fede umile e schietta con cui Lei ha pronunciato il suo. Ella che, accogliendo in sé la Parola di Dio, si è abbandonata a Lui senza riserve, ci guidi ad una risposta sempre più generosa e incondizionata ai suoi progetti, anche quando in essi siamo chiamati ad abbracciare la croce.

In questo tempo pasquale, mentre invochiamo dal Risorto il dono del suo Spirito, affidiamo alla materna intercessione della Madonna la Chiesa e il mondo intero. Maria Santissima che nel Cenacolo ha invocato con gli Apostoli il Consolatore, ottenga ad ogni battezzato la grazia di una vita illuminata dal mistero del Dio crocifisso e risorto, il dono di saper accogliere sempre più nella propria esistenza la signoria di Colui che con la sua risurrezione ha sconfitto la morte. Cari amici, su ciascuno di voi, sui vostri cari, in particolare su quanti soffrono, imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




VIAGGIO APOSTOLICO IN CROAZIA

(4-5 GIUGNO 2011)



INTERVISTA AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO LA CROAZIA Volo Papale Sabato, 4 giugno 2011

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Domanda - Santità, lei è già stato altre volte in Croazia e il suo predecessore ha fatto ben tre viaggi in questo Paese. Si può parlare di una relazione particolare fra la Santa Sede e la Croazia? Quali sono i motivi e gli aspetti più significativi di questa relazione e di questo viaggio?

Risposta - Personalmente sono stato due volte in Croazia. La prima volta per i funerali del cardinale Šeper - mio predecessore alla Dottrina della Fede - che era un mio grande amico, perché era Presidente anche della Commissione Teologica, di cui sono stato membro. Perciò ho conosciuto la sua bontà, la sua intelligenza, il suo discernimento, la sua allegria. E questo mi ha dato anche un’idea della Croazia stessa, perché era un grande croato e un grande europeo. E poi sono stato, ancora una volta, invitato dal suo segretario particolare Capek, anche lui un uomo di grande allegria e di grande bontà, per un simposio e per una celebrazione in un santuario mariano. Qui ho vissuto la pietà popolare, che è molto simile a quella delle mie terre, devo dire. E sono stato molto felice di vedere questa incarnazione della fede: una fede vissuta col cuore, dove il soprannaturale diventa naturale e il naturale è illuminato dal soprannaturale. E così ho visto e vissuto questa Croazia, con la sua millenaria storia cattolica, sempre molto vicina alla Santa Sede, e naturalmente con la precedente storia della Chiesa antica. Ho visto che c’è una fratellanza molto profonda nella fede, nella volontà di servire Dio per l’uomo, nell’umanesimo cristiano. In questo senso, mi sembra, c’è un collegamento naturale in questa vera cattolicità, che è aperta a tutti e che trasforma il mondo o vuol trasformare il mondo secondo le idee del Creatore.

Domanda - Santo Padre, la Croazia a breve si dovrebbe unire alle 27 nazioni che fanno parte dell’Unione Europea: però negli ultimi tempi, nel popolo croato è aumentato un certo scetticismo nei confronti dell’Unione. In questa situazione, Lei pensa di dare un messaggio di incoraggiamento ai croati, perché guardino verso l’Europa in una prospettiva non solo economica, ma anche culturale e con i valori cristiani?

Risposta - Io penso che la maggioranza dei croati pensa sostanzialmente con grande gioia a questo momento in cui si unisce all’unione Europea, perché è un popolo profondamente europeo. I cardinali sia Šeper, sia Kuharic, sia Bozanic, mi hanno sempre detto: “Noi non siamo Balcani, ma siamo Mitteleuropa”. Quindi è un popolo che sta nel centro dell’Europa, della sua storia e della sua cultura. In questo senso – penso – è logico, giusto e necessario che entri. Penso anche che il sentimento prevalente sia quello di gioia, di stare dove storicamente e culturalmente la Croazia è stata sempre. Naturalmente si può capire anche un certo scetticismo se un popolo numericamente non grande entra in questa Europa già fatta e già costruita. Si può capire che forse c’è una paura di un burocratismo centralistico troppo forte, di una cultura razionalistica, che non tiene sufficientemente conto della storia e della ricchezza della storia e anche della ricchezza della diversità storica. Mi sembra che proprio questa possa essere anche una missione di questo popolo, che entra adesso: di rinnovare nell’unità la diversità. L’identità europea è un’identità propria nella ricchezza delle diverse culture, che convergono nella fede cristiana, nei grandi valori cristiani. Perché questo sia di nuovo visibile e efficiente, mi sembra sia proprio anche una missione dei croati che entrano adesso di rafforzare, contro un certo razionalismo astratto, la storicità delle nostre culture e la diversità, che è la nostra ricchezza. In questo senso incoraggio i croati: il processo di entra in Europa è un processo reciproco di dare e di ricevere. Anche la Croazia dà con la sua storia, con la sua capacità umana ed economica, e riceve naturalmente, anche allargando così l’orizzonte e vivendo in questo grande commercio non solo economico, ma soprattutto anche culturale e spirituale.

Domanda - Molti croati speravano che in occasione del suo viaggio potesse avvenire la canonizzazione del beato cardinale Stepinac: qual è per lei l’importanza oggi della sua figura?

Risposta - Il cardinale era un grande pastore e un grande cristiano e così anche un uomo di un umanesimo esemplare. Io direi che era la sorte del cardinale Stepinac che ha dovuto vivere in due dittature contrastanti, ma che erano entrambe antiumaniste: prima il regime ustascia, che sembrava adempiere il sogno dell’autonomia e dell’indipendenza, ma in realtà era un’autonomia che era una menzogna perché strumentalizzata da Hitler per i suoi scopi. Il cardinale Stepinac ha capito molto bene questo e ha difeso l’umanesimo vero contro questo regime, difendendo serbi, ebrei, zingari; ha dato – diciamo - la forza di un vero umanesimo, anche soffrendo. Poi c’è stata la dittatura contraria del comunismo, dove di nuovo ha lottato per la fede, per la presenza di Dio nel mondo, per il vero umanismo che è dipendente dalla presenza di Dio: solo l’uomo è immagine di Dio e l’umanesimo fiorisce. Così era - diciamo – il suo destino: lottare in due lotte diverse e contrastanti e proprio in questa decisione per il vero contro lo spirito dei tempi, questo vero umanesimo che viene dalla fede cristiana, è un grande esempio non solo per i croati, ma per tutti noi.



CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto Internazionale di Zagreb Pleso Sabato, 4 giugno 2011

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Signor Presidente della Repubblica,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle!

Con profonda gioia vengo in mezzo a voi come pellegrino, nel nome di Gesù Cristo. Rivolgo il mio più cordiale saluto all’amata terra croata e, quale successore dell’apostolo Pietro, stringo in un grande abbraccio tutti i suoi abitanti. Saluto in particolare la Comunità cattolica: i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i fedeli laici, specialmente le famiglie di questa terra, fecondata dall’annuncio del Vangelo, speranza di vita e di salvezza per ogni uomo. Rivolgo un deferente saluto a Lei, Signor Presidente della Repubblica, e alle altre Autorità civili e militari qui convenute. La ringrazio, Signor Presidente, per le cortesi parole che mi ha indirizzato, e formulo ogni miglior auspicio per l’alto incarico a Lei affidato e per la pace e la prosperità dell’intera Nazione.

Desidero in questo momento ricongiungermi idealmente alle tre visite pastorali compiute in Croazia dal mio amato predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo II, e ringraziare il Signore per la lunga storia di fedeltà che lega il vostro Paese alla Santa Sede. Possiamo contare oltre tredici secoli di forti e speciali legami, sperimentati e consolidati in circostanze talvolta difficili e dolorose. Questa storia è testimonianza eloquente dell’amore del vostro popolo per il Vangelo e per la Chiesa. Fin dalle origini, la vostra Nazione appartiene all’Europa e ad essa offre, in modo peculiare, il contributo di valori spirituali e morali che hanno plasmato per secoli la vita quotidiana e l’identità personale e nazionale dei suoi figli. Le sfide che derivano dalla cultura contemporanea, caratterizzata dalla differenziazione sociale, dalla poca stabilità, e segnata da un individualismo che favorisce una visione della vita senza obblighi e la ricerca continua di “spazi del privato”, richiedono una convinta testimonianza e un dinamismo intraprendente per la promozione dei valori morali fondamentali che sono alla radice del vivere sociale e dell’identità del vecchio Continente. A vent’anni dalla proclamazione dell’indipendenza e alla vigilia della piena integrazione della Croazia nell’Unione Europea, la storia passata e recente di questo vostro Paese può costituire un motivo di riflessione per tutti gli altri popoli del Continente aiutando ciascuno di essi, e l’intera compagine, a conservare e a ravvivare l’inestimabile patrimonio comune di valori umani e cristiani. Possa così questa cara Nazione, forte della sua ricca tradizione, contribuire a far sì che l’Unione Europea valorizzi appieno tale ricchezza spirituale e culturale.

Con il motto “Insieme in Cristo”, cari fratelli e sorelle, giungo a voi per celebrare la 1ª Giornata Nazionale delle Famiglie Cattoliche Croate. Questo importante momento sia occasione per riproporre i valori della vita familiare e del bene comune, per rafforzare l’unità, ravvivare la speranza e guidare alla comunione con Dio, fondamento di condivisione fraterna e di solidarietà sociale.

Ringrazio sentitamente fin da ora tutti coloro che hanno collaborato alla preparazione e all’organizzazione della mia visita. Dinanzi alle sfide che interpellano oggi la Chiesa e la società civile, invoco su questa terra e su quanti vi abitano l’intercessione e l’aiuto del Beato Alojzije Stepinac, Pastore amato e venerato dal vostro popolo. Possa egli accompagnare le giovani generazioni a vivere in quella carità che spinse il Signore Gesù Cristo a donare la vita per tutti gli uomini. San Giuseppe, custode premuroso del Redentore e celeste Patrono della vostra Nazione, insieme con la Vergine Maria, “Fidelissima Advocata Croatiae”, vi ottenga oggi e sempre pace e salvezza. Grazie!



INCONTRO CON ESPONENTI DELLA SOCIETÀ CIVILE, Teatro Nazionale Croato - Zagreb Sabato, 4 giugno 2011

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CON ESPONENTI DEL MONDO POLITICO, ACCADEMICO, CULTURALE E IMPRENDITORIALE, CON IL CORPO DIPLOMATICO E CON I LEADERS RELIGIOSI

Signor Presidente,
Signori Cardinali,
venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!

Sono molto lieto di entrare nel vivo della mia visita incontrando voi, che rappresentate ambiti qualificati della società croata e il Corpo diplomatico. Il mio saluto cordiale va a ciascuno personalmente e anche alle realtà vitali a cui appartenete: alle comunità religiose, alle istituzioni politiche, scientifiche e culturali, ai settori artistico, economico, sportivo. Ringrazio sentitamente Mons. Puljic e il Prof. Zurak per le cortesi parole che mi hanno rivolto, come pure i musicisti che mi hanno accolto con il linguaggio universale della musica. La dimensione dell’universalità, distintiva dell’arte e della cultura, è particolarmente congeniale al Cristianesimo e alla Chiesa Cattolica. Cristo è pienamente uomo, e tutto ciò che è umano trova in Lui e nella sua Parola pienezza di vita e di significato.

Questo splendido Teatro è un luogo simbolico, che esprime la vostra identità nazionale e culturale. Potervi incontrare qui, riuniti insieme, è un motivo ulteriore di gioia dello spirito, perché la Chiesa è un mistero di comunione e gioisce sempre della comunione, nella ricchezza delle diversità. La partecipazione dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità cristiane, come pure delle religioni ebraica e musulmana, contribuisce a ricordare che la religione non è una realtà a parte rispetto alla società: è invece una sua componente connaturale, che costantemente richiama la dimensione verticale, l’ascolto di Dio come condizione per la ricerca del bene comune, della giustizia e della riconciliazione nella verità. La religione mette l’uomo in relazione con Dio, Creatore e Padre di tutti, e deve quindi essere una forza di pace. Le religioni devono sempre purificarsi secondo questa loro vera essenza per corrispondere alla loro genuina missione.

E qui vorrei introdurre il tema centrale della mia breve riflessione: quello della coscienza. Esso è trasversale rispetto ai differenti campi che vi vedono impegnati ed è fondamentale per una società libera e giusta, sia a livello nazionale che sovranazionale. Penso, naturalmente all’Europa, di cui la Croazia è da sempre parte sul piano storico-culturale, mentre sta per entrarvi su quello politico-istituzionale. Ebbene, le grandi conquiste dell’età moderna, cioè il riconoscimento e la garanzia della libertà di coscienza, dei diritti umani, della libertà della scienza e, quindi, di una società libera, sono da confermare e da sviluppare mantenendo però aperte la razionalità e la libertà al loro fondamento trascendente, per evitare che tali conquiste si auto-cancellino, come purtroppo dobbiamo constatare in non pochi casi. La qualità della vita sociale e civile, la qualità della democrazia dipendono in buona parte da questo punto “critico” che è la coscienza, da come la si intende e da quanto si investe sulla sua formazione. Se la coscienza, secondo il prevalente pensiero moderno, viene ridotta all’ambito del soggettivo, in cui si relegano la religione e la morale, la crisi dell’occidente non ha rimedio e l’Europa è destinata all’involuzione. Se invece la coscienza viene riscoperta quale luogo dell’ascolto della verità e del bene, luogo della responsabilità davanti a Dio e ai fratelli in umanità – che è la forza contro ogni dittatura – allora c’è speranza per il futuro.

Sono grato al Prof. Zurak perché ha ricordato le radici cristiane di numerose istituzioni culturali e scientifiche di questo Paese, come del resto è avvenuto in tutto il continente europeo. Ricordare queste origini è necessario, anche per la verità storica, ed è importante saper leggere in profondità tali radici, perché possano animare anche l’oggi. Decisivo, cioè, è cogliere il dinamismo che sta dentro l’avvenimento – per esempio – della nascita di un’università, o di un movimento artistico, o di un ospedale. Occorre comprendere il perché e il come ciò sia avvenuto, per valorizzare nell’oggi tale dinamismo, che è una realtà spirituale che diventa culturale e quindi sociale. Alla base di tutto ci sono uomini e donne, ci sono delle persone, delle coscienze, mosse dalla forza della verità e del bene. Ne sono stati citati alcuni, tra i figli illustri di questa terra.

Vorrei soffermarmi su Padre Ruder Josip Boškovic, gesuita, che nacque a Dubrovnik trecento anni or sono, il 18 maggio 1711. Egli impersona molto bene il felice connubio tra la fede e la scienza, che si stimolano a vicenda per una ricerca al tempo stesso aperta, diversificata e capace di sintesi. La sua opera maggiore, la Theoria philosophiae naturalis, pubblicata a Vienna e poi a Venezia a metà del Settecento, porta un sottotitolo molto significativo: redacta ad unicam legem virium in natura existentium, cioè “secondo l’unica legge delle forze esistenti in natura”. In Boškovic c’è l’analisi, c’è lo studio di molteplici rami del sapere, ma c’è anche la passione per l’unità. E questo è tipico della cultura cattolica. Per questo è segno di speranza la fondazione di un’Università Cattolica in Croazia. Auspico che essa contribuisca a fare unità tra i diversi ambiti della cultura contemporanea, i valori e l’identità del vostro Popolo, dando continuità al fecondo apporto ecclesiale alla storia della nobile Nazione croata. Ritornando a Padre Boškovic, gli esperti dicono che la sua teoria della “continuità”, valida sia nelle scienze naturali sia nella geometria, si accorda in modo eccellente con alcune delle grandi scoperte della fisica contemporanea. Che dire? Rendiamo omaggio all’illustre Croato, ma anche all’autentico Gesuita; rendiamo omaggio al cultore della verità che sa bene quanto essa lo superi, ma che sa anche, alla luce della verità, impegnare fino in fondo le risorse della ragione che Dio stesso gli ha dato.

Oltre all’omaggio, però, occorre far tesoro del metodo, dell’apertura mentale di questi grandi uomini. Ritorniamo dunque alla coscienza come chiave di volta per l’elaborazione culturale e per la costruzione del bene comune. È nella formazione delle coscienze che la Chiesa offre alla società il suo contributo più proprio e prezioso. Un contributo che comincia nella famiglia e che trova un importante rinforzo nella parrocchia, dove i bambini e i ragazzi, e poi i giovani imparano ad approfondire le Sacre Scritture, che sono il “grande codice” della cultura europea; e al tempo stesso imparano il senso della comunità fondata sul dono, non sull’interesse economico o sull’ideologia, ma sull’amore, che è “la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera” (Caritas in veritate ). Questa logica della gratuità, appresa nell’infanzia e nell’adolescenza, si vive poi in ogni ambito, nel gioco e nello sport, nelle relazioni interpersonali, nell’arte, nel servizio volontario ai poveri e ai sofferenti, e una volta assimilata la si può declinare nei più complessi ambiti della politica e dell’economia, collaborando per una polis che sia accogliente e ospitale e al tempo stesso non vuota, non falsamente neutra, ma ricca di contenuti umani, con un forte spessore etico. È qui che i Christifideles laici sono chiamati a spendere generosamente la loro formazione, guidati dai principi della Dottrina sociale della Chiesa, per una autentica laicità, per la giustizia sociale, per la difesa della vita e della famiglia, per la libertà religiosa e di educazione.

Illustri amici, la vostra presenza e la tradizione culturale croata mi hanno suggerito queste brevi riflessioni. Ve le lascio quale segno della mia stima e soprattutto della volontà della Chiesa di camminare con la luce del Vangelo in mezzo a questo popolo. Vi ringrazio per la vostra attenzione e di cuore benedico tutti voi, i vostri cari e le vostre attività.




VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI Piazza del Bano Josip Jelacic - Zagreb Sabato, 4 giugno 2011

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Cari giovani!

Vi saluto tutti con grande affetto! Sono particolarmente contento di essere con voi, in questa piazza storica che rappresenta il cuore della città di Zagabria. Un luogo di incontri e di comunicazione, dove spesso dominano il rumore e il movimento della vita quotidiana. Ora, la vostra presenza la trasforma quasi in un “tempio”, la cui volta è il cielo stesso, che questa sera sembra come chinarsi su di noi. Nel silenzio vogliamo accogliere la Parola di Dio che è stata proclamata, perché illumini le nostre menti e riscaldi i nostri cuori.

Ringrazio vivamente Mons. Srakic, il Presidente della Conferenza Episcopale, per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro; e in modo particolare saluto e ringrazio i due giovani, che ci hanno offerto le loro belle testimonianze. L’esperienza vissuta da Daniel ricorda quella di sant’Agostino: è l’esperienza del cercare l’amore “fuori” e poi scoprire che è più vicino a me di me stesso, mi “tocca” nel profondo e mi purifica… Mateja invece ci ha parlato della bellezza della comunità, che apre il cuore, la mente e il carattere… Grazie a tutti e due!

San Paolo – nella Lettura che è stata proclamata – ci ha invitato ad essere “sempre lieti nel Signore” (
Ph 4,4). E’ una parola che fa vibrare l’anima, se consideriamo che l’Apostolo delle genti scrive questa Lettera ai cristiani di Filippi mentre si trova in carcere, in attesa di essere giudicato. Egli è incatenato, ma l’annuncio e la testimonianza del Vangelo non possono essere imprigionati. L’esperienza di san Paolo rivela come sia possibile, nel nostro cammino, custodire la gioia anche nei momenti oscuri. A quale gioia egli fa riferimento? Tutti sappiamo che nel cuore di ognuno dimora un forte desiderio di felicità. Ogni azione, ogni scelta, ogni intenzione porta celata in sé questa intima e naturale esigenza. Ma molto spesso ci si accorge di aver riposto la fiducia in realtà che non appagano quel desiderio, anzi, rivelano tutta la loro precarietà. Ed è in questi momenti che si sperimenta il bisogno di qualcosa che vada “oltre”, che doni senso al vivere quotidiano.

Cari amici, la vostra giovinezza è un tempo che il Signore vi dona per poter scoprire il significato dell’esistenza! È il tempo dei grandi orizzonti, dei sentimenti vissuti con intensità, ma anche delle paure per le scelte impegnative e durature, delle difficoltà nello studio e nel lavoro, degli interrogativi intorno al mistero del dolore e della sofferenza. Ancora di più, questo tempo stupendo della vostra vita porta in sé un anelito profondo, che non annulla tutto il resto ma lo eleva per dargli pienezza. Nel Vangelo di Giovanni Gesù, rivolgendosi ai suoi primi discepoli, chiede: “Che cosa cercate?” (Jn 1,38). Cari giovani, queste parole, questa domanda attraversa il tempo e lo spazio, interpella ogni uomo e ogni donna che si apre alla vita e cerca la strada giusta... Ed ecco la cosa sorprendente: la voce di Cristo ripete anche a voi: “Che cosa cercate?”. Gesù vi parla oggi: mediante il Vangelo e lo Spirito Santo, Egli è vostro contemporaneo. È Lui che cerca voi, prima ancora che voi lo cerchiate! Rispettando pienamente la vostra libertà, Egli si avvicina a ciascuno di voi e si propone come la risposta autentica e decisiva a quell’anelito che abita il vostro essere, al desiderio di una vita che valga la pena di essere vissuta. Lasciate che vi prenda per mano! Lasciate che entri sempre di più come amico e compagno del vostro cammino! DateGli fiducia, non vi deluderà mai! Gesù vi fa conoscere da vicino l’amore di Dio Padre, vi fa comprendere che la vostra felicità si realizza nell’amicizia con Lui, nella comunione con Lui, perché siamo stati creati e salvati per amore, e solo nell’amore, quello che vuole e cerca il bene dell’altro, sperimentiamo veramente il significato della vita e siamo contenti di viverla, anche nelle fatiche, nelle prove, nelle delusioni, anche andando controcorrente.

Cari giovani, radicati in Cristo, potrete vivere in pienezza quello che siete. Come sapete, su questo tema ho impostato il mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che ci vedrà riuniti in agosto a Madrid e verso la quale siamo in cammino. Sono partito da un’incisiva espressione di san Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (Col 2,7). Crescendo nell’amicizia con il Signore, attraverso la sua Parola, l’Eucaristia e l’appartenenza alla Chiesa, con l’aiuto dei vostri sacerdoti, potrete testimoniare a tutti la gioia di aver incontrato Colui che sempre vi accompagna e vi chiama a vivere nella fiducia e nella speranza. Il Signore Gesù non è un Maestro che illude i suoi discepoli: Egli dice chiaramente che il cammino con Lui richiede l’impegno e il sacrificio personale, ma ne vale la pena! Cari giovani amici, non lasciatevi disorientare da promesse allettanti di facili successi, da stili di vita che privilegiano l’apparire a scapito dell’interiorità. Non cedete alla tentazione di riporre fiducia assoluta nell’avere, nelle cose materiali, rinunciando a scorgere la verità che va oltre, come una stella alta nel cielo, dove Cristo vuole condurvi. Lasciatevi guidare alle altezze di Dio! Nella stagione della vostra giovinezza, vi sostiene la testimonianza di tanti discepoli del Signore che hanno vissuto il loro tempo portando nel cuore la novità del Vangelo. Pensate a Francesco e Chiara d’Assisi, a Rosa di Viterbo, a Teresa di Gesù Bambino, a Domenico Savio.

Quanti giovani santi e sante nella grande compagnia della Chiesa! Ma qui, in Croazia, io e voi pensiamo al Beato Ivan Merz. Un giovane brillante, inserito a pieno titolo nella vita sociale, che dopo la morte della giovane Greta, il suo primo amore, intraprende il cammino universitario. Durante gli anni della prima guerra mondiale si trova di fronte alla distruzione e alla morte, ma tutto ciò lo plasma e lo forgia, facendogli superare momenti di crisi e di lotta spirituale. La fede di Ivan si rafforza al punto che si dedica allo studio della Liturgia ed inizia un intenso apostolato tra i giovani stessi. Egli scopre la bellezza della fede cattolica e capisce che la vocazione della sua vita è vivere e far vivere l’amicizia con Cristo. Di quanti gesti di carità, di bontà che stupiscono e commuovono è pieno il suo cammino! Muore il 10 maggio 1928, a soli trentadue anni, dopo alcuni mesi di malattia, offrendo la sua vita per la Chiesa e per i giovani.

Questa giovane esistenza, donata per amore, porta il profumo di Cristo, ed è per tutti un invito a non temere di affidare se stessi al Signore, così come contempliamo, in modo particolare nella Vergine Maria, la Madre della Chiesa, qui venerata e amata con il titolo di “Madre di Dio della Porta di Pietra”. Questa sera, a Lei voglio affidare ciascuno di voi, perché vi accompagni con la sua protezione e soprattutto vi aiuti ad incontrare il Signore e in Lui trovare il significato pieno della vostra esistenza. Maria non ha temuto di donare tutta se stessa al progetto di Dio; in Lei noi vediamo a quale meta siamo chiamati: la piena comunione con il Signore.

Tutta la nostra vita è un cammino verso l’Unità e Trinità d’Amore che è Dio; possiamo vivere nella certezza di non essere mai abbandonati. Cari giovani croati, vi abbraccio tutti come figli! Vi porto nel cuore e vi lascio la mia Benedizione. “Siate sempre lieti nel Signore”! La sua gioia, la gioia del vero amore, sia la vostra forza. Amen. Siano lodati Gesù e Maria!




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