Discorsi 2005-13 17061

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL'INDIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro Venerdì, 17 giugno 2011

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Cari Fratelli Vescovi,

sono lieto di porgere il benvenuto a tutti voi in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum, un momento privilegiato in cui approfondire i vincoli di fraternità e comunione fra la Sede di Pietro e le Chiese particolari che guidate. Desidero ringraziare l’Arcivescovo Malayappan Chinnappa per i sentimenti cordiali che ha espresso a nome vostro e di quanti guidate come Pastori. Rivolgo i miei saluti affettuosi ai sacerdoti, ai religiosi, uomini e donne, e a tutti i fedeli laici affidati alla vostra cura pastorale. Vi prego di assicurarli della mia sollecitudine e delle mie preghiere.

Proseguendo queste riflessioni sulla vita della Chiesa in India, desidero dirvi qualche parola, cari Fratelli Vescovi, sulle vostre responsabilità verso il clero e verso i religiosi, uomini e donne, del Paese. Con l’imposizione delle mani e l’invocazione dello Spirito Santo, siete chiamati a presiedere il popolo di Dio come Pastori, e a insegnare, santificare e governare le Chiese locali. Lo fate attraverso la predicazione del Vangelo, la celebrazione dei Sacramenti e la sollecitudine per la santità e l’efficace azione pastorale del clero. Attraverso quest’ultimo siete in grado di raggiungere in maniera più efficace i religiosi e i laici affidati alla vostra sollecitudine. Siete anche chiamati a governare in carità per mezzo di una vigilanza prudente nelle vostre capacità legislativa, esecutiva e giudiziaria (cfr. Codice di diritto canonico, cc. 384-394). In questo ruolo delicato ed esigente, il Vescovo, Pastore e padre, dovrebbe unire e plasmare il suo gregge in una sola famiglia nella quale tutti i suoi membri, consapevoli dei loro doveri, desiderino vivere e agire come una sola cosa nell’amore (cfr. Christus Dominus
CD 16). Promuovere il carisma dell’unità, che è una testimonianza potente dell’essere uno di Dio e un segno della Chiesa una, santa cattolica e apostolica, è fra le più importanti responsabilità del Vescovo. Nei numerosi compiti che richiedono la vostra attenzione fervente, cari Vescovi, riconoscete la presenza dello Spirito del Signore che è attivo nella Chiesa. Lo Spirito, promesso a tutti nel Battesimo ed effuso sul popolo di Dio per guidarlo e santificarlo nella Confermazione, mira a unire tutti i cristiani in vincoli di fede, speranza e carità. Con il vostro ministero, siete chiamati a rafforzare i membri del popolo che Dio ha scelto come proprio, a servirli e a edificarli come un unico tempio, una dimora degna per lo Spirito, siano essi giovani o anziani, uomini o donne, ricchi o poveri. Il Signore, versando il suo sangue, ha riscattato persone di ogni tribù e lingua, di ogni popolo e nazione (cfr. Ap Ap 5,9). Quindi, vi incoraggio a continuare a essere al servizio dell’unità e, guidando con l’esempio, a portare le persone di cui siete Pastori a una comunione, una fraternità e una pace più profonde.

Una delle modalità con cui la comunione della Chiesa si esprime in modo più chiaro è il rapporto particolarmente importante che esiste fra voi e i vostri sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, che condividono ed esercitano con voi l’unico sacerdozio di Cristo. Insieme, nelle vostre Diocesi, formate un unico corpo sacerdotale e un’unica famiglia, di cui siete il padre (cfr. Christus Dominus CD 29). Quindi, dovete sostenere i vostri sacerdoti, i vostri più stretti collaboratori, ed essere attenti alle loro esigenze e alle loro aspirazioni, mostrando sollecitudine per il loro benessere materiale, intellettuale e spirituale. Essi, in quanto figli e collaboratori, sono chiamati a loro volta a rispettare la vostra autorità, a lavorare con gioia, umiltà e dedizione totale per il bene della Chiesa, ma sempre sotto la vostra guida. I vincoli di amore fraterno e di sollecitudine reciproca che promuovete con i vostri sacerdoti diverranno le basi per superare qualsiasi tensione che potrebbe sorgere e promuoveranno le condizioni più propizie al servizio dei membri del popolo di Dio, edificandoli spiritualmente, portandoli a conoscere il proprio valore e ad assumere la dignità che è loro propria in quanto figli di Dio. Inoltre, la testimonianza di amore e di servizio reciproci fra voi e i vostri sacerdoti, che prescinde dalla casta o dall’appartenenza etnica, ma è incentrata sull’amore di Dio, sulla diffusione del Vangelo e sulla santificazione della Chiesa, è molto ambita dalle persone che servite. Guardano a voi e ai vostri sacerdoti come a un modello di santità, amicizia e armonia che parli ai loro cuori e insegni con l’esempio come vivere il nuovo comandamento dell’amore.

Anche i religiosi, uomini e donne, guardano a voi per ricevere guida e sostegno. La testimonianza del vostro amore profondo per Gesù Cristo e per la sua Chiesa saranno d’ispirazione per loro mentre si dedicano con povertà, castità e obbedienza perfette alla vita alla quale sono stati chiamati. Saranno confermati nella loro dedizione dalla vostra fede, dal vostro esempio e dalla vostra fiducia in Dio. In tal modo, in unione con loro, renderete una testimonianza sempre più grande agli uomini e alle donne del nostro tempo del fatto che, mentre la figura di questo mondo passa (cfr. 1Co 7,31), chiunque fa la volontà di Dio rimane in eterno (cfr. 1Jn 2,17).

La testimonianza splendente della vita consacrata è di certo un tesoro, non solo per quanti hanno ricevuto la grazia di questa vocazione, ma anche per l’intera Chiesa. Attraverso la cooperazione stretta con i superiori religiosi, continuate a garantire che i membri degli istituti religiosi nelle vostre diocesi vivano i propri carismi particolari in pienezza e in armonia con i sacerdoti e i fedeli laici. Oltre a garantire che ricevano una solida base umana, spirituale e teologica, accertatevi che ricevano una formazione permanente che li aiuti a maturare in tutti gli aspetti della vita consacrata. A motivo del contributo unico reso da tutti religiosi, uomini e donne, contemplativi e attivi, alla missione della Chiesa, e del loro ruolo di protagonisti dell’evangelizzazione attraverso la preghiera e la supplica, l’educazione, l’assistenza sanitaria, la carità e altri apostolati, i loro carismi continueranno di certo a rafforzare tutta la comunità ecclesiale e ad arricchire l’intera società. In particolare, desidero esprimere l’apprezzamento della Chiesa per le numerose religiose in India, che rendono testimonianza della sua santità, vitalità e speranza. Offrono infinite preghiere e svolgono innumerevoli opere buone, spesso nascoste, ma, ciononostante, di grande valore per l’edificazione del Regno di Dio. Vi chiedo di incoraggiarle nella loro vocazione e di invitare giovani donne a prendere in considerazione una simile vita di realizzazione attraverso l’amore di Dio e il servizio agli altri.

Con queste riflessioni, cari Fratelli Vescovi, esprimo la mia stima e il mio affetto fraterni. Invocando su tutti voi la materna intercessione di Maria, Madre della Chiesa, e assicurandovi delle miei preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale, imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di pace nel Signore.




VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO



INCONTRO UFFICIALE CON I MEMBRI DEL GOVERNO, DEL CONGRESSO E DEL CORPO DIPLOMATICO Domenica, 19 giugno 2011

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Sala del Consiglio Grande e Generale del Palazzo Pubblico - Repubblica di San Marino



Serenissimi Capitani Reggenti,
illustri Signori e Signore!

Vi ringrazio sentitamente per la vostra accoglienza; in particolare esprimo la mia riconoscenza ai Capitani Reggenti, anche per le cortesi parole che mi hanno rivolto. Saluto i Membri del Governo e del Congresso, come pure il Corpo diplomatico e tutte le altre Autorità qui convenute. Nel rivolgermi a voi, abbraccio idealmente l’intero popolo di San Marino. Fin dal suo nascere, questa Repubblica ha intrattenuto relazioni amichevoli con la Sede Apostolica, e negli ultimi tempi esse sono andate intensificandosi e consolidandosi; la mia presenza qui, nel cuore di quest’antica Repubblica, esprime e conferma questa amicizia.

Più di diciassette secoli fa, un gruppo di fedeli, conquistati al Vangelo dalla predicazione del diacono Marino e dalla sua testimonianza di santità, si aggregò attorno a lui per dare vita ad una nuova comunità. Raccogliendo questa preziosa eredità, i Sammarinesi sono rimasti sempre fedeli ai valori della fede cristiana, ancorando saldamente ad essi la propria convivenza pacifica, secondo criteri di democrazia e di solidarietà. Lungo i secoli, i vostri padri, consapevoli di queste radici cristiane, hanno saputo mettere a frutto il grande patrimonio morale e culturale che avevano a loro volta ricevuto, dando vita ad un popolo laborioso e libero, che, pur nell’esiguità del territorio, non ha mancato di offrire alle confinanti popolazioni della Penisola italiana e al mondo intero uno specifico contributo di civiltà, improntata alla convivenza pacifica e al mutuo rispetto.

Rivolgendomi oggi a voi, mi rallegro del vostro attaccamento a questo patrimonio di valori e vi esorto a conservarlo e a valorizzarlo, perché esso è alla base della vostra identità più profonda, un’identità che chiede alle genti ed alle istituzioni sammarinesi di essere assunta in pienezza. Grazie ad essa, si può costruire una società attenta al vero bene della persona umana, alla sua dignità e libertà, e capace di salvaguardare il diritto di ogni popolo a vivere nella pace. Sono questi i capisaldi della sana laicità, all’interno della quale devono agire le istituzioni civili, nel loro costante impegno a difesa del bene comune. La Chiesa, rispettosa della legittima autonomia di cui il potere civile deve godere, collabora con esso al servizio dell’uomo, nella difesa dei suoi diritti fondamentali, di quelle istanze etiche che sono iscritte nella sua stessa natura. Per questo la Chiesa si impegna affinché le legislazioni civili promuovano e tutelino sempre la vita umana, dal concepimento fino al suo spegnersi naturale. Inoltre, chiede per la famiglia il dovuto riconoscimento e un sostegno fattivo. Ben sappiamo, infatti, come nell’attuale contesto l’istituzione familiare venga messa in discussione, quasi nel tentativo di disconoscerne l’irrinunciabile valore. A subirne le conseguenze sono le fasce sociali più deboli, specialmente le giovani generazioni, più vulnerabili e perciò più facilmente esposte al disorientamento, a situazioni di auto-emarginazione ed alla schiavitù delle dipendenze. Talvolta le realtà educative faticano a dare ai giovani risposte adeguate e, venendo meno il sostegno familiare, spesso essi si vedono precluso un normale inserimento nel tessuto sociale. Anche per questo è importante riconoscere che la famiglia, così come Dio l’ha costituita, è il principale soggetto che può favorire una crescita armoniosa e far maturare persone libere e responsabili, formate ai valori profondi e perenni.

Nel frangente di difficoltà economiche in cui versa anche la Comunità Sammarinese, nel contesto italiano e internazionale, la mia vuole essere una parola di incoraggiamento. Sappiamo che gli anni successivi al secondo conflitto mondiale sono stati un tempo di ristrettezze economiche, che hanno costretto migliaia di vostri concittadini ad emigrare. E’ venuto poi un periodo di prosperità, sulla scia dello sviluppo del commercio e del turismo, specie di quello estivo trainato dalla vicinanza della riviera adriatica. In queste fasi di relativa abbondanza spesso si verifica un certo smarrimento del senso cristiano della vita e dei valori fondamentali. Tuttavia, la società Sammarinese manifesta ancora una buona vitalità e conserva le sue migliori energie; ne danno prova le molteplici iniziative caritative e di volontariato a cui si dedicano numerosi vostri concittadini. Vorrei ricordare anche i numerosi missionari sammarinesi, laici e religiosi, che negli ultimi decenni hanno lasciato questa terra per portare il Vangelo di Cristo in varie parti del mondo. Non mancano dunque le forze positive che permetteranno alla vostra Comunità di affrontare e superare l’attuale situazione di difficoltà. A tale proposito, auspico che la questione dei lavoratori frontalieri, che vedono in pericolo la propria occupazione, si possa risolvere tenendo conto del diritto al lavoro e della tutela delle famiglie.

Anche nella Repubblica di San Marino, l’attuale situazione di crisi spinge a riprogettare il cammino e diventa occasione di discernimento (cfr Enc. Caritas in veritate ); essa infatti pone l’intero tessuto sociale di fronte all’impellente esigenza di affrontare i problemi con coraggio e senso di responsabilità, con generosità e dedizione, facendo riferimento a quell’amore per la libertà che distingue il vostro popolo. A questo riguardo, vorrei ripetervi le parole rivolte dal Beato Giovanni XXIII ai Reggenti della Repubblica di San Marino, durante una loro visita ufficiale presso la Santa Sede: “L’amore della libertà – diceva Papa Giovanni – vanta tra voi squisitamente radici cristiane, e i vostri padri, cogliendone il vero significato, vi insegnarono a non disgiungere mai il suo nome da quello di Dio, che ne è il suo insostituibile fondamento” (Discorsi, Messaggi, Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, I, 341-343: AAS 60[1959], 423-424). Questo monito del grande Papa conserva ancora oggi il suo valore imperituro: la libertà che le istituzioni sono chiamate a promuovere e difendere a livello sociale, ne manifesta una più grande e profonda, quella libertà animata dallo Spirito di Dio, la cui presenza vivificante nel cuore dell’uomo dona alla volontà la capacità di orientarsi e determinarsi per il bene. Come afferma l’apostolo Paolo: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (
Ph 2,13). E Sant’Agostino, commentando questo passo, sottolinea: “È certo che siamo noi a volere, quando vogliamo; ma a fare sì che vogliamo il bene è Lui”, è Dio, e aggiunge: “Dal Signore saranno diretti i passi dell’uomo, e l’uomo vorrà seguire la sua via” (De gratia et libero arbitrio, 16, 32).

A voi perciò, illustri Signori e Signore, il compito di costituire la città terrena nella dovuta autonomia e nel rispetto di quei principi umani e spirituali a cui ogni singolo cittadino è chiamato ad aderire con tutta la responsabilità della propria coscienza personale; e, allo stesso tempo, il dovere di continuare a operare attivamente per costruire una comunità fondata su valori condivisi. Serenissimi Capitani Reggenti e illustri Autorità della Repubblica di San Marino, esprimo di cuore l’auspicio che l’intera vostra Comunità, nella comunanza dei valori civili e con le sue specifiche peculiarità culturali e religiose, possa scrivere una nuova e nobile pagina di storia e divenga sempre più una terra in cui prosperino la solidarietà e la pace. Con questi sentimenti affido questo diletto popolo alla materna intercessione della Madonna delle Grazie e di cuore invoco su tutti e su ciascuno la Benedizione Apostolica.



INCONTRO CON I GIOVANI DELLA DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO Piazza Vittorio Emanuele - Pennabilli Domenica, 19 giugno 2011

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Cari giovani!

Sono molto contento di essere oggi in mezzo a voi e con voi! Sento tutta la vostra gioia e l’entusiasmo che caratterizzano la vostra età. Saluto e ringrazio il vostro Vescovo, Mons. Luigi Negri, per le cordiali parole di accoglienza, e il vostro amico che si è fatto interprete dei pensieri e dei sentimenti di tutti, e ha formulato alcune questioni molto serie e importanti. Spero che nel corso di questa mia esposizione si trovino anche gli elementi per trovare le risposte a queste domande. Saluto con affetto i Sacerdoti, le Suore, gli animatori che condividono con voi il cammino della fede e dell’amicizia; e naturalmente anche i vostri genitori, che gioiscono nel vedervi crescere forti nel bene.

Il nostro incontro qui a Pennabilli, davanti a questa Cattedrale, cuore della Diocesi, e in questa Piazza, ci rimanda con il pensiero ai numerosi e diversi incontri di Gesù che ci sono raccontati dai Vangeli. Oggi vorrei richiamare il celebre episodio in cui il Signore era in cammino e un tale - un giovane - gli corse incontro e, inginocchiatosi, gli pose questa domanda: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (
Mc 10,17). Noi forse oggi non diremmo così, ma il senso della domanda è proprio: cosa devo fare, come devo vivere per vivere realmente, per trovare la vita. Quindi dentro questo interrogativo possiamo vedere racchiusa l’ampia e variegata esperienza umana che si apre alla ricerca del significato, del senso profondo della vita: come vivere, perché vivere. La “vita eterna”, infatti, alla quale fa riferimento quel giovane del Vangelo non indica solamente la vita dopo la morte, non vuol sapere soltanto come arrivo al cielo. Vuol sapere: come devo vivere adesso per avere già la vita che può essere poi anche eterna. Quindi in questa domanda questo giovane manifesta l’esigenza che l’esistenza quotidiana trovi senso, trovi pienezza, trovi verità. L’uomo non può vivere senza questa ricerca della verità su se stesso - che cosa sono io, per che cosa devo vivere - verità che spinga ad aprire l’orizzonte e ad andare al di là di ciò che è materiale, non per fuggire dalla realtà, ma per viverla in modo ancora più vero, più ricco di senso e di speranza, e non solo nella superficialità. E penso che questa – e l’ho visto e sentito nelle parole del vostro amico – sia anche la vostra esperienza. I grandi interrogativi che portiamo dentro di noi rimangono sempre, rinascono sempre: chi siamo?, da dove veniamo?, per chi viviamo? E queste questioni sono il segno più alto della trascendenza dell’essere umano e della capacità che abbiamo di non fermarci alla superficie delle cose. Ed è proprio guardando in noi stessi con verità, con sincerità e con coraggio che intuiamo la bellezza, ma anche la precarietà della vita e sentiamo un’insoddisfazione, un’inquietudine che nessuna cosa concreta riesce a colmare. Alla fine tutte le promesse si dimostrano spesso insufficienti.

Cari amici, vi invito a prendere coscienza di questa sana e positiva inquietudine, a non aver paura di porvi le domande fondamentali sul senso e sul valore della vita. Non fermatevi alle risposte parziali, immediate, certamente più facili al momento e più comode, che possono dare qualche momento di felicità, di esaltazione, di ebbrezza, ma che non vi portano alla vera gioia di vivere, quella che nasce da chi costruisce – come dice Gesù – non sulla sabbia, ma sulla solida roccia. Imparate allora a riflettere, a leggere in modo non superficiale, ma in profondità la vostra esperienza umana: scoprirete, con meraviglia e con gioia, che il vostro cuore è una finestra aperta sull’infinito! Questa è la grandezza dell'uomo e anche la sua difficoltà. Una delle illusioni prodotte nel corso della storia è stata quella di pensare che il progresso tecnico-scientifico, in modo assoluto, avrebbe potuto dare risposte e soluzioni a tutti i problemi dell’umanità. E vediamo che non è così. In realtà, anche se ciò fosse stato possibile, nulla e nessuno avrebbe potuto cancellare le domande più profonde sul significato della vita e della morte, sul significato della sofferenza, di tutto, perché queste domande sono scritte nell’animo umano, nel nostro cuore, e oltrepassano la sfera dei bisogni. L’uomo, anche nell’era del progresso scientifico e tecnologico - che ci ha dato tanto - rimane un essere che desidera di più, più che la comodità e il benessere, rimane un essere aperto alla verità intera della sua esistenza, che non può fermarsi alle cose materiali, ma si apre ad un orizzonte molto più ampio. Tutto questo voi lo sperimentate continuamente ogni volta che vi domandate: ma perché? Quando contemplate un tramonto, o una musica muove in voi il cuore e la mente; quando provate che cosa vuol dire amare veramente; quando sentite forte il senso della giustizia e della verità, e quando sentite anche la mancanza di giustizia, di verità e di felicità.

Cari giovani, l’esperienza umana è una realtà che ci accomuna tutti, ma ad essa si possono dare diversi livelli di significato. Ed è qui che si decide in che modo orientare la propria vita e si sceglie a chi affidarla, a chi affidarsi. Il rischio è sempre quello di rimanere imprigionati nel mondo delle cose, dell'immediato, del relativo, dell’utile, perdendo la sensibilità per ciò che si riferisce alla nostra dimensione spirituale. Non si tratta affatto di disprezzare l’uso della ragione o di rigettare il progresso scientifico, tutt’altro; si tratta piuttosto di capire che ciascuno di noi non è fatto solo di una dimensione “orizzontale”, ma comprende anche quella “verticale”. I dati scientifici e gli strumenti tecnologici non possono sostituirsi al mondo della vita, agli orizzonti di significato e di libertà, alla ricchezza delle relazioni di amicizia e di amore.

Cari giovani, è proprio nell’apertura alla verità intera di noi, di noi stessi e del mondo che scorgiamo l’iniziativa di Dio nei nostri confronti. Egli viene incontro ad ogni uomo e gli fa conoscere il mistero del suo amore. Nel Signore Gesù, che è morto e risorto per noi e ci ha donato lo Spirito Santo, siamo addirittura resi partecipi della vita stessa di Dio, apparteniamo alla famiglia di Dio. In Lui, in Cristo, potete trovare le risposte alle domande che accompagnano il vostro cammino, non in modo superficiale, facile, ma camminando con Gesù, vivendo con Gesù. L’incontro con Cristo non si risolve nell’adesione ad una dottrina, ad una filosofia, ma ciò che Lui vi propone è di condividere la sua stessa vita e così imparare a vivere, imparare che cosa è l'uomo, che cosa sono io. A quel giovane, che Gli aveva chiesto che cosa fare per entrare nella vita eterna, cioè per vivere veramente, Gesù risponde, invitandolo a distaccarsi dai suoi beni e aggiunge: “Vieni! Seguimi!” (Mc 10,21). La parola di Cristo mostra che la vostra vita trova significato nel mistero di Dio, che è Amore: un Amore esigente, profondo, che va oltre la superficialità! Che cosa sarebbe la vostra vita senza questo amore? Dio si prende cura dell’uomo dalla creazione fino alla fine dei tempi, quando porterà a compimento il suo progetto di salvezza. Nel Signore Risorto abbiamo la certezza della nostra speranza! Cristo stesso, che è andato nelle profondità della morte ed è risorto, è la speranza in persona, è la Parola definitiva pronunciata sulla nostra storia, è una parola positiva.

Non temete di affrontare le situazioni difficili, i momenti di crisi, le prove della vita, perché il Signore vi accompagna, è con voi! Vi incoraggio a crescere nell’amicizia con Lui attraverso la lettura frequente del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura, la partecipazione fedele all’Eucaristia come incontro personale con Cristo, l’impegno all’interno della comunità ecclesiale, il cammino con una valida guida spirituale. Trasformati dallo Spirito Santo potrete sperimentare l’autentica libertà, che è tale quando è orientata al bene. In questo modo la vostra vita, animata da una continua ricerca del volto del Signore e dalla volontà sincera di donare voi stessi, sarà per tanti vostri coetanei un segno, un richiamo eloquente a far sì che il desiderio di pienezza che sta in tutti noi si realizzi finalmente nell’incontro con il Signore Gesù. Lasciate che il mistero di Cristo illumini tutta la vostra persona! Allora potrete portare nei diversi ambienti quella novità che può cambiare le relazioni, le istituzioni, le strutture, per costruire un mondo più giusto e solidale, animato dalla ricerca del bene comune. Non cedete a logiche individualistiche ed egoistiche! Vi conforti la testimonianza di tanti giovani che hanno raggiunto la meta della santità: pensate a santa Teresa di Gesù Bambino, san Domenico Savio, santa Maria Goretti, il beato Pier Giorgio Frassati, il beato Alberto Marvelli – che è di questa terra! – e tanti altri, a noi sconosciuti, ma che hanno vissuto il loro tempo nella luce e nella forza del Vangelo, e hanno trovato la risposta: come vivere, che cosa devo fare per vivere.

A conclusione di questo incontro, voglio affidare ciascuno di voi alla Vergine Maria, Madre della Chiesa. Come Lei, possiate pronunciare e rinnovare il vostro “sì” e magnificare sempre il Signore con la vostra vita, perché Lui vi dona parole di vita eterna! Coraggio allora cari giovani e care giovani, nel vostro cammino di fede e di vita cristiana anche io vi sono sempre vicino e vi accompagno con la mia Benedizione. Grazie per la vostra attenzione!



AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA DELLA RIUNIONE DELLE OPERE IN AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI (ROACO) Sala Clementina Venerdì, 24 giugno 2011

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Signor Cardinale,
Beatitudine,
venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari Membri ed Amici della ROACO,

Desidero esprimere a ciascuno di voi il più cordiale benvenuto e ricambio volentieri con ogni miglior augurio le cortesi parole di omaggio che mi ha rivolto il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali e Presidente della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali, accompagnato dall’Arcivescovo Segretario, dal Sottosegretario e dai Collaboratori ecclesiastici e laici del Dicastero. Porgo un fraterno saluto al nuovo Patriarca Maronita, Sua Beatitudine Bechara Boutros Rai, ed estendo il mio pensiero agli altri Presuli, ai Rappresentanti delle Agenzie Internazionali e dell’Università di Betlemme, come pure ai Benefattori qui convenuti. Tutti ringrazio per la cooperazione generosa al mandato di universale carità che il Signore Gesù affida incessantemente al Vescovo di Roma quale Successore del beato Apostolo Pietro.

Ieri abbiamo celebrato la Solennità del Corpo e Sangue del Signore. La Processione Eucaristica, che ho presieduto dalla Cattedrale Lateranense fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, reca sempre un appello all’amata Città di Roma e all’intera Comunità cattolica di rimanere e camminare sulle vie non facili della storia, tra le grandi povertà spirituali e materiali del mondo, per offrire la carità di Cristo e della Chiesa, che scaturisce dal Mistero Pasquale, mistero di amore, di dono totale che genera vita. La carità “non avrà mai fine” (
1Co 13,8), dice l’Apostolo Paolo, ed è capace di cambiare i cuori e il mondo con la forza di Dio, seminando e risvegliando ovunque la solidarietà, la comunione e la pace. Sono doni affidati alle nostre fragili mani, ma il loro sviluppo è sicuro, perché la potenza di Dio opera proprio nella debolezza, se sappiamo aprirci alla sua azione, se siamo veri discepoli che cercano di esserGli fedeli (cfr 2Co 12,10).

Chers amis de la ROACO, n’oubliez jamais la dimension eucharistique de votre objectif pour vous maintenir constamment dans le mouvement de la charité ecclésiale. Celui-ci désire rejoindre tout particulièrement la Terre Sainte mais aussi le Moyen Orient dans son ensemble, pour y soutenir la présence chrétienne. Je vous demande de faire tout votre possible - y compris en intéressant les autorités publiques avec lesquelles vous êtes en contact à un niveau International - pour qu’en Orient où ils sont nés, les pasteurs et les fidèles du Christ puissent demeurer non comme des “étrangers” mais comme des “concitoyens” (Ep 2,19) qui témoignent de Jésus Christ, comme l’ont fait avant eux les saints du passé, fils eux-aussi des Eglises Orientales. L’Orient est à juste titre leur patrie terrestre. C’est là qu’ils sont appelés aujourd’hui encore à promouvoir, sans faire de distinction, le bien de tous, par leur foi. Une égale dignité et une réelle liberté doivent être reconnues à toute personne qui professe cette foi, permettant ainsi une collaboration oecuménique et interreligieuse plus fructueuse.

I thank you for your reflections on the changes that are taking place in the countries of North Africa and the Middle East, which are a source of anxiety throughout the world. Through the communications received at this time from the Coptic-Catholic Cardinal-Patriarch and from the Maronite Patriarch, as well as the Pontifical Representative in Jerusalem and the Franciscan Custos of the Holy Land, the Congregation and the agencies will be able to assess the situation on the ground for the Church and the peoples of that region, which is so important for world peace and stability. The Pope wishes to express his closeness, also through you, to those who are suffering and to those who are trying desperately to escape, thereby increasing the flow of migration that often remains without hope. I pray that the necessary emergency assistance will be forthcoming, but above all I pray that every possible form of mediation will be explored, so that violence may cease and social harmony and peaceful coexistence may everywhere be restored, with respect for the rights of individuals as well as communities. Fervent prayer and reflection will help us at the same time to read the signs emerging from the present season of toil and tears: may the Lord of history always turn them to the common good.

Die Sonderversammlung der Bischofssynode für den Nahen Osten, die vergangenen Oktober im Vatikan stattgefunden hat und an der einige von euch teilgenommen haben, führte dazu, daß die Kirche die Brüder und Schwestern des Orients noch tiefer ins Herz geschlossen hat. Die Synode hat uns auch Zeichen von etwas Neuem in der heutigen Zeit erkennen lassen. Bald darauf wurden jedoch wehrlose Personen in der syrisch-katholischen Kathedrale von Bagdad durch einen Akt sinnloser Gewalt grausam getroffen, dem in den Monaten danach weitere Vorfälle an verschiedenen anderen Orten folgten. Dieses für Christus erlittene Leid vermag allerdings den guten Samen der Synode zu bewässern und wird die Früchte noch reicher machen. Ich vertraue daher den Mitgliedern der ROACO und ihrem guten Willen die Ergebnisse der Synode an wie auch den kostbaren spirituellen Schatz, den der Leidenskelch so vieler Christen darstellt. Dies ist Richtschnur für einen klugen und großherzigen Dienst, der bei den Geringsten beginnt und niemanden ausschließt und der in seiner Echtheit immer am Geheimnis der Eucharistie Maß nehmen soll.

Cari amici, sotto la guida dei loro generosi Pastori e anche con il vostro insostituibile sostegno, le Chiese Orientali Cattoliche sapranno sempre confermare la comunione con la Sede Apostolica, gelosamente custodita lungo i secoli, e dare un contributo originale alla nuova evangelizzazione sia in madrepatria, sia nella crescente diaspora. Pongo questi auspici sotto la protezione della Santissima Madre di Dio e del Precursore di Cristo, san Giovanni Battista, nella solennità liturgica della sua nascita. Si avvicina anche la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: in quel giorno renderò grazie al Buon Pastore, come ha ricordato il Cardinale Sandri, nel 60° anniversario della mia Ordinazione sacerdotale. Sono molto riconoscente per la preghiera e l’augurio, di cui mi fate gradito dono. Vi chiedo di condividere la mia supplica al “Padrone della messe” (Mt 9,38) perché conceda alla Chiesa e al mondo numerosi e ardenti operai del Vangelo. E come segno del mio affetto sono ben lieto di impartire a ciascuno di voi, a quanti vi sono cari e alle comunità a voi affidate la confortatrice Benedizione Apostolica.



AI SOCI DELL'ASSOCIAZIONE SANTI PIETRO E PAOLO IN OCCASIONE DEL 40° ANNIVERSARIO DEL SODALIZIO Basilica Vaticana, Altare della Cattedra Sabato, 25 giugno 2011

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Cari amici dell’Associazione Santi Pietro e Paolo!

Vi saluto con gioia e con affetto! Sono lieto di incontrarvi mentre siete riuniti in occasione del 40° anniversario del sodalizio: una ricorrenza felice, che invita al ringraziamento, al Signore innanzitutto, e all’amato Servo di Dio Paolo VI, che tanto ha fatto per rinnovare anche l’ambiente Vaticano secondo le esigenze contemporanee. Saluto in particolare il Presidente, Dottor Calvino Gasparini, e lo ringrazio per le sue cortesi parole; saluto l’Assistente spirituale, Mons. Joseph Murphy, gli altri responsabili e tutti i soci, come pure gli ex-Assistenti, tra i quali vi è il Cardinale Coppa, che ci onora della sua presenza, e il Cardinale Bertone, che da giovane sacerdote fu aiutante formatore dell’allora Guardia Palatina. Presso l’altare del Signore e la tomba di San Pietro, eleviamo in questo momento uno speciale ricordo per tutti coloro che in questi 40 anni si sono succeduti alla guida dell’Associazione e che con dedizione ne hanno fatto parte. A quanti tra loro hanno lasciato questo mondo, il Signore doni la pace e la beatitudine del suo Regno.

Anche nel mio animo, incontrandovi, domina il sentimento di riconoscenza, ed è rivolto a voi, per il servizio che offrite, soprattutto per l’amore e lo spirito di fede con cui lo svolgete. Voi dedicate parte del vostro tempo, armonizzandolo con gli impegni di famiglia e sottraendolo spesso allo svago, per venire in Vaticano e collaborare al buon ordine delle celebrazioni. Inoltre, date vita a numerose iniziative caritative, in collaborazione con le Suore Figlie della Carità e con le Missionarie della Carità. Tali impegni richiedono una motivazione profonda, che va sempre rinnovata, grazie ad una intensa vita spirituale. Per aiutare gli altri a pregare, bisogna avere il cuore rivolto a Dio; per richiamarli al rispetto dei luoghi santi e delle cose sante, occorre avere in se stessi il senso cristiano della sacralità; per aiutare il prossimo con vero amore cristiano, dobbiamo avere un animo umile e uno sguardo di fede. Il vostro atteggiamento, spesso senza parole, costituisce un’indicazione, un esempio, un richiamo, e come tale ha anche un valore educativo.

Presupposto di tutto questo è naturalmente la vostra formazione personale; e desidero dirvi che proprio per essa, come pure per tutto ciò che fate, vi sono particolarmente grato. L’Associazione Santi Pietro e Paolo, come ogni autentica associazione ecclesiale, si propone anzitutto la formazione dei suoi aderenti, mai in sostituzione o in alternativa alle parrocchie, ma sempre in modo complementare rispetto ad esse. Perciò, mi rallegro che voi siate ben inseriti nelle vostre comunità parrocchiali e educhiate i vostri figli al senso della parrocchia. Al tempo stesso, mi compiaccio del fatto che l’Associazione sia in giusta misura esigente nel prevedere specifici periodi formativi per coloro che desiderano diventare soci effettivi e offra regolarmente opportuni momenti a sostegno della perseveranza. Un pensiero particolare rivolgo proprio a coloro che stamani hanno pronunciato la solenne Promessa di fedeltà; auguro loro di avere sempre la gioia di sentirsi discepoli di Cristo nella Chiesa, e li esorto a dare buona testimonianza del Vangelo in ogni ambito della loro vita. Sempre in questa prospettiva, ho appoggiato fin dall’inizio il progetto di dar vita ad un gruppo giovanile. Saluto i giovani con speciale affetto, e li incoraggio a seguire l’esempio del Beato Pier Giorgio Frassati, amando Dio con tutto il cuore, gustando la bellezza dell’amicizia cristiana e servendo Cristo con grande discrezione nei fratelli più poveri.

Cari amici, vi ringrazio anche per gli auguri, e soprattutto per le preghiere, in occasione del mio 60° anniversario di Sacerdozio. Il dono che mi avete voluto offrire, una bella casula, mi ricorda che sono sempre prima di tutto Sacerdote di Cristo, e mi invita anche a ricordarmi di voi quando celebro il Sacrificio redentore. Grazie di cuore! Infine, voglio affidarvi tutti alla Vergine Maria. So che nella vostra Associazione è venerata col titolo di Virgo Fidelis. Oggi più che mai c’è bisogno di fedeltà! Viviamo in una società che ha smarrito questo valore. Si esalta molto l’attitudine al cambiamento, la “mobilità”, la “flessibilità”, per motivi economici e organizzativi anche legittimi. Ma la qualità di una relazione umana si vede dalla fedeltà! La Sacra Scrittura ci mostra che Dio è fedele. Con la sua grazia e l’aiuto di Maria, siate dunque fedeli a Cristo e alla Chiesa, pronti a sopportare con umiltà e pazienza il prezzo che questo comporta. La Virgo Fidelis vi ottenga la pace nelle vostre famiglie, come pure che da esse nascano autentiche vocazioni cristiane, al Matrimonio, al Sacerdozio e alla Vita consacrata. Per questo assicuro uno speciale ricordo nella mia preghiera, mentre di cuore benedico tutti voi e i vostri cari.



Discorsi 2005-13 17061