Discorsi 2005-13 21211

AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE Sala dei Papi Venerdì, 2 dicembre 2011

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
illustri Professori e Professoresse, cari Collaboratori!

È una grande gioia per me potervi accogliere a conclusione dell’annuale Sessione Plenaria della Commissione Teologica Internazionale. Vorrei esprimere anzitutto un sentito ringraziamento per le parole che il Signor Cardinale William Levada, in qualità di Presidente della Commissione, ha voluto rivolgermi a nome di voi tutti.

I lavori di questa Sessione hanno coinciso quest’anno con la prima settimana d’Avvento, occasione che ci fa ricordare come ogni teologo sia chiamato ad essere uomo dell’avvento, testimone della vigile attesa, che illumina le vie dell’intelligenza della Parola che si è fatta carne. Possiamo dire che la conoscenza del vero Dio tende e si nutre costantemente di quell’«ora», che ci è sconosciuta, in cui il Signore tornerà. Tenere desta la vigilanza e vivificare la speranza dell’attesa non sono, pertanto, un compito secondario per un retto pensiero teologico, che trova la sua ragione nella Persona di Colui che ci viene incontro e illumina la nostra conoscenza della salvezza.

Quest’oggi mi è grato riflettere brevemente con voi sui tre temi che la Commissione Teologica Internazionale sta studiando negli ultimi anni. Il primo, come è stato detto, riguarda la questione fondamentale per ogni riflessione teologica: la questione di Dio ed in particolare la comprensione del monoteismo. A partire da questo ampio orizzonte dottrinale avete approfondito anche un tema di carattere ecclesiale: il significato della Dottrina sociale della Chiesa, riservando poi un’attenzione particolare ad una tematica che oggi è di grande attualità per il pensare teologico su Dio: la questione dello status stesso della teologia oggi, nelle sue prospettive, nei suoi principi e criteri.

Dietro la professione della fede cristiana nel Dio unico si ritrova la quotidiana professione di fede del popolo di Israele: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico Dio è il Signore» (
Dt 6,4). L’inaudito compimento della libera disposizione dell’amore di Dio verso tutti gli uomini si è realizzato nell’incarnazione del Figlio in Gesù Cristo. In tale Rivelazione dell’intimità di Dio e della profondità del suo legame d’amore con l’uomo, il monoteismo del Dio unico si è illuminato con una luce completamente nuova: la luce trinitaria. E nel mistero trinitario s’illumina anche la fratellanza fra gli uomini. La teologia cristiana, insieme con la vita dei credenti, deve restituire la felice e cristallina evidenza all’impatto sulla nostra comunità della Rivelazione trinitaria. Benché i conflitti etnici e religiosi nel mondo rendano più difficile accogliere la singolarità del pensare cristiano di Dio e dell’umanesimo che da esso è ispirato, gli uomini possono riconoscere nel Nome di Gesù Cristo la verità di Dio Padre verso la quale lo Spirito Santo sollecita ogni gemito della creatura (cfr Rm 8). La teologia, in fecondo dialogo con la filosofia, può aiutare i credenti a prendere coscienza e a testimoniare che il monoteismo trinitario ci mostra il vero Volto di Dio, e questo monoteismo non è fonte di violenza, ma è forza di pace personale e universale.

Il punto di partenza di ogni teologia cristiana è l’accoglienza di questa Rivelazione divina: l’accoglienza personale del Verbo fatto carne, l’ascolto della Parola di Dio nella Scrittura. Su tale base di partenza, la teologia aiuta l’intelligenza credente della fede e la sua trasmissione. Tutta la storia della Chiesa mostra però che il riconoscimento del punto di partenza non basta a giungere all’unità nella fede. Ogni lettura della Bibbia si colloca necessariamente in un dato contesto di lettura, e l’unico contesto nel quale il credente può essere in piena comunione con Cristo è la Chiesa e la sua Tradizione viva. Dobbiamo vivere sempre nuovamente l’esperienza dei primi discepoli, che «erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (Ac 2,42). In questa prospettiva la Commissione ha studiato i principi e i criteri secondo i quali una teologia può essere cattolica, e ha anche riflettuto sul contributo attuale della teologia. E’ importante ricordare che la teologia cattolica, sempre attenta al legame tra fede e ragione, ha avuto un ruolo storico nella nascita dell’Università. Una teologia veramente cattolica con i due movimenti, «intellectus quaerens fidem et fide quaerens intellectum», è oggi più che mai necessaria, per rendere possibile una sinfonia delle scienze e per evitare le derive violente di una religiosità che si oppone alla ragione e di una ragione che si oppone alla religione.

La Commissione Teologica studia poi la relazione fra la Dottrina sociale della Chiesa e l’insieme della Dottrina cristiana. L’impegno sociale della Chiesa non è solo qualcosa di umano, né si risolve in una teoria sociale. La trasformazione della società operata dai cristiani attraverso i secoli è una risposta alla venuta nel mondo del Figlio di Dio: lo splendore di tale Verità e Carità illumina ogni cultura e società. San Giovanni afferma: «In questo abbiamo conosciuto l’amore; nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Jn 3,16). I discepoli di Cristo Redentore sanno che senza l’attenzione all’altro, il perdono, l’amore anche dei nemici, nessuna comunità umana può vivere in pace; e questo incomincia nella prima e fondamentale società che è la famiglia. Nella necessaria collaborazione a favore del bene comune anche con chi non condivide la nostra fede, dobbiamo rendere presenti i veri e profondi motivi religiosi del nostro impegno sociale, così come aspettiamo dagli altri che ci manifestino le loro motivazioni, affinché la collaborazione si faccia nella chiarezza. Chi avrà percepito i fondamenti dell’agire sociale cristiano vi potrà così anche trovare uno stimolo per prendere in considerazione la stessa fede in Cristo Gesù.

Cari amici, il nostro incontro conferma in modo significativo quanto la Chiesa abbia bisogno della competente e fedele riflessione dei teologi sul mistero del Dio di Gesù Cristo e della sua Chiesa. Senza una sana e vigorosa riflessione teologica la Chiesa rischierebbe di non esprimere pienamente l’armonia tra fede e ragione. Al contempo, senza il fedele vissuto della comunione con la Chiesa e l’adesione al suo Magistero, quale spazio vitale della propria esistenza, la teologia non riuscirebbe a dare un’adeguata ragione del dono della fede.

Porgendo, per il vostro tramite, l’augurio e l’incoraggiamento a tutti i fratelli e le sorelle teologi, sparsi nei vari contesti ecclesiali, invoco su di voi l’intercessione di Maria, Donna dell’Avvento e Madre del Verbo incarnato, la quale è per noi, nel suo custodire la Parola nel suo cuore, paradigma del retto teologare, il modello sublime della vera conoscenza del Figlio di Dio. Sia Lei, la Stella della speranza, a guidare e proteggere il prezioso lavoro che svolgete per la Chiesa e a nome della Chiesa. Con questi sentimenti di gratitudine, vi rinnovo la mia Benedizione Apostolica.





AL III CONGRESSO MONDIALE DI PASTORALE PER GLI STUDENTI INTERNAZIONALI, PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI Sala del Concistoro Venerdì, 2 dicembre 2011

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari studenti,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliervi, in occasione del III Congresso Mondiale di Pastorale per gli studenti internazionali, organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Saluto e ringrazio il Presidente, Mons. Antonio Maria Vegliò, per le espressioni con cui ha introdotto questo incontro. Saluto anche i Superiori e gli Officiali del Dicastero e ognuno di voi, qui convenuti da diverse parti del mondo, soprattutto dai Paesi di maggior afflusso degli studenti internazionali. Desidero esprimervi il mio apprezzamento per l’impegno profuso affinché le giovani generazioni abbiano orientamento e sostegno per perfezionare la loro formazione, affrontando le sfide del mondo globalizzato e secolarizzato. Un particolare saluto rivolgo agli studenti universitari qui presenti, con l’augurio che, dopo essere stati destinatari di questa speciale sollecitudine pastorale, diventino a loro volta protagonisti nella missione della Chiesa.

Noto con grande interesse il tema che avete scelto per il Congresso: “Studenti internazionali e incontro delle culture”. L’incontro delle culture è una realtà fondamentale nella nostra epoca e per il futuro dell’umanità e della Chiesa. L’uomo e la donna non possono raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non proprio mediante la cultura (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes
GS 53); e la Chiesa è attenta alla centralità della persona umana sia come artefice dell’attività culturale che come suo ultimo destinatario. Oggi più che mai la reciproca apertura tra le culture è terreno privilegiato per il dialogo tra quanti sono impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo. L’incontro delle culture nel campo universitario dev’essere pertanto incoraggiato e sostenuto, avendo come fondamento i principi umani e cristiani, i valori universali, perché aiuti a far crescere una nuova generazione capace di dialogo e discernimento, impegnata a diffondere il rispetto e la collaborazione per la pace e lo sviluppo. Gli studenti internazionali, infatti, hanno la potenzialità di diventare, con la loro formazione intellettuale, culturale e spirituale, artefici e protagonisti di un mondo dal volto più umano. Auspico vivamente che vi siano validi programmi a livello continentale e mondiale per offrire a molti giovani questa opportunità.

A motivo della carenza di formazione qualificata e di strutture adeguate nella propria terra, come pure delle tensioni sociali e politiche, e grazie ai sostegni economici per lo studio all’estero, gli studenti internazionali sono una realtà in aumento all’interno del grande fenomeno migratorio. È importante, dunque, offrire ad essi una sana ed equilibrata preparazione intellettuale, culturale e spirituale, perché non cadano preda della “fuga dei cervelli”, ma formino una categoria socialmente e culturalmente rilevante in prospettiva del loro rientro come futuri responsabili nei Paesi di origine, e contribuiscano a costituire dei “ponti” culturali, sociali e spirituali con i Paesi di accoglienza. Le università e le istituzioni cattoliche di educazione superiore sono chiamate ad essere “laboratori di umanità”, offrendo programmi e corsi che stimolino i giovani studenti nella ricerca non solo di una qualificazione professionale, ma anche della risposta alla domanda di felicità, di senso e di pienezza, che abita il cuore dell’uomo.

Il mondo universitario costituisce per la Chiesa un campo privilegiato per l’evangelizzazione. Come ho sottolineato nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del prossimo anno, gli atenei di ispirazione cristiana, quando si mantengono fedeli alla propria identità, diventano luoghi di testimonianza, dove Gesù Cristo può essere incontrato e conosciuto, dove si può sperimentare la sua presenza, che riconcilia, rasserena e infonde nuova speranza. La diffusione di ideologie “deboli” nei diversi campi della società sollecita i cristiani a un nuovo slancio nel campo intellettuale, al fine di incoraggiare le giovani generazioni nella ricerca e nella scoperta della verità sull’uomo e su Dio. La vita del beato John Henry Newman, così legata al contesto accademico, conferma l’importanza e la bellezza di promuovere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la dimensione etica e l’impegno religioso procedano insieme. La pastorale universitaria, quindi, si offre ai giovani come sostegno affinché la comunione con Cristo li conduca a percepire il mistero più profondo dell’uomo e della storia. L’incontro fra gli universitari, poi, aiuta a scoprire e valorizzare il tesoro nascosto in ogni studente internazionale, considerando la sua presenza come un fattore di arricchimento umano, culturale e spirituale. I giovani cristiani, provenendo da culture diverse, ma appartenendo all’unica Chiesa di Cristo, possono mostrare che il Vangelo è Parola di speranza e di salvezza per gli uomini di ogni popolo e cultura, di ogni età e di ogni epoca, come ho voluto ribadire anche nella mia recente Esortazione apostolica postsinodale Africae munus (nn.134.138).

Cari giovani studenti, vi incoraggio ad approfittare del tempo dei vostri studi per crescere nella conoscenza e nell’amore di Cristo, mentre percorrete il vostro itinerario di formazione intellettuale e culturale. Conservando il vostro patrimonio di sapienza e di fede, nell’esperienza della vostra formazione culturale all’estero, potrete avere una preziosa opportunità di universalità, di fratellanza e anche di comunicazione del Vangelo. Auguro ogni bene per i lavori del vostro Congresso e vi assicuro la mia preghiera. Affido a Maria, Madre di Gesù, l’impegno e i generosi propositi di quanti si prendono cura dei migranti, in particolare degli studenti internazionali, e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.



"ORATORIO NATALIZIO DELLE ALPI" E PROIEZIONE DEL FILM "DAL CIELO IN TERRA - AVVENTO E NATALE NELLE PREALPI BAVARESI", Sala Clementina Venerdì, 2 dicembre 2011

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OFFERTI AL PAPA DALLA BAYERISCHER RUNDFUNK



[traduzione italiana. Alla fine di questo momento di Avvento qui, nel Palazzo Apostolico, vorrei rivolgervi alcune parole. Anzitutto, un cordiale ringraziamento a quanti hanno reso possibile questa serata. Ringrazio il signor Hans Berger insieme al suo Ensemble e al “Coro Montini” per la presentazione dell’“Oratorio natalizio delle Alpi”, che veramente mi ha toccato nel profondo. Un grazie di cuore. Poi, ringrazio la Radiotelevisione Bavarese, rappresentata dal signor Mandlik e dalla signora Sigrid Esslinger, per la proiezione del film sull’Avvento e il Natale nelle Prealpi bavaresi. Voi tutti avete portato un po’ di usanze e di senso della vita tipicamente bavaresi nella casa del Papa: posso dirvi soltanto di cuore “Il Signore vi renda merito” per questo dono.]

E spero che anche i nostri amici italiani abbiano avuto gioia con questa inculturazione della fede nelle nostre terre, particolarmente Lei, Eminenza [n. r. il Card. T. Bertone], nel giorno del suo compleanno. Da noi, come è stato detto, l’Avvento è chiamato “tempo silenzioso” – “staade Zeit”. La natura fa una pausa; la terra è coperta dalla neve; non si può lavorare, nel mondo contadino, all’esterno; tutti sono necessariamente a casa. Il silenzio della casa diventa, per la fede, attesa del Signore, gioia della sua presenza. E così sono nate tutte queste melodie, tutte queste tradizioni che rendono un po’ – come è stato detto anche oggi – “il cielo presente sulla terra”. Tempo silenzioso, tempo di silenzio. Oggi l’Avvento è spesso proprio il contrario: tempo di una sfrenata attività, si compra, si vende, preparativi di Natale, dei grandi pranzi, eccetera. Così, anche da noi. Ma, come avete visto, le tradizioni popolari della fede non sono sparite, anzi, sono state rinnovate, approfondite, aggiornate. E così creano isole per l’anima, isole del silenzio, isole della fede, isole per il Signore, nel nostro tempo, e questo mi sembra molto importante. E dobbiamo dire grazie a tutti coloro che lo fanno: lo fanno nelle famiglie, nelle chiese, con gruppi più o meno professionali, ma tutti fanno lo stesso: rendere presente la realtà della fede nelle nostre case, nel nostro tempo. E speriamo che anche in futuro questa forza della fede, la sua visibilità, rimanga ed aiuti ad andare avanti, come vuole l’Avvento, verso il Signore.



[Ancora, un grazie di tutto cuore e un “Dio vi renda merito” per tutto!]



ILLUMINAZIONE VIA WEB DELL'ALBERO DI NATALE LUMINOSO DI GUBBIO (PERUGIA) Sala dei Foconi Mercoledì, 7 dicembre 2011

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Cari abitanti di Gubbio!
Cari amici!

Ben volentieri ho accolto l’invito di accendere il grande Albero di Natale che ogni anno sovrasta la città di Gubbio. Ringrazio il Comitato organizzatore e, in particolare, il Vescovo Monsignor Ceccobelli per le parole che mi ha rivolto a nome della città e della diocesi eugubina. Un saluto a voi tutti, che siete nella Piazza di Gubbio o collegati attraverso la televisione!

Prima di accendere le luci dell’Albero, vorrei fare un triplice, semplice augurio.

Questo grande Albero di Natale è collocato sulle pendici del Monte Ingino sulla cui sommità, come ricordava il Vescovo, è situata anche la Basilica del Patrono di Gubbio, sant’Ubaldo. Guardandolo, il nostro sguardo è spinto in modo naturale verso l’alto, verso il Cielo, verso il mondo di Dio.

Il primo augurio, allora, è che il nostro sguardo, quello della mente e del cuore, non si fermi solamente all’orizzonte di questo nostro mondo, alle cose materiali, ma sia un po’ come questo albero, sappia tendere verso l’alto, sappia rivolgersi a Dio. Lui mai ci dimentica, ma chiede che anche noi non ci dimentichiamo di Lui!

Il Vangelo ci dice che nella notte del santo Natale una luce avvolse i pastori (cfr
Lc 2,9-11) annunciando loro una grande gioia: la nascita di Gesù, di Colui che viene a portare luce, anzi di Colui che è la luce vera che illumina ogni uomo (cfr Jn 1,9). Il grande albero che tra poco accenderò domina la città di Gubbio e illuminerà con la sua luce il buio della notte.

Il secondo augurio è che esso ricordi come anche noi abbiamo bisogno di una luce che illumini il cammino della nostra vita e ci dia speranza, specialmente in questo nostro tempo in cui sentiamo in modo particolare il peso delle difficoltà, dei problemi, delle sofferenze, e un velo di tenebra sembra avvolgerci. Ma quale luce è capace di illuminare veramente il nostro cuore e donarci una speranza ferma, sicura? E’ proprio il Bambino che contempliamo nel santo Natale, in una semplice e povera grotta, perché è il Signore che si fa vicino a ciascuno di noi e chiede che lo accogliamo nuovamente nella nostra vita, chiede di volergli bene, di avere fiducia in Lui, di sentire che è presente, ci accompagna, ci sostiene, ci aiuta.

Ma questo grande Albero è formato da tante luci. L’ultimo augurio che vorrei rivolgere è che ciascuno di noi sappia portare un po’ di luce negli ambienti in cui vive: in famiglia, al lavoro, nel quartiere, nei Paesi, nelle Città. Ciascuno sia una luce per chi gli sta accanto; esca dall’egoismo che spesso chiude il cuore e spinge a pensare solo a se stessi; doni un po’ di attenzione all’altro, un po’ di amore. Ogni piccolo gesto di bontà è come una luce di questo grande Albero: insieme alle altre luci è capace di illuminare l’oscurità della notte, anche quella più buia.

Grazie allora, e scenda su tutti la luce e la benedizione del Signore.



ALLA DELEGAZIONE DELLA CONFCOOPERATIVE E DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO Sala Clementina Sabato, 10 dicembre 2011

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Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliere e di salutare ciascuno di voi, qui convenuti in rappresentanza della Confederazione delle Cooperative Italiane e della Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo. Saluto i rispettivi Presidenti, Luigi Marino e Alessandro Azzi, ringraziando per le parole rivoltemi a nome di tutti. Saluto pure il vostro Assistente ecclesiastico, Mons. Adriano Vincenzi, i dirigenti e tutti voi qui convenuti.

E’ nota l’importanza della cooperazione cattolica in Italia, sorta a seguito dell’Enciclica del Papa Leone XIII Rerum novarum, di cui quest’anno si celebra il 120° anniversario di promulgazione. Essa favorì la feconda presenza dei cattolici nella società italiana, mediante la promozione di enti cooperativi e mutualistici, lo sviluppo delle imprese sociali e tante altre opere di interesse pubblico, caratterizzate da forme di partecipazione e di autogestione. Tale attività è sempre stata finalizzata al sostegno materiale della popolazione, all’attenzione costante alle famiglie, ispirandosi al Magistero della Chiesa.

Ciò che ha spinto gli aderenti ad associarsi in organizzazioni di tipo cooperativistico, spesso con l’apporto determinante dei sacerdoti, è stata non solo un’esigenza di ordine economico, ma anche il desiderio di vivere un’esperienza di unità e di solidarietà, che portasse al superamento delle differenze economiche e dei conflitti sociali tra i diversi gruppi.

Proprio nell’impegno di comporre armonicamente la dimensione individuale e quella comunitaria risiede il fulcro dell’esperienza cooperativistica. Essa è espressione concreta della complementarietà e della sussidiarietà che la Dottrina sociale della Chiesa da sempre promuove fra la persona e lo Stato; è l’equilibrio fra la tutela dei diritti del singolo e la promozione del bene comune, nello sforzo di sviluppare un’economia locale che risponda sempre meglio alle esigenze della collettività. Ugualmente, anche sul piano etico, essa si caratterizza per una marcata sensibilità solidale, pur nel rispetto della giusta autonomia del singolo. Tale sensibilità è importante perché favorisce la valorizzazione dei legami tra realtà cooperative e territorio per un rilancio dell’economia reale, che abbia come motore l’autentico sviluppo della persona umana e sappia coniugare risultati positivi con un agire sempre eticamente corretto. Non dobbiamo dimenticare, infatti, come ricordavo nell’Enciclica Caritas in veritate, che anche nel campo dell’economia e della finanza «retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati sono compatibili e non devono mai essere disgiunti. Se l’amore è intelligente, sa trovare anche i modi per operare secondo una previdente e giusta convenienza, come indicano, in maniera significativa, molte esperienze nel campo della cooperazione di credito» (n. 65).

Le vostre benemerite istituzioni sono presenti da molto tempo nel tessuto sociale italiano e rimangono pienamente attuali; esse portano in sé ideali evangelici e una vitalità che le rendono ancora oggi capaci di offrire un valido contributo all’intera comunità, sia dal punto di vista sociale, sia nel campo dell’evangelizzazione. In una stagione di grandi cambiamenti, di persistente precarietà economica, di difficoltà nel mondo del lavoro, la Chiesa sente di dover annunciare con nuovo vigore il Messaggio di Cristo, con la forza di umanizzazione e la carica di speranza per il futuro che contiene. E voi, cari amici, dovete essere consapevoli che le cooperative cattoliche hanno un ruolo importante da svolgere in questo campo.

Vorrei richiamare molto brevemente alcuni elementi dove la vostra azione è preziosa. Anzitutto siete chiamati ad offrire il vostro contributo, con la specifica professionalità ed il tenace impegno, affinché l’economia e il mercato non siano mai disgiunti dalla solidarietà. Inoltre, siete chiamati a promuovere la cultura della vita e della famiglia e a favorire la formazione di nuove famiglie che possano contare su un lavoro dignitoso e rispettoso del creato che Dio ha affidato alla nostra cura responsabile. Sappiate valorizzare sempre l’uomo nella sua interezza, al di là di ogni differenza di razza, di lingua o di credo religioso, prestando attenzione ai suoi reali bisogni, ma anche alla sua capacità di iniziativa. Particolarmente importante, poi, è ricordare quello che caratterizza le cooperative cattoliche: l’ispirazione cristiana, che deve costantemente orientarle. Rimanete, quindi, fedeli al Vangelo e all’insegnamento della Chiesa: fa parte della vostra stessa identità; tenete presenti e favorite le varie iniziative di sperimentazione che attingono dai contenuti del Magistero sociale della Chiesa, come nel caso di consorzi sociali di sviluppo, di esperienze di microcredito e di un’economia animata dalla logica della comunione e della fraternità.

Nel Vangelo, il richiamo all’amore per il prossimo è strettamente legato al comando di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze (cfr
Mc 12,29-31). Per il cristiano quindi amare l’altro non è semplice filantropia, ma è espressione dell’amore di Dio e deve fondarsi su un vero amore a Dio. Solo così potrà far sperimentare a chi incontra la tenerezza provvidente del Padre celeste e portare un raggio di speranza anche nelle situazioni buie. Anche nel mondo dell’economia e del lavoro per vivere e portare l’amore e la solidarietà è necessario attingere alla sorgente divina attraverso un rapporto intenso con Dio, un ascolto costante della sua Parola, un’esistenza nutrita dall’Eucaristia. Non dimenticate l’importanza di far crescere questa dimensione spirituale nel vostro impegno di risposta alle odierne sfide e urgenze sociali, per continuare ad operare nella logica dell’economia della gratuità, della responsabilità, per promuovere un consumo responsabile e sobrio (cfr Caritas in veritate ).

Cari amici, ho offerto solo qualche spunto di riflessione, ma vorrei soprattutto incoraggiare la vostra opera così valida e importante. La Vergine Maria vi protegga e vi assista. Per voi qui presenti e per tutti gli aderenti alla Confederazione delle Cooperative Italiane e della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo formulo l’auspicio di proseguire con serenità e successo il vostro impegno nel sociale e, mentre assicuro il mio ricordo nella preghiera, di cuore benedico voi e i vostri cari.






VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA "SANTA MARIA DELLE GRAZIE" A CASAL BOCCONE III Domenica di Avvento "Gaudete", 11 dicembre 2011

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Saluto del Santo Padre ai bambini:

Cari bambini,

auguro a tutti una buona domenica. Sappiamo che il Natale è vicino: prepariamoci non solo con i doni, ma con il nostro cuore. Pensiamo che Cristo, il Signore, è vicino a noi, entra nella nostra vita e ci dà luce e gioia. San Paolo dice oggi nella Lettera ai Tessalonicesi: “Pregate incessantemente”. Naturalmente, non vuol dire che dobbiamo sempre dire parole di preghiera, ma vuol dire che dobbiamo non perdere il contatto con Dio nel nostro cuore. Se questo contatto c’è, un fatto di gioia c’è. A tutti voi auguro tutta la gioia di Natale e tutta la gioia della presenza di Gesù Cristo Bambino che è Dio nel nostro cuore. Auguri! Buona domenica e Buon Natale fin d’ora!

* * *

Uscendo dalla chiesa, sul sagrato, il Papa ha salutato la comunità della parrocchia di Santa Maria delle Grazie con queste parole:

Cari amici, uno spirituale abbraccio per tutti voi. Grazie per la vostra presenza e per la cordialità dell’accoglienza. Era come in Africa: questa cordialità così bella e aperta, i cori aperti e vivi. Per me è una grande gioia vedere come vive la Chiesa qui nella città di Roma: in questa nuova Parrocchia si partecipa realmente all’Eucaristia e si prepara il Natale.

Preparare il Natale oggi è molto difficile. E so che sono tanti gli impegni. Ma preparare il Natale non è solo comprare, preparare e pensare, è anche tenere il contatto con il Signore, andare incontro a Lui. E mi sembra molto importante non dimenticare questa dimensione. Ho già spiegato ai bambini che San Paolo dice: “Pregate incessantemente”, cioè non perdete il contatto con Dio. E questo non è un peso aggiunto agli altri, ma è la forza che ci aiuta a fare tutto quanto è necessario. Auguro, in questo senso, un permanente contatto con Gesù, e, così, la sua gioia e la sua forza di vivere in questo mondo. Buon Avvento e buon Natale. Grazie a voi tutti.





AGLI AMBASCIATORI PRESSO LA SANTA SEDE DI TRINIDAD E TOBAGO, GUINEA BISSAU, SVIZZERA, BURUNDI, THAILANDIA, PAKISTAN, MOZAMBICO, KYRGYZSTAN, ANDORRA, SRI LANKA, BURKINA FASO

IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETIVA DELLA LETTERE CREDENZIALI Sala Clementina Giovedì, 15 dicembre 2011

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Signore e Signori Ambasciatori,

È con gioia che vi ricevo questa mattina nel Palazzo apostolico per la presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi presso la Santa Sede: Trinidad e Tobago, la Repubblica di Guinea-Bissau, la Confederazione Svizzera, il Burundi, la Thailandia, il Pakistan, il Mozambico, il Kyrgyzstan, il Principato di Andorra, lo Sri Lanka e il Burkina Faso. Voi mi avete appena rivolto parole cortesi da parte dei vostri Capi di Stato e vi ringrazio per questo. Vi sarei grato se poteste in cambio trasmettere loro i miei deferenti saluti e i miei voti rispettosi per le loro persone e per l’alta missione che svolgono al servizio del loro Paese e del loro popolo. Desidero altresì salutare per mezzo di voi tutte le autorità civili e religiose delle vostre nazioni, come pure tutti i vostri concittadini. Le mie preghiere e i miei pensieri si volgono naturalmente anche alle comunità cattoliche presenti nei vostri Paesi.

L’unità della famiglia umana è oggi vissuta come un dato di fatto. Grazie ai mezzi di comunicazione sociale che collegano tutte le regioni del mondo le une alle altre, ai trasporti che facilitano gli scambi umani, ai vincoli commerciali che rendono le economie interdipendenti, alle sfide che assumono una dimensione mondiale come la salvaguardia dell’ambiente e l’importanza dei flussi migratori, gli uomini hanno capito di avere ormai un destino comune. Accanto agli aspetti positivi, questa presa di coscienza è a volte percepita come un fardello nel senso che allarga considerevolmente l’ambito di responsabilità di ognuno e conferisce alla risoluzione dei problemi una complessità tanto più grande quanto più numerosi sono gli attori coinvolti. Ciò non si può negare; tuttavia lo sguardo dell’umanità su se stessa deve evolversi per scoprire in questa interdipendenza non una minaccia, ma un vantaggio: quello che hanno gli uomini nel lavorare gli uni con gli altri, gli uni per gli altri. Siamo tutti responsabili di tutti ed è importante avere una concezione positiva della solidarietà. Quest’ultima è la leva concreta dello sviluppo umano integrale che permette all’umanità di procedere verso il suo compimento. Considerando tutti i campi in cui la solidarietà merita di essere esercitata, dobbiamo accogliere come un segno positivo della cultura attuale, l’esigenza, sempre più presente nella coscienza dei nostri contemporanei, di una solidarietà intergenerazionale. Quest’ultima trova il suo radicamento naturale nella famiglia, che è opportuno sostenere affinché continui a compiere la sua missione fondamentale nella società. Allo stesso tempo, per ampliare il campo della solidarietà e promuoverla in modo duraturo, l’educazione dei giovani è la via privilegiata. In questo ambito, incoraggio ognuno, qualunque sia il suo livello di responsabilità, e in particolare i governanti, a dare prova di creatività, a prendere e a impiegare le misure necessarie per dare alla gioventù le basi etiche fondamentali, soprattutto aiutandola a formarsi, e a lottare contro i mali sociali come la disoccupazione, la droga, la criminalità e il non rispetto della persona. La preoccupazione per la sorte delle generazioni future porta a un progresso significativo nella percezione dell’unità del genere umano.

Non bisogna temere che questa responsabilità comune e condivisa per il bene dell’intero genere umano si scontri all’infinito con la diversità culturale e religiosa, come in un vicolo cieco. Il pluralismo delle culture e delle religioni non si oppone alla ricerca comune del vero, del bene e del bello. Illuminata e sostenuta dalla luce delle Rivelazione, la Chiesa incoraggia gli uomini a confidare nella ragione che, se purificata dalla fede «la innalza, permettendole così di dilatare i propri spazi per inserirsi in un campo di ricerca insondabile come il mistero stesso» (Discorso in occasione del X anniversario dell’Enciclica Fides et ratio
FR 16 ottobre 2008). Essa è allora capace di superare i condizionamenti di parte o interessati, per riconoscere i beni universali di cui tutti gli uomini hanno bisogno. Tra questi beni, la pace e l’armonia sociale e religiosa tanto desiderate sono legate non solo a un quadro legislativo giusto e adeguato, ma anche alla qualità morale di ogni cittadino poiché «la solidarietà si presenta sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale e quello di virtù morale» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 193).

La solidarietà svolge pienamente il suo ruolo di virtù sociale quando può poggiare nello stesso tempo su strutture di sussidiarietà e sulla determinazione ferma e perseverante di ogni persona a lavorare per il bene comune, nella consapevolezza di una responsabilità comune. Le nuove sfide che i vostri Paesi devono oggi affrontare esigono indubbiamente una mobilitazione delle intelligenze e della creatività dell’uomo per lottare contro la povertà e per un più efficace e più sano utilizzo delle energie e delle risorse disponibili. Sul piano sia individuale sia politico, si tratta di avviarsi risolutamente verso un impegno più concreto e più ampiamente condiviso riguardo al rispetto e alla protezione del creato. Incoraggio dunque vivamente le autorità politiche dei vostri Paesi a operare in tal senso.

Infine, far crescere la responsabilità di tutti comporta anche vigilare in modo attivo ed efficace sul rispetto e sulla promozione della dignità umana di fronte a ogni tentativo di sminuirla, o addirittura di negarla, o a una strumentalizzazione della persona. Un simile atteggiamento contribuirà a evitare all’agire sociale di divenire troppo facilmente preda di interessi privati e di logiche di potere che portano alla disgregazione della società e accentuano la povertà. È fondandosi sulla nozione di sviluppo integrale della persona umana che la solidarietà potrà realizzarsi e consentire una giustizia più grande. A tale proposito, non spetta solo alle religioni mettere in rilievo il primato dello spirito, ma anche agli Stati, in particolare attraverso una politica culturale che favorisca l’accesso di chiunque ai beni dello spirito, valorizzi la ricchezza del legame sociale e non scoraggi mai l’uomo dal perseguire liberamente la sua ricerca spirituale.

Mentre iniziate la vostra missione presso la Santa Sede, tengo ad assicurarvi, Eccellenze, che troverete sempre da parte dei miei collaboratori l’ascolto attento e l’aiuto di cui potrete aver bisogno. Su di voi, sulle vostre famiglie, sui membri delle vostre Missioni diplomatiche e su tutte le nazioni che rappresentate, invoco l’abbondanza delle Benedizioni divine.





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