Discorsi 2005-13 12012

AGLI AMMINISTRATORI DEL COMUNE DI ROMA, DELLA PROVINCIA E DELLA REGIONE Sala Clementina Giovedì, 12 gennaio 2012

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Illustri Signori e Signore!

Ancora una volta ho la gioia di incontrarvi all’inizio del nuovo anno per il tradizionale scambio degli auguri. Ringrazio l’On. Renata Polverini, Presidente della Giunta Regionale del Lazio, l’On. Giovanni Alemanno, Sindaco di Roma, e l’On. Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma, per le cortesi parole che mi hanno rivolto a nome di tutti. Desidero esprimere a tutti voi fervidi voti augurali per il nuovo anno, che estendo alla popolazione romana e laziale, particolarmente vicina nel mio ministero di Vescovo di Roma.

Sono ormai alcuni anni che anche nel Lazio si avvertono gli effetti della crisi economica e finanziaria che ha colpito varie aree del mondo e che, come ho avuto modo di ricordare, ha le sue radici più profonde in una crisi etica. L’etimologia della parola “crisi” richiama la dimensione del “separare” e, in senso lato, del “valutare”, del “giudicare”. La crisi attuale, allora, può essere anche un’occasione per l’intera comunità civile di verificare se i valori posti a fondamento del vivere sociale abbiano generato una società più giusta, equa e solidale, o se non sia, invece, necessario un profondo ripensamento per recuperare valori che sono alla base di un vero rinnovamento della società e che favoriscano una ripresa non solo economica, ma anche attenta a promuovere il bene integrale della persona umana.

In questo contesto la comunità cristiana è impegnata in una costante opera educativa, in particolare verso le nuove generazioni, affinché i valori che per secoli hanno fatto di Roma e del territorio circostante una luce per il mondo possano essere assunti, in modo rinnovato, a fondamento di un migliore futuro per tutti.

È importante che maturi un rinnovato umanesimo nel quale l’identità dell’essere umano sia compresa con la categoria di persona. La crisi attuale, infatti, ha nelle sue radici anche l’individualismo, che oscura la dimensione relazionale dell’uomo e lo conduce a chiudersi nel proprio piccolo mondo, ad essere attento a soddisfare innanzitutto i propri bisogni e desideri, preoccupandosi poco degli altri. La speculazione nelle locazioni, l’inserimento sempre più faticoso nel mondo del lavoro per i giovani, la solitudine di tanti anziani, l’anonimato che caratterizza spesso la vita nei quartieri delle città e lo sguardo a volte superficiale sulle situazioni di emarginazione e di povertà, non sono forse conseguenza di questa mentalità? La fede ci dice che l’uomo è un essere chiamato a vivere in relazione e che l’“io” può trovare se stesso proprio a partire da un “tu” che lo accetti e lo ami. E questo “Tu” è anzitutto Dio, l’unico capace di dare all’uomo un’accoglienza incondizionata e un amore infinito, e sono gli altri, a iniziare dai più vicini. Riscoprire questa relazionalità come elemento costitutivo della propria esistenza è il primo passo per dare vita a una società più umana. Ed è compito anche delle Istituzioni favorire la crescita della coscienza di essere parte di un’unica realtà, in cui ognuno, a somiglianza del corpo umano, è importante per il tutto, come ricordò Menenio Agrippa nel celebre apologo riportato da Tito Livio nella sua Storia di Roma (cfr Ab Urbe Condita, II, 32).

La coscienza di essere un “corpo” potrà crescere se si consoliderà il valore dell’accoglienza, già profondamente radicato nel cuore degli abitanti di Roma e del Lazio. Ne abbiamo avuto una recente prova nei giorni della Beatificazione di Giovanni Paolo II: migliaia di pellegrini giunti nell’Urbe hanno potuto vivere giorni sereni e di fraternità, grazie anche alla vostra preziosa collaborazione. La Caritas diocesana e le comunità cristiane non si risparmiano in quest’opera di accoglienza, in particolare verso coloro che, provenendo da Paesi in cui la povertà è spesso causa di morte, o fuggendo da essi per tutelare la propria incolumità, giungono nelle nostre città e bussano alle porte delle parrocchie. E’ necessario tuttavia alimentare percorsi di piena integrazione, che consentano l’inserimento nel tessuto sociale, affinché essi possano offrire a tutti la ricchezza di cui sono portatori. In tal modo ciascuno imparerà a sentire il luogo dove risiede come la “casa comune” in cui abitare e della quale prendersi cura, nell’attento e necessario rispetto delle leggi che regolano il vivere collettivo.

Insieme con l’accoglienza deve rafforzarsi il valore della solidarietà. È un’esigenza di carità e giustizia che nei momenti difficili coloro che hanno maggiori disponibilità si prendano cura di chi vive in condizioni disagiate. Alle Istituzioni, poi, spetta il compito di mostrare sempre attenzione e appoggio a quelle realtà da cui dipende il bene della società. A tale riguardo, uno speciale sostegno deve essere assicurato alle famiglie, in particolare a quelle numerose, che spesso si trovano a dover affrontare difficoltà, rese talvolta più acute dalla mancanza o dalla insufficienza del lavoro. Vi incoraggio a difendere la famiglia fondata sul matrimonio come essenziale cellula della società, e anche attraverso aiuti e agevolazioni fiscali che favoriscano la natalità. Vi incoraggio, inoltre, a fare ogni sforzo perché a tutti i nuclei familiari siano garantite le condizioni necessarie per un vivere dignitoso. La solidarietà deve poi indirizzarsi verso i giovani, i più penalizzati dalla mancanza di lavoro. Una società solidale deve sempre avere a cuore il futuro delle nuove generazioni, predisponendo adeguate politiche che garantiscano un alloggio a costi equi e che facciano tutto il possibile per assicurare un’attività lavorativa. Tutto ciò è importante per evitare il rischio che i giovani cadano vittime di organizzazioni illegali, che offrono facili guadagni e non rispettano il valore della vita umana.

Allo stesso tempo - terzo punto - è necessario promuovere una cultura della legalità, aiutando i cittadini a comprendere che le leggi servono per incanalare le tante energie positive presenti nella società e così permettere la promozione del bene comune; anche i recenti episodi di violenza nel territorio spingono a continuare nell’impegno per educare al rispetto della legalità e per tutelare la sicurezza. Alle Istituzioni è affidato il compito, oltre che di essere esemplari nel rispetto delle leggi, di emanare provvedimenti giusti ed equi, che tengano conto anche di quella legge che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo e che può essere conosciuta da tutti mediante la ragione.

Gentili Autorità, le sfide sono molteplici e complesse. È possibile vincerle solo nella misura in cui si rafforzerà la consapevolezza che il destino di ognuno è legato a quello di tutti. Ed è per questo che ho voluto sottolineare come l’accoglienza, la solidarietà e la legalità siano valori fondamentali per guardare all’anno iniziato con maggiore serenità. Vi assicuro la mia costante preghiera per il vostro impegno a favore della collettività e vi affido alla materna intercessione della Vergine Maria. Con questi voti, imparto di cuore a voi tutti la mia Benedizione Apostolica, che volentieri estendo agli abitanti di Roma, della sua Provincia e dell’intera Regione.




SALUTO ALL'ISPETTORATO DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL VATICANO Sala Clementina Venerdì, 13 gennaio 2012

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Illustri Signori,
cari Funzionari e Agenti!

Sono molto lieto di accogliervi questa mattina in occasione dello scambio di auguri per il nuovo anno 2012. Il mio saluto si estende alle vostre famiglie e ai colleghi che non hanno potuto prendere parte a questo incontro, perché impegnati nel servizio in Piazza San Pietro e nelle zone limitrofe della Sede Apostolica. Un particolare benvenuto rivolgo al Dirigente Generale dell’Ispettorato di Polizia, Dott. Raffaele Aiello, che ringrazio per le cortesi espressioni rivoltemi a nome vostro e anche dei rappresentanti delle strutture centrali e periferiche del Ministero dell’Interno con le quali collaborate. Rivolgo il mio saluto al Prefetto Salvatore Festa, e, in modo speciale, a voi, Funzionari e Agenti, che “sul campo” offrite il vostro apprezzato servizio. A tutti va la gratitudine mia personale e dei miei collaboratori per il prezioso e delicato lavoro che svolgete.

La tutela dell’ordine pubblico, soprattutto in un’area così frequentata da turisti e pellegrini di ogni parte del mondo, non è un compito semplice. Infatti, la Sede di Pietro costituisce il centro della cristianità, e i cattolici del mondo desiderano venire, almeno una volta nella vita, a pregare sulle tombe degli Apostoli. Tale presenza, sia della Santa Sede, sia del grande numero di gente cosmopolita che visita il centro della Chiesa Cattolica, non costituisce certamente un problema per la città di Roma e per l’Italia intera, bensì una ricchezza e un motivo di vanto! Il mio augurio è che, mentre osservate i fedeli che si recano con gioia, con emozione e con profondo animo cristiano alla Basilica di San Pietro, anche la vostra fede diventi sempre più robusta e il vostro spirito ne tragga giovamento, aiutandovi ad affrontare la vita con una condotta degna di cristiani autentici e di cittadini maturi.

Anche l’anno appena trascorso, purtroppo, è stato segnato da episodi di violenza e di intolleranza. Di frequente, in diverse parti del mondo, oggetto di rappresaglie e di attentati sono stati proprio i cristiani, che hanno pagato anche con la vita la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Nel messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio corrente, ho voluto sottolineare l’importanza dell’educazione delle giovani generazioni alla giustizia e alla pace. Questi due termini sono tanto usati nel nostro mondo, ma spesso in modo equivoco. La giustizia non è una semplice convenzione umana; quando, in nome di una presunta giustizia, dominano i criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere, si può anche calpestare il valore e la dignità della persona umana (cfr Messaggio per la giornata della pace 2012, n. 4). La giustizia, in realtà, è una virtù che indirizza la volontà umana perché renda all’altro ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare (cfr Lett. enc. Caritas in veritate ). Allo stesso modo la pace non è la mera assenza di guerra o il risultato della sola azione degli uomini per evitarla; essa è innanzitutto dono di Dio che va chiesto con fede e che in Gesù Cristo trova la via per raggiungerla. La vera pace, poi, è un’opera da costruire quotidianamente col contributo di compassione, solidarietà, fraternità e collaborazione di ciascuno (cfr Messaggio per la giornata della pace 2012, n. 5). Essa è profondamente legata alla giustizia - animata dalla verità nella carità - che gli uomini sono in grado di realizzare a partire dal contesto in cui abitualmente vivono: la famiglia, il lavoro, le relazioni di amicizia.

Cari amici, da parte vostra, come forze di polizia, siate sempre autentici promotori della giustizia e sinceri costruttori di pace. Preghiamo la Madre di Dio, Regina della Pace, perché sostenga con la sua materna intercessione i nostri propositi e la nostra attività. A Lei affidiamo l’intero anno 2012 perché sia vissuto da tutti all’insegna del rispetto reciproco e del bene comune, augurandoci che nessun atto di violenza sia compiuto nel nome di Dio, supremo garante della giustizia e della pace. Con questi sentimenti, mentre rinnovo la mia gratitudine a tutti voi e invoco su ciascuno di voi e sul vostro lavoro l’abbondanza dei favori celesti, ben volentieri imparto una speciale Benedizione Apostolica, che estendo di cuore ai vostri familiari e alle persone care. Buon anno a tutti! Grazie. Perdonatemi la debolezza della mia voce.




AGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro Giovedì, 19 gennaio 2012

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Cari Fratelli Vescovi,

Saluto tutti voi con affetto fraterno e prego affinché questo pellegrinaggio di rinnovamento spirituale e di comunione profonda vi confermerà nella fede e nella dedizione al vostro compito come Pastori della Chiesa negli Stati Uniti d’America. Come sapete, è mia intenzione riflettere con voi, nel corso di quest’anno, su alcune delle sfide spirituali e culturali della nuova evangelizzazione.

Uno degli aspetti più memorabili della mia visita pastorale negli Stati Uniti è stata l’opportunità che mi ha offerto di riflettere sull’esperienza storica americana della libertà religiosa, e più specificatamente sul rapporto tra religione e cultura. Al centro di ogni cultura, percepito o no, vi è un consenso riguardo alla natura della realtà e del bene morale, e quindi sulle condizioni per la prosperità umana. In America tale consenso, così come racchiuso nei documenti fondanti della nazione, si basava su una visione del mondo modellata non soltanto dalla fede, ma anche dall’impegno verso determinati principi etici derivanti dalla natura e dal Dio della natura. Oggi tale consenso si è ridotto in modo significativo dinanzi a nuove e potenti correnti culturali, che non solo sono direttamente opposte a vari insegnamenti morali centrali della tradizione giudaico-cristiana, ma anche sempre più ostili al cristianesimo in quanto tale.

Da parte sua, la Chiesa negli Stati Uniti è chiamata, in ogni tempo opportuno e non opportuno, a proclamare il Vangelo che non solo propone verità morali immutabili, ma le propone proprio come chiave per la felicità umana e la prosperità sociale (cfr. Gaudium et spes
GS 10). Nella misura in cui alcune tendenze culturali attuali contengono elementi che vogliono limitare la proclamazione di tali verità, o racchiudendola entro i confini di una razionalità meramente scientifica o sopprimendola nel nome del potere politico e del governo della maggioranza, esse rappresentano una minaccia non solo per la fede cristiana, ma anche per l’umanità stessa e per la verità più profonda sul nostro essere e sulla nostra vocazione ultima, il nostro rapporto con Dio. Quando una cultura tenta di sopprimere la dimensione del mistero ultimo e di chiudere le porte alla verità trascendente, inevitabilmente s’impoverisce e diviene preda, come ha intuito tanto chiaramente il compianto Papa Giovanni Paolo II, di una lettura riduzionistica e totalitaristica della persona umana e della natura della società.

Con la sua lunga tradizione di rispetto del giusto rapporto tra fede e ragione, la Chiesa ha un ruolo cruciale da svolgere nel contrastare le correnti culturali che, sulla base di un individualismo estremo, cercano di promuovere concetti di libertà separati dalla verità morale. La nostra tradizione non parla a partire da una fede cieca, bensì da una prospettiva razionale che lega il nostro impegno per costruire una società autenticamente giusta, umana e prospera alla nostra certezza fondamentale che l’universo possiede una logica interna accessibile alla ragione umana. La difesa della Chiesa di un ragionamento morale basato sulla legge naturale si fonda sulla sua convinzione che questa legge non è una minaccia alla nostra libertà, bensì una «lingua» che ci permette di comprendere noi stessi e la verità del nostro essere, e di modellare in tal modo un mondo più giusto e più umano. Essa propone pertanto il suo insegnamento morale come un messaggio non di costrizione, ma di liberazione, e come base per costruire un futuro sicuro.

La testimonianza della Chiesa, dunque, è per sua natura pubblica: essa cerca di convincere proponendo argomenti razionali nella pubblica piazza. La legittima separazione tra Chiesa e Stato non può essere interpretata come se la Chiesa dovesse tacere su certe questioni, né come se lo Stato potesse scegliere di non coinvolgere, o essere coinvolto, dalla voce di credenti impegnati nel determinare i valori che dovranno forgiare il futuro della nazione.

Alla luce di queste considerazioni, è fondamentale che l’intera comunità cattolica negli Stati Uniti riesca a comprendere le gravi minacce alla testimonianza morale pubblica della Chiesa che presenta un secolarismo radicale, che trova sempre più espressione nelle sfere politiche e culturali. La gravità di tali minacce deve essere compresa con chiarezza a ogni livello della vita ecclesiale. Particolarmente preoccupanti sono certi tentativi fatti per limitare la libertà più apprezzata in America, la libertà di religione. Molti di voi hanno sottolineato che sono stati compiuti sforzi concertati per negare il diritto di obiezione di coscienza degli individui e delle istituzioni cattolici per quanto riguarda la cooperazione a pratiche intrinsecamente cattive. Altri mi hanno parlato di una preoccupante tendenza a ridurre la libertà di religione a una mera libertà di culto, senza garanzie per il rispetto della libertà di coscienza.

Qui, ancora una volta, vediamo la necessità di un laicato cattolico impegnato, articolato e ben preparato, dotato di un senso critico forte dinanzi alla cultura dominante e del coraggio di contrastare un secolarismo riduttivo che vorrebbe delegittimare la partecipazione della Chiesa al dibattito pubblico sulle questioni che determineranno la futura società americana. La preparazione di leader laici impegnati e la presentazione di un’articolazione convincente della visione cristiana dell’uomo e della società continuano a essere il compito principale della Chiesa nel vostro Paese; quali componenti essenziali della nuova evangelizzazione, queste preoccupazioni devono modellare la visione e gli obiettivi dei programmi catechetici a ogni livello.

A tale riguardo, vorrei menzionare con stima i vostri sforzi per mantenere i contatti con i cattolici coinvolti nella vita politica e per aiutarli a comprendere la loro responsabilità personale di dare una testimonianza pubblica della loro fede, specialmente per quanto riguarda le grandi questioni morali del nostro tempo: il rispetto della vita dono di Dio, la tutela della dignità umana e la promozione di diritti umani autentici. Come ha osservato il Concilio, e come ho voluto ribadire durante la mia visita pastorale, il rispetto per la giusta autonomia della sfera secolare deve tenere conto anche della verità che non esiste un regno di questioni terrene che possa essere sottratto al Creatore e al suo dominio (cfr. Gaudium et spes GS 36). Non c’è alcun dubbio che una testimonianza più coerente da parte dei cattolici d’America delle loro convinzioni più profonde darebbe un importante contributo al rinnovamento della società nel suo insieme.

Cari Fratelli Vescovi, con queste brevi osservazioni ho voluto toccare alcune delle questioni più urgenti che dovete affrontare nel vostro servizio al Vangelo e la loro importanza per l’evangelizzazione della cultura americana. Nessuna persona che guarda con realismo a tali questioni può ignorare le difficoltà autentiche che la Chiesa incontra al presente. Tuttavia, per la verità, possiamo trarre coraggio dalla crescente consapevolezza della necessità di mantenere un ordine civile chiaramente radicato nella tradizione giudaico-cristiana, nonché dalla promessa che offre una nuova generazione di cattolici, la cui esperienza e le cui convinzioni svolgeranno un ruolo decisivo nel rinnovare la presenza e la testimonianza della Chiesa nella società americana. La speranza che questi «segni dei tempi» ci offre è di per sé un motivo per rinnovare i nostri sforzi al fine di mobilitare le risorse intellettuali e morali di tutta la comunità cattolica al servizio dell’evangelizzazione della cultura americana e dell’edificazione della civiltà dell’amore. Con grande affetto raccomando tutti voi, e il gregge affidato alle vostre cure, alle preghiere di Maria, Madre della Speranza, e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica, come pegno di grazia e di pace in Gesù Cristo nostro Signore.



ALLA DELEGAZIONE ECUMENICA DELLA FINLANDIA IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SANT’ENRICO Giovedì, 19 gennaio 2012

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Caro Vescovo Sippo,
Caro Vescovo Häkkinen,
Stimati amici dalla Finlandia,

È con grande gioia che porgo il benvenuto a voi, membri della delegazione della Finlandia, in occasione del vostro annuale pellegrinaggio ecumenico a Roma per celebrare ancora una volta la festa di sant’Enrico, patrono di Finlandia, che ricorre oggi. Nel ricordare i vostri santi patroni rendiamo grazie per l’azione dello Spirito Santo, che ha modellato e trasformato la vita di quanti ci hanno lasciato un esempio straordinario di fedeltà a Cristo e al Vangelo.

La visita annuale di una delegazione ecumenica della Finlandia testimonia la crescita della comunione tra le tradizioni cristiane rappresentate nel vostro Paese. È mia profonda speranza che tale comunione possa continuare a crescere, recando ricchi frutti tra i cattolici, i luterani e tutti gli altri cristiani nella vostra amata nazione. La nostra amicizia divenuta più profonda e la nostra testimonianza comune di Gesù Cristo — specialmente dinanzi al mondo attuale, che tanto spesso è privo di un orientamento autentico e desidera ascoltare il messaggio di salvezza — deve affrettare i nostri progressi verso la soluzione delle restanti differenze, e anche di tutti i temi sui quali i cristiani sono divisi.

Di recente le questioni etiche sono diventate uno dei punti di divergenza tra i cristiani, specialmente per quanto riguarda la giusta comprensione della natura umana e della sua dignità. È necessario che i cristiani giungano a un accordo profondo sulle questioni antropologiche, che può aiutare la società e i politici a prendere decisioni sagge e giuste riguardo a importanti temi nelle sfere della vita umana, della famiglia e della sessualità.

A tale riguardo, il recente documento di dialogo ecumenico bilaterale nel contesto finlandese-svedese non solo rispecchia un ravvicinamento tra cattolici e luterani riguardo alla comprensione della giustificazione, ma esorta anche i cristiani a rinnovare il loro impegno a imitare Cristo nella vita e nelle azioni. Confidiamo nella potenza dello Spirito Santo affinché renda possibile ciò che può sembrare ancora al di fuori della nostra portata: un vasto rinnovamento della santità e della pratica pubblica della virtù cristiana, secondo l’esempio dei grandi testimoni che ci hanno preceduto.

Nella Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani di quest’anno, la seconda lettura dei testi suggeriti per la giornata odierna ricorda la pazienza di credenti saldi come Abramo (
He 6,15), che sono stati ricompensati per la loro fede e la loro fiducia in Dio. La comprensione del fatto che Dio interviene amorevolmente nella nostra storia ci insegna a non porre una enfasi inopportuna su ciò che possiamo realizzare attraverso i nostri sforzi. Il nostro desiderio di una piena e visibile unità dei Cristiani richiede un’attesa paziente e fiduciosa, non in uno spirito d’impotenza o di passività, ma con profonda fiducia nel fatto che l’unità di tutti i cristiani in una sola Chiesa è davvero un dono di Dio e non una nostra realizzazione. Questa paziente attesa, in devota speranza, ci trasforma e ci prepara all’unità visibile non come la programmiamo noi, ma come ce la concede Dio.

È mia fervente speranza che la vostra visita a Roma aiuti a rendere più profonde le relazioni fraterne esistenti tra luterani e cattolici in Finlandia. Ringraziamo Dio per tutto ciò che ci ha concesso finora e preghiamo affinché ci colmi dello Spirito di verità per guidarci verso un amore e un’unità sempre più grandi! Su di voi e su tutti i vostri connazionali invoco le abbondanti benedizioni di Dio.



ALLA COMUNITÀ DELL'ALMO COLLEGIO CAPRANICA Sala Clementina Venerdì, 20 gennaio 2012

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Signor Cardinale,
Eccellenza,
Cari fratelli!

E’ sempre motivo di gioia per me incontrare la comunità dell’Almo Collegio Capranica, che da oltre cinque secoli costituisce uno dei Seminari della Diocesi di Roma. Vi saluto tutti con affetto, in particolare naturalmente Sua Eminenza il Cardinale Martino e il Rettore, Mons. Ermenegildo Manicardi. E ringrazio Sua Eminenza per le cortesi parole. In occasione della ricorrenza di Sant’Agnese, Patrona del Collegio, vorrei offrirvi alcune riflessioni suggeritemi proprio dalla sua figura.

Sant’Agnese è una delle famose fanciulle romane, che hanno illustrato la bellezza genuina della fede in Cristo e dell’amicizia con Lui. La sua duplice qualifica di Vergine e Martire richiama la totalità delle dimensioni della santità. Si tratta di una completezza di santità che è richiesta anche a voi dalla vostra fede cristiana e dalla speciale vocazione sacerdotale con la quale il Signore vi ha chiamato e vi lega a Sé. Martirio – per sant’Agnese – ha voluto dire la generosa e libera accettazione di spendere la propria giovane vita, nella sua totalità e senza riserve, affinché il Vangelo fosse annunziato come verità e bellezza che illuminano l’esistenza. Nel martirio di Agnese, accolto con coraggio nello stadio di Domiziano, splende per sempre la bellezza di appartenere a Cristo senza tentennamenti, affidandosi a Lui. Ancora oggi, per chiunque passi in Piazza Navona, l’effige della Santa dall’alto del frontone della chiesa di Sant’Agnese in Agone, ricorda che questa nostra Città è fondata anche sull’amicizia per Cristo e la testimonianza del suo Vangelo, di molti dei suoi figli e figlie. La loro generosa donazione a Lui e al bene dei fratelli è una componente primaria della fisionomia spirituale di Roma.

Nel martirio, Agnese sigilla anche l’altro elemento decisivo della sua vita, la verginità per Cristo e per la Chiesa. Il dono totale del martirio è preparato, infatti, dalla scelta consapevole, libera e matura, della verginità, testimonianza della volontà di essere totalmente di Cristo. Se il martirio è un atto eroico finale, la verginità è frutto di una prolungata amicizia con Gesù maturata nell’ascolto costante della sua Parola, nel dialogo della preghiera, nell’incontro eucaristico. Agnese, ancora giovane, aveva imparato che essere discepoli del Signore vuol dire amarlo mettendo in gioco tutta l’esistenza. Questa duplice qualifica – Vergine e Martire – richiama alla nostra riflessione che un testimone credibile della fede deve essere una persona che vive per Cristo, con Cristo e in Cristo, trasformando la propria vita secondo le esigenze più alte della gratuità.

Anche la formazione del presbitero esige integralità, compiutezza, esercizio ascetico, costanza e fedeltà eroica, in tutti gli aspetti che la costituisce; al fondo vi deve essere una solida vita spirituale animata da una relazione intensa con Dio a livello personale e comunitario, con particolare cura nelle celebrazioni liturgiche e nella frequenza ai Sacramenti. La vita sacerdotale richiede un anelito crescente alla santità, un chiaro sensus Ecclesiae e un’apertura alla fraternità senza esclusioni e parzialità. Del cammino di santità del presbitero fa parte anche la sua scelta di elaborare, con l’aiuto di Dio, la propria intelligenza e il proprio impegno, una vera e solida cultura personale, frutto di uno studio appassionato e costante. La fede ha una sua dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale. Per un seminarista e per un giovane prete ancora alle prese con lo studio accademico, si tratta di assimilare quella sintesi tra fede e ragione che è propria del Cristianesimo. Il Verbo di Dio si è fatto carne e il presbitero, vero sacerdote del Verbo Incarnato, deve diventare sempre più trasparenza, luminosa e profonda, della Parola eterna che ci è donata. Chi è maturo anche in questa sua formazione culturale globale può essere più efficacemente educatore e animatore di quell’adorazione «in Spirito e verità» di cui Gesù parla alla Samaritana (cfr
Jn 4,23). Tale adorazione, che si forma nell’ascolto della Parola di Dio e nella forza dello Spirito Santo, è chiamata a diventare, soprattutto nella Liturgia, il «rationabile obsequium», di cui ci parla l’apostolo Paolo, un culto nel quale l’uomo stesso nella sua totalità di un essere dotato di ragione, diventa adorazione, glorificazione del Dio vivente, e che può essere raggiunto non conformandosi a questo mondo, ma lasciandosi trasformare da Cristo rinnovando il modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (cfr Rm 12,1-2).

Cari Alunni del Collegio Capranica, il vostro impegno nel cammino di santità, anche con una solida formazione culturale, corrisponde all’intenzione originaria di questa Istituzione, fondata 555 anni fa dal Cardinale Domenico Capranica. Abbiate sempre un profondo senso della storia e della tradizione della Chiesa! Il fatto di essere a Roma è un dono che vi deve rendere particolarmente sensibili alla profondità della tradizione cattolica. Voi la toccate con mano già nella storia dell’edificio che vi ospita. Inoltre, voi vivete questi anni di formazione in una speciale vicinanza con il Successore di Pietro: ciò vi permette di percepire con particolare chiarezza le dimensioni universali della Chiesa e il desiderio che il Vangelo giunga a tutte le genti. Qui avete la possibilità di aprire gli orizzonti con esperienze dell’internazionalità; qui, soprattutto, respirate la cattolicità. Approfittate di ciò che vi è offerto, per il futuro servizio alla Diocesi di Roma o alle vostre Diocesi di provenienza! Dall’amicizia, che sorge nel vivere insieme, imparate a conoscere le situazioni diverse delle nazioni e delle Chiese nel mondo e a formarvi alla visione cattolica. Preparatevi ad essere vicini ad ogni uomo che incontrerete, non lasciando che nessuna cultura possa essere una barriera alla Parola di vita di cui siete annunciatori anche con la vostra vita.

Cari amici, la Chiesa si aspetta molto dai giovani sacerdoti nell’opera di evangelizzazione e di nuova evangelizzazione. Vi incoraggio perché nella fatica quotidiana, radicati nella bellezza della tradizione autentica, uniti profondamente a Cristo, siate capaci di portarlo nelle vostre comunità con verità e gioia. Con l’intercessione della Vergine e Martire Agnese, e di Maria Santissima, Stella dell’evangelizzazione, il vostro impegno di oggi giovi alla fecondità del vostro ministero. Di cuore imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica. Grazie.




ALLA COMUNITÀ DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE Aula Paolo VI Venerdì, 20 gennaio 2012

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Cari fratelli e sorelle,


anche quest’anno ho la gioia di potervi incontrare e condividere con voi questo momento di invio per la missione. Un saluto particolare a Kiko Argüello, a Carmen Hernández e a Don Mario Pezzi, e un affettuoso saluto a tutti voi: sacerdoti, seminaristi, famiglie, formatori e membri del Cammino Neocatecumenale. La vostra presenza oggi è una testimonianza visibile del vostro gioioso impegno di vivere la fede, in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro, e di essere coraggiosi annunciatori del Vangelo.

Nel brano di san Matteo che abbiamo ascoltato, gli Apostoli ricevono un preciso mandato di Gesù: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (
Mt 28,19). Inizialmente avevano dubitato, nel loro cuore c’era ancora l’incertezza, lo stupore di fronte all’evento della risurrezione. Ed è Gesù stesso, il Risorto – sottolinea l’Evangelista – che si avvicina a loro, fa sentire la sua presenza, li invia ad insegnare tutto ciò che ha comunicato loro, donando una certezza che accompagna ogni annunciatore di Cristo: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Sono parole che risuonano forti nel vostro cuore. Avete cantato Resurrexit, che esprime la fede nel Vivente, in Colui che, in un supremo atto di amore, ha vinto il peccato e la morte e dona all’uomo, a noi, il calore dell’amore di Dio, la speranza di essere salvati, un futuro di eternità.

In questi decenni di vita del Cammino un vostro fermo impegno è stato di proclamare il Cristo Risorto, rispondere alle sue parole con generosità, abbandonando spesso sicurezze personali e materiali, lasciando anche i propri Paesi, affrontando situazioni nuove e non sempre facili. Portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo: questo è ciò che anima ogni opera evangelizzatrice. Voi lo realizzate in un cammino che aiuta a far riscoprire a chi ha già ricevuto il Battesimo la bellezza della vita di fede, la gioia di essere cristiani. Il “seguire Cristo” esige l’avventura personale della ricerca di Lui, dell’andare con Lui, ma comporta sempre anche uscire dalla chiusura dell’io, spezzare l’individualismo che spesso caratterizza la società del nostro tempo, per sostituire l’egoismo con la comunità dell’uomo nuovo in Gesù Cristo. E questo avviene in un profondo rapporto personale con Lui, nell’ascolto della sua parola, nel percorrere il cammino che ci ha indicato, ma avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo.

E’ un impegno - lo sappiamo - non sempre facile. A volte siete presenti in luoghi in cui vi è bisogno di un primo annuncio del Vangelo, la missio ad gentes; spesso, invece, in aree, che, pur avendo conosciuto Cristo, sono diventate indifferenti alla fede: il secolarismo vi ha eclissato il senso di Dio e oscurato i valori cristiani. Qui il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa. La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi e l’approvazione degli Statuti e del “Direttorio Catechetico” ne sono un segno. Vi incoraggio ad offrire il vostro originale contributo alla causa del Vangelo. Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo.

Care famiglie, la Chiesa vi ringrazia; ha bisogno di voi per la nuova evangelizzazione. La famiglia è una cellula importante per la comunità ecclesiale, dove ci si forma alla vita umana e cristiana. Con grande gioia vedo i vostri figli, tanti bambini che guardano a voi, cari genitori, al vostro esempio. Un centinaio di famiglie sono in partenza per 12 Missioni ad gentes. Vi invito a non avere timore: chi porta il Vangelo non è mai solo. Saluto con affetto i sacerdoti e i seminaristi: amate Cristo e la Chiesa, comunicate la gioia di averLo incontrato e la bellezza di avere donato a Lui tutto. Saluto anche gli itineranti, i responsabili e tutte le comunità del Cammino. Continuate ad essere generosi con il Signore: non vi farà mancare la sua consolazione!

Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”, che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.

Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della Liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium SC 7). A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua Passione, Morte e Risurrezione. In che senso allora la Liturgia è opera di Cristo? La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del Mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo – Christus totus caput et corpus – dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei Sacramenti Cristo ci immerge nel Mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.

Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri Statuti, “L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità” (art. 13 §1). Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano (cfr Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium LG 26). La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria. Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr 1Co 10, 16s).

Coraggio! Il Signore non manca di accompagnarvi e anch’io vi assicuro la mia preghiera e vi ringrazio per i tanti segni di vicinanza. Vi chiedo di ricordarvi anche di me nelle vostre preghiere. La Santa Vergine Maria vi assista con il suo sguardo materno e vi sostenga la mia Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i membri del Cammino. Grazie!





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