Discorsi 2005-13 21062

AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA RIUNIONE DELLE OPERE IN AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI (R.O.A.C.O.) Sala Clementina Giovedì, 21 giugno 2012

21062
Signor Cardinale, Beatitudine,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Membri ed Amici della ROACO,

Sono molto lieto di accogliervi e di salutarvi in questo consueto incontro. Saluto il Cardinale Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e Presidente della ROACO e lo ringrazio per le cordiali espressioni che mi ha rivolto. Un grato pensiero rivolgo all’Arcivescovo Segretario, al Sottosegretario, ai Collaboratori e a tutti i presenti, rinnovando la mia gratitudine alle Opere qui rappresentate, alle Chiese dei Continenti europeo ed americano che le sostengono, come pure ai numerosi benefattori. Assicuro la mia preghiera al Signore, nella consolante certezza che Egli «ama chi dona con gioia» (
2Co 9,7).

Above all it is my hope that you will persevere in «that movement of charity which, by Papal mandate, the Congregation oversees, so that the Holy Land and the other Eastern regions may receive material and spiritual support, in an ordered and just way, so as to meet the demands of their ordinary ecclesial life and other special needs» (Address to the Congregation for Eastern Churches, 9 June 2007). In these words I expressed myself five years ago while visiting the Dicastery for Eastern Churches and I now wish to reiterate firmly that same exhortation so as to underline the urgent needs of the present moment.

[Desidero anzitutto porgere l’augurio a perseverare in «quel movimento di carità che, per mandato del Papa, a Congregazione segue affinché in modo ordinato ed equo la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano il necessario sostegno spirituale e materiale per far fronte alla vita ecclesiale ordinaria e a particolari necessità» (Discorso alla Congregazione per le Chiese Orientali, 9 giugno 2007). Con queste parole mi esprimevo cinque anni orsono visitando il Dicastero per le Chiese Orientali ed ora desidero ribadire con forza tale esortazione anche per sottolineare le pressanti necessità del momento attuale.]

In der Tat scheint die gegenwärtige wirtschaftliche und soziale Lage, die durch den globalen Umfang, den sie angenommen hat, so anfällig ist, den wirtschaftlich entwickelten Gebieten der Welt keine Luft zu lassen. In noch besorgniserregenderem Maße belastet sie die stärker benachteiligten Gebiete zum ernsthaften Schaden für deren Gegenwart und Zukunft. Der Orient, das Mutterland der alten christlichen Traditionen, ist in besonderer Weise von dieser Entwicklung betroffen, die Unsicherheit und Instabilität auch auf kirchlicher Ebene und im Bereich des ökumenischen und interreligiösen Dialogs verursacht. Es geht um Faktoren, welche die ortspezifischen Wunden der Geschichte schüren und den Dialog, den Frieden und das Zusammenleben der Völker wie auch die wirkliche Achtung der Menschenrechte, besonders das Recht der Religionsfreiheit des einzelnen und der Gemeinschaft, noch brüchiger machen. Dieses Recht muß in seinem öffentlichen Bekenntnis garantiert werden und nicht nur hinsichtlich des Kults, sondern auch im Bereich der Seelsorge, Erziehung, der Hilfs- und Sozialdienste – alles unerläßliche Aspekte für seine tatsächliche Ausübung.

[L’odierna congiuntura economico-sociale, infatti, così delicata per la dimensione globale che ha assunto, non sembra dare respiro alle aree del mondo economicamente evolute e in misura ancor più preoccupante si riversa su quelle più svantaggiate, penalizzandone seriamente il presente ed il futuro. L’Oriente, madrepatria di antiche tradizioni cristiane, è interessato in modo particolare da tale processo, che genera insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso. Si tratta di fattori che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza tra i popoli, come pure il rispetto autentico dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria. Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio.]

Aux Représentants de la Terre Sainte, à commencer par le Délégué Apostolique, Mgr Antonio Franco, le Vicaire du Patriarche latin de Jérusalem et le Père Custode, qui participent en permanence à la ROACO, se sont joints cette année les Archevêques Majeurs de l’Église Syro-Malabare de l’Inde, Sa Béatitude le Cardinal George Alencherry et de l’Église Grecque-catholique d’Ukraine, Sa Béatitude Sviatoslav Shevchuk, ainsi que le Nonce Apostolique en Syrie, Mgr Mario Zenari, et l’Évêque Président de la Caritas syrienne. Ceci me permet d’élargir encore plus le regard de l’Église de Rome à cette dimension universelle qui la caractérise profondément et qui constitue une des notes essentielles du mystère de l’Église. C’est aussi une occasion pour réaffirmer ma proximité aux grandes souffrances des frères et des soeurs de Syrie, en particulier des petits innocents et des plus faibles. Que notre prière, notre engagement et notre fraternité concrète dans le Christ, comme huile de consolation, les aident à ne pas perdre la lumière de l’espérance en ces moments d’obscurité et obtiennent de Dieu la sagesse du coeur pour qui a une responsabilité, afin que cessent toute effusion de sang et la violence qui apporte seulement douleur et mort, et laisse place à la réconciliation, à la concorde et à la paix. Que ne soit épargné aucun effort, également de la part de la communauté internationale, pour faire sortir la Syrie de la situation de violence et de crise actuelle, qui dure déjà depuis longtemps et risque de devenir un conflit généralisé qui aurait des conséquences fortement négatives pour le pays et pour toute la région. J’élève aussi un pressant et douloureux appel pour que, face au besoin extrême de la population, soit garantie la nécessaire assistance humanitaire, ainsi qu’à de nombreuses personnes qui ont du laisser leurs maisons, certaines se réfugiant dans les pays voisins: la valeur de la vie humaine est un bien précieux à sauvegarder toujours.

[Ai rappresentati della Terra Santa, a iniziare dal Delegato Apostolico, Mons. Antonio Franco, dal Vicario del Patriarca Latino di Gerusalemme e dal Padre Custode, che partecipano stabilmente alla ROACO, si sono uniti quest’anno gli Arcivescovi Maggiori della Chiesa Siro-malabarese dell’India, Sua Beatitudine il Cardinale George Alencherry, e della Chiesa Greco-cattolica di Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, nonché il Nunzio Apostolico in Siria, Mons. Mario Zenari, e il Vescovo Presidente della Caritas Siriana. Ciò mi consente di allargare ancora di più lo sguardo della Chiesa di Roma in quella dimensione universale che la caratterizza in modo profondo e che costituisce una delle note essenziali del mistero della Chiesa. E’ anche una occasione per riaffermare la mia vicinanza alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi. La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace. Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione. Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini: il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre.]

Cari amici della ROACO, l’Anno della fede che ho indetto nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali, che rappresentano una provvidenziale testimonianza di quanto ci dice la Parola di Dio: la fede senza le opere si spegne e muore (cfr Jc 2,17). Siate sempre segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo e presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore. A San Luigi Gonzaga, celebrato dalla odierna liturgia latina, chiedo di sostenere il nostro rendimento di grazie allo Spirito Santo e di pregare con noi perché il Signore susciti anche nel nostro tempo esemplari operatori di carità verso il prossimo. L’intercessione della Santissima Madre di Dio accompagni sempre le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora, portando ovunque incoraggiamento e speranza per un rinnovato servizio al Vangelo. Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Desidero fin d’ora anticipare alla Chiesa e alla Nazione libanesi il mio abbraccio di padre e di fratello, mentre di cuore imparto sulle vostre Organizzazioni, sui presenti e sulle persone che vi sono care, come pure sulle comunità a voi affidate, la mia affettuosa Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DELLA COLOMBIA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM» Sala del Concistoro Venerdì 22 giugno 2012

22062
Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Con grande gioia vi ricevo, Pastori della Chiesa di Dio pellegrina in Colombia, venuti a Roma per compiere la vostra visita ad limina e per stringere così i vincoli che vi uniscono a questa Sede apostolica. Come Successore di Pietro, questa è una preziosa opportunità per ribadirvi il mio affetto e la mia cordialità. Ringrazio Monsignor Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e Presidente della Conferenza episcopale, per le gentili parole che mi ha rivolto, a nome di tutti, nel presentarmi le realtà che vi preoccupano, come pure le sfide che le comunità che presiedete nella fede devono affrontare.

2. Conosco gli sforzi che, sia all’interno della Conferenza episcopale sia nelle vostre Chiese particolari, avete compiuto negli ultimi anni per concretizzare iniziative volte a promuovere una corrente di rinnovata e feconda evangelizzazione. In effetti, la Colombia non è estranea alle conseguenze del dimenticarsi di Dio. Mentre anni fa era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, ampiamente accettato nel suo riferimento al contenuto della fede e a quanto da essa ispirato, oggi non sembra che sia più così in vasti settori della società, a causa della crisi dei valori spirituali e morali che incide negativamente su molti dei vostri concittadini. È indispensabile quindi ravvivare in tutti i fedeli la consapevolezza di essere discepoli e missionari di Cristo, nutrendo le radici della loro fede, rafforzando la loro speranza e rinvigorendo la loro testimonianza di carità.

3. A tale proposito, voi avete plasmato i vostri aneliti evangelizzatori nel Piano Globale della Conferenza episcopale (2012-2020), risultato di un consapevole discernimento del momento che vive la Chiesa in Colombia. Desidero incoraggiarvi a proseguire con tenacia e perseveranza le linee in esso tracciate. Fatelo rafforzando la comunione alla quale sono chiamati i vescovi nell’esercizio della loro missione, poiché, concordando orientamenti pastorali e unendo le volontà, il ministero che il Signore vi ha affidato recherà copiosi frutti. Con questo stesso obiettivo, approfittate delle riflessioni della prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, come pure delle proposte dell’«Anno della Fede» che ho indetto, per illustrare con esse il vostro magistero e irrigare in modo benefico il vostro apostolato.

4. Il crescente pluralismo religioso è un fatto che esige una seria considerazione. La presenza sempre più attiva di comunità pentecostali ed evangeliche, non solo in Colombia, ma anche in molte altre regioni dell’America Latina, non può essere ignorata o sottovalutata. In tal senso, è evidente che il popolo di Dio è chiamato a purificarsi e a rivitalizzare la sua fede, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, per dare così un nuovo impulso alla sua azione pastorale, poiché «molte volte la gente sincera che esce dalla nostra Chiesa non lo fa per quello in cui i gruppi “non cattolici” credono, ma fondamentalmente per quello che essi vivono; non per ragioni di dottrina bensì di vita; non per motivi strettamente dogmatici, ma pastorali; non per problemi teologici ma metodologici della nostra Chiesa» (v Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, Documento conclusivo, n. 225). Si tratta, pertanto, di essere credenti migliori, più compassionevoli, affabili e accoglienti nelle nostre parrocchie e comunità, affinché nessuno si senta lontano o escluso. Occorre potenziare la catechesi, rivolgendo una particolare attenzione ai giovani e agli adulti; preparare con cura le omelie, come pure promuovere l’insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole e nelle università. E tutto ciò affinché si recuperi nei battezzati il loro senso di appartenenza alla Chiesa e si risvegli in essi l’aspirazione di condividere con gli altri la gioia di seguire Cristo e di essere membri del suo corpo mistico. È altresì importante fare appello alla tradizione ecclesiale, incrementare la spiritualità mariana e curare la ricca diversità devozionale. Facilitare uno scambio sereno e aperto con gli altri cristiani, senza perdere la propria identità, può contribuire anche a migliorare le relazioni con loro e a superare la sfiducia e gli scontri non necessari.

5. Mossi dallo zelo apostolico e guardando al bene comune, non smettete di individuare quanto intorpidisce il giusto progresso della Colombia, cercando di essere vicini a quanti si ritrovano privati della libertà a causa dell’iniqua violenza. La contemplazione del volto afflitto di Cristo sulla Croce deve altresì spingervi a raddoppiare le misure e i programmi volti ad accompagnare amorevolmente e ad assistere quanti sono nella prova, in modo particolare quanti sono vittime di disastri naturali, i più poveri, i contadini, i malati e gli afflitti, moltiplicando le iniziative solidali e le opere di amore e di misericordia a loro favore. Non dimenticate neppure quanti devono emigrare dalla propria patria, perché hanno perso il lavoro o si affannano per trovarlo; quanti vedono i propri diritti fondamentali calpestati e sono costretti a lasciare la propria casa e ad abbandonare la propria famiglia sotto la minaccia della mano oscura del terrore e della criminalità; o quanti sono caduti nella rete infausta del commercio delle droghe e delle armi. Desidero incoraggiarvi a proseguire questo cammino di servizio generoso e fraterno, che non è il risultato di un calcolo umano, bensì nasce dall’amore a Dio e al prossimo, fonte in cui la Chiesa trova la sua forza per portare a termine il proprio compito, offrendo agli altri quello che essa stessa ha imparato dall’esempio sublime del suo divino Fondatore.

6. Cari Fratelli nell’Episcopato, se la grazia di Dio non lo precede e lo sostiene, l’uomo presto vacilla nei suoi propositi per trasformare il mondo. Perciò, affinché la luce che viene dall’Alto continui a rendere fecondo l’impegno profetico e caritativo della Chiesa in Colombia, insistete nel favorire nei fedeli l’incontro personale con Gesù Cristo, di modo che preghino senza venir meno, meditino con assiduità la Parola di Dio e partecipino in modo più degno e fervente ai sacramenti, celebrati secondo le norme canoniche e i libri liturgici. Tutto ciò sarà un canale propizio per un idoneo itinerario d’iniziazione cristiana, inviterà tutti alla conversione e alla santità e coopererà al tanto necessario rinnovamento ecclesiale.

7. Al termine di questo incontro, chiedo all’Onnipotente che il nome di nostro Signore Gesù sia glorificato in voi e voi in Lui (cfr.
2Th 1,12). Mentre vi affido alla protezione di Nostra Signora del Rosario di Chiquinquirá, celeste Patrona della Colombia, vi imparto con piacere l’implorata Benedizione Apostolica, come pegno di pace e di gioia in Gesù Cristo, Redentore dell’uomo.




AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA CONFEDERAZIONE NAZIONALE COLDIRETTI Sala Clementina Venerdì, 22 giugno 2012

22162

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di accogliervi in occasione del vostro convegno, che ha come tema: «Agricoltura familiare per uno sviluppo sostenibile». Questo incontro mi offre l’opportunità di esprimere alla Coldiretti il mio apprezzamento per l’impegno in favore delle famiglie che vivono e lavorano nelle campagne italiane. Vi saluto tutti con affetto a partire dal Presidente nazionale, dottor Sergio Marini, che ringrazio per le parole con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto poi il Consigliere Ecclesiastico nazionale, il Consiglio nazionale e gli altri dirigenti della vostra benemerita Confederazione.

La società, l’economia, il lavoro non rappresentano ambiti unicamente secolari, tanto meno estranei al messaggio cristiano, ma spazi da fecondare con la ricchezza spirituale del Vangelo. La Chiesa, infatti, non è mai indifferente alla qualità della vita delle persone, alle loro condizioni lavorative, e avverte la necessità di prendersi cura dell’uomo e dei contesti in cui egli vive e produce, affinché siano sempre più luoghi autenticamente umani e umanizzanti. A tale proposito, il Servo di Dio Paolo VI osservava che «la Chiesa ha rivolto sempre particolari premure alla gente dei campi, aprendo la via alla sua elevazione umana e morale ed aiutandola a realizzare la sua missione con dignità e coscienza del suo valore spirituale e sociale» (Discorso ai coltivatori diretti, 19 aprile 1972).

In questa sua sollecitudine, la Chiesa è ben lieta di coinvolgere anche le varie aggregazioni, come la vostra, che ispirano la loro azione ai principi della dottrina sociale cattolica. Attraverso di essa, infatti, la Chiesa «attualizza nelle vicende storiche il messaggio di liberazione e di redenzione di Cristo, il Vangelo del Regno; … attesta all’uomo, in nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 63).

Proprio nella Coldiretti, l’insegnamento cattolico in materia di etica sociale ha conosciuto uno dei suoi più fertili «laboratori», grazie all’intuizione e alla sapienza lungimirante del suo fondatore Paolo Bonomi, che ha operato alla luce del Vangelo della carità e nel solco del Magistero sociale della Chiesa. Egli fu persona molto attenta alla promozione degli agricoltori, capace di offrire loro orientamenti e criteri chiari, che permangono sostanzialmente validi nei nostri giorni. Siate degni eredi di un così ricco patrimonio ideale! A voi tocca, oggi, rimanendo fedeli ai valori acquisiti, porvi in coraggioso dialogo con le mutate condizioni della società. Vi sono, inoltre, richiesti una nuova consapevolezza e un ulteriore sforzo di responsabilità nei confronti del mondo agricolo. Sentitevi tutti coinvolti in tale missione. Ciascuno si impegni, nel ruolo che ricopre, a sostenere gli interessi legittimi delle categorie che rappresenta, operando sempre con pazienza e lungimiranza, allo scopo di valorizzare gli aspetti più nobili e qualificanti della persona umana: il senso del dovere, la capacità di condivisione e di sacrificio, la solidarietà, l’osservanza delle giuste esigenze del riposo e della rigenerazione corporale e più ancora spirituale.

Conosco bene quanto vi sta a cuore proseguire il vostro servizio di testimonianza evangelica nell’ambiente agricolo e ittico, ponendo in risalto quei valori che fanno dell’attività lavorativa un prezioso strumento per la realizzazione di una convivenza più giusta ed umana. Penso al rispetto della dignità della persona, alla ricerca del bene comune, all’onestà e alla trasparenza nella gestione dei servizi, alla sicurezza alimentare e alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, alla promozione dello spirito di solidarietà. Vi incoraggio a proseguire in questa vostra opera, diventando voi stessi, sempre più, fermento di vita buona, sale della terra e luce del mondo (cfr
Mt 5,13-14).

La perdurante crisi economico-finanziaria, con le conseguenti incognite, pone gli imprenditori agricoli e ittici di fronte a sfide inedite e certamente difficili, che voi siete chiamati ad affrontare da cristiani, coltivando un rinnovato e profondo senso di responsabilità, dando prova di solidarietà e di condivisione. Considerato poi che alla base dell’attuale difficoltà economica vi è una crisi morale, adoperatevi con sollecitudine affinché le istanze etiche mantengano il primato su ogni altra esigenza. Occorre, infatti, portare il rimedio là dove è la radice della crisi, favorendo la riscoperta di quei valori spirituali dai quali poi scaturiscono le idee, i progetti e le opere. Come ho ricordato nell’enciclica Caritas in veritate, «dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore» (n. 21). Su questo terreno etico, occorre che la famiglia, la scuola, il sindacato e ogni altra istituzione politica, culturale e civica svolgano un’importante opera di collaborazione e di raccordo, di stimolo e di promozione, soprattutto per quanto riguarda i giovani. Essi sono carichi di propositi e di speranze, cercano con generosità di costruire il loro avvenire e attendono dagli adulti esempi validi e proposte serie. Non possiamo deludere le loro attese!

Cari amici, sia vostra premura adoperarvi non solo perché le imprese agricole e i coltivatori diretti siano opportunamente tutelati, ma anche perché si attuino valide politiche sociali in favore della persona e della sua professionalità, considerando specialmente il ruolo cruciale della famiglia per l’intera società. Vi incoraggio a perseverare nella vostra opera educativa e sociale, portando avanti con generosità i vostri progetti di solidarietà, particolarmente nei confronti dei più deboli e meno garantiti. Attraverso la vostra azione sociale voi testimoniate la novità del Vangelo, e per questo avete bisogno di un costante riferimento a Cristo, nella preghiera, per attingere l’energia spirituale necessaria a dare nuovo vigore al vostro impegno. Da parte mia, vi manifesto l’affetto e il sostegno della Chiesa e, mentre affido al Signore le gioie e le fatiche quotidiane di quanti operano nel settore agricolo e ittico, di cuore imparto una speciale Benedizione Apostolica a voi, alle vostre famiglie e a tutti i soci.





VISITA PASTORALE NELLE ZONE TERREMOTATE DELL'EMILIA ROMAGNA Area Impianti sportivi, San Marino di Carpi - Modena Martedì, 26 giugno 2012

26062


Cari fratelli e sorelle!

Grazie per la vostra accoglienza!

Fin dai primi giorni del terremoto che vi ha colpito, sono stato sempre vicino a voi con la preghiera e l’interessamento. Ma quando ho visto che la prova era diventata più dura, ho sentito in modo sempre più forte il bisogno di venire di persona in mezzo a voi. E ringrazio il Signore che me lo ha concesso!

Sono allora con grande affetto con voi, qui riuniti, e abbraccio con la mente e con il cuore tutti i paesi, tutte le popolazioni che hanno subito danni dal sisma, specialmente le famiglie e le comunità che piangono i defunti: il Signore li accolga nella sua pace. Avrei voluto visitare tutte le comunità per rendermi presente in modo personale e concreto, ma voi sapete bene quanto sarebbe stato difficile. In questo momento, però, vorrei che tutti, in ogni paese, sentiste come il cuore del Papa è vicino al vostro cuore per consolarvi, ma soprattutto per incoraggiarvi e per sostenervi. Saluto il Signor Ministro Rappresentante del Governo, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, e l’Onorevole Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia-Romagna, che ringrazio di cuore per le parole che mi ha rivolto a nome delle istituzioni e della comunità civile. Desidero ringraziare poi il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, per le affettuose espressioni che mi ha indirizzato e dalle quali emerge la forza dei vostri cuori, che non hanno crepe, ma sono profondamente uniti nella fede e nella speranza. Saluto e ringrazio i Fratelli Vescovi e Sacerdoti, i rappresentanti delle diverse realtà religiose e sociali, le Forze dell’ordine, i volontari: è importante offrire una testimonianza concreta di solidarietà e di unità. Ringrazio per questa grande testimonianza, soprattutto dei volontari!

Come vi dicevo, ho sentito il bisogno di venire, seppure per un breve momento, in mezzo a voi. Anche quando sono stato a Milano, all’inizio di questo mese, per l’Incontro Mondiale delle Famiglie, avrei voluto passare a visitarvi, e il mio pensiero andava spesso a voi. Sapevo infatti che, oltre a patire le conseguenze materiali, eravate messi alla prova nell’animo, per il protrarsi delle scosse, anche forti; come pure dalla perdita di alcuni edifici simbolici dei vostri paesi, e tra questi in modo particolare di tante chiese. Qui a Rovereto di Novi, nel crollo della chiesa – che ho appena visto – ha perso la vita Don Ivan Martini. Rendendo omaggio alla sua memoria, rivolgo un particolare saluto a voi, cari sacerdoti, e a tutti i confratelli, che state dimostrando, come già è avvenuto in altre ore difficili della storia di queste terre, il vostro amore generoso per il popolo di Dio.

Come sapete, noi sacerdoti – ma anche i religiosi e non pochi laici – preghiamo ogni giorno con il cosiddetto «Breviario», che contiene la Liturgia delle Ore, la preghiera della Chiesa che scandisce la giornata. Preghiamo con i Salmi, secondo un ordine che è lo stesso per tutta la Chiesa Cattolica, in tutto il mondo. Perché vi dico questo? Perché in questi giorni ho incontrato, pregando il Salmo 46, questa espressione che mi ha toccato: «Dio è per noi rifugio e fortezza, / aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. / Perciò non temiamo se trema la terra, / se vacillano i monti nel fondo del mare» (
Ps 46,2-3). Quante volte ho letto queste parole? Innumerevoli volte! Da sessantun anno sono sacerdote! Eppure in certi momenti, come questo, esse colpiscono fortemente, perché toccano sul vivo, danno voce a un’esperienza che adesso voi state vivendo, e che tutti quelli che pregano condividono. Ma – vedete – queste parole del Salmo non solo mi colpiscono perché usano l’immagine del terremoto, ma soprattutto per ciò che affermano riguardo al nostro atteggiamento interiore di fronte allo sconvolgimento della natura: un atteggiamento di grande sicurezza, basata sulla roccia stabile, irremovibile che è Dio. Noi «non temiamo se trema la terra» – dice il salmista – perché «Dio è per noi rifugio e fortezza», è «aiuto infallibile … nelle angosce».

Cari fratelli e sorelle, queste parole sembrano in contrasto con la paura che inevitabilmente si prova dopo un’esperienza come quella che voi avete vissuto. Una reazione immediata, che può imprimersi più profondamente, se il fenomeno si prolunga. Ma, in realtà, il Salmo non si riferisce a questo tipo di paura, che è naturale, e la sicurezza che afferma non è quella di super-uomini che non sono toccati dai sentimenti normali. La sicurezza di cui parla è quella della fede, per cui, sì, ci può essere la paura, l’angoscia – le ha provate anche Gesù, come sappiamo – ma c’è, in tutta la paura e l'angoscia, soprattutto la certezza che Dio è con noi; come il bambino che sa sempre di poter contare sulla mamma e sul papà, perché si sente amato, voluto, qualunque cosa accada. Così siamo noi rispetto a Dio: piccoli, fragili, ma sicuri nelle sue mani, cioè affidati al suo Amore che è solido come una roccia. Questo Amore noi lo vediamo in Cristo Crocifisso, che è il segno al tempo stesso del dolore, della sofferenza, e dell’amore. E’ la rivelazione di Dio Amore, solidale con noi fino all’estrema umiliazione.

Su questa roccia, con questa ferma speranza, si può costruire, si può ricostruire. Sulle macerie del dopoguerra – non solo materiali – l’Italia è stata ricostruita certamente grazie anche ad aiuti ricevuti, ma soprattutto grazie alla fede di tanta gente animata da spirito di vera solidarietà, dalla volontà di dare un futuro alle famiglie, un futuro di libertà e di pace. Voi siete gente che tutti gli italiani stimano per la vostra umanità e socievolezza, per la laboriosità unita alla giovialità. Tutto ciò è ora messo a dura prova da questa situazione, ma essa non deve e non può intaccare quello che voi siete come popolo, la vostra storia e la vostra cultura. Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno.

La situazione che state vivendo ha messo in luce un aspetto che vorrei fosse ben presente nel vostro cuore: non siete e non sarete soli! In questi giorni, in mezzo a tanta distruzione e tanto dolore, voi avete visto e sentito come tanta gente si è mossa per esprimervi vicinanza, solidarietà, affetto; e questo attraverso tanti segni e aiuti concreti. La mia presenza in mezzo a voi vuole essere uno di questi segni di amore e di speranza. Guardando le vostre terre ho provato profonda commozione davanti a tante ferite, ma ho visto anche tante mani che le vogliono curare insieme a voi; ho visto che la vita ricomincia, vuole ricominciare con forza e coraggio, e questo è il segno più bello e luminoso.

Da questo luogo vorrei lanciare un forte appello alle istituzioni, ad ogni cittadino ad essere, pur nelle difficoltà del momento, come il buon samaritano del Vangelo che non passa indifferente davanti a chi è nel bisogno, ma, con amore, si china, soccorre, rimane accanto, facendosi carico fino in fondo delle necessità dell’altro (cfr Lc 10,29-37). La Chiesa vi è vicina e vi sarà vicina con la sua preghiera e con l’aiuto concreto delle sue organizzazioni, in particolare della Caritas, che si impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie.

Cari amici, vi benedico tutti e ciascuno, e vi porto con grande affetto nel mio cuore.




SALUTO ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI Giovedì 28 giugno 2012

28062
"Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome" (
Ps 34,4)

Cari fratelli in Cristo,

In questa gioiosa circostanza della Festa dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Città e della Chiesa di Roma, mi è particolarmente gradito accogliervi con le parole del Salmo che saranno cantate nella solenne liturgia eucaristica in onore di questi due grandi Apostoli e Martiri. Formulandovi un caloroso benvenuto, vi chiedo di riferire a Sua Santità Bartolomeo I e al Santo Sinodo i sentimenti del mio affetto fraterno e della mia viva gratitudine per avere voluto inviare anche quest'anno degni rappresentanti a partecipare a questa nostra celebrazione, e di porgere un cordiale saluto al clero, ai monaci e ai fedeli tutti del Patriarcato Ecumenico.

La vostra presenza qui a Roma in occasione della festività liturgica dei Santi Pietro e Paolo ci offre una speciale opportunità di elevare il nostro canto di lode per le meraviglie che la grazia divina, da cui proviene ogni bene, ha compiuto nella vita dei due Apostoli, rendendoli degni di entrare trionfanti nella gloria celeste dopo essere passati per il lavacro rigenerante del martirio. La festa dei Santi Pietro e Paolo, inoltre, ci dà la possibilità di ringraziare insieme il Signore per le opere straordinarie che Egli ha compiuto e continua a compiere attraverso gli Apostoli nella vita della Chiesa. È la loro predicazione, suggellata dalla testimonianza del martirio, il fondamento saldo e perenne su cui si edifica la Chiesa, ed è nella fedeltà al deposito della fede da essi trasmesso che troviamo le radici della comunione che già sperimentiamo tra noi.

Venerati fratelli, in questo nostro odierno incontro, mentre affidiamo all'intercessione dei gloriosi Apostoli e Martiri Pietro e Paolo la nostra supplica perché il Signore, ricco di misericordia, ci conceda di giungere presto al giorno beato in cui potremo condividere la mensa eucaristica, eleviamo le nostre voci nell'inno di lode a Dio per il cammino di pace e di riconciliazione che Egli ci dona di percorrere insieme. Quest'anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, che sarà celebrata solennemente il prossimo 11 ottobre. È proprio in concomitanza con questo Concilio, al quale, come ben sapete, erano presenti alcuni rappresentanti del Patriarcato Ecumenico in qualità di Delegati fraterni, che ebbe inizio una nuova importante fase delle relazioni tra le nostre Chiese. Vogliamo lodare il Signore innanzitutto per la riscoperta della profonda fraternità che ci lega, e anche per il cammino percorso in questi anni dalla Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa nel suo insieme, con l’auspicio che anche nella fase attuale si possano fare dei progressi.

Richiamando l'anniversario del Concilio Vaticano II, mi sembra doveroso ricordare la figura e l'attività dell'indimenticabile Patriarca Ecumenico Athenagoras, di cui tra qualche giorno ricorrerà il quarantesimo anniversario della scomparsa. Il Patriarca Athenagoras, insieme al Beato Papa Giovanni XXIII e al Servo di Dio Papa Paolo VI, animati da quella passione per l'unità della Chiesa che sgorga dalla fede in Cristo Signore, si fecero promotori di coraggiose iniziative che aprirono la strada a rinnovate relazioni tra il Patriarcato ecumenico e la Chiesa cattolica. È per me motivo di particolare gioia costatare come Sua Santità Bartolomeo I segua, con rinnovata fedeltà e feconda creatività, il cammino tracciato dai suoi Predecessori i Patriarchi Athenagoras e Dimitrios, distinguendosi a livello internazionale per la sua apertura al dialogo tra i cristiani e per l'impegno al servizio dell'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo.

Eminenza, cari membri della delegazione, ringraziandovi ancora una volta per la vostra presenza qui in mezzo a noi, vi assicuro della mia preghiera perché il Signore conceda salute e forza a Sua Santità Bartolomeo I e dia prosperità e pace al Patriarcato Ecumenico. Dio onnipotente ci faccia il dono di una comunione sempre più piena secondo la Sua volontà, perché «con un cuore solo ed un'anima sola» (Ac 4,32) possiamo sempre esaltare il Suo nome.




Discorsi 2005-13 21062