Discorsi 2005-13 30062

AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO Aula Paolo VI Sabato, 30 giugno 2012

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Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi, che avete accompagnato a Roma, presso la tomba degli Apostoli, gli Arcivescovi Metropoliti, ai quali ho avuto la gioia di imporre il Pallio ieri nella Basilica Vaticana, nel corso di una solenne celebrazione, in cui abbiamo fatto memoria dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. In questo nostro incontro vogliamo quasi prolungare il clima di profonda comunione ecclesiale, che abbiamo vissuto ieri. Infatti, la presenza degli Arcivescovi Metropoliti, che provengono da diverse parti del mondo, manifesta in modo visibile l’universalità della Chiesa, chiamata a far conoscere Cristo e annunciare il Vangelo in tutti i continenti e nelle varie lingue.

Saluto con affetto ciascuno di voi, venerati e stimati Fratelli Metropoliti, e con voi saluto i familiari, gli amici e i fedeli affidati alle vostre cure pastorali, che vi fanno corona in queste giornate così significative. Invio, inoltre, un saluto cordiale anche alle vostre Diocesi di provenienza.

Rivolgo il mio pensiero in primo luogo a voi, cari Pastori della Chiesa che è in Italia! Saluto Lei, Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia; saluto Lei, Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto; e Lei, Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari. Vi assicuro la mia costante preghiera, affinché possiate svolgere con gioia e fedeltà il vostro ministero episcopale, per edificare nella carità le vostre Comunità diocesane, sostenendole nella testimonianza della fede e aiutandole ad evidenziare sempre più il rinnovato entusiasmo dell’incontro con la persona del Cristo.



[Sono lieto di accogliere i pellegrini francofoni, venuti qui per accompagnare i nuovi Arcivescovi metropoliti ai quali ho avuto la gioia d’imporre il Pallio. Saluto molto cordialmente Monsignor Luc Cyr, Arcivescovo di Sherbrooke, Monsignor Paul-André Durocher, Arcivescovo di Gatineau, Monsignor Pascal Wintzer, Arcivescovo di Poitiers, e Monsignor André Lépine, Arcivescovo di Montréal. Il Pallio è il simbolo dell’unità che lega i pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Ricorda anche ai pastori la loro responsabilità di essere esemplari e zelanti, ricchi di amore per tutti, al fine di guidare il popolo di Dio affidato alla loro sollecitudine pastorale. Imparto di cuore a tutti i sacerdoti e i fedeli delle vostre Arcidiocesi la Benedizione Apostolica, in pegno di pace e di gioia nel Signore!]



[Porgo cordiali saluti agli Arcivescovi Metropoliti di lingua inglese ai quali ieri ho imposto il Pallio. Dagli Stati Uniti d’America: Arcivescovo Charles Chaput di Philadelphia, Arcivescovo William Skurla di Pittsburgh, Arcivescovo William Lori di Baltimora, Arcivescovo Samuel Aquila di Denver. Da Papua Nuova Guinea: Arcivescovo Francesco Panfilo di Rabaul. Dalle Filippine: Arcivescovo Luis Tagle di Manila, Arcivescovo Jose Advincula di Capiz, Arcivescovo Romulo Valle di Davao, Arcivescovo John Du di Palo. Dal Bangladesh: Arcivescovo Patric D’Rozario di Dhaka. Dalle Antille: Arcivescovo Joseph Harris di Port of Spain. Dallo Zambia: Arcivescovo Ignatius Chama di Kasama. Dall’India: Arcivescovo John Moolachira di Guwahati, Arcivescovo Thomas D’Souza di Calcutta. Dal Pakistan: Arcivescovo Joseph Coutts di Karachi. Dall’Australia: Arcivescovo Timothy Costelloe di Perth, Arcivescovo Mark Coleridge di Brisbane. Dalla Corea: Arcivescovo Andrew Yeom Soo Jung di Seul. Dalla Nigeria: Arcivescovo Alfred Martins di Lagos.

Do anche il benvenuto alle loro famiglie, ai loro parenti, agli amici e ai fedeli delle loro rispettive Arcidiocesi che sono venuti a Roma per pregare con loro e per condividere la loro gioia. ]



[Con gioia rivolgo il mio saluto alla delegazione e agli ospiti provenienti da Berlino nonché a tutti i pellegrini dalla Germania, che hanno accompagnato il Cardinale Rainer Maria Woelki a Roma per ricevere il pallio. Siete tutti i benvenuti! Il Pallio in modo particolare rende visibile la forte unione dei vescovi metropoliti e le loro Province Ecclesiastiche con il Papa e la Sede di Pietro. Al contempo ricorda la missione di seguire — come Cristo — la pecora smarrita, di portarla sulle spalle, di farla rientrare nel gregge e prendersene cura. In tal senso il Pallio è segno della cura e della responsabilità che hanno i pastori verso i loro greggi. Proprio per questa responsabilità comune siamo tenuti a sviluppare e a mantenere l’unità. Date anche voi il vostro contributo tramite la vostra preghiera per promuovere e rendere solida l’unione della Chiesa. Di cuore impartisco a tutti Voi la mia benedizione.]



[In occasione dell’imposizione del Pallio, saluto cordialmente l’Arcivescovo di Guadalajara, Cardinale Francisco Robles Ortega; quello di Tucumán, Monsignor Alfredo Horacio Zecca; quello di Los Altos-Quetzaltenango-Totonicapán, Monsignor Mario Alberto Molina Palma; quello di Ayacucho o Huamanga, Monsignor Salvador Piñeiro García-Calderón; quello di Ciudad Bolívar, Monsignor Ulises Antonio Gutiérrez Reyes e quello di San Luis Potosí Monsignor Jesús Carlos Cabrero Romero, come pure quanti li circondano con la loro preghiera e con il loro affetto in questa significativa circostanza. Pongo tutti sotto la fedele custodia di San Pietro e di San Paolo, affinché s’incrementino sempre più la vicinanza spirituale e i vincoli di comunione delle vostre Chiese particolari con la Sede Apostolica e s’intensifichi così tra voi l’annuncio del Vangelo. Che Dio vi benedica!]



[Saluto con gioia gli Arcivescovi brasiliani, Monsignor Wilson Jönck, di Florianópolis; Monsignor José Francisco Dias, di Niterói; Monsignor Esmeraldo de Farias, di Porto Velho; Monsignor Jaime Rocha, di Natal; Monsignor Airton dos Santos, di Campinas; Monsignor Jacinto de Brito Sobrinho, di Teresina; Monsignor Paulo Piexoto, di Uberaba e anche l’Arcivescovo di Malanje in Angola, Monsignor Benedito Roberto; ieri hanno ricevuto il Pallio, segno di particolare comunione con il Successore di Pietro. Cari Arcivescovi, siate per il vostro popolo un segno di Cristo, Buon Pastore, che guida il suo gregge. Do il benvenuto anche ai sacerdoti, religiosi e fedeli che vi accompagnano, chiedendo loro di pregare per i propri Arcivescovi affinché non manchino loro le forze nel compimento della propria missione. E, come pegno di gioia e di pace nel Signore, imparto a voi qui presenti e alle vostre comunità arcidiocesane la mia Benedizione Apostolica.]



[Saluto cordialmente gli arcivescovi metropoliti della Polonia che ieri hanno ricevuto il pallio: Stanislaw Budzik di Lublin, Wiktor Skworc di Katowice e Waclaw Depo di Czestochowa. Con loro saluto i fedeli che ne condividono la gioia, specialmente i rappresentanti delle loro metropoli, tutti i loro cari, e quanti li sostengono con la preghiera. Il pallio è segno di particolare unità con Cristo e di comunione con il Successore di Pietro. Tale comunione pervada anche i cuori dei fedeli di ogni metropoli. Affido questo auspicio a Dio nelle mie preghiere e voi tutti benedico di cuore. Sia lodato Gesù Cristo.]

Cari fratelli e sorelle, portate nelle vostre comunità l’esperienza di intensa spiritualità e di autentica unità evangelica di queste giornate, affinché essa tocchi il cuore dei credenti e si riverberi nell’intera società, lasciando tracce di bene. L’intercessione della celeste Madre di Dio e degli Apostoli Pietro e Paolo, ottengano al popolo cristiano la capacità di far risplendere nel mondo, attraverso la tenace e limpida testimonianza dei singoli, la parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato in dono. Con tali sentimenti vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




VISITA AL CENTRO "AD GENTES" DEI MISSIONARI VERBITI A NEMI Lunedì, 9 luglio 2012

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Sono veramente grato per la possibilità di rivedere dopo 47 anni questa casa a Nemi. Ne avevo un ricordo bellissimo, forse il più bel ricordo di tutto il Concilio. Io abitavo nel centro di Roma, nel Collegio di Santa Maria dell’Anima, con tutto il rumore: tutto questo è anche bello! Ma stare qui nel verde, avere questo respiro della natura e anche questa freschezza dell’aria, era già in sé una cosa bella. E poi c’era la compagnia di tanti grandi teologi, con un incarico così importante e bello di preparare un decreto sulla missione.

Ricordo innanzitutto il Generale di quel tempo, padre Schütte, che aveva sofferto in Cina, era stato condannato, poi espulso. Era pieno di dinamismo missionario, della necessità di dare un nuovo slancio allo spirito missionario. E aveva me, che ero un teologo senza grande importanza, molto giovane, invitato non so perché. Ma era un grande dono per me.

Poi c’era Fulton Sheen, che ci affascinava la sera con i suoi discorsi, padre Congar e i grandi missiologi di Lovanio. Per me è stato un arricchimento spirituale, un grande dono. Era un decreto senza grandi controversie. C’era questa controversia, che io non ho mai realmente capito, tra la scuola di Lovanio e quella di Münster: scopo principale della missione è l’implantatio Ecclesiae o l’annunzio Evangelii? Ma tutto convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio.

E così è nato in quei giorni un decreto bello e buono, quasi accettato unanimemente da tutti i padri conciliari, e per me è anche un complemento molto buono della Lumen gentium, perché vi troviamo un’ecclesiologia trinitaria, che parte soprattutto dall’idea classica del bonum diffusivum sui, il bene che ha la necessità in sé di comunicarsi, di darsi: non può stare in se stesso, la cosa buona, la bontà stessa essenzialmente è communicatio. E questo già appare nel mistero trinitario, all’interno di Dio, e si diffonde nella storia della salvezza e nella nostra necessità di dare ad altri il bene che abbiamo ricevuto.

Così, con questi ricordi ho spesso pensato a questi giorni di Nemi che sono in me, come ho detto, parte essenziale dell’esperienza del Concilio. E sono felice di vedere che la vostra Società fiorisce — il padre Generale ha parlato di seimila membri in tanti Paesi, da tante Nazioni. Chiaramente il dinamismo missionario vive, e vive solo se c’è la gioia del Vangelo, se stiamo nell’esperienza del bene che viene da Dio e che deve e vuol comunicarsi. Grazie per questo vostro dinamismo. Vi auguro per questo Capitolo ogni benedizione del Signore, molta ispirazione: che le stesse forze ispiratrici dello Spirito Santo che ci hanno accompagnato in quei giorni quasi visibilmente siano di nuovo presenti tra voi e vi aiutino a trovare la strada per la vostra Compagnia, così per la missione del Vangelo ad gentes per i prossimi anni. Grazie a voi tutti, il Signore vi benedica. Pregate per me, come io prego per voi. Grazie!




CONCERTO OFFERTO DALLA WEST-EASTERN DIVAN ORCHESTRA Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Mercoledì, 11 luglio 2012

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Signor Presidente,
Venerati Fratelli,
Gentili Signori e Signore,

abbiamo vissuto un momento di ascolto davvero intenso e arricchente per il nostro spirito, e di questo rendiamo grazie al Signore. Desidero esprimere viva riconoscenza al Maestro Daniel Barenboim e a tutti i musicisti della West-Eastern Divan Orchestra, che durante la loro tournée estiva hanno gentilmente voluto offrirmi questo concerto, nel giorno della festa di San Benedetto. Così mi hanno permesso non solo di gustare dal vivo la loro ottima esecuzione, ma anche di partecipare più direttamente al loro percorso, iniziato tredici anni or sono proprio da Lei, Maestro, insieme con il compianto Signor Edward Said. Saluto cordialmente il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, che ringrazio per la sua presenza e per aver incoraggiato questa iniziativa. E il mio «grazie» va anche al Cardinale Ravasi, che ha introdotto il concerto con tre belle e significative citazioni. Alle altre Autorità e a tutti voi, cari amici, estendo il mio saluto.

Potete immaginare quanto io sia lieto di accogliere un’Orchestra come questa, che è nata dalla convinzione, anzi, dall’esperienza che la musica unisce le persone, al di là di ogni divisione; perché la musica è armonia delle differenze, come avviene ogni volta che si inizia un concerto, con il ‘rito’ dell’accordatura. Dalla molteplicità dei timbri dei diversi strumenti, può uscire una sin-fonia. Ma questo non accade magicamente, né automaticamente! Si realizza soltanto grazie all’impegno del Direttore e di ogni singolo musicista. Un impegno paziente, faticoso, che richiede tempo e sacrifici, nello sforzo di ascoltarsi a vicenda, evitando eccessivi protagonismi e privilegiando la migliore riuscita dell’insieme.

Mentre esprimo questi pensieri, la mente si rivolge alla grande sinfonia della pace tra i popoli, che non è mai del tutto compiuta. La mia generazione, come pure quella dei genitori del Maestro Barenboim, hanno vissuto le tragedie della seconda guerra mondiale e della Shoa. Ed è molto significativo che Lei, Maestro, dopo aver raggiunto i traguardi più alti per un musicista, abbia voluto dar vita ad un progetto come quello della West-Eastern Divan Orchestra: un gruppo in cui suonano insieme musicisti israeliani, palestinesi e di altri Paesi arabi; persone di religione ebraica, musulmana e cristiana. I numerosi riconoscimenti di cui Lei e questa Orchestra siete stati insigniti dimostrano, al tempo stesso, l’eccellenza professionale e l’impegno etico e spirituale. Lo abbiamo sentito anche questa sera, ascoltando le Sinfonie Quinta e Sesta di Ludwig van Beethoven.

Anche in questa scelta, in questo accostamento possiamo vedere un significato per noi interessante. Queste due celeberrime Sinfonie esprimono due aspetti della vita: il dramma e la pace, la lotta dell’uomo contro il destino avverso e l’immersione rasserenante nell’ambiente bucolico. Beethoven lavorò a queste due opere, in particolare al loro completamento, quasi contemporaneamente. Tant’è vero che esse vennero eseguite per la prima volta insieme – come questa sera – nel memorabile concerto del 22 dicembre 1808, a Vienna. Il messaggio che vorrei trarne oggi è questo: per giungere alla pace bisogna impegnarsi, lasciando da parte la violenza e le armi, impegnarsi con la conversione personale e comunitaria, con il dialogo, con la paziente ricerca delle intese possibili.

Ringraziamo dunque di cuore il Maestro Barenboim e la West-Eastern Divan Orchestra per averci dato testimonianza di questa via. A ciascuno di loro l’augurio e la preghiera di continuare a seminare nel mondo la speranza della pace attraverso il linguaggio universale della musica.

Grazie e buona serata a tutti!




PELLEGRINAGGIO DELL'ARCIDIOCESI DI MÜNCHEN UND FREISING: "SERATA BAVARESE" IN ONORE DEL SANTO PADRE Castel Gandolfo Venerdì, 3 agosto 2012

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Signori Cardinali,
cari Confratelli,
cari amici!

Al termine di questa «serata bavarese» posso dirvi soltanto di vero cuore un «Vergelt’s Gott» [«Dio ve ne renda merito»]. E’ stato bello essere qui, al centro del Lazio, a Castel Gandolfo, e allo stesso tempo in Baviera. Sono stato proprio «dahoam» [a casa], e devo fare i complimenti al Cardinale Marx, perché già riesce a pronunciare così bene questa parola!

Abbiamo potuto percepire che la cultura bavarese è una cultura allegra: noi non siamo persone rudi, non si tratta di semplice divertimento, ma è una cultura allegra, imbevuta di gioia; nasce da un’interiore accettazione del mondo, da un sì interiore alla vita che è un sì alla gioia. Essa si fonda sul fatto che noi siamo in sintonia con la Creazione, in sintonia con lo stesso Creatore e che per questo sappiamo che è bene essere persona. E’ vero, si deve dire che Dio, in Baviera, ci ha facilitato il compito: ci ha donato un mondo così bello, una terra così bella che diventa facile riconoscere che Dio è buono ed esserne felici. Allo stesso tempo, però, Egli ha anche fatto in modo che gli uomini che vivono in questa terra proprio a partire dal loro «sì» hanno saputo darle la sua piena bellezza; solo attraverso la cultura delle persone, attraverso la loro fede, la loro gioia, i canti, la musica e l’arte è diventata così bella come il Creatore, da solo, non voleva fare, ma solo con l’aiuto degli uomini. Ora, qualcuno potrebbe dire: ma sarà lecito essere tanto felici, quando il mondo è così pieno di sofferenza, quando esiste tanta oscurità e tanto male? E’ lecito essere così spavaldi e gioiosi? La risposta può essere soltanto: «sì»! Perché dicendo «no» alla gioia non rendiamo servizio ad alcuno, rendiamo il mondo solamente più oscuro. E chi non ama se stesso non può dare nulla al prossimo, non può aiutarlo, non può essere messaggero di pace. Noi questo lo sappiamo dalla fede, e lo vediamo ogni giorno: il mondo è bello e Dio è buono. E per il fatto che Egli si è fatto uomo ed è venuto in mezzo a noi, che Egli soffre e vive con noi, noi lo sappiamo definitivamente e concretamente: sì, Dio è buono ed è bene essere persona. Noi viviamo di questa gioia, e partendo da questa gioia cerchiamo anche di portare gioia agli altri, di respingere il male e di essere servitori della pace e della riconciliazione.

Ora, certo, dovrei ringraziare tutti, uno per uno, ma la memoria di un anziano non è affidabile. Quindi, preferisco evitarlo. Vorrei comunque ringraziare il caro Cardinale Marx per avere lanciato l’idea di questa «serata», per avere trasportato la Baviera a Roma e per averci reso in questo modo tangibile l’unità interiore della cultura cristiana; vorrei ringraziarlo per avere radunato Bavaresi della nostra arcidiocesi, dalla Bassa Baviera fino all’«Oberland», dalla Regione del «Rupertigau» fino al «Werdenfelser Land»; vorrei ringraziare la presentatrice, che ci ha regalato un bavarese così bello: non credo di essere capace di parlare il bavarese, ed essere, allo stesso tempo, così «elevato», ma lei lo sa fare. Ringrazio tutti i gruppi, i fiati…, ma, ecco, non voglio iniziare. Voi lo sapete: tutto mi ha toccato profondamente e di tutto questo sono riconoscente e felice. Certo, i «Gebirgsschützen», che ho potuto sentire solo da lontano, meritano un ringraziamento particolare, perché io sono un «Schütze» onorario, anche se, a suo tempo, sono stato un schütze mediocre. Poi, ringrazio particolarmente te, caro Cardinale Wetter, per essere venuto: tu sei il mio diretto successore nella sede di San Corbiniano; hai guidato per un quarto di secolo l’arcidiocesi da buon Pastore: grazie per essere presente!

(In italiano)

Cardinale Bertello, grazie per la sua presenza. Spero che anche lei abbia sentito che la Baviera è bella e la cultura della Baviera è bella.

(In tedesco)

Ora, come mio ringraziamento, posso darvi soltanto la mia Benedizione, ma prima cantiamo insieme l’Angelus e, nella misura in cui lo conosciamo, l’«Andachtsjodler» [canto religioso in forma di jodler]. Di cuore, «Vergelt’s Gott» [Dio ve ne renda merito]!




CONCERTO OFFERTO DALLA CARITAS DI REGENSBURG Castel Gandolfo, Cortile del Palazzo Apostolico Sabato, 11 agosto 2012

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Reverendi Confratelli,
cari amici!

Alla fine di questo bel «panorama» di musiche vocali e strumentali, mi rimane soltanto di dire di vero cuore ai musicisti un «Vergelt’s Gott» [il Signore ve ne renda merito]. Con il programma di questa serata ci avete offerto un’idea della molteplicità della creatività musicale e dell’ampiezza dell’armonia. La musica non è una successione di suoni; essa ha un ritmo e, al contempo, è coesione e armonia; essa ha una sua struttura ed una sua profondità. Abbiamo potuto gustare tutto questo in modo meraviglioso non solo nei corali a più voci, eseguiti con forza espressiva dal gruppo vocale Cantico diretto dalla signora Edeltraut Appl, ma anche negli stupendi brani strumentali che abbiamo potuto ascoltare nell’esecuzione del signor Thomas Beckmann, della sua consorte Kayoko e della signora Kasahara. Noi tutti abbiamo ascoltato rapiti – ve ne sarete accorti – il suono caldo e la grande pienezza di timbri del violoncello. La musica è espressione dello spirito, di un luogo interiore della persona, creato per tutto ciò che è vero, buono e bello. Non è un caso che spesso la musica accompagni la nostra preghiera. Essa fa risuonare i nostri sensi e il nostro animo quando, nella preghiera, incontriamo Dio.

Oggi, nella liturgia, facciamo memoria di Santa Chiara. In un inno alla Santa si legge: «Dalla chiarezza di Dio hai ricevuto la luce. Tu le hai dato spazio, essa è cresciuta in te, e si è diffusa nel mondo; rischiara i nostri cuori».

E’ questo l’atteggiamento di fondo che ricolma l’uomo e gli dona la pace: l’apertura alla claritas divina, la splendente bellezza e forza vitale del Creatore, che ci anima e ci fa superare noi stessi. Oggi abbiamo incontrato questa claritas in modo meraviglioso, ed essa ci ha illuminati. Così è soltanto una conseguenza che gli artisti, partendo dalla loro profonda esperienza della bellezza, si impegnino per il bene e offrano a loro volta aiuto e sostegno ai bisognosi. Essi trasmettono il bene che hanno ricevuto in dono, e questo si diffonde nel mondo. E così cresce l’essere umano, diventa trasparente e consapevole della presenza e dell’agire del suo Creatore. Sicuramente, questo ce lo potranno confermare il signor Beckmann e tutti coloro che insieme a lui sono impegnati nell’opera caritativa «Gemeinsam gegen die Kälte» [«Insieme contro il freddo»]. Abbiamo compreso che questo «Gemeinsam gegen die Kälte» non risponde ad uno scopo che è imposto dall’esterno, ma viene dal profondo, da questa musica che supera il freddo che è dentro di noi e apre il cuore. A voi tutti auguro di cuore il successo nel vostro impegno musicale per molti anni, insieme all’abbondante Benedizione di Dio per il vostro impegno caritativo. A tutti gli interpreti ancora un grazie di cuore per questa bella serata. Poniamo tutto sotto la Benedizione di Dio! Imparto a voi tutti la mia Benedizione Apostolica:

Grazie di cuore! Buona notte.



AI NUOVI VESCOVI DEI TERRITORI DI MISSIONE, Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, Sala degli Svizzeri Venerdì, 7 settembre 2012

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PARTECIPANTI AL CORSO PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

Cari Fratelli,

sono lieto di incontrami con voi, riuniti a Roma per il corso di formazione dei Vescovi di recente nomina, promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Saluto cordialmente il Cardinale Fernando Filoni, Prefetto del Dicastero, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto anche a nome vostro. Saluto Mons. Savio Hon Tai-Fai e Mons. Protase Rugambwa, Segretario e Segretario Aggiunto della Congregazione; a loro e a quanti contribuiscono alla buona riuscita del Seminario esprimo la mia riconoscenza. Questo corso si svolge in prossimità dell’Anno della fede, un dono prezioso del Signore alla sua Chiesa per aiutare i battezzati a prendere coscienza della propria fede e a comunicarla a quanti non ne hanno ancora sperimentato la bellezza.

Le comunità di cui siete Pastori in Africa, Asia, America Latina ed Oceania, pur in situazioni differenti, sono tutte impegnate nella prima evangelizzazione e nell’opera di consolidamento della fede. Di esse percepite le gioie e le speranze, come pure le ferite e le preoccupazioni, similmente all’apostolo Paolo, che scriveva: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (
Col 1,24). E aggiungeva: «Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza» (v. 29). Nel vostro cuore sia sempre salda la fiducia nel Signore; la Chiesa è sua, ed è Lui che la guida sia nei momenti difficili, che di serenità. Le vostre comunità sono quasi tutte di recente fondazione, e presentano i pregi e le debolezze legati alla loro breve storia. Mostrano una fede partecipata e gioiosa, vivace e creativa, ma spesso non ancora radicata. In esse l’entusiasmo e lo zelo apostolico si alternano a momenti di instabilità e incoerenza. Emergono qua e là frizioni ed abbandoni. Tuttavia, sono Chiese che vanno maturando grazie all’azione pastorale, ma anche al dono di quella communio sanctorum, che consente una vera e propria osmosi di grazia tra le Chiese di antica tradizione e quelle di recente costituzione, oltre che, prima ancora, tra la Chiesa celeste e quella pellegrinante. Da qualche tempo si registra una diminuzione dei missionari, bilanciata, però, dall’aumento del clero diocesano e religioso. La crescita numerica di sacerdoti autoctoni produce pure una nuova forma di cooperazione missionaria: alcune giovani Chiese hanno iniziato ad inviare propri presbiteri a Chiese sorelle sprovviste di clero nel medesimo Paese o in nazioni dello stesso Continente; è una comunione che deve animare sempre l’azione evangelizzatrice.

Le giovani Chiese costituiscono, dunque, un segno di speranza per il futuro della Chiesa universale. In tale contesto, cari Fratelli, vi incoraggio a non risparmiare forza e coraggio per una solerte opera pastorale, memori del dono di grazia che è stato seminato in voi nell’ordinazione episcopale, e che si può riassumere nei tria munera di insegnare, santificare e governare. Abbiate a cuore la missio ad gentes, l’inculturazione della fede, la formazione dei candidati al sacerdozio, la cura del clero diocesano, dei religiosi, delle religiose e dei laici. La Chiesa nasce dalla missione e cresce con la missione. Fate vostro l’appello interiore dell’Apostolo delle genti: «Caritas Christi urget nos» (2Co 5,14). Una corretta inculturazione della fede vi aiuti ad incarnare il Vangelo nelle culture dei popoli e ad assumere ciò che di buono vive in esse. Si tratta di un processo lungo e difficile che non deve in alcun modo compromettere la specificità e l'integrità della fede cristiana (cfr Enc. Redemptoris missio RMi 52). La missione richiede Pastori configurati a Cristo per santità di vita, prudenti e lungimiranti, pronti a spendersi generosamente per il Vangelo e a portare nel cuore la sollecitudine per tutte le Chiese.

Vigilate sul gregge, avendo un’attenzione specifica per i sacerdoti. Guidateli con l’esempio, vivete in comunione con loro, siate disponibili ad ascoltarli e ad accoglierli con paterna benevolenza, valorizzando le loro diverse capacità. Impegnatevi ad assicurare ai vostri sacerdoti specifici e periodici incontri di formazione. Fate sì che l’Eucaristia sia sempre il cuore della loro esistenza e la ragion d’essere del loro ministero. Abbiate sul mondo di oggi uno sguardo di fede, per comprenderlo in profondità, ed un cuore generoso, pronto ad entrare in comunione con le donne e gli uomini del nostro tempo. Non mancate alla vostra prima responsabilità di uomini di Dio, chiamati alla preghiera e al servizio della sua Parola a vantaggio del gregge. Si possa dire anche di voi quanto il sacerdote Onia affermò del profeta Geremia: «Questi è l’amico dei suoi fratelli, che prega molto per il popolo e per la città santa» (2M 15,14). Tenete lo sguardo fisso su Gesù, il Pastore dei pastori: il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. Solo così la Parola di salvezza porterà frutto (cfr Discorso al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, 15 ottobre 2011).

Cari Fratelli, le vostre Chiese conoscono bene il contesto di instabilità che incide in modo preoccupante sulla vita quotidiana della gente. Le emergenze alimentari, sanitarie ed educative interrogano le comunità ecclesiali e le coinvolgono in modo diretto. Anzi, la loro attenzione e la loro opera sono apprezzate e lodate. Alle calamità naturali si aggiungono discriminazioni culturali e religiose, intolleranze e faziosità, frutto di fondamentalismi che rivelano visioni antropologiche errate e che conducono a sottovalutare, se non a disconoscere, il diritto alla libertà religiosa, il rispetto dei più deboli, soprattutto dei bambini, delle donne e dei portatori di handicap. Pesano, infine, riaffioranti contrasti tra le etnie e le caste, che causano violenze ingiustificabili. Date fiducia al Vangelo, alla sua forza rinnovatrice, alla sua capacità di risvegliare le coscienze e di provocare dall’interno il riscatto delle persone e la creazione di una nuova fraternità. La diffusione della Parola del Signore fa fiorire il dono della riconciliazione e favorisce l’unità dei popoli.

Nel Messaggio per la prossima Giornata Missionaria Mondiale ho voluto ricordare che la fede è un dono da accogliere nel cuore e nella vita, e di cui ringraziare sempre il Signore. Ma la fede è data perché sia condivisa; un talento consegnato perché porti frutto; una luce cui non è concesso di rimanere nascosta. La fede è il dono più importante che ci è stato fatto nella vita: non possiamo tenerlo solo per noi! «Tutti… hanno il diritto di conoscere il valore di tale dono e di accedervi», dice Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio (n. 11). Il Servo di Dio Paolo VI, riaffermando la priorità dell’evangelizzazione, affermava: «Gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80). Tale interrogativo risuoni nel nostro cuore come appello a sentire l’assoluta priorità del compito dell’evangelizzazione. Cari Fratelli, affido voi e le vostre Comunità a Maria Santissima, prima discepola del Signore e prima evangelizzatrice, avendo dato al mondo il Verbo di Dio fatto carne. Lei, la Stella dell’evangelizzazione, orienti sempre i vostri passi. In questo senso vi imparto la Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI AL 23° CONGRESSO MARIOLOGICO MARIANO INTERNAZIONALE Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Sabato, 8 settembre 2012

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Cari fratelli e sorelle,

con grande gioia accolgo tutti voi qui a Castel Gandolfo, quasi a conclusione del XXIII Congresso Mariologico Mariano Internazionale. Molto opportunamente state riflettendo sul tema: «La mariologia a partire dal Concilio Vaticano II. Ricezione, bilancio e prospettive», dato che ci accingiamo a ricordare e celebrare il 50° anniversario dell’inizio della grande Assise, apertasi l’11 ottobre 1962.

Saluto cordialmente il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Presidente del Congresso; il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie, come pure il Presidente e le Autorità Accademiche della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, a cui va la mia gratitudine per l’organizzazione di questo importante evento. Un saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai Presidenti e ai rappresentanti delle Società mariologiche presenti, agli studiosi di mariologia e, infine, a tutti coloro che partecipano ai lavori del Congresso.

Il Beato Giovanni XXIII volle che il Concilio Ecumenico Vaticano II si aprisse proprio l’11 ottobre, nello stesso giorno in cui, nel 431, il Concilio di Efeso aveva proclamato Maria «Theotokos», Madre di Dio (cfr AAS 54, 1962, 67-68). In tale circostanza egli iniziò il suo discorso con parole significative e programmatiche: «Gaudet Mater Ecclesia quod, singulari Divinae providentiae munere, optatissimus iam dies illuxit, quo, auspice Deipara Virgine, cuius materna dignitas hodie festo ritu recolitur, hic ad Beati Petri sepulchrum Concilium Oecumenicum Vaticanum Secundum sollemniter initium capit». [trad. it: «La Madre Chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della divina Provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale, auspice la Vergine Madre di Dio, di cui oggi si celebra con gioia la dignità materna, qui, presso il sepolcro di san Pietro, inizia solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II»].

Come sapete, il prossimo 11 ottobre, per ricordare quello straordinario avvenimento, si aprirà solennemente l’Anno della fede, che ho voluto indire con il Motu proprio Porta fidei, in cui, presentando Maria come modello esemplare di fede, invoco la Sua speciale protezione e intercessione sul cammino della Chiesa, affidando a Lei, beata perché ha creduto, questo tempo di grazia. Anche oggi, cari fratelli e sorelle, la Chiesa gioisce nella celebrazione liturgica della Natività della Beata Vergine Maria, la Tutta Santa, aurora della nostra salvezza.

Il senso di questa festa mariana ci viene ricordato da sant’Andrea di Creta, vissuto tra il VII e l’VIII secolo, in una sua famosa Omelia per la Festa della Natività di Maria, in cui l’evento viene presentato come un tassello prezioso dello straordinario mosaico che è il disegno divino di salvezza dell’umanità: «Il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell’uomo assunto dal Verbo, rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana. La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci viene elargito. La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio» (Discorso I: ). Questa importante e antica testimonianza ci porta al cuore della tematica su cui riflettete e che il Concilio Vaticano II volle sottolineare già nel titolo del Capitolo VIII della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium: «La Beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa». Si tratta del «nexus mysteriorum», dell’intimo collegamento tra i misteri della fede cristiana, che il Concilio ha indicato come orizzonte per comprendere i singoli elementi e le diverse affermazioni del patrimonio della fede cattolica.

Nel Concilio, a cui presi parte da giovane teologo come esperto, ebbi modo di vedere i vari modi di affrontare le tematiche circa la figura e il ruolo della Beata Vergine Maria nella storia della salvezza. Nella seconda sessione del Concilio un nutrito gruppo di Padri chiese che della Madonna si trattasse in seno alla Costituzione sulla Chiesa, mentre un altrettanto numeroso gruppo sostenne la necessità di un documento specifico che mettesse adeguatamente in luce la dignità, i privilegi e il singolare ruolo di Maria nella redenzione operata da Cristo. Con la votazione del 29 ottobre 1963 si decise di optare per la prima proposta e lo schema della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa fu arricchito con il capitolo sulla Madre di Dio, nel quale la figura di Maria, riletta e riproposta a partire dalla Parola di Dio, dai testi della tradizione patristica e liturgica, oltre che dalla ampia riflessione teologica e spirituale, appare in tutta la sua bellezza e singolarità e strettamente inserita nei misteri fondamentali della fede cristiana. Maria, di cui è sottolineata innanzitutto la fede, è compresa nel mistero di amore e di comunione della SS. Trinità; la sua cooperazione al piano divino della salvezza e all’unica mediazione di Cristo è chiaramente affermata e posta nel giusto rilievo, facendone così un modello e un punto di riferimento per la Chiesa, che in Lei riconosce se stessa, la propria vocazione e la propria missione. La pietà popolare, da sempre rivolta a Maria, risulta infine nutrita dai riferimenti biblici e patristici. Certo, il testo conciliare non ha esaurito tutte le problematiche relative alla figura della Madre di Dio, ma costituisce l’orizzonte ermeneutico essenziale per ogni ulteriore riflessione, sia di carattere teologico, sia di carattere più prettamente spirituale e pastorale. Rappresenta, inoltre, un prezioso punto di equilibrio, sempre necessario, tra la razionalità teologica e l’affettività credente. La singolare figura della Madre di Dio deve essere colta e approfondita da prospettive diverse e complementari: mentre rimane sempre valida e necessaria la via veritatis, non si può non percorrere anche la via pulchritudinis e la via amoris per scoprire e contemplare ancor più profondamente la fede cristallina e solida di Maria, il suo amore per Dio, la sua speranza incrollabile. Per questo, nell’Esortazione apostolica Verbum Domini, ho rivolto un invito a proseguire sulla linea dettata dal Concilio (cfr n. 27), invito che rivolgo cordialmente a voi, cari amici e studiosi. Offrite il vostro competente contributo di riflessione e di proposta pastorale, per far sì che l’imminente Anno della Fede possa rappresentare per tutti i credenti in Cristo un vero momento di grazia, in cui la fede di Maria ci preceda e ci accompagni come faro luminoso e come modello di pienezza e maturità cristiana a cui guardare con fiducia e da cui attingere entusiasmo e gioia per vivere con sempre maggiore impegno e coerenza la nostra vocazione di figli di Dio, fratelli in Cristo, membra vive del suo Corpo che è la Chiesa.

Affido tutti voi e il vostro impegno di ricerca alla materna protezione di Maria e vi imparto una particolare Benedizione Apostolica. Grazie.





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