Benedetto XVI Omelie 20408


MEMORIA DEI TESTIMONI DELLA FEDE DEL XX E XXI SECOLO - LITURGIA DELLA PAROLA

Basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina, Lunedì, 7 aprile 2008

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Cari fratelli e sorelle,

questo nostro incontro nell’antica basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina possiamo considerarlo come un pellegrinaggio alla memoria dei martiri del XX secolo, innumerevoli uomini e donne, noti e ignoti che, nell’arco del Novecento, hanno versato il loro sangue per il Signore. Un pellegrinaggio guidato dalla Parola di Dio che, come lampada per i nostri passi, luce sul nostro cammino (cfr
Ps 119,105), rischiara con la sua luce la vita di ogni credente. Dal mio amato Predecessore Giovanni Paolo II questo tempio fu appositamente destinato ad essere luogo della memoria dei martiri del 900 e da lui affidato alla Comunità di Sant’Egidio, che quest’anno rende grazie al Signore per il quarantesimo anniversario dei suoi inizi. Saluto con affetto i Signori Cardinali e i Vescovi che hanno voluto partecipare a questa liturgia. Saluto il Prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto; saluto il Prof. Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità, l’Assistente, Mons. Matteo Zuppi, nonché Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia.

In questo luogo carico di memorie ci chiediamo: perché questi nostri fratelli martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile della vita? Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi minacce e intimidazioni? In questa basilica, dove sono custodite le reliquie dell’apostolo Bartolomeo e dove si venerano le spoglie di S. Adalberto, sentiamo risuonare l’eloquente testimonianza di quanti, non soltanto lungo il 900, ma dagli inizi della Chiesa vivendo l’amore hanno offerto nel martirio la loro vita a Cristo. Nell’icona posta sull’altare maggiore, che rappresenta alcuni di questi testimoni della fede, campeggiano le parole dell’Apocalisse: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione” (Ap 7,13). Al vegliardo che chiede chi siano e donde vengano coloro che sono vestiti di bianco, viene risposto che sono quanti “hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7,14). E’ una risposta a prima vista strana. Ma nel linguaggio cifrato del Veggente di Patmos ciò contiene un riferimento preciso alla candida fiamma dell’amore, che ha spinto Cristo a versare il suo sangue per noi. In virtù di quel sangue, siamo stati purificati. Sorretti da quella fiamma anche i martiri hanno versato il loro sangue e si sono purificati nell’amore: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di sacrificarsi a loro volta per amore. Gesù ha detto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Jn 15,13). Ogni testimone della fede vive questo amore “più grande” e, sull’esempio del divino Maestro, è pronto a sacrificare la vita per il Regno. In questo modo si diventa amici di Cristo; così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede.

Facendo sosta presso i sei altari, che ricordano i cristiani caduti sotto la violenza totalitaria del comunismo, del nazismo, quelli uccisi in America, in Asia e Oceania, in Spagna e Messico, in Africa, ripercorriamo idealmente molte dolorose vicende del secolo passato. Tanti sono caduti mentre compivano la missione evangelizzatrice della Chiesa: il loro sangue si è mescolato con quello di cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede. Altri, spesso in condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro affidati, non temendo minacce e pericoli. Sono Vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, fedeli laici. Sono tanti! Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella celebrazione ecumenica giubilare per i nuovi martiri, tenutasi il 7 maggio del 2000 presso il Colosseo, ebbe a dire che questi nostri fratelli e sorelle nella fede costituiscono come un grande affresco dell’umanità cristiana del ventesimo secolo, un affresco delle Beatitudini, vissuto sino allo spargimento di sangue. Ed era solito ripetere che la testimonianza di Cristo sino all’effusione del sangue parla con voce più forte delle divisioni del passato.

E’ vero: apparentemente sembra che la violenza, i totalitarismi, la persecuzione, la brutalità cieca si rivelino più forti, mettendo a tacere la voce dei testimoni della fede, che possono umanamente apparire come sconfitti della storia. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così il senso del martirio. Afferma in proposito Tertulliano: “Plures efficimur quoties metimur a vobis: sanguis martyrumsemen christianorum – Noi ci moltiplichiamo ogni volta che siamo mietuti da voi: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani” (Apol., 50,13: CCL 1,171). Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce: “Quando sono debole – esclama l’apostolo Paolo -, è allora che sono forte” (2Co 12,10). E’ la forza dell’amore, inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e vince la morte.

Anche questo XXI secolo si è aperto nel segno del martirio. Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni; come Lui sono “segno di contraddizione”. La convivenza fraterna, l’amore, la fede, le scelte in favore dei più piccoli e poveri, che segnano l’esistenza della Comunità cristiana, suscitano talvolta un’avversione violenta. Quanto utile è allora guardare alla luminosa testimonianza di chi ci ha preceduto nel segno di una fedeltà eroica sino al martirio! E in questa antica basilica, grazie alla cura della Comunità di Sant’Egidio, è custodita e venerata la memoria di tanti testimoni della fede, caduti in tempi recenti. Cari amici della Comunità di Sant’Egidio, guardando a questi eroi della fede, sforzatevi anche voi di imitarne il coraggio e la perseveranza nel servire il Vangelo, specialmente tra i poveri. Siate costruttori di pace e di riconciliazione fra quanti sono nemici o si combattono. Nutrite la vostra fede con l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, con la preghiera quotidiana, con l’attiva partecipazione alla Santa Messa. L’autentica amicizia con Cristo sarà la fonte del vostro amore scambievole. Sostenuti dal suo Spirito, potrete contribuire a costruire un mondo più fraterno. La Vergine Santa, Regina dei Martiri, vi sostenga ed aiuti ad essere autentici testimoni di Cristo.

Amen!


VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D'AMERICA

E VISITA ALLA SEDE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE


SANTA MESSA

Nationals Stadium di Washington, D.C., Giovedì, 17 aprile 2008

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Cari fratelli e sorelle in Cristo,

“Pace a voi!” (
Jn 20,19). Con queste parole, le prime rivolte dal Signore risorto ai suoi discepoli, saluto tutti voi nella gioia di questo tempo pasquale. Prima di tutto, ringrazio Iddio per la grazia di essere in mezzo a voi. Sono particolarmente riconoscente all’Arcivescovo Wuerl per le sue gentili parole di benvenuto.

La nostra Santa Messa di oggi riconduce la Chiesa che è negli Stati Uniti alle sue radici nel vicino Maryland e ricorda il 200o anniversario del primo capitolo della sua considerevole crescita – lo smembramento ad opera del mio Predecessore, Papa Pio VII, della Diocesi originaria di Baltimore e l’instaurazione delle Diocesi di Boston, Bardstown (ora Louisville), New York e Philadelphia. Duecento anni dopo, la Chiesa in America con buona ragione può lodare la capacità delle generazioni passate di congiungere gruppi di immigranti molto diversi nell’unità della fede cattolica ed in un comune impegno per la diffusione del Vangelo. Allo stesso tempo, la Comunità cattolica in questo Paese, consapevole della sua ricca molteplicità, è giunta ad apprezzare sempre più pienamente l’importanza di ogni singolo e gruppo nel portare il proprio dono particolare all’insieme. Ora la Chiesa negli Stati Uniti è chiamata a guardare verso il futuro, saldamente radicata nella fede trasmessa dalle generazioni precedenti e pronta ad affrontare nuove sfide – sfide non meno esigenti di quelle affrontate dai vostri antenati – con la speranza che nasce dall’amore di Dio riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5).

Nell’esercizio del mio ministero di Successore di Pietro sono venuto in America per confermare voi, cari fratelli e sorelle, nella fede degli Apostoli (cfr Lc 22,32). Sono venuto per proclamare nuovamente, come san Pietro proclamò nel giorno di Pentecoste, che Gesù Cristo è Signore e Messia, risuscitato da morte, seduto alla destra del Padre nella gloria e costituito giudice dei vivi e dei morti (cfr Ac 2,14ss). Sono venuto per ripetere l’urgente esortazione degli Apostoli alla conversione per il perdono dei peccati e per implorare dal Signore una nuova effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa in questo Paese. Come abbiamo sentito in questo tempo pasquale, la Chiesa è nata mediante il pentimento e la fede nel Signore risorto - doni dati dallo Spirito. In ogni epoca essa è spinta dallo stesso Spirito a portare a uomini e donne di ogni razza, lingua e popolo (cfr Ap 5,9) la buona novella della nostra riconciliazione con Dio in Cristo.

Le letture della Messa di oggi ci invitano a considerare la crescita della Chiesa in America come un capitolo nella storia più grande dell’espansione della Chiesa in seguito alla discesa dello Spirito Santo a Pentecoste. In queste letture vediamo il legame inscindibile tra il Signore risorto, il dono dello Spirito per il perdono dei peccati e il mistero della Chiesa. Cristo ha costituito la sua Chiesa sul fondamento degli Apostoli (cfr Ap 21,14) quale visibile comunità strutturata, che è insieme comunione spirituale, corpo mistico animato dai molteplici doni dello Spirito e sacramento di salvezza per l’umanità intera (cfr Lumen gentium LG 8). In ogni tempo e luogo la Chiesa è chiamata a crescere nell’unità mediante una costante conversione verso Cristo, la cui opera redentrice viene proclamata dai Successori degli Apostoli e celebrata nei sacramenti. Questa unità, d’altra parte, comporta un’espansione continua, perché lo Spirito sprona i credenti a proclamare “le grandi opere di Dio” e ad invitare tutte le genti ad entrare nella comunità di quanti sono salvati mediante il sangue di Cristo e hanno ricevuto la nuova vita nel suo Spirito.

Prego, poi, affinché questo anniversario significativo nella vita della Chiesa negli Stati Uniti e la presenza del Successore di Pietro in mezzo a voi siano per tutti i cattolici un’occasione per riaffermare la loro unità nella fede apostolica, per offrire ai loro contemporanei una ragione convincente della speranza che li ispira (cfr 1P 3,15) e per essere rinnovati nello zelo missionario a servizio dell’espansione del Regno di Dio.

Il mondo ha bisogno della testimonianza! Chi può negare che il momento presente costituisca una svolta non solo per la Chiesa in America, ma anche per la società nel suo insieme? È un tempo pieno di grandi promesse, poiché vediamo la famiglia umana in vari modi avvicinarsi di più diventando sempre più interdipendente. Allo stesso tempo, tuttavia, vediamo segni evidenti di un crollo preoccupante negli stessi fondamenti della società: segni di alienazione, rabbia e contrapposizione in molti nostri contemporanei; crescente violenza, indebolimento del senso morale, involgarimento nelle relazioni sociali e accresciuta dimenticanza di Cristo e di Dio. Anche la Chiesa vede segni di immense promesse nelle tante sue parrocchie solide e nei movimenti vivaci, nell’entusiasmo per la fede dimostrato da tanti giovani, nel numero di coloro che ogni anno abbracciano la fede cattolica e in un interesse sempre più grande per la preghiera e per la catechesi. Allo stesso tempo essa percepisce, in modo spesso doloroso, la presenza di divisione e polarizzazione al suo interno, e fa pure la sconcertante scoperta che tanti battezzati, invece di agire come lievito spirituale nel mondo, sono inclini ad abbracciare atteggiamenti contrari alla verità del Vangelo.

“Signore, manda il tuo Spirito e rinnova la faccia della terra!” (cfr Ps 104,30). Le parole dell’odierno Salmo responsoriale sono una preghiera che, in ogni tempo e luogo, sale dal cuore della Chiesa. Ricordano a noi che lo Spirito Santo è stato effuso come primizia di una nuova creazione, di “nuovi cieli e una nuova terra” (cfr 2P 3,13 Ap 21,1), in cui regnerà la pace di Dio e la famiglia umana sarà riconciliata nella giustizia e nell’amore. Abbiamo sentito san Paolo dirci che tutta la creazione “geme” fino ad oggi, aspettando quella vera libertà, che è il dono di Dio per i suoi figli (cfr Rm 8,21-22), una libertà che ci mette in grado di vivere in conformità con la sua volontà. Preghiamo oggi insistentemente, perché la Chiesa in America sia rinnovata in questo stesso Spirito e sostenuta nella sua missione di annunciare il Vangelo a un mondo che ha nostalgia di una libertà genuina (cfr Jn 8,32), di una felicità autentica e del compiersi delle sue aspirazioni più profonde!

Desidero a questo punto rivolgere una parola particolare di gratitudine e di incoraggiamento a tutti coloro che hanno raccolto la sfida del Concilio Vaticano II, ripetuta tante volte da Papa Giovanni Paolo II, e hanno dedicato la loro vita alla nuova evangelizzazione. Ringrazio i miei confratelli Vescovi, sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose, genitori, insegnanti e catechisti. La fedeltà e il coraggio, con cui la Chiesa in questo Paese riuscirà ad affrontare le sfide di una cultura sempre più secolarizzata e materialistica dipenderà in gran parte dalla vostra fedeltà personale nel trasmettere il tesoro della nostra fede cattolica. I giovani hanno bisogno di essere aiutati nel discernere la via che conduce alla vera libertà: la via di una sincera e generosa imitazione di Cristo, la via della dedizione alla giustizia e alla pace. Sono stati fatti molti progressi nello sviluppo di programmi solidi per la catechesi, ma molto di più rimane ancora da fare per formare i cuori e le menti dei giovani nella conoscenza e nell’amore del Signore. Le sfide che ci vengono incontro richiedono un’istruzione ampia e sana nella verità della fede. Ma richiedono anche di coltivare un modo di pensare, una “cultura” intellettuale che sia genuinamente cattolica, fiduciosa nell’armonia profonda tra fede e ragione, e preparata a portare la ricchezza della visione della fede a contatto con le questioni urgenti che riguardano il futuro della società americana.

Cari amici, la mia visita negli Stati Uniti intende essere una testimonianza a “Cristo nostra speranza”. Gli americani sono sempre stati un popolo della speranza: i vostri antenati sono venuti in questo Paese con l’aspettativa di trovare una nuova libertà e nuove opportunità, mentre la vastità del territorio inesplorato ispirava loro la speranza di essere capaci di cominciare completamente da capo creando una nuova nazione su nuovi fondamenti. Certo, questa attesa non è stata l’esperienza di tutti gli abitanti di questo Paese; basti pensare alle ingiustizie sofferte dalle native popolazioni americane e da quanti dall’Africa furono portati qui forzatamente come schiavi. Ma la speranza, la speranza nel futuro fa profondamente parte del carattere americano. E la virtù cristiana della speranza – la speranza riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, la speranza che purifica e corregge in modo soprannaturale le nostre aspirazioni orientandole verso il Signore e il suo piano di salvezza – questa speranza ha anche caratterizzato, e continua a caratterizzare, la vita della comunità cattolica in questo Paese.

È nel contesto di questa speranza nata dall’amore e dalla fedeltà di Dio che io prendo atto del dolore che la Chiesa in America ha provato come conseguenza dell’abuso sessuale di minorenni. Nessuna mia parola potrebbe descrivere il dolore ed il danno recati da tale abuso. È importante che a quanti hanno sofferto sia riservata un’amorevole attenzione pastorale. Né posso descrivere in modo adeguato il danno verificatosi all’interno della comunità della Chiesa. Sono già stati fatti grandi sforzi per affrontare in modo onesto e giusto questa tragica situazione e per assicurare che i bambini – che il nostro Signore ama così profondamente (cfr Mc 10,14) e che sono il nostro tesoro più grande – possano crescere in un ambiente sicuro. Queste premure per proteggere i bambini devono continuare. Ieri ho parlato con i vostri Vescovi di questa cosa. Oggi incoraggio ognuno di voi a fare quanto gli è possibile per promuovere il risanamento e la riconciliazione e per aiutare quanti sono stati feriti. Inoltre vi chiedo di amare i vostri sacerdoti e di confermarli nel lavoro eccellente che fanno. E soprattutto pregate affinché lo Spirito Santo effonda i suoi doni sulla Chiesa, i doni che conducono alla conversione, al perdono e alla crescita nella santità.

San Paolo, come abbiamo sentito nella seconda lettura, parla di una specie di preghiera che sale dalle profondità dei nostri cuori con sospiri troppo profondi per essere espressi in parole, con “gemiti” (Rm 8,26) suggeriti dallo Spirito. È questa una preghiera che anela, nel mezzo del castigo, al compiersi delle promesse di Dio. È una preghiera d’inesauribile speranza, ma anche di paziente perseveranza e, non di rado, accompagnata dalla sofferenza per la verità. Mediante questa preghiera partecipiamo al mistero della stessa debolezza e sofferenza di Cristo, mentre confidiamo fermamente nella vittoria della sua Croce. Che la Chiesa in America, con questa preghiera, abbracci sempre di più la via della conversione e della fedeltà alle esigenze del Vangelo! E che tutti i cattolici sperimentino la consolazione della speranza e i doni di gioia e forza elargiti dallo Spirito.

Nel brano evangelico di oggi il Signore risorto fa agli Apostoli il dono dello Spirito Santo e concede loro l’autorità di perdonare i peccati. Mediante l’invincibile potere della grazia di Cristo, affidato a fragili ministri umani, la Chiesa rinasce continuamente e a ciascuno di noi viene data la speranza di un nuovo inizio. Confidiamo nel potere dello Spirito di ispirare conversione, di risanare ogni ferita, di superare ogni divisione e di suscitare vita e libertà nuove! Quanto bisogno abbiamo di tali doni! E quanto sono a portata di mano, particolarmente nel Sacramento della penitenza! La forza liberatrice di questo Sacramento, nel quale la nostra sincera confessione del peccato incontra la parola misericordiosa di perdono e di pace da parte di Dio, ha bisogno di essere riscoperta e fatta propria da ogni cattolico. In gran parte il rinnovamento della Chiesa in America e nel mondo dipende dal rinnovamento della prassi della penitenza e dalla crescita nella santità: ambedue vengono ispirate e realizzate da questo Sacramento.

“Nella speranza noi siamo stati salvati!” (Rm 8,24). Mentre la Chiesa negli Stati Uniti ringrazia per le benedizioni dei duecento anni passati, invito voi, le vostre famiglie e ogni parrocchia e comunità religiosa a confidare nel potere della grazia di creare un futuro promettente per il Popolo di Dio in questo Paese. Nel nome del Signore Gesù vi chiedo di sopprimere ogni divisione e di lavorare con gioia per preparare una via per Lui, nella fedeltà alla sua parola e nella costante conversione alla sua volontà. Soprattutto vi incito a continuare ad essere un lievito di speranza evangelica nella società americana, mirando a portare la luce e la verità del Vangelo nel compito di creare un mondo sempre più giusto e libero per le generazioni future.

Chi ha speranza deve vivere diversamente! (cfr Spe Salvi, ). Che voi possiate, mediante le vostre preghiere, mediante la testimonianza della vostra fede, mediante la fecondità della vostra carità, indicare la via verso quel vasto orizzonte di speranza che Dio anche adesso sta aprendo per la sua Chiesa, anzi per l’umanità intera: la visione di un mondo riconciliato e rinnovato in Gesù Cristo, nostro Salvatore. A Lui ogni onore e gloria, ora e sempre. Amen!
***


Cari fratelli e sorelle di lingua spagnola:

desidero salutarvi con le stesse parole che il Cristo risorto rivolse agli apostoli: “Pace a voi!” (Jn 20,19). Che la gioia di sapere che il Signore ha trionfato sulla morte e sul peccato vi aiuti ad essere, là dove vi trovate, testimoni del suo amore e seminatori di quella speranza che Egli è venuto a portarci e che mai delude. Non lasciatevi vincere dal pessimismo, l’inerzia o i problemi. Innanzitutto, fedeli agli impegni assunti nel battesimo, approfondite ogni giorno la conoscenza di Cristo e lasciate che il vostro cuore sia conquistato dal suo amore e dal suo perdono.

La Chiesa negli Stati Uniti, accogliendo nel suo grembo tanti suoi figli emigranti, è andata crescendo grazie anche alla vitalità della testimonianza di fede dei fedeli di lingua spagnola. Per questo il Signore vi chiama a perseverare nel contribuire al futuro della Chiesa in questo Paese e alla diffusione del Vangelo. Solo se rimarrete uniti a Cristo e tra di voi, la vostra testimonianza evangelizzatrice sarà credibile e si esprimerà in copiosi frutti di pace e di riconciliazione in mezzo a un mondo molte volte segnato da divisioni e scontri. La Chiesa attende molto da voi. Non la deludete nel vostro generoso impegno. “Ciò che avete ricevuto gratuitamente, gratuitamente donatelo! (Mt 10,8). Amen!



MESSA VOTIVA PER LA CHIESA UNIVERSALE

Cattedrale di Saint Patrick, New York, Sabato, 19 aprile 2008

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Cari fratelli e sorelle in Cristo,

con grande affetto nel Signore saluto tutti voi che rappresentate i Vescovi, i sacerdoti e i diaconi, gli uomini e le donne di vita consacrata e i seminaristi degli Stati Uniti. Ringrazio il Cardinale Egan per il cordiale benvenuto e per gli auguri che ha espresso in vostro nome per questo inizio del quarto anno del mio Pontificato. Sono lieto di celebrare questa Messa con voi che siete stati scelti dal Signore, che avete risposto alla sua chiamata e che dedicate la vostra vita alla ricerca della santità, alla diffusione del Vangelo e all’edificazione della Chiesa nella fede, nella speranza e nell’amore.

Raccolti in questa cattedrale storica, come non pensare agli innumerevoli uomini e donne che ci hanno preceduti, che hanno lavorato per la crescita della Chiesa negli Stati Uniti, lasciandoci un patrimonio durevole di fede e di buone opere? Nella prima lettura di oggi abbiamo visto come gli Apostoli, nella forza dello Spirito Santo, uscirono dalla sala al piano superiore per annunziare le grandi opere di Dio a persone di ogni nazione e lingua. In questo Paese la missione della Chiesa ha sempre comportato un attrarre la gente “di ogni nazione che è sotto il cielo” (
Ac 2,5) entro un’unità spirituale arricchendo il Corpo di Cristo con la molteplicità dei loro doni. Mentre ringraziamo per queste preziose benedizioni del passato e consideriamo le sfide del futuro, vogliamo implorare da Dio la grazia di una nuova Pentecoste per la Chiesa in America. Possano discendere su tutti i presenti lingue come di fuoco, fondendo l’amore ardente per Dio e il prossimo con lo zelo per la propagazione del Regno di Dio!

Nella seconda lettura di questa mattina, san Paolo ci ricorda che l’unità spirituale – quell’unità che riconcilia ed arricchisce la diversità – ha la sua origine e il suo modello supremo nella vita del Dio uno e trino. Come comunione di amore puro e libertà infinita, la Santissima Trinità fa nascere incessantemente vita nuova nell’opera di creazione e redenzione. La Chiesa come “popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (cfr Lumen gentium LG 4) è chiamata a proclamare il dono della vita, a proteggere la vita e a promuovere una cultura della vita. Qui, in questa cattedrale, il nostro pensiero va naturalmente alla testimonianza eroica per il Vangelo della vita offerta dai defunti Cardinali Cooke ed O’Connor. La proclamazione della vita, della vita in abbondanza, deve essere il cuore della nuova evangelizzazione. Poiché la vera vita – la nostra salvezza – può essere trovata solo nella riconciliazione, nella libertà e nell’amore che sono doni gratuiti di Dio.

È questo il messaggio di speranza che siamo chiamati ad annunziare e ad incarnare in un mondo in cui egocentrismo, avidità, violenza e cinismo così spesso sembrano soffocare la fragile crescita della grazia nel cuore della gente. Sant’Ireneo con grande penetrazione ha capito che l’esortazione di Mosè al popolo d’Israele: “Scegli la vita!” (Dt 30,19) era la ragione più profonda per la nostra obbedienza a tutti i comandamenti di Dio (cfr Adv. Haer. IV, 16, 2-5). Forse abbiamo perso di vista che in una società in cui la Chiesa a molti sembra essere legalista ed “istituzionale”, la nostra sfida più urgente è di comunicare la gioia che nasce dalla fede e l’esperienza dell’amore di Dio.

Sono particolarmente lieto che ci siamo radunati nella cattedrale di san Patrizio. Forse più di ogni altra chiesa negli Stati Uniti, questo luogo è conosciuto ed amato come “una casa di preghiera per tutti i popoli” (cfr Is 56,7 Mc 11,17). Ogni giorno migliaia di uomini, donne e bambini entrano per le sue porte e trovano la pace dentro le sue mura. L’Arcivescovo John Hughes che – come ci ha ricordato il Cardinale Egan – è stato il promotore della costruzione di questo venerabile edificio, volle erigerlo in puro stile gotico. Voleva che questa cattedrale ricordasse alla giovane Chiesa in America la grande tradizione spirituale di cui era erede, e che la ispirasse a portare il meglio di tale patrimonio nella edificazione del Corpo di Cristo in questo Paese. Vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti di questa bellissima struttura, che mi sembra possa servire come punto di partenza per una riflessione sulle nostre vocazioni particolari all’interno dell’unità del Corpo mistico.

Il primo aspetto riguarda le finestre con vetrate istoriate che inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore. Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a Nathaniel Hawthorne – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa. È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito. Ne consegue che noi, che viviamo la vita di grazia nella comunione della Chiesa, siamo chiamati ad attrarre dentro questo mistero di luce tutta la gente.

Non è un compito facile in un mondo che può essere incline a guardare la Chiesa, come quelle finestre istoriate, “dal di fuori”: un mondo che sente profondamente un bisogno di spiritualità, ma trova difficile “entrare nel” mistero della Chiesa. Anche per qualcuno di noi all’interno, la luce della fede può essere attenuata dalla routine e lo splendore della Chiesa essere offuscato dai peccati e dalle debolezze dei suoi membri. L’offuscamento può derivare anche dagli ostacoli incontrati in una società che a volte sembra aver dimenticato Dio ed irritarsi di fronte alle richieste più elementari della morale cristiana. Voi che avete consacrato la vostra vita a rendere testimonianza all’amore di Cristo e all’edificazione del suo Corpo sapete dal vostro contatto quotidiano con il mondo intorno a noi, quanto a volte si sia tentati di cedere alla frustrazione, alla delusione e addirittura al pessimismo circa il futuro. Con una parola: non è sempre facile vedere la luce dello Spirito intorno a noi, lo splendore del Signore risorto che illumina la nostra vita ed infonde nuova speranza nella sua vittoria sul mondo (cfr Jn 16,33).

La parola di Dio, tuttavia, ci ricorda che nella fede noi vediamo i cieli aperti e la grazia dello Spirito Santo illuminare la Chiesa e portare una speranza sicura al nostro mondo. “Signore, mio Dio”, canta il salmista, “se mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Ps 104,30). Queste parole evocano la prima creazione, quando “lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). Ed esse spingono il nostro sguardo avanti verso la nuova creazione, a Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese sugli Apostoli ed instaurò la Chiesa come primizia dell’umanità redenta (cfr Jn 20,22-23). Queste parole ci esortano ad una fede sempre più profonda nella potenza infinita di Dio di trasformare ogni situazione umana, di creare vita dalla morte e di rischiarare anche la notte più buia. E ci fanno pensare ad un’altra bellissima frase di sant’Ireneo: “Dov’è la Chiesa, lì è lo Spirito di Dio; dov’è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa e ogni grazia” (Adv. Haer. III, 24,1).

Ciò mi conduce ad un'altra riflessione sull’architettura di questa chiesa. Come tutte le cattedrali gotiche, essa è una struttura molto complessa, le cui proporzioni precise ed armoniose simboleggiano l’unità della creazione di Dio. Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un “geometra” celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione. Una simile immagine non ci fa forse venire in mente il nostro bisogno di vedere tutte le cose con gli occhi della fede, per poterle in questo modo comprendere nella loro prospettiva più vera, nell’unità del piano eterno di Dio? Ciò richiede, come sappiamo, una continua conversione e l’impegno di “rinnovarci nello spirito della nostra mente” (cfr Ep 4,23), per acquistare una mentalità nuova e spirituale. Esige anche lo sviluppo di quelle virtù che mettono ciascuno di noi in grado di crescere in santità e di portare frutti spirituali nel proprio stato di vita. Non è forse questa costante conversione “intellettuale” altrettanto necessaria quanto la conversione “morale” per la nostra crescita nella fede, per il nostro discernimento dei segni dei tempi e per il nostro contributo personale alla vita e la missione della Chiesa?

Una delle grandi delusioni che seguirono il Concilio Vaticano II, con la sua esortazione ad un più grande impegno nella missione della Chiesa per il mondo, penso, sia stata per tutti noi l’esperienza di divisione tra gruppi diversi, generazioni diverse e membri diversi della stessa famiglia religiosa. Possiamo andare avanti solo se insieme fissiamo il nostro sguardo su Cristo! Nella luce della fede scopriremo allora la sapienza e la forza necessarie per aprirci verso punti di vista che eventualmente non coincidono del tutto con le nostre idee o i nostri presupposti. Così possiamo valutare i punti di vista di altri, siano essi più giovani o più anziani di noi, e infine ascoltare “ciò che lo Spirito dice” a noi ed alla Chiesa (cfr Ap 2,7). In questo modo ci muoveremo insieme verso quel vero rinnovamento spirituale che voleva il Concilio, un rinnovamento che, solo, può rinforzare la Chiesa nella santità e nell’unità indispensabili per la proclamazione efficace del Vangelo nel mondo di oggi.

Non è forse stata questa unità di visione e d’intenti – radicata nella fede e nello spirito di continua conversione e personale sacrificio – il segreto della crescita sorprendente della Chiesa in questo Paese? Basti pensare all’opera straordinaria di quel sacerdote americano esemplare, il venerabile Michael McGivney, la cui visione e zelo conducevano alla fondazione dei Knights of Columbus, o all’eredità spirituale di generazioni di religiose, religiosi e sacerdoti che silenziosamente hanno dedicato la loro vita al servizio del popolo di Dio in innumerevoli scuole, ospedali e parrocchie.

Qui, nel contesto del nostro bisogno di una prospettiva fondata sulla fede e di unità e collaborazione nel lavoro dell’edificazione della Chiesa, vorrei dire una parola circa l’abuso sessuale che ha causato tanta sofferenza. Ho già avuto modo di parlare di questo e del conseguente danno per la comunità dei fedeli. Qui desidero semplicemente assicurare a voi, cari sacerdoti e religiosi, la mia vicinanza spirituale, mentre cercate di rispondere con speranza cristiana alle continue sfide presentate da questa situazione. Mi unisco a voi pregando affinché questo sia un tempo di purificazione per ciascuno e per ogni singola Chiesa e comunità religiosa, sia un tempo di guarigione. Inoltre vi incoraggio a cooperare con i vostri Vescovi, che continuano a lavorare efficacemente per risolvere questo problema. Che il Signore Gesù Cristo conceda alla Chiesa in America un rinnovato senso di unità e di decisione, mentre tutti – Vescovi, clero, religiosi, religiose e laici – camminano nella speranza e nell’amore vicendevole e per la verità.

Cari amici, queste considerazioni mi conducono ad un’ultima osservazione riguardo a questa grande cattedrale in cui ci troviamo. L’unità di una cattedrale gotica, lo sappiamo, non è l’unità statica di un tempio classico, ma un’unità nata dalla tensione dinamica di forze diverse che spingono l’architettura in alto, orientandola verso il cielo. Anche qui possiamo vedere un simbolo dell’unità della Chiesa che è unità – come san Paolo ci ha detto – di un corpo vivo composto da molte membra diverse, ognuno con il proprio ruolo e la propria determinazione. Anche qui vediamo la necessità di riconoscere e rispettare i doni di ogni singolo membro del corpo come “manifestazioni dello Spirito per l’utilità comune” (1Co 12,7). Certo, nella struttura della Chiesa voluta da Dio occorre distinguere tra i doni gerarchici e quelli carismatici (cfr Lumen gentium LG 4). Ma proprio la varietà e la ricchezza delle grazie concesse dallo Spirito ci invitano costantemente a discernere come questi doni debbano essere inseriti in modo giusto nel servizio della missione della Chiesa. Voi, cari sacerdoti, mediante l’ordinazione sacramentale siete stati conformati a Cristo, Capo del Corpo. Voi, cari diaconi, siete stati ordinati per il servizio di questo Corpo. Voi, cari religiosi e religiose, sia contemplativi che dediti all’apostolato, avete consacrato la vostra vita alla sequela del Maestro divino nell’amore generoso e nella piena fedeltà al suo Vangelo. Tutti voi che oggi riempite questa cattedrale, così come i vostri fratelli e sorelle anziani, malati o in pensione che uniscono le loro preghiere e i loro sacrifici al vostro lavoro, siete chiamati ad essere forze di unità all’interno del Corpo di Cristo. Mediante la vostra testimonianza personale e la vostra fedeltà al ministero o all’apostolato a voi affidato preparate la via allo Spirito. Poiché lo Spirito non cessa mai di effondere i suoi doni abbondanti, suscitare nuove vocazioni e nuove missioni e di guidare la Chiesa – come il Signore ha promesso nel brano evangelico di stamattina – alla verità tutta intera (cfr Jn 16,13).

Volgiamo dunque il nostro sguardo in alto! E con grande umiltà e fiducia chiediamo allo Spirito di metterci in grado ogni giorno di crescere nella santità che ci renderà pietre vive nel tempio che Egli sta innalzando proprio adesso in mezzo al mondo. Se dobbiamo essere forze vere di unità, allora impegniamoci ad essere i primi a cercare una riconciliazione interiore mediante la penitenza! Perdoniamo i torti subiti e soffochiamo ogni sentimento di rabbia e di contesa! Impegniamoci ad essere i primi a dimostrare l’umiltà e la purità di cuore necessarie per avvicinarci allo splendore della verità di Dio! In fedeltà al deposito della fede affidato agli Apostoli (cfr 1Tm 6,20), impegniamoci ad essere gioiosi testimoni della forza trasformatrice del Vangelo!

Cari fratelli e sorelle, in conformità con le tradizioni più nobili della Chiesa in questo Paese, siate anche i primi amici del povero, del profugo, dello straniero, del malato e di tutti i sofferenti! Agite come fari di speranza, irradiando la luce di Cristo nel mondo ed incoraggiando i giovani a scoprire la bellezza di una vita donata completamente al Signore e alla sua Chiesa! Rivolgo questo appello in modo speciale ai tanti seminaristi e giovani religiose e religiosi qui presenti. Ciascuno di voi ha un posto particolare nel mio cuore. Non dimenticate mai che siete chiamati a portare avanti, con tutto l’entusiasmo e la gioia che vi dona lo Spirito, un’opera che altri hanno cominciato, un patrimonio che un giorno anche voi dovrete passare ad una nuova generazione. Lavorate con generosità e gioia, perché Colui che servite è il Signore!

Le punte delle torri della cattedrale di san Patrizio vengono di gran lunga superate dai grattacieli del profilo di Manhattan; tuttavia, nel cuore di questa metropoli indaffarata esse sono un segno vivo che ricorda la costante nostalgia dello spirito umano di elevarsi verso Dio. In questa Celebrazione eucaristica vogliamo ringraziare il Signore perché ci permette di riconoscerlo nella comunione della Chiesa e di collaborare con Lui, edificando il suo Corpo mistico e portando la sua parola salvifica come buona novella agli uomini e alle donne del nostro tempo. E quando poi usciremo da questa grande chiesa, andiamo come araldi della speranza in mezzo a questa città e in tutti quei luoghi dove la grazia di Dio ci ha posto. In questo modo la Chiesa in America conoscerà una nuova primavera nello Spirito ed indicherà la via verso quell’altra città più grande, la nuova Gerusalemme, la cui luce è l’Agnello (cfr Ap 21,23). Poiché Dio sta preparando anche ora un banchetto di gioia e vita infinite per tutti i popoli. Amen


Parole improvvisate dal Santo Padre al termine della Santa Messa:

In questo momento posso solo ringraziarvi per il vostro amore alla Chiesa e a Nostro Signore; ringraziarvi perché donate il vostro amore anche al povero Successore di San Pietro. Cercherò di fare tutto il possibile per essere un degno successore del grande Apostolo, il quale pure era un uomo con i suoi difetti e i suoi peccati, ma che rimane alla fine la roccia per la Chiesa. E così anch’io con tutta la mia spirituale povertà posso essere, per questo tempo, in virtù della grazia del Signore, il Successore di Pietro.

Sono anche le vostre preghiere e il vostro amore che mi danno la certezza che il Signore mi aiuterà in questo mio ministero. Sono quindi profondamente grato per il vostro amore, per le vostre preghiere. La mia risposta in questo momento, per tutto quello che mi avete donato nel corso di questa visita, è la benedizione che ora vi imparto, al termine di questa bella Celebrazione.



Benedetto XVI Omelie 20408