Agostino, Consenso Evang. 127

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CAPITOLO 27.

I rimanenti idolatri si convertano a Dio.

42. Ci diano una risposta adeguata nei riguardi del Dio d'Israele che, a quanto attestano i Libri non solo dei cristiani ma anche dei Giudei, insegna e comanda queste cose. Su di lui consultino i loro dèi che proibirono di bestemmiare Cristo. Diano, se ne hanno l'ardire, delle risposte offensive nei confronti del Dio d'Israele. Ma chi dovrebbero consultare o dove ormai andarli a consultare? Leggano i libri dei loro autori. Per parlare un momentino solo secondo la loro opinione, se, come scrisse Varrone, ritengono che il Dio d'Israele sia Giove, perché non credono a Giove quando asserisce che occorre distruggere gli idoli? Se lo ritengono Saturno, perché non lo venerano? O perché non lo venerano com'egli prescrisse attraverso i suoi vati, adempiendo poi cio che per loro bocca aveva predetto? Perché non gli credono quando dice che occorre abbattere i simulacri e che non si debbono adorare altri dèi? Se non è né Giove né Saturno - se infatti fosse uno dei due non parlerebbe cosi severamente contro il culto di Giove e di Saturno - chi è dunque questo Dio che dai pagani è l'unico a non essere adorato a motivo del loro attaccamento verso gli altri dèi? Egli viceversa, annientati tutti questi dèi, è riuscito - come ognuno vede - a farsi adorare lui solo, umiliando ogni superba altezza che si era sollevata contro Cristo in favore degli idoli e aveva perseguitato e ucciso i cristiani. Adesso eccoli cercare dei nascondigli per offrire i loro sacrifici, eccoli cercare un posto dove rintanare gli stessi loro dèi perché non siano trovati e distrutti dai cristiani. Da cosa è derivato tutto questo se non dal timore delle leggi e dei re ad opera dei quali, divenuti sudditi del nome di Cristo, il Dio d'Israele esercita il suo potere? E quanto egli aveva promesso molto tempo prima dicendo per bocca del profeta: E lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti lo serviranno (Ps 71,11).

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CAPITOLO 28.

L'eversione degli dèi era stata predetta.

43. Voglio dire che ora si adempie anche quanto aveva cantato il profeta: che cioè Dio avrebbe perdonato il suo popolo empio. Effettivamente non era stato empio tutto quel popolo, poiché molti Israeliti credettero in Cristo, essendo Israeliti anche gli Apostoli di lui. Egli avrebbe invece umiliato ogni uomo superbo e bestemmiatore, perché lui solo fosse esaltato, cioè si palesasse dinanzi agli uomini come il solo eccelso e potente. Gli idoli sarebbero stati abbattuti dai credenti e sarebbero stati nascosti dai non credenti, mentre per il timore di Dio la terra si frantuma: per timore cioè vanno in frantumi gli uomini terreni, i quali sono presi da spavento dinanzi alla legge o di Dio stesso o di coloro che, credendo in lui e regnando sui popoli, proibiscono gli antichi sacrilegi.

44. Queste cose dice infatti un profeta e io, se vi ho premesso una breve introduzione, l'ho fatto perché le si comprenda più facilmente. Egli dice: E ora eccomi a te, o casa di Giacobbe. Venite, camminiamo nella luce del Signore. Egli ha rigettato il suo popolo, la casa d'Israele, perchè il loro paese, com'era successo agli inizi, si è riempito di àuguri come presso gli stranieri, e molti figli stranieri sono nati ad essi. E il loro paese si è riempito di argento e di oro ed erano innumerevoli i loro tesori. E la terra si è riempita di cavalli e innumerevoli erano i loro carri. E la terra si è riempita di abomini, opera delle loro mani, e hanno adorato quel che le loro dita avevano costruito.
E l'uomo si è loro inchinato e il forte si è abbassato davanti a loro; ma io non li perdonero. E ora entrate nelle caverne e nascondetevi sotto terra dalla presenza del Dio terribile e di fronte alla maestà della sua potenza, quando si leverà a distruggere la terra. Gli occhi del Signore sono infatti altissimi mentre l'uomo è tapino; e ogni altezza umana sarà abbassata e si innalzerà solo il Signore, in quel giorno. Infatti il giorno del Signore degli eserciti verrà su ogni blasfemo e superbo e su ogni persona altolocata ed elevata - essi saranno abbassati - e su ogni cedro del Libano, alto e prestante, e su ogni albero del Libano e di Basan, e sopra ogni monte e sopra ogni colle elevato, e su tutte le navi del mare e su ogni naviglio che fa spettacolo per il suo splendore. E sarà umiliata e cadrà l'arroganza degli uomini e sarà innalzato solo il Signore, in quel giorno. E tutte le cose che si son costruiti con le mani le nasconderanno nelle spelonche e nelle spaccature delle rocce e nelle caverne della terra per timore del Signore e di fronte alla sua maestosa potenza, quando sorgerà a frantumare la terra. In quel giorno l'uomo getterà via le sue abominazioni d'oro e d'argento, cose inutili e nocive che si erano costruiti per adorarle: e si ritireranno negli anfratti della solida roccia e nelle spaccature delle pietre, di fronte al Signore tremendo e di fronte alla sua maestosa potenza, quando sorgerà a stritolare la terra (Is 2,5 Is 2,21).

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CAPITOLO 29.

Il Dio d'Israele e gli elementi del mondo.

45. Cosa dicono di questo Dio "sabaoth", che tradotto significa Dio delle schiere o degli eserciti, in quanto a lui servono le schiere o gli eserciti degli angeli? Cosa dicono di questo Dio d'Israele, cosi chiamato perché è Dio di quel popolo da cui proviene l'ormai noto "discendente" nel quale saranno benedette tutte le genti (Gn 22,18)? Perché lui soltanto non adorano coloro che sostengono doversi adorare tutti gli dèi? Perché non credono a lui, che ha dimostrato come gli altri dèi siano falsi e li ha abbattuti? Ho udito uno di loro dire che aveva letto presso non so quale filosofo in che modo costui aveva compreso quale Dio venerano i Giudei: c'era riuscito riflettendo sui riti che essi compiono. Egli pertanto diceva che Dio è l'essere che presiede a tutti gli elementi da cui è composto questo mondo visibile e corporeo. Se non che nelle sante Scritture dei Profeti si mostra chiaramente che al popolo d'Israele fu ordinato di venerare quel Dio che ha fatto il cielo e la terra (Gn 1,1) e dal quale deriva ogni vera sapienza (Si 1,1, 15,10; Sg 7,15-17).

Ma che bisogno c'è di prolungare ancora la discussione quando al fine del presente trattato è più che sufficiente riferire una qualsiasi delle loro presuntuose supposizioni riguardo a quel Dio che non possono negare essere Dio? Se infatti egli è colui che presiede gli elementi di cui è composto il mondo, perché non si adora lui anziché Nettuno, che domina soltanto sul mare?, o anziché Silvano che domina solo sui campi e le selve?, o anziché Sole, che domina solo nel giorno o magari su tutto il calore del cielo?, o anziché Luna, il cui potere rifulge solo sulla notte o sulle cose umide?, o anziché Giunone che, a quanto si dice, regge solo l'aria? E infatti indiscusso che questi dominatori di parti [dell'universo], chiunque essi siano, necessariamente sono soggetti a colui che ha il dominio sull'insieme degli elementi e su tutta la massa intera. Ma quel Dio proibisce di adorare tutti questi altri dèi. Perché dunque [i pagani], contro l'ordine del più grande dei loro dèi, non solo si ostinano ad adorarli ma anche a causa loro rifiutano d'adorare quell'unico sommo Dio? E vero che non trovano ancora una risposta fissa e chiara da dare su questo Dio d'Israele; né la troveranno mai finché non si renderanno conto che lui è l'unico vero Dio dal quale tutte le cose sono state create.

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CAPITOLO 30.

Le profezie sul culto di Dio si sono avverate.

46. Al riguardo un certo Lucano, grande verseggiatore del paganesimo, si mise a cercare anche lui e a lungo - credo, mosso dai suoi pensieri o dai libri dei suoi - chi fosse il Dio dei Giudei, ma non riusci a trovarlo perché non cercava piamente. Tuttavia di questo Dio che non trovava preferi dire che era un dio indefinibile e non un dio inesistente, dal momento che scorgeva le grandi prove che c'erano nei riguardi di lui. E disse: La Giudea si dedica al culto di un Dio indefinibile. Eppure questo Dio d'Israele, Dio santo e vero, non aveva ancora operato per mezzo del nome di Cristo in tutte le genti tante cose strepitose quante ne sono seguite fino ad oggi dopo i tempi di Lucano. Ma oggi chi potrà essere cosi duro da non piegarsi?, chi cosi freddo da non accendersi, mentre si adempie cio che fu scritto: Non c'è alcuno che possa sottrarsi al suo calore? Oggi sono manifeste in pienezza di luce le cose predette tanto tempo prima in quel medesimo salmo da cui ho preso il citato versetto.

Col nome di "cieli" sono stati infatti indicati gli Apostoli di Cristo per il fatto che erano animati e diretti da Dio quando annunziavano il Vangelo. I cieli dunque hanno già narrato la gloria di Dio e il firmamento ha annunziato le opere delle sue mani. Il giorno al giorno ha trasmesso la parola e la notte alla notte ha annunziato la dottrina. Ormai non ci sono linguaggi o accenti in cui non si odano le loro voci. Ormai per tutta la terra s'è sparso il loro suono e sino ai confini del mondo le loro parole. Egli ormai ha posto nel sole, cioè nella manifestazione, quel suo tabernacolo che è la Chiesa. Per fare questo, lui stesso -come il testo prosegue - usci dal suo talamo a somiglianza di uno sposo. E mi spiego: il Verbo congiunto alla carne umana usci dall'utero di una Vergine. Ormai ha fatto balzi da gigante e ha percorso la via. Ormai è avvenuta la sua uscita dal più alto dei cieli e cosi pure il suo ritorno nel cielo altissimo (Ps 18,1-7). Quindi molto a proposito si aggiunge il verso che poc'anzi ricordavo: E non c'è alcuno che possa sottrarsi al suo calore (Ps 18,7). E tuttavia eccoli là questi pagani: sbraitano fragili obiezioni, preferiscono essere da questo fuoco ridotti in cenere, come stoppia (Is 47,14), anziché come oro esser purificati dalle loro scorie (Cf. Pv 17,3; Sg 3,6 Si 2,5). Intanto i monumenti fallaci dei loro dèi falsi sono frantumati e le promesse veritiere di quel Dio incerto sono diventate certezza.

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CAPITOLO 31.

La profezia sul Cristo s'è adempiuta.

47. Questa genia di perversi che lodano Cristo e non vogliono diventar cristiani la smettano dunque di dire che Cristo non ha insegnato di abbandonare i loro dèi né di abbattere i simulacri (Dt 7,5). Difatti il Dio d'Israele - del quale fu predetto che sarebbe stato chiamato Dio dell'intero universo (Is 54,5)- effettivamente è già chiamato Dio dell'intero universo. Questo aveva predetto per mezzo dei Profeti e questo a tempo debito ha attuato per opera di Cristo. E certamente se questo Dio d'Israele viene già chiamato Dio di tutta la terra, è necessario che si faccia quel che ha comandato, dal momento che chi l'ha comandato è ormai manifesto. Che poi egli si sia realmente manifestato per Cristo e in Cristo, con la conseguenza che la sua Chiesa si è diffusa nel mondo intero e che per opera di Cristo egli è chiamato Dio di tutta la terra, chi vuole puo leggerlo presso il medesimo profeta: basta che torni un po' indietro! E poi lasciate che anch'io lo riferisca: non si tratta infatti di un passo eccessivamente lungo per cui lo si debba omettere.

Li si dicono molte cose sulla venuta, l'umiltà e la passione di Cristo, e si parla anche del suo corpo, quel corpo di cui egli è il capo. Si parla cioè anche della sua Chiesa, e le si dà il nome di sterile che non partorisce. Difatti la Chiesa, che con i suoi figli, cioè con i suoi santi, si sarebbe stabilita in tutte le genti, non si manifesto per molti anni, finché cioè Cristo non venne annunziato dagli evangelizzatori a coloro ai quali non era stato annunziato dai Profeti. Eppure di lei si dice che i figli della solitaria sarebbero stati più numerosi di quelli nati a colei che aveva marito. Col nome di marito si indica qui la legge o il re che ricevette l'antico popolo d'Israele: notando che nel tempo in cui parlava il profeta le genti non avevano ancora ricevuto la legge, né re cristiani erano sorti dalle genti, dalle quali tuttavia più tardi è venuta fuori una moltitudine di santi più feconda e numerosa (Is 54,1 Ga 4,27).

Cosi dunque dice Isaia, cominciando dalle umiliazioni di Cristo e poi volgendosi ad apostrofare la Chiesa fino a quel verso che abbiamo ricordato, dove dice: E colui che ti libera, cioè il Dio stesso d'Israele, sarà chiamato [Dio] di tutta la terra (Is 54,5). Questo il testo: Ecco, pieno d'intelligenza sarà il mio servo, e sarà esaltato e onorato grandemente. A quel modo che molti si meraviglieranno di te, in quanto sarà vista da tutti la tua figura divenuta deforme e il tuo onore sarà visto dagli uomini, cosi si meraviglieranno molte genti su di lui e i re si tureranno la bocca. In effetti lo vedranno coloro ai quali non era stato annunziato nulla su di lui e comprenderanno quanti non avevano ascoltato (Is 52,13-15). Signore, chi ha creduto prestandoci ascolto? E il braccio del Signore a chi si è manifestato? Alla presenza di lui abbiamo annunziato, come servo, come radice in terra assetata: non ha bellezza né onorabilità. E noi lo abbiamo visto, e non aveva bellezza né splendore, ma il suo viso era abbassato e deforme, il suo atteggiamento più brutto di quello di qualsiasi uomo. Uomo piagato, capace di sopportare le infermità; per questo la sua faccia è stravolta, coperta d'improperi e per nulla stimata.

Costui porta le nostre miserie ed è nei dolori per noi. E noi ci rendemmo conto che egli era nei dolori e nelle ferite e nella sofferenza, ma è stato ferito per i nostri peccati ed è diventato debole per le nostre iniquità. Il castigo che reca a noi pace ricadde su di lui; per le sue lividure siamo stati risanati. Tutti andavamo errando come pecore, e il Signore lo ha consegnato per i nostri peccati. Egli, quando veniva maltrattato, non apriva la bocca: come pecora veniva condotto al macello, e come agnello dinanzi a chi lo tosa se ne sta senza fiatare, cosi egli non aperse la bocca. Nell'umiliazione fu portato a compimento il suo giudizio. Chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché sarà tolta dalla terra la sua vita; per le iniquità del mio popolo fu condotto alla morte. Daro dunque i cattivi per la sua sepoltura e i ricchi per la sua morte, per il fatto che non commise iniquità né ci fu inganno nella sua bocca. Il Signore lo vuole purificare con piaghe. Quanto a voi, se darete la vostra vita per i vostri delitti, vedrete la discendenza durante una lunghissima vita.

E vuole il Signore togliere la sua anima dai dolori e mostrargli la luce e dargli figura nei sensi, mentre il giusto che bene lo serve giustifica molti e di persona sosterrà i loro peccati. Per questo egli erediterà le moltitudini e dividerà le spoglie dei forti. Per questo fu consegnata alla morte la sua vita e fu reputata essere tra gli iniqui; ma egli porto i peccati di molti e fu consegnato per le loro iniquità (Is 53,1-12 Mt 8,17). Rallegrati, o sterile che non partorisci, esulta e grida tu che non procrei, perché molti sono i figli dell'abbandonata, più di quelli di colei che ha marito. Ha detto infatti il Signore: Allarga lo spazio della tua tenda e rendi solidi i tuoi pioli. Non risparmiarti! Stendi a largo le tue cordicelle e conficca in terra robusti pali. Più e più volte stenditi a destra e a sinistra. La tua discendenza avrà in eredità le genti e abiterai le città che erano deserte. Non devi temere! Avrai infatti il sopravvento e non arrossirai per essere stata odiata. Dimenticherai per sempre il rossore, non ti ricorderai della tua vergognosa vedovanza, poiché sono io, il Signore, che ti creo - Signore sarà il suo nome - e colui che ti libera è certo il Dio d'Israele, che sarà chiamato [Dio] di tutta la terra (Is 54,1-5).

48. Contro l'evidenza di questa descrizione di eventi predetti prima e poi realizzati cosa si puo dire? Se credono che i discepoli di Cristo abbiano inventato menzogne nell'affermare la sua divinità, forse che potranno avanzare dubbi quando si tratta della sua passione? Di solito non credono alla sua risurrezione, ma credono - e volentieri - che per colpa di uomini abbia sofferto nella sua umanità in quanto vogliono che lo si creda un semplice uomo. Egli dunque fu condotto alla morte come una pecora (Is 53,7 Mt 26,63), fu annoverato fra gli iniqui e fu piagato per i nostri peccati (Is 53,12 Mc 15,28 Lc 22,37 Rm 4,25 1Co 15,3). Per le sue lividure siamo stati guariti. Il suo volto fu coperto d'insulti e, ritenuto cosa di nessun pregio, fu colpito con schiaffi e imbrattato di sputi; la sua posizione sulla croce era deforme. Egli fu condotto alla morte per le iniquità del popolo d'Israele, e non aveva né bellezza né splendore quando era percosso con schiaffi e coronato di spine e quando sulla croce veniva schernito. Egli, come agnello che sta muto di fronte al tosatore (Is 53,3 Mt 26,67 Mc 14,65 Lc 22,63 Lc 1 Petr Lc 2,22), non apri la bocca mentre dagli schernitori gli si diceva: O Cristo, profetizza! (Mt 26,68 Mc 14,65 Lc 22,64) Ora egli è innalzato, ora è onorato grandemente.

Molte genti lo ammirano (Is 52,13-15) e i re hanno chiuso la bocca con la quale un tempo promulgavano contro i cristiani leggi ferocissime. Coloro ai quali non era stato annunziato nulla nei suoi riguardi adesso vedono, e coloro che nulla avevano ascoltato adesso comprendono (Rm 15,16-21). In effetti i pagani, a cui non era giunto l'annuncio profetico, loro più degli altri vedono di per se stessi com'era vero quel che i Profeti avevano annunciato, e coloro che non avevano ascoltato Isaia mentre parlava comprendono dai suoi scritti chi fosse colui del quale diceva tali cose. Infatti anche nel popolo giudaico chi ha creduto alla parola dei Profeti? o a chi si è manifestato il braccio del Signore, che è lo stesso Cristo? Non c'è dubbio che a commettere contro il Cristo quei delitti che i Profeti del loro popolo avevano predetti furono proprio loro, con le loro mani (Is 53,1 Jn 12,37-38 Rm 10,16). Ebbene ora Cristo possiede molte genti, diventate sua eredità, e divide le spoglie dei forti (Is 53,12), un tempo possedute dal diavolo e dai svariati demoni, mentre adesso, cacciati e smascherati questi nemici, se le divide lui a suo talento, erigendovi chiese a lui dedicate e usandone in ogni altro modo ritenuto necessario.

L'insegnamento degli Apostoli contro l'idolatria si basa sui

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CAPITOLO 32.

Profeti.

49 Contro questi fatti cosa potranno obiettare i pagani, falsi sostenitori di Cristo e accesi calunniatori dei cristiani? Fu forse Cristo che con le sue arti magiche fece predire dai Profeti tutte queste cose tanto tempo prima? O se le sono inventate i suoi discepoli? Chi ha consentito alla Chiesa di rallegrarsi per essersi diffusa in tutte le genti, lei un tempo sterile ora invece più ricca di figli che non quella sinagoga che aveva per marito la legge o il re d'Israele? Chi le ha dato la possibilità di dilatare l'ampiezza della sua tenda occupando tutte le nazioni, di qualsiasi lingua, ed estendendosi oltre i confini dove esercita i suoi diritti l'Impero romano? In realtà essa protende le sue cordicelle fin tra i Persiani e gli Indi e le altre nazioni barbare.

Chi ha fatto giungere il suo nome fra tanti popoli a destra per mezzo di veri cristiani, e a sinistra per mezzo di cristiani falsi? Chi ha dato a quel famoso discendente la facoltà di ereditare le genti e di abitare, come ora accade, le città un tempo prive del vero culto di Dio e della vera religione? Chi ha liberato la Chiesa dal timore delle minacce di uomini furibondi che la vestivano, quasi onorifico manto purpureo, con il sangue dei martiri? Chi l'ha fatta vincere su tanti persecutori feroci e potenti? Chi l'ha sottratta alla vergogna di quell'infamia per cui era ritenuto grave delitto passare al cristianesimo o essere cristiano? Chi le ha fatto dimenticare per sempre la sua abiezione?

Poiché oggi è dato constatare che dove aveva abbondato la colpa, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5,20); oggi non ricorda più la sua obbrobriosa vedovanza, poiché, se per un po' di tempo fu abbandonata e oggetto di scherni, ora fiorisce e riscuote la massima gloria. Ci si chiede dunque alla fine: chi ha consentito al Signore, che l'ha fatta e liberata dal potere del diavolo e dei demoni, di chiamarsi d'ora in poi Dio d'Israele di tutta la terra? Forse che i discepoli di Cristo hanno inventato cio che, tanto tempo prima che Cristo si facesse uomo, avevano predetto i Profeti, i cui scritti si trovano nelle mani dei nemici di Cristo (Is 54,2-5)?

50. Da tutto questo vogliano dunque comprendere una cosa sulla quale ora non c'è ombra di dubbio nemmeno per gli ingegni più tardi e ottusi. Vogliano, dico, comprendere, quanti con intenzione perversa lodano Cristo mentre detestano la religione cristiana, che quanto dicono i discepoli di Cristo contro gli dèi del paganesimo l'hanno appreso da lui, nient'altro insegnando se non la dottrina di Cristo. Nei libri dei Profeti si riscontra infatti che il Dio d'Israele ha comandato di detestare e abbattere tutto cio che i pagani ritengono oggetto di culto. E questo Dio ad opera di Cristo e della sua Chiesa ora è chiamato Dio di tutta la terra, proprio come aveva promesso tanto tempo prima (Is 54,5). Che dire quindi dell'ipotesi da loro prospettata con strabiliante follia, e cioè che Cristo abbia adorato i loro dèi e ad opera di questi dèi abbia compiuto tanti prodigi? Forse che ha venerato i loro dèi anche il Dio d'Israele che per mezzo di Cristo ha attuato quanto aveva promesso, ossia che l'avrebbero adorato tutte le genti, mentre gli altri dèi, divenuti abominevoli, sarebbero stati eliminati (Dt 7,5)? Dove sono adesso i loro dèi? Dove i vaticini dei loro estatici e le divinazioni degli indovini? Dove le predizioni dei loro àuguri o auspici o aruspici, e dove gli oracoli dei demoni? Perché da questi antichi libri non si cita un qualche avvertimento o predizione che si opponga alla fede cristiana e alla verità attestata dai nostri Profeti e ora professata da tutte le genti?

Dicono: Noi abbiamo offeso i nostri dèi ed essi ci hanno abbandonato. Proprio per questo i cristiani hanno prevalso su di noi e, stanca e sminuita, si sta ora dileguando la gioiosa prosperità delle sorti umane. Ricorrano pure ai libri dei loro vati e leggano dove mai sia scritto con certezza che tutto questo sarebbe avvenuto per opera dei cristiani. Si sforzino di trovare in detti libri anche la predizione per la quale se non Cristo - adoratore, a quel che dicono, dei loro dèi -, almeno il Dio d'Israele, che senza dubbio ha causato il tracollo degli dèi, abbia disapprovato ed esecrato il culto idolatrico. Non vi troveranno nessuna di queste predizioni, a meno che non le inventino ora. E se riuscissero a trovarne qualcuna, apparirà subito e chiaramente che presentano cose finora da tutti ignorate, mentre sono cosi importanti che, prima dell'avverarsi della predizione, si sarebbe dovuto pubblicarle nei templi degli dèi di tutte le genti affinché fossero per tempo preavvisati e impediti coloro che attualmente vogliono farsi cristiani.

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CAPITULO 33.

La prosperità dell'Impero non è diminuita coll'avvento del Cristianesimo.

51. Adesso una parola sulle lamentele che essi fanno circa la diminuzione della gioconda prosperità della vita che sarebbe avvenuta nell'era cristiana. Se leggessero i libri dei loro filosofi, li troverebbero pieni di biasimo per le cose che nonostante le resistenze e proteste ora vengono loro sottratte e, viceversa, vi scoprirebbero elogi tutt'altro che piccoli tributati all'epoca cristiana. Qual è infatti l'aspetto del benessere umano che ora diminuisce se non tutta quella serie di abusi sconci e lascivi che prima si commettevano con grande offesa del Creatore? A meno che non si vogliano considerare cattivi i tempi per il fatto che, puta caso, in quasi tutte le città cadono i teatri, sentine di luridume e cattedre pubbliche di delitti; e cadono anche le piazze e le mura, dove si prestava culto ai demoni.

E perché mai cadono se non perché sono venute a mancare le cose mediante le quali con uso licenzioso e sacrilego erano state costruite? Non è forse vero che il loro Cicerone, volendo tessere l'elogio d'un certo istrione chiamato Roscio, disse che era talmente dotato di abilità da meritare lui solo di apparire sul palcoscenico e insieme cosi onesto da non dovervi mai metter piede? Con queste sue chiarissime parole cosa voleva indicare se non che quel palcoscenico era cosi indecoroso che quanto più si era buoni tanto meno vi si doveva comparire? E tuttavia con tali sconcezze, che secondo Cicerone le persone perbene avrebbero dovuto evitare, i loro dèi venivano placati. C'è al riguardo un riconoscimento molto esplicito dello stesso Cicerone, là dove dice che occorreva placare la madre Flora con l'afflusso ai suoi giochi.

Ora in questi giochi si presentavano di solito spettacoli talmente osceni che, al loro confronto, gli altri, anche se vietati alle persone perbene, si sarebbero potuti ritenere onesti. E poi, chi è questa madre Flora, o che sorta di divinità è mai, se la si riconcilia e rende propizia mediante lo sfogo collettivo della più sbrigliata turpitudine? Quanto avrebbe fatto meglio Roscio a calcare le scene che non Cicerone a venerare una tal dea! Se gli dèi del paganesimo si offendono per essere diminuite le risorse che si spendevano per celebrare i loro giochi, ci si rende chiaro all'evidenza di che livello siano gli stessi dèi che si dilettavano di tale culto. Se invece gli dèi stessi in preda all'ira hanno provocato la diminuzione di tali divertimenti, è meglio che siano adirati anziché placati. I pagani, in conclusione, debbono o redarguire i loro filosofi che biasimarono il culto idolatrico praticato da uomini schiavi della lussuria o mandare in frantumi i loro dèi che tanto pretesero da chi li adorava: anche se ormai è difficile trovare statue da frantumare o nascondere. La smettano comunque una buona volta con i loro discorsi blasfemi, attribuendo all'era cristiana la scomparsa di quel benessere che consentiva loro di immergersi in dannose turpitudini, a meno che non vogliano essere per noi un richiamo a lodare di più la potenza di Cristo.

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CAPITOLO 34.

Epilogo.

52. Direi molte altre cose su questo argomento se l'urgenza dell'opera intrapresa non mi costringesse a concludere il presente libro e a tornare al fine che mi sono proposto. Era infatti mia intenzione risolvere certi problemi concernenti il Vangelo, in quanto, come sembra a certuni, i quattro evangelisti non sarebbero d'accordo l'uno con l'altro. Prima pero ho dovuto affrontare la difficoltà che alcuni ripetutamente ci muovono, e cioè per qual motivo non citiamo mai gli scritti di Cristo, e l'ho fatto esponendo le tesi dei singoli avversari. Questi tali pretendono che si creda aver Cristo scritto non so che cosa di loro piacimento; egli non avrebbe nutrito sentimenti di avversione contro gli dèi ma anzi li avrebbe venerati con pratiche di magia. I suoi discepoli al contrario ricorrendo alla menzogna affermarono di lui che era il Dio ad opera del quale furono fatte tutte le cose (Jn 1,3), mentre egli non sarebbe stato altro che un uomo, sia pure dotato di sapienza eccezionale. Né solo in questo avrebbero mentito i cristiani ma anche per aver insegnato, nei riguardi degli dèi pagani, cose opposte a quel che avevano appreso da Cristo.

Ecco pertanto il motivo per cui abbiamo voluto metterli alle corde parlando loro del Dio d'Israele, quel Dio cioè che ad opera della Chiesa cristiana è adorato in tutte le genti.

Egli ha ormai spazzato via da ogni luogo le sacrileghe vanità del paganesimo, come molto tempo prima aveva predetto per bocca dei suoi Profeti e ha adempiuto ogni sua predizione avvalendosi del nome di Cristo, nel quale aveva promesso di benedire tutte le genti (Gn 22,18). Da questo debbono concludere i nostri avversari che Cristo, a proposito dei loro dèi, non poté né sapere né insegnare altro se non quello che il Dio d'Israele aveva comandato e predetto per mezzo dei Profeti, dei quali s'era servito per promettere quel Cristo che poi avrebbe mandato. Nel nome di Cristo sono benedette tutte le genti, secondo quanto da Dio era stato promesso ai Padri, e da cio è derivato anche il fatto che il Dio d'Israele è chiamato Dio di tutta al terra (Is 54,5). I suoi discepoli vietando di adorare gli dèi del paganesimo non si sono allontanati affatto dall'insegnamento del Maestro. Ben a ragione anzi ci hanno distolti dall'invocare statue prive di vita, dal comunicare con i demoni e dal tributare culto religioso alla creatura anziché al Creatore (Rm 1,25).

Il mistero di Cristo Mediatore.

53.

Cristo è la Sapienza di Dio e per mezzo di lui sono state create tutte le cose. Attingendo a lui diventano sapienti tutte le anime razionali, e degli angeli e degli uomini; a lui aderiamo per l'azione dello Spirito Santo, mediante il quale si diffonde nei nostri cuori la carità (Rm 5,5) del Dio trino ed uno. Per venire incontro a noi mortali, la cui vita era circoscritta nel tempo e immersa nelle cose che hanno inizio e tramontano, è stato disposto dalla divina Provvidenza che la stessa Sapienza di Dio assumesse l'umanità nell'unità della sua persona e in questa umanità nascesse nel tempo, vivesse, morisse e risuscitasse. In questo modo poté dire e compiere quanto era necessario per la nostra salvezza; poté soffrire e tribolare, diventando anche quaggiù per gli uomini modello per tornare [alla patria], egli che in cielo per gli angeli è modello di stabilità [nella gloria]. Se infatti anche per quanto concerne la natura dell'anima razionale non ci fosse stato qualcosa sul piano temporale, se cioè non avesse cominciato ad essere cio che non era, mai sarebbe potuta giungere, dalla vita pessima e stolta, alla vita sapiente e perfettamente buona.

In ordine a cio, siccome la verità raggiunta da chi è nella visione consiste nel godimento di cose eterne, mentre oggetto della fede di chi crede sono le cose che hanno avuto principio, per questo l'uomo si purifica prestando fede alle cose temporali e cosi diventa capace di comprendere la verità delle cose eterne. Anche Platone, nobilissimo filosofo del mondo pagano, diceva cosi nel libro intitolato Timeo: Quanto l'eternità supera cio che ha avuto principio, altrettanto la verità supera la fede. Due di queste cose sono del mondo celeste: l'eternità e la verità; le altre due sono del nostro mondo: cio che ha avuto principio e cio che è oggetto di fede. Per esser quindi sottratti alle cose di quaggiù ed elevati alle cose di lassù e perché quel che ha avuto principio si rivesta dell'eternità, dobbiamo arrivare alla verità con l'ausilio della fede. E poiché tutte le cose che tendono verso direzioni opposte si ravvicinano in forza di qualche elemento che sta loro in mezzo - quanto a noi l'iniquità temporale ci allontanava dalla giustizia eterna -, per questo fu necessario che in mezzo si collocasse una giustizia temporale. Questo "mezzo" per essere di quaggiù, era temporale; per essere di lassù era giusto; e in tal modo, non staccandosi dal mondo superiore e abbassandosi al livello del mondo inferiore, restitui al cielo le cose della terra. Ecco perché Cristo fu detto mediatore fra Dio e gli uomini: egli, Dio e uomo, si pone in mezzo fra Dio immortale e l'uomo mortale e riconcilia l'uomo con Dio (1Tm 2,5), restando cio che era, diventando cio che non era. Egli è per noi oggetto di fede nell'ordine creaturale, mentre è la nostra verità nella dimensione eterna.

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CAPITOLO 35.

54. Questo mistero grande e inenarrabile, questo regno sacerdotale, fu rivelato agli antichi mediante la profezia ed è annunziato ai loro posteri attraverso il Vangelo. Era infatti necessario che quanto fu a lungo promesso per mezzo d'un popolo particolare fosse alla fine accordato a tutte le genti. Per questo colui che prima di venire fra noi aveva inviato i Profeti a precederlo, dopo l'Ascensione mando a noi gli Apostoli. E di tutti i suoi discepoli, attraverso l'umanità assunta, egli è Capo ed essi sono come le membra del suo corpo. Se pertanto questi discepoli hanno scritto le cose che egli compi alla loro presenza e le parole che egli disse, non si puo dire che non le abbia scritte lui in persona, in quanto queste sue membra hanno trascritto cio che avevano appreso dal loro Capo, il quale era li a dettarle. In effetti tutto cio che egli voleva farci leggere riguardo ai suoi fatti e ai suoi detti ordino loro di scriverlo, quasi che essi fossero sue mani.

Occorre quindi comprendere questa comunione unificatrice e il servizio prestato dalle diverse membra operanti sotto l'unico Capo e quindi fra loro concordi, pur esplicando compiti differenti. Chi, comprendendo questo, si metterà a leggere nel Vangelo quel che vi hanno narrato i discepoli di Cristo non potrà mai intendere questi libri scritturali diversamente da uno che avesse visto la stessa mano del Signore scrivere tali cose: e mi riferisco a quella mano che faceva parte del suo corpo. Cio detto, andiamo subito a vedere quali siano i punti nei quali, secondo l'opinione avversaria, gli evangelisti avrebbero scritto in contrasto l'uno con l'altro: cosi infatti potrebbe sembrare a chi è dotato di poca intelligenza. Risolte queste difficoltà, apparirà anche da questo che le membra di quel Capo, unite nella compagine del suo corpo, si presentano concordi sotto i due punti di vista: non solo cioè nell'avere gli stessi pensieri, ma anche nell'essere in armonia nei loro scritti.



Agostino, Consenso Evang. 127