Agostino, Consenso Evang. 229

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CAPITOLO 29

I due ciechi e il demonio muto.

69. Continua Matteo: Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi! " (Mt 9,27), ecc. fino alle parole: Ma i farisei dicevano: " Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni " (Mt 9,34). Questo racconto dei due ciechi e del demonio muto lo ha solo Matteo. Difatti quei due ciechi di cui parlano anche gli altri evangelisti (Mc 10,46-52 Lc 18,35-43) non sono gli stessi ciechi: è un fatto a questo somigliante che lo stesso Matteo riporta altrove (Mt 20,29-34). Se non lo avesse precisato l'evangelista si sarebbe potuto pensare che quanto ora da lui narrato fosse lo stesso episodio di cui parlano gli altri due. Dobbiamo in realtà metterci bene in testa che ci sono più fatti che si somigliano fra loro: la qual cosa appare chiaramente quando tutti e due vengono riportati dallo stesso evangelista. Se quindi presso i singoli scrittori troviamo episodi narrati esclusivamente da uno di loro e contenenti difficoltà insolubili, dobbiamo pensare non trattarsi dello stesso fatto ma di un altro simile avvenuto con simili modalità.

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CAPITOLO 30

La missione degli Apostoli.

70. Da qui in avanti non appare con chiarezza in che ordine si siano susseguiti i fatti. Matteo, dopo i due avvenimenti - dei ciechi e del demonio muto - prosegue: Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne senti compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: " La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! ". Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi (Mt 9,35-38 Mt 9, alle parole: In verità vi dico: Non perderà la sua ricompensa (Mt 10,42).

In tutto il brano ora ricordato il Signore dà molti ammaestramenti ai discepoli, ma, come prima è stato notato, non risulta con evidenza se Matteo abbia seguito l'ordine reale dei fatti ovvero li abbia ordinati cosi come li ricordava. Quanto a Marco, egli dà l'impressione d'aver voluto abbreviare e restringere la serie degli avvenimenti. Inizia infatti dicendo: Gesù percorreva i villaggi insegnando. Allora chiamo i Dodici ed incomincio a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi (Mc 6,6-7), ecc. fino alle parole: Scuotete la polvere dai vostri piedi in testimonianza contro di loro (Mc 6,11). Prima pero di narrare questi fatti, appena cioè terminato il racconto della risurrezione della figlia dell'arcisinagogo, egli racconta del Signore che, recatosi nella sua città natale, vi suscito una grande ammirazione in quanto, conoscendo la gente il suo parentado, non sapevano spiegarsi l'origine di una cosi eccezionale sapienza(Mc 6,16) e dei suoi straordinari poteri. Questo episodio è ricordato anche da Matteo (Mt 13,53-58), ma dopo l'istruzione che in quel tempo il Signore stava impartendo ai discepoli e numerosi altri avvenimenti. Si rimane quindi nell'incertezza riguardo a quel che avvenne nella sua città; né è chiaro se Matteo richiami alla mente, in un secondo tempo, cio che prima aveva omesso, ovvero se sia stato Marco ad anticipare il fatto in base a quanto conforme egli ricordava. Rimane incerto, dico, chi dei due abbia seguito l'ordine reale dei fatti e chi si sia uniformato al ricordo che ne aveva conservato.

Ed eccoci ora a Luca. Subito dopo la risurrezione della figlia di Giairo colloca l'episodio del potere dato ai discepoli e l'ammonizione loro rivolta (Lc 9,16). Il suo racconto è breve come quello di Marco, ma dalle sue parole non appare se abbia seguito o meno l'ordine in cui avvennero i fatti. Riguardo ai nomi degli Apostoli, Luca ce li fornisce anche con un altro nome, e cioè quando furono scelti là sul monte, e qui non si differenzia da Matteo se non riguardo al nome di Giuda di Giacomo, che Matteo chiama anche Taddeo (Mt 10,3)o, come recano alcuni codici, Lebbeo. Chi mai infatti potrebbe impedire a una persona di chiamarsi con due o anche tre nomi?

71. Si è soliti porre anche il problema di come mai Matteo e Luca riferiscano che il Signore disse ai discepoli di non prendere il bastone (Mt 10,10 Lc 9,3), mentre al dire di Marco, egli comando loro di non prendere per il viaggio nient'altro se non il bastone, proseguendo poi: Né bisaccia, né pane, né denaro nella borsa (Mc 6,8). Con tali parole manifesta che il suo racconto verte sullo stesso episodio riportato dagli altri Vangeli, dove si dice che il bastone non bisogna prenderlo. Tale problema si risolve intendendo il bastone che, secondo Marco, occorre prendere in un senso diverso da quello di cui Matteo e Luca dicono che non lo si deve prendere. Non diversamente ci si regola a proposito di " tentazione ", che intendiamo in una maniera quando leggiamo: Dio non tenta nessuno (Jc 1,13)e in un' altra quando leggiamo: Il Signore vostro Dio vi tenta per sapere se lo amate (Dt 13,3). Nel primo caso tentazione vuol dire seduzione, nel secondo prova. Lo stesso è della parola " giudizio ". In un senso è da intenderlo nel passo: Coloro che agirono bene a risurrezione di vita, coloro che agirono male a risurrezione di giudizio (Jn 5,29); in senso diverso nell'altro: Giudicami, o Dio, e distingui la mia causa contro gente non santa (Sal 42,1). Nel primo caso significa condanna, nel secondo distinzione.

72. Sono molte le parole che non hanno un solo significato ma, debitamente collocate in diversi contesti, debbono intendersi in maniera diversa, e non di rado cosi vengono interpretate. Tale è il passo: Non siate bambini nei sensi, ma siate bambini quanto alla malizia pur essendo perfetti nei sensi (1Co 14,20). Con una frase più succinta la stessa cosa poteva dirsi in questa maniera: Non siate dei bambini ma siate bambini. Ancora: Se uno di voi crede di esser sapiente in questo mondo, divenga stolto per essere sapiente (1Co 3,18). Cosa dicono queste parole se non: " Voi non dovete essere sapienti se volete essere sapienti "? A volte i vari significati sono espressi in maniera ingarbugliata, per cui il ricercatore è messo alla prova.

Tale il passo della Lettera ai Galati: Portate i pesi gli uni degli altri, cosi adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto; ciascuno infatti porterà il proprio peso (Ga 6,2-5). Se non prendi il termine peso in significati diversi, sarai costretto a dire che l'Apostolo nel suo parlare si contraddice, e si contraddice in parole poste assai vicine l'una all'altra, trovandosi in una stessa frase. Poco prima infatti dice: Portate i pesi l'uno dell'altro, e subito dopo: Ciascuno porterà il suo peso. Ma una cosa sono i pesi della fragilità, che occorre portare insieme, un altro i pesi delle proprie azioni di cui si dovrà rendere conto a Dio. Nei primi si deve solidarizzare con i fratelli per sostenerli; quanto agli altri invece, ciascuno deve portare i propri. Cosi è del bastone. Lo si puo intendere in senso spirituale, come quando diceva l'Apostolo: Dovro venire a voi con la verga? (1Co 4,21), ma anche in senso materiale, come quando parliamo della verga usata per spronare il cavallo e in altre circostanze, per sorvolare su altri sensi figurati che ha questa parola.

73. Bisogna dunque ritenere che il Signore disse agli Apostoli l'una e l'altra cosa: " Non prendere il bastone " e " Prendere solo il bastone ". Secondo Matteo infatti egli disse loro: Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, e immediatamente soggiunse: L'operaio merita il suo cibo (Mt 10,9-10). Cio dicendo mostra con sufficiente chiarezza perché vieta loro di possedere e portare con sé le cose sopra nominate. Non intendeva dire che non fossero necessarie per sostentarsi durante la vita presente, ma, siccome li inviava ad annunziare il Vangelo, il loro sostentamento era un obbligo che ricadeva sui credenti.

Egli voleva appunto sottolineare che i credenti hanno tale debito verso gli Apostoli, come ai soldati è dovuto lo stipendio, il frutto della vigna a chi la coltiva, il latte a chi pascola il gregge. A riguardo dice Paolo: E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge?(1Co 9,7) Si riferiva alle cose necessarie a chi predica il Vangelo, e pertanto puo dire più avanti: Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccogliamo beni materiali? Se gli altri hanno tali diritti su di voi, non l'avremo noi di più? Noi pero non abbiamo voluto servirci di questo diritto (1Co 9,11-12). Da queste parole si ricava che il Signore, nel dare quel precetto, non proibiva ai predicatori del Vangelo di vivere di risorse diverse da quelle somministrate dai popoli evangelizzati. Altrimenti avrebbe contravvenuto a questo precetto lo stesso Apostolo, il quale, per non essere di aggravio ad alcuno, si procurava di che vivere lavorando con le sue mani (1 Ts 2,9). Dando quel precetto il Signore aveva solo insegnato agli Apostoli che si rendessero conto di avere il diritto di esigere tali prestazioni. Quando infatti il Signore imparte un ordine vero e proprio, se non lo si esegue si commette una colpa di disobbedienza; quando invece accorda una concessione, è lecito a ognuno non usarne o, per cosi dire, rinunciare al proprio diritto. Parlando dunque ai discepoli in quella maniera, il Signore mirava ad inculcare cio che in seguito l'Apostolo avrebbe spiegato in forma più chiara dicendo:

Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare? Cosi anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il Vangelo vivano del Vangelo. Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti (1Co 9,13-15). Dicendo che il Signore aveva dato un tale ordine ma lui personalmente non se ne era avvalso, mostra all'evidenza che si trattava d'una facoltà che veniva concessa, non di un obbligo cui si doveva sottostare.

74. Quando dunque il Signore dava quei suoi ordini, non prescriveva altro se non cio che gli fa dire l'Apostolo: " Chi predica il Vangelo deve vivere del Vangelo "; e con tali parole voleva rendere sicuri gli Apostoli nel non possedere e non portare appresso nulla di cio che si ritiene necessario alla vita, né molto né poco. Se quindi esclude anche la verga è per mostrare che tocca ai fedeli provvedere di tutto i servi del Signore, dato che essi non debbono ricercare nulla di superfluo. Aggiungendo infatti: L'operaio è degno del suo cibo (Mt 10,10), manifesta in maniera assolutamente palese a che cosa si riferivano le sue parole e per quale motivo le diceva. Questa facoltà indica dunque il Signore usando il termine verga e dicendo di non prendere nulla per il viaggio, nemmeno la verga.

Con una formula più breve avrebbe potuto dire cosi: Non prendete con voi nessuna cosa necessaria, nemmeno la verga; tuttavia prendete la verga. Con le parole: Nemmeno la verga si sarebbe dovuto intendere: Nemmeno le cose più piccole; quanto poi all'aggiunta: Prendete soltanto la verga (Mc 6,8), questo ne sarebbe stato il senso: a seguito del potere accordatovi dal Signore e rappresentato figuratamente dalla verga non vi mancherà niente anche se voi non porterete niente. Il Signore, concludendo, disse l'una e l'altra cosa ma i singoli evangelisti non intendono riportare l'una e l'altra cosa. Se infatti si ammettesse l'ipotesi contraria, ne deriverebbe che colui il quale disse di prendere la verga sia in contrasto con colui che disse di non prenderla. Occorre quindi accettare questa diversità di significato nelle parole dei singoli scrittori, spiegata ragionevolmente la quale svanirà ogni motivo di contrapposizione.

75. Lo stesso vale per il precetto, riferito da Matteo, di non portarsi i calzari durante il viaggio (Mt 10,10). E vietata l'angustia con cui ci si preoccupa di portarli temendo che abbiano a mancare. Identica è l'interpretazione per la due tuniche: nessuno deve pensare che occorra procurarsi un'altra tunica oltre a quella che si indossa. Non si deve cioè essere in angustia per una cosa non necessaria: il predicatore la consegue in virtù del potere stesso della evangelizzazione. Che se Marco dice, dell'evangelizzatore, che deve andare calzato con sandali o scarpe, cio dicendo avverte che tali calzature contengono un significato recondito, e cioè che il suo piede non deve poggiare in terra né coperto né scoperto. Il che vuol dire che il Vangelo non va tenuto nascosto né lo si deve far poggiare su vantaggi terreni. Se poi, riguardo alle tuniche, dice che non bisogna né portarne né averne due ma più energicamente proibisce anche di indossarle -Non indossino due tuniche (Mc 6,9), quale richiamo intende rivolgere loro se non quello di comportarsi non con doppiezza ma con semplicità?

76. Non si deve parimenti dubitare in alcun modo che il Signore tutte le cose che disse le disse in parte con linguaggio proprio e in parte con linguaggio figurato; e gli evangelisti ne misero in iscritto solo una parte, scegliendo per alcune l'uno e per alcune l'altro dei modi di dire. A volte riportarono le stesse cose in due o in tre, o magari anche tutti e quattro; tuttavia, di quello che il Maestro disse o fece, non ci è stata mai fatta una narrazione completa. Che se poi qualcuno pensasse che il Signore in uno stesso discorso non abbia potuto usare per alcune cose il linguaggio proprio e per altre quello figurato, s'accorgerà presto come tale affermazione sia avventata e grossolana. Basta guardare alle cose nel loro insieme. E qui mi sia consentito dare il primo esempio che mi viene in mente e cioè l'ammonizione secondo la quale la sinistra non deve sapere cio che fa la destra (Mt 6,3). Il ricercatore prenderà la frase in senso figurato e la riferirà o direttamente all'elemosina o anche a qualunque altro precetto contenuto in quella pagina.

77. Di proposito voglio ancora una volta avvertire il lettore che si ricordi di una cosa indispensabile, di modo che non abbia poi bisogno di continui richiami. Ed è questa: il Signore, le cose che aveva già dette, le ripeteva in molte, moltissime occasioni; per cui, se per caso la successione dei fatti nel racconto di un evangelista non coincidesse con quella di un altro, non si deve pensare che ci siano per questo delle contrapposizioni fra i diversi autori. Ci si deve solo render conto che cose narrate in un dato contesto sono ripetizioni di quanto narrato altrove; e questa osservazione vale tanto per i detti quanto per i fatti. Nulla impedisce infatti di ritenere che uno stesso evento sia accaduto più volte; sarebbe anzi sacrilega scempiaggine se uno, per non credere alla ripetizione di un fatto, in base a motivi che in nessun modo convincono dell'impossibilità di tale ripetizione, accusasse di falsità il Vangelo.

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CAPITOLO 31

I discepoli del Battista si recano da Gesù.

78. Prosegue Matteo: Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, parti di là per insegnare e predicare nelle loro città. Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mando a dirgli per mezzo di due suoi discepoli: " Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro? " (Mt 11,13), ecc. fino alle parole: Ma alla sapienza è stata resa giustizia dai suoi figli (Mt 11,19). Tutto questo brano riguardante Giovanni Battista - che cioè egli invio a Gesù i discepoli, la risposta data a questi inviati, e quanto disse il Signore a proposito di Giovanni dopo la partenza dei discepoli - lo ha tramandato anche Luca (Lc 7,18-35), ma non nello stesso ordine; né risulta con chiarezza quale dei due evangelisti abbia scritto in conformità col modo com'egli ricordava i fatti e quale invece abbia riportato l'ordine secondo il quale accaddero realmente le cose.

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CAPITOLO 32

Il rimprovero di Cristo alle città incredule.

79. Prosegue Matteo: Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite (Mt 11,20), ecc. fino alle parole: Al paese di Sodoma si userà, nel giorno del giudizio, più clemenza che non a te (Mt 11,24). Le stesse parole sono riportate da Luca, il quale congiunge queste minacce uscite dalla bocca del Signore a un altro suo discorso ambientato altrove (Lc 10,12-15). Da cio si ha l'impressione che Luca riferisca tali parole collocandole nel contesto in cui furono effettivamente pronunciate dal Signore, mentre Matteo si attiene all'ordine secondo il quale le ricordava. Qualcuno pero potrebbe supporre che le parole: Allora comincio a inveire contro la città, per la presenza appunto di quell'allora, le si debba prendere come indicanti il momento preciso in cui furono dette e non un periodo di tempo piuttosto prolungato in cui poterono verificarsi le molte cose che il Vangelo racconta essere state fatte e dette. Chi è di quest'avviso deve ritenere che anche in questo caso si tratta di parole dette due volte. Si trovano infatti nei racconti stilati dai singoli evangelisti parole pronunciate due volte dal Signore, com'è il caso del non prendere la bisaccia per il viaggio, di cui Luca, e delle altre cose da lui riferite in modo analogo: per le quali cose si dimostra che furono dette due volte dal Signore (Lc 9,3 Lc 9, . E se le cose stanno davvero cosi, nulla di strano se una frase detta due volte dal Signore viene riferita dai singoli evangelisti nel contesto in cui fu detta nell'uno o nell'altro caso. Ne consegue che la successione degli avvenimenti si presenterà diversa nei diversi narratori appunto perché la cosa fu detta nel contesto in cui la colloca l'uno nel contesto in cui la colloca l'altro.

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CAPITOLO 33

Il giogo del Signore.

80. Continua Matteo: In quel tempo Gesù disse: " Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti (Mt 11,25)" ecc. , fino a: Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero (Mt 11,30). Il passo è ricordato anche da Luca, ma solo in parte, in quanto non riferisce le parole: Venite a me, voi tutti che siete affaticati (Mt 11,28), con quel che segue. Dovette essere, questa, un'affermazione che il Signore pronuncio una volta sola, ed è da ritenersi che Luca non abbia inteso riportare tutte le parole dette da lui. Stando dunque a Matteo, Gesù disse in quel tempo, cioè dopo che ebbe rimproverato le città; Luca al contrario dopo l'invettiva contro quelle città (Lc 10,13-20) aggiunge altre notizie, non pero molte, e poi prosegue: In quella stessa ora esulto nello Spirito Santo e disse (Lc 10,21). Se ne ricava che, anche se Matteo non avesse detto: In quel tempo, ma: In quella stessa ora, siccome le cose inserite da Luca nel contesto sono tanto poche, non dovrà sembrare assurdo che tutto il discorso sia stato proferito proprio in quella stessa ora.

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CAPITOLO 34

I discepoli raccolgono le spighe.

81. Continua Matteo: In quel tempo Gesù passo tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano (Mt 12,1) ecc. , fino alle parole: Il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato (Mt 12,8). Questo episodio è riportato sia da Marco sia da Luca (Mc 2,23-28 Lc 6,13), che pero non premettono: In quel tempo. Se ne potrebbe forse dedurre che Matteo abbia seguito l'ordine reale dei fatti, mentre gli altri quello secondo cui dei fatti serbavano la memoria, a meno che l'espressione: In quel tempo non la si prenda in un senso più elastico e la si faccia equivalere a " Nel tempo in cui tutte queste svariate cose avvenivano ".

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CAPITOLO 35

L'uomo dalla mano rattrappita.

82. La narrazione di Matteo prosegue in questo modo: Allontanatosi di là, ando nella loro sinagoga. Ed ecco, c'era un uomo che aveva una mano inaridita (Mt 12,9-10), ecc. fino alle parole: E ritorno sana come l'altra (Mt 12,13). Né Marco né Luca passano sotto silenzio l'uomo che aveva la mano inaridita e che fu guarito da Gesù (Mc 3,15 Lc 6,6-11). Si potrebbe pensare che l'episodio delle spighe e quello della guarigione di questo infermo accaddero lo stesso giorno, dal momento che anche a proposito di questo secondo fatto si menziona il sabato, ma vi si oppone Luca, che con chiarezza colloca la guarigione dell'uomo dalla mano inaridita in un altro sabato. Per questo motivo dobbiamo ben intendere le parole di Matteo: Allontanatosi di là, ando nella loro sinagoga. E vero che non venne nella sinagoga se non dopo essere passato oltre quel luogo, ma non è precisato dopo quanti giorni venne nella loro sinagoga, oltrepassato che ebbe le loro campagne, né mai si dice che vi ando difilato e immediatamente. C'è dunque agio sufficiente per inserirvi la narrazione di Luca, secondo cui la mano di questo infermo fu guarita in un sabato diverso. Puo tuttavia impressionare quanto dice Matteo, e cioè che la domanda se fosse lecito curare di sabato (Mt 12,10) fu posta a Gesù dai presenti che andavano in cerca di un'occasione per accusarlo.

A questi tali egli propose la parabola della pecora e disse: Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non l'afferra e la tira fuori? Ora, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Percio è permesso fare del bene anche di sabato (Mt 12,11-12). Marco e Luca viceversa riferiscono che a porre la domanda fu lo stesso Signore: E lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla? (Mc 3,4 Lc 6,9)Penso che l'interpretazione esatta sia questa. Inizialmente i presenti interrogarono il Signore se fosse lecito curare di sabato; successivamente, leggendo egli nei loro pensieri l'intenzione di voler trovare un motivo di accusa, pose in mezzo al gruppo l'uomo che poi avrebbe guarito e rivolse ai maligni le domande riferite da Marco e Luca. Siccome pero essi tacevano, propose la parabola della pecora, concludendo che di sabato è lecito compiere una buona azione. Alla fine, dopo che ebbe loro rivolto uno sguardo pieno di collera, come dice Marco, afflitto per l'accecamento del loro cuore disse a quell'uomo: Stendi la tua mano(Mt 12,13 Mc 5,5 Lc 6,10).

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CAPITOLO 36

I farisei vogliono eliminare Gesù.

83. Continuando il racconto, scrive Matteo: I farisei pero, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo. Ma Gesù, saputolo, si allontano di là. Molti lo seguirono ed egli guari tutti, ordinando loro di non divulgarlo, perché si adempisse cio che era stato detto dal profeta Isaia: ecc. (Mt 12,14-17), fino alle parole: E nel suo nome spereranno le genti (Mt 12,21). Questo episodio è narrato dal solo Matteo, mentre gli altri due passano a raccontare altri fatti. Riguardo all'ordine cronologico degli avvenimenti, chi lo ha rispettato un po' più sembrerebbe essere Marco, il quale afferma che Gesù, conosciuto l'animo ostile dei Giudei, insieme con i discepoli si reco in riva al mare, e li accorsero in gran numero le folle ed egli guari moltissimi infermi (Mc 3,6-12). Dove poi anche Marco cominci ad andare per la sua strada senza più curarsi dell'ordine reale dei fatti non è indicato che lo faccia con chiarezza. Puo averlo fatto li, dove dice che le folle si recavano da lui, e difatti cio puo essere accaduto in tempo diverso, ovvero li, dove ricorda che il Signore sali sul monte. E quanto sembra voler riferire anche Luca, il quale scrive: Ora accadde che in quei giorni egli usci a pregare nel monte (Lc 6,12). Con le parole: In quei giorni mostra con sufficiente chiarezza che l'episodio non accadde subito dopo l'altro.

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CAPITOLO 37

L'indemoniato cieco e muto.

84. Matteo prosegue: Allora gli fu presentato un ossesso, cieco e muto; ed egli lo guari si che poteva parlare e vedere (Mt 12,22). Questo episodio lo riferisce anche Luca (Lc 11,14-15), non pero nello stesso ordine ma dopo molti altri avvenimenti e affermando che egli era muto, non pero cieco. Non mi sembra tuttavia logico ritenere che egli, sebbene passi sotto silenzio alcuni particolari, parli di un altro individuo. Nel riferire infatti gli avvenimenti successivi si ricollega a quanto narrato anche da Matteo.

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CAPITOLO 38

La bestemmia contro lo Spirito Santo.

85. Prosegue Matteo: E tutta la folla era sbalordita e diceva: "Non è forse costui il figlio di Davide? ". Ma i farisei, udendo questo, presero a dire: " Costui scaccia i demoni in nome di Beelzebùl, principe dei demoni ". Ma egli, conosciuto il loro pensiero, disse loro: " Ogni regno diviso in se stesso cade in rovina (Mt 12,23-25)" ecc. , fino alle parole: poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato (Mt 12,37). Marco non collega quanto si diceva di Gesù, che cioè egli cacciava i demoni col potere di Beelzebub, con l'episodio del muto ma colloca tali parole dopo altri episodi narrati da lui solo. Questo materiale poté desumerlo da altro contesto e collocarlo qui, ovvero poté omettere qualche elemento per tornare in seguito all'ordine che s'era proposto (Mc 3,22-30). Luca racconta gli stessi avvenimenti riportati da Matteo e quasi con le stesse parole (Mt 11,14-26). Che se egli chiama lo Spirito divino dito di Dio, non per questo si allontana dal senso dell'espressione, anzi è per noi un bell'insegnamento per farci comprendere come si debbano interpretare i passi delle Scritture dove si parla di dito di Dio. In tutto il resto poi, che Marco e Luca omettono, non ci sono problemi; come non ce ne sono dove le espressioni sono fra loro leggermente differenti rimanendo identica la sostanza del racconto.

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CAPITOLO 39

Il sogno di Giona.

86. Prosegue Matteo: Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: " Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno " (Mt 12,38)ecc. , fino alle parole: Cosi avverrà anche a questa generazione perversa (Mt 12,45). Le stesse cose narra Luca e allo stesso posto, ma con ordine leggermente diverso (Lc 11,16). La richiesta presentata al Signore da quei tali di avere un segno dal cielo viene, ad esempio, ricordata in antecedenza, e cioè subito dopo il miracolo del muto; non vi è pero riferita la risposta che loro diede il Signore. Tale risposta, al dire dell'evangelista, fu data dopo che erano accorse le folle, e questo fa comprendere che si tratta della gente ricordata sopra, coloro cioè che chiedevano un segno dal cielo. La notizia è collocata dopo il racconto della donna che disse al Signore: Beato il grembo che ti ha portato (Lc 11,27); e questo racconto della donna è, a sua volta, inserito dopo il discorso del Signore sullo spirito immondo che, quando esce da un uomo, vi ritorna e trova la casa pulita. Narrato l'episodio della donna, nel riferire la risposta data alle turbe che chiedevano il segno dal cielo, Luca aggiunge il confronto col profeta Giona e, continuando senza interruzioni il discorso del Signore, ricorda quello che egli disse sulla regina del mezzogiorno e sui niniviti (Lc 11,17-32). Raccontando cosi le cose egli riferisce certi particolari omessi da Matteo senza per altro omettere cose che questi racconta nel presente contesto. Ognuno poi vede quanto sia inutile indagare l'ordine seguito dal Signore in questo suo discorso.

Dobbiamo infatti cacciare nella nostra testa che l'autorità degli evangelisti è la più alta che ci sia e non è una falsità se uno di loro nel riferire un discorso non lo struttura secondo l'ordine seguito da chi lo aveva pronunziato. In effetti l'ordine, o che sia cosi o che sia diverso, non tocca la sostanza delle cose. Tornando a Luca, egli ci palesa che questo discorso del Signore fu abbastanza lungo e in esso inserisce espressioni equivalenti a quelle che Matteo pone nel discorso della montagna (Lc 11,33-36 Mt 5,15 Mt 5, . Di tali parole dobbiamo supporre che furono dette due volte, cioè qui là. Terminato poi il presente discorso, Luca passa altro, nel fare cosi è incerto se si sia attenuto o meno all'ordine reale dei fatti. Egli prosegue: E mentre parlava uno dei farisei lo pregava di recarsi pranzo lui (Lc 11,37). Non dice pero l'evangelista " Mentre diceva queste cose ", ma: Mentre parlava. Se infatti avesse detto: " Mentre diceva queste cose ", ci avrebbe costretti intendere per forza che gli eventi non solo erano lui raccontati in quell'ordine ma che veramente cosi li aveva compiuti il Signore.

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CAPITOLO 40

La madre e i fratelli di Gesù.

87. Continua Matteo: Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli (Mt 12,46)ecc. , fino alle parole: Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre (Mt 12,50). Dobbiamo senza esitazioni ritenere che questo fatto accadde subito dopo il precedente, poiché, passando a raccontarcelo, l'evangelista premette le parole: Mentre egli parlava ancora alla folla. Orbene quell'ancora a cosa si riferisce se non a cio che diceva prima? Non dice infatti: "Mentre parlava alla folla, sua madre e i suoi fratelli " ecc. , ma: Mentre egli parlava ancora, espressione che di necessità dobbiamo intendere nel senso che egli stava dicendo ancora le cose esposte in precedenza. In effetti anche Marco, riportate le parole dette dal Signore sulla bestemmia contro lo Spirito Santo, scrive: E vengono la madre e i fratelli (Mc 3,31-35), omettendo alcuni avvenimenti sui quali Matteo si diffonde più di Marco, collocandoli proprio nel contesto di quel medesimo discorso del Signore. Luca è in questa narrazione ancor più diffuso di Matteo e non segue lo stesso ordine dei fatti ma, quanto al nostro episodio in particolare, lo anticipa narrandolo al momento in cui se ne ricorda e inserendolo nel contesto della narrazione in modo che sembra isolato dagli altri fatti, antecedenti e successivi (Lc 8,19-21).

Riferisce infatti alcune parabole del Signore; quindi, stando a cio che gli veniva in mente, passa a narrare l'episodio della madre e dei fratelli in questi termini: E vennero da lui sua madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarglisi a causa della folla (Lc 8,19). Nulla quindi dice del tempo quando essi arrivarono; e quando passa a descrivere gli avvenimenti successivi si esprime cosi: Ora accadde che, in uno di quei giorni, egli sali su una barca insieme con i discepoli (Lc 8,22). Dicendo che il fatto accadde in uno di quei giorni ci mostra con sufficiente chiarezza che non deve necessariamente intendersi del giorno stesso in cui il resto era accaduto né del giorno immediatamente seguente. Nessun contrasto dunque fra quel che narra Matteo sulla madre e i fratelli del Signore e quanto narrano gli altri due evangelisti: e cio, sia riguardo alle parole del Signore sia riguardo alla successione dei fatti.

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CAPITOLO 41

Il discorso sulle parabole narrate concordemente dagli Evangelisti.

88. Prosegue Matteo: Quel giorno Gesù usci di casa e si sedette in riva al mare. Si comincio a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlo loro di molte cose in parabole. E disse (Mt 13,13) ecc. , fino alle parole: Per questo ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Mt 13,52). Tutto questo dovette accadere subito dopo il racconto fatto da Matteo a proposito della madre e dei fratelli del Signore, anzi è da supporsi che l'evangelista, nel narrare i fatti, abbia mantenuto anche l'ordine secondo cui avvennero. E una supposizione basata sul motivo che egli, passando dal primo al secondo episodio, li ricollega dicendo: Quel giorno Gesù usci di casa e si sedette in riva al mare. Si comincio a raccogliere attorno a lui tanta folla. E vero che nel linguaggio biblico giorno significa talvolta "tempo "; ma, di per sé, dicendo: In quel giorno l'evangelista vuole indicarci abbastanza chiaramente che i fatti accaddero di seguito o per lo meno che non vi si interposero molti altri avvenimenti.

Questo dobbiamo a maggior ragione concludere perché anche Marco segue lo stesso ordine (Mc 4,1-34). Luca invece si diversifica (Lc 8,22-25): terminato infatti il racconto della madre e dei fratelli del Signore, passa a narrare altre cose. Egli tuttavia nel fare questo passaggio non accenna ad alcun collegamento che potrebbe contrastare con l'ordine seguito dagli altri evangelisti. Di tutte le parole che secondo Matteo furono dette dal Signore, quelle che insieme con lui hanno tramandato Marco e Luca non pongono alcun problema di incompossibilità; quelle che ci ha tramandato solo Matteo sono ancor più esenti dal far problema. Ma anche nell'ordine dei racconti, per quanto l'uno proceda in maniera diversa dall'altro sia nell'esporre le cose in se stesse sia nel riferire i propri ricordi, non saprei proprio vedere come o in che cosa siano in contrapposizione fra loro.


Agostino, Consenso Evang. 229