Agostino, Consenso Evang. 308

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CAPITOLO 8

Gesù dinanzi a Pilato.

32. Il racconto di Matteo continua cosi: Gesù stava in piedi di fronte al governatore, e il governatore lo interrogo dicendo: " Sei tu il re dei Giudei? ". Gesù rispose: " Tu lo dici ". E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse: " Non senti quante cose attestano contro di te? ". Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore. Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Quindi, mentre si trovavano riuniti, Pilato disse loro: " Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo? ". Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mando a dire: " Non aver nulla a che fare con quel giusto, perché oggi fui molto turbata in sogno per causa sua ".

Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domando: " Chi dei due volete che vi rilasci? ". Quelli risposero: " Barabba! ". Disse loro Pilato: " Che faro dunque di Gesù chiamato il Cristo? ". Tutti gli risposero: " Sia crocifisso! ". Ed egli aggiunse: " Ma che male ha fatto? ". Essi allora urlarono: " Sia crocifisso! ". Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavo le mani davanti alla folla: " Non sono responsabile del sangue di questo giusto; disse, di questo sangue; vedetevela voi! ". E tutto il popolo rispose: " Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli ". Allora rilascio loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegno loro perché fosse crocifisso (Mt 27,11-26). Tale il racconto lasciatoci da Matteo su quanto accadde al Signore dinanzi a Pilato.

33. Marco concorda con Matteo in maniera quasi completa tanto nelle parole quanto negli avvenimenti (Mc 15,2-15). Tuttavia nel riferire le parole dette da Pilato in risposta al popolo che chiedeva fosse loro rilasciato ufficialmente un detenuto si esprime cosi: Pilato rispondendo disse loro: " Volete che vi rilasci il re dei Giudei? " (Mc 15,9). Matteo al contrario aveva scritto: Quando i Giudei si furono adunati Pilato disse loro: " Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto il Cristo? " (Mt 27,17). Non fa problema l'omissione della richiesta avanzata dai Giudei che fosse messo in libertà un detenuto, ma ci si puo chiedere quali parole abbia effettivamente detto Pilato: se quelle riferite da Matteo o quelle riferite da Marco. Non sembra infatti potersi identificare l'espressione: Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto il Cristo con l'altra: Volete che vi rilasci il re dei Giudei? Ricordando pero che quella gente era solita chiamare " cristi " i loro re, qualunque termine abbia usato Pilato, è chiaro che egli intese proporre loro se volessero o meno che fosse liberato il re dei Giudei, cioè il Cristo. Né intacca il senso della frase l'omissione di Marco su Barabba; egli infatti aveva in mente di narrare soltanto le cose che avevano pertinenza con il Signore.

Del resto attraverso la risposta data dai sommi sacerdoti anch'egli ci fa sufficientemente capire chi desideravano che fosse liberato. Scrive: I sommi sacerdoti aizzarono la folla perché si facesse liberare Barabba, e prosegue: Pilato replicando ancora una volta chiese: " Cosa volete dunque che io faccia al re dei Giudei? " (Mc 15,11-12). Dal che appare cosa volesse indicare Marco con le parole Re dei Giudei e come cio equivalga al termine Cristo usato da Matteo. Il nome Cristo infatti lo si usava solo per i re dei Giudei, e cio corrisponde a quanto scrive Matteo nel passo parallelo: Diceva loro Pilato: Cosa dunque dovro fare di Gesù detto Cristo? (Mt 27,22) Similmente è per quel che aggiunge Marco e cioè: Essi allora gridarono di nuovo: Crocifiggilo! Le quali parole corrispondono a quelle di Matteo: Gli dicono tutti: Sia crocifisso! Prosegue Marco: Pilato ancora chiedeva: Che male ha fatto? Essi pero gridavano sempre più forte: Crocifiggilo! (Mc 15,13-14).

Tali parole non sono in Matteo; egli pero annota: Pilato vedendo che non approdava a nulla, anzi il tumulto andava aumentando (Mt 27,24); e continua col dirci che Pilato, volendo mostrare che si sentiva innocente a proposito del sangue di quel giusto, si lavo le mani di fronte al popolo: notizia, questa, su cui sorvolano e Marco e gli altri evangelisti ma che è molto significativa per mostrarci che anche secondo Matteo Pilato si diede da fare per ottenere dal popolo la liberazione di Gesù. Riferendosi alla stessa cosa Marco più brevemente scrive che Pilato chiese loro: Insomma, che male ha fatto?; e avviandosi alla conclusione del racconto di cio che era accaduto al Signore dinanzi a Pilato, scrive: Allora Pilato volendo dare soddisfazione alla moltitudine, rilascio loro Barabba, e dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegno loro perché fosse crocifisso (Mc 15,15). Tale infatti è il racconto di Marco su quanto accadde a Gesù in casa del preside.

34. Quel che avvenne in casa di Pilato è cosi descritto da Luca: Cominciarono allora ad accusarlo dicendo: " Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re " (Lc 23,2). Queste accuse non sono riferite dagli altri due evangelisti, sebbene essi parlino di accuse sollevate contro di lui. Luca invece è esplicito nel riferire le colpe che falsamente gli attribuivano, senza peraltro menzionare la richiesta di Pilato: Non rispondi nulla? Vedi dei quali crimini ti incolpano! (Mc 15,4)Egli continua direttamente con quanto riportano anche gli altri evangelisti, e cioè: Pilato lo interrogo: " Sei il re dei Giudei? ". Ed egli rispose: " Tu lo dici " (Lc 23,3). Questo esattamente ricordano Matteo e Marco prima di segnalare che Gesù fu interpellato sul motivo per cui non rispondeva nulla alle loro accuse (Mt 27,11 Mc 15,2). Non intacca minimamente la verità l'ordine seguito da Luca nel raccontare i fatti, come non l'intacca l'avere uno degli evangelisti omesso qualcosa che invece un altro racconta. Ecco dunque come Luca riporta i fatti: Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: " Non trovo nessuna colpa in quest'uomo ". Ma essi insistevano: " Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui ".

Udito cio, Pilato domando se era Galileo e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mando da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme. Vedendo Gesù, Erode si rallegro molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogo con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. Allora Erode, con i suoi soldati, lo insulto e lo scherni, poi lo rivesti di una bianca veste e lo rimando a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro (Lc 23,4-12).

Tutto questo, e cioè che il Signore fu inviato da Pilato ad Erode, con quanto gli accadde alla presenza di quest'ultimo, lo narra solo Luca; nel suo scritto pero riferisce cose che possiamo trovare nel racconto degli altri evangelisti sia pure in contesti differenti. Sembra quindi indubitato che gli altri evangelisti vollero narrare solamente quel che accadde in casa di Pilato finché questi non abbandono il Signore nelle mani dei Giudei perché lo crocifiggessero. Luca al contrario si concede una digressione per narrare quel che accadde nella corte di Erode ma poi, tornando ai fatti che successero in casa del preside, prosegue: Pilato allora, adunati i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, disse: " Mi avete presentato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate " (Lc 23,13-14).

Constatiamo dunque che Luca sorvola sulla richiesta fatta al Signore da Pilato su quel che dovesse rispondere agli accusatori. Egli si esprime cosi: Ma nemmeno Erode. Io infatti vi ho mandati da lui, ed ecco che non ha trovato in quest'uomo nulla che meriti la morte. Percio dopo averlo castigato, lo rilascero. Pilato poi era solito, per il giorno di festa, lasciar libero un condannato. Ora essi si misero a gridare tutti assieme: " A morte costui! Dacci libero Barabba! ". Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio. Pilato parlo loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi urlavano: " Crocifiggilo, crocifiggilo! ". Ed egli, per la terza volta, disse loro: " Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castighero severamente e poi lo rilascero ". Essi pero insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano (Lc 23,15-23). Matteo attesta anche lui che Pilato fece numerosi tentativi allo scopo di liberare Gesù e spesso ne interpello i Giudei, ma compendia il suo racconto in pochissime parole, dicendo: Pilato vedendo che non approdava a nulla, ma anzi il tumulto cresceva (Mt 27,24). L'evangelista non si sarebbe espresso in questi termini se Pilato non avesse veramente fatto molti tentativi; anche se sul numero delle volte che cerco di sottrarre Gesù alla rabbia dei nemici egli non dice nulla. Quanto a Luca, ecco com'egli conclude il racconto dei fatti accaduti davanti al preside: Allora Pilato decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rilascio colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandono Gesù alla loro volontà (Lc 23,24-25).

35. Esaminiamo adesso come le stesse cose, cioè quel che fece Pilato nei confronti di Gesù, siano riportate da Giovanni. Egli scrive: I Giudei non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Usci dunque Pilato verso di loro e domando: "Che accusa portate contro quest'uomo? ". Gli risposero: " Se non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato " (Jn 18,28-30). Queste notizie bisogna esaminarle con attenzione perché sia escluso ogni contrasto con quanto detto da Luca, e cioè che essi lo incolparono di misfatti ben precisi. Ecco le sue parole: Cominciarono ad accusarlo dicendo: " Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re " (Lc 23,2). Secondo la narrazione di Giovanni or ora citata sembrerebbe che i Giudei si rifiutarono di indicare i suoi delitti anche dopo che Pilato ebbe loro domandato: Qual è l'accusa che portate contro quest'uomo?, e gli replicarono: Se non fosse un malfattore non te l'avremmo consegnato.

In altre parole, basandosi sull'autorità che essi rivestivano, Pilato avrebbe dovuto smettere di far ricerche sulle sue colpe: lo doveva ritenere reo per il solo fatto che aveva meritato d'esser da loro consegnato alla sua autorità. Ragionevolmente quindi possiamo concludere che fu detto e quel che ricorda Giovanni e quel che ricorda Luca. Ci furono infatti molte domande e molte risposte, e da questo insieme di eventi ciascuno degli evangelisti prelevo quel che ritenne opportuno e nel suo racconto pose quel tanto che gli parve sufficiente. Cosi, lo stesso Giovanni parla delle obiezioni che a Gesù furono mosse in altre occasioni, come vedremo esaminando i testi relativi. Egli continua cosi: Disse loro Pilato: " Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge! ". Gli risposero i Giudei: " A noi non è consentito mettere a morte nessuno ". Cosi si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire. Pilato allora rientro nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: " Tu sei il re dei Giudei? ". Gesù rispose: " Dici questo da te, oppure altri te lo hanno detto sul mio conto? " (Jn 18,31-34). Questa domanda a prima vista sembra contrastare con quanto riferito dagli altri evangelisti, e cioè che Gesù rispose a Pilato: Tu lo dici (Mt 27,11 Mc 15,2 Lc 23,3), ma nel seguito del racconto Giovanni ci fa sapere che anche queste parole furono dette da Gesù. In tal modo ci mostra che anche le parole collocate nel presente contesto, sebbene omesse dagli altri evangelisti, furono ugualmente pronunciate dal Signore.

E ora bada al seguito del racconto: Pilato ribatté: " Sono forse io un Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto? ". Rispose Gesù: " Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù ". Allora Pilato gli disse: " Dunque tu sei re? ". Rispose Gesù: " Tu lo dici, io sono re " (Jn 18,35-37). Ecco il dialogo attraverso il quale si giunse al punto di cui si occupano gli altri evangelisti. In Giovanni pero il racconto prosegue ancora con parole dette in quell'occasione dal Signore ma omesse dagli altri: " Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce ". Gli dice Pilato: " Che cos'è la verità? ". E detto questo usci di nuovo verso i Giudei e disse loro: " Io non trovo in lui nessuna colpa.

Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua; volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei? ". Allora essi gridarono di nuovo: " Non costui, ma Barabba! ". Barabba era un brigante (Jn 18,37-40). Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: " Salve, re dei Giudei! ". E gli davano schiaffi. Pilato intanto usci di nuovo e disse loro: " Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa ". Allora Gesù usci, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: " Ecco l'uomo! ". Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: " Crocifiggilo! Crocifiggilo! ". Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa ". Gli risposero i Giudei: " Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio " (Jn 19,1-7).

Questa affermazione potrebbe corrispondere a quella di cui Luca nel riferire le accuse dei Giudei: Lo abbiamo trovato a sobillare la nostra gente (Lc 23,2), purché vi si aggiunga: In quanto si è proclamato Figlio di Dio. Continua Giovanni: Pilato, quand'ebbe udito queste parole ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: " Di dove sei? ". Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: " Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce? ". Rispose Gesù: " Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande ". Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: " Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare " (Jn 19,8-12). A questa accusa potrebbe corrispondere quella riferita da Luca, che cosi si esprime: L'abbiamo trovato a sobillare la nostra gente. Son parole dei Giudei, alle quali fanno seguito queste altre: Egli proibisce di pagare il tributo a Cesare e dice di essere il Cristo re (Lc 23,2).

In questa ipotesi sarebbe risolto il problema sollevato dal racconto di Giovanni dove non appare quale sia stato il delitto specifico del quale i Giudei incolparono il Signore ma che essi risposero solo in forma generica dicendo: Se costui non fosse un malfattore non te l'avremmo recato qui (Jn 18,30). Giovanni prosegue: Pilato, udendo tali parole, fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litostrotos, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, intorno all'ora sesta. Pilato disse ai Giudei: " Ecco il vostro re! ". Ma quelli gridarono: " Via, crocifiggilo! ". Disse loro Pilato: " Mettero in croce il vostro re? ". Risposero i sommi sacerdoti: " Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare ". Allora lo consegno loro perché fosse crocifisso (Jn 19,13-16). Tale la relazione che ci ha lasciato Giovanni su quel che accadde a Gesù in casa di Pilato.

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CAPITOLO 9

Gesù schernito dai soldati.

36. Continuiamo a esaminare il racconto della passione scorrendo le testimonianze lasciateci dai quattro evangelisti. Matteo comincia cosi: Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: " Salve, re dei Giudei! " (Mt 27,27-29). Lo stesso ripete Marco collocando gli eventi nello stesso contesto: I soldati allora lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo: " Salve, re dei Giudei! ". E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui (Mc 15,16-19). Dobbiamo al riguardo intendere che l'indumento messogli addosso chiamato da Matteo manto scarlatto è lo stesso di cui parla Marco dicendo che lo rivestirono di porpora.

Quel manto scarlatto usato dagli schernitori stava infatti a rappresentare la porpora regale, e in realtà esiste una qualità di porpora rossa che rassomiglia moltissimo allo scarlatto. Inoltre poté accadere che, se Marco menziona la porpora, lo fa perché anche di porpora si componeva il tessuto del manto, pur essendo questo prevalentemente di scarlatto. Tutti questi particolari sono omessi da Luca; mentre Giovanni li ricorda collocandoli prima che Pilato consegnasse Gesù ai Giudei per la crocifissione. Egli scrive: Pilato quindi prese Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e dicevano: " Salve, re dei Giudei! " e gli davano schiaffi (Jn 19,13). E ovvio quindi che Matteo e Marco riferiscono i fatti come chi voglia fare un riepilogo di cose già accadute, non intendendo quindi affermare che cio accadde quando Pilato l'aveva già condannato alla crocifissione. Giovanni infatti è esplicito nel dire che tutte queste vicende si verificarono nel tribunale di Pilato: per cui il racconto degli altri evangelisti è da prendersi come compilato da chi intende rammentare cose omesse antecedentemente. Di tale aggiunta fa parte anche quel che subito dopo dice Matteo: Sputandogli addosso gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo cosi schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo (Mt 27,30-31). Il particolare del mantello toltogli di dosso e l'altro che lo rivestirono delle sue vesti ordinarie, debbono intendersi come avvenuti alla fine, quando ormai si avviavano. La cosa è da Marco riferita in questi termini: Dopo che l'ebbero schernito, gli tolsero di dosso la porpora e gli rimisero le sue vesti (Mc 15,20).

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CAPITOLO 10

L'intervento del Cireneo.

37. Matteo prosegue: Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a caricarsi della croce di lui (Mt 27,32). E cosi Marco: Lo portano fuori per crocifiggerlo. Allora costrinsero un tale che passava, Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce di lui (Mc 15,20-21). La cosa è narrata da Luca in questi termini: Mentre lo conducevano via presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù (Lc 23,26). Giovanni scrive: Presero Gesù ed uscirono. Egli, portando la croce, si avvio verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgota, dove lo crocifissero(Jn 19,16-18). E quindi da intendersi che nel partire verso il luogo menzionato Gesù portava lui stesso la croce, mentre Simone, di cui parlano tre degli evangelisti, fu gravato di quel peso lungo il tragitto: a lui fu imposta la croce in un secondo momento e gli fu fatta portare fino al luogo menzionato. In tal modo riscontriamo che realmente accaddero tutt'e due le cose, e cioè sul principio quanto narrato da Giovanni, in seguito quello che riferiscono gli altri tre.

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CAPITOLO 11

La bevanda che fu data a Gesù.

38. Continua Matteo: Arrivarono al luogo chiamato Golgota, cioè il Calvario. Sul nome del luogo, completo accordo fra gli evangelisti (Mc 15,22 Lc 23,33 Jn 19,17); ma poi aggiunge Matteo: Gli davano da bere vino mescolato a fiele, ma lui, dopo averlo assaggiato, non volle berne (Mt 27,33-34). La cosa è presentata cosi da Marco: Gli davano da bere vino e mirra, ma lui non ne prese (Mc 15,23). Se pertanto Matteo parla di vino mescolato a fiele, lo fa per sottolineare l'amarezza di quella bevanda, in quanto il vino insieme con la mirra è di sapore amarissimo; ma poté anche succedere che quel vino fu reso amarissimo per l'aggiunta sia del fiele che della mirra. E se Marco dice che non lo prese vuol dire che non ne fece una bevuta: lo assaggio, come scrive Matteo, ma poi non volle berne (cosi ancora Matteo), ovvero non ne fece una bevuta, come scrive Marco, il quale omette il particolare dell'assaggio.

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CAPITOLO 12

Le vesti divise dai soldati.

39. Matteo continua: Dopo averlo crocifisso si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. E, sedutisi, gli facevano la guardia (Mt 27,35-36). Ugualmente Marco: Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere (Mc 15,24). E cosi anche Luca: Dopo essersi divise le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere (Lc 23,34-35). Breve dunque la narrazione dei tre sinottici; Giovanni al contrario espone più dettagliatamente come si svolsero i fatti e scrive: I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Percio dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Cosi si adempiva la Scrittura: "Si sono divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte" (Jn 19,23-24 Sal Jn 21,19).

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CAPITOLO 13

L'ora della Passione.

40. Continua Matteo: Sopra la sua testa collocarono in iscritto il motivo: Costui è Gesù, re dei Giudei (Mt 27,27). Marco prima di darci questa notizia scrive: Era l'ora terza allorché lo crocifissero (Mc 15,25) ; e quanto al motivo della crocifissione, egli ne parla dopo che ha parlato delle vesti che i soldati si divisero fra loro. E un problema che bisogna trattare con la massima attenzione per non cadere in gravi errori. Ci sono infatti degli eruditi che collocano la crocifissione del Signore all'ora terza, ritenendo poi che all'ora sesta scese quel buio che perduro fino all'ora nona, con la conseguenza che quando scese il buio il Signore era in croce già da tre ore. E la cosa potrebbe andare benissimo, se non ci fosse Giovanni a dirci che verso l'ora sesta Pilato si sedette in tribunale sul posto chiamato Litostrotos, in ebraico Gabbatà (Jn 19,13). Ecco le sue parole: Era la Parasceve della Pasqua, intorno all'ora sesta. Pilato disse ai Giudei: " Ecco il vostro re! ". Ma quelli gridarono: " Crocifiggilo, crocifiggilo! ". Disse Pilato: " Mettero in croce il vostro re? ". Risposero i sommi sacerdoti: " Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare ". Allora lo consegno loro perché fosse crocifisso (Jn 19,14-16). Se pertanto verso l'ora sesta Pilato si sedette in tribunale e consegno Gesù ai Giudei perché lo mettessero in croce, come puo dirsi che all'ora terza Gesù fu crocifisso, come ritennero alcuni che non avevano capito bene le parole di Marco ? (Mc 15,33)

41. Vediamo prima a che ora il Signore poté essere crocifisso, poi vedremo per qual motivo Marco afferma che lo crocifissero all'ora terza. Quand'egli fu consegnato ai Giudei per esser crocifisso, Pilato, come è stato notato, si assise in tribunale; ed era circa l'ora sesta. Non era l'ora sesta piena ma si era sull'ora sesta; era cioè terminata l'ora quinta e anche dell'ora sesta ne era trascorso un pochino. Gli autori sacri non usano mai dire: Cinque e un quarto, o un terzo, o cinque e mezzo, o frasi simili; ma la Scrittura è solita indicare, specie nella cronologia, il tutto per la parte. Parlando, ad esempio, degli otto giorni alla fine dei quali Gesù sali sul monte (Lc 9,28), Matteo e Marco, considerando i giorni intermedi, dicono: Dopo sei giorni (Mt 17,1 Mc 9,1). E qui è da sottolinearsi come la frase di Giovanni è molto sfumata, in quanto non dice: "Sesta", ma: Verso l'ora sesta (Jn 19,14). Ma anche se non si fosse espresso cosi e avesse detto senz'altro "ora sesta", noi potremmo intendere la frase nel modo consueto della Scrittura di cui parlavo sopra e cioè prendere il tutto per la parte. Ne risulterebbe che, quando accadde cio che gli evangelisti riferiscono sulla crocifissione del Signore, era terminata l'ora quinta e l'ora sesta era da poco iniziata, finché, al termine della medesima ora sesta, mentre il Signore pendeva ancora dalla croce, scesero le tenebre menzionate concordemente dai tre evangelisti Matteo, Marco e Luca (Mt 27,45 Mc 15,33 Lc 23,44).

42. Come conseguenza necessaria ci si presenta comunque un'indagine ulteriore sulle parole di Marco. Egli ricorda che quei tali che misero in croce Gesù se ne divisero le vesti tirando a sorte quel che toccava a ciascuno, e continuando aggiunge: Era l'ora terza e lo crocifissero (Mc 15,24-25). Aveva già detto che, avendolo messo in croce, se ne spartirono le vesti; ed è quanto sottolineano anche gli altri evangelisti. Dopo la sua crocifissione vennero divise dunque le sue vesti, e se Marco avesse voluto soltanto indicare il tempo in cui avvenne il fatto gli sarebbe bastato dire: Era l'ora terza. Perché aggiungere: E lo crocifissero? Se scrive cosi, lo fa servendosi del metodo della ricapitolazione e con le sue parole vuole significarci qualcosa che troveremo solo se lo cerchiamo. Leggendosi infatti il suo scritto in un tempo in cui tutta la Chiesa sapeva a che ora il Signore era stato inchiodato al patibolo, un simile errore poteva essere corretto e, se fosse stata una falsità, poteva essere smentita. L'affermazione pertanto è da leggersi secondo l'intenzione dell'evangelista, il quale, sapendo certamente che il Signore non fu crocifisso dai Giudei ma dai soldati - come asserisce chiaramente Giovanni (Jn 19,23)-, si propone di mettere in risalto, anche senza dirlo a parole, che a crocifiggerlo furono quelli che gridando ne ottennero la sentenza di morte più che non quegli altri che, fedeli al loro incarico, eseguirono l'ordine del loro principale.

E da ritenersi quindi che si era all'ora terza quando i Giudei gridando chiesero che il Signore venisse crocifisso (Mt 27,22-23 Mc 15,13-14 Lc 23,21-23); e si puo dimostrare con certezza che il Signore fu crocifisso quando i Giudei gridando ne reclamarono la condanna, dal momento che loro stessi, per non apparire responsabili del delitto commesso, lo consegnarono a Pilato perché lo condannasse. Lo si ricava agevolmente dalle parole che, secondo Giovanni, dissero al preside. Avendo infatti Pilato chiesto loro: Quale accusa presentate contro quest'uomo? Gli risposero: " Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato ". Allora Pilato disse loro: " Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge! ". Gli risposero i Giudei: " A noi non è consentito mettere a morte nessuno " (Jn 18,29-31). Or dunque quel che essi rifuggivano di far apparire come avvenuto per loro colpa, dice Marco che in realtà lo fecero proprio loro; e cio all'ora terza, ritenendo con piena ragione che responsabile della morte del Signore fu non tanto la mano dei soldati quanto piuttosto la lingua dei Giudei.

43. Qualcuno potrebbe dire che non si era all'ora terza quando i Giudei reclamarono per la prima volta che Gesù fosse condannato. E una supposizione pazzesca, e chi la sostiene si mostra nemico del Vangelo, a meno che non abbia vie diverse per risolvere la difficoltà. Non ci sono infatti motivi convincenti per escludere che si era all'ora terza, e quindi si deve prestare fede all'evangelista che racconta la verità, più che non alle insinuazioni del primo contestatore. Mi chiedi: Da che cosa dimostri che si era all'ora terza? Ti rispondo: Dalla fede negli evangelisti, ai quali se credi anche tu, mi dovrai mostrare in che senso abbiano detto che il Signore fu crocifisso tanto all'ora sesta quanto all'ora terza. Ad essere sinceri, infatti, dal racconto di Giovanni ricaviamo che si era all'ora sesta, mentre Marco parla di ora terza; e se crediamo io e tu ad entrambi gli evangelisti, mostrami una via diversa che spieghi come le due indicazioni temporali rispondano a verità e io mi adeguero volentieri alla tua spiegazione. A me infatti sta a cuore non la mia opinione ma la veracità del Vangelo. E magari ci fossero tante altre spiegazioni di questo problema trovate da validi interpreti! Ma finché non vengono fuori, fa' il favore d'accettare la mia e accordati con me. In effetti finché un'altra soluzione non verrà fuori, quest'unica che ti ho presentata è già valida; se poi venisse fuori qualche altra soluzione e l'autore la sapesse dimostrare, sceglieremo la migliore. L'unica cosa che non devi ritenere come conseguenza è che l'uno o l'altro dei quattro evangelisti abbia detto il falso o che ci siano errori in testi collocati nel più alto e santo vertice di autorità.

44. Ci potrà essere qualcuno che si ritenga capace di dimostrare che non era l'ora terza quando i Giudei reclamarono la crocifissione di Gesù, poiché Marco scrive: Pilato rispose loro di nuovo: Cosa dunque volete che io faccia al re dei Giudei? Ed essi gridarono di nuovo: Crocifiggilo! (Mc 15,12-13)Nel racconto di Marco pertanto non si accenna affatto ad intervalli ma ci si conduce immediatamente alla sentenza pronunziata da Pilato di crocifiggere il Signore: la qual cosa, al dire di Giovanni, accadde verso l'ora sesta. Chi la pensa cosi tenga presente che molti avvenimenti successi in quel frattempo sono stati omessi: ad esempio tutto quello che fece Pilato nell'intento di strappare Gesù alle mani dei Giudei e i numerosi tentativi da lui fatti con grandissima tenacia e in ogni modo possibile per opporsi alle loro voglie più che insane. Al riguardo scrive Matteo: Pilato chiese loro: Cosa dunque dovro fare di questo Gesù, chiamato Cristo? Gli rispondono tutti: Sia crocifisso! Noi diciamo che, quando questo accadde, si era all'ora terza. Ma lo stesso Matteo continua aggiungendo: Allora Pilato vide che non otteneva nulla, anzi il tumulto cresceva (Mt 27,22-24).

In questa serie di tentativi fatti da Pilato per liberare il Signore e nei tumulti sollevati dai Giudei in senso opposto dovettero, a quanto riteniamo, passare due ore e quindi iniziare l'ora sesta, durante la quale accadde tutto cio che narrano gli evangelisti da quando Pilato consegno il Salvatore ai Giudei fino al momento in cui scesero le tenebre. Antecedentemente Matteo inserisce questo particolare: Mentre egli sedeva in tribunale sua moglie gli mando a dire: " Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi fui molto turbata in sogno per causa sua " (Mt 27,19). In realtà Pilato sedette in tribunale più tardi; se non che, Matteo, nel riportare le cose avvenute prima, si ricordo dell'intervento della moglie di Pilato e lo volle collocare proprio in quel punto per dar risalto al motivo principale per cui egli si rifiuto sino alla fine di consegnarlo ai Giudei.

45. A quel che riferisce Luca, quando Pilato disse: Lo castighero e lo lascero libero, la folla grido tutta insieme: Fa' fuori costui e rilascia Barabba. In quel momento pero essi probabilmente non avevano chiesto che fosse crocifisso; tuttavia Pilato, sempre al dire di Luca, parlo loro di nuovo volendo rilasciare Gesù. Ma essi si misero a gridare tutti insieme: " Crocifiggilo! ". Si deve ritenere che si era all'ora terza. E Luca continua affermando che Pilato chiese loro per la terza volta: " Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castighero severamente e poi lo rilascero ". Essi pero insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano (Lc 23,16). Anch'egli quindi lascia intendere che ci fu un grande tumulto; e quel che chiese Pilato: Ma insomma che male ha fatto?, se vogliamo indagare dopo quanto tempo l'abbia chiesto, è lecito interpretare la notizia di Luca nel senso che ci dovette essere un tempo sufficiente per appurare la verità. Se poi lo scrittore aggiunge che i Giudei insistevano a gran voce e il loro gridare diventava sempre più forte, tale informazione è comprensibile solo nell'ipotesi che quei Giudei notavano l'evidente intenzione di Pilato a non consegnare loro il Signore. E siccome il rifiuto era reciso, la resa non dovette avvenire in un tempo breve ma due ore e più dovettero passare in quel tira e molla.

46. Provati a interrogare Giovanni, e vedrai quanto fu grossa l'esitazione di Pilato e per quanto tempo si rifiuto di prestarsi per quell'iniqua funzione. Il quarto evangelista narra molto più dettagliatamente la serie degli avvenimenti, per quanto nemmeno lui, com'è ovvio, descriva tutti i particolari accaduti durante quelle due ore intere e parte dell'ora sesta. In quelle ore il preside fece flagellare Gesù e concesse ai soldati di mettergli addosso la veste da burla, di farsi beffe di lui e di infliggergli molti maltrattamenti (Jn 19,1-3). Suppongo che egli agiva cosi per ammansire in qualche modo la loro furia omicida e impedire che arrivassero nella loro ferocia a chiederne la morte. Ma ecco il testo dell'evangelista: Pilato usci fuori una seconda volta e disse: " Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa ". Allora Gesù usci, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: " Ecco l'uomo! ".

Cio fece perché, vedendo quella figura cosi deturpata, si placassero; ma, al vederlo - continua l'evangelista -i sommi sacerdoti e i loro gregari seguitavano a gridare: Crocifiggilo, crocifiggilo! Questo dovette accadere all'ora terza. Ma nota come andarono poi le cose. Pilato disse loro: " Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa ". Gli risposero i Giudei: " Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio ". All'udire queste parole Pilato ebbe ancora più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: " Di dove sei? ". Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: " Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in croce e il potere di lasciarti libero? ". Rispose Gesù: " Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande ". Da quel momento Pilato cercava di liberarlo (Jn 19,4-12).

In questi tentativi fatti da Pilato per liberarlo quanto tempo pensiamo dovette trascorrere? E quante cose dovettero esser dette da Pilato e quante furono le repliche sollevate dai Giudei contro di lui, che l'evangelista ha omesso di raccontarci? Solo alla fine i Giudei gli presentarono un motivo che valse a scuotere il preside e farlo cedere. Narra Giovanni: I Giudei gridarono: " Se liberi costui non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare ". Udite queste parole Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litostrotos, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, verso l'ora sesta (Jn 19,12-14). Se ne deduce che da quando i Giudei gridarono per la prima volta: Crocifiggilo! (e si era all'ora terza) fino al momento in cui Pilato sedette in tribunale, tra le riluttanze del preside e il vociare dei Giudei in tumulto, dovettero passare due ore e, terminata l'ora quinta, si era entrati da poco nell'ora sesta. A quel punto Pilato disse ai Giudei: Ecco il vostro re.

Ma loro seguitavano a vociare: Via! Crocifiggilo! (Jn 19,14-15)Pilato non si lasciava facilmente spaventare nemmeno dal timore di quella calunnia; e fu in quella situazione, cioè mentre egli sedeva in tribunale, che la moglie gli mando a dire quanto riferito da Matteo (Mt 27,19), il solo che, anticipando i fatti, ricorda questo particolare quando, seguendo il filo del suo racconto, arriva al punto che ritenne giusto per inserirvelo. Pilato fece altri tentativi per ottenere un qualche risultato e disse loro: Debbo dunque crocifiggere il vostro re? Risposero i sommi sacerdoti: " Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare ". Allora lo consegno loro perché fosse crocifisso (Jn 19,15-16). E si mettono in cammino. Gesù è crocifisso insieme a due briganti; i soldati se ne dividono le vesti e gettano le sorti sulla tunica, sempre e in vari modi beffeggiando il condannato. E vero che i fatti raccontati dall'evangelista e gli insulti rivolti al Signore accaddero contemporaneamente, ma è facile supporre che in tal modo trascorse l'ora sesta e sopraggiunse quel buio di cui parlano Matteo, Marco e Luca (Mt 27,45 Mc 15,33 Lc 23,44).

47. Scompaia dunque ogni ostinazione blasfema, e si creda che il Signore Gesù Cristo fu crocifisso e all'ora terza mediante la lingua dei Giudei e all'ora sesta per mano dei soldati. In realtà nel tumultuare dei Giudei e nell'esitare di Pilato dovettero passare due ore e più, computando il tempo da quando cominciarono a gridare che lo mettesse in croce. Ma c'è di più. Marco stesso, che è uno scrittore amante della brevità quant'altri mai, ha scelto una forma sintetica per descrivere la volontà e gli sforzi di Pilato per rimandare vivo il Signore. Scrive: Ma quelli gridarono di nuovo: " Crocifiggilo! ", mostrando con cio che essi già avevano gridato una prima volta chiedendo la liberazione di Barabba. E continua: Pilato domandava loro: " Ma insomma che male ha fatto? ", usando un'espressione che nella sua brevità manifesta la durata dei fatti. Pensando infatti anche lui al senso che intendeva doversi dare alle sue parole non scrive: " Pilato domando loro ", ma: Pilato domandava loro: Insomma che male ha fatto? Se infatti avesse usato l'aoristo "domando", avremmo potuto intendere che ci fu una sola richiesta; ma usando l'imperfetto domandava, l'evangelista segnala a chi è in grado di capire la cosa che la domanda fu rivolta loro parecchie volte e in più modi finché non giunse l'ora sesta. Consideriamo dunque quanto sia stato breve il racconto di Marco in confronto con quello di Matteo, quanto breve il racconto di Matteo in confronto con quello di Luca, quanto breve quello di Luca confrontato con quello di Giovanni, ricordando pero ognuno fatti distinti, e finalmente quanto breve lo stesso racconto di Giovanni rapportato ai fatti che dovettero in realtà accadere e al tempo che fu necessario perché accadessero.

In tal modo, deposta l'insana pretesa di contrapporci al Vangelo, riterremo senza difficoltà che in quel succedersi di avvenimenti poterono trascorrere due ore e qualcosa di più.

48. Qualcuno puo obiettare: Se le cose stanno davvero cosi, Marco, il quale dice che l'ora da lui chiamata terza corrispondeva effettivamente all'ora terza e che quello era il momento in cui a gran voce i Giudei chiesero che il Signore fosse crocifisso, poteva lui stesso aggiungere la nota che, cosi facendo, essi in quel momento confissero sulla croce Gesù. E questo un imporre con indebita superbia i propri canoni a chi non intende altro che narrare la verità. In conseguenza di cio si potrebbe anche concludere che, se egli avesse narrato le cose in tal modo, il racconto fatto da tutti gli altri sarebbe dovuto procedere allo stesso modo e ordine con cui egli lo aveva stilato. Si degni pertanto [chi cosi obietta] consentire che alla sua opinione venga anteposta quella dello stesso evangelista Marco, che ritenne opportuno disporre i fatti conforme a lui suggerito dall'ispirazione divina. Le reminiscenze degli scrittori sacri sono infatti sottoposte alle direttive di colui che, come sta scritto, sistema le acque come meglio crede (Cf. Sal 28,3; 32,7; 76,17; Mc 4,41 Lc 8,25). Quanto invece alla memoria dell'uomo è noto che ondeggia da un pensiero all'altro, e nessuno puo determinare cosa gli sovvenga nei diversi momenti. Se quindi si va a indagare sul modo di procedere di quegli uomini santi e veritieri, è da ritenersi che abbiano affidato i loro ricordi, di per sé casuali e contingenti, al potere misterioso di Dio, dinanzi al quale nulla è fortuito, perché stabilisse lui l'ordine della narrazione.

Ora se le cose stanno davvero cosi, nessun uomo che non voglia allontanarsi del tutto dagli occhi di Dio per vagare lontano da lui sarà mai autorizzato a dire: " La tal cosa doveva essere collocata in questo e non in quel posto ", dal momento che non sa assolutamente per qual motivo Dio l'abbia fatta scrivere li e non altrove. In effetti, se il nostro Vangelo è - come dice l'Apostolo -coperto da un velo, lo è per coloro che vanno in perdizione (2Co 4,3). E già prima aveva detto: Per gli uni siamo odore di vita che conduce alla vita, per gli altri odore di morte che conduce alla morte; e subito aveva continuato: Ma chi è in grado di [discernere] tali cose? (2Co 2,16)Vale a dire: Chi è in grado di comprendere quanto giustamente accadano cose come queste? Al riguardo diceva lo stesso nostro Signore: Io son venuto perché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi (Jn 9,30). Siamo in realtà in quell'abisso della ricchezza della scienza e sapienza di Dio (Rm 11,33) da cui deriva che da uno stesso impasto venga formato un vaso per usi nobili e un altro per usi vili; e a un tal uomo nato dalla carne e dal sangue si dice: O uomo, chi sei tu per sollevarti contro Dio? (Rm 9,20)

Anche nel nostro campo dunque è da chiedersi: Chi mai è penetrato nella mente di Dio?, o chi è stato suo consigliere (Rm 11,34 Sg 9,13) allorché egli dirigeva il cuore degli evangelisti e ne suggeriva i ricordi? E stato infatti lui, e non altri, a porli nella sommità più alta e autorevole della Chiesa, permettendo insieme che proprio per quelle loro affermazioni che possono apparire contraddittorie molti vengano accecati (e sono coloro che vengono abbandonati perché seguano le voglie insane del loro cuore e relativi sentimenti riprovevoli (Rm 1,24-28) ), mentre molti sono stimolati ad affinare la propria intelligenza e la propria pietà. Non è da vedersi in tutto cio un tratto dell'occulta giustizia dell'Onnipotente? Come dice il profeta rivolto al Signore: Troppo profondi sono i tuoi pensieri, e l'insipiente non li conosce, lo stolto non li comprende (Sal 91,6-7).

49. Mi sia qui consentita una richiesta, che è anche un richiamo, rivolta a quanti leggeranno le presenti considerazioni ricavate ed esposte con l'aiuto del Signore. Quanto ho ritenuto esser mio dovere inserire in questo punto della trattazione vogliano tenerlo presente nell'affrontare ogni problema che contenga le stesse difficoltà. Saranno cosi evitate inutili ripetizioni. Pertanto, chiunque vorrà esaminare le cose con cuore non indurito nell'incredulità scorgerà facilmente con quanta esattezza Marco abbia collocato il fatto nell'ora terza, volendo in tal modo inculcare a chi legge che proprio in quell'ora i Giudei crocifissero il Signore (Mc 15,25-33). E se viene ricordato anche il momento in cui i soldati fungendo loro da servi eseguirono la condanna, rimane vero che furono i Giudei a far ricadere il loro delitto sui Romani, fossero comandanti o semplici soldati. Scrive l'evangelista: Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere (Mc 15,24). Chi fece questo se non i soldati, come dice Giovanni? (Jn 19,23). Ma affinché nessuno togliesse ai Giudei la responsabilità d'un cosi orrendo delitto per riversarla sui soldati scrive: Quando lo crocifissero era l'ora terza. Se ne conclude che responsabili della crocifissione furono soprattutto coloro che in quell'ora elevarono le grida. Cio riscontrerà chiunque dopo indagini accurate dovrà concludere che la crocifissione eseguita dai soldati avvenne solo all'ora sesta.

50. Non mancano esegeti che vorrebbero identificare l'ora terza della Parasceve, ricordata da Giovanni con le parole: Era la Parasceve verso l'ora sesta (Jn 19,14), con l'ora in cui Pilato sedette in tribunale. Ne seguirebbe che, terminata la stessa ora terza, il Signore fu crocifisso; rimase poi sospeso al patibolo per altre tre ore e alla fine spiro. Al momento della morte, cioè all'ora sesta, scesero le tenebre, che durarono fino all'ora nona. A detta di questi interpreti il giorno dopo del quale veniva il sabato era, si, la Parasceve della Pasqua dei Giudei che cominciavano a celebrare gli Azzimi il sabato stesso; ma la vera Pasqua, la Pasqua dei Cristiani, non dei Giudei, si realizzava nella Passione del Signore. Ora questa Pasqua la si comincio a preparare - ebbe cioè la sua Parasceve - fin dall'ora nona della notte: da quando cioè i Giudei iniziarono i preparativi per uccidere il Signore. Il nome Parasceve significa infatti preparazione. Se dunque il computo del tempo lo facciamo iniziare dall'ora nona della notte e lo protraiamo fino al momento della crocifissione, rientrano in esso e l'ora sesta della Parasceve menzionata da Giovanni e l'ora terza del giorno di cui parla Marco. Non occorrerebbe più dire, in tal ipotesi, che Marco ricordandosi dell'ora in cui i Giudei gridarono: Crocifiggilo, crocifiggilo! la riferisce in quel contesto come uno che proceda ricapitolando. Egli parlerebbe esattamente dell'ora in cui il Signore fu inchiodato alla croce. Chi tra i fedeli non accetterebbe questa soluzione per il nostro spinoso problema se si potesse trovare un qualche motivo valido per sostenere che proprio dall'ora nona della notte comincio la Parasceve della nostra Pasqua, vale a dire la preparazione della morte di Cristo? Se infatti diciamo che essa comincio quando il Signore fu arrestato dai Giudei, si era all'inizio della notte; se la facciamo cominciare al momento in cui egli fu condotto in casa del suocero di Caifa, dove si tennero anche le udienze del processo da parte dei sommi sacerdoti, non aveva ancora cantato il gallo, come ricaviamo dalla notizia del rinnegamento di Pietro, che accadde durante quell'udienza; se dal momento in cui Gesù fu condotto da Pilato, si era già al mattino, com'è scritto con assoluta chiarezza.

Non ci resta altro se non collocare l'inizio della Parasceve della Pasqua, cioè della preparazione della morte del Signore, nel momento in cui ebbero inizio le udienze e tutti i sommi sacerdoti sentenziarono: Egli è reo di morte. Tale affermazione noi troviamo in Matteo e Marco, i quali se collocano più tardi la negazione di Pietro, li si deve intendere come chi usando il metodo della ricapitolazione, colloca più tardi quello che era avvenuto prima. Non risulta pertanto assurda la congettura di identificare l'ora nona della notte con il momento in cui, come ho detto, i Giudei sentenziarono che egli era reo di morte. Da quell'ora fino a quando Pilato sedette in tribunale si giunse più o meno all'ora sesta, non del giorno ma della Parasceve, cioè della preparazione della morte del Signore, che è la vera Pasqua. Quando poi l'ora sesta di detta Parasceve fu completa - e cio coincideva con l'ora terza del giorno giunta anch'essa a compimento - il Signore fu sospeso al patibolo. Si puo dunque scegliere o questa interpretazione o l'altra, secondo la quale Marco avrebbe parlato di ora terza per esprimere fortemente la condanna dei Giudei colpevoli della crocifissione del Signore. Secondo questo evangelista, avendo essi a forza di grida ottenuto la sua condanna, si dovrebbe concludere che a crocifiggere il Signore furono loro più che non quegli altri che con le proprie mani lo sospesero alla croce.

E un caso analogo a quello del centurione, del quale si dice che al Signore si avvicino lui personalmente più che non quei suoi amici che egli aveva inviati avanti a sé (Mt 8,5 Lc 7,1). Senza esitazione quindi diamo per risolta la questione della cronologia dei fatti della Passione, questione che più d'ogni altra suole eccitare la stizza impudente degli attaccabrighe e turbare altri, nello stesso tempo deboli e ignoranti.


Agostino, Consenso Evang. 308