Agostino - Genesi





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LA GENESI DIFESA CONTRO I MANICHEI
Libro 1
Libro 2

LA GENESI ALLA LETTERA (inconcluso)
Libro primo

LA GENESI ALLA LETTERA
Libro I
Libro II
Libro III
Libro IV
Libro V
LIbro VI
Libro VII
Libro VIII
Libro IX
Libro X
Libro XI
Libro XII


LA GENESI DIFESA CONTRO I MANICHEI



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LIBRO PRIMO

Occorre confutare i manichei con argomenti chiari e linguaggio comune.

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1. 1. Se i manichei scegliessero le persone per ingannarle, sceglieremmo anche noi le parole per confutarli. Ma poiché essi, al contrario, da una parte raggiungono i dotti con i loro scritti e dall'altra i non istruiti con il loro errore, e anzi, quando promettono la verità, fanno ogni sforzo per allontanare (la gente) da essa, i loro errori devono essere confutati non già con un linguaggio adorno e forbito ma con argomenti del tutto evidenti. Mi è parso infatti giusto il parere espresso da alcuni uomini che sono degli autentici cristiani; essi, pur essendo versati nelle arti liberali, tuttavia, dopo aver letto gli altri nostri libri da noi pubblicati contro i manichei, hanno osservato che non sarebbero stati compresi affatto o solo difficilmente dalle persone non istruite. Essi quindi, con molta benevolenza, mi hanno consigliato di non abbandonare il modo di parlare comune se mi stava a cuore di estirpare dalla mente degli ignoranti quegli errori tanto funesti. Questo linguaggio comune e semplice è infatti capito da tutti, mentre quell'altro non è compreso dalle persone incolte.

Perché sono da confutare le critiche dei manichei all'Antico Testamento.

1. 2. I manichei dunque sono soliti criticare le Scritture dell'Antico Testamento anche senza conoscerle e con le loro critiche prendere in giro e ingannare i nostri fedeli deboli e semplici che non sanno come controbatterli, in quanto non c'è alcuna Scrittura che non possa essere facilmente criticata presso coloro che non la conoscono. Ma la divina provvidenza permette che esistano molti eretici con errori diversi affinché, quando ci scherniscono e c'interrogano su argomenti che non conosciamo, almeno in questo modo ci scrolliamo di dosso l'indolenza e desideriamo di conoscere le Sacre Scritture. Ecco perché anche l'Apostolo dice: È necessario che vi siano delle eresie, affinché si riconoscano tra voi quelli che sono di provata virtù. Agli occhi di Dio sono infatti persone di provata virtù coloro che sono in grado d'insegnare in modo retto, ma non possono essere riconosciuti dagli uomini se non quando insegnano, e non desiderano insegnare se non a coloro che lo richiedono. Molti però sono pigri a ricercare (la verità) se dalle difficoltà che provano nelle discussioni con gli eretici e dagli scherni che ne ricevono non venissero - per così dire - destati dal sonno e non si vergognassero della loro ignoranza e non si rendessero conto di correre pericolo proprio a causa della loro ignoranza. Se tali persone hanno una fede salda, non si arrendono agli eretici ma cercano accuratamente di sapere che cosa ribattere ad essi. Dio però non abbandona queste persone facendo in modo che chiedendo ottengano, cercando trovino e bussando venga loro aperto. Coloro invece che non hanno speranza di trovare nella dottrina cattolica la verità che cercano di conoscere, rimangono schiacciati dagli errori; se però continueranno a cercare con perseveranza, dopo gravi fatiche stanchi ed assetati, anzi quasi morti, torneranno alle stesse sorgenti da cui s'erano allontanati.

Prima critica, al versetto 1 della Genesi: Che faceva Dio prima della creazione?

102(Gn 1,1)
2. 3. I manichei dunque sono soliti fare le seguenti critiche al primo libro dell'Antico Testamento intitolato La Genesi. Quanto a ciò che sta scritto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, essi ci rivolgono questa domanda: "In quale principio?", e ci fanno anche la seguente obiezione: "Se Dio creò il cielo e la terra al principio del tempo, che cosa faceva prima di creare il cielo e la terra? E perché decise all'improvviso di fare ciò che non aveva fatto mai in precedenza nel corso dei tempi eterni?". A costoro noi rispondiamo che fu Dio a creare il cielo e la terra nel principio ma non al principio del tempo, ma in Cristo, essendo Egli col Padre il Verbo per mezzo del quale e nel quale è stata creata ogni cosa. Nostro Signore Gesù Cristo infatti, ai Giudei che gli chiedevano chi egli fosse, rispose: Io sono il Principio, lo stesso che sto parlando a voi. Ma anche se credessimo che Dio creò il cielo e la terra all'inizio del tempo, dobbiamo in ogni modo capire che prima dell'inizio del tempo il tempo non esisteva. Fu infatti Dio che creò i tempi e perciò, prima che creasse i tempi, i tempi non esistevano. Non possiamo dunque affermare che esistesse alcun tempo quando Dio non aveva creato ancor nulla. In qual modo infatti poteva esserci un tempo che Dio non aveva creato, dal momento che è lui l'artefice di tutti i tempi? Se inoltre il tempo cominciò ad esistere insieme col cielo e con la terra, non si può trovare un tempo in cui Dio non aveva ancora creato il cielo e la terra. Quando poi si obietta: "Perché mai Dio decise all'improvviso?", si fa un'obiezione come se (prima) fossero passati dei tempi in cui Dio non aveva creato nulla. Non poteva infatti passare il tempo che Dio non aveva ancora creato, dal momento che non può essere creatore dei tempi se non Colui che esiste prima della successione dei tempi. Certamente gli stessi manichei leggono, lodano e onorano l'apostolo Paolo ma, interpretando male le sue lettere, traggono in inganno molte persone. Ci dicano dunque che cosa vuol dire l'apostolo Paolo quando parla della conoscenza della verità conforme alla pietà verso Dio e in vista della speranza della vita eterna, che il Dio che non mentisce ha promessa prima dei tempi eterni. Ora che cosa avrebbero potuto avere prima di loro i secoli eterni? Questo dovrebbero essere costretti a spiegarci costoro perché capiscano di non capire, quando a vanvera criticano ciò che avrebbero dovuto indagare con diligenza.

Si contesta che Dio stabilì all'improvviso di creare il mondo.

2. 4. Supponiamo però che non dicano: "Come mai Dio decise all'improvviso di creare il cielo e la terra?", ma tolgano dalla frase l'avverbio "all'improvviso" e dicano soltanto: "Perché Dio decise di creare il cielo e la terra?". Noi infatti non diciamo che questo mondo è coevo a Dio, poiché l'eternità di questo mondo non è la medesima di quella di Dio; certamente Dio fece il mondo e così, con la stessa creatura che Dio fece, i tempi iniziarono ad essere, e perciò sono detti tempi eterni. I tempi tuttavia non sono eterni com'è eterno Dio, per il fatto che Dio esiste prima della successione dei tempi essendo lui l'artefice dei tempi; allo stesso modo che sono buone tutte le cose create da Dio, ma non sono buone com'è buono Dio poiché è stato lui a crearle, mentre quelle sono state create. Dio però non le ha generate dal proprio essere affinché fossero ciò che è lui, ma le ha create dal nulla affinché non fossero uguali né a lui, dal quale sono state create, né al proprio Figlio per mezzo del quale sono state create, poiché ciò è giusto. Se dunque costoro domanderanno: "Per qual motivo Dio decise di creare il cielo e la terra?" si deve rispondere loro ch'essi, i quali desiderano conoscere la volontà di Dio, imparino prima a conoscere il potere della volontà umana. Essi infatti desiderano conoscere le cause della volontà di Dio mentre la stessa volontà di Dio è la causa (efficiente) di tutto ciò che esiste. Poiché, se la volontà di Dio ha una causa, questa è qualcosa di antecedente alla sua volontà, ma è un'empietà credere una simile cosa. A chi dice: "Perché Dio creò il cielo e la terra?" occorre rispondere: "Perché lo volle". La volontà di Dio è infatti la causa della creazione del cielo e della terra, e perciò la volontà di Dio è maggiore del cielo e della terra. Chi poi chiede: "Perché volle fare il cielo e la terra?" cerca qualcosa di più grande della volontà di Dio; nulla di più grande può infatti trovarsi. La temerità umana dunque si freni e non indaghi ciò che non esiste, per evitare il pericolo di non trovare ciò che esiste. Se per altro uno desidera conoscere la volontà di Dio, deve diventare amico di lui poiché, se uno volesse conoscere la volontà di un altro, di cui non fosse amico, tutti si befferebbero della sua impudenza e stoltezza. Ma nessuno può diventare amico di Dio se non mediante la purezza cristallina dei costumi (e la speciale virtù) ch'è il fine del precetto, di cui l'Apostolo dice: Lo scopo del precetto è però la carità che nasce da un cuore puro, da una buona coscienza e dalla fede senza finzione; se costoro avessero questa virtù, non sarebbero eretici.

Si difende Gn 1,2: La terra era invisibile, ecc.

103(Gn 1,2)
3. 5. Quanto poi al secondo versetto del libro della Genesi: Ma la terra era invisibile 8 e confusa, i manichei lo criticano dicendo: "In qual modo Iddio creò nel principio il cielo e la terra, se la terra era appunto invisibile e confusa?". In questo modo costoro, volendo criticare le Scritture divine prima di conoscerle, non comprendono neppure le cose più evidenti. Che cosa infatti poteva dirsi di più evidente di questa affermazione: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, la terra però era invisibile e confusa? Essa vuol dire: "Nel principio Dio creò il cielo e la terra ma la terra stessa, creata da Dio, era invisibile e confusa, prima che Dio, con ordinata distinzione, disponesse le forme di tutte le cose al proprio posto e nelle sedi loro proprie, prima che ordinasse: Vi sia la luce, e: Vi sia il firmamento, e: Si radunino le acque, e: Appaia la terraferma, e tutto il resto che nel medesimo libro viene esposto per ordine nel modo che possano capirlo anche i bambini". Tutte queste cose contengono misteri si grandi che chiunque è giunto a capirli compiange la spudoratezza di tutti gli eretici, poiché sono uomini, o se ne fa beffe poiché sono superbi.

La luce del sole e la luce di Dio.

3. 6. Nel medesimo libro subito dopo è detto: E le tenebre erano sopra l'abisso. I manichei criticano questa frase col dire: "Era dunque nelle tenebre Dio prima di creare la luce?". Veramente nelle tenebre dell'ignoranza sono proprio essi, e perciò non hanno un'idea della luce in cui regnava Dio prima di creare la luce di questa terra! Costoro infatti conoscono soltanto la luce che vedono con gli occhi del corpo. Ecco perché il sole di questa terra, che noi ugualmente vediamo non solo con gli animali più grandi ma anche insieme con le mosche e con i vermiciattoli, essi lo adorano fino al punto di affermare ch'esso è una particella della luce in cui abita Dio. Noi al contrario dobbiamo comprendere ch'esiste un'altra luce in cui abita Dio, dalla quale deriva la luce di cui nel Vangelo si legge: Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. La luce del sole di quaggiù infatti non illumina l'uomo tutto intero, ma solo il corpo e gli occhi mortali dell'uomo, rispetto ai quali ci superano gli occhi delle aquile che si dice guardano il sole di questo mondo molto meglio di noi. Quell'altra luce invece non diletta gli occhi degli uccelli, i quali sono privi di ragione, ma il cuore puro di tutti coloro che credono in Dio e si staccano dall'amore delle cose visibili e temporali e si applicano ad adempiere i suoi comandamenti. Questa possibilità l'hanno tutti gli uomini purché lo vogliano, poiché quella luce illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Le tenebre dunque erano sopra l'abisso prima che fosse creata la luce di questo mondo, della quale si parla in questo passo subito dopo.

Si dimostra che le tenebre non sono nulla.

104 (Gn 1,3)
4. 7. Dio allora ordinò: Vi sia la luce, poiché ove non è la luce vi sono le tenebre; non che le tenebre siano qualcosa di reale, ma è chiamata "tenebra" la stessa assenza della luce. Allo stesso modo il silenzio non è qualcosa di reale, ma si chiama "silenzio" la mancanza di rumore. Così pure la "nudità" non è qualcosa di reale, ma si chiama nudità lo stato d'un corpo non coperto da un vestito. Neanche il "vuoto" è una cosa concreta, ma si chiama vuoto un luogo in cui non c'è alcun oggetto materiale. Così le tenebre non sono una cosa reale, ma viene chiamata "tenebra" la mancanza di luce. Noi diciamo questo perché i manichei dicono sovente: "Come mai sull'abisso potevano regnare le tenebre prima che Dio creasse la luce? Chi le aveva create o generate? Oppure, se non le aveva create o generate nessuno, le tenebre erano eterne", come se le tenebre fossero qualche realtà concreta, mentre - come è stato detto - ha ricevuto questo nome l'assenza della luce. Ma poiché i manichei, tratti in inganno dalle loro favole, credevano ci fosse una regione delle tenebre, in cui dimorano corpi con forme materiali e dotati d'anima, per questo pensano che le tenebre siano qualcosa di concreto, ma senza capire che noi abbiamo la sensazione delle tenebre solo quando non vediamo, allo stesso modo che non abbiamo la percezione del silenzio se non quando non avvertiamo dei suoni. Orbene, le tenebre non sono nulla come non è nulla il silenzio. Come però costoro dicono che il popolo delle tenebre combattè contro la luce di Dio, così anche un altro stolto potrebbe dire ugualmente che il popolo dei silenzi combattè contro la voce di Dio. Ma adesso noi non ci siamo assunti il compito di confutare e smentire tali menzogne. Per ora abbiamo stabilito, nella misura delle forze che il Signore si degnerà di accordarci, di difendere le affermazioni dell'Antico Testamento criticate da costoro e, a proposito di esse, dimostrare che contro la volontà di Dio non ha alcun potere la cecità degli uomini.

In che senso lo Spirito si portava sulle acque (Gn 1, 2).

105 Gn 1,2
5. 8. I manichei inoltre sono soliti criticare l'asserzione della Scrittura che dice: e lo Spirito di Dio si portava al di sopra delle acque, dicendo: "Era dunque forse l'acqua la dimora dello Spirito di Dio e conteneva forse lo Spirito di Dio?". Costoro tentano di stravolgere tutto con il loro spirito perverso, ma restano accecati dalla loro malizia. Quando infatti noi diciamo: "E sole si porta sopra la terra", vogliamo forse intendere con ciò che il sole abita sulla terra e la terra contiene il sole? Tuttavia lo Spirito di Dio non si portava al di sopra delle acque allo stesso modo che il sole si porta sopra la terra, ma in modo diverso, compreso solo da pochi. Lo Spirito infatti non si portava al di sopra delle acque attraverso lo spazio come si porta il sole, bensì mediante la potenza della sua invisibile, eccelsa superiorità. Ci dicano allora questi individui in qual modo sugli oggetti da costruire si porta la volontà dell'artefice. Se però non comprendono queste cose umane e quotidiane, cerchino d'avere sentimenti di religioso rispetto verso Dio e di capire con animo sincero ciò che non capiscono affinché, mentre desiderano di abbattere con discorsi sacrileghi la verità che non sono capaci di vedere, la scure non torni indietro sulle loro gambe. La verità infatti non può essere distrutta poiché resta immutabile, ma i colpi di qualsiasi specie diretti contro di essa ricadono con violenza maggiore contro coloro che ardiscono abbattere ciò che dovrebbero credere per meritare di capirlo.

"Acqua" in questo passo indica la materia informe.

5. 9. Costoro poi sollevano quest'altra questione e con tono sprezzante ci domandano: "Donde proveniva l'acqua, al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio? Nelle righe precedenti dice forse la Scrittura che Dio aveva creato l'acqua"? Se costoro cercassero di comprendere la frase con spirito di fede, scoprirebbero come dev'essere intesa. Poiché in questo passo l'acqua non è chiamata così in modo che sia intesa nel senso di quella che possiamo vedere e toccare adesso; allo stesso modo neppure la terra che nella Scrittura è detta confusa e invisibile era tale e quale questa che ora può vedersi e toccarsi. Quanto invece all'affermazione della Scrittura: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, con l'espressione "cielo e terra" viene indicato tutto l'universo creato e ordinato da Dio. Queste realtà sono denotate con un termine proprio di quelle visibili a causa della debolezza dei piccoli, che sono meno capaci di comprendere le realtà invisibili. Da principio fu dunque creata la distinte e formate; credo che ciò i greci lo chiamino. Così infatti anche in un altro passo della Scrittura, tra le lodi di Dio, leggiamo la frase: Tu che hai creato il mondo da una materia senza forma, o, come hanno altri manoscritti: da una materia invisibile.

Con la materia informe, da lui creata, Dio creò l'universo.

106
6. 10. Ecco perché è assolutamente conforme alla ragione credere che Dio creò tutto dal nulla poiché, anche se tutte le cose con le loro forme particolari furono create a partire da questa materia, tuttavia questa stessa materia fu creata dal nulla assoluto. Noi infatti non dobbiamo assomigliare a siffatti individui i quali non credono che Dio onnipotente potesse creare qualcosa dal nulla in quanto vedono che gli artefici e gli operai di qualsiasi specie non possono costruire alcun oggetto se non hanno una materia con cui foggiare o fabbricare qualcosa. In realtà, perché possa compiere la sua opera, al carpentiere occorre il legname, all'argentiere l'argento, all'orefice l'oro, al vasaio l'argilla. Se infatti essi non si servono della materia con cui fanno un oggetto, non possono far nulla, in quanto non sono essi a creare la materia. Non è certamente il carpentiere che crea il legno e così dicasi di tutti gli altri di simil genere. Dio onnipotente, al contrario, non aveva bisogno di servirsi d'alcuna cosa non creata da lui per compiere ciò che voleva. Poiché, se per le cose che voleva creare gli fosse servita qualcosa ch'egli non aveva creato, non era onnipotente; ma credere una simile cosa è un sacrilegio.

Perché la materie informe è chiamata terra invisibile, acqua, ecc.

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7. 11. La materia informe che Dio aveva creata dal nulla fu dunque chiamata dapprima "cielo e terra" e (la Scrittura) dice: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, non perché ciò esistesse già, ma perché poteva esistere, dato che (la Scrittura) dice pure che il cielo fu creato in seguito. Allo stesso modo che, se consideriamo il germe di un albero, potremmo dire che in esso sono le radici, il tronco, i rami, i frutti e le foglie, non perché vi siano già, ma perché nasceranno da esso; così (la Scrittura) dice: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, creò cioè come una specie di seme dei cielo e della terra, essendo ancora confusa la materia del cielo e della terra. Ma poiché era certo che da quel seme doveva aver origine il cielo e la terra, la stessa materia è chiamata precisamente "cielo e terra". Questo modo d'esprimersi lo usa anche il Signore allorché dice: Non vi chiamerò più servi, poiché il servo non sa che cosa fa il suo padrone. Io invece vi ho chiamati amici, poiché tutto ciò ch'io ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi; non perché ciò fosse già avvenuto, ma perché sarebbe avvenuto con assoluta certezza. Infatti poco dopo dice loro: Ho ancora da dirvi molte cose, ma per ora non siete in grado di portarne il peso. Perché dunque aveva detto: Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi, se non perché sapeva che avrebbe fatto così? Allo stesso modo poté essere chiamata "cielo e terra" la materia con cui ancora non era stato fatto il cielo e la terra, ma che tuttavia non doveva esser fatto con alcun altro elemento. Innumerevoli sono le espressioni di tal genere che si trovano nelle Sacre Scritture. Allo stesso modo avviene nel nostro parlare ordinario quando d'una cosa che speriamo si avvererà con assoluta certezza noi diciamo: "Fa' conto che sia già fatta".

7. 12. Oltre a ciò questa materia ancora informe (la Scrittura) volle chiamarla anche "terra invisibile e caotica" perché, tra tutti gli elementi del mondo, la terra pare meno bella di tutti gli altri. La chiamò, inoltre, "invisibile" per la sua oscurità e "caotica" per il suo stato informe. La stessa materia la chiama altresì "acqua", al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio allo stesso modo che la volontà dell'artefice si porta sugli oggetti da foggiare. Sebbene solo l'intelligenza di pochi sia capace d'intendere questo concetto, non so tuttavia se anche solo pochi possano esprimerlo con termini del linguaggio umano. Per conseguenza senza dubbio questa materia fu chiamata non illogicamente anche "acqua" poiché tutte le cose che nascono sulla terra, sia gli animali che gli alberi o le erbe e cose dello stesso genere, cominciano a formarsi e a nutrirsi con sostanze liquide. Tutti i suddetti nomi, dunque, sia "cielo e terra", sia "terra invisibile e caotica", sia "abisso con le tenebre", sia "acqua al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio" son termini denotanti la materia informe, per far capire agli ignoranti una realtà sconosciuta con vocaboli noti, e non già con un solo vocabolo ma con molti perché, se fosse stato uno solo, non si credesse che si trattasse d'una cosa che si era soliti intendere con quel termine. Fu dunque chiamata "cielo e terra" perché da essa sarebbe derivato il cielo e la terra. Fu chiamata "terra invisibile e caotica", e "tenebre sopra l'abisso" per il fatto di essere informe, poiché, essendo priva di forma, non poteva né vedersi né toccarsi neanche se ci fosse stato uno che vedesse e toccasse. Fu chiamata "acqua" perché si prestava facilmente e docilmente al potere dell'Artefice che lavorava, affinché mediante essa fossero formate tutte le cose. Con quei nomi dunque veniva denotata la materia invisibile e informe, a partire dalla quale Dio creò l'universo.

Si confuta la calunnia dei manichei circa Gn 1, 4. 8. 13.Dio poi ordinò: Vi sia la luce. E la luce fu fatta.

Gn 1,4 Gn 1,8 Gn 1,13
I manichei son soliti criticare non questa frase ma quella seguente: E Dio vide che la luce è buona. Essi infatti dicono: "Dio dunque non sapeva che cosa fosse la luce e non sapeva che cosa il bene". Sciagurati individui, ai quali dispiace che Dio si compiacque delle sue opere, sebbene vedano che cosa fa anche un artigiano - per esempio un falegname -per quanto a paragone della sapienza e potenza di Dio egli sia quasi un nulla, tuttavia sta lungamente a tagliare e a lavorare il legno, sgrossandolo con l'accetta e con l'ascia, o tornendolo e levigandolo sino a quando non sia condotto a perfezione nella misura di cui è capace secondo le regole dell'arte e nella misura che piace all'artefice che lo lavora. Da ciò si dovrebbe forse dedurre ch'egli non conoscesse che cos'è il bene per il fatto che gli piace l'opera da lui fatta? Tutt'altro! Lo conosceva ottimamente nell'intimo della sua anima, ove l'arte stessa è più bella degli oggetti costruiti con l'arte. Ma ciò che l'artista vede interiormente rispetto all'arte lo manifesta esteriormente nell'opera, e un oggetto è perfetto se piace all'artista che lo ha fatto. Vide dunque Dio che la luce è buona. Con questa frase non si vuol far vedere che a Dio si rivelò all'improvviso nel suo splendore un bene fino allora ignoto, ma che egli piacque in quanto perfetto.

Che cosa volle insegnarci Cristo coi meravigliarsi e con altri simili sentimenti.

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8. 14. Che sarebbe, se la Scrittura avesse detto: "Dio si meravigliò che la luce è buona"? Chissà quanto protesterebbero, quante discussioni rissose farebbero costoro! In realtà la meraviglia suol derivare da fatti inattesi; eppure costoro leggono nel Vangelo - e lo lodano - che Gesù Cristo si meravigliò della fede di coloro che credevano. Ma chi mai aveva fatto nascere in quei tali la stessa fede, se non proprio lui che se ne meravigliava? Ma anche supposto che l'avesse suscitata un altro, perché mai si sarebbe meravigliato lui che ne aveva la prescienza? Se i manichei risolvono questo problema, potrebbero vedere che può risolversi anche quell'altro. Se, al contrario, non lo risolvono, per qual motivo censurano queste cose ch'essi rifiutano come cose che non li riguardano, mentre non conoscono quelle che dovrebbero riguardarli? Orbene, il fatto che nostro Signore si meraviglia, sta a significare che siamo noi quelli che dobbiamo meravigliarci, poiché siamo noi che abbiamo ancora bisogno di commuoverci come lui. Tutti i sentimenti consimili dei Signore sono dunque indizi non d'un animo turbato ma del Maestro che ci dà un insegnamento. Di tal genere sono anche le espressioni dell'Antico Testamento che non mostrano la debolezza di Dio ma la sua condiscendenza alla nostra debolezza. In realtà, di Dio non può dirsi nulla in modo adeguato. La Scrittura tuttavia dice le verità che noi possiamo capire affinché veniamo educati (spiritualmente) e possiamo raggiungere le realtà che non si possono esprimere con alcun linguaggio umano.

In che senso Dio "separò la luce dalle tenebre" (Gn 1,4-5).

109 (Gn 1,4-5)
9. 15. Dio poi separò la luce dalle tenebre e chiamò giorno la luce e notte le tenebre. Qui la Scrittura non dice: "Dio fece le tenebre", poiché le tenebre, come abbiamo detto più sopra, sono l'assenza della luce; cionondimeno fu fatta la separazione tra la luce e le tenebre. Noi produciamo rumore col gridare, mentre produciamo silenzio non facendo rumore, poiché il silenzio è assenza di rumore e tuttavia distinguiamo con un senso speciale il rumore dal silenzio e chiamiamo rumore la prima cosa e silenzio la seconda. Allo stesso modo dunque che si ha ragione di dire che produciamo il silenzio, così in molti passi delle Sacre Scritture si dice con ragione che Dio produce le tenebre per il fatto che non concede o sottrae la luce nei momenti e nei luoghi che vuole. Ora, tutto ciò è stato detto per aiutarci a capire. In quale lingua infatti Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre? In quella ebraica o nella greca, nella lingua latina o in qualche altra? E così, riguardo a tutte le cose alle quali diede un nome, si può chiedere quale lingua usò per denominarle. In Dio però c'è solo pura intelligenza senza emissione di suoni né diversità di lingue. La Scrittura cionondimeno dice: chiamò, cioè "fece chiamare", perché distinse e ordinò tutte le cose in modo che si potessero discernere e ricevere un nome. Ma solo in seguito e a suo luogo esamineremo se veramente si deve intendere così l'espressione "Dio chiamò", poiché quanto più riusciremo a penetrare le Scritture e ci familiarizziamo con esse, tanto più diventano chiari i loro vari modi di esprimersi. Noi infatti ci esprimiamo dicendo così: "Questa casa la costruì quel padre di famiglia", cioè "la fece costruire", e molte altre simili espressioni si trovano in tutti i libri delle Sacre Scritture.


110
10.16 I giorni della creazione computati da un mattino all'altro (
Gn 1,5 Gn 1,10 Gn 1,16. E fu sera e fu mattina: il primo giorno. Anche a questo punto i manichei fanno una critica ingiusta poiché pensano che la Scrittura si esprima in questo modo come se il giorno cominciasse dalla sera. Essi non capiscono che l'opera creatrice -l'opera cioè con cui fu fatta la luce e la luce fu divisa dalle tenebre e la luce fu chiamata giorno e le tenebre notte - non capiscono dunque che tutta quanta quest'opera creatrice si riferisce al giorno; in seguito, dopo quest'opera, come se il giorno fosse finito, si fece sera. Ma siccome anche la notte fa parte del proprio giorno, la Scrittura non dice ch'era passato il primo giorno se non quando, passata anche la notte, spuntò il mattino. Così in seguito i restanti giorni vengono computati da un mattino all'altro. Ora, quando è spuntato il mattino ed è passato il primo giorno, la seguente opera creatrice comincia dal mattino già spuntato e, dopo la stessa opera, si fa sera e di poi mattina e passa il secondo giorno e così di seguito passano tutti gli altri giorni.

Come le acque furono divise dal firmamento (Gn 1,6-8).

111 (Gn 1,6-8)
11. 17. Dio inoltre disse: Vi sia il firmamento nel mezzo delle acque e ci sia separazione tra le acque, e così fu. E Dio fece il firmamento e separò le acque che sono al di sopra del firmamento e Dio vide che è una cosa buona. Per quel ch'io ricordo, i manichei non hanno l'abitudine di criticare queste frasi. Tuttavia, per il fatto che le acque furono separate affinché le une fossero al di sopra del firmamento e le altre al di sotto del firmamento, poiché dicevamo che la materia informe fu denotata col nome di acqua, credo che la materia corporea delle realtà visibili fu separata da quella incorporea delle realtà invisibili per mezzo del firmamento del cielo. Poiché, pur essendo il cielo una realtà materiale bellissima, tuttavia qualsiasi creatura invisibile supera perfino la stessa bellezza del cielo; pochi però capiscono che le creature invisibili sono al di sopra del cielo non per il posto che occupano, ma per la superiorità della loro natura; quantunque su questo argomento non si debba affermare nulla senza ragione perché è oscuro e lontano dalla percezione sensibile dell'uomo, ma comunque stia la cosa la si deve credere prima di comprenderla. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. D'ora in poi queste formule, che s'intervallano come un ritornello, sono da intendere e spiegare nel senso esposto più sopra.

L'ammassamento delle acque è la stessa formazione delle acque (Gn 1,9-10).

112 (Gn 1,9-10)

12. 18. E Dio disse: le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un sol luogo e appaia l'asciutto. E così avvenne. E le acque ch'erano sotto il cielo si raccolsero in un sol luogo e apparve l'asciutto e Dio chiamò terra l'asciutto e mare l'ammasso delle acque. E Dio vide ch'è una cosa buona. A proposito di questo passo i manichei obiettano: "Se il tutto era pieno di acque, in qual modo queste potevano raccogliersi in un sol luogo?" Ma, come è stato già detto più sopra, col nome di acqua è denotata la materia, sulla quale si portava lo Spirito di Dio e con la quale Dio avrebbe formato tutte le cose. Ora, al contrario, quando vien detto: L'acqua che è sotto il cielo si raccolga in un sol luogo, viene detto affinché la materia corporale riceva la forma specifica propria delle acque visibili di questo nostro mondo. Proprio questo ammassarsi delle acque in un sol luogo è la formazione delle acque di quaggiù che noi tocchiamo e vediamo. Ogni forma infatti si dispone secondo la norma dell'unità. Inoltre, in qual senso deve intendersi l'espressione: Appaia l'asciutto, se non nel senso "che la materia riceva la sua forma visibile" che adesso possiede questa terra che noi vediamo e tocchiamo? Ciò dunque ch'era chiamato "terra invisibile e caotica" denotava la confusione e l'oscurità della materia, e ciò ch'è chiamato "acqua", al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio, denotava a sua volta la medesima materia. Adesso, al contrario, Dio forma l'acqua e la terra del nostro mondo servendosi della materia ch'era chiamata con i medesimi nomi prima che ricevesse le forme che attualmente noi vediamo. Certamente si dice che nella lingua ebraica viene chiamata "mare" ogni massa di acque, siano esse salate che dolci.

Perché la terra produce alberi infruttiferi ed erbe velenose.

113 (Gn 1,11)
13. 19. E Dio ordinò: la terra produca erbe commestibili dei campi che portino seme secondo la propria specie e la propria somiglianza, e alberi da frutto che producano frutti e abbiano in sé il seme, ciascuno a propria somiglianza. E così avvenne. La terra allora fece spuntare erbe commestibili aventi seme ciascuna secondo la propria specie, e alberi fruttiferi producenti frutti e aventi in sé il seme ciascuno secondo la propria somiglianza e la propria specie sulla terra. E Dio vide che è cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. A questo punto i manichei sono soliti obiettare: "Se Dio fece nascere dalla terra l'erba commestibile e gli alberi fruttiferi, chi fece nascere tante piante erbacee spinose o velenose che non servono di nutrimento e tanti alberi che non producono alcun frutto?". A costoro si deve rispondere in modo che agli indegni non sia svelato alcun mistero e non sia mostrato loro per quale prefigurazione di realtà future sono state dette tali espressioni. Si deve dire dunque che, a causa del peccato dell'uomo, la terra fu maledetta perché producesse spine e non perché a soffrire il castigo fosse essa che è priva di sensazione, ma perché ponesse ognora sotto gli occhi degli uomini la colpa del peccato dell'uomo, affinché fossero ammoniti di allontanarsi una buona volta dai peccati e tornare ad osservare i precetti di Dio. Le piante erbacee velenose invece sono state create per castigare o mettere alla prova i mortali, e tutto ciò a causa del peccato, poiché proprio dopo il peccato originale siamo diventati mortali. In verità gli uomini vengono scherniti mediante gli alberi infruttuosi affinché intendano quanto è vergognoso stare nel campo di Dio, cioè nella Chiesa, senza produrre il frutto di opere buone, e abbiano inoltre paura d'essere abbandonati da Dio per lo stesso motivo che anch'essi nei loro campi abbandonarono gli alberi infruttiferi e non li coltivano più. La Scrittura dunque non dice che prima del peccato dell'uomo la terra producesse unicamente erbe nutritive e alberi fruttiferi; dopo il peccato invece noi vediamo nascere dalla terra molti vegetali irti di spine e infruttuosi, credo per il motivo già detto. Ecco infatti le parole rivolte al primo uomo dopo che aveva peccato: Maledetto sia per te il suolo riguardo a tutte le tue opere, con dolore e con gemiti ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita, spine e rovi esso produrrà per te e tu mangerai l'erba commestibile del tuo campo, col sudore del tuo volto mangerai il tuo pane fin a quando non tornerai nella terra da cui sei stato tratto, poiché tu sei terra e in terra tornerai.


Agostino - Genesi