Agostino - Genesi 229

LA GENESI ALLA LETTERA - LIBRO INCOMPIUTO

Regole per l'esegesi della Sacra Scrittura.

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1. 1. Quando si tratta di spiegare i difficili problemi che presentano le realtà della natura, che noi crediamo fatte da Dio, creatore onnipotente, si deve procedere non per via di affermazioni ma per via d'indagini, soprattutto in quelli presentati dalla Bibbia che è garantita dall'autorità di Dio; riguardo ad essa difficilmente evita il peccato di sacrilegio chi afferma temerariamente un'opinione incerta e dubbia; l'incertezza propria del ricercatore non deve comunque oltrepassare i limiti della fede cattolica. Ora, poiché molti eretici sono soliti esporre le Sacre Scritture interpretandole alla stregua delle proprie opinioni contrarie alla fede insegnata dalla dottrina cattolica, prima d'interpretare questo libro è necessario esporre brevemente la fede cattolica.

Compendio della fede.

1. 2. Eccola: Dio, Padre onnipotente, ha creato e ordinato tutte le creature per opera del proprio Figlio unigenito, cioè mediante la propria Sapienza e Potenza, della stessa sostanza sua ed eterna come lui, nell'unità dello Spirito Santo anch'esso della sua stessa sostanza ed eterno come lui. Con il termine di "Trinità" si denota l'unico Dio, e la fede cattolica ci obbliga a credere ch'è stato lui a fare e creare ogni cosa ch'esiste, in quanto esiste. Per conseguenza tutte le creature, sia quelle dotate d'intelligenza che quelle materiali, oppure - come si potrebbe dire più brevemente seguendo l'espressione delle Sacre Scritture - sia quelle invisibili che quelle visibili, sono state create da Dio a partire non dalla natura di Dio ma dal nulla; nelle creature inoltre non c'è nulla di comune con la Trinità, se non il fatto che a crearle è stata la Trinità, mentre esse sono state create. Per questo motivo non è lecito dire o credere che l'universo creato sia della stessa sostanza di Dio o eterno come lui.

Il male è peccato o castigo del peccato.

1. 3. D'altra parte tutte le cose fatte da Dio sono molto buone; non esistono, al contrario, nature cattive, ma tutto ciò che noi chiamiamo "male" o è peccato o castigo del peccato. Il peccato poi non è altro che il libero consenso della volontà al male quando propendiamo verso ciò che è vietato dalla giustizia e da cui abbiamo la possibilità di astenerci. In altre parole: il peccato non sta nelle cose stesse ma nel loro uso illegittimo. L'uso delle cose poi è legittimo quando l'anima resta fedele alla legge di Dio e rimane soggetta all'unico Dio con amore perfetto, e governa tutte le altre cose a lei soggette senza cupidigia o sensualità, cioè secondo la legge di Dio. In tal modo l'anima riuscirà a governale senza difficoltà e senza timore affannoso, ma con somma facilità e felicità. È, al contrario, castigo del peccato quando l'anima si tormenta a causa delle creature che non le sono sottomesse dacché essa non rimane soggetta a Dio; le creature invece ubbidivano a lei quando essa ubbidiva a Dio. Il fuoco quindi non è un male poiché è una creatura di Dio, ma tuttavia la nostra debole natura viene bruciata da esso per causa del peccato. Si chiamano poi peccati naturali quelli che inevitabilmente commettiamo prima d'essere aiutati dalla misericordia di Dio, dopo essere caduti in questa vita per il peccato del libero arbitrio.

Incarnazione, nascita, passione di Cristo: fondazione della Chiesa.

1. 4. L'uomo però viene rinnovato da nostro Signore Gesù Cristo quando l'ineffabile e immutabile Sapienza di Dio in persona s'è degnata di assumere la natura umana completa e intera e nascere dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, esser crocifisso, sepolto, risorgere e salire al cielo, avvenimenti già compiuti, e venire a giudicare i vivi e i morti alla fine del mondo e alla risurrezione dei morti nella loro carne, cosa che deve ancora avvenire come ci è insegnato. È stato concesso lo Spirito Santo a quanti credono in lui. Da lui è stata istituita la Chiesa, nostra madre, che si chiama cattolica per il fatto che nella sua totalità è perfetta e non cade in alcun errore, ed è diffusa su tutta la terra. A coloro che si pentono sono rimessi i peccati anteriori, viene promessa la vita eterna e il regno dei cieli.

Sensi secondo i quali interpretare la Sacra Scrittura: storico, allegorico, analogico, etiologico.

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2. 5. In conformità a questa fede si devono esaminare i problemi che si possono porre in questione e si possono discutere riguardo a questo libro che comincia con le parole: Nel principio Dio fece il cielo e la terra 1. Da alcuni commentatori delle Scritture vengono insegnati quattro modi con cui spiegare la Legge, i cui vocaboli possono essere enunciati in greco, ma in latino possono essere solo dichiarati e spiegati e cioè: secondo la storia, secondo l'allegoria, secondo l'analogia, secondo l'etiologia. Si ha la storia quando sono ricordati fatti, umani o divini, già avvenuti; l'allegoria quando le parole sono intese in senso figurato; l'analogia quando si mostra la concordanza dell'Antico col Nuovo Testamento; l'etiologia quando si espongono le cause delle espressioni o dei fatti.

Si espone Gen 1, 1.

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3. 6. Per quanto dunque riguarda le parole della Scrittura: Nel principio Dio fece il cielo e la terra, ci si può chiedere se si debbono intendere solo nel senso propriamente storico-letterale oppure se hanno un senso figurato e in qual modo si accordano col Vangelo, e per qual motivo questo libro comincia così. Secondo il senso letterale, ci si chiede inoltre che cosa vuol dire nel principio, cioè o nel principio del tempo o nella stessa Sapienza di Dio, poiché lo stesso Figlio di Dio chiamò se stesso il "Principio" quando gli fu chiesto: Chi sei tu? e rispose: Il Principio che vi parla 2. C'è infatti un Principio senza principio e c'è un Principio con un altro Principio. Il Principio senza principio è solo il Padre e perciò crediamo che tutte le cose derivano da un solo Principio. Il Figlio invece è il Principio, sì, ma derivante dal Padre. Anche la stessa prima creatura intellettuale può chiamarsi principio rispetto alle creature fatte da Dio, rispetto alle quali essa è il capo. Poiché, sebbene si chiami giustamente principio il capo, tuttavia in una nota gradazione l'Apostolo non chiama la donna capo d'alcuno, in quanto dice che capo della donna è l'uomo, capo dell'uomo è Cristo e capo di Cristo è Dio 3, cosicché la creatura è unita al Creatore.

Significato di: Nel principio.

3. 7. Forse la Scrittura dice: Nel principio perché da principio fu fatto il cielo e la terra? Oppure non potè essere creato da principio il cielo e la terra tra le creature, se gli angeli e tutte le Potestà intellettuali furono fatte al principio? Poiché necessariamente dobbiamo credere che gli angeli sono creature di Dio e furono fatti da lui. Il Profeta infatti enumera anche gli angeli nel Salmo 148 allorché dice: Egli ordinò e furono fatti, comandò e furono creati 4. Se nel principio furono fatti gli angeli, ci si può chiedere se siano stati fatti nel tempo o prima d'ogni tempo o all'inizio del tempo. Se furono fatti nel tempo, vuol dire che vi fu già un tempo prima che gli angeli fossero fatti; e poiché anche lo stesso tempo è una cosa creata, ne deriva che è necessario ritenere che qualcosa fu fatta prima degli angeli. Se invece affermiamo che furono fatti all'inizio del tempo e, per conseguenza, il tempo cominciò con essi, deve dirsi ch'è falso quanto sostengono alcuni, che cioè il tempo cominciò ad esistere col cielo e con la terra.

Il tempo, come ogni creatura, ha avuto inizio.

3. 8. Se invece gli angeli furono fatti prima del tempo, bisogna indagare in qual senso la Scrittura, nei versetti seguenti, dica: Dio inoltre ordinò: Vi siano luminari nel firmamento del cielo per far luce sulla terra, e distinguano la notte dal giorno e siano segnali per le stagioni, per i giorni e per gli anni 5. Secondo questo passo potrebbe infatti sembrare che la serie dei tempi cominciò quando il cielo e i luminari del cielo cominciarono a percorrere le loro orbite prestabilite. Se ciò è vero, in qual modo poterono esistere i giorni prima ch'esistesse il tempo, se il tempo ebbe origine dal moto dei luminari che la Scrittura afferma essere stati fatti il quarto giorno? Forse che questa ordinata disposizione dei giorni, conforme all'abitudine di parlare propria dell'umana debolezza, fu stabilita in base alla norma della narrazione biblica d'insegnare cioè in modo semplice verità sublimi anche ai semplici: norme per cui anche lo stesso modo d'esprimersi del narratore non può far altro se non usare alcune parole al principio, alcune nel mezzo e altre alla fine del discorso? Oppure la Scrittura dice forse che i luminari furono creati nel corso dei tempi che si misurano col movimento dei corpi in ragione della loro durata? Questi tempi infatti non esisterebbero, se non ci fosse il moto dei corpi, mentre così essi sono ben noti agli uomini. Se ammettiamo questa ipotesi dobbiamo porci il quesito se, oltre al moto dei corpi, ci possa essere il tempo nel moto delle creature incorporee, com'è l'anima e lo stesso spirito che si muove in rapporto ai propri pensieri e, a causa di questo moto, ha in sé prima un'idea e poi un'altra, e questo fatto non si può comprendere senza che ci sia un intervallo di tempo. Se ammettiamo ciò, può anche intendersi che il tempo esistesse prima del cielo e della terra nell'ipotesi che gli angeli furono fatti prima del cielo e della terra. In realtà c'erano già delle creature che, mediante moti incorporei, facevano trascorrere il tempo, e giustamente si pensa che insieme con quelle creature c'era anche il tempo, come nel caso dell'anima che è abituata ai moti corporei a causa dei sensi corporei. Potrebbe darsi però che ciò non si avveri quando si tratta delle creature più alte e sovreminenti. Ma comunque stia la cosa (la cosa è assai misteriosa e impenetrabile alle congetture umane) si deve certamente ammettere per fede - anche se supera la capacità della nostra intelligenza - che ogni creatura ha un inizio e che il tempo stesso è una creatura e perciò ha un inizio e non è coeterno al Creatore.

Che significa: cielo e terra in Gen 1, 1.

3. 9. Si potrebbe anche credere che la Scrittura parli di "cielo e terra" come di tutto il mondo creato, in modo che chiama "cielo" non solo questo nostro firmamento visibile ed etereo, ma anche quelle creature invisibili delle sovreminenti Potestà e, al contrario, chiama "terra" tutta la parte inferiore del mondo con gli animali dai quali è abitata. Oppure sono chiamate col nome di "cielo" le creature sublimi e invisibili, con quello di "terra", al contrario, ogni essere visibile, sicché le parole della Scrittura: Nel principio Dio creò il cielo e la terra 6, potrebbero intendersi di tutto il mondo creato? E ciò forse per il fatto che non illogicamente ogni essere visibile, a paragone delle creature invisibili, si chiama "terra", in modo che le prime si chiamano col nome di "cielo". Anche l'anima, infatti, ch'è invisibile, quando si gonfia per amore delle realtà visibili e s'insuperbisce per il fatto di possederle, è chiamata "terra", come dice la Scrittura: Perché t'insuperbisci, o terra e cenere? 7

La materia informe.

3. 10. Possiamo però chiederci se la Scrittura chiama "cielo e terra" tutte le cose già distinte e disposte nel loro ordine oppure se, col termine di "cielo e terra", chiama la stessa materia dell'universo dapprima informe, che per ineffabile comando di Dio è stata distinta e sistemata nelle nature formate e magnifiche da noi ora ammirate. Sebbene infatti noi leggiamo nella Scrittura: Tu che hai fatto il mondo traendolo dalla materia informe 8, non possiamo tuttavia dire che la stessa materia - di qualunque specie essa sia - non fosse fatta da Colui dal quale dichiariamo e professiamo per fede derivare ogni cosa; di conseguenza si chiama mondo anche la stessa ordinata disposizione di ciascuna delle cose formate e distinte quale ch'essa sia, mentre, al contrario, si chiama "cielo e terra" la stessa materia come se fosse il germe primordiale del cielo e della terra; "cielo e terra" ch'era come qualcosa di confuso e mescolato, adatto a ricevere le forme da Dio creatore. Facciamo qui punto all'indagine sulla frase: Nel principio Dio creò il cielo e la terra 9, poiché non era conveniente affermare nulla di queste cose senza una ragione.

La terra invisibile.

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4. 11. Ora la terra era invisibile e caotica, e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio si portava al di sopra delle acque 10. Questo passo viene di solito criticato empiamente dagli eretici che sono contrari all'Antico Testamento allorché dicono: "In qual modo in principio Dio fece il cielo e la terra, se la terra già esisteva?", senza capire che questa frase è stata aggiunta per spiegare in quale stato si trovava la terra, di cui prima era stato detto: Dio fece il cielo e la terra. La frase, dunque, dev'essere intesa così: "In principio Dio fece il cielo e la terra ma questa terra, fatta da Dio, era invisibile e caotica, finché non fu distinta da Dio in un ordine determinato, traendola fuori dalla confusione". O piuttosto è preferibile intendere che in questo completamento della frase è ricordata di nuovo la medesima materia cosmica che precedentemente è stata chiamata col nome di "cielo e terra" di modo che il senso sarebbe il seguente: "In principio Dio fece il cielo e la terra; ora ciò che è stato chiamato "cielo e terra" era la terra invisibile e confusa e le tenebre coprivano l'abisso", vale a dire: "Ciò ch'è chiamato "cielo e terra" era una sorta di materia confusa, a partir dalla quale, una volta distintine gli elementi e ricevutane la forma, sarebbe stato fatto il mondo, che risulta composto di due grandissime parti, cioè il cielo e la terra?". Questo stato confuso della materia avrebbe potuto così essere fatto capire dall'intelligenza della gente comune, se la Scrittura avesse parlato di "terra invisibile e confusa" ovvero disordinata o non disposta secondo un ordine, e avesse parlato delle tenebre sopra l'abisso, cioè sopra una profondità vastissima; questa profondità, a sua volta, è stata chiamata così per il fatto che non può essere penetrata dall'intelligenza di nessuno a causa della sua stessa informità.

Le tenebre sopra l'abisso.

4. 12. E le tenebre erano sopra l'abisso 11. L'abisso era forse al di sotto e le tenebre al di sopra come se fossero già distinti i luoghi? O piuttosto viene ancora spiegata la confusione della materia, che in greco è chiamata anche e la Scrittura dice: Le tenebre erano sopra l'abisso perché non c'era ancora la luce? Se ci fosse stata la luce, questa sarebbe stata certamente al di sopra, poiché sarebbe stata più in alto e avrebbe illuminato ciò che stava al di sotto di essa. In realtà, se uno considera attentamente che cosa sono le tenebre, scopre che non sono se non l'assenza della luce. Ecco perché la Scrittura dice: Le tenebre erano sopra l'abisso, come se dicesse: "Non c'era la luce sull'abisso". Perciò la materia, di cui trattiamo, che dalla susseguente opera di Dio viene distinta ed ordinata nelle diverse forme delle cose, è chiamata "terra invisibile e caotica", e "abisso" privo di luce, mentre più sopra è denotata col nome di "cielo e terra", che bisogna intendere nel senso indicato precedentemente da noi, cioè di germe del cielo e della terra, se pur è vero che dicendo "cielo e terra" non volle presentarci prima l'universo creato, sicché in seguito, dopo aver indicato la materia, passasse in rassegna le diverse parti del mondo.

Lo Spirito sopra le acque.

4. 13. Lo Spirito di Dio inoltre si portava al di sopra delle acque 12. La Scrittura non aveva detto in nessun passo: "Dio fece l'acqua", eppure non si deve affatto credere che Dio non avesse fatto l'acqua e che questa esistesse già prima ch'egli creasse qualcosa. Egli infatti è Colui dal quale viene tutto, grazie al quale esiste tutto, verso il quale tende tutto 13, come dice l'Apostolo. Dio dunque fece l'acqua, e credere il contrario è un grande errore. Perché mai quindi la Scrittura non dice che Dio fece l'acqua? Forse perché ancora una volta volle chiamare "acqua" la medesima materia che aveva denotata coi termine di "cielo e terra", o di "terra invisibile e caotica", o di "abisso"? Perché mai, infatti, non si sarebbe potuta chiamare anche "acqua" se poté essere chiamata "terra", pur non essendo ancora né acqua distinta e formata né terra né alcun'altra cosa? Ma forse fu dapprima chiamata "cielo e terra", la seconda volta "terra caotica e abisso privo di luce", la terza volta, con termine appropriato, "acqua"; forse perché con la prima denominazione di "cielo e terra" fosse denotata la materia dell'universo creato per il quale era stata fatta assolutamente dal nulla; con la seconda denominazione di "terra confusa" e di "abisso" fosse indicato lo stato informe, poiché tra tutti gli elementi la terra è la più informe e la meno splendente; col terzo termine di "acqua" fosse indicata la materia soggetta all'opera del Creatore, poiché l'acqua è più mobile della terra e perciò, a causa della facilità di essere lavorata e perché si lascia trasformare più facilmente, la materia sotto le mani del Creatore doveva essere chiamata "acqua" piuttosto che "terra".

Perché con acqua è denotata la materia informe.

4. 14. Così pure l'aria è più mobile dell'acqua, ma non illogicamente si crede o si comprende che l'etere è più mobile della stessa aria; ma col termine di "aria" o di "etere" meno appropriatamente sarebbe stata denotata la materia. Si crede infatti che questi elementi posseggano maggiormente la potenza attiva, mentre al contrario la terra e l'acqua posseggono di più la potenza passiva. Se questa potenza è occulta, penso ch'è certamente un fatto evidente che l'acqua e alcune altre cose terrene sono mosse dal vento; il vento poi è l'aria mossa e - diciamo così -ondeggiante. Essendo dunque evidente che l'aria muove l'acqua ma occulta la forza da cui il vento è mosso, perché sia vento, chi potrebbe dubitare che la materia è denotata più appropriatamente col termine di "acqua" poiché viene mossa, anziché con quello di "aria" che la muove? Ora, l'esser mosso è subire un'azione, il muovere, invece, è esercitare un'azione. A ciò s'aggiunge il fatto che i prodotti del suolo vengono irrigati con l'acqua affinché possano nascere e svilupparsi completamente, sicché pare quasi che la medesima acqua si trasformi nei vegetali che nascono. Per questo motivo la materia sarebbe stata denotata col termine più appropriato di "acqua", essendo presentata come soggetta all'opera del Creatore a causa della sua adattabilità ad essere trasformata in qualsiasi specie di corpi nascenti, anziché col termine di "aria", a proposito della quale si può osservare solo la mobilità mentre le mancano tutte le altre qualità con cui si poteva indicare più appropriatamente la materia. In tal modo il senso completo della frase sarebbe: Nel principio Dio fece il cielo e la terra 14,cioè fece la materia che potesse prendere la forma del cielo e della terra; questa materia era terra invisibile e caotica 15 ossia informe e una profondità priva di luce; questa tuttavia, poiché sarebbe stata sottoposta all'azione del Creatore che la modellava, per il fatto stesso che ubbidisce a chi la lavora, è chiamata anche "acqua".

Le varie denominazioni della materia informe.

4. 15. A proposito dunque dei termini con cui fu denominata la materia, dapprima è stato indicato il fine di essa, cioè in vista di che cosa è stata fatta, in secondo luogo è stato indicato proprio il suo stato informe, in terzo luogo la dipendenza e la sottomissione al Creatore. Per questo motivo dapprima la materia è chiamata "cielo e terra" - poiché per questo era stata fatta - in secondo luogo "terra invisibile e caotica" e "tenebre sopra l'abisso", vale a dire il vero e proprio stato informe privo di luce - e perciò è detta "terra invisibile" -, in terzo luogo "acqua sottomessa allo Spirito" per ricevere una disposizione e le varie forme. Ecco perché lo Spirito di Dio si portava sull'acqua: per farci comprendere che era lo Spirito a operare, l'acqua invece era l'elemento con cui operava, era cioè la materia adatta ad essere lavorata. Quando infatti diciamo che questi tre termini, materia del mondo, materia informe, materia capace d'essere lavorata, sono denominazioni d'un'unica realtà: al primo termine corrisponde bene il cielo e la terra: al secondo l'oscurità, la confusione, la profondità, le tenebre, al terzo la facilità di lasciarsi trattare; sopra questa materia si porta ormai lo Spirito del Creatore per operare.

Come lo Spirito si portava sulle acque: prima ipotesi.

4. 16. Lo Spirito di Dio inoltre si portava al di sopra dell'acqua 16. Non si portava com'è portato l'olio al di sopra dell'acqua, com'è portata l'acqua al di sopra della terra, cioè come fosse contenuto in essa ma, se per comprendere questo fatto si devono prendere esempi dalle realtà visibili, si portava come questa luce del sole e della luna si porta al di sopra degli oggetti di quaggiù, ch'essa illumina sulla terra, poiché non è contenuta in essi ma, essendo contenuta nel cielo, si porta al di sopra di essi. Dobbiamo anche guardarci dal credere che lo Spirito di Dio si porti al di sopra della materia come attraverso lo spazio, ma in virtù d'una certa potenza attiva e creatrice, affinché ciò su cui si portava fosse fatto e creato, allo stesso modo che la volontà dell'artefice si porta al di sopra del legno o di qualsiasi altra materia sottoposta a lavorazione o anche sopra le stesse membra del proprio corpo che egli muove per operare. Ma anche questo paragone, pur essendo di certo più eccellente di qualsiasi altro oggetto, è tuttavia di scarso o di quasi nessun valore per comprendere l'azione con cui lo Spirito di Dio si portava sopra la materia del mondo sottomessa a lui per essere lavorata. Noi però, tra le cose che, bene o male, possono essere comprese dalla gente, non troviamo un paragone più evidente e più appropriato all'argomento di cui trattiamo. A proposito quindi di riflessioni di tal genere si deve tenere in grandissimo conto quanto dice la Scrittura; Voi che benedite il Signore, esaltatelo per quanto potrete, poiché egli è più grande di tutte le sue opere 17. Questo però si può dire solo se in questo passo s'intende di Dio lo Spirito Santo, da noi adorato nella stessa ineffabile e immutabile Trinità.

Come lo Spirito si portava sulle acque: seconda ipotesi.

4. 17. Si potrebbe però intendere anche in un altro senso. Per Spirito di Dio potremmo cioè intendere una creatura dotata di una forza vitale che contiene tutto quanto questo mondo visibile e tutte le realtà materiali; creatura, alla quale Dio onnipotente ha dato un certo potere di servire a lui per operare riguardo a ciò che viene prodotto. Questo spirito, essendo più eccellente di qualsiasi corpo etereo, poiché qualsiasi creatura invisibile è superiore a qualsiasi creatura visibile, non illogicamente si chiama spirito di Dio. In realtà che cosa mai non appartiene a Dio, dal momento che, a proposito della terra, la Scrittura dice: Del Signore è la terra e quanto contiene 18? La stessa Scrittura inoltre, con un'espressione sintetica generale, dice: Poiché tutte le cose sono tue, o Signore, che ami la vita 19. Ma questo spirito si può intendere nel senso suddetto solo se la frase: Nel principio Dio fece il cielo e la terra 20, la intendiamo detta di una creatura visibile. In tal modo sopra la materia delle cose visibili al principio della loro creazione si portava lo spirito invisibile, che tuttavia era anch'esso una creatura, cioè non Dio, ma una natura fatta e formata da Dio. Se al contrario si crede che la materia di tutte le cose, vale a dire non solo di quelle intellettuali ma anche di quelle animali e materiali, è denotata col termine di "acqua", in questo passo per Spirito di Dio non si può assolutamente intendere se non lo Spirito immutabile e santo che si portava al di sopra della materia di tutte le cose fatte e create da Dio.

Spirito può significare il vento: terza ipotesi.

4. 18. A proposito di questo "spirito" può sorgere una terza opinione in base alla quale si crede che mediante il termine "spirito" s'indichi l'elemento dell'aria; in tal modo sarebbero indicati i quattro elementi di cui risulta composto il nostro mondo visibile, vale a dire: cielo, terra, acqua, aria; non perché fossero già distinti e disposti in ordine, ma perché in quella materia informe perché caotica erano tuttavia prefigurati come destinati ad avere origine; quella confusione informe era denotata col termine di "abisso tenebroso". Qualunque però di queste opinioni sia la vera, si deve credere che in tutte le cose che sono state originate, sia le visibili sia le invisibili, non per quanto riguarda i difetti che sono contro natura, ma per quanto riguarda le stesse nature, è autore e creatore Dio, e non v'è assolutamente alcuna creatura che non abbia da lui l'inizio e la perfezione della propria specie e sostanza.

La parola di Dio è ineffabile.

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5. 19. E Dio ordinò: Vi sia la luce. E la luce vi fu 21. Non dobbiamo pensare che Dio disse: Vi sia la luce con la voce emessa dai polmoni o con la lingua e i denti. Queste sono immaginazioni d'individui carnali; ora, pensare secondo la carne è morte 22. La frase: Vi sia la luce fu invece pronunciata in modo ineffabile. Possiamo però chiederci se quelle parole furono rivolte al Figlio unigenito, oppure se la parola che fu detta è il Figlio unigenito, poiché si chiama Verbo di Dio la parola mediante la quale fu fatta ogni cosa 23,purché tuttavia non commettiamo l'empietà di credere che il Verbo di Dio, il Figlio Unigenito, sia - per così dire - una parola pronunciata come facciamo noi. Al contrario, il Verbo di Dio, mediante il quale è stata fatta ogni cosa, non è né cominciato ad esistere né finirà mai di esistere ma, nato senza principio, è eterno come il Padre. La parola quindi: Vi sia la luce, se cominciò e cessò d'essere pronunciata, fu detta piuttosto al Figlio anziché essere essa stessa il Figlio. E tuttavia anche questa parola fu detta in modo ineffabile perché non s'insinui nell'anima un'immagine carnale e turbi l'intelligenza spirituale timorata di Dio; poiché intendere in senso proprio che nella natura di Dio cominci e finisca qualcosa è un'opinione temeraria e pericolosa, che tuttavia può essere scusata con un gran senso d'umanità nelle persone carnali e semplici, non perché persistano in essa, ma perché se ne allontanino. Qualunque cosa infatti si dice che Dio comincia e finisce, non la si deve intendere in alcun modo rispetto alla sua natura ma rispetto alla sua creatura che gli ubbidisce in modi meravigliosi.

Luce creata e luce increata.

5. 20. E Dio ordinò: Vi sia la luce 24. Si tratta forse della luce che appare ai nostri occhi carnali o forse d'una luce segreta che non ci è concesso di vedere mediante i sensi del nostro corpo? E se è segreta, è forse fisica e si spande nello spazio, forse nelle zone più alte del mondo? Oppure è forse incorporea come quella che si trova nell'anima, alla quale dai sensi del corpo viene riferito il giudizio su ciò che si deve evitare o desiderare: luce di cui non è priva neppure l'anima delle bestie? Oppure è forse la luce superiore che si manifesta nel ragionare e dalla quale ha origine tutto ciò che è stato creato? Quale che sia la luce qui indicata, dobbiamo tuttavia intendere la luce fatta e creata, non quella di cui risplende la stessa Sapienza di Dio, che non è creata ma generata. Non si deve pensare che Dio fosse senza luce prima di aver creato quella di cui si tratta adesso. A proposito di questa infatti, come dimostrano assai bene le stesse parole, è messo in risalto il fatto ch'essa è stata creata: E disse - dice la Scrittura - vi sia la luce, e la luce fu fatta 25. Una cosa è la luce nata da Dio, un'altra è la luce fatta da Dio; la luce nata da Dio è la stessa Sapienza di Dio; la luce fatta, al contrario, è qualunque luce mutevole, sia corporea che incorporea.

Luce creata: forse denota gli angeli.

5. 21. Di solito però rimaniamo sorpresi come mai potesse esserci la luce fisica prima che esistesse il cielo e i luminari del cielo che la Scrittura ci fa conoscere dopo di questa; proprio come se fosse facile o assolutamente impossibile sapere se ci sia qualche altra luce fuori del cielo, che sia tuttavia distinta e diffusa nello spazio e abbracci il mondo. Ma poiché in questo passo si può intendere che si tratti anche d'una luce incorporea, se diciamo che in questo libro viene fatta conoscere non solo la creatura visibile ma ogni specie di creature, che bisogno c'è d'indugiare in questa discussione? E forse per quanto riguarda il quesito che ci si pone, quando cioè furono fatti gli angeli, questi sono indicati simbolicamente in questa luce in modo conciso - è vero - ma tuttavia assai appropriato e conveniente.

Che significa: vide ch'è cosa buona (Gen 1, 4).

(Gn 1,4)
5. 22. E Dio vide che la luce è una cosa buona 26. Bisogna intendere che con questa frase è indicata non la gioia derivante da un bene, diciamo così, insolito, ma l'approvazione dell'opera. Che cosa infatti può dirsi di più appropriato a proposito di Dio, nella misura che può dirsi tra gli uomini, che usando le espressioni: "disse", "fu fatto", "lo approvò"? In tal modo dal fatto che "disse" si comprende il suo comando, con l'espressione "fu fatto" si comprende la sua potenza, dal fatto che "lo approvò" si comprende la sua bontà; proprio come queste realtà ineffabili dovevano essere espresse da un uomo ad altri uomini in modo che potessero essere di giovamento a tutti.

Creazione della luce: è la divisione tra la luce e le tenebre.

5. 23. E Dio separò la luce dalle tenebre 27. Da queste parole si può capire con quanta facilità dell'azione di Dio si dice che furono compiuti questi fatti. Poiché non c'è alcuno che pensi che quando la luce fu fatta fosse confusa con le tenebre e perciò fosse in seguito necessario separarla: la separazione della luce dalle tenebre avvenne invece per il fatto stesso che la luce fu creata. Può forse la luce essere unita alle tenebre 28? Dio dunque separò la luce dalle tenebre perché fece la luce, l'assenza della quale si chiama tenebra. Tra la luce e le tenebre c'è poi la differenza che c'è tra l'essere vestito e l'esser nudo, o tra ciò che è pieno e ciò che è vuoto, e altri esempi simili.

Le varie specie di luce.

5. 24. Abbiamo già detto più sopra in quanti sensi si può intendere la luce, la cui assenza e il cui contrario si può chiamare la tenebra. Orbene, ci sono tre specie di luce: la prima è quella che si vede con gli occhi del nostro corpo, corporea anch'essa, come quella del sole, della luna delle stelle e di qualsiasi altro corpo di tal genere; contrarie a questa luce sono le tenebre quando un luogo è privo di luce. Un'altra specie di luce è parimenti la vita sensitiva e capace di distinguere le cose che dal corpo sono trasmesse al giudizio dell'anima, come le cose bianche e nere, le cose squillanti e roche, di odore grato e spiacevole, dolci o amare, calde o fredde, e così tutte le altre cose di tal genere. Una cosa infatti è la luce percepita dagli occhi, e un'altra cosa è quella con cui, mediante gli occhi, si possono giudicare le stesse sensazioni. Quella infatti risiede nel corpo, questa invece, sebbene per mezzo del corpo percepisca ciò che prova, risiede tuttavia nell'anima. Le tenebre contrarie a questa luce sono spie d'insensibilità o, per meglio dire, di mancanza della facoltà sensitiva, cioè il non aver sensazioni, sebbene vengano introdotte nei sensi cose che potrebbero essere percepite dai sensi, se nell'essere vivente ci fosse questa luce per mezzo della quale si hanno le sensazioni. E ciò non avviene quando mancano gli organi del corpo come nei ciechi e nei sordi - poiché nell'anima di questi tali risiede la luce di cui trattiamo, mentre mancano gli organi del corpo -; ciò inoltre non avviene neppure allo stesso modo in cui non si sente una voce nel silenzio, quando nell'anima si trova anche questa luce ed esistono gli organi del corpo ma non viene introdotto nulla che si possa percepire dai sensi. Non è dunque privo di questa luce chi non percepisce mediante i sensi, ma quando non esiste nell'anima una siffatta potenza che non si è soliti chiamare neppure anima, ma solo vita come quella che ha una vite o un altro albero o qualsiasi specie di piante, se pure è vero che ci si possa convincere in alcun modo che le piante hanno almeno una vita siffatta, mentre alcuni eretici commettono un grave errore credendo che le piante non solo hanno sensazioni attraverso il fusto, cioè vedono, odono, distinguono il calore e il fuoco, ma capiscono le ragioni e conoscono i nostri pensieri; ma questa è un'altra questione. Le tenebre di questa luce, in virtù della quale si ha qualunque sensazione, sono dunque l'insensibilità che si riscontra quando qualsiasi essere vivente non ha la stessa facoltà di percepire sensazioni. Ora, ammette che si chiama con un termine appropriato "luce" questa facoltà chiunque ammette che si chiama giustamente "luce" la facoltà con cui ci è palese qualsiasi cosa. Quando noi diciamo: "È chiaro che ciò è armonioso, che questo è dolce, che ciò è freddo" - e così altre cose corporee di tal genere che per caso percepiamo con i sensi del corpo - la luce per cui queste cose sono evidenti è certamente nell'intimo dell'anima, sebbene le cose di cui si ha la sensazione vi siano introdotte attraverso il corpo. La terza specie di luce esistente nelle creature può intendersi quella in virtù della quale noi ragioniamo. La tenebra contraria a questa luce è l'irrazionalità, come sono irrazionali le anime delle bestie.

Dio ha creato le nature, non le loro deficienze ch'egli ha ordinato.

5. 25. Sia dunque che questa frase della Genesi per luce primordiale fatta da Dio nella natura voglia fare intendere quella del cielo fisico, vale a dire quella sensibile di cui partecipano gli animi, sia che voglia s'intenda quella razionale che posseggono non solo gli angeli ma anche gli uomini, bisogna credere che Dio separò la luce dalle tenebre 29 per il fatto stesso che la luce fu creata; poiché una cosa è la luce, altra cosa è l'assenza della luce che Dio ordinò mediante le tenebre contrarie alla luce. La Scrittura infatti non dice che Dio fece le tenebre, poiché Dio fece la bellezza degli esseri e non la loro deficienza che rientra nel nulla, a partire dal quale Dio creatore fece ogni cosa. Noi tuttavia comprendiamo che da Dio furono disposte nel loro ordine le deficienze quando la Scrittura dice: E Dio separò la luce dalle tenebre, affinché nemmeno le stesse deficienze fossero prive del loro ordine, dal momento che Dio regola e amministra tutte le cose. Così accade anche quando si canta: le pause di silenzio a intervalli determinati e misurati, sebbene siano assenza di voci, sono tuttavia bene ordinate da chi è esperto nel canto e contribuiscono in qualche modo alla dolcezza dell'intera armonia. Così anche in pittura le ombre servono a far risaltare le parti in rilievo e piacciono non già per la bellezza ma per l'ordine in cui sono disposte. Dio infatti non è autore neppure dei nostri peccati e tuttavia ne è il regolatore quando dispone i peccatori in quello stato e li costringe a soffrire le pene meritate. Questo significa il fatto che le pecore sono poste a destra, i capri invece a sinistra 30. Alcune cose dunque Dio non solo le fa ma le regola pure, altre invece le regola soltanto. I giusti non solo li fa ma li regola anche, i peccatori invece, in quanto sono peccatori, non li fa ma li regola soltanto. Quando infatti pone i primi alla destra e i secondi alla sinistra, il fatto che ordina che vadano al fuoco eterno si riferisce all'ordine dei meriti. Così la bellezza degli esseri e le stesse nature non solo le crea ma le regola anche; ma le deficienze relative alla bellezza degli esseri e i difetti delle nature Dio non li fa ma li regola soltanto. Egli dunque disse: Vi sia la luce, e la luce fu fatta 31, ma non disse: "Vi siano le tenebre, e le tenebre furono fatte". Di queste due cose dunque l'una la fece, l'altra invece Dio non la fece, ma tuttavia le regolò entrambe quando separò la luce dalle tenebre. In tal modo, per il fatto che le cose le fa lui, ciascuna di esse è bella, e poiché le regola lui, sono tutte belle.

Il nome giorno dato alla luce notte dato alle tenebre.

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Agostino - Genesi 229