Agostino - Genesi 417

La luce spirituale, la luce increata e l'illuminazione delle creature spirituali e razionali.

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17.32. Se al contrario, quando Dio disse: Vi sia la luce, fu creata la luce spirituale, non si deve pensare che fosse la luce vera, coeterna al Padre, per mezzo della quale fu creata ogni cosa e che illumina ogni uomo, ma quella di cui la Scrittura ha potuto dire: Tra tutte le cose fu creata per prima la Sapienza. Quando infatti la Sapienza eterna ed immutabile, non creata ma generata, si comunica alle creature spirituali e razionali, come alle anime sante, affinché (da essa) illuminate possano risplendere, allora si costituisce in esse uno - per così dire - stato della ragione illuminata, che può concepirsi come la creazione della luce quando Iddio disse: Vi sia la luce. Se già esisteva una creatura spirituale indicata con il nome di "cielo" nel passo ove sta scritto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, questo cielo non è quello corporale ma il cielo incorporale, vale a dire il cielo superiore a ogni corpo, non per la disposizione dello spazio a piani ma per l'eccelsa dignità della sua natura. Come tuttavia poté esser creato nello stesso tempo non solo ciò ch'era capace d'essere illuminato, ma anche la stessa illuminazione, e come la Scrittura avrebbe dovuto esporre le due cose una dopo l'altra, lo abbiamo detto poco prima quando abbiamo parlato della materia.

Spiegazione allegorica della separazione della luce dalle tenebre.

17.33. Ma in qual senso potremo intendere il subentrare della notte alla luce affinché venisse la sera? Da quale specie di tenebre quella luce poté essere separata quando la Scrittura dice: E Dio separò la luce dalle tenebre ? C'erano forse già dei peccatori e degli stolti che s'allontanavano dalla luce della verità, sicché Dio avrebbe separato quelli da coloro che rimanevano nella medesima luce, come la luce dalle tenebre, e chiamando "giorno" la luce e "notte" le tenebre, avrebbe voluto mostrare che egli non è l'autore dei peccati ma il giudice che retribuisce secondo i meriti? O forse il termine "giorno" denota qui la totalità del tempo e con questo termine si abbraccia lo svolgersi di tutti i secoli? Per questo, forse, la Scrittura non parla di "primo" giorno ma di "un" giorno? Essa infatti dice: E fu sera e fu mattina: un giorno, sicché la sera rappresenterebbe il peccato della natura razionale e il mattino il suo rinnovamento.

Che cosa fu propriamente la separazione della luce dalle tenebre.


17.34. Ma questo è (il tentativo di) una interpretazione propria dell'allegoria profetica che noi non ci siamo proposti in questo trattato. Adesso infatti ci siamo proposti di commentare le Scritture nel senso proprio dei fatti storici in esse registrati, non nel senso allegorico di realtà future. Per render dunque conto della creazione e della costituzione delle nature, in qual modo possiamo scoprire una sera e un mattino nella luce spirituale? La separazione della luce dalle tenebre è forse la distinzione delle cose già formate da quelle informi, mentre la denominazione di "giorno" e di "notte" alluderebbe alla disposizione con cui s'indica che Dio non lascia nulla nel disordine, e la stessa informità - a causa della quale le cose cambiano passando in certo qual modo da una forma in un'altra - non resta caotica? Oltre a ciò lo stesso regresso e progresso della creatura, per cui le cose temporali si succedono le une alle altre, non mancano di concorrere alla bellezza dell'universo? La notte infatti non è altro che la tenebra regolata da un ordine.

Che cosa denoterebbe il mattino e la sera precedente i luminari.


17.35. Ecco perché, dopo essere stata creata la luce, la Scrittura dice: Dio vide che la luce è buona 51, mentre ciò poteva dirlo dopo tutte le opere compiute nel medesimo giorno; ossia, dopo aver esposto le singole opere: Dio disse: Vi sia la luce. E vi fu la luce. E Dio separò la luce dalle tenebre; e Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre 52, allora avrebbe potuto dire: E Dio vide ch'è una cosa buona 53 e poi aggiungere: E fu sera e fu mattina 54, come fa per le altre opere, alle quali dà un nome. Qui dunque non fa così per il fatto che l'informità è distinta dalla cosa formata al fine di mostrare ch'essa non aveva ricevuto la completezza del suo essere, ma doveva ricevere la forma mediante le altre creature già corporee. Se pertanto, dopo che la luce e le tenebre erano state separate e avevano ricevuto il nome, la

Scrittura avesse detto: Dio vide che ciò è una cosa buona 55, avremmo potuto pensare che s'indicavano creature alle quali non si sarebbe ormai dovuto aggiungere nulla per quanto riguarda la loro forma specifica. Ma poiché Dio aveva creato nella sua forma compiuta soltanto la luce, la Scrittura dice: Dio vide che la luce è una cosa buona, e la distinse dalle tenebre dando (a queste e a quella) nomi diversi; ma in tal caso non è detto: Dio vide ch'è una cosa buona, poiché l'informità era stata separata affinché servisse a formare ancora altre nature. Quando, al contrario, la notte che noi conosciamo assai bene - essa infatti è prodotta dal percorso circolare del sole attorno alla terra - viene distinta dal giorno mediante la disposizione dei luminari, dopo la separazione stessa del giorno dalla notte, la Scrittura dice: Dio vide ch'è una cosa buona. La notte, di cui si tratta, non era infatti una specie di sostanza informe che dovesse servire a formare altre nature, ma era uno spazio pieno d'aria privo della luce del giorno: a questa notte non si sarebbe certamente dovuto aggiungere alcuna caratteristica specifica perché fosse più bella e più distinta. Quanto invece alla sera, durante tutto lo spazio di quei tre giorni precedenti alla creazione dei luminari, forse non è illogico pensare che indichi il termine dell'opera compiuta, mentre il mattino indicherebbe l'opera che sarebbe stata compiuta in seguito.

Dio opera mediante le ragioni eterne del Verbo e l'amore dello Spirito Santo.

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18.36. Ma dobbiamo anzitutto ricordarci di ciò che abbiamo detto più volte: che cioè Dio non agisce con una specie di moti spirituali o corporali misurabili nel tempo, così come agisce l'uomo o l'angelo, bensì mediante le ragioni eterne immutabili e stabili del Verbo a lui coeterno e, per così dire, mediante una specie d'incubazione del suo Spirito Santo parimenti a Lui coeterno. Poiché anche ciò che la Scrittura dice in latino e in greco dello Spirito di Dio che si librava al di sopra delle acque, secondo l'interpretazione data dalla lingua siriaca, ch'è più vicina all'ebraica - come si dice sia stato spiegato da un dotto cristiano siro - si dimostra che significa non si librava al di sopra, ma piuttosto riscaldava covando, non già come si curano i gonfiori o le piaghe d'un corpo con applicazioni d'acqua fredda o mescolata in giusta misura con acqua calda, ma come sono covate dagli uccelli le uova, nel qual caso il calore del corpo materno contribuisce in certo qual modo a formare i pulcini grazie a una specie d'istinto che, nel suo genere, è un sentimento d'amore. Non dobbiamo dunque immaginare che Dio abbia pronunciato delle parole - diciamo così - temporali per ciascun giorno di quelle opere divine. La Sapienza di Dio infatti, assumendo la nostra debole natura, venne a raccogliere sotto le sue ali i figli di Gerusalemme come la gallina raccoglie i suoi pulcini, non perché restassimo sempre piccoli, ma perché, restando piccoli quanto a malizia, cessassimo d'esser bambini quanto al giudizio.

Occorre cautela nell'interpretare le sacre Scritture.


18.37. Riguardo poi a realtà oscure e assai lontane dai nostri occhi, ci potrebbe capitare di leggere anche nella sacra Scrittura passi che, salvando la fede in cui siamo istruiti, possono dar luogo a interpretazioni diverse l'una dall'altra; in tal caso dobbiamo stare attenti a non precipitarci a sostenere alcuna di esse, per evitare di andare in rovina qualora un esame della verità più attento la demolisse mediante sicuri argomenti. In tal caso combatteremmo per difendere non già il senso delle Scritture divine ma quello nostro personale sì da sostenere come senso delle Scritture quello ch'è nostro, mentre dovremmo piuttosto sostenere come nostro quello ch'è il senso delle Scritture.

Nell'interpretare passi oscuri della sacra Scrittura non si deve affermare nulla temerariamente.

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19.38. Supponiamo per esempio che riguardo all'affermazione della Scrittura: Dio disse! Vi sia la luce. E la luce vi fu, uno pensi che si tratti della creazione della luce materiale e un altro della luce spirituale. Che nella creatura spirituale vi sia una luce spirituale, non è messo in dubbio dalla nostra fede; d'altra parte pensare che vi sia una luce materiale, celeste o anche supercelestiale o esistente prima del cielo, alla quale poté succedere la notte, non è contrario alla fede fin tanto che ciò non venga confutato da una verità evidente. Qualora ciò si avverasse, non era quello il senso della sacra Scrittura, ma un'opinione dell'umana ignoranza. Qualora, al contrario, quell'opinione fosse dimostrata da ragioni fondate, rimarrebbe ancora incerto se quello fosse il senso voluto attribuire dall'autore dei Libri sacri a quelle parole, o fosse non meno vero qualche altro senso. Se invece tutto il contesto del passo mostrerà non essere ciò ch'egli voleva dire, non sarà falsa ma vera e più utile a conoscersi l'altra interpretazione che lo scrittore voleva far intendere. Se però il contesto della Scrittura non esclude che lo scrittore volesse far intendere questo senso, rimarrà ancora da esaminare se non poteva farne intendere un altro. E se scopriremo che anche quest'altro senso è possibile, sarà incerto quale dei due sensi egli voleva far intendere, e non sarà illogico pensare che abbia voluto suggerire l'uno e l'altro senso, qualora tutt'e due i sensi siano suffragati da tutto il restante contesto.


19.39. Accade infatti assai spesso che, riguardo alla terra, al cielo, agli altri elementi di questo mondo, al moto e alla rivoluzione o anche alla grandezza e distanza degli astri, intorno alle eclissi del sole e della luna, al ciclo degli anni e delle stagioni, alla natura degli animali, delle piante, delle pietre e di tutte le altre cose di tal genere, anche un pagano abbia tali conoscenze da sostenerle con ragionamenti indiscutibili e in base ad esperienza personale. Orbene, sarebbe una cosa assai vergognosa e dannosa e da evitarsi a ogni costo, se quel pagano sentisse quel tale parlare di questi argomenti conforme - a suo parere - al senso delle Scritture cristiane dicendo invece tali assurdità che, vedendolo sbagliarsi - come suol dirsi -per quanto è largo il cielo, non potesse trattenersi dal ridere. Ma è spiacevole non tanto il fatto che venga deriso uno che sbaglia, quanto il fatto che da estranei alla nostra fede si creda che i nostri autori (sacri) abbiano sostenuto tali opinioni e, con gran rovina di coloro, della cui salvezza noi ci preoccupiamo, vengano biasimati come ignoranti e rigettati. Quando infatti, riguardo ad argomenti ben noti ad essi, i pagani sorprendono un cristiano che sbaglia e difende una sua opinione erronea appoggiandola ai nostri Libri sacri, in qual modo potranno prestar fede a quei Libri quando trattano della risurrezione dei morti, della speranza della vita eterna e del regno dei cieli, dal momento che penseranno che questi scritti contengono errori relativi a cose che hanno potuto già conoscere per propria esperienza o in base a sicuri calcoli matematici? Non può dirsi abbastanza qual pena e tristezza rechino ai fratelli assennati questi cristiani temerari e presuntuosi quando, allorché vengono criticati e convinti d'errore a proposito delle loro erronee e false opinioni da parte di coloro che non sono vincolati dall'autorità dei nostri Libri sacri. Costoro inoltre, al fine di sostenere ciò che affermano con sventatissima temerarietà e chiarissima falsità, si sforzano di addurre i medesimi Libri sacri con cui provare le loro opinioni e arrivano perfino a citare a memoria molti passi da loro ritenuti come valide testimonianze in proprio favore, senza comprendere né quel che dicono né ciò che danno per sicuro.

Si deve interpretare la Genesi senza asserire un'unica opinione ma proponendone varie.

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20.40. Considerando questa presunzione e al fine di guardarmene, io stesso ho cercato di spiegare in diversi sensi - per quanto sono stato capace - e di proporre (diverse) interpretazioni delle frasi del libro della Genesi, enunciate in modo oscuro per tenerci in (continua) riflessione. Per questa ragione non ho voluto sostenere alla leggera un'unica interpretazione con pregiudizio d'un'altra spiegazione forse migliore, in modo che, ciascuno possa scegliere secondo la propria capacità il senso ch'è in grado di capire; quando però non riesce ad intendere, alla Scrittura di Dio renda onore ma per sé abbia timore. D'altra parte, siccome le espressioni della Scrittura da noi commentate offrono tante possibili interpretazioni, dovrebbero una buona volta imporsi un freno coloro che, gonfi di cultura profana, criticano queste espressioni, destinate a nutrire le anime pie, come cose prive di scienza e d'eleganza mentre essi, privi di ali, strisciano per terra e alzandosi in volo non più alto del salto delle ranocchie, si beffano degli uccelli nei loro nidi. Ma più pericoloso è l'errore di certi nostri deboli fratelli di fede, i quali ascoltando cotesti infedeli discorrere con facondia e sottigliezza sulle leggi che regolano i corpi celesti e su qualsiasi problema relativo alle cause fisiche di questo mondo, perdono il controllo di sé e sospirando si reputano inferiori a quei tali credendoli dei grandi personaggi e solo con ripugnanza riprendono in mano i Libri della fede, ch'è la fonte preziosa della salvezza, e mentre dovrebbero assaporarne la dolcezza, li toccano a malincuore, sentendo avversione per l'asprezza delle messi, mentre agognano i fiori dei rovi. Essi, infatti, non si danno cura di vedere quanto è dolce il Signore 60 e non hanno fame nel giorno di sabato e, sebbene dal Signore del Sabato ne abbiano avuto il permesso, sono pigri a coglier le spighe, a rigirarle a lungo tra le mani 61 e, sfregandole, nettarle dalla pula fino ad arrivare al chicco nutriente.

Qual senso scegliere nelle frasi spiegabili in diverso modo od oscure.

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21.41. Qualcuno mi dirà: "Dopo tanto battere il grano con questa tua dissertazione, quali chicchi ne hai ricavati? Che cosa hai trovato? Perché mai in coteste questioni quasi tutto rimane ancora oscuro? Pronùnciati per una delle tante interpretazioni che hai dimostrato possibili". A costui rispondo d'esser giunto proprio al nutrimento gustoso, grazie al quale ho imparato che uno non si trova imbarazzato quando risponde conforme alla fede ciò che si deve rispondere agli individui che si piccano di muovere obiezioni capziose contro i Libri della nostra salvezza. In tal modo le tesi relative alla natura delle cose ch'essi potranno dimostrare con argomenti sicuri noi dobbiamo provare che non sono contrarie alle nostre Scritture, mentre tutto ciò che dai diversi loro libri addurranno contrario alle nostre Scritture, cioè alla fede cattolica, dovremo a nostra volta dimostrare, se ne avremo la capacità o, in caso contrario, credere senza la minima esitazione, che quelle tesi sono del tutto false: così crederemo fermamente al nostro Mediatore, in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della nostra scienza, e per conseguenza non ci lasceremo lusingare dalla facondia d'una falsa filosofia né spaventare dalla superstizione d'una falsa religione. Quando però leggiamo i Libri sacri, fra i tanti sensi legittimi che si possono ricavare da una breve frase e si basano sulla sana dottrina della fede cattolica, dobbiamo scegliere di preferenza il senso che risulterà certamente conforme al pensiero dell'autore da noi letto; se invece quel senso ci sfugge, dobbiamo scegliere almeno un senso ch'è permesso dal contesto e che si accorda con la retta fede. Se poi non è possibile esaminare e discutere tale senso basandosi sul contesto della Scrittura, dobbiamo scegliere almeno solo il senso che ci viene prescritto dalla retta fede. Una cosa infatti è non discernere il senso inteso principalmente dallo scrittore sacro, un'altra è allontanarsi dalla regola della retta fede. Se si eviterà l'una e l'altra eventualità, il lettore ne ricaverà un pieno profitto; se invece non potrà evitarsi né l'una né l'altra, anche se l'intenzione dello scrittore rimarrà incerta, non sarà inutile trarne un senso conforme alla retta fede.

41 - (
Gn 1,1).
42 - (Gn 1,2).
43 - Sap 11,18.
44 - (Gn 1,2).
45 - (Gn 1,3).
46 - Eccli 1,4.
47 - Cf. Sap 7,27.
48 - (Gn 1,1).
49 - (Gn 1,4).
50 - (Gn 1,5).
51 - (Gn 1,4).
52 - (Gn 1,3-4).
53 - (Gn 1,3-4).
54 - (Gn 1,5).
55 - (Gn 1,18).
56 - Cf. Mt 23,37.
57 - Cf. 1 Cor 14,20.
58 - (Gn 1,3).
59 - 1 Tim 1,7.
60 - Cf. Ps 33,9.
61 - Cf. Mt 12,1.
62 - Col 2,3.


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LIBRO SECONDO

Il firmamento nel mezzo delle acque.

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1.1. Dio inoltre disse: Vi sia un firmamento in mezzo alle acque e tenga separate le acque dalle acque. E così avvenne. E Dio fece il firmamento e separò le acque ch'erano al di sopra del firmamento. E Dio chiamò "cielo" il firmamento. E Dio vide ch'essa è cosa buona. E venne sera e poi mattina: secondo giorno. Riguardo alla parola di Dio che disse: Vi sia un firmamento ecc. e al compimento con cui vide ch'è una cosa buona e riguardo alla sera e alla mattina non è necessario ripetere le spiegazioni analoghe (già date). Avvertiamo perciò che ogniqualvolta, in seguito, troviamo ripetute queste espressioni, devono essere intese frattanto alla stregua dell'esame fattone in precedenza. Possiamo, al contrario, proporci con ragione il quesito se il cielo, di cui ora si tratta, è quello situato fuori dei limiti dell'atmosfera e al di sopra degli spazi più elevati, ove al quarto giorno vengono stabiliti anche i luminari e le stelle, oppure se è l'atmosfera stessa ad esser chiamata "firmamento".

Alcuni negano che le acque siano al di sopra del cielo sidereo.

1.2. Molti però sostengono che, per loro natura, queste acque non possono trovarsi al di sopra del cielo stellato poiché, a causa del loro peso, sono costrette a scorrere sulla terra oppure, evaporando, ad esser trasportate nell'atmosfera vicina alla terra. Ma nessuno deve confutare questi tali, dicendo che, in considerazione dell'onnipotenza di Dio, al quale tutto è possibile, noi dovremmo credere che queste acque, tanto pesanti come noi sappiamo anche per esperienza, siano state sparse al di sopra del cielo fisico ove sono le stelle. Adesso invece è bene che noi cerchiamo di sapere in qual modo Dio ha costituito la natura delle cose attenendoci alle sue Scritture e non che cosa in esse o per mezzo di esse Egli voglia compiere per mostrare miracolosamente la sua potenza. Se infatti Dio volesse che l'olio restasse al di sotto dell'acqua, ciò avverrebbe senz'altro, ma tuttavia non per questo noi non conosceremmo la natura dell'olio la quale è fatta in modo che, se l'olio viene versato nel fondo d'un recipiente, tende verso il suo proprio posto e s'apre un varco attraverso l'acqua che è al di sopra, e si colloca sulla sua superficie. Adesso dunque noi indaghiamo se il Creatore delle cose, il quale ha disposto ogni cosa con misura, numero e peso, ha assegnato come unico luogo proprio al peso delle acque non solo lo spazio attorno alla terra, ma anche quello al di sopra del cielo, che Egli ha steso attorno (alla terra) e ha stabilito saldamente oltre il limite dell'atmosfera.

Loro argomenti.


1.3. Coloro che rigettano questa ipotesi, adducono la prova tratta dal peso degli elementi, affermando che il cielo al di sopra di noi non è stato per nulla stabilito tanto saldamente come una specie di soffitto da poter sostenere il peso delle acque, poiché, secondo loro, una siffatta compattezza non può averla se non la terra, e tutto ciò ch'è tale non è cielo ma terra. Gli elementi infatti si distinguono non solo per il luogo loro proprio, ma anche per le loro proprietà, in modo da occupare anche i propri luoghi in ragione delle loro proprietà. Così, naturalmente, l'acqua sta sulla terra; anche se si trova o scorre sotterra, come avviene nelle profondità delle grotte e delle caverne, non è tuttavia sostenuta dalla terra soprastante ma da quella sottostante. Poiché, se dalla parte superiore (d'una caverna) si stacca un pezzo di terra, non rimane sulla superficie dell'acqua, ma passandovi attraverso vi si sommerge e va a finire nel fondo: arrivato là vi si posa come nel luogo suo proprio, restando l'acqua al di sopra e la terra al di sotto. Da ciò si comprende che, anche quand'era al di sopra delle acque, quel pezzo di terra non era sostenuto dalle acque, ma dall'ammasso compatto della terra, come avviene per le volte delle caverne.

La sacra Scrittura e le scienze naturali.


1.4. A questo punto mi si presenta alla mente di ricordare che bisogna evitare un errore che ho già ammonito di evitare nel primo libro. Poiché sta scritto nei Salmi: (Dio) ha stabilito la terra sulle acque, nessuno di noi pensi di basarsi su questo testo delle Scritture per combattere coloro che ragionano con sottili disquisizioni sul peso degli elementi. Quei tali infatti, non essendo trattenuti dall'autorevole testimonianza delle nostre Scritture e non sapendo intenderne il senso, più facilmente si prenderanno gioco dei Libri santi anziché respingere ciò che hanno compreso con sicure dimostrazioni o hanno conosciuto per via d'esperienze evidenti. Quella frase dei Salmi può infatti essere intesa in due sensi. Può intendersi cioè bene in senso figurato; poiché con il termine di "cielo e terra" vengono spesso denotati gli spirituali e i carnali nella Chiesa, il Salmista ha voluto mostrare che i cieli raffigurano la serena intelligenza della verità quando afferma: (Dio) ha creato i cieli con intelligenza; la terra invece raffigura la fede semplice dei piccoli, non quella incerta ed ingannatrice basata su opinioni menzognere, ma quella saldamente basata sull'insegnamento dei Profeti e del Vangelo e viene consolidata dal battesimo; ecco perché aggiunge: Ha stabilito la terra sull'acqua. Oppure, se ci si vuol costringere a intendere quella frase in senso letterale, non è illogico intendere che denoti le regioni più elevate della terra - tanto dei continenti quanto delle isole che emergono al di sopra delle acque - o le stesse volte delle caverne rese stabili da una massa solida, sospesa sulle acque. Per questo motivo nessuno può intender neppure nel senso letterale la frase: Ha stabilito la terra sulle acque, in modo da pensare che il peso delle acque sia stato posto come un basamento ordinato naturalmente a sopportare il peso della terra.

L'aria al di sopra delle acque.

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2.5. L'aria al contrario si trova al di sopra delle acque sebbene, per gli spazi più vasti da essa occupati, ricopra anche la terraferma. Ciò si comprende considerando il fatto che un recipiente immerso (nell'acqua) con la bocca rivolta verso il basso non può riempirsi d'acqua: questa è una prova sufficiente che l'aria tende per sua natura verso l'alto. Il recipiente sembra bensì vuoto ma si dimostra esser pieno d'aria quando lo s'immerge nell'acqua con la bocca rivolta verso il basso; in realtà poiché (l'aria) non trova una via d'uscita attraverso la parte rivolta verso l'alto e, data la sua natura, non può passare sotto l'acqua penetrandovi a forza, la respinge dal recipiente ch'è pieno e non ve la lascia entrare. Quando invece il recipiente viene posto (sull'acqua) in modo d'aver l'apertura non rivolta verso il basso ma inclinata su un fianco, l'acqua entra dal di sotto mentre l'aria esce dal di sopra. Parimenti quando in un vaso diritto con la bocca rivolta verso l'alto si fa entrare l'acqua, l'aria esce verso l'alto dall'altra parte in cui non si fa entrare l'acqua e fa posto all'acqua di entrare verso il basso. Se però il recipiente viene immerso con forza piuttosto grande in modo che le acque -entrando tutto ad un tratto di fianco a dal di sopra - coprano da ogni parte l'apertura del recipiente, l'aria che tende verso l'alto esce aprendosi un varco attraverso le acque per far loro posto nel fondo; ma nell'aprirsi il varco attraverso le acque, l'aria, uscendo da diverse parti, produce un gorgoglio nel vaso poiché non può uscire subito tutta insieme a causa della strettezza dell'apertura. Se dunque l'aria è costretta a risalire al di sopra delle acque, riesce a fenderle anche se affluiscono in massa allorché - spinte dal suo urto - si precipitano fuori ribollendo e attraverso bolle gorgoglianti mandano fuori l'aria che si precipita verso il suo luogo naturale e dà alle acque la possibilità di cadere al fondo. Se al contrario si pretendesse di far uscir l'aria dal recipiente sotto le acque in modo che, ritirandosi l'aria, si volesse riempire il recipiente, dalla parte della sua apertura immersa verso il basso, sarebbe più facile che il recipiente rovesciato venisse coperto da ogni parte dall'acqua anziché una gocciolina trovasse il posto per entrarvi attraverso l'apertura rivolta verso il basso.

Il fuoco al di sopra dell'aria.

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3.6. Ora poi, chi non vede che il fuoco, lanciandosi in alto, tende ad oltrepassare perfino la stessa natura dell'aria? Se infatti si tiene una torcia con la sua testa volta all'ingiù, la chioma della fiamma tende tuttavia verso l'alto. A causa però della condensazione assai forte dell'aria che si stende intorno e al di sopra di essa, il fuoco spesso si spegne e, sotto la pressione d'una gran massa di questo elemento, si cambia spesso e si trasforma nella proprietà dell'aria; ecco perché non può sussistere a lungo per oltrepassare l'altezza di tutta la massa dell'aria. Si dice perciò che il cielo è un puro fuoco al di sopra dell'aria; fuoco di cui si congettura siano costituite anche le stelle e i luminari risultanti costituiti da una massa di forma sferica e dalla natura della luce ignea distinta nelle forme che vediamo nel cielo. Perciò, allo stesso modo che l'aria e l'acqua cedono al peso degli elementi terrestri perché possano arrivare fino alla terra, così anche l'aria cede al peso dell'acqua perché arrivi fino all'acqua o alla terra. Da questa costatazione gli scienziati pretendono di dedurre che anche l'aria, qualora se ne potesse lanciare una particella nelle regioni più alte del cielo, ricadrebbe necessariamente a causa del suo peso fino ad arrivare alle regioni inferiori occupate dall'aria. Concludono, per conseguenza, che tanto meno le acque possono avere un luogo al di sopra del cielo di fuoco dato che l'aria, molto più leggera dell'acqua, non può rimanere lassù.

Perché secondo un esegeta l'aria atmosferica, detta cielo, è chiamata anche firmamento.

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4.7. Incalzato da siffatti argomenti, un esegeta lodevolmente s'è sforzato di dimostrare che vi sono acque al di sopra dei cieli, al fine di confermare la veridicità della Scrittura, basandosi sui fenomeni naturali visibili e manifesti. Egli fa vedere innanzitutto - cosa ch'era assai facile -che anche l'aria della nostra atmosfera è chiamata cielo non solo nel linguaggio comune, secondo il quale chiamiamo sereno e nuvoloso il cielo, ma anche nel modo d'esprimersi ordinario delle stesse nostre Scritture come quando parlano degli uccelli del cielo, mentre è evidente che gli uccelli volano nell'aria; il Signore inoltre, parlando delle nuvole, dice: Voi siete in grado d'interpretare l'aspetto del cielo. Noi poi vediamo spesso che le nubi si addensano anche nell'aria in prossimità della terra quando esse si posano lungo i pendii dei monti in modo che spesso vengono superate dalle vette dei monti. Dopo aver dunque dimostrato che quest'aria è chiamata cielo, egli sostiene l'opinione che è chiamata anche firmamento per la sola ragione che lo spazio occupato da essa divide alcuni vapori delle acque e le acque che scorrono più dense sulla terra. Le nubi infatti, come sanno quanti le hanno attraversate camminando sui monti, presentano questo aspetto per il fatto di raccogliersi in massa e dell'agglomerarsi di gocce minutissime; se le nubi si condensano maggiormente in modo che più gocce assai piccole si riuniscano per formare una goccia grossa, l'aria non può trattenerla nel suo grembo ma cede al suo peso che la porta in basso: si ha così la pioggia. Questo autore dunque, argomentando dall'aria che si trova fra i vapori umidi - con i quali si formano, al di sopra, le masse delle nubi - e i mari che si estendono al di sotto, ha voluto dimostrare che il cielo è situato tra acqua e acqua. Questa acuta osservazione mi pare veramente degna di lode; poiché ciò ch'egli afferma non solo non è contrario alla fede, ma può esser creduto sulla base d'una prova evidente.

Le acque al di sopra dell'aria.


4.8. Si potrebbe per altro pensare che il peso naturale dei vari elementi non impedisca che anche al di sopra del cielo più alto possano esserci delle acque sotto forma di minutissime gocce, grazie alle quali esse possono stare sospese anche al di sopra dello spazio occupato dall'aria che avvolge la terra. Quest'aria, sebbene più pesante e situata al di sotto del cielo superiore, è senza dubbio più leggera dell'acqua e tuttavia quei vapori si trovano al di sopra di quest'aria senza che il loro peso lo impedisca. Può darsi dunque che anche al di sopra di quel cielo si stendano vapori di acqua più leggeri delle gocce più minute, il cui peso non le costringe a cadere. Gli scienziati, infatti, mediante un sottilissimo ragionamento, dimostrano che non esiste alcun corpo, piccolo quanto si voglia, nella divisione del quale si possa mettere un limite, ma tutti i corpi sono divisibili illimitatamente, poiché ogni parte d'un corpo è anch'essa un corpo e ogni corpo è necessariamente divisibile nelle sue due metà. Se perciò l'acqua, come noi vediamo, può ridursi in gocce tanto minute da potersi elevare in forma di vapore al di sopra dell'aria ch'è attorno a noi e che per natura è più leggera dell'acqua, perché mai non potrebbe rimanere anche al di sopra di quel cielo più leggero (dell'aria) trovandosi nello stato di gocce più minute e di vapori più leggeri?

Le acque al di sopra del cielo sidereo.

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5.9. Anche alcuni scrittori cristiani, in base alle proprietà e ai movimenti degli astri, si sforzano di confutare coloro i quali negano che, a causa del loro peso, le acque possano stare al di sopra del cielo stellato. I medesimi affermano che il pianeta chiamato Saturno è assai freddo ed impiega trent'anni per compiere la sua rivoluzione percorrendo la fascia zodiacale, per il fatto che percorre un'orbita più lontana dal centro del mondo e perciò più ampia (di quella degli altri pianeti). Il sole infatti compie il medesimo percorso in un anno e la luna in un mese, cioè - come affermano - in un tempo più breve quanto meno elevata è quella, in modo che lo spazio del tempo è proporzionato allo spazio percorso. Quei nostri autori si domandano pertanto perché quel pianeta è freddo, mentre avrebbe dovuto esser tanto più caldo quanto più alto è il cielo in cui si muove. Non v'è infatti dubbio che quando una massa sferica si muove con moto circolare, le sue parti più interne si muovono più lentamente, quelle esterne invece più velocemente in modo che ai medesimi giri il percorso delle distanze più grandi corrisponda contemporaneamente a quello delle distanze minori: ma le zone che si muovono più veloci si riscaldano, naturalmente, di più. Ecco perché il suddetto pianeta dovrebbe essere piuttosto caldo anziché freddo. È vero bensì ch'esso impiega trent'anni a compiere l'intera sua rivoluzione, dato il grande spazio che deve percorrere; tuttavia, poiché gira in senso contrario al moto del cielo e in modo più veloce, cosa che fa necessariamente ogni giorno - così, a quanto si dice, ogni rivoluzione del cielo corrisponde a un giorno -dovrebbe riscaldarsi di più a causa del moto celeste più rapido. Ciò che dunque rende, senza dubbio, freddo quel pianeta è la sua vicinanza dalle acque che si trovano al di sopra del cielo, cosa questa che non vogliono riconoscere coloro dei quali ho esposto in breve le spiegazioni relative al moto del cielo e degli astri. In base a tali congetture alcuni dei nostri studiosi s'ingegnano di controbattere coloro che rifiutano di ammettere l'esistenza di acque al di sopra del cielo e affermano che quel pianeta, il quale compie la sua rivoluzione vicino alla volta del cielo, è freddo, perché quelli siano costretti ad ammettere che le acque sono lì sospese non in virtù della leggerezza dei vapori, ma della solidità del ghiaccio. Ad ogni modo, quale che sia la natura delle acque e la forma sotto cui esse stanno lassù, non dobbiamo dubitare affatto ch'esse ci stiano; poiché ha più valore l'autorità della sacra Scrittura che la capacità di qualsiasi ingegno umano.


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