Agostino - Genesi 609

Ripartizione degli animali secondo gli elementi.

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9.13. Non ignoro, inoltre, che alcuni filosofi hanno distribuito gli esseri viventi secondo l'elemento proprio di ciascuna loro famiglia, affermando che sarebbero terrestri non solo gli animali che strisciano e camminano sulla terra, ma anche gli uccelli, per il fatto che anch'essi vi si posano quando si sono stancati nel volare; gli esseri viventi dell'aria invece sarebbero i demoni, e quelli del cielo gli dèi; noi tuttavia chiamiamo una parte di essi luminari, un'altra parte angeli. I medesimi, tuttavia, attribuiscono alle acque i pesci e gli altri mostri marini, sicché nessun elemento è privo dei propri esseri viventi, come se sotto le acque non ci fosse che terra o come se potessero provare che i pesci non vi si riposino e non vi ristorino le loro forze per nuotare, allo stesso modo che gli uccelli ristorano le forze per volare. Sennonchè i pesci forse vi si riposano più raramente perché l'acqua è più resistente dell'aria per portare i corpi, tanto da sostenere anche gli animali terrestri quando nuotano, sia che abbiano imparato a farlo con l'esercizio come gli uomini, sia che l'abbiano imparato per istinto naturale come i quadrupedi e i serpenti. Oppure, se non credono che i pesci siano animali terrestri perché non hanno le zampe, neppure i vitelli marini e le foche sono animali acquatici, né sono animali terrestri i serpenti e le chiocciole poiché quelli hanno zampe e questi altri, privi di zampe, non dico che riposano sulla terra ma che appena o mai s'allontanano da essa. Quanto poi ai draghi si dice che sono privi di zampe e si sollevano nell'aria; benché siano difficilmente conosciuti, non tacciono di questa specie d'animali non solo le nostre sacre Scritture ma nemmeno gli scritti dei pagani.

Il "luogo" dei demoni.

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10.14. Per questo motivo, anche se i demoni sono esseri viventi dell'aria, poiché sono dotati di corpi di natura aerea, e perciò non finiscono nella dissoluzione causata dalla morte per il fatto che prevale in essi un elemento più adatto ad essere attivo che ad essere passivo, superiore agli altri due elementi, cioè all'acqua e alla terra, ma inferiore all'altro ch'è il fuoco sidereo - infatti due elementi, cioè l'acqua e la terra, sono classificati tra quelli soggetti a essere passivi; gli altri due invece, e cioè l'aria e il fuoco, hanno la proprietà d'essere attivi -; se dunque essi sono di natura aerea, questo carattere distintivo non è affatto in contraddizione con la nostra Scrittura, la quale c'insegna che i volatili sono stati prodotti a partire non dall'aria ma dall'acqua. Il ruolo assegnato ai volatili è costituito in effetti da evaporazioni diffuse nell'aria, poco dense - è vero - ma tuttavia prodotte dall'acqua. L'aria inoltre si estende dalla linea di confine del cielo pieno di luce fino alle acque fluide e alle terre nude; tuttavia i vapori umidi non offuscano tutto lo spazio occupato dall'aria ma fino alla linea di confine ove comincia già quella che il Salmo chiama "terra", là ove dice: Lodate il Signore dalla terra. La parte superiore dell'aria, al contrario, a causa della sua assoluta tranquillità, è unita, con una pace abituale, al cielo con il quale essa confina e di cui condivide lo stesso nome. Se in questa parte superiore dell'aria prima della loro ribellione v'erano gli angeli prevaricatori insieme con il loro capo, adesso diavolo, allora angelo - alcuni scrittori cristiani infatti pensano ch'essi non erano angeli dei cieli o dei cieli più sublimi - non c'è da stupirsi che dopo il loro peccato furono cacciati giù in questa regione inferiore caliginosa ove tuttavia non solo c'è l'aria ma essa è anche impregnata di vapori leggeri: se è agitata con più violenza produce anche fulmini con lampi e tuoni, se è condensata produce le nubi, se compressa produce la pioggia, quando le nubi si congelano produce la neve; quando poi le nubi più dense si congelano con un movimento più turbinoso produce la grandine; quando si è rarefatta produce il sereno. Tutto ciò avviene per effetto dell'occulta volontà e dell'azione di Dio che governa tutte le sue creature, dalle più eccelse alle infime. Ecco perché nel Salmo succitato, dopo aver enumerato il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio, il vento delle bufere, perché non si pensasse che quei fenomeni avvengano o siano eccitati senza l'intervento della divina provvidenza, il Salmista soggiunge immediatamente: che ubbidite al suono della sua parola.

Il corpo aereo dei demoni.


10.15. Se gli angeli ribelli prima della loro ribellione avevano un corpo celeste, non c'è nemmeno da stupire che esso per castigo si sia mutato in un corpo aereo in modo da poter provare qualche tormento da parte del fuoco, d'un elemento cioè di natura superiore, per sua natura, a quella dell'aria; ma non è stato loro nemmeno permesso di abitare nelle regioni più alte e più serene dell'atmosfera ma in queste caliginose di quaggiù che, in rapporto alla loro natura, sono per essi come una specie di prigione fino al giorno del giudizio. Se però occorre fare indagini più accurate su questi angeli ribelli, si faranno più opportunamente se ci si presenterà qualche altro passo della Scrittura. Per ora quindi ci basterà dire: se queste regioni burrascose e tempestose, per la natura dell'atmosfera che si estende fino alle acque e alle terre, possono sostenere corpi aerei, possono sostenere anche il corpo degli uccelli, prodotti a partire dalle acque, grazie ai leggeri vapori che esalano dalle acque; questi vapori, cioè, esalando penetrano nell'aria medesima che circola presso le acque e le terre ed è perciò assegnata alla parte più bassa e terrestre del mondo e con l'aria forma il complesso dell'atmosfera. Le suddette esalazioni rese pesanti dal freddo della notte si depositano anche in gocce sotto forma di rugiada quando è sereno e, se il freddo è più acuto, sotto forma di brina biancheggiante.

Gli animali terrestri.

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11.16. E Dio disse: La terra faccia uscire esseri viventi secondo la loro specie: quadrupedi e rettili e fiere terrestri secondo la loro specie, animali domestici secondo la loro specie. E così avvenne. E Dio fece le fiere terrestri secondo la loro specie, gli animali domestici secondo la loro specie e tutti i rettili della terra secondo la loro specie. E Dio vide che sono cose buone. Era logico che ormai Dio dotasse di esseri viventi appropriati la seconda parte più bassa nel mondo, cioè la terra propriamente detta, sebbene in altri passi la Scrittura denoti globalmente con il termine "terra" tutta la regione più bassa con tutti gli abissi e l'atmosfera in cui si formano le nubi. Sono d'altronde ben note le specie degli animali fatte uscire dalla terra in virtù della parola di Dio. Ma poiché sovente sotto il nome di "animali domestici" o di "fiere" si è soliti intendere tutti gli animali privi di ragione, possiamo chiederci giustamente quali sono qui chiamate "fiere" e quali "animali domestici" in senso proprio. Non c'è dubbio che per animali striscianti e rettili della terra la Scrittura vuole intendere ogni specie di serpenti, sebbene possano chiamarsi anche fiere ma nel linguaggio comune non si adatta ai serpenti il nome di animali domestici. Per contro, ai leoni, ai leopardi, alle tigri, ai lupi, alle volpi, perfino ai cani e alle scimmie e a tutti gli altri animali dello stesso genere si adatta secondo l'uso comune della lingua il nome di "fiere". Il nome di "animali domestici", invece, siamo soliti applicarlo in senso più appropriato agli animali che sono al servizio degli uomini sia per aiutarli nei lavori, come i buoi, i cavalli e gli altri animali di tal genere, sia per dare la lana e il nutrimento, come le pecore e i maiali.

I quadrupedi.


11.17. Che cosa sono dunque i quadrupedi? Poiché, sebbene tutti questi animali camminino su quattro zampe, eccettuati alcuni che strisciano, tuttavia, qualora (l'agiografo) non avesse voluto denotare con questo termine alcune specie determinate di animali, quantunque non ne parli più nel ripetere l'elenco. Sono forse chiamati quadrupedi in senso proprio i cervi, i caprioli, gli asini selvatici e i cinghiali - non possono infatti annoverarsi nella categoria delle belve in cui sono annoverati i leoni e, sebbene simili agli animali domestici, non sono tuttavia come quelli oggetto delle cure dell'uomo - come se questi animali fossero i rimanenti ai quali sarebbe data quella denominazione che in genere denota molti animali - è vero - a causa d'un certo numero di zampe, ma che ha tuttavia un significato speciale? Oppure, dato che ripete tre volte: secondo la loro specie, c'invita forse a considerare tre specie d'animali? Dapprima i quadrupedi e i rettili secondo la loro specie: (l'agiografo) indicherebbe, a mio avviso, quelli da essa chiamati quadrupedi, quelli cioè annoverati nella classe dei rettili come le lucertole, le tarantole e altri dello stesso genere. Ecco perché nel ripetere l'enumerazione non ripete una seconda volta il termine "quadrupedi" poiché, probabilmente, li comprende sotto il nome di "rettili" e perciò nel ripetere l'enumerazione non dice semplicemente "i rettili", ma dice: tutti i rettili della terra, ove aggiunge della terra perché vi sono anche i rettili delle acque e aggiunge: tutti poiché vi sono anche quelli che camminano su quattro zampe e che prima erano stati indicati col nome di "quadrupedi". Le fiere, invece, di cui (l'agiografo) dice ugualmente: secondo la loro specie, comprenderebbero, a eccezione dei serpenti, tutti gli animali che aggrediscono con i denti o con gli artigli. Al contrario gli animali di cui per la terza volta (lo scrittore sacro) dice: secondo la loro specie, sarebbero quelli che non feriscono né con i denti né con gli artigli o con le corna o neppure con queste. Ho già detto più sopra infatti che il termine "quadrupedi" è molto generico e si applica facilmente a tutti gli animali riconoscibili dalle quattro zampe e ho detto anche che sotto il nome di animali domestici e di fiere sono compresi talora tutti gli animali privi di ragione. Ma anche il termine fera ("belva, bestia selvatica") ha spesso in latino il medesimo significato. Io non dovevo tuttavia trascurare di esaminare come questi termini, che non senza motivo sono usati in questo passo delle Scritture, possono essere destinati a indicare anche un senso preciso e speciale che si può riconoscere facilmente nel linguaggio comune d'ogni giorno.

La formula: secondo la loro specie e le ragioni eterne.

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12.18. Anche il lettore non senza motivo resta imbarazzato nel risolvere il quesito se (lo scrittore sacro), senza un'intenzione particolare e, diciamo così, per caso o per una ragione speciale, usi la formula: secondo la loro specie, come se le specie esistessero anche prima degli esseri di cui è narrata la creazione la prima volta. O si deve forse pensare che quelle specie esistevano nelle regioni superiori ossia spirituali, conformi alle quali sono creati gli esseri di quaggiù? Ma se la cosa stesse in questi termini, la stessa formula sarebbe stata usata a proposito della luce, del cielo, delle acque e delle terre e dei luminari del cielo. Qual è infatti, tra quelli suddetti, l'essere la cui eterna e immutabile ragione di esistere non risieda con la sua potenzialità nella stessa Sapienza di Dio, la quale si estende da un confine all'altro con forza e governa tutto con bontà ? Ora, (l'agiografo) usa questa formula per la prima volta quando parla delle erbe e degli alberi fino a quando narra la creazione degli animali terrestri. D'altra parte, benché la formula non ricorra nella prima menzione degli animali che Dio creò traendoli dalle acque, tuttavia nella ripetizione della frase si trova detto: E Dio fece i grandi mostri marini e ogni essere vivente degli animali che strisciano, fatti uscire dalle acque secondo la loro specie e tutti i volatili pennuti secondo la loro specie.

Altre spiegazioni possibili.


12.19. Forse per il fatto che questi esseri furono creati perché da essi ne nascessero altri e nella successione conservassero la stessa natura originaria, (l'agiografo) usa la formula: secondo la loro specie per indicare la propagazione della stirpe grazie alla quale erano destinati a perdurare com'erano stati creati? Ma per qual motivo, a proposito degli alberi e delle erbe non solo è usata l'espressione: secondo la loro specie, ma anche quest'altra: a loro somiglianza, sebbene anche gli animali, tanto acquatici che terrestri, generino i discendenti a loro somiglianza? O forse perché la somiglianza è una conseguenza di una data specie, (lo scrittore sacro) non ha voluto ripetere la seconda formula? In realtà non sempre ha ripetuto neanche il termine "seme", pur essendo insìto non solo nelle erbe e negli alberi ma anche negli animali, anche se non in tutti; poiché è stato osservato che alcuni animali nascono dalle acque o dalla terra senza avere alcun sesso e perciò il loro seme non è insito in essi ma negli elementi da cui nascono. La formula: secondo la loro specie è dunque da intendersi solo riguardo agli animali che hanno sia il potere del seme per riprodursi sia la somiglianza di quelli che succedono a quelli che scompaiono, poiché nessuno di essi è stato creato in modo da esistere una volta per sempre, tanto se destinato a perdurare quanto se destinato a sparire senza alcuna discendenza.

Perché quella formula non è usata per l'uomo.


12.20. E allora per qual motivo anche dell'uomo non è detto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza secondo la propria specie", essendo evidente che anche l'uomo si riproduce? Forse perché Dio aveva creato l'uomo in modo che non dovesse morire, qualora avesse voluto osservare il precetto e perciò non era necessario chi succedesse a lui una volta scomparso? Ma dopo il peccato l'uomo fu paragonato e divenne simile agli animali privi di ragione, di modo che ormai i figli di quel mondo generano e sono generati affinché la specie dei mortali possa sussistere col mantenere la discendenza. Che significa, dunque, la benedizione pronunciata dopo la creazione dell'uomo (nei seguenti termini): Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra, dato che ciò poteva avvenire (solo) con la generazione? Dobbiamo forse astenerci dall'avventare alcune ipotesi in proposito finché non arriveremo a quel passo della Scrittura ove tale problema dev'essere esaminato e spiegato con maggior attenzione? Per adesso infatti potrebbe forse essere sufficiente pensare che a proposito dell'uomo sarebbe stata omessa l'espressione: secondo la sua specie, per il fatto ch'egli fu creato da solo, mentre da lui fu tratta anche la donna quando fu creata. In realtà non vi sono molte specie di uomini come invece ve ne sono d'erbe, di alberi, di pesci, di volatili, di serpenti, d'animali domestici, di belve. Per conseguenza l'espressione: secondo la loro specie la dovremmo intendere nel senso di: "per via della riproduzione" per distinguere dalle altre creature gl'individui simili tra loro e che derivano da un unico germe originale.

Perché la benedizione fu da Dio impartita, oltre all'uomo, ai soli animali acquatici.

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13.21. Viene posto anche quest'altro quesito: per qual motivo gli animali prodotti dalle acque meritarono un sì grande onore di ricevere, da parte del Creatore, soltanto essi la benedizione come gli uomini? Dio infatti benedisse anch'essi dicendo: Crescete e moltiplicatevi e riempite le acque del mare, e i volatili si moltiplichino sulla terra. Secondo questa ipotesi la benedizione avrebbe dovuto essere pronunciata per la prima creatura capace di riprodursi, vale a dire per l'erba e per l'albero. O forse il Creatore pensò che la benedizione espressa con le parole: Crescete e moltiplicatevi fosse fuor di proposito se rivolta a creature in cui non esiste alcun desiderio di propagare la prole e generano senza alcuna coscienza, mentre, per gli animali che hanno siffatto desiderio, il Creatore avrebbe pronunciato per la prima volta la detta benedizione in modo che, senz'essere ripetuta, la s'intendesse valida anche per gli animali terrestri? Sarebbe invece stato necessario ch'essa fosse ripetuta per l'uomo affinché non si dicesse che nella funzione di generare i figli c'è qualche peccato come invece è non solo nella passione carnale della fornicazione ma anche nell'uso smodato dello stesso matrimonio.

I problemi relativi agli insetti.

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14.22. C'è ancora un altro problema riguardante certi animali piccolissimi, se cioè furono creati al principio della corruzione o derivarono in seguito dalla corruzione degli esseri mortali. La maggior parte d'essi infatti nasce o da alterazioni patologiche dei corpi viventi o dai loro escrementi o dalle loro esalazioni oppure dai cadaveri putrefatti, alcuni altri nascono anche dalle parti marcite della legna e delle erbe, alcune dal marciume dei frutti. A proposito di tutti questi animaletti non abbiamo tuttavia il diritto di dire che non ne sia creatore Dio, poiché tutti hanno una sorta di bellezza naturale propria della loro specie, una bellezza tale da suscitare una meraviglia maggiore in chi li considera attentamente e da far lodare di più l'Artefice onnipotente che tutto ha fatto mediante la Sapienza 22 la quale, estendendosi da un confine all'altro e governando tutto con bontà 23, non lascia allo stato informe neppure gl'infimi esseri della natura, che si corrompono conforme al grado della loro specie - la cui dissoluzione c'inorridisce a causa del castigo che ci ha resi mortali -, crea però animali dal corpo piccolissimo ma dai sensi acuti sicché, se li osservassimo con maggiore attenzione, dovremmo stupirci più dell'agilità d'una mosca che vola anziché della potenza d'un giumento che cammina e dovremmo ammirare di più le opere delle formiche che non i carichi pesanti portati dai cammelli.

La creazione degli insetti e il problema della generazione spontanea.


14.23. Ma veniamo al problema già accennato, se cioè dobbiamo pensare che questi esseri piccolissimi furono creati anch'essi nella prima creazione delle cose, o come conseguenza della decomposizione dei corpi corruttibili. Si può tuttavia dire che gli esseri piccolissimi, che traggono origine dall'acqua e dalla terra, furono fatti nella creazione primitiva. Tra essi non è illogico annoverare altresì quelli che nascono dalle piante, prodotte dalla forza generatrice della terra, sia perché queste creature avevano preceduto la creazione non solo degli animali ma anche dei luminari, sia perché mediante la stretta connessione delle radici sono collegate alla terra, dalla quale spuntarono il giorno in cui apparve la terra asciutta. Dovremmo per conseguenza pensare che questi animali minutissimi sono un'integrazione della terra abitabile piuttosto che appartenenti al numero degli abitanti. Quanto invece a tutti gli altri esseri che nascono dal corpo degli animali e soprattutto dai cadaveri è del tutto irragionevole affermare che furono creati contemporaneamente ai medesimi animali se non nel senso che in tutti i corpi animati erano insiti una certa potenza naturale e i germi, diciamo così, seminati in antecedenza e in certo qual modo abbozzati degli animali futuri destinati a nascere - ciascuno conforme alla propria specie e alle proprie caratteristiche - dalla corruzione di quei corpi grazie all'ineffabile governo del Creatore che tutto muove senza subire mutamenti.

Perché furono creati gli animali nocivi.

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15.24. Anche a proposito delle specie degli animali velenosi e nocivi si suol porre il quesito se furono creati dopo il peccato dell'uomo allo scopo di punirlo o se invece, creati dapprima innocenti, solo in seguito cominciarono a esser nocivi per i peccatori. Ma neppure ciò deve sorprenderci, dal momento che nel corso di questa vita, piena d'affanni e d'afflizioni, nessuno è talmente virtuoso da osare di dirsi perfetto, come attesta sinceramente l'Apostolo che dice: Non ch'io abbia conquistato il premio o sia già arrivato alla perfezione. Inoltre tentazioni e molestie corporali sono ancora necessarie per esercitare e perfezionare la virtù nella debolezza, come dichiara ancora il medesimo Apostolo, il quale dice che, affinché non montasse in superbia per le grandi rivelazioni, gli fu messa una spina nella carne, un angelo di Satana perché lo schiaffeggiasse e, pur avendo pregato per tre volte il Signore d'allontanarlo da lui, ebbe la seguente risposta: Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesta appieno nella debolezza; ciononostante anche il servo di Dio, Daniele, visse senza paura e incolume in mezzo ai leoni; eppure egli nella preghiera innalzata a Dio, confessa schiettamente non solo i peccati del suo popolo, ma anche i suoi personali; e così pure una vipera morse lo stesso Apostolo senza però fargli alcun male. Questi animali, dunque, anche se creati all'origine del mondo, sarebbero potuti essere innocui, se non vi fosse stato alcun motivo di far temere e punire i vizi o di mettere alla prova e portare a perfezione la virtù, poiché è necessario mostrare esempi di pazienza per il progresso spirituale degli altri; l'uomo inoltre nelle prove acquista una migliore conoscenza di se stesso; è infine giusto che la salvezza eterna, perduta vergognosamente a causa del piacere, venga recuperata coraggiosamente mediante il dolore.

Perché furono create le bestie che si danneggiano a vicenda.

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16.25. Qualcuno però obietterà: "Per qual motivo dunque le bestie si danneggiano a vicenda, dato ch'esse non hanno alcun peccato perché possa parlarsi d'un castigo, né acquistano alcuna virtù con l'esercizio di tale attività?". Evidentemente il motivo è che le une sono cibo delle altre e perciò avremmo torto a dire: "Non ci dovrebbero essere bestie che fossero cibo delle altre". Tutte le creature infatti, fintanto che esistono, hanno le loro misure, i loro ritmi di sviluppo, le loro leggi: tutte cose queste che, se considerate come si deve, meritano lode, e le loro trasformazioni, anche quando si tratta d'un passaggio da un bene a un altro, obbediscono all'economia specifica ma occulta della bellezza del divenire. Se queste leggi sfuggono agli stolti, appaiono invece in una luce fioca ai progredienti ma in piena luce ai perfetti. Tutte queste attività delle creature inferiori offrono all'uomo salutari ammaestramenti: gli fan capire quanto deve impegnarsi per arrivare alla salvezza eterna dell'anima, grazie alla quale egli è superiore a tutti gli animali irragionevoli, al vedere che tutte le bestie, dai più grossi elefanti ai più piccoli vermiciattoli, fanno tutto ciò di cui sono capaci sia lottando sia mettendosi in guardia per conservare l'esistenza fisica e temporale data loro in sorte dalla posizione inferiore nella graduatoria conforme alla loro specie. Questo non appare se non quando alcuni animali, cercano il ristoro per il loro corpo nel corpo degli altri, resistendo altri con tutte le forze o ricorrendo alla fuga o mettendosi al riparo nei nascondigli. In verità anche lo stesso dolore fisico in ogni essere animato è una grande e meravigliosa potenza dell'anima in quanto mantiene in vita la compagine corporea in virtù della sua misteriosa fusione e la riduce a una certa unità conforme alla propria natura, poiché soffre non con indifferenza ma, per così dire, con indignazione che tale unità venga alterata e dissolta.

Perché gli animali dilaniano i cadaveri per cibarsene.

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17.26. Uno forse potrebbe fare anche un'altra obiezione, e cioè: ammettiamo pure che gli animali nocivi facciano del male alle persone viventi per castigarle o le esercitino ai fini della loro salvezza o le mettano alla prova per loro vantaggio o le istruiscano a loro insaputa; ma per quale motivo dilaniano perfino i cadaveri umani per cibarsene? Come se importasse alcunché alla nostra utilità sapere per quali vie la nostra carne esanime vada nelle segrete profondità della natura dalle quali dovrà poi essere tirata fuori per essere formata di nuovo dalla mirabile potenza del Creatore! Anche da questo fatto, peraltro, si può trarre un ammonimento per i saggi: quello cioè d'affidarsi alla fedeltà del Creatore, il quale con ordini misteriosi governa gli esseri tutti, dai più piccoli ai più grandi, e conosce perfino il numero dei capelli della nostra testa, e ciò affinché non abbiano orrore d'alcun genere di morte a causa di vane preoccupazioni per i propri cadaveri, ma non siano esitanti a preparare il vigore della fortezza prodotta dalla fede per affrontare qualsiasi evenienza.

Perché e quando furono creati i rovi e le spine.

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18.27. Una simile questione suole sorgere anche a proposito delle spine e dei rovi oltre che di certi alberi non fruttiferi e cioè per qual motivo e quando sono stati creati, dal momento che Dio disse: La terra produca l'erba commestibile avente in sé il seme e alberi fruttiferi che producano frutti. Ma coloro che si lasciano impressionare da questa obiezione non comprendono nemmeno quale senso ha il termine "usufrutto" nelle comuni formule del diritto umano. Con il termine "frutto", s'intende infatti qualsiasi utilità derivante a chi usa qualcosa. Orbene dei numerosi vantaggi, sia palesi che occulti, di tutto ciò che la terra produce e nutre mediante le radici, alcuni possono vederli da se stessi, mentre riguardo agli altri si possono informare da coloro che li conoscono.

Una risposta più esauriente sui rovi.


18.28. Quanto alle spine e ai rovi si può dare una risposta ancor più esauriente, poiché dopo il peccato, a proposito della terra, fu detto all'uomo: Spine e rovi produrrà per te. Non si deve tuttavia affermare senz'altro che la terra cominciò a produrli solo allora. Infatti, poiché anche tra le varie specie di semi si trovano molte utilità, forse potevano aver il loro posto nella natura senza costituire alcun castigo per l'uomo. Ma quanto al fatto che le spine nascessero anche nei campi in cui ormai l'uomo era condannato a lavorare, si può pensare che ciò fosse un aggravio del suo castigo, poiché sarebbero potute nascere in altri luoghi sia per nutrimento degli uccelli e del bestiame, sia per altri bisogni degli stessi uomini. C'è pertanto un'altra interpretazione che non è incompatibile con queste parole: produrrà per te spine e rovi, se le prendiamo nel senso che la terra avrebbe prodotto spine anche prima del peccato per procurare non già afflizione all'uomo ma un nutrimento adatto ad ogni sorta d'animali: ce ne sono infatti alcuni che si cibano di questa specie di piante, siano esse tenere o secche, come d'un nutrimento adatto e gradito. Il suolo al contrario avrebbe cominciato a produrre queste spine per procurare una fatica penosa all'uomo quando, dopo il peccato, cominciò a lavorare la terra. Non già che le spine in precedenza nascessero in altri luoghi e dopo il peccato nei campi coltivati dall'uomo per raccoglierne le messi, ma sia prima che dopo nascevano nei medesimi luoghi; tuttavia non nascevano per l'uomo in precedenza, ma in seguito, essendo ciò indicato dall'inciso aggiunto alla frase, poiché la Scrittura non dice solo: spine e rovi produrrà, ma: produrrà per te, vale a dire: "queste spine cominceranno a nascere per te al fine di procurarti fatica, mentre prima nascevano solo per essere il nutrimento di altri animali".

Perché solo quando creò l'uomo Dio disse: Facciamo...

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19.29. E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su tutto il bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio creò l'uomo, lo creò a immagine di Dio, maschio e femmina li creò. E Dio li benedisse dicendo: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e assoggettatela e dominate sui pesci del mare e su gli uccelli del cielo, su tutto il bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio disse: Ecco, io vi ho dato ogni erba commestibile che produce seme che si trova su tutta la terra, e ogni albero che ha in sé frutto produttore di seme: sarà cibo per voi e per tutte le bestie della terra, per tutti gli uccelli del cielo e per tutti i rettili che strisciano sulla terra, e hanno il soffio vitale, e così per nutrimento (vi do) ogni specie d'erba verdeggiante. E così avvenne. E Dio vide tutte le cose che aveva fatte ed ecco: sono cose molto buone. E fu sera e mattina: il sesto giorno. Avremo in seguito più volte occasione più opportuna di considerare e discutere con maggior attenzione la natura dell'uomo. Per adesso tuttavia, al fine di concludere la nostra investigazione e la nostra spiegazione sulle opere dei sei giorni, diciamo anzitutto, brevemente, che si deve porre in rilievo il significato del fatto che, mentre a proposito delle altre opere la Scrittura dice: Dio disse: Sia fatto, qui invece dice: Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, allo scopo naturalmente d'indicare, per così dire, la pluralità delle persone a motivo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tuttavia, per ricordarci che quella pluralità dobbiamo intenderla come l'unità divina, (l'agiografo) soggiunge immediatamente: E Dio fece l'uomo a immagine di Dio, e non come se il Padre lo (avesse fatto) a immagine del Figlio o il Figlio a immagine del Padre - altrimenti l'espressione: a nostra immagine non sarebbe giusta se l'uomo fosse stato fatto a immagine del solo Padre o del solo Figlio - ma la Scrittura dice: Dio lo fece a immagine di Dio, come se dicesse: "Dio lo fece a sua immagine". Ma poiché ora dice: a immagine di Dio, dopo aver detto poco prima: a immagine nostra, vuole indicarci che la pluralità delle persone non deve indurci a dire o credere o intendere che ci siano più dèi, ma dobbiamo intendere che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo - cioè la Trinità a cui si riferisce l'espressione: a nostra immagine -sono un solo Dio conforme all'espressione: a immagine di Dio.

Rispetto a che cosa l'uomo è immagine di Dio.

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20.30. A questo punto non si deve neppure passare sotto silenzio che, dopo aver detto: a nostra immagine, la Scrittura soggiunge immediatamente: e abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo 33 e su tutti gli altri animali privi di ragione, per farci intendere, appunto che l'uomo è fatto a immagine di Dio in relazione alla facoltà per cui è superiore agli animali privi di ragione. Orbene, questa facoltà è proprio la ragione o mente o intelligenza o con qualunque altro nome voglia chiamarsi questa facoltà. Ecco perché l'Apostolo dice: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestitevi dell'uomo nuovo 34, che si rinnova per la conoscenza di Dio secondo l'immagine di Colui che l'ha creato 35. Queste espressioni mostrano assai bene in rapporto a che cosa l'uomo è stato creato a immagine di Dio, e cioè non rispetto alle fattezze del corpo ma alla natura - diciamo così - intelligibile dell'anima quando è stata illuminata.

Perché nella creazione dell'uomo non fu detto: e così avvenne.


20.31. Ecco perché la Scrittura non dice: " E così fu fatto ", per ripetere: E Dio fece, come dice a proposito della luce primordiale - se è giusto pensare che, mediante quel termine è denotata la luce intellettuale, partecipe dell'eterna e immutabile sapienza di Dio - poiché, come abbiamo spiegato nella misura della nostra capacità, non aveva luogo alcuna conoscenza del Verbo di Dio nella prima creatura, affinché in seguito a quella conoscenza fosse creato quaggiù ciò ch'era creato nel Verbo; ma in primo luogo veniva creata la luce mediante la quale potesse avvenire la conoscenza del Verbo di Dio, per mezzo del quale veniva creata, conoscenza consistente precisamente nel volgersi dal proprio stato informe verso Dio, che la formava, e nell'essere, così, creata e formata. In seguito, però, a proposito della creazione degli altri esseri, la Scrittura dice: E così fu fatto, espressione con cui si vuole indicare che la conoscenza del Verbo di Dio fu effettuata prima in quella luce, vale a dire nella creatura intellettuale; quando poi in seguito essa dice: E Dio fece, mette in evidenza che viene creata la specie della stessa creatura pronunciata nel Verbo di Dio e predestinata a esser fatta. Questa formula è conservata anche a proposito della creazione dell'uomo. Dio infatti disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, ecc.; ma in seguito l'agiografo non dice: E così fu fatto, ma aggiunge: E Dio fece l'uomo a immagine di Dio, poiché anche questa stessa natura è intellettuale come la (prima) luce, e di conseguenza per essa l'essere fatta è lo stesso che riconoscere il Verbo di Dio, mediante la quale è stata creata.

E così avvenne, indica la conoscenza degli esseri irrazionali nel Verbo.


20.32. Se infatti la Scrittura avesse detto: E così fu fatto e poi avesse aggiunto: E Dio fece, si sarebbe potuto intendere che quell'essere fu dapprima creato nella conoscenza della creatura razionale e in seguito in qualche altra creatura che non sarebbe stata razionale; ma, poiché anche l'anima è una creatura razionale, è anch'essa fatta perfetta in virtù della medesima conoscenza. In effetti, allo stesso modo che dopo la caduta a causa del peccato l'uomo è rinnovato nella conoscenza di Dio per essere immagine di Colui che lo ha creato, così è stato creato nella stessa conoscenza prima che invecchiasse a causa del peccato, condizione questa da cui esce rinnovato per la medesima conoscenza. Riguardo invece a certe creature che sono state create senza questa conoscenza, perché si trattava d'anime irrazionali, la loro conoscenza fu prodotta dapprima nella creatura intellettuale dal Verbo, mediante il quale fu detto: "Esistano". A proposito di questa conoscenza la Scrittura dice dapprima: E così fu fatto, per mostrare che questa conoscenza dell'essere da creare fu prodotta nella creatura ch'era capace di conoscere ciò dapprima nel Verbo di Dio; in seguito furono create le stesse creature corporee e irrazionali e per questo motivo la Scrittura aggiunge: E Dio fece.

Immortalità dell'uomo e generazione.


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