Agostino - Genesi 734

Tutto fu creato simultaneamente ma tuttavia durante sei giorni.

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34.53. Come mai, dunque, diciamo che la presenza di quella luce fu ripetuta sei volte dalla sera al mattino nella conoscenza angelica, dal momento che le sarebbe stato sufficiente avere una sola volta simultaneamente gli stessi tre momenti di conoscenza, cioè il giorno, la sera e il mattino? Poiché, allo stesso modo che tutto l'universo fu creato nello stesso tempo, così anche all'angelo sarebbe bastato contemplarlo nello stesso tempo osservando il giorno nelle primordiali e immutabili ragioni causali, in base alle quali fu creato e osservando la sera conoscerlo nella sua propria natura e osservando il mattino elevarsi dalla stessa conoscenza inferiore e glorificare il Creatore. Oppure in qual modo precedeva il mattino per mezzo del quale la natura angelica conosceva nel Verbo ciò che Dio doveva creare per conoscere la stessa cosa anche in seguito nella sera se nulla fu creato "prima" e "dopo", poiché ogni cosa fu creata nello stesso tempo? Ma in realtà non solo le opere ricordate nel racconto (della creazione) furono fatte "prima" e "dopo" durante i sei giorni, ma ogni cosa fu creata anche simultaneamente, poiché è verace non solo il testo della Scrittura che narra le opere di Dio durante i suddetti giorni, ma anche quello che afferma che Dio creò tutte le cose nello stesso tempo e ambedue i passi sono l'unica e medesima Scrittura, poiché essa fu composta sotto l'ispirazione dell'unico e medesimo Spirito di verità.

Nelle cose create esiste un "prima" e un "poi" che non si possono definire alla stregua dell'ordinario corso dei tempi.


34.54. Ma a proposito di questi avvenimenti, in cui il "prima" e il "poi" non ci vengono mostrati da intervalli di tempo, sebbene si possa parlare tanto di simultaneità che di "prima" e di "poi", tuttavia è più facile capirli parlando di simultaneità anziché di "prima" e di "poi". Quando per esempio noi vediamo il sole che sorge, è senza dubbio evidente che la nostra vista non potrebbe arrivare fino ad esso senza attraversare tutto lo spazio interposto tra noi ed esso dall'atmosfera e dal cielo. Ma chi sarebbe capace di calcolarne la distanza? Nemmeno la nostra vista o il raggio dei nostri occhi arriverebbe di certo ad attraversare l'atmosfera che sta al di sopra del mare, se prima non attraversasse quella che sta al di sopra della terra da un punto qualunque dell'entroterra in cui ci troviamo fino alla spiaggia del mare. Se poi nella medesima linea della nostra vista vi sono altre terre di là dal mare, la nostra vista non può oltrepassare nemmeno l'aria che si estende su quelle terre situate di là dal mare senza percorrere prima tutta l'estensione dell'atmosfera che sta al di sopra del mare che s'incontra dapprima. Supponiamo ora che, di là da quelle terre d'oltremare non ci sia altro che l'oceano; potrebbe la nostra vista attraversare anche l'atmosfera che si estende al di sopra dell'oceano senza prima attraversare tutta l'atmosfera che si trova al di sopra delle terre situate di qua dall'oceano? L'oceano poi, a quanto si dice ha un'estensione immensa, ma per quanto grande possa essere, è necessario che il raggio dei nostri occhi attraversi prima tutta l'atmosfera, che si trova al di sopra dell'oceano, e poi tutta quell'altra, ch'è di là dall'oceano, e poi alla fine arrivi al sole che noi vediamo. Orbene, per il fatto che abbiamo usato qui tante volte i termini "prima" e "dopo", non è forse vero che la nostra vista attraversa in un istante allo stesso tempo tutti quegli spazi? Se infatti ci mettessimo a occhi chiusi in faccia al sole con l'intenzione di vederlo, non crederemmo forse, appena riapertili, d'aver trovato il nostro sguardo nel sole prima ancora d'averlo fatto arrivare fino ad esso? In tal modo ci sembrerà che i nostri occhi non si siano ancora aperti che già lo sguardo è arrivato al punto cui tendeva! Ora è certo che questo raggio che si sprigiona dai nostri occhi è un raggio di luce fisica e raggiunge gli oggetti posti tanto lontani con tanta rapidità che non si può né calcolare né paragonare. È dunque evidente che tutte quelle estensioni tanto vaste e immense sono attraversate simultaneamente in un istante, ma non è meno evidente che se ne attraversa prima uno e poi un altro.

Tutto è stato creato simultaneamente e con ordine prestabilito.


34.55. Con ragione l'Apostolo, volendo esprimere la rapidità della nostra risurrezione, dice che avverrà in un batter d'occhio. Nulla di più rapido può trovarsi tra i movimenti o gli impulsi dei corpi. Ma se la vista dei nostri occhi carnali è capace d'una siffatta rapidità, di che cosa non è capace la vista dell'intelligenza, anche di quella umana? A più forte ragione di che non è capace la vista dell'intelligenza angelica? Che dire allora della rapidità della suprema Sapienza di Dio, che arriva dappertutto grazie alla sua purezza, poiché nulla di contaminato vi s'infiltra ? Ecco perché, riguardo alle cose che furono create simultaneamente, nessuno vede che cosa si sarebbe dovuto fare "prima" o "poi" se non lo scopre nella Sapienza, per mezzo della quale sono state create tutte le cose simultaneamente nell'ordine prestabilito.

Conclusione sui sei giorni: il "prima" e il "poi" esistono nella connessione delle creature, non nell'efficacia del Creatore.

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35.56. Se dunque il "giorno" creato da Dio all'origine è la creatura spirituale e razionale, cioè quella degli angeli dei cieli più alti e delle Potenze, esso fu fatto presente a tutte le opere di Dio (perché le vedesse) secondo un ordine di presenza uguale all'ordine della conoscenza. Grazie a questa conoscenza l'angelo da una parte conobbe precedentemente nel Verbo di Dio le creature da fare e dall'altra conobbe in se stesse quelle già fatte, ma ciò non avvenne attraverso una successione d'intervalli di tempo, ma "prima" e "dopo", solo in relazione alle singole creature, sebbene tutto sia simultaneo nell'atto creativo dell'Onnipotente. Poiché le creature destinate ad esistere nel futuro Dio le fece in modo da non essere lui stesso soggetto al tempo mentre faceva le cose temporali; ma egli fece i tempi che sarebbero dovuti scorrere. Così dunque i sette giorni della nostra settimana, spiegati e ripiegati dalla luce d'un corpo celeste nel suo percorso, sono come un segno allegorico che ci esorta a indagare sui giorni in cui la luce spirituale creata poté esser fatta presente a tutte le opere di Dio ordinate secondo la perfezione del numero sei. Che poi al settimo giorno il riposo di Dio ebbe il mattino ma non la sera, ciò non vuol dire che il riposo del settimo giorno significhi che Dio avesse bisogno del settimo giorno per riposarsi ma che Dio si riposò alla presenza degli angeli da tutte le sue opere solo nel proprio essere increato. Ciò vuol dire che la sua creatura angelica - la quale conoscendo le opere di Dio in Lui stesso e in se stesse, fu resa presente ad esse come un giorno seguito dalla sera - dopo tutte le opere molto buone di Lui non conobbe nulla di meglio di Lui che si riposa in se stesso da tutte le sue opere, non avendo bisogno di nessuna di esse per essere più felice.

1 - (
Gn 2,1-3).
2 - (Gn 2,2) (sec. LXX).
3 - Sap 11,21.
4 - Cf. Rom 11,36.
5 - Sap 11,21.
6 - Sap 11,21.
7 - Cf. Sap 9,15.
8 - (Gn 1,3 Gn 6).
9 - Cf. Rom 5,5.
10 - (Gn 22,12).
11 - Eph 4,30.
12 - Gal 4,9.
13 - Cf. 1 Pt 1,10.
14 - (Gn 2,2).
15 - (Gn 2,2).
16 - Io 5,17.
17 - Io 19,30.
18 - Io 5,17.
19 - Sap 8,1.
20 - Cf. Sap 7,24.
21 - Act 17,28.
22 - Cf. Io 5,26.
23 - (Gn 2,2.
24 - Io 5,17.
25 - Cf. Ex 20,8.
26 - Cf. Rom 6,4.
27 - (Gn 1,1).
28 - Cf. Lc 10,39-42.
29 - Act 17,28.
30 - (Gn 2,2).
31 - (Gn 1,3).
32 - (Gn 1,7).
33 - (Gn 1,9).
34 - (Gn 1,10).
35 - Eph 5,8.
36 - Rom 13,12-13.
37 - 2 Pt 1,19.
38 - Cf. Mt 22,30.
39 - Cf. Ps 117,24.
40 - (Gn 1,14.
41 - Cf. Io 8,12.
42 - Cf. Act 4,11.
43 - Ps 54,18.
44 - Rom 1,20.
45 - Sap 9,15.
46 - (Gn 1,7).
47 - Cf. Sap 8,1.
48 - Ps 32,9.
49 - Cf. Eccli 18,1.
50 - Cf. Eccli 18,1.
51 - 1 Cor 15,52.
52 - Cf. Sap 7,24.


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LIBRO QUINTO

I giorni della Genesi ripetizione di un unico giorno.

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1.1. Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu creato il giorno (in cui) Dio creò il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che fossero sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse. Dio infatti non aveva (ancora) fatto piovere sulla terra e non c'era (ancora) alcun uomo che lavorasse la terra. Una sorgente però zampillava dalla terra e irrigava tutta la faccia della terra. Ora certamente acquista maggior peso l'opinione secondo la quale Dio creò un unico giorno, a partire dal quale si poterono contare poi i sei o sette giorni a motivo della ripetizione di quell'unico giorno. La Scrittura infatti lo afferma ormai più chiaramente, concludendo in certo qual modo tutto ciò che aveva detto dal principio fino al passo citato qui sopra quando soggiunse: Questo è il libro della creazione, ovvero della effettuazione del cielo e della terra, quando fu creato il giorno. Nessuno infatti vorrà dire che in questa frase i termini "cielo" e "terra" sono intesi nel senso in cui erano stati nominati prima che la Scrittura accennasse alla creazione del giorno (nella frase): Nel principio Dio creò il cielo e la terra. Questa frase potrebbe essere intesa nel senso che Dio fece qualcosa senza il "giorno", ancor prima che avesse fatto il "giorno"; in qual senso ciò potrebbe essere interpretato l'ho esposto - per quanto ho creduto essere mio dovere esporlo - a suo luogo; in esso però non ho voluto negare ad alcuno la libertà di proporre una spiegazione migliore. Ora invece l'agiografo dice: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra, quando fu creato il giorno, mostrando assai chiaramente -come io penso - di parlare di "cielo" e "terra" non già nel senso in cui usa questi termini al principio, prima che fosse creato il "giorno", quando le tenebre erano sopra l'abisso; adesso invece parla della creazione del cielo e della terra quando fu creato il giorno, dopo cioè ch'erano già state formate e distinte tutte le parti e le specie delle cose con cui è disposto e composto tutto l'insieme della creazione, e per cui esso forma il cosmo chiamato "mondo".

Il cielo e la terra "prima" e "dopo" la creazione del giorno.

1.2. In questo passo dunque l'agiografo parla del cielo - con tutto ciò ch'esso contiene - che Dio, dopo averlo creato, chiamò "firmamento" e parla della terra - con tutto ciò ch'essa contiene - che, insieme all'abisso, occupa la parte più bassa (del mondo). L'agiografo infatti prosegue e soggiunge: Dio creò il cielo e la terra; in tal modo, col nominare il cielo e la terra prima di menzionare la creazione del giorno e ripeterla dopo aver ricordato la creazione del giorno, non permette di supporre che egli nomini adesso "cielo" e "terra" come al principio, prima ancora che fosse creato il giorno. Poiché egli prosegue così: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno (in cui) Dio fece il cielo e la terra. Se dunque uno volesse intendere la prima frase del testo sacro: Il libro della creazione del cielo e della terra nel senso in cui è detto: Nel principio Dio fece il cielo e la terra prima ch'egli creasse il giorno, poiché anche qui "cielo" e "terra" sono menzionati prima della creazione del giorno, dovrebbe esser corretto in considerazione delle parole che seguono poiché, anche dopo aver ricordato la creazione del giorno, la Scrittura parla di nuovo di "cielo" e di "terra".

Si spiega meglio il contesto di Gn 2, 4.

Gn 2,4

1.3. Senonché anche la particella quando, messa in relazione all'espressione fu fatto il giorno, dovrebbe costringere qualsiasi eventuale cavillatore ad escludere la possibilità di un'altra interpretazione. Se infatti l'inciso si presentasse enunciato così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra. Creato fu il giorno; Dio fece il cielo e la terra", si potrebbe forse pensare che l'agiografo parli del libro della creazione nello stesso senso in cui aveva parlato della creazione del cielo e della terra al principio, prima della creazione del giorno; si potrebbe inoltre supporre che l'agiografo aggiungesse: fu fatto il giorno nel senso in cui prima aveva detto che Dio fece il giorno e immediatamente aveva ripetuto: Dio fece il cielo e la terra, come se già fossero stati creati come essi risultarono dopo la creazione del giorno. L'inciso invece è inserito in modo che la frase quando fu fatto il giorno, si può collegare sia alle parole precedenti, sì che ne risulti un'unica frase: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno, sia alle seguenti sì che ne risulti una frase completa, e cioè: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra; per conseguenza l'agiografo ci costringe senza dubbio ad intendere che menziona il cielo e la terra come furono fatti quando fu fatto il giorno. Di poi, dopo la frase: Dio fece il cielo e la terra, lo scrittore sacro aggiunge: e ogni piante selvatiche, cosa questa che fu certamente opera del terzo giorno: da ciò appare più chiaramente che quel medesimo giorno è l'unico giorno creato da Dio e mediante la sua ripetizione fu fatto il secondo, il terzo e tutti gli altri (giorni) fino al settimo.

Perché è aggiunto: la verzura campestre.

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2.4. Ma poiché l'espressione "cielo e terra" secondo l'usanza della Scrittura vuol denotare in questo passo tutto l'insieme delle creature, ci si può chiedere perché mai l'autore sacro aggiunga: e ogni specie di piante selvatiche. A me pare ch'egli abbia usato questa espressione per farci capire più chiaramente qual giorno ci vuol presentare quando dice: quando fu fatto il giorno. Facilmente infatti uno potrebbe pensare che l'agiografo abbia voluto parlare del giorno costituito dalla luce fisica, il cui percorso ci presenta l'avvicendarsi del giorno e della notte. Quando però ricordiamo l'ordine di successione con cui furono fatte le creature e vediamo che ogni specie di piante selvatiche fu creata il terzo giorno prima che fosse fatto il sole - che fu fatto solo al quarto giorno e la cui presenza misura la durata del nostro giorno quotidiano e a noi familiare - allorché sentiamo: quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche, veniamo ammoniti a concepire un giorno preciso e particolare che dovremmo sforzarci di rappresentarci con l'intelletto, sia come un giorno fisico consistente in non so qual luce a noi ignota, o come un giorno spirituale, consistente nell'unanime coro delle creature angeliche, ma del tutto diverso da quello che noi conosciamo quaggiù sulla terra.

Dall'ordine della narrazione si comprende la simultaneità della creazione.

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3.5. Non sarà neppure inutile la seguente osservazione: l'autore sacro non disse - come avrebbe potuto dire -Questo è il libro della creazione del cielo e della terra, quando Dio fece il cielo e la terra. In questo caso, sotto i termini "cielo" e "terra" avremmo inteso anche tutto ciò che è nel cielo e sulla terra, come suole esprimersi la sacra Scrittura, poiché molto spesso con i termini "cielo" e "terra" indica l'universo, aggiungendo talora la parola "mare", tal altra aggiungendo addirittura la frase: e tutto ciò che contengono. In tal modo, qualunque di queste espressioni avesse usato, avremmo compreso anche il giorno, tanto quello creato al principio, quanto questo prodotto dalla presenza del sole. La Scrittura non si è espressa tuttavia così, ma ha menzionato il giorno solo nella proposizione incidentale, dicendo: Quando fu fatto il giorno. La Scrittura inoltre non dice neppure: "Questo è il libro della creazione del giorno, del cielo e della terra", come se le diverse creazioni fossero riferite secondo un ordine successivo. Essa non si è neppure espressa così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno, il cielo e la terra; quando Dio fece il cielo e la terra ed ogni specie di piante selvatiche". Infine non si espresse neppure così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra. Dio fece il giorno, il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche". Tali infatti erano le espressioni che sarebbero state richieste dal linguaggio abituale della Scrittura; essa invece dice: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu creato il giorno Dio creò il cielo e la terra e ogni sorta di piante selvatiche, quasi per fare intendere che Dio creò il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche quando fu creato il giorno.

La creazione dei vegetali prima del sole prova la settenaria ripetizione dell'unico giorno.


3.6. Il racconto precedente indica d'altra parte un giorno creato originariamente e lo considera come "un" giorno, dopo il quale annovera un secondo giorno, in cui fu fatto il firmamento, e poi un terzo, in cui furono distinte le nature specifiche della terra e del mare e la terra produsse alberi ed erbe. Vuole forse ciò essere la conferma di quanto ci siamo sforzati di dimostrare nel precedente libro, che cioè Dio creò tutte le cose nello stesso tempo? In effetti il testo del racconto precedente aveva ricordato come tutte le cose furono create o compiute secondo l'ordine successivo dei sei giorni; ora invece tutte le cose son fatte rientrare in un sol giorno sotto il nome di "cielo e terra", con l'aggiunta anche delle specie vegetali. Certamente, secondo quanto ho detto sopra, se il lettore intendesse "giorno" nel senso ordinario, sarebbe poi indotto a correggere il proprio pensiero, se ricordasse che Dio ordinò alla terra di produrre la piante selvatiche prima che esistesse il nostro giorno solare. In tal modo, senza bisogno di addurre la testimonianza d'un altro libro della sacra Scrittura, la quale dice che Dio creò ogni cosa simultaneamente, la prossima affermazione della pagina seguente ci richiama alla mente questa verità, dicendo: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche. Di conseguenza dobbiamo capire non solo che quel "giorno" fu ripetuto sette volte affinché fossero fatti sette giorni ma altresì che, quando sentiamo (dalla Scrittura) che tutte le cose furono fatte simultaneamente quando fu fatto il "giorno", dobbiamo comprendere anche, se ne siamo capaci, che la ripetizione del "giorno" per sei o sette volte avvenne senza intervalli più o meno prolungati o spazi di tempo. Se invece uno non ne fosse capace, lasci esaminare questi argomenti da chi ne è capace; continui però a proseguire con la Scrittura che non lo abbandona nella sua debolezza (spirituale), ma con amore materno l'accompagna con passi più lenti, poiché essa parla in modo da schernire i superbi con la sua sublimità, da atterrire con la sua profondità gli studiosi che riflettono, da saziare gli spiriti grandi con la sua verità e nutrire i piccoli con la sua affabilità.

Perché è detto che le verzure furono create prima che germogliassero.

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4.7. Che cosa vuol dire allora la frase che segue? Poiché il testo continua così: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che fosse sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse. Che cosa vuol dire ciò? Non si dovrà forse indagare dove Dio creò quelle piante prima che fossero sulla terra e prima che germogliassero? Chi non sarebbe più incline a credere che Dio le creò quando germogliarono e non prima, se questo passo della sacra Scrittura non gli insegnasse che Dio le creò prima che germogliassero? Per conseguenza se uno, che crede con sentimento religioso, non riuscisse a scoprire dove siano state create, dovrebbe tuttavia credere che furono create prima che germogliassero, poiché non si può credere senza un sentimento religioso di fede.

Le cose che sono nel Verbo prima di ogni creatura non furono create.


4.8. Che diremo allora? Diremo forse - come hanno pensato alcuni - che tutte le cose furono create nel Verbo di Dio prima che germogliassero dalla terra? Ma se le cose sono state create così, furono create non già quando fu fatto il giorno, ma prima che fosse fatto. La Scrittura, al contrario, afferma chiaramente: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che quella fosse sulla terra, e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse. Se dunque furono create quando fu fatto il giorno, non lo furono certo precedentemente e perciò non già nel Verbo, che è coeterno al Padre, esistente prima del giorno e assolutamente prima che fosse fatto alcunché; esse invece furono fatte quando fu fatto il giorno. Infatti le cose che sono nel Verbo prima d'ogni creatura, certamente non sono state fatte; al contrario le piante selvatiche furono fatte quando fu fatto il giorno, come asserisce la frase della Scrittura, ma tuttavia prima che fossero sulla terra, anzi prima che germogliassero, come la Scrittura dice delle piante selvatiche e delle piante coltivate.

I vegetali furono creati nelle loro ragioni causali.


4.9. Dove furono fatte, dunque, le piante selvatiche? Forse nella terra in forma di ragioni (seminali), allo stesso modo che nei semi sono già tutti gli elementi d'ogni cosa prima che si evolvano in una forma o in un'altra e sviluppino la loro crescita e i loro caratteri specifici nel corso dei tempi? Ma questi semi che noi vediamo sono già sulla terra, sono germogliati di già. Oppure diremo che i semi non erano sulla terra ma dentro la terra e perciò furono creati prima che spuntassero poiché spuntarono solo quando germogliarono e spuntarono alla luce del giorno in conseguenza del processo della loro crescita, come vediamo avvenire adesso alle piante attraverso gli spazi di tempo assegnati a ciascuna specie? I semi dunque furono forse creati quando fu creato il "giorno" e in essi era già insita ogni specie di piante selvatiche e ogni specie di piante coltivate non ancora sotto la forma con la quale appare la vegetazione dopo essere spuntata sulla terra, ma con la potenzialità con la quale sono già nelle "ragioni" seminali? Fu dunque la terra a produrre dapprima i semi? Non così però si esprimeva la Scrittura quando diceva: E la terra produsse piante alimentari, ossia piante coltivabili portanti seme secondo la loro specie e a propria somiglianza e alberi da frutto e aventi il proprio seme in se stessi secondo la propria specie sulla terra. Da questo passo è chiaro che i semi sono nati dalle erbe e dagli alberi e questi, al contrario, sono nati dalla terra e non dai semi, soprattutto perché le parole di Dio si esprimono proprio così. La sacra Scrittura infatti non dice: "I semi producano sulla terra piante alimentari e alberi fruttiferi", ma: la terra produca piante alimentari e contenenti il seme, indicando in tal modo che è il seme a nascere dall'erba e non l'erba dal seme. E così fu. E la terra produsse, cioè: così fu nella conoscenza del "giorno" suddetto e in seguito la terra produsse le piante affinché avvenisse così anche nelle creature che furono fatte.

Le creature sono conosciute diversamente dall'angelo e dall'uomo.


4.10. Ma come sono stati creati quei vegetali e quelle piante prima che fossero sulla terra e prima che nascessero? Forse come se per esse una cosa fosse l'esser fatte col cielo e con la terra quando fu fatto quel "giorno" affatto diverso da tutti gli altri e trascendente la nostra conoscenza, creato da Dio per primo, e un'altra cosa nascere poi sulla terra, cosa che avviene in un periodo dei giorni del nostro mondo, determinati dal corso del sole attraverso gli spazi di tempo appropriati a ogni specie di creature? Se la cosa sta così e quel "giorno" è il coro e l'unità degli Angeli e delle Virtù supercelesti, le creature di Dio sono conosciute senza dubbio dagli Angeli in un modo di gran lunga diverso da quello con cui le conosciamo noi. Prescindendo dal fatto che quella conoscenza essi l'hanno nel Verbo di Dio, per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa, io credo che anche la loro conoscenza delle creature in se stesse è di gran lunga diversa dalla nostra. Essi infatti le conoscono nella loro, per così dire, primordialità ovvero originarietà come Dio le creò originariamente e dopo quella creazione si riposò dalle sue opere senza creare più nulla ulteriormente. La nostra conoscenza, al contrario, si basa sulle leggi con cui le cose create da lui in precedenza Dio le governa ormai attraverso la successione dei tempi, e così, mediante il governo del mondo, dopo aver completato le sue opere conforme alla perfezione del numero sei, Dio continua ad operare senza interruzione.

Creazione nelle ragioni causali e creazioni visibili.


4.11. La Scrittura dunque dice che la terra produsse le erbe e gli alberi in virtù di cause insite originariamente, nel senso cioè che ricevette la potenzialità di produrli. In essa infatti erano già stati creati, per così dire, nelle radici dei tempi, gli esseri futuri destinati a esistere nel corso dei tempi. Dio infatti piantò, in seguito, un giardino verso Oriente e vi fece germogliare ogni sorta d'alberi graditi alla vista e buoni da mangiare. Non dobbiamo tuttavia dire che Dio aggiunse alla creazione qualcosa che non avesse fatto prima e che si dovesse aggiungere alla completezza degli esseri, con la quale nel sesto giorno portò a termine tutte le sue opere molto buone. Al contrario tutte le nature dei cespugli e degli alberi erano già state fatte nella creazione primordiale, dalla quale Dio si riposò, dando poi impulso e governando nel corso del tempo gli stessi esseri che aveva creati e dopo la creazione dei quali si era riposato; per questo motivo Dio non solo piantò allora il giardino, ma ancora adesso pianta tutti gli alberi che nascono. Chi altro infatti crea ancora adesso questi esseri, se non chi continua a operare senza interruzione? Ma Dio adesso crea gli esseri mediante quelli che già esistono; al principio, al contrario, essi furono creati da lui quando non esistevano affatto, quando fu creato il "giorno" e cioè la creatura spirituale e intellettuale che neppure esisteva.

L'inizio del tempo.

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5.12. Così, dunque, il decorso del tempo iniziò con il movimentomutamento delle creature; invano quindi si ricerca il tempo prima della creazione, come se fosse possibile trovare il tempo prima del tempo. Se infatti non ci fosse alcun movimento delle creature, spirituali o corporali, mediante il quale al passato succede il futuro attraverso il presente, non vi sarebbe affatto il tempo. La creatura poi non potrebbe muoversi--mutarsi, se non esistesse. Il tempo dunque è iniziato con la creazione anziché la creazione col tempo; l'uno e l'altra poi provengono da Dio, poiché da lui, grazie a lui e in lui sono tutte le cose. Ma l'espressione "Il tempo è cominciato con la creazione" non si deve intendere nel senso che il tempo non sarebbe una creatura, poiché il tempo è il mutamento delle creature da uno stato in un altro, mentre le cose si succedono secondo l'ordinamento di Dio che governa tutto ciò che ha creato. Ecco perché, quando pensiamo alla creazione primordiale degli esseri, cioè alle opere dalle quali Dio si riposò il settimo giorno, non dobbiamo immaginare quei giorni come i nostri giorni solari né l'operazione di Dio come se fosse l'attività con cui ora compirebbe qualcosa nel tempo, ma dobbiamo pensare piuttosto il modo con cui operò ciò da cui cominciò il tempo, il modo cioè con cui fece tutte le cose simultaneamente dando loro anche un ordine risultante non da intervalli temporali ma dalla connessione delle cause; in tal modo gli esseri creati simultaneamente furono anche portati a compimento alla perfezione mediante la ripetizione del "giorno" (della creazione) fatto presente per sei volte.

Anteriorità temporale e anteriorità causale.


5.13. Non quindi in un ordine cronologico ma in un ordine di causalità fu creata dapprima la materia informe e formabile, sia spirituale che corporale, a partire dalla quale fosse fatto ciò che doveva essere fatto, sebbene essa non esistesse prima d'essere creata, e non fu creata se non dal sommo e vero Dio, dal quale hanno origine tutte le cose. Essa è indicata (dalla Scrittura) alle volte con il termine di "cielo e terra", fatti nel principio da Dio prima dell'unico "giorno" creato da lui - è denotata così perché con essa furono fatti il cielo e la terra - altre volte con il termine di "terra invisibile e caotica", e di "abisso tenebroso", come ho già esposto nel primo libro.

Piano universale e ordine della creazione.


5.14. Comunque, tra gli esseri che, da informi che erano, furono formati e dei quali la Scrittura dice più chiaramente che furono creati o fatti o prodotti, fu creato per primo il "giorno". Era infatti conveniente che tra le creature avesse il primato la natura che fosse capace di conoscere le creature mediante il Creatore e non il Creatore mediante le creature. In secondo luogo fu creato il firmamento, con cui comincia il mondo materiale, in terzo luogo la natura del mare e della terra, e nella terra - per così dire - potenzialmente la natura delle erbe e degli alberi. Così infatti la terra, conforme alla parola di Dio, produsse le piante prima che fossero germogliate, ricevendo tutti gli impulsi dello sviluppo potenziale degli esseri ch'essa avrebbe dovuto manifestare nel corso del tempo secondo i loro caratteri specifici. In seguito, dopo la creazione di questo - diciamo così - domicilio degli esseri, il quarto giorno furono creati i luminari e le stelle affinché la parte superiore del mondo fosse corredata per prima degli esseri visibili che si muovono all'interno del mondo. Il quinto giorno fu creata la natura delle acque, poiché essa è unita al cielo e all'atmosfera e, per ordine di Dio, produsse i propri abitanti, vale a dire tutte le specie di animali natanti e volanti; li produsse in potenzialità con i ritmi del loro sviluppo che avrebbero dovuto essere manifestati attraverso convenienti spazi di tempo. Il sesto giorno furono creati similmente gli animali terrestri, ultimi elementi - diciamo così - tratti fuori dall'ultimo elemento del mondo, ma anch'essi in potenza, i cui ritmi di sviluppo li avrebbe mostrati in seguito il tempo in modo visibile.

Il giorno primordiale e gli altri sette giorni.


5.15. Il primo "giorno" conobbe la serie di tutta la creazione ordinata gerarchicamente. Mediante quella conoscenza il "giorno" fatto presente - per così dire - sei volte, pur essendo un sol "giorno", presentò in certo qual modo come fatta in sei giorni la creazione. Esso conoscendo le creature dapprima in Dio e poi in se stesse - pur senza rimanere in esse ma riferendo anche la loro conoscenza inferiore all'amore di Dio - produsse in quei giorni una sera, un mattino e un mezzogiorno, non attraverso intervalli temporali ma attraverso la successione ordinata degli esseri creati. Quando infine il "giorno" conobbe il riposo del proprio Creatore - poiché Dio si riposa da tutte le sue opere, riposo che non ha sera - il giorno meritò per questo d'essere benedetto e santificato. Ecco perché la sacra Scrittura 13 insegna e la Chiesa riconosce che il numero sette è in qualche modo consacrato allo Spirito Santo.

Conclusioni delle precedenti spiegazioni.


5.16. Questo è dunque il libro della creazione del cielo e della terra, poiché nel principio Dio fece il cielo e la terra 14 nel senso che egli fece quel che potrebbe chiamarsi materia formabile, che in seguito doveva essere formata in virtù della sua parola, precedendo la propria formazione non per un'anteriorità di tempo ma di origine. Poiché, senza dubbio, quando essa ricevette una forma, fu dapprima creato il "giorno"; quando fu creato il "giorno" Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che esistesse sulla terra e ogni specie di piante coltivate. Questa è la spiegazione che abbiamo data senza escludere che un altro possa aver espresso o possa esprimere in futuro un'opinione più chiara e più in armonia con il testo.

Perché l'erba creata prima che piovesse.


Agostino - Genesi 734