Agostino - Genesi 920

Obiezione: in qual modo il nostro corpo sarà rinnovato.

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20.31. Qui si affaccia un'altra questione: in qual modo saremo rinnovati se per mezzo di Cristo non saremo richiamati a ciò che all'origine eravamo in Adamo? Sebbene infatti molte cose vengano rinnovate in uno stato migliore senz'essere restituite nella condizione originaria, tuttavia il loro rinnovamento avviene passando da uno stato inferiore a quello ch'esse avevano prima del rinnovamento. Come mai dunque quel figlio (prodigo) era morto eppure tornò in vita, era perduto eppure fu ritrovato ? E come mai gli viene portato il vestito migliore se non riceve l'immortalità che Adamo aveva perduta? Ma in che modo Adamo perse l'immortalità, se aveva un corpo naturale? Il corpo infatti non sarà più naturale ma spirituale quando l'attuale nostra natura corruttibile si vestirà dell'incorruttibilità, e l'attuale nostra natura mortale si rivestirà dell'immortalità. Molti esegeti, messi alle strette da queste difficoltà, hanno cercato, da una parte, di sostenere la verità dell'asserzione dell'Apostolo in cui porta l'esempio del corpo naturale a proposito di questo argomento dicendo: Il primo uomo, Adamo, fu fatto una creatura vivente, e da un'altra parte hanno cercato di mostrare che non è illogico affermare che l'uomo sarà rinnovato e riavrà l'immortalità allo stato originario, cioè in quello perduto da Adamo. Costoro perciò hanno pensato che all'origine l'uomo aveva un corpo naturale, ma fu cambiato quando egli fu messo nel paradiso (terrestre), come saremo cambiati anche noi nella risurrezione. Questo cambiamento - è vero - non è menzionato nel libro della Genesi, ma per mettere d'accordo i testi della Scrittura riguardanti tutte e due le affermazioni, cioè quella sul corpo naturale (di Adamo) e quella sul rinnovamento dei nostri corpi ricorrente in moltissimi testi della sacra Scrittura, quegli esegeti hanno creduto che la loro opinione sia una conclusione necessaria.

Discussione e soluzione della precedente obiezione.

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21.32. Ma se è valida la suddetta conclusione, invano ci sforziamo d'intendere anzitutto in senso letterale, come cioè cose realmente storiche, il paradiso con i suoi alberi e i loro frutti prescindendo dal senso figurato. Chi infatti potrebbe credere che cibi di quella specie, ossia i frutti degli alberi, potessero essere già necessari a corpi immortali e spirituali? Se, tuttavia, non si può trovare un'altra soluzione, noi preferiamo intendere il paradiso (terrestre) in senso spirituale anziché pensare che l'uomo non si rinnovi, poiché il suo rinnovamento è ricordato tante volte dalla Scrittura, o credere che riceverà uno stato che non si può dimostrare essere stato perduto da lui. Oltre a ciò vi è la realtà della morte: i molti passi della Scrittura sono concordi nell'affermare che Adamo si meritò la morte a causa del peccato, dimostrando così che l'uomo non sarebbe stato soggetto alla morte se non avesse peccato. In qual modo dunque sarebbe potuto essere mortale, se non doveva morire? O in qual modo non sarebbe potuto essere mortale, se il corpo era naturale?

La morte dovuta al peccato.

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22.33. Ecco perché alcuni interpreti (della Scrittura) pensano che l'uomo meritò, per causa del peccato, non la morte del corpo ma quella dell'anima, procurata dal suo peccato. Costoro infatti credono che l'uomo, poiché aveva un corpo naturale, sarebbe uscito da questo corpo per giungere alla pace che adesso godono i fedeli servi di Dio già morti e, alla fine del mondo, avrebbe riavuto le medesime membra rivestite d'immortalità. In tal modo la morte del corpo sembrerebbe non un effetto del peccato, ma un fatto naturale come la morte degli altri animali. A costoro però si oppone un'altra affermazione dell'Apostolo che dice: Il corpo è, sì, una cosa morta a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di Colui, che ha risuscitato Cristo dai morti, abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Per conseguenza anche la morte del corpo deriva dal peccato. Se dunque Adamo non avesse peccato, non sarebbe stato soggetto neppure alla morte del corpo e perciò avrebbe avuto anche un corpo immortale. Come dunque quel corpo sarebbe potuto essere immortale se era un corpo naturale?

Il corpo di Adamo era insieme animale e condizionatamente immortale.

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23.34. D'altra parte coloro i quali pensano che il corpo di Adamo fu cambiato da naturale in spirituale quand'era nel paradiso, non s'avvedono che non ci sarebbe stato nulla in contrario a che Adamo, qualora non avesse peccato, dopo aver vissuto nel paradiso una vita in santità e obbedienza, ricevesse la medesima trasformazione nella vita eterna, dove non avrebbe avuto più bisogno d'alimenti corporali. Quale mai necessità dunque ci obbligherebbe ormai a intendere il paradiso in senso figurato anziché in senso proprio per sostenere che il corpo non sarebbe potuto morire se non a causa del peccato? La verità è che l'uomo non sarebbe morto neppure quanto al corpo, se non avesse peccato. Lo afferma chiaramente l'Apostolo: Il corpo è morto a causa del peccato; ciononostante prima del peccato il corpo poteva essere un corpo naturale e dopo una vita santa poteva diventare un corpo spirituale quando l'avesse voluto Dio.

Come saremo rinnovati quaggiù e nella risurrezione dei corpi.

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24.35. Come mai - obiettano (quei commentatori) - si dice che noi veniamo rinnovati, se non riceviamo ciò che perse il primo uomo nel quale tutti muoiono? Noi lo riceviamo senza dubbio in un certo senso e non lo riceviamo in un altro senso. Sì, noi non riceviamo l'immortalità di un corpo spirituale che l'uomo non aveva ancora, ma riceviamo la giustizia da cui l'uomo è decaduto per il peccato. Noi perciò saremo rinnovati allontanandoci dalla vecchiezza del peccato e non trasformati nel corpo naturale in cui fu fatto Adamo all'origine, ma in uno migliore, cioè in un corpo spirituale, quando diverremo simili agli angeli di Dio 47, quando saremo adatti ad abitare nella nostra casa celeste, ove non avremo più bisogno d'un cibo che si corrompe. Noi dunque siamo rinnovati nello spirito della nostra mente 48 conforme all'immagine di Colui che ci ha creati e che Adamo perse peccando. Ma noi saremo rinnovati anche nella carne quando questo corpo corruttibile si vestirà dell'incorruttibilità 49 in modo da diventare un corpo spirituale in cui Adamo non era stato ancora trasformato ma era destinato ad esserlo se, a causa del suo peccato, non avesse meritato anche la morte del suo corpo materiale.


24.36. L'Apostolo dunque non dice: "Il corpo, veramente, è mortale a causa del peccato", ma: Il corpo è morto a causa del peccato.

Mortale era Adamo per il suo corpo animale, immortale per un dono del Creatore.

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25. Il corpo di Adamo infatti, prima che peccasse, poteva chiamarsi mortale per un verso e immortale per un altro: cioè mortale perché poteva morire, immortale invece perché poteva non morire. Una cosa è infatti non poter morire, come è il caso di certe nature create immortali da Dio; un'altra cosa è invece poter non morire, nel senso in cui fu creato immortale il primo uomo; questa immortalità gli era data non dalla costituzione della sua natura ma dall'albero della vita. Dopo ch'ebbe peccato, Adamo fu allontanato dall'albero della vita con la conseguenza di poter morire, mentre, se non avesse peccato, avrebbe potuto non morire. Mortale era dunque Adamo per la costituzione del suo corpo naturale, immortale per un dono concessogli dal Creatore. Se infatti il corpo era naturale, era certamente mortale poiché poteva anche morire, sebbene fosse nello stesso tempo immortale poiché poteva anche non morire. In realtà solo un essere spirituale è immortale per il fatto che non potrà assolutamente morire, e questa qualità ci è promessa solo per il futuro, vale a dire nella risurrezione. Per conseguenza il corpo naturale, e perciò mortale di Adamo - che in virtù della giustizia sarebbe divenuto spirituale e perciò del tutto immortale - non divenne mortale a causa del peccato essendo tale anche prima, ma una cosa morta; ciò sarebbe potuto non accadere, se l'uomo non avesse peccato.

Differenza tra il corpo di Adamo e quello nostro.

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26.37. Come mai dunque l'Apostolo afferma che il nostro corpo è morto parlando di persone ancora viventi, se non perché ormai la condizione di dover morire a causa del peccato dei progenitori è inerente nei loro discendenti? Poiché è naturale anche il nostro corpo come quello del primo uomo, ma anche nella sua condizione di corpo naturale il nostro è molto inferiore a quello di Adamo in quanto non può evitare la morte, mentre quello poteva evitarla. Infatti, sebbene il corpo di Adamo dovesse aspettare ancora la trasformazione per divenire spirituale e ricevere la piena e perfetta immortalità in cui non avrebbe avuto bisogno di un nutrimento corruttibile, se tuttavia fosse vissuto santamente, il suo corpo sarebbe stato trasformato nello stato di corpo spirituale, non sarebbe andato incontro alla morte. Quanto a noi, invece, anche se viviamo santamente, il nostro corpo è destinato a morire. A causa di questa ineluttabilità, proveniente dal peccato del primo uomo, l'Apostolo non dice che il nostro corpo è mortale ma che esso è morto poiché tutti noi moriamo in quanto siamo tutti solidali con Adamo. L'Apostolo dice anche: Come esige la verità che è in Gesù, voi dovete spogliarvi dell'uomo vecchio vivente secondo la condotta precedente, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici, vale a dire (dovete spogliarvi) di ciò che divenne Adamo a causa del peccato. Osserva quindi ciò che segue: Dovete inoltre rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestirvi dell'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella verità della santità. Ecco ciò che Adamo perse a causa del peccato.

Il rinnovamento dell'uomo nel corpo e nello spirito.

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27. Noi dunque ci rinnoviamo rispetto a ciò che perse Adamo, cioè rispetto allo spirito della nostra mente; per quanto invece riguarda il corpo che viene sepolto come un corpo naturale non risorgerà spirituale, saremo rinnovati in uno stato migliore che Adamo non poté ancora raggiungere.


27.38. L'Apostolo dice ancora: Spogliandovi dell'uomo vecchio con le sue azioni rivestitevi di quello nuovo, che si rinnova nella conoscenza di Dio secondo l'immagine del suo Creatore. Questa immagine, impressa nello spirito dell'anima nostra e perduta da Adamo a causa del suo peccato, noi la riceviamo per la grazia della giustificazione; riceviamo non un corpo spirituale e immortale, come non era ancora quello di Adamo ma come sarà quello di tutti i fedeli servi di Dio quando risorgeranno dai morti. Questo corpo spirituale sarà il compenso per il merito perduto da Adamo. Per conseguenza la veste migliore è la giustizia dalla quale decadde Adamo oppure, se significa la veste dell'immortalità corporale, Adamo perse anche questa quando, a causa del peccato, non poté arrivare a possederla. Si suol dire infatti che uno ha perduto sua moglie, ma anche che uno ha perduto una carica onorifica da lui sperata avendo offeso colui dal quale sperava di riceverla.

Adamo, spirituale per la mente, era animale per il corpo anche nel paradiso.

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28.39. Adamo dunque, secondo la suddetta interpretazione, aveva un corpo naturale non solo prima che fosse nel paradiso, ma anche dopo che fu messo nel paradiso, sebbene rispetto all'uomo interiore fosse spirituale conforme all'immagine del suo Creatore. Questa qualità però la perse a causa del peccato, per cui meritò anche la morte del corpo, mentre, se non avesse peccato, avrebbe meritato anche la trasformazione in corpo spirituale. Se infatti egli visse una vita naturale anche quanto all'anima non si può dire che veniamo rinnovati nello stato in cui era lui. Poiché coloro ai quali è detto: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente, sono esortati a divenire spirituali; se invece Adamo non era spirituale neppure nella sua mente, in qual modo veniamo rinnovati nello stato in cui l'uomo non fu mai? Gli Apostoli, invece, e tutti i giusti avevano ancora - è vero - un corpo naturale ma tuttavia nell'anima vivevano spiritualmente, erano cioè rinnovati nella conoscenza di Dio, simili a lui che li aveva creati; ma non per questo essi erano immuni dal peccare qualora avessero acconsentito al male. L'Apostolo infatti mostra che anche gli spirituali possono soccombere alla tentazione di peccare, nel passo ove dice: Fratelli, anche se per caso uno venisse sorpreso in qualche colpa, voi che siete spirituali correggetelo con spirito di dolcezza; tu però vigila su te stesso per non soccombere tu pure alla tentazione. Ho detto ciò per evitare che uno pensi sia impossibile che Adamo peccò se era spirituale riguardo alla mente, quantunque fosse naturale riguardo al corpo. Sebbene le cose stiano così, non voglio tuttavia fare alcuna affermazione troppo frettolosa, ma preferisco aspettare per vedere se gli altri successivi passi della Scrittura non si oppongano a questa mia interpretazione.

Il problema dell'anima di Adamo.

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29.40. Ora poi dobbiamo trattare una questione assai difficile relativa all'anima, per risolvere la quale si sono affaticati molti esegeti e hanno lasciato anche a noi materia in cui affaticarci. A questo proposito non mi è stato possibile leggere tutti gli scritti di tutti coloro che su questo argomento sono potuti arrivare a una conclusione chiara e del tutto sicura, conforme alla verità delle nostre Scritture; la questione inoltre è così difficile che neanche gli scrittori, che ne dànno una soluzione esatta, sono facilmente capiti da persone come me; confesso perciò che finora nessuno mi ha convinto di pensare che non sia necessario di fare ulteriori ricerche sul problema dell'anima. Se però adesso riuscirò a trovare e affermare qualcosa di preciso al riguardo, io non lo so; cercherò comunque di spiegare nel libro seguente ciò che mi sarà possibile se Dio aiuterà i miei sforzi.

1 - Gn 2, 7.
2 - Gn 1, 26-28.
3 - Gn 2, 24.
4 - Gn 2, 4-5.
5 - Sir 18, 1.
6 - Gn 2, 8-9.
7 - Gn 2, 9.
8 - Gn 2, 18-22.
9 - Gn 1, 27-28.
10 - Gn 1, 29.
11 - Cf. Gn 1, 27.
12 - Sir 18, 1.
13 - Mt 28, 20.
14 - Ger 1, 5.
15 - Cf. Eb 7, 9-10.
16 - Gn 1, 26-29.
17 - Ger 1, 5.
18 - Cf. Ef 1, 4.
19 - Cf. Rm 9, 11.
20 - Gb 14, 4 (sec. LXX).
21 - Cf. Rm 5, 12.
22 - Cf. Rm 9, 11.
23 - Gn 2, 1-3.
24 - Gn 2, 3.
25 - Gn 2, 7.
26 - Sal 43, 3.
27 - Sal 135, 11-12.
28 - Cf. Gv 1, 3.
29 - Sal 101, 26.
30 - Sal 94, 5.
31 - Sal 48, 13.
32 -
Gn 1,25.
33 - Cf. Col 3, 2.
34 - Ger 1, 5.
35 - Cf. Gv 2, 9.
36 - Cf. Es 7, 10.
37 - Cf. Is 38, 5; 2 Re 20, 6.
38 - Cf. Mt 22, 30.
39 - Sal 8, 6.
40 - Cf. Fil 2, 7.
41 - 1 Cor 15, 44-49.
42 - Cf. Lc 15, 32.
43 - Cf.1 Cor 15, 53.
44 - 1 Cor 15, 45.
45 - Rm 8, 10-11.
46 - 1 Cor 15, 45.
47 - Cf. Mt 22, 30.
48 - Cf. Ef 4, 23.
49 - Cf.1 Cor 15, 53-54.
50 - Rm 8, 10.
51 - Cf. Rm 5, 12; 1 Cor 15, 22.
52 - Ef 4, 21-22.
53 - Ef 4, 23-24.
54 - Col 3, 9-10.
55 - Cf. Lc 15, 22.
56 - Ef 4, 23.
57 - Gal 6, 1.


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LIBRO SETTIMO

La creazione dell'anima umana.

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1.1. Dio poi formò l'uomo con la polvere della terra e soffiò sul suo volto un soffio vitale, e l'uomo divenne un essere vivente. All'inizio del precedente libro ci eravamo proposti di esaminare attentamente questa frase della Scrittura e, a proposito della creazione dell'uomo e specialmente del suo corpo, abbiamo discusso in modo - per quanto abbiamo creduto -sufficiente ciò che ci è parso conforme alla sacra Scrittura. Ma siccome quello dell'anima non è un problema facile, abbiamo ritenuto doveroso rinviarlo al presente libro, non sapendo in quale misura il Signore ci avrebbe aiutati essendo noi desiderosi di dire cose esatte ma sapendo tuttavia che non avremmo detto cose esatte se non nella misura in cui egli ci avrebbe aiutati. Ora, dire cose esatte significa dire cose vere e appropriate senza rigettare alcuna opinione con temerità, senza nulla affermare con avventatezza ciò ch'è deposito della fede o della dottrina cristiana finché rimane ancora il dubbio se sia vero o falso; ma dire cose esatte vuol dire anche affermare senza esitazione ciò che si può insegnare sia in base all'evidenza della ragione, sia sulla sicurissima autorità della sacra Scrittura.

Si riesamina la frase: Dio soffiò e insufflò...


1.2. Esaminiamo anzitutto la frase della Scrittura: Dio soffiò oppure insufflò sul suo volto il soffio vitale. Alcuni manoscritti però hanno la lezione spirò oppure ispirò sulla sua faccia. Ma poiché i manoscritti greci portano la lezione, non c'è dubbio che in latino si dovrebbe dire flavit ("soffiò") o sufflavit ("insufflò"). Ora, nel libro precedente abbiamo discusso la questione relativa alle "mani di Dio", quando ci si figurava l'uomo formato con il fango. Che dire adesso della frase della Scrittura: Dio soffiò, se non che non soffiò né con la gola né con le labbra, come non lo plasmò con le mani del corpo?


1.3. La Scrittura tuttavia con questo verbo, a mio parere, ci è di grande aiuto in una questione assai difficile (come questa).

L'anima non è emanazione della sostanza di Dio.

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2. Alcuni interpreti, infatti, basandosi sul verbo ("soffiò") di questa frase, hanno creduto che l'anima sarebbe qualcosa proveniente dalla stessa sostanza di Dio, vale a dire della medesima natura di Dio. Essi pensano così perché, quando uno soffia, emette qualcosa di se stesso con il fiato; noi invece da questo verbo dobbiamo piuttosto sentirci messi in guardia per respingere questa opinione contraria alla fede cattolica. Noi infatti crediamo che la natura e sostanza di Dio - quella consistente nella Trinità, come la credono molti, benché la intendano pochi - è assolutamente immutabile. Chi dubita, al contrario, che la natura dell'anima può mutarsi in peggio o in meglio? È quindi un'opinione sacrilega supporre che l'anima e Dio siano di una stessa natura. Cos'altro vuol dire pensare così, se non credere mutabile anche Dio? Dobbiamo quindi credere e comprendere come verità assolutamente certa, conforme all'insegnamento della retta fede, che l'anima proviene da Dio come un essere creato da lui, non come un essere della sua stessa natura, generato o prodotto da lui in un modo quale che sia.

L'anima non è né emanazione di Dio né il nostro soffio.

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3.4. "Ma in qual modo - obiettano costoro - (la Scrittura può) affermare: (Dio) soffiò sul volto dell'uomo e l'uomo divenne un essere vivente, se l'anima non è una parte o addirittura la sostanza di Dio?". Al contrario, anzi, da questo verbo sufflavit ("soffiò") appare assai bene che la cosa non è così. Quando infatti uno soffia, l'anima mette sì in moto la natura del corpo soggetta alla sua azione, ma forma il fiato mediante quella natura, non mediante se stessa; salvo che questi tali siano così tardi d'ingegno da ignorare che, quando vogliamo soffiare, anche il nostro soffio si forma mediante il movimento alternativo di aspirare ed espirare l'aria circostante. Anche ammesso che nell'espirare noi esaliamo qualcosa derivante non dall'aria circostante che noi inspiriamo ed espiriamo, ma dalla natura del nostro proprio corpo, tuttavia la natura del corpo e quella dell'anima sono diverse, e in ciò concordano anche quegli avversari. Per conseguenza anche in questo modo l'anima che governa e muove il corpo, è una sostanza diversa dal soffio ch'essa produce con l'emetterlo dal corpo, a lei soggetto, governandolo e movendolo, non dalla propria sostanza a cui è soggetto il corpo. Orbene, Dio governa la creatura a lui soggetta, e l'anima - anche se in modo incomparabilmente diverso -il corpo a lui soggetto; perché quindi non potremmo comprendere piuttosto che Dio fece l'anima servendosi d'una creatura, tenuto conto di quanto afferma la Scrittura, che cioè egli la fece soffiando, dal momento che l'anima, sebbene non domini il proprio corpo come Dio domina l'universo, da lui creato, tuttavia forma il soffio imprimendo un movimento al corpo e non estraendolo dalla propria sostanza?

A quale condizione si può dire che l'anima è il soffio di Dio.


3.5. Potremmo affermare - sì certo - che neppure il soffio di Dio è l'anima dell'uomo, ma che Dio creò l'anima nell'uomo soffiando; tuttavia non si deve credere che gli esseri creati da Dio con la sua parola siano superiori a quelli creati con il suo soffio, poiché anche in noi la parola è superiore al soffio; nulla quindi, in base alla suddetta spiegazione, deve farci esitanti a chiamare l'anima "soffio di Dio", purché comprendiamo ch'essa non è la natura e sostanza di Dio, ma che soffiare è semplicemente creare un soffio, e che creare un soffio è lo stesso che creare l'anima. Con questa spiegazione concorda quanto afferma Dio per mezzo di Isaia: Lo spirito infatti procederà da me e sono io che ho fatto ogni soffio, poiché il seguito del passo mostra ch'egli non parla di un soffio corporeo qualunque. Infatti, dopo aver detto: Sono io che ho fatto ogni soffio, aggiunge: e a causa del peccato l'ho rattristato un poco e l'ho castigato. Che cosa dunque chiama soffio se non l'anima castigata e rattristata a causa del peccato? Che vuol dire dunque: Sono io che ho creato ogni soffio? se non: "Sono io che ho creato ogni anima"?.

L'anima non deriva dall'essere di Dio o dagli elementi del mondo.

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4.6. Se dunque dicessimo che Dio è - per così dire - l'anima di questo mondo fisico, anima per la quale questo mondo sarebbe per lui come il corpo di un solo essere vivente, non sarebbe esatto dire che Dio fece l'anima umana - se non in quanto corporea - formata con l'aria, la quale, come parte del suo corpo sarebbe soggetta a lui; tuttavia ciò che Dio avrebbe dato soffiando dovremmo considerarlo non un'emanazione del suo proprio essere, ma un'emanazione dell'aria soggetta a lui come parte del suo corpo, allo stesso modo che l'anima produce il soffio non come un'emanazione di se stessa, ma servendosi d'un elemento similmente a lei soggetto, cioè del suo corpo. Ma poiché, al contrario, noi affermiamo non solo che il corpo del mondo è soggetto a Dio ma anche che Dio trascende ogni creatura sia corporea che spirituale, dobbiamo credere che quando egli creò l'anima con il suo soffio, non la creò né traendola dalla sua propria sostanza né da elementi corporei.

L'anima viene forse dal nulla?

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5.7. Ma noi possiamo porci a buon diritto il quesito se l'anima è stata tratta da ciò che non esisteva affatto, ossia dal nulla, o da qualche essere spirituale creato da Dio ma che non era ancora un'anima. Poiché se noi crediamo che Dio non crea più nulla dal nulla dopo aver compiuto la creazione simultanea di tutte le cose, e crediamo anche, per conseguenza, che Dio si riposò dopo aver portato a termine tutte le opere che aveva cominciato a fare, di modo che tutto ciò che avrebbe fatto in seguito lo avrebbe derivato da quelle opere (originarie), io non vedo in qual modo potremmo intendere ch'egli crea tutt'ora le anime dal nulla. Oppure, si potrebbe forse dire che, tra le opere dei primi sei giorni egli creò il "giorno" occulto e - se dobbiamo credere piuttosto questa ipotesi - è la natura spirituale ed intellettuale, quella cioè del consorzio degli angeli, e inoltre il mondo, cioè il cielo e la terra, e che in quelle nature già esistenti creò le ragioni (causali) di tutte le altre nature ch'erano destinate ad esistere, ma non le stesse nature? In caso diverso, se queste nature fossero state create già allora come erano destinate ad essere, non sarebbero più state destinate ad esistere. Se la cosa sta così, tra gli esseri creati non c'era ancora alcuna natura dell'anima umana e questa cominciò ad esistere quando Dio la creò soffiando e la infuse nell'uomo.

L'anima sarebbe forse il fiato di Dio tratto dal nulla?


5.8. Ma con ciò la questione non è risolta. Noi ci chiediamo ancora: Dio creò forse dal nulla la natura che si chiama anima e che prima non esisteva, nell'ipotesi che il suo fiato non sarebbe derivato da qualche sostanza soggetta alla sua azione - come dicevamo a proposito del fiato che l'anima esala dal proprio corpo - ma che il fiato sarebbe stato prodotto assolutamente dal nulla allorché Dio volle soffiare e il fiato sarebbe stato l'anima umana? Oppure, al contrario, esisteva forse già una sostanza spirituale che - qualunque fosse la sua natura - non era ancora la natura dell'anima e per mezzo di essa fu creato il soffio di Dio identificabile con la natura dell'anima? Allo stesso modo la natura del corpo umano ancora non esisteva prima che Dio la formasse con il fango o la polvere della terra. La polvere o il fango non era, infatti, la carne umana ma tuttavia era qualcosa mediante la quale sarebbe potuta esser fatta la carne che ancora non esisteva.

Esisteva forse una materia dell'anima?

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6.9. È dunque forse probabile che tra le prime opere dei sei giorni Dio creò non solo la ragione causale del futuro corpo umano ma anche il materiale da cui sarebbe dovuto essere tratto - cioè la terra, dal cui fango o polvere sarebbe dovuto essere formato - mentre nel caso dell'anima Dio creò in quei giorni solo la ragione causale, conforme alla quale sarebbe dovuta essere creata, ma non anche una materia sui generis, con cui avrebbe dovuta essere fatta? Se infatti l'anima fosse qualcosa d'immutabile, non ci sarebbe alcun bisogno di ricercarne una specie di materia. Ora, invece, la sua mutabilità dimostra assai bene che talora è resa deforme dai vizi e dagli errori e, al contrario, acquista la forma mediante le virtù e la conoscenza della verità pur rimanendo nel frattempo nella propria natura per cui è anima; così anche la carne, pur rimanendo nella propria natura per cui è carne, è abbellita dalla salute e abbruttita dalle malattie e dalle ferite. Ma questa natura (del corpo), prescindendo dal fatto ch'è già carne - natura cioè per cui si perfeziona diventando bella e si deteriora diventando deforme - ha avuto anche una materia, cioè la terra, da cui è stata tratta per diventare completamente carne; allo stesso modo anche l'anima, prima di diventare la precisa natura chiamata anima - la cui bellezza è la virtù, la cui bruttezza è il vizio - poté avere forse una certa materia appropriata alla sua specie di natura spirituale che non era ancora anima, allo stesso modo che la terra, da cui fu tratta la carne, era già una certa realtà, sebbene non fosse ancora carne.


6.10. In realtà però la terra, prima che da essa fosse tratto il corpo dell'uomo, riempiva già la parte inferiore del mondo, conferendo all'universo la sua totalità. In tal modo, sebbene da essa non fosse stata tratta alcuna carne d'alcun essere vivente, tuttavia con la sua propria natura, secondo la quale questo mondo è chiamato cielo e terra, riempiva la gran macchina del mondo.

Impossibile dire di che specie sarebbe stata quella materia.

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7. Ma che cos'è precisamente la materia spirituale, se mai ve ne fosse alcuna con cui poteva venir fatta l'anima o se mai ve n'è alcuna con cui sono fatte le anime? Qual è il suo nome, la sua forma specifica, quale funzione ha nelle opere della creazione? Vive essa o non vive? Se vive, che cosa fa? Che parte ha nel produrre gli effetti delle energie dell'universo? Conduce una vita felice o miserabile? Oppure né l'una né l'altra? Dà la vita a qualche essere? Oppure non ha neppure questa funzione e se ne sta inerte a riposo in qualcuno dei più segreti recessi dell'universo senza percezione vigilante e senza movimento vitale? Poiché se essa non era affatto vita, come sarebbe potuta essere una sorta di materia incorporea e non vivente d'una vita futura? O questa ipotesi è falsa o è un mistero troppo profondo! Se, al contrario, quella materia viveva già né felicemente né miseramente, in qual modo era razionale? Se invece fu fatta razionale quando da essa fu tratta la natura dell'anima umana, allora era vita irrazionale la materia dell'anima razionale, cioè umana? Quale differenza c'era allora tra essa e quella di un animale bruto? Era forse già razionale in potenza ma non ancora in atto? Noi infatti vediamo che l'anima di un bambino, senza dubbio già anima umana, non ha cominciato ancora a far uso della ragione e tuttavia noi diciamo che è già un'anima razionale. Perché mai, allora, non dovremmo credere che allo stesso modo nella materia, da cui sarebbe stata tratta l'anima, l'attività della coscienza era non operante, come nell'anima del bambino, che senza dubbio è già un'anima umana, non è ancora operante l'attività della ragione?

Quella materia non avrebbe potuto essere "vita felice".

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8.11. Poiché, se la vita con cui fu fatta l'anima umana, era già felice, allora ha subìto un deterioramento e per conseguenza non è più la materia dell'anima e questa è un'emanazione di quella. Ora, quando la materia viene formata, soprattutto da Dio, è certamente resa più perfetta dalla formazione. Ma anche se l'anima umana potesse considerarsi come l'emanazione d'una vita creata da Dio in un certo stato di felicità, neppure in questo caso si potrebbe pensare ch'essa cominciasse ad esistere in virtù d'un atto dovuto ai suoi meriti se non dal momento in cui cominciò a vivere una vita propria, quando fu fatta anima vivificante la carne servendosi dei sensi del corpo come messaggeri ed essendo cosciente della propria vita individuale con la volontà, l'intelligenza e la memoria. Poiché, se c'è qualche essere da cui Dio trasse questa emanazione per infonderla nella carne già formata da lui creando l'anima con una sorte di soffio, e, se questo essere si trova in uno stato di felicità, non si muove in alcun modo né si muta né perde nulla allorché da esso emana ciò con cui è fatta l'anima.

Quella materia non può essere un'anima irrazionale.

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9. Siffatto essere infatti non è un corpo e perciò non può diminuire a causa di una specie di esalazione.


9.12. Se al contrario un'anima irrazionale è in un certo qual modo la materia di cui è fatta l'anima razionale - cioè l'anima umana - sorge un altro quesito: di che cosa è fatta l'anima irrazionale? Poiché anch'essa è fatta solo dal Creatore di tutte le cose. Proviene forse da una materia corporea? Perché, allora, non possiamo dire la stessa cosa dell'anima razionale?

Salvo che si dica che Dio non può produrre in un attimo un effetto che si ammette potersi ottenere - diciamo così - gradualmente. Per conseguenza, quali che siano le tappe intermedie, se un corpo è la materia dell'anima irrazionale e l'anima irrazionale è la materia dell'anima razionale, senza dubbio un corpo è la materia dell'anima razionale. Ma nessuno, ch'io sappia, ha mai osato affacciare una simile opinione, tranne chi sostiene che l'anima non è altro che una specie di corpo.

Si confuta la metempsicosi.


9.13. Se, inoltre, concederemo che un'anima irrazionale è una sorta di sostrato materiale da cui è tratta l'anima razionale, bisogna guardarsi dal credere alla possibilità che l'anima trasmigri da una bestia in un uomo, poiché questa è un'opinione assolutamente contraria alla fede cattolica. Poiché avverrebbe che, qualora questa anima, cambiandosi in meglio, divenisse quella di un uomo, anche l'altra a sua volta, cambiandosi in peggio, diventasse l'anima di una bestia. Quest'opinione ridicola sostenuta da alcuni filosofi, fu causa d'imbarazzo per gli stessi loro seguaci posteriori, i quali affermarono che i loro maestri non avevano sostenuto una siffatta opinione ma che non erano stati ben compresi. Anch'io credo che sia così; press'a poco allo stesso modo uno potrebbe interpretare il passo delle nostre Scritture in cui è detto: L'uomo costituito in onore non ha compreso ed è stato paragonato agli animali bruti ed è diventato simile ad essi, o quell'altro ove si legge: Non abbandonare alle bestie l'anima che ti loda. In realtà tutti gli eretici leggono le Scritture e sono eretici per il solo fatto che non le comprendono bene e sostengono con pervicacia le loro false opinioni contro la verità delle Scritture. Ma qualunque sia l'opinione di tali filosofi riguardo alla trasmigrazione delle anime, tuttavia non è conforme alla fede cattolica credere che le anime delle bestie trasmigrano negli uomini o quelle degli uomini nelle bestie.


Agostino - Genesi 920