Agostino - Commento Gv 28

28

OMELIA 28

(Jn 7,1-13)

Jn 7,1-13


A Gerusalemme per la festa delle Capanne.

Il Cristo si reca alla festa, non palesemente, ma come di nascosto, per non essere ucciso; indicando così ai suoi membri, in cui egli è sempre presente come capo, la condotta da tenere. Egli non fece ricorso alla sua potenza divina, per una condiscendenza alla nostra debolezza.

1. In questo capitolo del Vangelo, o fratelli, nostro Signore Gesù Cristo dà alla nostra fede una prova efficacissima della sua umanità. Sempre, con quel che dice e con quel che fa, ha di mira questo: che lo si creda come Dio e come uomo: Dio che ci ha creati, uomo che è venuto a cercarci; Dio che è sempre col Padre, uomo che è con noi nel tempo. Non avrebbe potuto cercare l'uomo che aveva creato, se non si fosse fatto egli stesso creatura. Ricordatevi di questa verità e non perdetela mai di vista: che Cristo si è fatto uomo senza cessare di essere Dio. Colui che ha creato l'uomo, ha assunto l'umana natura restando Dio. Non è da credere, dunque, che abbia perduto la sua potenza quando come uomo si occulto, ma che abbia voluto offrire un esempio alla nostra debolezza. Fu preso, infatti, quando volle, fu ucciso quando volle. Ma siccome ci sarebbero state le sue membra, cioè i suoi fedeli, che non avrebbero avuto la potenza che aveva il nostro Dio, il fatto di rimanere nascosto e di occultarsi per non essere ucciso, era il segno di quanto avrebbero fatto le sue membra, nelle quali egli stesso era. Non bisogna credere infatti che il Cristo sia nel capo senza essere anche nel corpo, ma egli è tutto intero nel capo e nel corpo. Ciò che si riferisce alle sue membra, quindi, si riferisce a lui; ma non tutto ciò che si riferisce a lui necessariamente si riferisce alle sue membra. Se egli non si identificasse con le sue membra, non avrebbe detto: Saulo, perché mi perseguiti? (Ac 9,4). Saulo infatti non perseguitava lui ma le sue membra, cioè i suoi fedeli, che erano in terra. Tuttavia non ha voluto dire i "miei santi", i "miei servi", e nemmeno, qualifica più eccelsa ancora, i "miei fratelli", ma ha detto: me, cioè le mie membra di cui io sono il capo.

(Una consolazione per la nostra debolezza.)

2. 2. Premesso questo, credo che in questo capitolo, che adesso è stato letto, non dovremo far fatica; spesso infatti nel Capo viene indicato ciò che dovrà accadere nel corpo. Dopo di ciò - dice il Vangelo -Gesù percorreva la Galilea; non voleva infatti più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo (Jn 7,1). Con questo, come ho detto, voleva offrire un esempio alla nostra debolezza. Non aveva perduto la sua potenza, ma voleva consolare la nostra fragilità. Ci sarebbe stato infatti, come dicevo, qualche fedele che si sarebbe nascosto per sottrarsi ai persecutori; e, affinché ciò non dovesse essergli rinfacciato come un delitto, il Capo ha creato un precedente che poteva trovare conferma in alcune membra. In questo senso l'evangelista dice: Non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo, come se Cristo non potesse muoversi tra i Giudei senza farsi uccidere dai Giudei. In effetti, quando volle, dimostro la sua potenza: quando, ad esempio, ormai all'inizio della passione, i Giudei volevano prenderlo, disse loro: Chi cercate? Risposero: Gesù. E lui: sono io. Non si nascose, ma si presento e si fece avanti. Di fronte a tale dichiarazione, quelli non resistettero, ma indietreggiarono e caddero in terra (Jn 18,4-6). Ma siccome egli era venuto per patire, si rialzarono, lo presero, lo portarono dal giudice e lo uccisero. Ma che cosa fecero? ciò che nella Scrittura era stato predetto: La terra fu consegnata in mano all'empio (Jb 9,24); la carne fu data in potere dei Giudei; e questo

perché fosse tagliata come una borsa, e ne uscisse il prezzo del nostro riscatto.

1. 3. Ora si avvicinava la festa dei Giudei, detta Scenopegia (Jn 7,2). Chi ha letto le Scritture sa cosa era la festa della Scenopegia. In quel giorno si costruivano tende, simili a quelle nelle quali i Giudei avevano abitato quando, usciti dall'Egitto, peregrinavano nel deserto. Era una festa che si celebrava con particolare solennità. Con tale celebrazione i Giudei volevano ricordare i benefici del Signore, essi che avrebbero poi ucciso il Signore. Orbene, in questo giorno di festa - per la verità, i giorni di festa erano più d'uno, ma i Giudei parlavano di giorno di festa, sebbene i giorni fossero più d'uno -i suoi fratelli si rivolsero a Cristo Signore. Prendete il termine fratelli nel senso che sapete; il termine infatti non vi è nuovo. I parenti della vergine Maria venivano chiamati fratelli del Signore. Era consuetudine, nella Scrittura, chiamare fratelli tutti i parenti di qualsiasi grado, contrariamente al nostro uso e al nostro modo di esprimerci. Chi di noi chiamerebbe fratello lo zio o il figlio della sorella? Eppure la Scrittura chiama fratelli anche questi parenti. Abramo e Lot, ad esempio, sono chiamati fratelli, benché Abramo fosse zio paterno di Lot (Gn 11,27-31 Gn 17,8 Gn 14,14); così Labano e Giacobbe sono chiamati fratelli, pur essendo Labano zio materno di Giacobbe (Gn 28,2 Gn 29,10-15). Quando, dunque, sentite parlare dei fratelli del Signore, pensate ai parenti di Maria, non ad altri suoi figli. Allo stesso modo infatti che nel sepolcro in cui fu posto il corpo del Signore, né prima né poi vi giacque alcun morto, così il grembo di Maria né prima né poi concepi alcun mortale.

4. Abbiamo detto chi erano i fratelli; ascoltiamo ora che cosa dissero: Parti di qui e vattene nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che fai. I discepoli conoscevano le opere del Signore, ma essi le ignoravano. Questi fratelli, cioè questi parenti, erano, si, legati al Cristo da vincoli di sangue, ma la parentela stessa rendeva ad essi più difficile la fede in lui. Non è una nostra opinione; lo dice il Vangelo, e voi l'avete appena ascoltato. Essi continuano con l'aria di voler insegnare al maestro: Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifestati al mondo. E, aggiunge l'evangelista: Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui (Jn 7,3-5). Perché non credevano in lui? Perché cercavano la gloria umana. Anche nel suggerimento che gli danno, i fratelli appaiono preoccupati della sua gloria: Sai fare dei miracoli: fatti conoscere; cioè mostrati a tutti per ottenere la lode di tutti. Era la carne che parlava alla carne: la carne senza Dio alla carne con Dio. Era la prudenza della carne che parlava al Verbo che si è fatto carne e abito fra noi (Jn 1,14).

(Eccelsa è la patria, umile la via.)

2. 5. Che cosa risponde il Signore? E Gesù disse loro: Il mio tempo non è ancora giunto, il vostro invece è sempre pronto (Jn 7,6). Cosa vuol dire? Non era ancora giunto il tempo di Cristo? Perché allora il Cristo era venuto se il suo tempo non era ancora giunto? Non abbiamo sentito l'Apostolo dire: Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando suo Figlio (Ga 4,4)? Se dunque Cristo fu mandato nella pienezza del tempo, fu mandato quando doveva essere mandato, venne quando era opportuno che venisse, e allora che significa: IL mio tempo non è ancora giunto? Notate, fratelli, con quale animo gli parlavano: come se volessero consigliare un loro fratello. Gli davano consigli sul modo di arrivare alla gloria: secondo la mentalità del mondo, e, mossi da affetto terreno, lo esortavano a non rimanere nascosto e ignorato. La parola del Signore quindi: IL mio tempo non è ancora giunto, era la risposta al loro consiglio di gloria: il tempo della mia gloria non è ancora giunto. Notate come è profonda la sua risposta. Essi lo esortano a cercare la sua gloria, ma egli vuole che l'esaltazione sia preceduta dalla umiliazione e intende giungere alla gloria percorrendo la strada dell'umiltà. Quei discepoli che volevano sedersi uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra, cercavano anch'essi la gloria; miravano alla

meta, ma non vedevano la via; il Signore li richiamo alla via, onde potessero con sicurezza raggiungere la patria. Eccelsa è la patria, umile è la via. La patria è la vita di Cristo, la via è la sua morte; la patria è lassù ove Cristo dimora presso il Padre, la via è la sua passione. Chi ricusa la via, non cerca la patria. Insomma, a coloro che cercavano la gloria risponde: Siete pronti a bere il calice che io sto per bere? (Mt 20,22). Ecco come si arriva alla sublime altezza cui aspirate. Egli certamente si riferiva al calice dell'umiltà e della passione.

6. Dunque egli dice: IL mio tempo non è ancora giunto, il vostro invece - cioè la gloria del mondo -è sempre pronto. Questo è il tempo di cui Cristo, cioè il corpo di Cristo, per bocca del profeta dice: Quando mi saro preso il tempo, giudichero la giustizia (Ps 74,3). Ora non è tempo di giudicare, ma di sopportare gli iniqui. Adesso dunque il corpo di Cristo sopporti e tolleri l'iniquità dei malviventi. Procuri tuttavia di avere la giustizia per poter giungere al giudizio; perché è per mezzo della giustizia che arriverà al giudizio. Che dice nel salmo la Scrittura proprio per quelle membra che sopportano l'iniquità di questo mondo? Il Signore non respingerà il suo popolo. E' davvero tribolato il suo popolo in mezzo agli indegni, agli iniqui, ai bestemmiatori, ai biasimatori, ai calunniatori, ai persecutori e, per quanto dipende da loro, agli uccisori. Si, è tribolato, ma il Signore non respingerà il suo popolo, e non abbandonerà la sua eredità, finché la giustizia si convertirà in giudizio (Ps 93,14-15). Finché la giustizia, posseduta ora dai suoi santi, si convertirà in giudizio, quando, cioè, si compirà ciò che è stato loro detto: Sederete sulle dodici sedi per giudicare le dodici tribù d'Israele (Mt 19,28). L'Apostolo possedeva la giustizia, ma non ancora il potere di giudicare, a proposito del quale dice: Non sapete che giudicheremo gli angeli? (1Co 6,3). Ora è dunque il tempo di vivere secondo giustizia; poi verrà il tempo di giudicare coloro che avranno vissuto male. Finché la giustizia si trasformerà in giudizio. Il tempo del giudizio sarà quello di cui ha parlato adesso il Signore: Il mio tempo non è ancora giunto. Verrà il tempo della gloria: colui che è venuto nell'umiltà verrà nella gloria; colui che è venuto per essere giudicato verrà per giudicare; colui che è venuto per essere ucciso dai morti verrà a giudicare i vivi e i morti. Dio verrà manifesto, - dice il salmo -il nostro Dio non tacerà (Ps 49,3). Perché verrà manifesto? Perché prima è venuto nascosto. Allora non tacerà; poiché quando venne nascosto è stato condotto come pecora al macello, e come agnello davanti a chi lo tosa non ha aperto bocca (Is 53,7). Verrà e non tacerà. Ho taciuto

-dice -ma non sempre tacero (Is 42,14 sec. LXX).

(Il nostro tempo.)

7. Ma ora che cosa devono fare quelli che sono in possesso della giustizia? ciò che si legge in quel medesimo salmo: In attesa che la giustizia si converta in giudizio; e la possiedono tutti i retti di cuore (Ps 93,15). Vi domandate forse chi sono i retti di cuore. La Scrittura c'insegna che i retti di cuore sono coloro che sopportano i mali del mondo, senza mettere Dio sotto accusa. Non vi pare, o fratelli, che questi siano un'eccezione? Non so perché, ma quando uno è colpito da una disgrazia, subito se la prende con Dio, mentre dovrebbe prendersela con se stesso. Quando fai qualcosa di buono, ti congratuli con te stesso; quando ti capita un guaio te la prendi con Dio. Questo significa avere il cuore storto, non retto. Se correggerai questa stortura e perversità, ti accadrà di fare il contrario. Prima cosa facevi? Lodavi te stesso per i doni di Dio, e incolpavi Dio per i tuoi guai. Una volta che il tuo cuore si sarà convertito e sarà diventato retto, ringrazierai il Signore per i suoi doni e accuserai te stesso per i tuoi guai. E' così che fanno i retti di cuore. Orbene, uno che ancora non era retto di cuore, perché amareggiato di fronte alla fortuna dei cattivi e alla sfortuna dei buoni, dopo essersi corretto, dice: Com'è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore! Ma poco manco - quando non ero retto di cuore -, che i miei piedi vacillassero, poco manco che i miei passi si sviassero. Perché? Perché provai invidia per i peccatori, osservando la loro pace (Ps 72,1-3). Vidi, dice, che i cattivi erano felici, e Dio non mi è piaciuto più, perché avrei voluto che Dio non permettesse la felicità dei cattivi. Cerchiamo di capire: non è che Dio permetta questo; ma siamo portati a considerare felice un cattivo solo perché non sappiamo cosa sia la felicità. Cerchiamo dunque di essere retti di cuore: il tempo della nostra gloria non è ancora giunto. Diciamo a coloro che, come i fratelli del Signore, amano il mondo: Il vostro tempo è sempre pronto, mentre il nostro non è ancora giunto. Osiamo dir questo anche noi. Dal momento che noi siamo il corpo di nostro Signore Gesù Cristo, siamo sue membra, e con animo grato riconosciamo in lui il nostro capo, diciamolo pure, poiché egli stesso si è degnato dirlo per noi. All'insulto di coloro che amano il mondo, rispondiamo: Il vostro tempo è sempre pronto, mentre il nostro non è ancora giunto. A noi infatti l'Apostolo dice: Voi siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando giungerà il nostro tempo? Quando comparirà Cristo, che è la vostra vita, allora anche voi comparirete con lui nella gloria (Col 3,34).

8. Cosa aggiunge poi il Signore? Il mondo non può odiare voi. Che altro significa questo se non che il mondo non può odiare quelli che lo amano, che sono dei falsi testimoni? Voi infatti dite male al bene e bene al male. Odia, invece, me, perché io attesto contro di lui che le sue opere sono cattive. Salite voi a questa festa. Perché dice questa festa? Perché voi ne approfittate per cercare la gloria umana. Che significa questa? Perché voi andate a questa festa per cercare gioie mondane, trascurando quelle eterne. Io non vengo a questa festa, perché il mio tempo non s'è ancora compiuto. In occasione di questa festa voi cercate la gloria umana; il mio tempo, pero, il tempo della mia gloria, non è ancora giunto. Il mio giorno di festa non coincide e non passa con questi giorni, ma durerà in eterno. Questa sarà la vera festa: gioia senza fine, eternità senza difetto, serenità senza nubi. E dette loro queste cose resto in Galilea. Ma saliti che furono i suoi fratelli alla festa, allora sali anch'egli; non palesemente, ma come di nascosto (Jn 7,7-10). Non ando a quella festa nel senso che non vi si reco a cercare la gloria temporale, ma per dare insegnamenti salutari: correggere gli uomini, richiamarli alla festa eterna, distoglierli dall'amore di questo mondo e convertirli a Dio. Ma perché ando alla festa quasi di nascosto? Neppure questo fatto è privo di significato. Mi sembra, o fratelli, che anche col fatto di recarsi alla festa di nascosto, il Signore abbia voluto suggerirci qualcosa. Il seguito del racconto ci dice che il Signore ando durante la festa, cioè durante quei giorni di festa, per insegnare pubblicamente. Ma dice quasi di nascosto, per non farsi vedere dagli uomini. Non è senza ragione che Cristo si reco di nascosto alla festa, dal momento che egli stesso si nascondeva in quella festa. Anche ciò che vi dico è nascosto. Venga dunque manifestato, si tolga il. velo e appaia ciò che era nascosto.

(Ombra della realtà futura.)

2. 9. Tutto ciò che fu detto, nelle diverse pagine della santa Legge, all'antico popolo d'Israele - le prescrizioni riguardanti i sacrifici, i sacerdoti, i giorni di festa, l'insieme del culto divino - tutto ciò che a quel popolo fu detto e prescritto, era ombra delle cose future. Di quali cose future? Di quelle che avrebbero avuto il loro compimento nel Cristo. Per questo l'Apostolo dice: Tutte le promesse di Dio hanno in lui il loro "si" (2Co 1,20); cioè si sono compiute in Cristo. In un altro passo dice: Tutte queste cose accaddero ad essi in figura, e sono state scritte per ammaestramento nostro, di noi per i quali è giunta la fine dei tempi (1Co 10,11). Altrove aggiunge: Cristo è il compimento della legge (Rm 10,4). E infine: Nessuno si permetta di giudicarvi circa le questioni di cibo, di bevanda, o in materia di feste annuali, di noviluni o di sabati. Tutte queste cose non sono che l'ombra delle cose future (Col 2,16-17). Ora, se tutte quelle cose erano ombra del futuro, anche la Scenopegia era ombra del futuro. Cerchiamo dunque di che cosa era ombra questo giorno di festa. Vi ho spiegato cos'era la Scenopegia: era

la festa delle Tende, in quanto il popolo, liberato dall'Egitto e in marcia nel deserto verso la terra promessa, aveva abitato sotto le tende. Indaghiamone il significato e si vedrà che si tratta di noi; di noi, dico, che siamo le membra di Cristo, se lo siamo; e se lo siamo è degnazione sua, non merito nostro. Consideriamo noi stessi, o fratelli: siamo stati tratti fuori dall'Egitto, dove eravamo schiavi del diavolo come i giudei del Faraone, dove, asserviti ai desideri terreni, attendevamo ad opere di fango, logorando le nostre forze. E infatti, come se fossimo a fabbricare mattoni, Cristo ci ha gridato: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi (Mt 11,28). Tratti fuori di là mediante il battesimo, come attraverso il Mar Rosso - rosso perché consacrato dal sangue di Cristo -, morti tutti i nostri nemici che c'inseguivano - distrutti cioè tutti i nostri peccati -, siamo riusciti a passare. Ma ora, prima di giungere alla patria promessa, cioè al regno eterno, noi viviamo nel deserto e abitiamo sotto le tende. Coloro che se ne rendono conto, accettano di vivere sotto le tende. Era da aspettarsi che alcuni avrebbero compreso. Sa di essere sotto le tende chi si rende conto di essere pellegrino, e si rende conto di essere pellegrino chi si avvede di sospirare la patria. E siccome il corpo di Cristo abita sotto le tende, anche Cristo abita sotto le tende. Allora, pero, non palesemente, ma come di nascosto. L'ombra infatti oscurava ancora la luce: al sopraggiungere della luce, l'ombra si è dileguata. Cristo era nascosto: egli era presente alla festa dei Tabernacoli, ma era nascosto. Ora che la verità ci è stata rivelata, ci rendiamo conto che camminiamo nel deserto. Infatti, se ce ne rendiamo conto, noi ci troviamo nel deserto. Perché nel deserto? Perché siamo in questo mondo, dove si patisce la sete come lungo una carovaniera riarsa. Ma se abbiamo sete, saremo dissetati. Beati - infatti

-coloro che hanno fame e sete di giustizia, poiché saranno saziati (Mt 5,6). E nel deserto la nostra sete si placherà nella rupe: la rupe - infatti -era Cristo (1Co 10,4), ed è stata percossa con la verga affinché scaturisse l'acqua. Affinché scaturisse l'acqua è stata percossa due volte (Nb 20,11), come due sono i legni della croce. Tutte queste cose, dunque, che accadevano ad essi in figura, si sono avverate in noi. Non a caso l'evangelista dice del Signore: Sali al giorno di festa, non palesemente, ma come di nascosto. Lo stesso particolare "di nascosto" era una figura, in quanto che nella stessa festa si celava misteriosamente il Cristo: rappresentava infatti, quel giorno di festa, le membra di Cristo peregrinanti quaggiù.

(Il corpo di Cristo ancora peregrinante.)

1. 10. I Giudei intanto lo cercavano durante la festa (Jn 7,11), prima ancora che egli vi salisse. Per primi vi erano andati i suoi fratelli, ma egli non vi era andato quando essi pensavano e desideravano, coerente a ciò che aveva detto: Io non vengo a questa festa nel primo e secondo giorno, come volete voi. Ando invece dopo, come dice il Vangelo: quando ormai si era a metà della festa (Jn 7,8 Jn 14), cioè quando già erano passati tanti giorni di festa, quanti ancora ne rimanevano. Quella solennità infatti, da quanto ci è dato capire, durava più giorni.

2. 11. Dicevano: Dov'è quel tale? E si faceva sommessamente un gran parlare di lui tra la folla. Come mai si parlava di lui? C'erano pareri contrastanti. A proposito di che? Gli uni dicevano: E' buono. Altri invece: No, anzi inganna la gente (Jn 7,11-12). E' quello che succede per i suoi seguaci; è quello che si dice anche adesso. Basta che uno si distingua in qualche dono spirituale, che subito alcuni dicono: è buono e altri: no, inganna la gente. Come si spiega? Perché la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3). Così si può dire durante l'inverno: quest'albero è morto; ad esempio, questo fico, questo pero, questi alberi da frutta sembrano secchi; e per tutto l'inverno non danno segni di vita. Bisogna aspettare l'estate, bisogna aspettare il giudizio. La rivelazione di Cristo è la nostra estate: Dio verrà in modo manifesto, il nostro Dio verrà e non tacerà (Ps 49,3), il fuoco lo precederà; quel fuoco incendierà i suoi nemici (Ps 96,3), e brucerà gli alberi secchi. Allora si vedrà che erano secchi, quando egli dirà loro: Avevo fame, e

non mi avete dato da mangiare (Mt 25,42); mentre dall'altra parte, dalla parte destra, apparirà la fecondità dei frutti e il verde delle foglie, rigoglio e vita senza fine. A quelli, come ad alberi secchi, sarà detto: Andate nel fuoco eterno (Mt 25,41). Ecco che la scure è stata posta alla radice degli alberi. Ogni albero che non produce frutto buono, verrà tagliato e gettato nel fuoco (Mt 3,10). Se cresci nel Cristo, lascia pure che di te si dica: Inganna la gente. Questo che si dice di Cristo, lo si dice anche di tutto il corpo di Cristo. Non dimenticare che il corpo di Cristo è ancora nel mondo, non dimenticare che il corpo di Cristo si trova ancora nell'aia; osserva in che modo è bestemmiato dalla paglia. Vengono battuti insieme, ma la paglia viene consumata mentre il frumento viene purificato. Si consoli il cristiano, se di lui si dice quanto è stato detto del Signore.

12. Nessuno pero parlava di lui in pubblico, per timore dei Giudei (Jn 7,13). Chi non parlava di lui per timore dei Giudei? Coloro che dicevano: E' buono, e non coloro che dicevano: Inganna la gente. Il mormorio di coloro che dicevano inganna la gente, si faceva sentire come il fruscio di foglie secche. Più insistentemente si diceva: Inganna la gente, mentre si bisbigliava appena: E' buono. Adesso invece, o fratelli, sebbene ancora non sia giunta quella gloria di Cristo che dovrà renderci eterni, adesso tuttavia la sua Chiesa talmente va crescendo, talmente egli si è degnato diffonderla in tutto il mondo, che ormai si bisbiglia: Inganna la gente, mentre a gran voce si proclama: ' buono.

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OMELIA 29

(Jn 7,14-18)

Jn 7,14-18


Intelligenza e fede.

Vuoi intendere? Credi. L'intelligenza è premio della fede. Ma che significa credere in Cristo? Significa credere e amare sinceramente, credere e penetrare in lui, incorporandoci alle sue membra. Questa è la fede che Dio vuole da noi, e non può trovarla se non è lui stesso a donarcela.

1. 1. Vediamo il seguito del Vangelo, che oggi è stato letto, e parliamone secondo che il Signore ci concede. Ieri si era arrivati fin dove si dice che i Giudei, sebbene non avessero visto il Signore Gesù nel tempio per la festa, tuttavia parlavano di lui: Alcuni dicevano: E' buono. Altri invece: No, anzi inganna la gente (Jn 7,12). Ciò è stato detto a conforto dei futuri predicatori della parola di Dio, che, pur essendo veritieri, sarebbero stati considerati seduttori (2Co 6,8). Se sedurre significa ingannare, né Cristo è seduttore né i suoi Apostoli, né deve esserlo alcun cristiano. Se invece sedurre significa condurre qualcuno da una posizione ad un'altra mediante la persuasione, bisogna vedere da dove e dove lo si vuol condurre: se dal male al bene, il seduttore è buono; se dal bene al male, il seduttore è cattivo. Se dunque per seduzione intendiamo condurre gli uomini dal male al bene, potessimo tutti essere chiamati seduttori ed esserlo davvero!

2. Orbene, il Signore sali alla festa più tardi, quando ormai si era a metà della festa, e comincio a insegnare. Ed i Giudei erano stupefatti e dicevano: Come mai costui conosce le lettere, senza averle imparate? (Jn 7,14-15). Colui che prima rimaneva nascosto, ora parlava in pubblico e insegnava, senza che nessuno gli mettesse le mani addosso. Se si nascondeva, era per darci un esempio; se ora non si lasciava prendere era per convincerci della sua potenza. I Giudei erano stupiti del fatto che egli insegnasse. Probabilmente tutti erano stupiti, ma non tutti si convertivano. E quale era il motivo del loro stupore? Perché molti sapevano dove era nato e come era stato educato; non l'avevano mai visto andare a scuola, ed ora lo sentivano discutere intorno alla legge, citare i testi della legge, cose che nessuno avrebbe potuto fare senza essere andato a scuola. Di qui il loro stupore. Ma il loro stupore offri al Maestro l'occasione d'inculcare una verità più elevata; prendendo dunque lo spunto da questo loro stupore e dalle loro parole, prese a dire qualcosa di profondo degno di essere attentamente considerato. perciò richiamo l'attenzione della vostra Carità, non solo ad ascoltare per vostra utilità, ma altresi a pregare per noi.

(La dottrina del Padre è il Verbo del Padre.)

2. 3. Cosa rispose il Signore a coloro che, stupiti, dicevano: Come mai costui conosce le lettere senza averle imparate? La mia dottrina - rispose -non è mia, ma di colui che mi ha mandato (Jn 7,16). Ecco la prima profonda verità. Sembra che in queste poche parole si contraddica. Non dice infatti: Questa dottrina non è mia; ma dice: La mia dottrina non è mia. Se non è tua, come può esser tua? Se è tua, come può non esser tua? Tu dici ad un tempo mia e non mia. Se egli avesse detto: questa dottrina non è mia, non ci sarebbe problema. Ora, fratelli, per giungere alla soluzione, cercate d'intendere prima i termini del problema. Poiché se uno non ha chiaro il problema che si presenta, come può intenderne la spiegazione? Il problema dunque

consiste nel fatto che dice mia e non mia: c'è, sembra, contraddizione nell'espressione mia e non mia. Ora, se consideriamo attentamente ciò che dice nel prologo lo stesso santo evangelista: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Jn 1,1), troviamo la soluzione di questo problema. Quale è la dottrina del Padre, se non il Verbo del Padre? Cristo stesso è la dottrina del Padre, dato che egli è il Verbo del Padre. Siccome pero il Verbo non può essere di nessuno, ma dev'essere di qualcuno, chiamo sua la dottrina, in quanto la dottrina è lui stesso; e la chiamo non sua, in quanto egli è il Verbo del Padre. Infatti che cos'è tanto tuo quanto tu stesso? e che cos'è tanto meno tuo quanto tu stesso, se ciò che tu sei è di un altro?

1. 4. Il Verbo, dunque, è insieme Dio ed è Verbo di una dottrina immutabile, che non risuona per mezzo di sillabe fugaci, ma che permane con il Padre, e alla quale dottrina, immutabile, noi possiamo rivolgerci, richiamati da suoni che passano. Ciò che passa non ci richiama a cose transitorie. Siamo richiamati ad amare Dio. Tutto ciò che vi ho detto, è un insieme di sillabe, che, percuotendo e facendo vibrare l'aria, sono giunte al vostro udito e risuonando sono volate via. Non deve tuttavia passare l'esortazione che vi ho rivolta, perché non passa colui che vi ho esortato ad amare; e se, richiamati da sillabe che passano, vi convertirete a lui, neppure voi passerete, ma rimarrete con lui che sempre rimane. In ciò consiste la grandezza della dottrina di Cristo, la sublimità e l'eternità che sempre rimane e a cui ci richiamano le cose temporali che passano, quando sono veri segni e non solamente indicazioni ambigue. Tutti i segni che esprimiamo con dei suoni, significano qualcosa che è distinto dal suono. Dio non è due brevi sillabe, e noi non rendiamo culto né adoriamo due brevi sillabe, e neppure vogliamo arrivare a quelle due sillabe, il suono delle quali cessa appena si è fatto sentire, e non si può sentire il suono della seconda se non cessa quello della prima. Permane, dunque, qualcosa di grande quando si dice "Dio", anche se cessa subito il suono di questa parola. Cercate d'intendere così la dottrina di Cristo in modo da arrivare al Verbo di Dio; e quando sarete arrivati al Verbo di Dio, considerando che il Verbo era Dio, comprenderete la verità dell'espressione: la mia dottrina; considerando, poi, di chi è il Verbo, comprenderete l'esattezza dell'altra espressione: non è mia.

5. Per farla breve, diro alla vostra Carità, che mi sembra che il Signore Gesù Cristo dicendo: la mia dottrina non è mia, abbia inteso dire: Io non sono da me. Quantunque infatti diciamo e crediamo che il Figlio è uguale al Padre, e che tra di loro non c'è alcuna differenza di natura e di sostanza, e che tra colui che ha generato e colui che è stato generato non è intercorso alcun intervallo di tempo, tuttavia, salvo e fermo questo, altro è il Padre e altro è il Figlio. Il Padre non sarebbe tale se non avesse il Figlio; né il Figlio sarebbe Figlio se non avesse il Padre; tuttavia il Figlio è Dio e procede dal Padre, mentre il Padre è Dio ma non procede dal Figlio. Il Padre è Padre del Figlio ma non è Dio derivante dal Figlio; questi invece è Figlio del Padre, e anche come Dio procede dal Padre. Infatti Cristo Signore è detto Luce che viene dalla Luce. Di conseguenza, la Luce che non ha origine dalla Luce (il Padre), e la Luce uguale che ha origine dalla Luce (il Figlio), non sono due luci, ma una medesima Luce.

(La fede necessaria per l'intelligenza.)

2. 6. Rendiamo grazie a Dio se abbiamo capito. E se qualcuno ha capito poco, non chieda di più all'uomo, ma si rivolga a colui dal quale può sperare di più. Noi possiamo, come operai, stando fuori di voi, piantare e irrigare, ma è Dio che fa crescere (1Co 3,6). La mia dottrina - dice -non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Colui che dice di non aver capito, ascolti un consiglio. Al momento di rivelare una verità così importante e profonda, Cristo Signore si rese conto che non tutti l'avrebbero capita, e perciò nelle parole che seguono dà un consiglio. Vuoi capire?

Credi. Dio infatti per mezzo del profeta ha detto: Se non crederete, non capirete (Is 7,9 sec. LXX). E' questo che intende il Signore, quando proseguendo dice: Se qualcuno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina è da Dio, o se io parlo da me stesso (Jn 7,17). Che significa se qualcuno vuol fare la volontà di lui? Io avevo detto: se qualcuno crederà; e questo consiglio avevo dato: se non hai capito, credi! L'intelligenza è il frutto della fede. Non cercare dunque di capire per credere, ma credi per capire; perché se non crederete, non capirete. Sicché, dopo averti consigliato, per poter capire, l'obbedienza della fede, e avendoti fatto osservare che lo stesso Signore Gesù Cristo nelle parole che seguono dà questo medesimo consiglio, vediamo che dice: Se qualcuno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina ... Che vuol dire conoscerà? Vuol dire "capirà". E che vuol dire se qualcuno vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina ... Che vuol dire "capirà", tutti ci arrivano; che, invece, la frase se qualcuno vuol fare la volontà di lui è un appello alla fede, perché ce ne rendiamo conto è necessaria la spiegazione dello stesso nostro Signore, il quale ci deve dire se veramente fare la volontà del Padre di lui significa credere. Chi non sa che fare la volontà di Dio consiste nel compiere l'opera di lui, nel fare quanto a lui piace? Lo afferma esplicitamente lo stesso Signore in un altro passo: Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato (Jn 6,29). Dice credere in lui, non "credere a lui". Si, perché se credete in lui, credete anche a lui; non pero necessariamente chi crede a lui, crede anche in lui. I demoni credevano a lui, ma non credevano in lui. Altrettanto si può dire riferendoci agli Apostoli: crediamo a Paolo, ma non crediamo in Paolo; crediamo a Pietro, ma non crediamo in Pietro. Ecco, a chi crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli è tenuta in conto di giustizia (Rm 4,5). Che significa dunque credere in lui? Credendo amarlo e diventare suoi amici, credendo entrare nella sua intimità e incorporarsi alle sue membra. Questa è la fede che Dio vuole da noi; ma che non può trovare in noi se egli stesso non ce la dà. E' questa la fede che in un altro passo l'Apostolo definisce in modo perfetto dicendo: In Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la incirconcisione, ma la fede che opera nella carità (Ga 5,6). Non una qualunque fede, ma la fede che opera nella carità. Sia questa la tua fede, e comprenderai quanto occorre circa la dottrina. Cosa comprenderai? Che questa dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato (Jn 7,16); cioè comprenderai che Cristo Figlio di Dio, che è dottrina del Padre, non è da sé, ma è Figlio del Padre.

(L'eresia dei Sabelliani.)

1. 7. Questa affermazione dissolve l'eresia sabelliana. I Sabelliani, infatti, hanno osato dire che il Figlio è lo stesso che il Padre; sono due nomi ma una sola persona. Se fossero due nomi e una sola persona, Cristo non direbbe: La mia dottrina non è mia. Se la tua dottrina non è tua, o Signore, di chi è, se non c'è un altro di cui possa essere? I Sabelliani non hanno compreso le tue parole perché non hanno visto la Trinità, ma hanno seguito l'errore del loro cuore. Noi, cultori della Trinità e dell'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e di un solo Dio, ci rendiamo conto che la dottrina di Cristo non è sua. E' per questo che egli dichiara di non parlare per conto suo, perché Cristo è il Figlio del Padre, e il Padre è Padre di Cristo: il Figlio è Dio, perché procede da Dio Padre; il Padre è Dio ma non perché procede da Dio Figlio.

2. 8. Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria (Jn 7,18). Così farà colui che viene chiamato Anticristo, che si innalza - come dice l'Apostolo -sopra ogni essere che è chiamato Dio, o si adora come Dio (2Th 2,4). Il Signore riferendosi precisamente a costui che sarebbe venuto a cercare la sua gloria e non la gloria del Padre, disse ai Giudei: Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste (Jn 5,43). Predice loro che accoglieranno l'Anticristo, il quale viene a cercare la gloria del suo nome, pieno di vento e non di verità, e perciò passeggero e pur tuttavia apportatore di rovine. Il Signore nostro Gesù Cristo, invece, ci offre un grande esempio di umiltà. Egli è uguale al Padre, perché in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; e con assoluta verità ha affermato: Da tanto tempo sono con voi e ancora non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me vede il Padre (Jn 14,9); e con altrettanta verità ha dichiarato: Io e il Padre siamo una cosa sola (Jn 10,30). Ora, se egli è una cosa sola col Padre, uguale al Padre, Dio da Dio, Dio presso Dio, coeterno al Padre, come lui immortale e immutabile, come lui fuori del tempo e insieme creatore e ordinatore di tutti i tempi, e tuttavia venne nel tempo, prese la forma di servo, si mostro come uomo (Ph 2,7) e non cerca la sua gloria ma quella del Padre; che dovrai fare tu uomo, che quando riesci a fare qualcosa di buono cerchi la tua gloria, e, quando fai qualcosa di male, pensi a scaricarne su Dio la colpa? Tieni presente la tua condizione di creatura e riconosci il Creatore. Sei il servo, non disprezzare il Signore; sei stato adottato, ma non per i tuoi meriti; cerca, o uomo che sei stato adottato come figlio, la gloria di colui che ti ha elargito questa grazia, la gloria che cerco il suo Unigenito Figlio. Chi invece cerca la gloria di colui che l'ha mandato, è veritiero e non c'è ingiustizia in lui (Jn 7,18). Nell'Anticristo c'è ingiustizia e non è veritiero, perché egli viene a cercare la propria gloria, non la gloria di colui che l'ha mandato, mandato nel senso che gli è stato permesso di venire. Quanti, dunque, apparteniamo al corpo di Cristo, se non vogliamo cadere nei lacci dell'Anticristo, non cerchiamo la nostra gloria. Se infatti il Cristo cerco la gloria di colui che l'ha mandato, non dobbiamo tanto più noi cercare la gloria di colui che ci ha creati?


Agostino - Commento Gv 28