Agostino - Commento Gv 32

32

OMELIA 32

(Jn 7,37-39)

Jn 7,37-39


Lo Spirito Santo e la Chiesa.

Riceviamo anche noi lo Spirito Santo, se amiamo la Chiesa, se ci lasciamo compaginare dalla carità, se abbiamo la fede e se non siamo cattolici soltanto di nome. E' da credere che uno possiede lo Spirito Santo nella misura che ama la Chiesa.

(Se abbiamo sete, andiamo.)

1. 1. In mezzo ai dissensi e ai dubbi che i Giudei sollevarono nei suoi confronti, il Signore Gesù Cristo, tra le altre cose che disse e che servirono a confondere alcuni e ad illuminare altri, nell'ultimo giorno di quella solennità (Jn 7,37) che si stava celebrando e che si chiamava Scenopegia, cioè erezione delle tende - la vostra Carità ricorda che di questa festività si è già parlato -, il Signore Gesù Cristo lancio un appello, non parlando ma gridando: Chi ha sete venga a me! Se dunque abbiamo sete andiamo a lui: e andiamo a lui non coi piedi ma con gli slanci del cuore, non muovendoci materialmente, ma amando. Sebbene anche chi ama, interiormente si muova. Ma altro è muoversi col corpo, altro è muoversi col cuore: si muove col corpo chi si sposta fisicamente da un luogo ad un altro, si muove col cuore chi orienta in modo diverso i propri affetti. Se tu amavi una cosa e ora ne ami un'altra, tu non sei più dov'eri prima.

2. 2. Ecco quanto ad alta voce il Signore ci dice. In piedi, ad alta voce disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura: "Fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno". Non occorre soffermarci sul significato di queste parole che l'evangelista ci chiarisce. Perché il Signore disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno, ce lo spiega l'evangelista così proseguendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato (Jn 7,37-39). C'è dunque una sete interiore e un seno interiore, poiché c'è l'uomo interiore. Quest'uomo interiore è invisibile, mentre quello esteriore è visibile; ma l'uomo interiore è migliore di quello esteriore. E ciò che non si vede, si ama di più; risulta infatti che si ama di più l'uomo interiore di quello esteriore. Come risulta? Ciascuno ne ha la prova in se stesso; perché, quantunque chi vive male abbandoni l'anima al corpo, tuttavia vuol vivere, il che è impossibile senza l'anima, e identifica se stesso più con ciò che regge che con ciò che viene retto. Chi regge è l'anima, chi viene retto è il corpo. Ognuno trova godimento nel piacere, e il piacere lo riceve dal corpo: separa l'anima dal corpo e nulla nel corpo resterà; e benché riceva godimento dal corpo, è l'anima che gode. Ora, se l'anima trova godimento nella sua casa, cioè nel corpo, non lo troverà in se stessa? Se trova diletto fuori di sé, non lo troverà in se stessa? E' troppo evidente che l'uomo ama di più la sua anima che il suo corpo. E anche in un altro, si ama l'anima più del corpo. Cosa si ama infatti nell'amico, quando l'amore è sincero e puro, l'anima o il corpo? Se è la sua fedeltà che si ama, si ama la sua anima; se in lui si ama la benevolenza, questa risiede nell'anima; se ami l'amico perché anch'egli ama te, ami la sua anima, perché non è il corpo ma è l'anima che ama. Lo ami precisamente per questo, perché egli ti ama. Cerca il motivo per cui egli ti ama e troverai che è lo stesso per cui tu ami lui. Lo si ama più vivamente, anche se non lo si vede.

3. 3. Aggiungero un'altra considerazione, da cui più chiaramente risulterà alla vostra Carità fino a

che punto si ami l'anima e come essa venga preferita al corpo. Anche quelli che sono presi da un amore lascivo, che si lasciano sedurre dalla bellezza del corpo e attrarre dalle forme fisiche, essi stessi amano di più allorché sono amati. Al contrario, se uno ama e sente di essere odiato, invece di amore proverà sdegno. Perché invece di amore proverà sdegno? Perché il suo amore non è stato ricambiato. Se dunque quelli stessi che si innamorano dei corpi chiedono una risposta di amore, e nell'essere amati trovano la più grande soddisfazione, che dire di quelli che amano le anime? E se quelli che amano le anime sono tanto grandi, che saranno quelli che amano Dio, che rende belle le anime? E' l'anima che dona decoro al corpo, allo stesso modo che Dio lo dona alle anime. E' l'anima che rende amabile il corpo; tanto che quando l'anima se ne va, ti trovi inorridito davanti ad un cadavere che tu, per quanto possa aver amato quelle belle membra, ti affretti a seppellire. L'anima è la bellezza del corpo, Dio la bellezza dell'anima.

(La fonte non viene meno.)

1. 4. Il Signore dunque ci grida di andare a lui e di bere, se interiormente abbiamo sete; e ci assicura che, se berremo, fiumi di acqua viva scorreranno dal nostro seno. Il seno dell'uomo interiore è la coscienza del cuore. Bevendo a quest'onda, la coscienza limpida si ravviva, e, dovendo attingere, disporrà di una fonte; anzi, sarà essa stessa la fonte. Cosa è questa fonte, cos'è questo fiume che scaturisce dal seno dell'uomo interiore? E' la benevolenza che lo porta ad interessarsi del prossimo. Perché, se uno pensa che ciò che beve è soltanto per lui, non fluirà dal suo seno l'acqua viva; se si affretta, invece, a renderne partecipe il prossimo, allora, appunto perché scorre, la fonte non inaridisce. Vedremo ora che cos'è ciò che bevono quelli che credono nel Signore; se infatti siamo Cristiani e crediamo, dobbiamo bere. E ciascuno in se stesso deve rendersi conto se beve, e se vive di ciò che beve; poiché la fonte non ci abbandona, se non siamo noi ad abbandonarla.

2. 5. L'evangelista ci spiega, come dicevo, il motivo per cui il Signore fece sentire la sua voce, a quale fonte invitava a bere e che cosa offre a chi viene a bere, dicendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non ancora era stato glorificato. Di quale Spirito parla se non dello Spirito Santo? Ogni uomo, infatti, ha in sé il proprio spirito, di cui ho parlato quando affermavo il valore dell'anima. L'anima di ciascuno è precisamente il suo spirito, del quale l'Apostolo dice: Chi, tra gli uomini, conosce i pensieri dell'uomo, all'infuori dello spirito dell'uomo che è in lui? E aggiunge: Cosi, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio (1Co 2,11). Nessuno conosce i nostri pensieri, se non il nostro spirito. Io non so, infatti, che cosa pensi tu, né tu sai che cosa penso io: ciò che pensiamo dentro di noi è un nostro segreto, e dei pensieri di ciascuno, solo testimone è il proprio spirito. Cosi, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio. Noi con il nostro spirito, Dio con il suo; pero con questa differenza: che Dio con il suo Spirito sa anche ciò che avviene in noi; mentre noi, senza il suo Spirito, non possiamo sapere che cosa avviene in Dio. Dio, anzi, conosce di noi anche ciò che noi stessi ignoriamo. Pietro, ad esempio, non conosceva la sua debolezza, quando apprese dal Signore che per tre volte lo avrebbe rinnegato (Mt 26,33-35). Il malato non sapeva di essere malato, il medico si. Ci sono dunque delle cose che Dio sa di noi, e che noi ignoriamo. Tuttavia, per quanto riguarda gli uomini, nessuno si conosce meglio dell'interessato; un altro ignora che cosa avviene in noi, ma il nostro spirito lo sa. Avendo pero ricevuto lo Spirito Santo, noi apprendiamo anche le cose di Dio. Non tutto, perché non abbiamo ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, ma solamente un pegno. In virtù del pegno, di cui riceveremo poi la pienezza, noi conosciamo già molte cose. Il pegno ci consoli durante questa peregrinazione, pensando che colui che ci ha dato il pegno si è impegnato a darci il resto. Se tale è la caparra, che sarà la pienezza del dono?

1. 6. Ma che significano le parole: Lo Spirito non era stato ancora dato perché Gesù non ancora era stato glorificato? Il senso è evidente. Non vuol dire infatti che non esisteva lo Spirito di Dio, che era presso Dio, ma che ancora non era presente in coloro che avevano creduto in Gesù. Così infatti aveva disposto il Signore Gesù: di dare loro lo Spirito, di cui parliamo, solo dopo la sua risurrezione. E ciò non senza motivo. Se vogliamo conoscere il motivo, egli ci aiuterà a trovarlo. Se bussiamo, ci aprirà e ci farà entrare. E' l'amore filiale che bussa, non la mano; bussa anche la mano, se la mano non si ritrae dalle opere di misericordia. Per qual motivo, dunque, il Signore Gesù Cristo stabili di dare lo Spirito Santo solo dopo la sua glorificazione? Prima di rispondere in qualche modo a questa domanda, c'è da risolvere un altro problema che potrebbe turbare qualcuno. Come si può dire che lo Spirito Santo non era ancora presente negli uomini santi, se il Vangelo dice che Simeone conobbe il Signore appena nato per mezzo dello Spirito Santo, e così la vedova Anna, profetessa (Lc 2,25-38), e lo stesso Giovanni che lo battezzo (Lc 1,74)? Zaccaria, a sua volta, pronuncio molte parole dietro ispirazione dello Spirito Santo (Lc 1,67-79), e Maria stessa, non concepi il Signore senza aver prima ricevuto lo Spirito Santo (Lc 1,35). Sicché abbiamo molte prove della presenza dello Spirito Santo, prima che il Signore fosse glorificato mediante la risurrezione della carne. E non fu certo un altro Spirito Santo quello di cui furono dotati i profeti che annunciarono la venuta di Cristo. Ma il modo con cui sarebbe stato dato doveva essere assolutamente diverso dal precedente: è di questo modo che qui si parla. Prima della risurrezione, infatti, in nessuna parte si legge che degli uomini riuniti insieme, ricevuto lo Spirito Santo, abbiano cominciato a parlare nelle lingue di tutte le genti. Dopo la sua risurrezione, invece, la prima volta che apparve ai suoi discepoli, il Signore disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. E' in riferimento a questo fatto che l'evangelista dice: Non era stato ancora dato lo Spirito, perché ancora Gesù non era stato glorificato. E alito su di essi (Jn 20,22 Jn 7,39), colui che col suo soffio vivifico il primo uomo, traendolo dal fango (Gn 2,7); colui che col suo soffio animo le membra del corpo, mostrando col gesto di alitare loro in faccia, di volerli rialzare dal fango e liberarli dalle opere di fango. Fu allora, dopo la sua risurrezione, chiamata dall'evangelista glorificazione, che il Signore dono per la prima volta ai suoi discepoli lo Spirito Santo. Poi, dopo essere stato con essi quaranta giorni, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli, alla presenza degli stessi Apostoli, che lo seguivano con gli occhi, sali al cielo (cf. Ac 1,3-9). E, dieci giorni dopo, nel giorno di Pentecoste mando su di essi lo Spirito Santo. Allora, come ho detto, quanti si trovavano riuniti nel medesimo luogo, lo ricevettero, ne furono ripieni e presero a parlare nelle lingue di tutte le genti (cf. Ac 2,1-11).

2. 7. Ma allora, o fratelli, siccome adesso chi è battezzato in Cristo e crede in Cristo, non parla le lingue di tutte le genti, si deve pensare che egli non ha ricevuto lo Spirito Santo? Lungi da noi un pensiero così contrario alla fede! Siamo certi che ogni uomo riceve lo Spirito Santo, ma lo riceve secondo la capacità del vaso della fede che egli reca alla fonte. E siccome anche adesso si riceve, qualcuno si domanderà: Come mai nessuno parla le lingue di tutte le nazioni? Perché ormai la Chiesa stessa parla le lingue di tutte le nazioni. Alle origini la Chiesa era presente in una sola nazione, e in essa parlava le lingue di tutte. Parlando le lingue di tutte le nazioni, preannunciava il tempo in cui, crescendo in mezzo ad esse, avrebbe parlato le lingue di tutte. Chi non è in questa Chiesa, neppure adesso riceve lo Spirito Santo. Staccato e separato dall'unità delle membra, da quella unità che parla le lingue di tutti, egli se ne priva, e non ha lo Spirito Santo. Se lo ha, ce ne dia la prova che allora veniva data. In che cosa consiste quella prova? Parli tutte le lingue? E che, mi risponde, tu parli tutte le lingue? Certamente, rispondo, perché ogni lingua è mia, in quanto è la lingua di quel corpo di cui io sono membro. La Chiesa che è diffusa fra tutte le genti, parla la lingua di tutti; la Chiesa è il corpo di Cristo e tu sei membro di questo corpo; essendo membro di quel corpo che parla tutte le lingue, anche tu parli

tutte le lingue. L'unità diventa armonia per la carità delle membra che la compongono; e questa unità parla come parlava allora un sol uomo.

(Chi ama l'unità possiede tutto.)

8. Riceviamo dunque anche noi lo Spirito Santo, se amiamo la Chiesa, se siamo compaginati dalla carità, se ci meritiamo il nome di cattolici e di fedeli. Siamo convinti, o fratelli, che uno possiede lo Spirito Santo nella misura in cui ama la Chiesa di Cristo. Lo Spirito, infatti, è dato, come dice l'Apostolo, in ordine ad una manifestazione. Di che manifestazione si tratta? Lo dice il medesimo Apostolo: A uno per opera dello Spirito sono concesse parole di sapienza; a un altro, secondo il medesimo Spirito, parole di scienza; a un altro la fede, nel medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni, in virtù dell'unico Spirito; a un altro il potere di compiere miracoli, grazie al medesimo Spirito (1Co 12,7-10). C'è una grande varietà di doni, che vengono concessi per l'utilità comune, e forse tu non hai nessuno di questi doni. Ma se ami, non si può dire che non hai niente; perché, se ami l'unità, qualunque cosa possieda un altro la possiede anche per te. Bandisci dal tuo cuore l'invidia, e sarà tuo ciò che io ho; se io mi libero da ogni sentimento d'invidia, è mio ciò che tu hai. L'invidia divide, la salute unisce. Soltanto l'occhio vede nel corpo; ma è forse per sé solo che l'occhio vede? No, vede anche per la mano, vede anche per il piede e per tutte le altre membra del corpo: se, infatti, il piede in qualche modo inciampa, l'occhio non si volge altrove indifferente. Soltanto la mano lavora nel corpo; ma è forse per sé sola che la mano opera? No, opera anche per l'occhio: se qualcosa, infatti, colpisce non la mano ma la faccia, forse che la mano dice: non mi muovo perché non sono colpita io? così il piede, camminando, serve a tutte le membra; le altre membra tacciono, e la lingua parla per tutte. Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; e amiamo la Chiesa, se rimaniamo nella sua unità e nella sua carità. Il medesimo Apostolo, infatti, dopo aver parlato dei doni diversi che vengono distribuiti ai singoli uomini in ordine alle diverse funzioni delle singole membra, soggiunge: Una via ancora più eccellente voglio mostrarvi (1Co 12,31), e comincia a parlare della carità. La pone al di sopra delle lingue degli uomini e degli angeli, al di sopra dei miracoli della fede, al di sopra della scienza e della profezia, al di sopra anche di quella grande opera di misericordia per cui uno distribuisce ai poveri quanto possiede; e finalmente la pone al di sopra dell'immolazione del proprio corpo: la pone, insomma, al di sopra di tutti questi doni eccellenti. Se avrai la carità, avrai tutto; senza la carità nulla ti gioverà, qualunque cosa tu abbia. E poiché la carità, di cui parliamo, dipende dallo Spirito Santo (è appunto l'argomento dello Spirito Santo che si sta trattando adesso nel Vangelo), ascolta ciò che dice l'Apostolo: La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato

(Rm 5,5).

2. 9. Perché dunque il Signore ha voluto darci solamente dopo la sua risurrezione lo Spirito, dal quale ci provengono i massimi benefici, in quanto per suo mezzo viene riversata nei nostri cuori la carità di Dio? Per quale motivo? Perché nell'attesa della nostra risurrezione la nostra carità arda vivamente, consumi ogni attaccamento mondano, e tutta intera corra verso Dio. A questo mondo, dove si nasce e si muore, non ci si può attaccare. Per mezzo della carità, con cui amiamo Dio, migriamo da questo mondo e, per mezzo di essa, abitiamo già in cielo. Durante questa nostra vita di peregrinazione non ci abbandoni mai il pensiero che non abbiamo fissa dimora quaggiù, e riusciremo, vivendo bene, a prepararci lassù quel posto che mai dovremo lasciare. Il Signore nostro Gesù Cristo, infatti, dopo che è risorto non muore più - dice l'Apostolo -, la morte non avrà più alcun potere su di lui (Rm 6,9). Ecco che cosa dobbiamo amare. Se viviamo, se crediamo in colui che è risorto, egli ci darà cose ben diverse da quelle che qui amano quelli che non amano Dio, i quali tanto più amano le cose di quaggiù quanto meno

amano Dio, e tanto meno quanto più amano lui. Ma vediamo che cosa ci ha promesso: non ricchezze terrene e temporali, non onori e potenza di questo mondo; come vedete, tutte queste cose vengono concesse anche ai cattivi, affinché i buoni non abbiano a tenerle in gran conto. Non ci ha promesso nemmeno la salute del corpo; non perché non sia lui a concederla, ma perché, come potete vedere, la concede anche alle bestie. Non una vita lunga; per quanto si può dire lungo ciò che finisce. Non ha promesso a noi credenti, come fosse una gran cosa, la longevità, l'estrema vecchiaia, che tutti desiderano prima che venga, ma di cui tutti si lamentano quando viene. Non la bellezza del corpo, che le malattie o la stessa desiderata vecchiaia, distruggono. Uno vuole essere bello, e vuol essere vecchio; due cose inconciliabili: se sarai vecchio non sarai bello, perché quando giunge la vecchiaia, la bellezza se ne va; e nel medesimo uomo non possono abitare insieme il vigore della bellezza e il lamento della vecchiaia. Niente di tutto questo ci ha promesso colui che ha detto: Chi crede in me venga e beva; e dal suo seno fluiranno torrenti d'acqua viva. Ci ha promesso la vita eterna, dove niente dovremo temere, dove saremo al sicuro d'ogni turbamento, da dove non partiremo, dove non morremo; dove non si piangono partenze, dove non si attendono arrivi. Essendo tale la promessa che il Signore ha fatto a coloro che lo amano, e ardono della carità dello Spirito Santo, per questo non volle dare lo Spirito stesso se non dopo la sua glorificazione, onde mostrare nel suo corpo la vita che ancora non abbiamo, ma che speriamo di avere nella risurrezione.

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OMELIA 33

(Jn 7,37-39)

Jn 7,37-39


La donna adultera.

Il Signore ha condannato il peccato, non l'uomo. Bisogna tenerne conto per non separare, nel Signore, la verità dalla bontà. Il Signore è buono e retto. Amalo perché è buono, temilo perché è retto.

1. 1. La vostra Carità ricorda che nel precedente discorso, prendendo spunto dal brano evangelico, vi abbiamo parlato dello Spirito Santo. Il Signore aveva invitato i credenti in lui a bere lo Spirito Santo, parlando in mezzo a coloro che avevano intenzione di prenderlo e volevano ucciderlo, ma non ci riuscivano perché egli ancora non voleva. Appena ebbe detto queste cose, nacque tra la folla un forte dissenso intorno a lui. Alcuni sostenevano che egli era il Cristo, mentre altri facevano osservare che il Cristo non poteva venire dalla Galilea. Coloro poi che erano stati mandati ad arrestarlo, ritornarono con le mani pulite e pieni di ammirazione per lui. Resero, anzi, testimonianza alla sua divina dottrina, quando alla domanda di quelli che li avevano mandati: Perché non lo avete condotto?, essi risposero: Nessun uomo ha mai parlato come parla costui. Egli infatti aveva parlato così perché era Dio e uomo. Tuttavia i farisei, rifiutando la testimonianza delle guardie, replicarono: Anche voi siete stati sedotti? Vediamo infatti che vi siete deliziati dei suoi discorsi. C'è forse alcuno dei capi o dei farisei che gli abbia creduto? Ma questa gentaglia, che non conosce la legge, è maledetta! (Jn 7,45-49). Quelli che non conoscevano la legge, credevano in colui che aveva dato la legge; egli invece veniva disprezzato da quelli che insegnavano la legge, affinché si adempisse ciò che il Signore stesso aveva detto: Io sono venuto perché vedano quelli che non vedono e quelli che vedono diventino ciechi (Jn 9,39). Ciechi infatti son diventati i dottori farisei, mentre sono stati illuminati i popoli che non conoscevano la legge, ma che hanno creduto nell'autore della legge.

2. 2. Tuttavia uno dei farisei, Nicodemo - quello che si era recato da Gesù di notte, e che probabilmente non era incredulo ma soltanto timido, e perciò si era avvicinato alla luce di notte, perché voleva essere illuminato pur avendo paura di essere riconosciuto -, rispose ai Giudei: La nostra legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa? Perversi com'erano, volevano condannarlo prima di conoscerlo. Nicodemo infatti sapeva, o almeno era persuaso, che se essi avessero avuto soltanto la pazienza di ascoltarlo, probabilmente avrebbero fatto come quelli che, mandati per arrestarlo, avevano preferito credere in lui. Gli risposero, seguendo i pregiudizi del loro animo: Saresti anche tu galileo? Cioè, anche tu sei stato sedotto dal Galileo? Il Signore infatti era chiamato Galileo, perché i suoi genitori erano di Nazaret. Ho detto genitori riferendomi a Maria, non al padre: Gesù ha cercato in terra solo una madre, poiché aveva già in cielo il Padre. La sua nascita infatti fu mirabile in ambedue i sensi: divina senza madre e umana senza padre. E cosa dissero quei sedicenti dottori della legge a Nicodemo? Studia le Scritture, e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea. Ma il Signore dei profeti era sorto proprio dalla Galilea. E ciascuno - nota l'evangelista -torno a casa sua (Jn 7,50-53).

3. 3. Gesù, poi, se ne ando al monte degli Ulivi, al monte dei frutti, al monte dell'olio, al monte dell'unzione. Poteva trovare, il Cristo, per insegnare, luogo più adatto del monte degli Ulivi? Il nome Cristo infatti viene dalla parola greca chrisma, che tradotto significa "unzione". Egli infatti ci ha unti per fare di noi dei lottatori contro il diavolo. All'alba, pero, era di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, seduto, insegnava ad essi (Jn 8,1-2). E nessuno poteva prenderlo perché non era ancora giunta l'ora della sua passione.

(Verità, bontà e giustizia.)

4. Osservate ora fino a che punto i suoi nemici misero alla prova la mansuetudine del Signore.

Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidarle queste tali. Tu che cosa dici? Questo dicevano per metterlo alla prova, onde avere di che accusarlo (Jn 8,3-6). Accusarlo di che? Forse che avevano sorpreso pure lui in qualche delitto, oppure si poteva dire che quella donna aveva avuto a che fare con lui? In che senso allora essi volevano metterlo alla prova, per avere di che accusarlo? Abbiamo modo di ammirare, o fratelli, la straordinaria mansuetudine del Signore. Anche i suoi avversari fecero esperienza della sua grande mitezza, della sua mirabile mansuetudine, secondo quanto di lui era stato predetto: Cingiti la spada al fianco, potentissimo; e maestoso t'avanza, cavalca, per la causa della verità e della mansuetudine e della giustizia (Ps 44,4-5). Egli ci ha apportato la verità come dottore, la mansuetudine come liberatore, la giustizia come giudice. Per questo il profeta aveva predetto che il suo regno sarebbe stato totalmente sotto l'influsso dello Spirito Santo. Quando parlava, trionfava la verità; quando non reagiva agli attacchi dei nemici, risaltava la mansuetudine. E siccome i suoi nemici, per invidia e per rabbia, non riuscivano a perdonargli né la verità né la mansuetudine, inscenarono uno scandalo per la terza cosa, cioè per la giustizia. Che cosa fecero? Siccome la legge ordinava che gli adulteri fossero lapidati, e ovviamente la legge non poteva ordinare una cosa ingiusta, chiunque sostenesse una cosa diversa da cio che la legge ordinava, si doveva considerare ingiusto. Si dissero dunque: Egli si è considerato amico della verità e passa per mansueto; dobbiamo imbastirgli uno scandalo sulla giustizia; presentiamogli una donna sorpresa in adulterio, ricordiamogli cosa stabilisce in simili casi la legge. Se egli ordinerà che venga lapidata, non darà prova di mansuetudine; se deciderà che venga rilasciata, non salverà la giustizia. Ma per non smentire la fama di mansuetudine che si è creata in mezzo al popolo, certamente - essi pensavano - dirà che dobbiamo lasciarla andare. Così noi avremo di che accusarlo, e, dichiarandolo colpevole di aver violato la legge, potremo dirgli: sei nemico della legge, devi rispondere di fronte a Mosè, anzi, di fronte a colui che per mezzo di Mosè ci ha dato la legge; sei reo di morte e devi essere lapidato anche tu assieme a quella. Con tali parole e proposito, s'infiammava l'invidia, ardeva il desiderio di accusarlo, si eccitava la voglia di condannarlo. Ma tutto questo contro chi? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la falsità contro la verità, il cuore corrotto contro il cuore retto, la stoltezza contro la sapienza. Ma come gli avrebbero potuto preparare dei lacci in cui non sarebbero essi stessi caduti per primi? Il Signore, infatti, risponde in modo tale da salvare la giustizia senza smentire la mansuetudine. Non cade nella trappola che gli è stata tesa, ci cadono invece quegli stessi che l'hanno tesa: gli è che non credevano in colui che li avrebbe potuti liberare da ogni laccio.

(La miseria e la misericordia.)

5. Cosa rispose dunque il Signore Gesù? Cosa rispose la verità? Cosa rispose la sapienza? Cosa rispose la stessa giustizia contro la quale era diretta la calunnia? Non disse: Non sia lapidata! Si sarebbe messo contro la legge. Ma si guarda bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto, non a perdere ciò che aveva trovato, ma a cercare ciò che era perduto (Lc 19,10). Cosa rispose dunque? Guardate che risposta piena di giustizia, e insieme piena di mansuetudine e di verità! Chi di voi è senza peccato - dice -scagli per primo una pietra contro di lei (Jn 8,7). O risposta della Sapienza! Come li costrinse a rientrare subito in se stessi! Essi stavano fuori intenti a calunniare gli altri, invece di scrutare profondamente se stessi. Si interessavano dell'adultera, e intanto perdevano di vista se stessi. Prevaricatori della legge, esigevano l'osservanza della legge ricorrendo alla calunnia, non sinceramente, come fa chi condanna l'adulterio con l'esempio della castità. Avete sentito, o Giudei, avete sentito, farisei e voi, dottori della legge, avete sentito tutti la risposta del custode della legge, ma non avete ancora capito che egli è il legislatore. Che altro vuol farvi capire, scrivendo in terra col dito? La legge, infatti, fu scritta col dito di Dio, e fu scritta sulla pietra per significare la durezza dei loro cuori (cf. Ex 31,18). Ed ora il Signore scriveva in terra, perché cercava il frutto. Avete dunque sentito il verdetto? Ebbene, si applichi la legge, si lapidi l'adultera! E' giusto, pero, che la legge della lapidazione venga eseguita da chi dev'essere a sua volta colpito? Ciascuno di voi esamini se stesso, rientri in se stesso, si presenti al tribunale della sua anima, si costituisca davanti alla propria coscienza, costringa se stesso alla confessione. Egli sa chi è, poiché nessun uomo conosce le cose proprie dell'uomo, fuorché lo spirito dell'uomo che è in lui (1Co 2,11). Ciascuno, rivolgendo in sé lo sguardo, si scopre peccatore. Proprio cosi. Quindi, o voi lasciate andare questa donna, o insieme con lei subite la pena della legge. Se dicesse: Non lapidate l'adultera! verrebbe accusato come ingiusto; se dicesse: Lapidatela! non si mostrerebbe mansueto. Ascoltiamo la sentenza di colui che è mansueto ed è giusto: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Questa è la voce della giustizia: Si punisca la peccatrice, ma non ad opera dei peccatori; si adempia la legge, ma non ad opera dei prevaricatori della legge. Decisamente, questa è la voce della giustizia. E quelli, colpiti da essa come da una freccia poderosa, guardandosi e trovandosi colpevoli, uno dopo l'altro, tutti si ritirarono (Jn 8,9). Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la freccia della giustizia, non si fermo a vederli cadere, ma, distolto lo sguardo da essi, si rimise a scrivere in terra col dito (Jn 8,8).

1. 6. Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati. Gesù levo gli occhi verso di lei. Abbiamo sentito la voce della giustizia, sentiamo ora la voce della mansuetudine. Credo che più degli altri fosse rimasta colpita e atterrita da quelle parole che aveva sentito dal Signore: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Quelli, badando ai fatti loro e con la loro stessa partenza confessandosi rei, avevano abbandonato la donna col suo grande peccato a colui che era senza peccato. E poiché essa aveva sentito quelle parole: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei, si aspettava di essere colpita da colui nel quale non si poteva trovar peccato. Ma egli, che aveva respinto gli avversari di lei con la voce della giustizia, alzando verso di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: Nessuno ti ha condannato? Ella rispose: Nessuno, Signore. Ed egli: Neppure io ti condanno, neppure io, dal quale forse hai temuto di esser condannata, non avendo trovato in me alcun peccato. Neppure io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? Assolutamente no. Ascoltate cio che segue: Va' e d'ora innanzi non peccare più (Jn 8,10-11). Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l'uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti condanno; va', vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti liberero da ogni pena della geenna e dalle torture dell'inferno. Ma non disse cosi.

2. 7. Ne tengano conto coloro che amano nel Signore la mansuetudine, e temano la verità. Infatti dolce e retto è il Signore (Ps 24,8). Se lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto dice: Ho taciuto; ma in quanto è giusto aggiunge: Forse che sempre tacero? (Is 42,14 sec. LXX). Il Signore è misericordioso e benigno. Certamente. Aggiungi: longanime, e ancora: molto misericordioso, ma tieni conto anche di ciò che è detto alla fine del testo scritturale, cioè verace (Ps 85,15). Allora infatti giudicherà quanti l'avranno disprezzato, egli

che adesso sopporta i peccatori. Forse che disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della sua longanimità, non comprendendo che questa bontà di Dio ti spinge solo al pentimento? Con la tua ostinatezza e con il tuo cuore impenitente accumuli sul tuo capo l'ira per il giorno dell'ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2,4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti; ma tu fai assegnamento su questa dilazione, senza impegnarti a correggerti. Ieri sei stato cattivo? oggi sii buono. Anche oggi sei caduto nel male? almeno domani cambia. Tu invece rimandi sempre e ti riprometti moltissimo dalla misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita molto lunga. Che ne sai cosa ti porterà il domani? Giustamente dici in cuor tuo: quando mi correggero, Dio mi perdonerà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a chi si corregge e si converte; è vero, puoi citarmi una profezia secondo cui Dio ha promesso il perdono a chi si corregge; non puoi, pero, citarmi una profezia secondo cui Dio ti ha promesso una vita lunga.

(Tra la speranza e la disperazione.)

8. Gli uomini corrono due pericoli contrari, ai quali corrispondono due opposti sentimenti: quello della speranza e quello della disperazione. Chi è che s'inganna sperando? chi dice: Dio è buono e misericordioso, perciò posso fare cio che mi pare e piace, posso lasciare le briglie sciolte alle mie cupidigie, posso soddisfare tutti i miei desideri; e questo perché? perché Dio è misericordioso, buono e mansueto. Costoro sono in pericolo per abuso di speranza. Per disperazione, invece, sono in pericolo quelli che essendo caduti in gravi peccati, pensano che non potranno più essere perdonati anche se pentiti, e, considerandosi ormai destinati alla dannazione, dicono tra sé: ormai siamo dannati, perché non facciamo quel che ci pare? E' la psicologia dei gladiatori destinati alla morte. Ecco perché i disperati sono pericolosi: non hanno più niente da perdere, e perciò debbono essere vigilati. La disperazione li uccide, così come la presunzione uccide gli altri. L'animo fluttua tra la presunzione e la disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla presunzione: devi temere, cioè, che contando unicamente sulla misericordia di Dio, tu non abbia ad incorrere nella condanna; altrettanto devi temere che non ti uccida la disperazione; che temendo, cioè, di non poter ottenere il perdono delle gravi colpe commesse, non ti penti e così incorri nel giudizio della Sapienza che dice: anch'io, a mia volta, godro della vostra sventura (Prv 1,26). Come si comporta il Signore con quelli che sono minacciati dall'uno o dall'altro male? A quanti rischiano di cadere nella falsa speranza dice: Non tardare a convertirti al Signore, né differire di giorno in giorno; perché d'un tratto scoppia la collera di lui, e nel giorno del castigo tu sei spacciato (Si 5,8-9). A quanti sono tentati di cadere nella disperazione cosa dice? In qualunque momento l'iniquo si convertirà, dimentichero tutte le sue iniquità (Ez 18,21-22 Ez 27). A coloro dunque che sono in pericolo per disperazione, egli offre il porto del perdono; per coloro che sono insidiati dalla falsa speranza e si illudono con i rinvii, rende incerto il giorno della morte. Tu non sai quale sarà l'ultimo giorno; sei un ingrato; perché non utilizzi il giorno che oggi Dio ti dà per convertirti? E' in questo senso che il Signore dice alla donna: Neppure io ti condanno: non preoccuparti del passato, pensa al futuro. Neppure io ti condanno: ho distrutto ciò che hai fatto, osserva quanto ti ho comandato, così da ottenere quanto ti ho promesso.


Agostino - Commento Gv 32