Agostino - Commento Gv 18

18

OMELIA 18

(Jn 5,19-30)

Jn 5,19-30


Rientra in te stesso perché in te c'è l'immagine di Dio.

Nel profondo dell'uomo abita Cristo: nella profondità del tuo essere tu vieni rinnovato come immagine di Dio, e in questa immagine tu puoi riconoscere il Creatore.

(Busso con voi, sono nutrito insieme con voi.)

1. 1. L'evangelista Giovanni, tra i suoi compagni e colleghi Evangelisti, ha ricevuto dal Signore - sul cui petto stava appoggiato nell'ultima cena (Jn 13,25), a significare con ciò che attingeva i segreti più profondi dall'intimo del suo cuore - il dono precipuo e singolare di annunciare intorno al Figlio di Dio verità capaci di stimolare le intelligenze dei semplici, forse attente ma non ancora preparate a riceverle pienamente. Alle menti alquanto mature e che interiormente hanno raggiunto una certa età adulta, con le sue parole egli offre uno stimolo e un nutrimento. Avete sentito ciò che vi è stato letto, e certo ricorderete in quale occasione queste parole furono pronunciate. Ieri, infatti, si è letto che per questo i Giudei cercavano di uccidere Gesù, perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo proprio Padre, facendosi uguale a Dio (Jn 5,18). Ciò che dispiaceva ai Giudei, piaceva invece a suo Padre; e non può non piacere anche a quelli che onorano il Figlio come onorano il Padre; perché, se a loro non piace, anch'essi cesseranno di piacere a Dio. Poiché Dio non sarà più grande, se piace a te; ma tu sarai più piccolo, se egli a te dispiace. A questa loro calunnia, proveniente da ignoranza o da malizia, il Signore risponde non tanto per farsi capire, quanto piuttosto per scuoterli e sconvolgerli; e può darsi che cosi, almeno sconvolti, ricerchino il medico. Le sue parole, pero, sarebbero state scritte affinché anche noi potessimo leggerle. Vedremo dunque quale effetto abbiano prodotto nell'animo dei Giudei mentre le ascoltavano, e ancor più quale effetto producano in noi nell'ascoltarle ora. Le eresie e certe teorie aberranti, che sono come dei lacci tesi alle anime per farle precipitare nell'abisso, sono nate proprio da errate interpretazioni delle Sacre Scritture e da frettolose e temerarie conclusioni tratte da tali errate interpretazioni. Quindi, o carissimi, dobbiamo ascoltare queste cose con molta cautela, convinti che non siamo abbastanza maturi per intenderle bene, attenendoci scrupolosamente e con timore, come ammonisce la Sacra Scrittura, a questa regola salutare: gustare come cibo sostanzioso quanto riusciamo a capire alla luce della fede cui siamo stati iniziati; quando invece non riusciamo a capire secondo la sana regola della fede, respingere ogni dubbio, e rimandare la comprensione completa ad altro momento. Così che, se anche non riuscissimo ad intendere il senso di un determinato passo, non dobbiamo assolutamente dubitare che sia buono e vero. Quanto a me, o fratelli, che ho accettato di rivolgervi la parola, tenete presente chi sono io che mi sono assunto questo impegno e l'impegno che mi sono assunto: mi sono impegnato a trattare cose divine io che sono un uomo come voi, cose spirituali io che sono un essere di carne, cose eterne io mortale come voi. Se voglio conservarmi sano in quella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità (1Tm 3,15), io pure devo liberarmi da ogni vana presunzione. E' secondo la mia limitata capacità che io comprendo ciò che metto davanti a voi. Se la porta si apre, io mi nutro con voi; se rimane chiusa, busso con voi.

2. 2. I Giudei dunque si agitarono e s'indignarono; e giustamente, poiché un uomo osava farsi uguale a Dio, ma proprio per questo erroneamente, ché in quell'uomo non sapevano scorgere Dio. Vedevano la carne e non riconoscevano Dio. Distinguevano l'abitacolo e non chi vi abitava; quel corpo era un tempio, all'interno vi dimorava Dio. Non certo nella carne Gesù si uguagliava

al Padre, non nella forma di servo si paragonava al Signore: si faceva uguale a lui non in ciò che per noi si è fatto, ma in ciò che egli era quando ci fece. Chi è il Cristo, infatti, lo sapete (parlo a cattolici) per aver abbracciato la vera fede: non è solamente Verbo, né solo carne, ma è il Verbo fattosi carne per abitare fra noi. Vi richiamo ciò che voi bene conoscete: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio: qui egli è uguale al Padre. Ma il Verbo si è fatto carne e abito fra noi (Jn 1,1 Jn 1,14): di questa carne il Padre è più grande. Il Padre è insieme uguale e più grande: uguale al Verbo e più grande della carne, uguale a colui per mezzo del quale ci creo e superiore a colui che per noi divento creatura. A questa sana regola cattolica che prima di tutto dovete conoscere e poi, dopo averla conosciuta, seguire, dalla quale la vostra fede non deve mai discostarsi e nessun argomento umano deve mai strappare dal vostro cuore - a questa regola riportiamo ciò che riusciamo a comprendere, in attesa di essere in grado di riportarvi anche ciò che per ora non riusciamo a comprendere. Sappiamo dunque che il Figlio di Dio è uguale al Padre, perché sappiamo che in principio il Verbo era Dio. Perché allora i Giudei cercavano di ucciderlo? Perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Essi vedevano la carne e non vedevano il Verbo. Che il Verbo dunque parli contro di loro attraverso la carne; colui che sta dentro si faccia sentire per mezzo della sua abitazione, affinché, chi è in grado, possa riconoscere chi è colui che vi abita.

1. 3. Che cosa dice ai Giudei? Rispose dunque Gesù, e disse loro - a quelli che si erano scandalizzati perché si era fatto uguale a Dio -: In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre (Jn 5,19). Il Vangelo non dice cosa risposero i Giudei: forse tacquero. Non tacciono, invece, taluni che pretendono chiamarsi cristiani, che anzi da queste stesse parole prendono pretesto per dire contro di noi cose che non possiamo trascurare né per loro né per noi. Gli Ariani, senza dubbio eretici, quando dicono che il Figlio che prese la carne è inferiore al Padre, non solo dopo la sua incarnazione ma anche prima, e che non è della stessa sostanza del Padre, è da queste parole che prendono pretesto per la loro calunnia. Essi così argomentano: Vedete che il Signore Gesù, rendendosi conto che i Giudei erano scandalizzati perché egli si era fatto uguale a Dio Padre, aggiunse quelle parole con cui dimostra di non essere uguale. I Giudei - continuano gli Ariani - erano indignati contro il Cristo perché egli si faceva uguale a Dio; e il Cristo, volendoli tranquillizzare, e volendo dimostrare loro che il Figlio non è uguale al Padre, cioè che non è uguale a Dio, dice in sostanza cosi: Perché vi adirate? perché vi indignate? Io non sono uguale a Dio perché il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Colui infatti - essi concludono - che non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre, è senz'altro inferiore al Padre, non uguale.

2. 4. L'eretico che segue la logica distorta e riprovevole del suo cuore, ci ascolti ora che ci rivolgiamo a lui non polemizzando ma chiedendogli che ci spieghi il suo punto di vista. Chiunque tu sia - supponiamo che tu sia qui presente -, credo che riconoscerai con noi che in principio era il Verbo. Dici che sei d'accordo. Riconosci altresi che il Verbo era presso Dio? Riconosci anche questo. Seguimi allora, e a maggior ragione riconoscerai che il Verbo era Dio. E tu dichiari che anche su questo sei d'accordo, ma aggiungi che quel Dio è più grande e quest'altro è più piccolo. Avverto ormai un non so che di pagano, mentre credevo di parlare con un cristiano! Se esiste un Dio più grande e un Dio più piccolo, vuol dire che noi adoriamo due dèi, non un solo Dio. Ma non dite la stessa cosa anche voi - tu replichi - quando parlate di due dèi uguali fra loro? No, non è questo che noi diciamo: noi riconosciamo questa uguaglianza, ma riconosciamo al tempo stesso la carità indivisibile: e se la carità è indivisibile, c'è la perfetta unità. Se, infatti. la carità che Dio ha infuso negli uomini fa si che i cuori di molti siano un cuore solo, e di molte anime fa un'anima sola, come è scritto negli Atti degli Apostoli a proposito dei credenti che vicendevolmente si amavano: Essi avevano un'anima sola e un cuore solo protesi verso Dio (Ac 4,32); se, dunque, la mia anima e la tua anima, qualora ci amiamo e abbiamo gli stessi sentimenti, sono una sola

anima, quanto più Dio Padre e Dio Figlio sono nella fonte dell'amore un solo Dio?

5. Si, tieni conto di queste parole che hanno commosso il tuo cuore, e riprendiamo la nostra riflessione sul Verbo. Riconosciamo entrambi che il Verbo era Dio: ora voglio sottolineare un'altra cosa. Dopo aver detto: Questo era in principio presso Dio, l'evangelista aggiunge: Tutte le cose per mezzo di lui furon fatte. Adesso ti metto in crisi, adesso ti metto in contraddizione, mi appello a te contro di te. Tieni presenti queste affermazioni che si riferiscono al Verbo, e cioè che il Verbo era Dio, e che tutte le cose per mezzo di lui furon fatte. Ascolta adesso le parole che ti hanno turbato al punto da farti dire che il Figlio è inferiore al Padre, precisamente perché ha detto: Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. E' cosi, tu dici. Ora dimmi: credo che tu l'intendi in questo modo: Quando il Padre si mette a fare qualcosa, il Figlio sta a vedere come egli fa, per poter poi a sua volta fare ciò che ha visto compiere dal Padre. Cioè, tu consideri il Padre e il Figlio come due artigiani, uno maestro e l'altro discepolo, il padre artigiano che addestra nella sua arte il figlio. Cerco di mettermi al livello della tua mentalità e di entrare per un momento nel tuo ordine di pensieri; vediamo se questa nostra maniera di pensare è compatibile con ciò che insieme abbiamo detto e assodato, e cioè che il Verbo è Dio, e che tutto per mezzo di lui è stato fatto. Supponiamo, dunque, che il Padre sia l'artigiano che compie una determinata opera e che il Figlio sia il discepolo, il quale non può far nulla ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Egli non distoglie lo sguardo dalle mani del Padre, osserva come fa lui a costruire, per fare poi altrettanto. Ma tutto ciò che il Padre fa e su cui richiama l'attenzione del Figlio in modo che il Figlio diventi capace di fare altrettanto, per mezzo di chi lo fa? Qui ti voglio! Ora è il momento di ricordare ciò che con me hai dichiarato e convenuto, e cioè che in principio era il Verbo, che il Verbo era presso Dio, che il Verbo era Dio e che tutte le cose per mezzo di lui furon fatte. Tu dunque, dopo aver convenuto con me che per mezzo del Verbo furon fatte tutte le cose, per una mentalità grossolana e, per un impulso puerile ti crei poi nella fantasia un Dio che opera e un Verbo che sta attento e guarda, per fare a sua volta quanto ha visto fare a Dio. Dio, quindi, ha fatto qualcosa senza il Verbo? Se ha fatto qualcosa senza il Verbo non sarebbe più vero che tutte le cose sono state fatte per mezzo del Verbo, e allora non tieni più conto di ciò che con me hai riconosciuto; se, invece, tutte le cose sono state fatte per mezzo del Verbo, correggi ciò che hai capito male. Il Padre ha creato, ma niente ha creato se non per mezzo del Verbo; come può il Verbo star li a guardare quello che fa il Padre senza di lui per poi fare altrettanto? Ogni cosa che il Padre ha fatto l'ha fatta per mezzo del Verbo, o altrimenti è falso che tutte le cose furon fatte per mezzo di lui. Ma, invece, è vero che tutte le cose furon fatte per mezzo di lui; ti sembra poco? e niente senza di lui fu fatto.

(Uno solo è il nostro Maestro.)

2. 6. Allontanati dunque da questa sapienza della carne, e cerchiamo insieme il senso delle parole: Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Cerchiamo, se siamo degni di apprendere. Considero, infatti, cosa grande, assolutamente ardua, vedere il Padre che opera per mezzo del Figlio; vedere, cioè, non il Padre e il Figlio che operano separatamente, ma il Padre che compie ogni opera per mezzo del Figlio così che niente vien compiuto o dal Padre senza il Figlio o dal Figlio senza il Padre, perché tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, e senza di lui nulla fu fatto. Una volta stabilito questo principio sul fondamento solido della fede, come spiegare che il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre? Tu vuoi sapere, credo, in che senso il Figlio opera; ma prima cerca di sapere in che senso il Figlio vede. Che dice infatti il Signore? Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Bada bene a queste parole: ciò che vede fare dal Padre. Prima vede e poi fa; vede per poter poi fare. Perché vuoi sapere in che senso opera, mentre ancora non sai in che senso

vede? Perché hai tanta fretta di sapere ciò che vien dopo, trascurando ciò che sta prima? Ha detto che vede e che fa, non, che fa e che vede, in quanto da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Se vuoi che io ti spieghi in che senso fa, tu prima spiegami come vede. Tu non sei in grado di spiegarmi questo e nemmeno io quello; tu non sei ancora in grado d'intendere questo, né io quello. Cerchiamo insieme, bussiamo insieme in modo da ottenere insieme di capire. Perché mi consideri ignorante, come se tu fossi sapiente? Io non so in che modo opera, tu non sai in che modo vede; entrambi siamo ignoranti; entrambi rivolgiamoci al Maestro, senza che stiamo puerilmente a litigare nella sua scuola. Intanto abbiamo già imparato insieme che tutte le cose furon fatte per mezzo di lui. E' chiaro quindi che le opere che il Padre fa, e che il Figlio vede e fa a sua volta, non sono diverse ma sono le stesse opere che il Padre fa per mezzo del Figlio, perché tutte per mezzo del Verbo sono state fatte. Tuttavia chi può sapere in che modo Dio ha compiuto queste opere? Non dico in che modo ha fatto il mondo, ma in che modo ha fatto il tuo occhio per mezzo del quale tu, imprigionato nella sua visione materiale, metti a confronto le realtà visibili con le invisibili. Infatti sei portato a farti di Dio idee corrispondenti alle cose che vedi con gli occhi. Se Dio si potesse vedere con gli occhi del corpo, non avrebbe detto: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5,8). Hai dunque l'occhio del corpo per vedere l'artigiano, ma non hai ancora l'occhio del cuore per vedere Dio; perciò sei portato a trasferire in Dio ciò che sei solito vedere nell'artigiano. Deponi in terra ciò che è terreno ed eleva in alto il tuo cuore.

(Per capire bisogna vivere bene.)

7. Che cosa rispondere dunque, o carissimi, alla domanda: in che modo il Verbo vede, in che modo il Padre è visto dal Verbo e in che consiste il vedere del Verbo? Non sono così audace e temerario da promettere a me e a voi una risposta; comunque io giudichi le vostre capacità, conosco abbastanza le mie. Sarà meglio non soffermarci oltre su questi problemi, ma diamo uno sguardo all'intero passo per vedere come le parole del Signore provochino negli animi grossolani e infantili un turbamento destinato a smuoverli dalle loro posizioni. E' come strappare dalle mani d'un bambino un giocattolo divertente ma pericoloso, sostituendolo con qualcosa di più utile per uno che ormai sta diventando grande, di modo che non si trascini più per terra ma si metta a camminare. Alzati, cerca, sospira, anela con ardore, bussa alla porta chiusa. Se non sentiamo alcun desiderio, se non proviamo alcun anelito, se non sappiamo sospirare, ci accadrà di gettare via delle perle a chiunque e di trovare noi perle di nessun valore. Che io possa, dunque, accendere nei vostri cuori, o carissimi, il desiderio. Una vita degna consente di capire, un certo modo di vivere conduce ad un corrispondente ideale di vita. Una cosa è la vita terrena, un'altra cosa è la vita celeste; la vita delle bestie è ben diversa da quella degli angeli. La vita delle bestie è tutta presa dal desiderio dei piaceri terreni, brama unicamente le cose della terra ed è tutta orientata e proiettata verso di esse; la vita degli angeli è tutta celeste; la vita degli uomini sta in mezzo, tra la vita degli angeli e quella delle bestie. L'uomo che vive secondo la carne si confonde con le bestie; l'uomo che vive secondo lo spirito si associa agli angeli. Se tu vivi secondo lo spirito domandati se, rispetto alla vita angelica, sei piccolo o grande. Se ancora sei piccolo, gli angeli ti diranno: cresci, noi mangiamo il pane degli angeli e tu nutriti col latte, col latte della fede, per giungere al cibo della visione. Chi, invece, è ancora acceso dalla brama dei piaceri sordidi, ancora medita frodi, ancora cade nella menzogna e alla menzogna aggiunge lo spergiuro; come puo, un cuore così immondo, osare chiedere: "Spiegami in che modo il Verbo vede", anche ammesso che io sappia spiegarlo, che lo abbia capito? Se io che conduco forse una vita totalmente diversa, sono tanto lontano da questa visione, tanto più lo sarà chi, oppresso dai desideri terreni, non sente affatto l'attrattiva delle cose celesti. Come c'è molta differenza tra chi aspira ai beni celesti e chi se ne allontana, così c'è differenza tra chi vi aspira e chi già li gode. Se vivi come le bestie, senti avversione per ciò che forma il godimento degli angeli. Ma se ti decidi a non vivere più come le bestie, comincerai a non sentire più avversione, comincerai a desiderare ciò che ancora non possiedi: col desiderio hai cominciato a vivere la vita degli angeli. Fa' in modo che cresca in te questo desiderio, e che diventi così ardente da ottenere ciò che desideri, non da me ma da colui che ha creato me e te.

1. 8. Da parte sua il Signore non ci abbandona a noi stessi: ci aiuta a farci intendere nel senso da lui voluto le parole: Il Figlio non può fare nulla da se stesso che non lo veda fare anche dal Padre. Egli vuol farci intendere che le opere che il Padre fa, e che il Figlio vede per farle poi a sua volta, non sono altro che le opere che il Padre e il Figlio fanno. Proseguendo infatti dice: poiché quanto questi fa, il Figlio similmente lo fa (Jn 5,19). Non dice: dopo che il Padre ha fatto, un'altra cosa simile fa il Figlio, ma dice: Quanto questi fa, il Figlio similmente lo fa. Se il Figlio fa ciò che fa il Padre, vuol dire che il Padre opera per mezzo del Figlio; se il Padre, quello che fa lo fa per mezzo del Figlio, vuol dire che il Padre non fa una cosa e il Figlio un'altra, ma le stesse opere sono compiute dal Padre e dal Figlio. E in che modo il Figlio compie le stesse opere del Padre? Compie le stesse opere e nel medesimo modo. E dato che si poteva pensare che fa, si, le stesse cose, ma in modo diverso, perciò afferma: le stesse cose e nel medesimo modo. In che senso potrebbe fare le medesime cose, ma in modo diverso? Ecco un esempio che suppongo a voi familiare: quando scriviamo una lettera, prima la concepiamo nella nostra mente e poi la stendiamo con la mano. Il vostro applauso unanime lo conferma. Si, è cosi, ed è evidente per noi tutti. Una lettera viene composta prima col cuore, poi col corpo; la mano esegue gli ordini del cuore, e la stessa lettera viene composta dal cuore e insieme dalla mano: forse che il cuore ne compone una e la mano un'altra? In realtà, la mano fa ciò che fa il cuore, ma non nel medesimo modo: il cuore infatti compone la lettera spiritualmente, la mano invece la stende materialmente. Ecco come si può fare una medesima cosa in modo diverso. perciò il Signore non si accontenta di dire: quanto il Padre fa, il Figlio lo fa, ma aggiunge: similmente. Perché tu avresti potuto intendere: tutto ciò che il cuore fa lo fa anche la mano, ma in modo diverso. perciò ha aggiunto: anche il Figlio lo fa, e nel medesimo modo. Se il Figlio fa ciò che fa il Padre e nel medesimo modo, orsù, attenti alla conclusione: sia messo alle strette il Giudeo, creda il Cristiano, si ricreda l'eretico: il Figlio è uguale al Padre!

2. 9. Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa (Jn 5,20). Ecco la parola: gli mostra. A chi mostra? Come a uno che vede. Ritorniamo a ciò che non possiamo spiegare: cioè in che senso il Verbo vede. Ecco, l'uomo è stato creato per mezzo del Verbo: egli ha occhi, ha orecchi, ha mani, ha diverse membra del corpo; per mezzo degli occhi può vedere, per mezzo delle orecchie udire, per mezzo delle mani agire; diverse sono le membra e diverse sono le funzioni di ciascun membro. Un membro non può fare ciò che fa un altro, e tuttavia, grazie all'unità del corpo, l'occhio vede per se stesso e vede per l'orecchio. L'orecchio ode per se stesso e ode per l'occhio. E' da credere che qualcosa di simile avvenga nel Verbo, dato che tutto è stato fatto per mezzo di lui? Anche in un salmo la Scrittura dice: Abbiate intelletto, o insensati fra il popolo, e voi, stolti, rinsavite: Chi ha plasmato l'orecchio non ode? Chi ha formato l'occhio non ci vede? (Ps 93,8-9). Ora, se il Verbo formo l'occhio, dato che tutto è stato fatto per mezzo del Verbo; se plasmo l'orecchio, dato che tutto è stato fatto per mezzo del Verbo, non possiamo certo dire: il Verbo non ode, il Verbo non vede, senza meritare il rimprovero del salmo: Stolti, finalmente rinsavite. Ne consegue che se il Verbo ode e il Verbo vede, anche il Figlio ode e vede; ma ci metteremo forse a cercare anche in lui gli occhi in un posto e le orecchie in un altro? Dovremo forse pensare che in un posto ode, in un altro vede, e che l'orecchio ha una funzione diversa da quella dell'occhio e l'occhio una funzione diversa da quella dell'orecchio? Oppure egli è tutto vista e tutto udito? Forse è cosi; anzi non forse, ma certamente è cosi, a condizione tuttavia che il suo vedere e il suo udire venga inteso in modo assolutamente diverso dal nostro. Vedere è insieme udire, nel Verbo, e udire non è una cosa diversa dal vedere, ma l'udito in lui è

la vista e la vista è l'udito.

(Raccoglimento e interiorità).

1. 10. E noi, per i quali il vedere è distinto dall'udire, come possiamo sapere questo? Rientriamo in noi, se non siamo di quei prevaricatori ai quali è stato detto: Rientrate, o prevaricatori, in cuor vostro (Is 46,8). Rientrate nel vostro cuore! Dove volete andare lontani da voi? Andando lontano vi perderete. Perché vi mettete su strade deserte? Rientrate dal vostro vagabondaggio che vi ha portato fuori strada; ritornate al Signore. Egli è pronto. Prima rientra nel tuo cuore, tu che sei diventato estraneo a te stesso, a forza di vagabondare fuori: non conosci te stesso, e cerchi colui che ti ha creato! Torna, torna al cuore, distaccati dal corpo; il tuo corpo è la tua abitazione; il tuo cuore sente anche per mezzo del tuo corpo, ma il tuo corpo non ha gli stessi sentimenti del tuo cuore; metti da parte anche il tuo corpo, rientra nel tuo cuore. Nel tuo corpo trovavi gli occhi in un posto e gli orecchi in un altro: forse che ritrovi questo nel tuo cuore? Non possiedi orecchi anche nel tuo cuore? Altrimenti che senso avrebbero le parole del Signore: Chi ha orecchi da intendere, intenda (Lc 8,8)? Non possiedi occhi anche nel tuo cuore? Altrimenti come potrebbe l'Apostolo esortare ad avere gli occhi del cuore illuminati (Ep 1,18)? Rientra nel cuore: li esamina quel che forse percepisci di Dio, perché li si trova l'immagine di Dio; nell'interiorità dell'uomo abita Cristo, nella tua interiorità tu vieni rinnovato secondo l'immagine di Dio (Ep 3,16-17): nella di lui immagine riconosci il tuo Creatore. Vedi come tutti i sensi del corpo trasmettono dentro, al cuore, le sensazioni percepite di fuori: vedi quanti servitori ha ai suoi ordini questo unico comandante interiore, e come può fare a meno di tutti operando da solo. Gli occhi trasmettono al cuore il bianco e il nero; le orecchie, i suoni e i rumori; le narici, i profumi e i cattivi odori; il gusto, l'amaro e il dolce; il tatto, il morbido e il ruvido. Ma il cuore prende coscienza da sé di ciò che è giusto o ingiusto. Il tuo cuore vede e ode, e giudica tutti gli oggetti sensibili: anzi, giudica e discerne ciò di cui non si rendono conto i sensi del corpo, il giusto e l'ingiusto, il bene e il male. Ebbene, mostrami gli occhi, le orecchie, le narici del tuo cuore. Diverse sono le impressioni che si raccolgono nel tuo cuore, ma in esso non ci sono organi distinti. Nel tuo corpo in un posto vedi e in un altro odi: nel tuo cuore dove vedi odi. Se questa è l'immagine, quanto più potente sarà colui di cui il cuore è l'immagine? Dunque, il Figlio ode e il Figlio vede, e il Figlio è questo vedere e questo udire. Il suo vedere s'identifica con il suo essere, come s'identifica col suo essere il suo udire. In te non esiste questa identificazione fra il tuo vedere e il tuo essere; infatti, se perdi la vista puoi continuare a vivere, così come puoi continuare a vivere se perdi l'udito.

2. 11. Non era nostra intenzione bussare? Ebbene, avvertiamo in noi un movimento misterioso verso quella fonte donde ci viene, benché attenuata, la luce. Credo, o fratelli, che parlando di queste cose e meditandole, noi ci esercitiamo in esse. E quando, dopo esserci così esercitati, la nostra pesantezza ci fa ricadere negli abituali pensieri naturali, abbiamo l'impressione di essere come certi malati d'occhi, che vengono posti d'improvviso di fronte alla luce. Essi erano diventati quasi ciechi; poi hanno cominciato, pian piano, a ricuperare la vista grazie alle cure del medico. Questi, per controllare fino a che punto sono guariti, tenta di mostrare ciò che essi desideravano vedere, ma invano perché erano come ciechi. Ora, avendo già essi ricuperato qualche grado di vista, posti di fronte alla luce, solo a guardarla restano abbacinati, e al medico che loro la mostra dicono: Si, l'ho vista, ma non posso continuare a guardarla. Che fa allora il medico? Riporta dentro il malato e applica del collirio, stimolando in lui il desiderio di vedere la luce che ha visto ma che non ha potuto continuare a vedere, così che il desiderio stesso diventi la cura migliore; che se per ottenere la guarigione sono necessarie cure dolorose, il malato le sopporta coraggiosamente, innamorato com'è della luce, per cui dice a se stesso: Quando potro

finalmente vedere con occhi sani la luce che non sono riuscito a vedere perché avevo gli occhi ancora malati e deboli? E fa pressione sul medico perché intensifichi le cure. Fratelli, se qualcosa di simile è avvenuto nei vostri cuori, se in qualche modo avete innalzato il vostro cuore fino a vedere il Verbo, e, respinti dalla sua stessa luce, siete ricaduti nelle solite cose, pregate il medico che vi dia un collirio efficace, e cioè i precetti della giustizia. Hai davanti a te la luce che puoi vedere, e non riesci a vederla. Prima non sospettavi neppure che esistesse; ma ora, guidato dalla ragione, ti sei avvicinato, hai fissato lo sguardo, hai sbattuto gli occhi, ti sei voltato dall'altra parte. Ora sai con certezza che esiste ciò che desideri vedere: ma sai anche che non sei ancora in grado di fissarvi lo sguardo. Quindi, devi curarti. Qual è il collirio di cui hai bisogno? Non mentire, non giurare il falso, non commettere adulterio, non rubare, non frodare. Forse sei abituato a fare tutto questo e ti costerà molto lasciare le cattive abitudini; ci vuole una cura energica, se vuoi guarire. Ti parlo con franchezza, per paura di me e di te: se smetti di curarti e non fai di tutto per poter vedere la luce che è la salute dei tuoi occhi, finirai per amare le tenebre; e amando le tenebre, rimarrai nelle tenebre; rimanendo nelle tenebre, finirai con l'essere cacciato nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridor di denti (Mt 22,12). Se in te non agisce l'amore della luce, agisca almeno la paura del dolore.

12. Credo di aver parlato abbastanza, e tuttavia non ho terminato il brano evangelico: pero se continuassi, vi affaticherei e finireste col perdere anche quello che avete guadagnato. Basti dunque questo alla vostra Carità. Noi siamo vostri debitori, non soltanto adesso ma sempre finché avremo vita, dato che è per voi che viviamo. Vogliate, pero consolare questa nostra vita inferma, travagliata e insidiata, vivendo degnamente: non vogliate contristarci e abbatterci con una condotta indegna. Se ci accade infatti che, urtati dalla vostra condotta, evitiamo la vostra compagnia e tendiamo ad allontanarci anziché avvicinarci a voi, a ragione vi lamentate dicendo: Se siamo malati tu ci devi curare, se siamo infermi ci devi visitare. Ebbene, siamo qui per curarvi e non ci stanchiamo di visitarvi; ma fate in modo, vi prego, che io non debba dire ciò che avete sentito dall'Apostolo: Temo di aver lavorato invano in mezzo a voi (Ga 4,11).

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OMELIA 19

(Jn 5,19-30)

Jn 5,19-30


La missione e l'opera del Figlio.

Credano gli uomini nella resurrezione della carne basandosi, non sui nostri argomenti, ma sulla parola di Cristo da noi annunciata. Possano, quelli che ascoltano, comprendere, credano per comprendere, obbediscano per vivere. Dio risuscita le anime per mezzo di Cristo in quanto Figlio di Dio, risuscita i corpi sempre per mezzo di Cristo in quanto Figlio dell'uomo.

1. 1. Nel sermone precedente, prendendo lo spunto dalle parole del Vangelo: Il Figlio non può fare nulla da se stesso, che non lo veda fare anche dal Padre (Jn 5,19), abbiamo spiegato - secondo quello che il Signore aveva suggerito al nostro affetto e alla nostra povera intelligenza - in che consista il vedere del Figlio, cioè del Verbo, dato che il Figlio è il Verbo. E siccome per mezzo del Verbo furon fatte tutte le cose, abbiamo esaminato come si debba intendere che il Figlio dapprima vede il Padre operare e in seguito compie egli stesso ciò che ha visto fare, dato che tutto ciò che il Padre fa non lo fa se non per mezzo del Figlio. Tutte le cose - infatti -sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla è stato fatto (Jn 1,3). Non dico che siamo riusciti a darvi un'idea chiara, perché nemmeno siamo riusciti ad averla. Se la parola vien meno dove pure l'intelligenza va oltre, tanto più la parola si arresta quando l'intelligenza non penetra a fondo. Ed ora, secondo che il Signore ci concede, scorriamo brevemente la lettura, sperando di riuscire almeno oggi a pagare il debito contratto. Se rimarrà un po' di tempo e di forze, ritorneremo - nei limiti delle nostre e vostre possibilità - sul significato che ha il "vedere" del Verbo e il "mostrare" del Padre al Verbo. Perché tutte queste espressioni, se vengono intese materialmente secondo il senso umano, possono indurre una mente dotata di fervida fantasia a farsi idee strane del Padre e del Figlio, come fossero due uomini, uno che mostra e l'altro che vede, uno che parla e l'altro che ascolta: tutti idoli del cuore, che, se sono stati cacciati via dai templi, tanto più devono essere cacciati via dal cuore dei cristiani.

2. 2. Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Questo è vero, questo tenete per certo; senza pero dimenticare quanto avete appreso nel prologo di questo medesimo Vangelo, e cioè che in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; e soprattutto che tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (Jn 1,13). Collegate ciò che ascoltate adesso con ciò che avete ascoltato prima, e armonizzate una verità con l'altra nei vostri cuori. Quindi: Il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Ciò pero in modo tale che quanto il Padre fa, non lo fa se non per mezzo del Figlio, poiché il Figlio è il suo Verbo e in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio e tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, perché tutte le cose che fa il Padre, le stesse cose, e nella stessa maniera, le fa il Figlio (Jn 5,19). Non altre cose fa il Figlio, ma le stesse cose; non le fa in maniera diversa, ma nella stessa maniera.

3. 3. Il Padre, infatti, ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che egli fa (Jn 5,20). Questa frase: gli mostra tutto ciò che egli fa, sembra in relazione con la precedente: ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Ma se il Padre gli mostra ciò che fa, e il Figlio non può fare se non ciò che il Padre gli ha mostrato, e il Padre non gli può mostrare se non ciò che ha fatto, si dovrà concludere che il Padre non fa tutto per mezzo del Figlio. Ma se teniamo per certo e inconfutabile che tutte le cose il Padre le fa per mezzo del Figlio, ne segue che le mostra al Figlio prima ancora di farle. Se

infatti il Padre mostra al Figlio quanto ha già fatto affinché il Figlio faccia a sua volta quanto gli vien mostrato - e gli vien mostrato ciò che già è stato fatto - allora senza dubbio il Padre fa qualcosa senza il Figlio. E' certo pero che il Padre non fa niente senza il Figlio, perché il Figlio di Dio è il Verbo di Dio per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Si potrà forse dire che quanto il Padre intende fare, lo mostra al Figlio, affinché per mezzo di lui venga fatto? Infatti, se il Figlio fa quanto il Padre gli mostra già fatto, ciò che il Padre fa non lo fa certo per mezzo del Figlio. Non potrebbe infatti mostrare al Figlio se non cose già fatte, e non potrebbe il Figlio fare se non cose a lui mostrate, fatte quindi senza di lui. La verità è che tutte le cose per mezzo di lui furon fatte; quindi gli furono mostrate prima che fossero fatte. Ma abbiamo detto di rimandare questo argomento al termine della lettura, se ci rimarranno, ripeto, tempo e forze per trattare le cose rimandate.

(Una questione difficile.)

1. 4. Ascoltate cose più importanti e più difficili: e gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati (ivi). Dice: maggiori di queste. Maggiori di quali? Vien subito da pensare a quelle di cui adesso avete sentito parlare: le guarigioni delle malattie del corpo. Quell'uomo, che era ammalato da trentotto anni e che è stato guarito dalla parola di Cristo, ha dato occasione a questo discorso: riferendosi a quel miracolo, il Signore ha potuto dire: Il Padre gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne siate meravigliati. Esistono infatti opere maggiori di queste, e il Padre le mostrerà al Figlio. Non dice: "gli ha mostrato", come se si trattasse del passato, ma: gli mostrerà, in futuro, cioè dovrà mostrargliele. Altra questione difficile. Esiste infatti qualcosa presso il Padre che ancora non sia stata mostrata al Figlio? Esiste qualcosa presso il Padre che era ancora nascosta al Figlio, quando il Figlio diceva queste cose? Poiché dicendo che gliele mostrerà, che cioè dovrà mostrargliele, significa che ancora non gliel'ha mostrate, e che gliele mostrerà in futuro, allorché le mostrerà anche a quelli che lo ascoltano; infatti prosegue dicendo: affinché voi ne siate meravigliati. Proprio qui sta la difficoltà: come possa l'eterno Padre mostrare, per così dire, nel tempo alcunché al Figlio a lui coeterno, che conosce tutto ciò che è presso il Padre.

2. 5. Quali sono queste opere maggiori? Non è difficile saperlo. Come infatti il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Jn 5,21). Risuscitare i morti è quindi opera maggiore che guarire gli infermi. E, come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Alcuni, dunque, ricevono la vita dal Padre, altri dal Figlio? No, perché tutto è fatto per mezzo del Figlio; gli stessi dunque ricevono la vita e dal Padre e dal Figlio. Il Figlio infatti non compie opere diverse da quelle del Padre né in modo diverso, ma quanto questi fa, il Figlio similmente lo fa. E' proprio così che si deve intendere e ritenere, senza dimenticare pero che il Figlio fa vivere chi vuole. Tenete conto dunque non solo del potere del Figlio, ma anche della sua volontà. Il Figlio fa vivere chi vuole, così il Padre; e quelli che fa vivere il Padre son gli stessi che fa vivere il Figlio; perciò identico è il potere e identica la volontà del Padre e del Figlio. E prosegue: Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre (Jn 5,22-23). Ha aggiunto questo per precisare l'affermazione precedente, ed è una cosa che mi colpisce non poco; vi prego di stare attenti. Il Figlio fa vivere chi vuole, e così il Padre; il Figlio risuscita i morti, e così il Padre. Poiché il Padre non giudica nessuno. Se i morti risusciteranno nel giudizio, come può il Padre risuscitare i morti, se non giudica nessuno? Egli infatti ha rimesso al Figlio ogni giudizio. Ora, è in questo giudizio che risuscitano i morti: gli uni per la vita, gli altri per la pena; e se tutto questo lo fa il Figlio senza il Padre, perché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, ciò sembra contraddire l'affermazione: Come il Padre risuscita i morti e li fa vivere,

così anche il Figlio fa vivere chi vuole. E' dunque insieme che risuscitano. Se insieme risuscitano, insieme altresi fanno vivere; insieme quindi giudicano. Ma allora come può esser vero che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio? Per ora lasciamoci prendere dai problemi che si presentano, il Signore ci concederà poi di goderne la soluzione. E' cosi, o fratelli: non avremo la gioia di veder risolto un problema, senza prima esserci affaticati nel ricercarne la soluzione. Prosegua dunque il Signore, perché forse in ciò che soggiunge ci fa intravedere qualcosa. Ha coperto con le nubi la sua luce, ed è difficile volare, come fa l'aquila, sopra le nubi che coprono la terra e vedere nelle parole del Signore la luce purissima (Si 24,6). Con la speranza, perciò, che mediante il calore dei suoi raggi dissipi la nostra caligine e che voglia illuminarci con quel che segue, vediamo quel che segue lasciando per ora da parte questo problema.

(Come si deve onorare il Padre.)

6. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato (Jn 5,23). Questo è vero ed è chiaro. Egli ha rimesso al Figlio ogni giudizio, ha detto prima, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Che dire allora di quelli che onorano il Padre e non onorano il Figlio? Questo, dice, non è ammissibile: Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. Nessuno dunque può dire: Io onoravo solo il Padre perché non conoscevo il Figlio. Se non rendevi onore al Figlio, non potevi rendere onore al Padre. Cos'è infatti onorare il Padre se non riconoscere che egli ha un Figlio? Una cosa è quando ti vien presentato Dio in quanto Dio, altra cosa quando ti vien presentato Dio come Padre. Quando ti vien presentato in quanto Dio, ti vien presentato il creatore, l'onnipotente, lo spirito sommo, eterno, invisibile, immutabile; quando, invece, ti vien presentato come Padre, è il Figlio che vien raccomandato alla tua attenzione, perché Dio non si potrebbe chiamare Padre se non avesse il Figlio, né Figlio se non avesse il Padre. Ma siccome tu potresti onorare il Padre come superiore e il Figlio come inferiore, e dirmi: io onoro il Padre sapendo che ha un Figlio, e non posso sbagliare a chiamarlo Padre perché non concepisco Padre senza Figlio; onoro, si, anche il Figlio ma come inferiore; il Figlio stesso ti corregge e ti richiama alla verità dicendoti: affinché tutti onorino il Figlio, non meno, ma come onorano il Padre. Chi dunque non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato. Tu dici che vuoi dare più onore al Padre e meno al Figlio. Ma onorando meno il Figlio, togli onore al Padre. Facendo cosi, che altro mostri di pensare, se non che il Padre o non ha voluto o non ha potuto generare uguale a sé il Figlio? Se non ha voluto, ha dimostrato di non volergli bene; se non ha potuto, ha dimostrato di essere limitato. Non vedi dunque che, pensando cosi, volendo dare maggior onore al Padre, rechi ingiuria al Padre? Pertanto, onora il Figlio nello stesso modo che onori il Padre, se vuoi onorare il Padre e il Figlio.

(L'armonia della Scrittura.)

2. 7. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non viene sottoposto a giudizio, ma è passato (non passa adesso, ma già è passato) dalla morte alla vita (Jn 5,24). Notate l'espressione: Chi ascolta la mia parola; non aggiunge: e crede a me, ma e crede a colui che mi ha mandato. Cioè, per credere al Padre bisogna ascoltare la parola del Figlio. Perché, mentre ascoltiamo la tua parola, crediamo ad un altro? Quando ascoltiamo la parola di qualcuno, non crediamo forse a colui che proferisce la parola, non prestiamo fede a colui che ci parla? Cosa ha voluto dunque dire con l'espressione: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, se non che in lui, Cristo, è la parola di chi l'ha mandato? E cos'altro vuol dire chi ascolta la mia parola se non "chi ascolta me"? Crede, dunque, a colui che mi ha mandato, perché se crede a lui, crede alla parola di lui: e se

crede alla parola di chi mi ha mandato, crede in me, perché io sono il Verbo, la Parola del Padre. Nella Scrittura tutto è armonia e ordine, e non c'è contraddizione alcuna. Libera il tuo cuore da ogni malinteso e cerca di scoprire l'armonia della Scrittura. Puo forse la verità essere in contraddizione con se stessa?

8. Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, e non è sottoposto a giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Tenete presente quanto ha detto prima, e cioè che come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere chi vuole. Il Signore incomincia ad aprirti la porta annunciandoti la risurrezione dei morti. Ecco che già i morti risorgono. Infatti chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non è sottoposto a giudizio. Prova che è risuscitato!. E' passato - dice -dalla morte alla vita. Chi è passato dalla morte alla vita, vuol dire senza dubbio che è risuscitato; non potrebbe infatti passare dalla morte alla vita, se prima non fosse stato sotto il dominio della morte e privo di vita; ma una volta risuscitato, sarà vivo e non più morto. Era morto ed è tornato alla vita, era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,32). In qualche modo si compie già la risurrezione, e gli uomini passano dalla morte alla vita: dalla morte dell'infedeltà alla vita della fede; dalla morte dell'errore alla vita della verità; dalla morte dell'iniquità alla vita della giustizia. Anche questa è già risurrezione dei morti.

(Risurrezione prima della risurrezione.)

2. 9. Il Signore ci apra meglio la porta illuminandoci, come già ha cominciato a fare. In verità, in verità vi dico: viene l'ora, ed è questa (Jn 5,25). Noi si aspettava - questa è la nostra fede - la risurrezione dei morti per la fine del mondo; anzi, non si aspettava, ma dobbiamo con certezza aspettare la risurrezione dei morti per la fine del mondo; e la nostra fede nella risurrezione dei morti per la fine del mondo, non è certo una falsità. Ebbene, ora il Signore ci ha indicato una risurrezione dei morti che precede la risurrezione finale. E non si tratta di una risurrezione come quella di Lazzaro (Jn 11,43-44), o del figlio della vedova di Naim (Lc 7,14-15), o della figlia del capo della sinagoga (Mc 5,41-42), che risuscitarono per morire un'altra volta (e tuttavia anche per questi morti è avvenuta una certa risurrezione sebbene diversa da quella che avverrà alla fine), ma nel senso che dice qui: ... ha la vita eterna e non è sottoposto a giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. A quale vita? Alla vita eterna. Non quindi come quella del corpo di Lazzaro, il quale passo dalla morte del sepolcro alla vita degli uomini, ma non alla vita eterna, poiché dovette morire di nuovo: i morti che risusciteranno alla fine del mondo, passeranno alla vita eterna. Il Signore nostro Gesù Cristo, maestro celeste, Verbo del Padre, lui che è la verità dice: E' venuta l'ora, per annunciare una specie di risurrezione dei morti alla vita eterna, che precede quella finale dalla morte alla vita eterna. Tu che sei stato iniziato alla fede nella risurrezione della carne, avrai subito pensato all'ora della fine del mondo, al giorno del giudizio; ma non è di quell'ora che qui parla, avendo precisato: ed è questa, l'ora. Dicendo dunque: ' venuta l'ora, non si riferisce all'ora suprema in cui ad un cenno, alla voce dell'arcangelo e al segnale della tromba di Dio, il Signore stesso scenderà dal cielo e dapprima risorgeranno quelli che sono morti in Cristo; poi noi che viviamo, noi che siamo rimasti, saremo rapiti insieme a loro nelle nuvole incontro a Cristo nell'aria. E così saremo sempre col Signore (1Th 4,15-16). Quell'ora verrà, ma non è questa. Rendetevi conto che ora è questa: E' venuta l'ora, ed è questa. Cosa si compie in questa risurrezione? Che cosa se non la risurrezione dei morti? Ma quale risurrezione? Quella per cui i risorti vivranno in eterno: la stessa cosa che si compirà anche alla fine del mondo.

3. 10. E allora? Come intendere queste due risurrezioni? Forse che quanti risorgono adesso, non

risorgeranno allora, di modo che alcuni risorgono adesso e gli altri allora? Non è cosi. Infatti, quanto alla prima risurrezione, se veramente abbiamo creduto, siamo già risuscitati; e noi, che siamo già risuscitati, aspettiamo l'altra risurrezione per la fine del mondo. Ma fin d'ora, se siamo perseveranti nella fede, siamo risuscitati per la vita eterna, e poi risusciteremo per la vita eterna allorché saremo resi uguali agli angeli (Lc 20,36). Intervenga, dunque, il Signore a precisare, e ci spieghi ciò di cui abbiamo osato parlare: come avvenga la risurrezione prima della risurrezione, non una per alcuni, e un'altra per degli altri, ma degli stessi, e non come quella di Lazzaro, ma per la vita eterna. Ce lo spiegherà chiaramente. Ascoltate il Maestro che c'illumina, il nostro vero Sole che penetra nei nostri cuori: non il sole che gli occhi della carne desiderano, ma quello cui anelano aprirsi gli occhi del cuore. Ascoltiamolo: In verità, in verità vi dico: viene l'ora, ed è questa, in cui i morti -vedete che si tratta di risurrezione? -in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che avranno udito vivranno. Perché ha aggiunto: quelli che avranno udito vivranno. Infatti, potrebbero udire se non vivessero? Bastava dunque dire: Viene l'ora, ed è adesso, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio. Non ci sarebbe bisogno di dire che vivono, dal momento che non potrebbero udire se non fossero vivi. Ma egli non ha detto che odono perché son vivi, ma che udendo tornano alla vita: udranno, e quelli che avranno udito vivranno. Che significa dunque "udranno" se non "ubbidiranno"? Infatti, quanto all'udito esteriore, non tutti quelli che udiranno vivranno, perché molti odono e non credono. Se si ode e non si crede, non si ubbidisce; e se non si ubbidisce non si vive. perciò qui udire non significa altro che ubbidire. Quelli dunque che avranno udito, cioè ubbidito, vivranno; stiano certi, siano sicuri: essi vivranno. La Chiesa proclama che Cristo è il Verbo di Dio. il Figlio di Dio per mezzo del quale furon fatte tutte le cose, che secondo il piano della salvezza assume la carne nascendo dalla Vergine, cresce nella carne, soffre e muore nella carne, risuscita e ascende in cielo nella carne, promettendo la risurrezione della carne: la risurrezione dell'anima prima di quella della carne, e quella della carne dopo quella dell'anima. Chi ode e obbedisce, vivrà; chi ode e non obbedisce, cioè chi ode e disprezza, chi ode e non crede, non vivrà. Perché non vivrà? Perché non ode. Che significa non ode? Non obbedisce. Quindi quelli che avranno udito, vivranno.

11. Attenzione ora a ciò che si era rimandato per poterlo chiarire in qualche modo adesso. A proposito di questa risurrezione il Signore preciso: Come, infatti, il Padre ha in se stesso la vita, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso (Jn 5,26). Che significa: il Padre ha in se stesso la vita? Che non ce l'ha altrove, ma in se stesso. Il principio della sua vita è in lui, non ha altra origine, non ha altra natura; non ce l'ha in prestito né come partecipazione ad una vita distinta da ciò che lui è, ma ce l'ha in se stesso, di modo che lui è la sua vita stessa. Spero, con l'aiuto del Signore e della vostra benevola attenzione, di riuscire a spiegarmi meglio servendomi di esempi adatti alla vostra comprensione. Dio vive, e anche l'anima vive; ma la vita di Dio è immutabile, la vita dell'anima è mutevole. Dio non progredisce né regredisce, ma è sempre in sé, è quello che è, non adesso in un modo, poi in un altro e prima in un altro ancora. La vita dell'anima, invece, è tutt'altra cosa: viveva da stolta ed ora vive da saggia; viveva nell'iniquità ed ora vive nella giustizia; ricorda e dimentica, ora apprende ed ora non riesce ad apprendere, perde ciò che ha appreso e ritrova ciò che ha perduto; è così mutevole la vita dell'anima! Quando l'anima vive nell'iniquità, è morta; quando invece diventa giusta, diventa partecipe di un'altra vita distinta da lei; perché, elevandosi fino a Dio e unendosi a Dio, viene da lui giustificata. E' detto infatti: A chi crede in colui che giustifica l'empio, è la fede che viene imputata a giustizia (Rm 4,5). Allontanandosi da lui diventa iniqua, accostandosi a lui diventa giusta. Non ti sembra che sia come qualcosa di freddo, che avvicinato al fuoco si riscalda, allontanato si raffredda? Non ti sembra che sia come qualcosa di oscuro, che avvicinato alla luce si illumina, allontanato si oscura? così è l'anima, ma non così è Dio. Un uomo può dire di avere adesso la luce nei suoi occhi. Provino i tuoi occhi a parlarne come di una luce propria: Abbiamo in noi stessi la luce! Vengono smentiti: Non potete dire in senso proprio di avere in voi stessi la luce; avete la luce, ma è la luce che viene dal cielo; se è notte, avete la luce, ma nella luna, nelle lucerne, non in voi stessi, perché se chiudete gli occhi non vedete più ciò che vedete tenendoli aperti. No, non avete in voi stessi la luce. Conservate la luce, se potete, quando il sole tramonta. E' notte e usufruite della luce notturna. Avete la luce se accendete la lucerna, ma se la lucerna si spegne rimanete al buio: non avete in voi stessi la luce. Avere in se stessi la luce, significa non aver bisogno della luce d'altri. Ecco, se ben si comprende, dove il Figlio si presenta uguale al Padre, dove dice: Come il Padre ha in se stesso la vita, così ha dato al Figlio d'aver la vita in se stesso. Esiste perciò tra il Padre e il Figlio solo questa differenza: che il Padre ha in se stesso la vita senza riceverla da nessuno, mentre il Figlio ha in se stesso la vita che il Padre gli ha dato.

(In che modo il Padre ha dato la vita al Figlio.)

1. 12. Ma anche qui sorge qualche oscurità da chiarire. Cerchiamo di non stancarci e di essere attenti. E' pascolo dell'anima, e non dobbiamo essere svogliati se vogliamo vivere. Ecco, mi dici, tu affermi che il Padre ha dato al Figlio la vita perché l'abbia in se stesso come ce l'ha il Padre, tanto da non aver, come lui, bisogno d'alcuno e sia, come lui, la vita stessa; cosicché l'uno e l'altro, congiunti, siano non due vite ma una sola vita; perché c'è un Dio solo, non due, e questo medesimo essere è la vita. In che modo dunque il Padre ha dato la vita al Figlio? Non come se prima il Figlio ne fosse privo e per vivere abbia dovuto ricevere la vita dal Padre; se fosse così non avrebbe la vita in se stesso. Si stava parlando dell'anima. L'anima esiste. Anche se non è sapiente, anche se non è giusta, l'anima è anima; anche se non è pia, è anima. Una cosa dunque è il suo essere anima, un'altra cosa è l'essere sapiente, giusta e pia. Esiste dunque qualcosa che la distingue dal suo essere sapiente, giusta e pia, e che tuttavia non si può chiamare nulla, non si può chiamare assenza di vita; infatti da certe sue azioni dimostra che vive, anche se non dimostra di essere sapiente, pia, giusta. Perché se non vivesse, non muoverebbe il corpo, non ordinerebbe ai piedi di camminare, alle mani di operare, agli occhi di guardare, alle orecchie di udire; non aprirebbe la bocca per parlare, non muoverebbe la lingua per articolare suoni. Tutte queste azioni dimostrano che vive ed è superiore al corpo; ma dimostrano forse, queste azioni, che è sapiente, pia, giusta? Forse che gli stolti, gli iniqui, gli empi, non camminano, non agiscono, non vedono, non odono, non parlano? Quando, pero, l'anima s'innalza a qualcosa che non è lei e che è sopra di lei e da cui anzi riceve l'esistenza, allora acquista sapienza, giustizia e pietà. Quand'era priva di queste cose, era morta, né aveva la vita che la facesse vivere, ma solo quella con cui vivificava il corpo. Infatti altro è la funzione dell'anima per cui essa vivifica il corpo, altro il principio da cui essa stessa è vivificata. Certo, l'anima vale più del corpo; ma più dell'anima vale Dio. Dunque l'anima, anche se priva di sapienza, di giustizia, di pietà, è vita del corpo. Ma la sua vita è Dio; e come essa quand'è nel corpo gli comunica vigore, bellezza, mobilità, attività delle membra, così quando Dio, sua vita, è in lei, le comunica sapienza, pietà, giustizia, carità. Una cosa è ciò che il corpo riceve dall'anima, un'altra cosa ciò che l'anima riceve da Dio. L'anima vivifica il corpo ed è vivificata da Dio; quando vivifica il corpo, se non è a sua volta vivificata da Dio, essa è morta. E cosi, quando la parola arriva e penetra in coloro che l'ascoltano, e quando questi non contenti di ascoltare si rendono ad essa obbedienti, l'anima risorge dalla sua morte ed entra nella sua vita: cioè passa dall'iniquità, dalla stoltezza, dall'empietà al suo Dio, che è per lei sapienza, giustizia, splendore. Sorga e si presenti a lui, per essere da lui illuminata. Avvicinatevi a lui. dice il salmo. E che cosa avverrà per noi? E sarete illuminati (Ps 33,6). Se dunque avvicinandovi a lui siete illuminati e allontanandovi siete ottenebrati, è segno che la vostra luce non era in voi ma nel vostro Dio. Avvicinatevi per risorgere, se allontanandovi morite. Se dunque avvicinandovi a lui vivete e allontanandovi morite, è segno che non era in voi la vostra vita. La vostra vita è colui che è la vostra luce. Poiché presso di te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce (Ps 35,10).

13. Quanto si dice dell'anima - che prima di essere illuminata era diversa e dopo essere stata illuminata è diventata migliore perché partecipa alla vita di un essere migliore - non si può dire del Verbo di Dio e Figlio di Dio: non si può dire che egli fosse diverso prima di ricevere la vita, come se avesse la vita per partecipazione: poiché egli ha la vita in se stesso e perciò egli stesso è la vita. Che significa dunque: Ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso? Semplicemente questo: ha generato il Figlio. Non che prima fosse senza vita da doverla ricevere: ma nascendo è diventato vita. Il Padre è vita senza nascere, il Figlio è vita nascendo. Il Padre non ha origine da alcun padre, il Figlio da Dio Padre. Il Padre non deve a nessuno ciò che egli è; il suo essere padre è in relazione al Figlio. A sua volta il Figlio è figlio in relazione al Padre, e ciò che egli è lo deve al Padre. La frase: Ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso, significa: il Padre, che è la vita in se stesso, ha generato un Figlio che fosse vita in se stesso. Ha dato significa: ha generato. Come se dicessimo a uno: Dio ti ha dato l'essere. A chi l'ha dato? Se avesse dato l'essere a qualcuno che già esisteva, non glielo avrebbe dato, appunto perché esisteva già colui che l'avrebbe ricevuto. L'espressione dunque: Ti ha dato l'essere, vuol dire che tu che ricevevi l'essere non esistevi, ma ricevesti l'esistenza quando ti si fece esistere. Chi ha costruito questa casa, ha fatto si che ci fosse. Che cosa ha dato alla casa? Di essere casa. A chi l'ha dato? A questa casa. Che cosa le ha dato? Di esistere come casa. Come ha potuto dare alla casa di essere casa? Infatti, se la casa fosse già prima esistita, che senso avrebbe darle l'essere, se esisteva già? Che significa dunque: Le ha dato di esser casa? Ha fatto si che esistesse come casa. Che cos'è che ha dato dunque il Padre al Figlio? Gli ha dato di essere Figlio, lo ha generato perché fosse la vita. Questo è il senso delle parole: Ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso; cioè, gli ha dato di avere la vita senza bisogno di doverla ricevere, come chi ce l'ha per partecipazione. Infatti, se il Figlio avesse la vita per partecipazione, potrebbe perderla e rimanere senza vita; cosa che nel Figlio non si può ammettere, non si può pensare, non si può credere. E' eterna la vita nel Padre ed è eterna nel Figlio. Il Padre è vita in se stesso, non da parte del Figlio; il Figlio è vita in se stesso, ma da parte del Padre. E' stato generato dal Padre perché fosse vita in se stesso; mentre il Padre è vita in se stesso, senza essere stato generato. Non si può dire che il Padre abbia generato il Figlio come inferiore a sé, e in modo che divenisse, crescendo, a lui uguale. Non ha avuto bisogno del tempo per raggiungere la perfezione colui per mezzo del quale, già perfetto, i tempi sono stati creati. Egli esiste prima di tutti i tempi: è coeterno al Padre. Mai, infatti, il Padre è stato senza il Figlio: eterno è il Padre, eterno con lui è il Figlio. E tu, anima, come sei? Eri morta, avevi perduto la vita: ascolta il Padre per mezzo del Figlio. Sorgi, ricevi la vita, affinché tu, che non hai la vita in te stessa, possa riceverla da colui che ce l'ha in se stesso. E' il Padre ed è il Figlio che ti fanno vivere: questa è la prima risurrezione, nella quale tu risorgi per partecipare alla vita che tu non sei; è mediante questa partecipazione che tu cominci a vivere. Risorgi dalla tua morte alla tua vita che è il tuo Dio, e passa dalla morte alla vita eterna. Il Padre infatti ha in sé la vita eterna: e se non avesse generato un tale Figlio che avesse la vita in se stesso, non sarebbe vero che come il Padre risuscita i morti e li fa vivere, anche il Figlio fa vivere chi vuole.

(La risurrezione della carne.)

2. 14. Che cosa diremo allora della risurrezione del corpo? Poiché questi che ascoltano e vivono, in forza di che vivono? Ascoltando. L'amico dello sposo gli sta accanto e lo ascolta, ed è felice alla voce dello sposo (Jn 3,29), e non ascoltando la sua propria voce. E così questi ascoltano e vivono, non perché abbiano la vita in se stessi ma perché partecipano della vita di lui. E tutti quelli che ascoltano la voce di Cristo, vivono; perché tutti quelli che obbediscono vivono. Parlaci,

o Signore, anche della risurrezione della carne; poiché ci sono stati di quelli che l'hanno negata, dicendo che esiste solo questa risurrezione, cioè quella che si compie mediante la fede. E' a questa risurrezione che il Signore si è riferito ora, e ci ha entusiasmati, dicendo che dei morti udranno la voce del Figlio di Dio e vivranno (Jn 5,25). Non ha detto che di quelli che udranno alcuni moriranno, altri vivranno; ma che tutti coloro che avranno udito, vivranno, nel senso che tutti quelli che avranno obbedito vivranno. Questa è la risurrezione spirituale: ma non perdiamo la nostra fede nella risurrezione della carne. Ma se tu, o Signore Gesù, non l'avessi annunciata, chi opporremmo ai nostri contraddittori? Tutte le sette che hanno avuto la pretesa d'inculcare una qualche religione negli uomini, si sono ben guardate dal negare la risurrezione spirituale, affinché non si dicesse loro: Se l'anima non risorge, perché mi parli? cosa vuoi da me? se non hai la possibilità di rendermi migliore, a che scopo ti rivolgi a me? Cosa vuoi insegnarmi se non puoi convertirmi? Se invece, da ingiusto, empio e stolto che io sono, tu puoi farmi diventare giusto, pio e sapiente (se io ti avro seguito e creduto), vuol dire che ammetti che la mia anima possa risorgere. Volendo dunque che si prestasse loro fede, tutti quelli che hanno fondato una setta di una qualche religione anche falsa, non hanno potuto negare questa risurrezione spirituale: riguardo ad essa tutti si sono trovati d'accordo, ma molti hanno negato la risurrezione della carne affermando che la risurrezione era già avvenuta mediante la fede. E' contro di essi che l'Apostolo si pronuncia quando dice: A questi tali appartengono Imeneo e Fileto, i quali hanno deviato dalla verità dicendo che la risurrezione e già avvenuta, e così sconvolgono la fede di certuni (2Tm 2,17-18). Dicevano che la risurrezione era già avvenuta, e in modo tale che non se ne doveva sperare altra; e rimproveravano quelli che speravano nella risurrezione della carne, come se la risurrezione promessa si fosse già realizzata nell'anima mediante la fede. L'Apostolo li condanna. Perché? Non dicevano forse ciò che ha detto adesso il Signore: Viene l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno? Ma ora ti sto parlando della vita delle anime, ti dice Gesù, non ancora della vita dei corpi. Cioè ti parlo della vita che fa vivere i corpi, cioè delle anime nelle quali sta il principio della vita dei corpi: so infatti che ci sono dei corpi che giacciono nei sepolcri, so che anche i vostri corpi giaceranno nei sepolcri; non parlo ancora di questa risurrezione, parlo di quell'altra. Cominciate a risorgere spiritualmente, se non volete risorgere nella carne solo per essere condannati. Affinché poi vi convinciate che parlo della risurrezione delle anime e non della carne, che cosa aggiungo? Come infatti il Padre ha in se stesso la vita, così ha dato al Figlio d'aver la vita in se stesso (Jn 5,25-26). Questa vita che è il Padre e che è il Figlio, è ordinata all'anima o al corpo? Non il corpo, ma l'anima razionale è capace di accogliere la divina sapienza. E neppure ogni anima è in grado di percepire questa sapienza. Anche gli animali hanno l'anima, ma l'anima degli animali è incapace di percepire la sapienza. Solo l'anima umana è capace di accogliere questa vita che il Padre ha in se stesso e che ha dato al Figlio di avere in sé in quanto egli è la vera luce che illumina - non ogni anima, ma -ogni uomo che viene in questo mondo (Jn 1,9). E siccome è all'anima che ora io mi rivolgo, ascolti, l'anima: cioè obbedisca, e vivrà!

15. Ma parlaci, o Signore, anche della risurrezione della carne, affinché non accada che gli uomini non ci credano, e noi ci si debba trovar soli coi nostri argomenti, invece che proclamare la tua parola. Ripetiamo: Come il Padre ha in se stesso la vita, così ha dato al Figlio d'aver la vita in se stesso. Comprendano quelli che ascoltano, credano se vogliono comprendere, obbediscano se vogliono vivere. Ascoltino ancora, e non pensino che la risurrezione si fermi qui. E gli ha dato il potere di giudicare. Chi ha dato il potere? Il Padre. A chi l'ha dato? Al Figlio. A chi ha dato d'aver la vita in se stesso, ha dato anche il potere di giudicare. Perché è Figlio dell'uomo (Jn 5,26-27). Cristo, infatti, è Figlio di Dio e Figlio dell'uomo. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; questo era in principio presso Dio. Ecco in che modo gli ha dato di avere la vita in se stesso. Ma poiché il Verbo si è fatto carne e abito fra noi (Jn 1,1-2 Jn 14), essendo diventato uomo da Maria, è Figlio dell'uomo. E proprio perché è Figlio dell'uomo che cosa ha ricevuto? Ha ricevuto il potere di giudicare. Di giudicare quando? Alla fine dei secoli: quando ci sarà per te la risurrezione dei morti, cioè dei corpi. Dunque Dio risuscita le anime per mezzo di Cristo Figlio di Dio, e Dio risuscita i corpi per mezzo di Cristo figlio dell'uomo. Ha dato a lui il potere. Non avrebbe questo potere, se non lo avesse ricevuto: ne sarebbe privo come qualsiasi altro uomo. Ma colui stesso che è Figlio dell'uomo, è anche Figlio di Dio. Essendosi unito nell'unità della persona il figlio dell'uomo al Figlio di Dio, si ha una sola persona, che è essa stessa Figlio di Dio e figlio dell'uomo. Che cosa abbia e perché, è da precisare. Il figlio dell'uomo possiede un'anima e un corpo. Il Figlio di Dio, che è il Verbo di Dio, possiede l'uomo, come l'anima possiede il corpo. Come l'anima, unita al corpo, non forma due persone ma un solo uomo; così il Verbo, unito all'uomo, non forma due persone ma un solo Cristo. Cosa è l'uomo? E' un'anima razionale dotata di corpo. Chi è Cristo? E' il Verbo di Dio in possesso dell'uomo. Mi rendo conto di cosa sto parlando, so chi sono io che parlo, e so a chi parlo.

(Il giudizio.)

1. 16. A proposito della risurrezione dei corpi ascoltate ora, non me, ma il Signore che vi parlerà di quelli che sono risuscitati sorgendo dalla morte e unendosi alla vita. A quale vita? A quella che non conosce la morte. Perché non conosce la morte? Perché non conosce il mutamento, e non conosce mutamento perché è Vita in se stessa. E gli ha dato il potere di giudicare perché è il figlio dell'uomo. Con che tipo di giudizio? Non vi meravigliate di questo, cioè di quanto vi ho detto: gli ha dato il potere di giudicare. Viene l'ora (Jn 5,27-28). Non aggiunge: ed è questa; intende quindi annunciare una particolare ora, quella della fine del mondo. Questa è l'ora in cui risorgono i morti, quella sarà l'ora in cui risorgeranno i morti: essi risorgono ora spiritualmente, allora corporalmente. Risorgono, ora, nell'anima per mezzo del Verbo di Dio Figlio di Dio; risorgeranno, allora, con il corpo, per mezzo del Verbo di Dio, fatto carne e figlio dell'uomo. Il Padre non verrà a giudicare i vivi e i morti, il che non vuol dire che sarà separato dal Figlio. In che senso il Padre non verrà? Nel senso che egli non apparirà nel giudizio. Vedranno colui che hanno trafitto (Jn 19,37). Il giudice apparirà in quella medesima forma in cui apparve quando fu sottoposto al giudizio: colui che fu giudicato, giudicherà. Fu giudicato ingiustamente, ma giudicherà secondo giustizia. Verrà dunque nelle sembianze di servo, e come tale apparirà. E, infatti, come potrebbe apparire la natura di Dio ai giusti e agli iniqui? Se solo i giusti dovessero essere giudicati, potrebbe la natura di Dio manifestarsi ai giusti: ma anche gli iniqui saranno giudicati e ad essi non è concesso vedere Dio. Beati, infatti, i puri di cuore, ché vedranno Dio (Mt 5,8). Il giudice, perciò, apparirà in modo da poter essere visto sia da quelli che viene a incoronare, sia da quelli che dovrà condannare. Apparirà nella forma del servo, e rimarrà occulta la natura di Dio. Rimarrà occulto nel servo il Figlio di Dio, e apparirà il Figlio dell'uomo; in quanto ha dato a lui il potere di giudicare perché è il Figlio dell'uomo. Egli solo apparirà nella forma di servo, mentre il Padre non apparirà, perché il Padre non ha mai rivestito la forma di servo. Ecco perché prima il Signore aveva detto: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio (Jn 5,22). E' stato bene aver aspettato cosicché a dare la spiegazione fosse colui stesso che ha proposto la questione. Prima non era chiaro, ma adesso mi pare chiaro il motivo per cui ha dato a lui il potere di giudicare, e perché il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio. Il giudizio dovrà essere compiuto sotto quella forma che ha il Figlio, ma non ha il Padre. E di quale giudizio si tratta? Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora ...; non questa ora in cui risorgono le anime, ma l'ora futura in cui risorgeranno i corpi.

2. 17. Si esprima più chiaramente, per non dare appiglio all'eretico che nega la risurrezione della carne, quantunque questa verità risplenda già luminosamente. Prima, quando aveva detto viene l'ora, il Signore aveva aggiunto ed è questa (Jn 5,25); adesso invece dice viene l'ora, ma senza aggiungere ed è questa. Vuole eliminare, con l'affermazione esplicita della verità, ogni pretesto,

ogni intoppo di erronee interpretazioni, ogni nodo e laccio. Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri ... Che di più evidente, che di più esplicito? Sono i corpi che giacciono nei sepolcri, non le anime, né quelle dei giusti né quelle degli iniqui. L'anima del giusto è nel seno di Abramo, l'anima dell'iniquo è nei tormenti dell'inferno (Lc 16,22-25): ma, nel sepolcro, non c'è né questa né quella. Cercate di capire, vi prego, quanto ha detto prima: Viene l'ora, ed è questa. Voi sapete, o fratelli, quanto bisogna faticare per il pane materiale; tanto più dunque per il pane dello spirito. Se a voi costa fatica stare li in piedi ad ascoltarci, a noi costa maggior fatica stare in piedi a parlarvi. E se noi ci affatichiamo per voi, non vorrete voi collaborare con noi per voi stessi? Dunque, dicevo che il Signore dopo aver detto viene l'ora, e dopo aver aggiunto ed è questa, così aveva proseguito: in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Non ha detto: Tutti i morti udranno e coloro che avranno udito vivranno: per morti infatti intendeva i peccatori. Forse che tutti i peccatori obbediscono al Vangelo? L'Apostolo dice chiaramente: Non tutti obbediscono al Vangelo (Rm 10,16). Ad ogni modo, coloro che ascoltano vivranno: tutti coloro che obbediscono al Vangelo, in virtù della fede entrano nella vita eterna. Pero, non tutti obbediscono al Vangelo. E questo è quel che sta succedendo adesso. Alla fine del mondo, invece, tutti quelli che sono nei sepolcri - giusti e peccatori -udranno la voce di lui e usciranno (Jn 5,28-29). Perché non dice e vivranno? Perché tutti usciranno dai sepolcri, ma non tutti vivranno. Con l'affermazione precedente: coloro che avranno ascoltato vivranno, ha voluto far intendere che è dall'ascoltare docilmente, cioè dall'obbedienza, che dipende la vita eterna, quella beata, che non tutti quelli che usciranno dai sepolcri conseguiranno. Col riferimento ai sepolcri e con l'immagine dell'uscita dai sepolcri, viene chiaramente annunciata la risurrezione dei corpi.

18. Udranno tutti la sua voce, e usciranno. Ma dove è il giudizio, se tutti udranno e tutti usciranno? Mi si confondono le idee, non ci vedo chiaro. E' certo che tu, o Cristo, hai ricevuto il potere di giudicare in quanto sei il Figlio dell'uomo; ecco tu sarai li per giudicare e risorgeranno i corpi; parlaci di questo giudizio, cioè della separazione dei buoni dai malvagi. Ascoltiamo ancora: e ne usciranno, quelli che bene operarono per una risurrezione di vita, quelli che male operarono per una risurrezione di giudizio (Jn 5,29). Quando ha parlato prima di risurrezione delle anime, ha forse fatto qualche distinzione? Tutti quelli che avranno ascoltato, vivranno, perché obbedendo vivranno. Invece, non tutti quelli che risorgeranno e usciranno dai sepolcri vivranno, ma soltanto quelli che bene operarono; gli altri andranno al giudizio. Qui giudizio significa condanna. Allora ci sarà una discriminazione, che adesso non c'é. In questa vita siamo tra noi separati, non in quanto abitiamo in luoghi diversi, ma per i costumi, gli affetti, i desideri, la fede, la speranza e la carità. Viviamo insieme con i malvagi, ma non conduciamo tutti la stessa vita. La distinzione, la separazione è occulta. Siamo come il grano nell'aia, non come il grano nel granaio. Sull'aia il grano è separato, ma è anche mescolato con la paglia: è separato quando viene liberato dalla paglia, ma è mescolato con essa quando ancora non si è compiuta la ventilazione. Allora, nel giorno del giudizio, ci sarà una separazione manifesta: come sono separati i costumi, sarà separata la vita; alla separazione interiore corrisponderà la separazione dei corpi. Andranno, quelli che bene operarono, a vivere con gli angeli di Dio; quelli, invece, che male operarono, nei tormenti insieme al diavolo e ai suoi angeli. Allora scomparirà la forma del servo, con la quale il Signore era apparso per compiere il giudizio: dopo il giudizio condurrà con sé il corpo di cui egli è il capo, e consegnerà a Dio il regno (1Co 15,24). Allora si potrà vedere svelatamente quella natura divina che gli iniqui non hanno potuto vedere, in quanto ai loro occhi doveva essere mostrata soltanto la forma del servo. Anche altrove il Signore, riferendosi a quelli che saranno alla sua sinistra, dice: andranno al fuoco eterno, e a quelli alla sua destra: questi invece alla vita eterna (Mt 25,46). E della vita eterna in un altro passo del Vangelo dice: La vita eterna è questa, che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Jn 17,3). Allora si rivelerà colui che, di natura divina, non tenne per sé gelosamente l'essere pari a Dio (Ph 2,6). Allora si mostrerà come ha promesso di mostrarsi a quelli che lo amano: Chi mi ama - dice -osserva i miei comandamenti; e chi mi ama, sarà amato dal Padre mio, e anch'io lo amero e mi manifestero a lui (Jn 14,21). Egli era presente a coloro ai quali parlava, ma essi vedevano soltanto la forma di servo e non vedevano la natura divina. Erano condotti sul giumento all'albergo per essere curati, e una volta guariti lo avrebbero visto, perché egli dice: mi manifestero a lui. Come si manifesta uguale al Padre? Come egli stesso dice a Filippo: Chi vede me, vede il Padre (Jn 14,9).

19. Da me io non posso far nulla; io giudico secondo che ascolto, e il mio giudizio è giusto. Avendoci detto che sarà lui a giudicare, non il Padre, in quanto il Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio, noi stavamo per chiedergli se, allora, avrebbe giudicato indipendentemente dal Padre; per questo il Signore aggiunge: Da me io non posso far nulla; io giudico secondo che ascolto, e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato

(Jn 5,30). E' certo che il Figlio fa vivere chi vuole. Ma egli non cerca la sua volontà, bensi la volontà di colui che l'ha mandato. E' come se dicesse: Non cerco di fare la mia propria volontà, la volontà del figlio dell'uomo, quella volontà che tende ad opporsi a Dio. Gli uomini, infatti, quando fanno ciò che vogliono invece di ciò che Dio comanda, fanno la loro volontà, non quella di Dio; mentre quando fanno ciò che vogliono seguendo tuttavia la volontà di Dio, pur facendo ciò che vogliono, non fanno la loro volontà. Fa' volentieri ciò che ti viene comandato; in tal modo tu farai ciò che vuoi, e nello stesso tempo farai non la tua, ma la volontà di Dio da cui dipendi.

20. E infine, qual è il significato delle parole: io giudico secondo che ascolto? Il Figlio ascolta, il Padre gli mostra, e il Figlio vede il Padre che opera. C'eravamo proposti di esporre queste cose più dettagliatamente, se ci fossero rimaste le forze e il tempo. E ancorché io potessi continuare, voi probabilmente non ce la fareste più a seguirmi. Puo anche darsi che per il grande desiderio di ascoltare, voi diciate che ce la fate. E' meglio, quindi, che io confessi la mia debolezza, la quale non mi consente, stanco come sono, di continuare; piuttosto che somministrare a voi, che siete sufficientemente sazi, ciò che non riuscireste più ad assimilare. Consideratemi, pertanto, già debitore per domani, con l'aiuto del Signore, di questa promessa che avrei mantenuto oggi, se ci fosse stato il tempo.


Agostino - Commento Gv 18