Agostino - Commento Gv 50

50

OMELIA 50

(Jn 11,55)

Jn 11,55,56 et 12,1-11


L'unzione di Betania.

Col caso di Giuda che lo tradi pur essendo uno dei dodici, il Signore c'insegna la tolleranza onde evitare di dividere il corpo di Cristo.

1. Alla lettura evangelica di ieri, intorno alla quale abbiamo detto quello che il Signore ci ha suggerito, segue quella di oggi, sulla quale diremo ciò che il Signore ci vorrà suggerire. Alcune cose nella Scrittura sono chiare e non hanno bisogno di spiegazione, ma di attenzione; in quelle non bisogna indugiare, perché ci rimanga tempo di soffermarci dove è necessario spiegare.

(Cristo nostra Pasqua.)

2. 2. Era vicina la Pasqua dei Giudei (Jn 11,55). I Giudei vollero insanguinare quel giorno festivo con il sangue del Signore. In quel giorno di festa fu immolato l'Agnello, che con il suo sangue consacro anche per noi tale giorno. I Giudei avevano deliberato di uccidere Gesù; egli intanto, che era venuto dal cielo per patire, decise di avvicinarsi al luogo della sua passione, essendo l'ora ormai vicina. Molti salirono a Gerusalemme dai dintorni per santificarsi. I Giudei facevano questo in ossequio al precetto del Signore, che era stato dato loro per mezzo del santo Mosè nella legge: esso stabiliva che per la festa di Pasqua da ogni parte tutti si dessero convegno a Gerusalemme per santificarsi mediante la celebrazione di quel giorno. Ma tale celebrazione era ombra di colui che doveva venire. Che significa: era ombra di colui che doveva venire? Significa che era profezia del Cristo venturo, profezia di colui che avrebbe patito per noi in quel giorno: in quel giorno l'ombra avrebbe ceduto il passo alla luce, e la figura sarebbe stata sostituita dalla realtà. I Giudei, dunque, possedevano la Pasqua come ombra, noi come realtà. Perché infatti il Signore aveva prescritto ai Giudei di uccidere l'agnello in quel giorno, se non perché egli stesso era colui del quale era stato vaticinato: Come pecora è stato condotto al macello (Is 53,7)? Le porte dei Giudei furono segnate col sangue di un animale sacrificato, e le nostre fronti vengono segnate col sangue di Cristo. Di quel rito, che era un simbolo, si dice che era destinato a tener lontano l'angelo sterminatore dalle case le cui porte erano state segnate col sangue (cf. Ex 12,22-23); così il segno di Cristo allontana da noi lo sterminatore, se pero il nostro cuore accoglie il Salvatore. Perché dico questo? Perché molti hanno le porte segnate, ma dentro non c'è l'ospite divino. E' facile avere sulla fronte il segno di Cristo, senza accogliere nel cuore la parola di Cristo. perciò vi ho detto, o fratelli, e vi ripeto che il segno di Cristo allontana da noi lo sterminatore, solo se il nostro cuore accoglie Cristo come ospite. Ho detto questo affinché sia chiaro a tutti il significato di queste feste dei Giudei. E' venuto dunque il Signore per essere immolato, affinché noi avessimo la vera Pasqua, celebrando la sua passione come immolazione dell'Agnello.

3. 3. Cercavano Gesù, ma con cattive intenzioni. Beati coloro che cercano Gesù con retta intenzione. Essi cercavano Gesù in modo tale da restarne privi loro e noi: ma quando si allontano da loro, noi lo abbiamo accolto. Ci son di quelli che cercano Cristo e vengono biasimati; ce ne sono altri che vengono elogiati. La lode o la riprovazione corrispondono all'intenzione con cui lo si cerca. Anche nei salmi sta scritto: Siano delusi e svergognati coloro che cercano la mia anima (Ps 39,15): si tratta di quelli che cercano con cattive intenzioni. Ma in un altro salmo si legge: Non c'è scampo per me, nessuno si dà pensiero della mia vita (Ps 141,5). Sono considerati colpevoli coloro che lo cercano e coloro che non lo cercano. Noi dobbiamo cercare Cristo per averlo: cerchiamolo per possederlo, non per ucciderlo. Si, è vero, anche quelli lo cercavano per prenderlo, ma per disfarsene al più presto. Lo cercavano e dicevano tra loro: Che ve ne pare, non verrà alla festa?

(Dove si trova Cristo.)

1. 4. Ora, i gran sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che se qualcuno sapeva dove si trovava, lo denunziasse per arrestarlo (Jn 11,56). Noi vorremmo indicare adesso ai Giudei dove si trova il Cristo. Volesse il cielo che i discendenti di coloro che dettero l'ordine di denunziare dove si trovava Cristo, ascoltino e s'impadroniscano di lui. Vengano alla Chiesa, ascoltino dove è Cristo, e lo prendano. Lo ascoltino dalla nostra voce, lo apprendano dal Vangelo. E' stato ucciso dai loro antenati, è stato sepolto, è risuscitato, è stato riconosciuto dai discepoli, davanti ai loro occhi è asceso al cielo dove siede alla destra del Padre. Colui che è stato giudicato, verrà per giudicare: ascoltino e lo prendano. Ma diranno: Come posso prenderlo se è assente? Come posso arrivare in cielo con le mie mani per prenderlo, se siede lassù? Arriva fin lassù con la tua fede, e lo avrai. I tuoi padri lo presero fisicamente, tu puoi averlo spiritualmente, poiché Cristo è presente anche se è assente. Se non fosse presente, neppure noi potremmo averlo. Ma siccome è vera la sua parola: Ecco, io sono con voi fino alla consumazione dei secoli (Mt 28,20), se ne è andato ed è qui; è ritornato in cielo e non ci ha lasciati: ha portato in cielo il suo corpo, ma con la sua maestà è rimasto nel mondo.

2. 5. Sei giorni prima della festa di Pasqua Gesù venne a Betania, dov'era Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. Là gli fecero una cena; Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali (Jn 12,1-2). Affinché nessuno prendesse il morto risuscitato per un fantasma, ecco che Lazzaro si era messo a tavola con gli altri: viveva, parlava, banchettava. La verità era davanti agli occhi di tutti e l'incredulità dei Giudei era confusa. Il Signore dunque era a tavola con Lazzaro e gli altri, mentre Marta, una delle sorelle, serviva.

(Il fatto e il mistero.)

6. Maria invece - l'altra sorella di Lazzaro -prese una libbra di un profumo di nardo autentico, di molto valore, e unse i piedi di Gesù, asciugandoli con i suoi capelli, e la casa si riempi del profumo dell'unguento (Jn 12,3). Abbiamo ascoltato il fatto, cerchiamone ora il significato spirituale. Ogni anima che voglia essere fedele, si unisce a Maria per ungere con prezioso profumo i piedi del Signore. Quel profumo simboleggiava la giustizia; ecco perché pesava una libbra; ed era un profumo di nardo autentico, prezioso. La parola pistici dobbiamo ritenerla come un'indicazione del luogo da cui proveniva quell'unguento prezioso; né tuttavia questo c'impedisce di considerarla atta ad esprimere magnificamente qualcosa di misterioso. In greco infatti significa fede. Ti sforzavi di compiere le opere della giustizia; ebbene, sappi che il giusto vive della fede (Rm 1,17). Ungi i piedi di Gesù: segui le orme del Signore conducendo una vita degna. Asciugagli i piedi con i capelli: se hai del superfluo dàllo ai poveri, e avrai asciugato i piedi del Signore con i capelli che, appunto, sono considerati come una parte superflua del corpo. Ecco come devi impiegare il superfluo: per te è superfluo, ma per i piedi del Signore è necessario. Accade che sulla terra i piedi del Signore siano bisognosi. A chi, se non alle sue membra, si riferisce la parola che egli pronuncerà alla fine del mondo: Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me (Mt 25,40)? Avete erogato ciò che per voi era superfluo, ma avete soccorso i miei piedi.

1. 7. La casa si riempi di profumo; cioè il mondo si è riempito della buona fama. Il buon odore infatti è la buona fama Coloro che vivono male e si dicono cristiani, fanno ingiuria a Cristo; è di questi che l'Apostolo dice che per colpa loro il nome del Signore viene bestemmiato (Rm 2,24). Se per colpa loro il nome del Signore è bestemmiato, per merito dei buoni cristiani il nome del Signore viene lodato. Ascoltalo ancora: Noi siamo - egli dice -il buon odore di Cristo in ogni luogo. Anche nel Cantico dei cantici si dice: Un profumo che si espande è il tuo nome (Ct 1,2). Ma ritorniamo all'Apostolo: In ogni luogo - egli dice -noi siamo il buon odore di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono: per gli uni odore di morte per la morte, e per gli altri odore di vita per la vita. E chi è all'altezza di questo compito? (2Co 2,14-16). La presente lettura del santo Vangelo ci offre l'occasione di parlare di questo buon odore, dandovene una spiegazione sufficiente, che voi vorrete attentamente ascoltare. Ma, avendo detto l'Apostolo: E chi è all'altezza di questo compito?, solo per il fatto che noi ci sforziamo di parlarvene, ci potremo considerare all'altezza di farlo e voi all'altezza di capire queste cose? Noi, certamente non siamo all'altezza; ma lo è colui che si serve di noi per dirvi quanto a voi è utile. L'Apostolo, come egli stesso dice, è il buon odore; ma questo buon odore per alcuni è odore di vita per la vita, mentre per altri è odore di morte per la morte. Tuttavia è sempre un buon odore. Dice forse che per gli uni è buon odore per la vita, mentre per gli altri è cattivo odore per la morte? No, egli dice di essere il buon odore, non il cattivo odore, e questo medesimo buon odore è vita per alcuni, morte per altri. Fortunati coloro che nel buon odore trovano la vita; ma chi è più sventurato di chi nel buon odore trova la morte?

2. 8. E come è possibile, si dirà, che uno muoia ucciso dal buon odore? E' quello che si chiede l'Apostolo dicendo: E chi è capace di tanto? E' davvero misteriosa l'azione di Dio per cui il buon odore è vita per i buoni e morte per i cattivi. (C'è forse qui un senso troppo profondo perché io possa penetrarlo); tuttavia, nella misura che il Signore si degna ispirarmi, non posso negarvi quanto sono riuscito a scoprire come ciò avvenga. Ovunque si diffondeva la fama di Paolo apostolo che operava bene, viveva bene, predicava con la parola e confermava con l'esempio la giustizia, dottore mirabile, amministratore fedele. E alcuni lo amavano, mentre altri lo detestavano. Egli stesso nella lettera ai Filippesi parla di certuni che non lealmente, ma per invidia, annunciavano Cristo con l'intenzione - dice -di aggiungere dolore alle mie catene. Ma come reagisce? Quello che importa è che, per pretesto o con sincerità, Cristo venga annunziato (Ph 1,17-18). Lo annunziano quelli che mi amano, lo annunziano quelli che mi vogliono male: per gli uni il buon odore di Cristo è vita, per gli altri è morte. Ma tuttavia per la predicazione degli uni e degli altri il nome di Cristo viene annunziato, e il mondo si riempie di questo ottimo odore. Se tu hai amato chi agiva bene, nel buon odore hai trovato la vita; se invece ti sei messo contro chi agiva bene, col buon odore ti sei procurato la morte. Forse che tu, procurandoti la morte, hai fatto diventar cattivo il buon odore? No di certo. Non essere malevolo, e il buon odore non ti farà morire.

3. 9. Ascolta infine come anche in questo caso il buon odore sia stato per alcuni fonte di vita, per altri cagione di morte. Dopo che Maria con tanta devozione ebbe compiuto quell'atto di omaggio al Signore, subito uno dei discepoli, Giuda l'Iscariota, quello che stava per tradirlo, disse: Perché non s'è venduto questo unguento per trecento denari e non s'è dato ai poveri? (Jn 12,4-5). Guai a te, miserabile! Il buon odore ti ha ucciso. Il santo evangelista ci rivela per qual motivo egli parlo cosi. Se il Vangelo non ci avesse manifestato la vera intenzione di Giuda, anche noi avremmo creduto che egli fosse mosso da amore per i poveri. Invece non era cosi. E allora per quale motivo aveva parlato? Ascolta il testimone verace: Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, tenendo la borsa, portava ciò che vi si metteva dentro (Jn 12,6). Portava, o asportava? Per ufficio portava, ma rubando asportava.

(Tolleranza per evitare le divisioni.)

10. Ma ascoltate: Giuda non divento perverso soltanto allorché, corrotto dai Giudei, tradi il Signore. Molti che conoscono il Vangelo superficialmente, credono che Giuda si perverti solo quando ricevette dai Giudei il denaro per tradire il Signore. Non fu allora che si perverti; già da prima era ladro, e pervertito seguiva il Signore, perché lo seguiva col corpo, non col cuore. Egli completava il numero dei dodici Apostoli, ma non possedeva la beatitudine apostolica; soltanto come figura occupava il posto del dodicesimo: quando egli cadde, un altro subentro al suo posto; questo vero apostolo rimpiazzo l'intruso, conservando così il numero apostolico (Ac 1,26). Cosa ha voluto insegnare alla sua Chiesa nostro Signore Gesù Cristo conservando un traditore tra i dodici? Cosa ha voluto insegnarci, fratelli miei, se non a tollerare anche i malvagi pur di non dividere il corpo di Cristo? Ecco, tra i santi c'è Giuda, e Giuda è un ladro, e per giunta -non disprezzarlo! - un ladro sacrilego, non un ladro qualsiasi: egli ruba, e ruba la borsa del Signore; ruba denaro, e denaro sacro. Se in tribunale si fa distinzione tra i vari crimini, tra un furto comune e il peculato (cioè il furto del denaro pubblico) e questo furto non si giudica allo stesso modo dell'altro, quanto più severamente si dovrà allora giudicare il ladro sacrilego, cioè colui che ha osato rubare alla Chiesa? Chi ruba alla Chiesa è paragonabile all'iniquo Giuda. Tale era Giuda, e tuttavia andava e veniva con gli undici santi discepoli. Assieme a loro partecipo alla medesima cena del Signore; visse con loro senza tuttavia riuscire a contaminarli. Pietro e Giuda ricevettero il medesimo pane, e tuttavia che parte poteva avere in comune il fedele con l'infedele? Pietro infatti ricevette il pane per la vita, Giuda per la morte. Era di questo pane come di quel buon odore: dà la vita ai buoni e la morte ai cattivi. Infatti chi mangerà indegnamente, si mangia e beve la propria condanna (1Co 11,29); la sua condanna, non la tua. Se la condanna è per lui non per te, sopporta il cattivo tu che sei buono, e giungerai alla ricompensa riservata ai buoni, non sarai condannato alla pena destinata ai cattivi.

11. Tenete conto dell'esempio che il Signore ci ha dato mentre era in terra. Perché volle avere la borsa lui che aveva gli angeli al suo servizio, se non perché l'avrebbe dovuta avere anche la sua Chiesa? Perché accolse un ladro tra i suoi, se non per insegnare alla sua Chiesa a sopportare pazientemente i ladri? E colui che era solito sottrarre il denaro dalla borsa, non esito a vendere per denaro il Signore stesso. Vediamo come reagisce il Signore. State attenti, fratelli. Non gli dice: Tu parli così perché sei un ladro. Sapeva che era un ladro, ma non lo rivelo; tollero anzi la sua presenza insegnandoci cosi, con l'esempio, a tollerare i malvagi in seno alla Chiesa. Gli disse dunque Gesù: Lasciala! essa ha riservato questo unguento al giorno della mia sepoltura (Jn 12,7). Così annuncio la sua morte.

(Pietro e la Chiesa.)

2. 12. Cerchiamo di comprendere le parole seguenti: I poveri li avrete sempre con voi, me invece non mi avrete sempre (Jn 12,8). Comprendiamo senza dubbio la prima parte: I poveri li avrete sempre. Ciò che ha detto Gesù è vero. Quando mai la Chiesa è stata senza poveri? Ma che significa: non avrete sempre me? Come bisogna intendere queste parole? Non vi spaventate; erano rivolte a Giuda. E perché allora non ha detto: non avrai, ma ha detto: non avrete, al plurale? Perché Giuda non è uno solo. Quest'unico malvagio rappresenta la società dei malvagi; allo stesso modo che Pietro rappresenta la società dei buoni, anzi il corpo della Chiesa, in quanto pero composta di buoni. Poiché se in Pietro non fosse stato presente il sacramento della Chiesa, il Signore non gli avrebbe detto: A te daro le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai sulla terra resterà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra resterà sciolto nei cieli (Mt 16,19). Se questo fosse stato detto soltanto a Pietro, la Chiesa non potrebbe farlo. Ma dal momento che, nella Chiesa, avviene la stessa cosa: che quanto è legato in terra resta legato in cielo, e che tutto ciò che è sciolto in terra resta sciolto in cielo; quando infatti scomunica la Chiesa, la scomunica è ratificata in cielo, e chi è riconciliato dalla Chiesa è riconciliato in cielo; se dunque questo avviene nella Chiesa, vuol dire che Pietro, quando ricevette le chiavi, rappresentava la Chiesa. Se nella persona di Pietro erano rappresentati i buoni che esistono nella Chiesa, nella persona di Giuda erano rappresentati i malvagi che esistono nella Chiesa: ad essi è stato detto: non sempre avrete me. Perché dice: non sempre? E perché sempre? Se tu sei buono, se appartieni al corpo della Chiesa, rappresentato da Pietro, hai Cristo ora e nel futuro: ora mediante la fede, mediante il segno della croce, mediante il sacramento del battesimo, mediante il cibo e la bevanda dell'altare. Hai Cristo ora e lo avrai sempre nel futuro; perché quando uscirai da questa vita, raggiungerai colui che disse al ladrone: Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23,43). Se invece ti comporti male, ti illudi di avere Cristo oggi perché entri in chiesa, ti fai il segno della croce, sei battezzato col battesimo di Cristo, ti mescoli alle membra di Cristo, ti accosti all'altare di Cristo: al presente hai Cristo, ma, vivendo male, non lo avrai sempre.

1. 13. La frase i poveri li avrete sempre con voi, non sempre avrete me, può avere anche un altro senso. Anche i buoni possono intenderla rivolta a loro: senza pero alcun timore: egli parlava soltanto della sua presenza corporale. Infatti quanto alla sua maestà, alla sua provvidenza, all'ineffabile e invisibile sua grazia, si realizza quanto egli ha detto: Ecco, io sono con voi fino alla consumazione dei secoli (Mt 28,20). Ma in quanto alla carne che il Verbo ha assunto, in quanto al fatto che è nato dalla Vergine, catturato dai Giudei, crocifisso, deposto dalla croce, avvolto nella sindone, chiuso nel sepolcro e si è manifestato nella risurrezione, non sempre mi avrete con voi. Perché? Perché, dopo essersi intrattenuto con la sua presenza corporale per quaranta giorni con i suoi discepoli, mentre essi lo seguivano con gli occhi senza poterlo seguire, è asceso al cielo (cf. Ac 1,3 Ac 1,9-10) e non è più qui. Egli è in cielo dove siede alla destra del Padre, ed è anche qui, dato che con la sua maestà non si è allontanato dalla terra. In altre parole: secondo la sua maestà sempre abbiamo Cristo con noi, mentre secondo la sua presenza corporale giustamente egli ha detto ai discepoli: Me non sempre mi avrete. La Chiesa ha goduto della sua presenza fisica solo per pochi giorni: ora lo possiede mediante la fede, ma non può vederlo con gli occhi della carne. Pertanto la difficoltà che sorgeva dalle parole: Me non sempre mi avrete, credo possa considerarsi risolta in questi due modi.

2. 14. Ascoltiamo le poche parole che rimangono: Una grande folla di Giudei seppe che Gesù era là e vennero non solamente per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti (Jn 12,9). Li attiro la curiosità, non la carità; vennero e videro. Ma ascoltate ora la geniale idea dei piccoli uomini impotenti. Di fronte alla risurrezione di Lazzaro, siccome il miracolo si era così rapidamente divulgato suscitando tanto scalpore che era impossibile occultare o negare in alcun modo il fatto, sentite cosa escogitarono. Decisero, i gran sacerdoti, di far morire anche Lazzaro, perché molti Giudei li abbandonavano a causa di lui e credevano in Gesù (Jn 12,10-11). O stolta deliberazione e cieca crudeltà! Cristo Signore che aveva risuscitato un morto, non avrebbe potuto risuscitare un ucciso? Pensavate forse, col dare la morte a Lazzaro di poter togliere la potenza al Signore? E se per voi c'è differenza tra risuscitare un morto e risuscitare un ucciso, ecco che il Signore ha compiuto l'una e l'altra cosa: ha risuscitato Lazzaro morto e ha risuscitato se stesso ucciso.

51

OMELIA 51

(Jn 12,12-26)

Jn 12,12-26


L'annunzio della morte e della vittoria.

Cristo era il grano di frumento che doveva morire per dare molto frutto. Morto a causa dell'infedeltà dei giudei, è fruttificato mediante la fede dei popoli.

1. 1. In seguito alla risurrezione del morto di quattro giorni che il Signore compi fra lo stupore dei Giudei, alcuni di essi vedendo credettero in lui, altri per invidia si perdettero; sempre per quel buon odore che conduce alcuni alla vita e altri alla morte (2Co 2,15). Dopo aver partecipato alla cena, in cui Lazzaro risuscitato da morte era commensale, e durante la quale fu versato sui suoi piedi l'unguento del cui profumo si era riempita la casa; dopo che i Giudei avevano concepito nel loro cuore perverso la vana crudeltà e lo stolto e delittuoso proposito di uccidere Lazzaro; dopo che di tutte queste cose, come abbiamo potuto e con l'aiuto del Signore, abbiamo parlato nei precedenti sermoni, invito ora la vostra Carità a considerare i frutti copiosi prodotti dalla predicazione del Signore prima della sua passione, e quanto numeroso sia stato il gregge delle pecore perdute della casa d'Israele, che ascolto la voce del pastore.

2. 2. Ecco le parole del Vangelo di cui avete appena ascoltato la lettura: L'indomani, la gran folla venuta per la festa, sentendo che Gesù si recava a Gerusalemme, prese i rami delle palme e gli ando incontro gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele (Jn 12,12-13). Le palme sono un omaggio e un simbolo di vittoria; perché, morendo, il Signore avrebbe vinto la morte, e, mediante il trofeo della croce, avrebbe riportato vittoria sul diavolo principe della morte. Il grido "Osanna" poi, secondo alcuni che conoscono l'ebraico, più che altro esprime affetto; un po' come le interiezioni in latino: diciamo "ahi!" per esprimere dolore, "ah!" per esprimere gioia, "oh, che gran cosa!" per esprimere meraviglia. Al più "oh!" esprime un sentimento di ammirazione affettuosa. Così è per la parola ebraica "Osanna", che tale è rimasta in greco e in latino, essendo intraducibile; come quest'altra: Chi dirà "racha" a suo fratello (Mt 5,22). La quale, come riferiscono, è una interiezione intraducibile che esprime un sentimento di indignazione.

(L'umiltà non è scapito della sua divinità.)

1. 3. Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele. "Nel nome del Signore" sembra doversi intendere nel nome di Dio Padre, quantunque si possa intendere altresi nel nome di Cristo, dato che anch'egli è il Signore. Per questo altrove sta scritto: Il Signore fece piovere da parte del Signore (Gn 19,24). Ma è il Signore stesso che ci aiuta a capire queste parole, quando dice: Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi avete accolto; se un altro viene in nome proprio, lo accogliereste (Jn 5,43). Maestro di umiltà è Cristo, che umilio se stesso, fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cf. Ph 2,8). E non perde certo la divinità quando ci insegna col suo esempio l'umiltà: in quella egli è uguale al Padre, in questa è simile a noi. E in quanto è uguale al Padre ci ha creati perché esistessimo, in quanto è simile a noi ci ha redenti perché non ci perdessimo.

2. 4. La folla gli tributava questo omaggio di lode: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele. Quale atroce tormento doveva soffrire l'animo invidioso dei capi dei Giudei, nel sentire una così grande moltitudine acclamare Cristo come proprio re! Ma che cos'era mai per il Signore essere re d'Israele? Era forse una gran cosa per il re dei secoli diventare re degli uomini? Cristo non era re d'Israele per imporre tributi, per armare eserciti, per debellare clamorosamente dei nemici: egli era re d'Israele per guidare le anime, per provvedere la vita eterna, per condurre al regno dei cieli coloro che credono, che sperano, che amano. Che il Figlio di Dio quindi, uguale al Padre, il Verbo per mezzo del quale sono state create tutte le cose, abbia voluto essere re d'Israele, non fu una elevazione per lui ma un atto di condiscendenza verso di noi: fu un atto di misericordia non un accrescimento di potere. Colui infatti che in terra fu chiamato re dei Giudei, è in cielo il Signore degli angeli.

3. 5. Gesù, trovato un asinello, vi monto sopra. Qui vien narrato con grande concisione ciò che gli altri evangelisti raccontano con ricchezza di particolari (Mt 21,1-16 Mc 11,1-11 Lc 19,132). Giovanni conferma questo fatto con una testimonianza profetica, per sottolineare che i maligni capi dei Giudei non comprendevano che in lui si adempivano le profezie da essi conosciute: Gesù trovato un asinello, vi monto sopra, secondo quel che è scritto: Non temere, figlia di Sion: ecco, il tuo re viene, seduto su di un puledro d'asina (Jn 12,14-15 Zach Jn 9,9). Fra quel popolo c'era la figlia di Sion (Sion è lo stesso di Gerusalemme); ripeto: in mezzo a quel popolo, cieco e riprovato, c'era tuttavia la figlia di Sion alla quale erano rivolte le parole: Non temere, figlia di Sion: ecco, il tuo re viene, seduto su di un puledro d'asina. Questa figlia di Sion, cui era rivolto l'oracolo profetico, era presente in quelle pecore che ascoltavano la voce del pastore; era presente in quella moltitudine che con tanta devozione cantava le lodi del Signore che veniva, e che lo seguiva compatta. Ad essa il profeta diceva: Non temere, cioè riconosci colui che acclami, e non temere quando lo vedrai soffrire; perché il suo sangue viene versato per cancellare il tuo peccato e ridonarti la vita. Il puledro di asina sul quale nessuno era ancora salito (è un particolare che troviamo negli altri evangelisti), simboleggia il popolo dei gentili, che ancora non avevano ricevuto la legge del Signore. E l'asina (ambedue i giumenti furono portati al Signore) simboleggia il suo popolo proveniente dalla nazione d'Israele, non certo quella parte che rimase incredula ma quella che riconobbe il presepe del Signore.

4. 6. Sulle prime, i suoi discepoli non compresero questo, ma quando Gesù fu glorificato - cioè quando egli manifesto la potenza della sua risurrezione -si ricordarono che queste cose erano state scritte di lui, e queste gli avevano tributato (Jn 12,16), cioè non gli avevano tributato se non quanto di lui era stato scritto. Ripensando infatti alla luce delle Scritture le cose che si realizzarono tanto prima che durante la passione del Signore, si accorsero pure che egli si era seduto sul puledro dell'asina proprio come era stato predetto dal profeta.

5. 7. La folla, che era con lui quando aveva chiamato Lazzaro dal sepolcro e lo aveva risuscitato dai morti, gli dava testimonianza. E anche perché aveva udito che egli aveva fatto questo miracolo, la folla gli ando incontro. I farisei, allora, si dissero: Vedete che non riusciamo a nulla! Ecco, il mondo gli è corso dietro (Jn 12,17-19). La folla turbava la folla. Perché, o folla cieca, provi invidia nel vedere che il mondo va dietro a colui per mezzo del quale il mondo è stato fatto?

(Non promozione ma degnazione.) (Il bacio di pace sigillo dell'unica fede.)

8. C'erano alcuni gentili tra i pellegrini venuti per adorare durante la festa. Costoro avvicinarono Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli chiesero: Signore, vogliamo vedere Gesù. Filippo va a dirlo ad Andrea; Andrea e Filippo vanno a dirlo a Gesù (Jn 12,20-22). Sentiamo cosa rispose il Signore. Ecco che i Giudei vogliono ucciderlo, mentre i gentili vogliono vederlo; e di questi gentili fanno parte anche quei Giudei che lo acclamano gridando: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele (Jn 12,13). Circoncisi e incirconcisi, erano come due pareti di opposta provenienza, convergenti mediante il bacio di pace nell'unica fede in Cristo. Ascoltiamo dunque la voce della "pietra angolare". Gesù risponde loro: E' venuta l'ora in cui il Figlio dell'uomo deve essere glorificato (Jn 12,23). Qualcuno potrebbe pensare che egli si considera già glorificato, per il fatto che i pagani volevano vederlo. Non è cosi. Egli prevedeva che i gentili d'ogni nazione avrebbero creduto in lui dopo la sua passione e risurrezione; perché, come dice l'Apostolo, la cecità parziale d'Israele durerà finché entrerà la pienezza delle genti (Rm 11,25). Prendendo quindi occasione da questi gentili che volevano vederlo, annuncia la futura pienezza delle genti; e assicura che la sua glorificazione celeste, in seguito alla quale le genti crederanno in lui, è ormai imminente. Così era stato predetto: Innalzati sopra i cieli, Dio, e su tutta la terra spandi la tua gloria (Ps 107,6). Questa è la pienezza delle genti di cui parla l'Apostolo: La cecità parziale d'Israele durerà finché entrerà la pienezza delle genti.

(Glorificazione attraverso l'umiliazione.)

1. 9. Ma bisognava che la sublime grandezza della glorificazione fosse preceduta dall'umiliazione della passione. perciò il Signore aggiunge: In verità, in verità vi dico: se il granello di frumento non cade in terra e vi muore, resterà solo; se, invece, muore, porta molto frutto (Jn 12,24-25). Parlava di se stesso. Era lui il granello che doveva morire per moltiplicarsi: sarebbe morto per la incredulità dei Giudei, si sarebbe moltiplicato per la fede dei popoli.

2. 10. E invero, esortandoci a seguire le orme della sua passione, egli dice: Chi ama la propria anima, la perderà (Jn 12,25). Il che può intendersi in due modi: Chi ama perderà, cioè: Se ami la tua anima, devi essere disposto a perderla; se vuoi conservare la vita in Cristo, non devi temere la morte per Cristo. E in altro modo si può intendere la frase Chi ama la propria anima, la perderà: cioè non amarla se non vuoi perderla, non amarla in questa vita se non vuoi perderla nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più consona al senso del brano evangelico. Il seguito infatti dice: e chi odia la propria anima in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (Jn 12,25). La frase precedente, quindi, va così completata: Chi ama la propria anima in questo mondo, costui la perderà; chi invece odia la propria anima, sempre in questo mondo, questi la conserverà per la vita eterna. Solenne e meravigliosa affermazione, che dice come dipenda, la salvezza o la dannazione dell'uomo, dall'amore o dall'odio che egli porta alla sua anima. Se ami in modo sbagliato, tu odi; se odi in senso buono, ami. Beati coloro che sanno odiare la propria anima in maniera da salvarla, evitando, per un malinteso amore, di perderla. Ma per carità non ti venga in mente di sopprimerti, intendendo così l'odio che devi portare alla tua anima in questo mondo. Così intendono certuni, malvagi e perversi, e tanto più crudeli e scellerati omicidi in quanto uccidono se stessi: essi cercano la morte gettandosi nel fuoco o nelle acque, o precipitandosi dall'alto. Non è questo che insegna Cristo. Anzi, al diavolo che gli suggeriva di precipitarsi dall'alto, rispose: Indietro, Satana! sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo (Mt 4,7). A Pietro al contrario, indicandogli con qual morte avrebbe glorificato Dio, disse: Quando eri giovane ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio stenderai le braccia e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai (Jn 21,18-19). Parole queste che abbastanza chiaramente ci indicano che chi segue le orme di Cristo deve lasciarsi mettere a morte dagli altri, non deve essere lui a darsela. Quando pero si pone l'alternativa, di trasgredire il comandamento di Dio o di morire sotto la spada del persecutore, dovendo scegliere tra le due cose, uno scelga allora la morte per amore di Dio piuttosto che la vita offendendo Dio; così avrà in senso giusto odiato la propria anima in questo mondo al fine di salvarla per la vita eterna.

11. Chi mi vuol servire mi segua (Jn 12,26). Che vuol dire mi segua, se non mi imiti? Cristo infatti soffri per noi - dice l'apostolo Pietro -lasciandoci un esempio, affinché seguiamo le sue orme (1P 1P 2,21). Questo è il senso della frase: Chi mi vuol servire mi segua. E con quale frutto, con quale ricompensa, con quale premio? E dove sono io, - dice -ivi sarà anche il mio servo. Amiamolo disinteressatamente, per ottenere, come ricompensa del nostro servizio, di essere con lui. Come si può star bene senza di lui, o male con lui? Ascolta che parla in maniera più esplicita: Se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà (Jn 12,26). Con quale onore, se non con quello di poter essere suo figlio? Questa frase: Il Padre mio lo onorerà, appare come una spiegazione di quella precedente: Dove sono io, ivi sarà anche il mio servo. Quale maggiore onore può ricevere il figlio adottivo di essere là dove è il Figlio unico, non uguagliato nella sua divinità, ma associato a lui nell'eternità.

(Non i propri interessi ma quelli di Cristo.)

3. 12. Piuttosto dobbiamo chiederci cosa si intende per servire Cristo, servizio al quale viene riservata una così grande ricompensa. Se per servire Cristo intendiamo provvedere alle sue necessità corporali, cucinare e servirlo a tavola, versargli da bere e presentargli la coppa, ebbene questo è quanto fecero coloro che poterono godere della sua presenza fisica, come Marta e Maria allorché Lazzaro era uno dei commensali. In questo senso, pero, anche il perfido Giuda servi Cristo. Egli infatti teneva la borsa; e, quantunque fosse solito rubare sacrilegamente il denaro che vi metteva dentro, tuttavia provvedeva il necessario (Jn 12,26). perciò, quando il Signore gli disse: ciò che devi fare, fallo al più presto, alcuni credettero che il Signore gli avesse ordinato di preparare il necessario per la festa, o di dare qualche elemosina ai poveri (Jn 13,27-29). Il Signore non pensava certo a siffatti servitori quando diceva: Dove sono io, ivi sarà anche il mio servo, e: se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà. Vediamo infatti che in tal senso Giuda era servitore di Cristo, condannato e non onorato. Ma perché cercare altrove cosa si deve intendere per servire Cristo, quando possiamo apprenderlo da queste medesime parole? Dicendo infatti: chi mi vuol servire, mi segua, egli ha voluto farci intendere che chi non lo segue non lo serve. Servono dunque Gesù Cristo, coloro che non cercano i propri interessi ma quelli di Gesù Cristo (cf. Ph 2,21). Mi segua vuol dunque dire: segua le mie vie, non le sue, così come altrove sta scritto: Chi dice di essere in Cristo, deve camminare così come egli cammino (1Jn 2,6). Cosi, ad esempio, se uno porge il pane a chi ha fame, deve farlo animato da misericordia, non per vanità, non deve cercare in quel gesto altro che l'opera buona, senza che sappia la sinistra ciò che fa la destra (Mt 6,3), di modo che l'opera di carità non debba essere sciupata da secondi fini. Chi opera in questo modo, serve Cristo; e giustamente sarà detto di lui: Ogni volta che l'avete fatto ai più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me (Mt 25,40). Chi compie per Cristo, non solamente opere di misericordia corporali, ma qualsiasi opera buona (e qualsiasi opera è buona se tiene conto del principio che il fine di tutta la legge è Cristo, a giustizia di ognuno che crede (Rm 10,4)), egli è servo di Cristo, specie se giungerà fino a quella grande opera di carità che consiste nell'offrire la propria vita per i fratelli, che equivale a offrirla per Cristo. Perché anche questo dirà riferendosi alle sue membra: Quanto hai fatto per essi, lo hai fatto per me. A questo riguardo egli stesso si degno farsi e chiamarsi servo, quando disse: Come il Figlio dell'uomo non venne per farsi servire ma per servire, e dare la sua vita per molti (Mt 20,28). Donde ne segue che ciascuno è servo di Cristo per quelle medesime opere per cui anche Cristo è servo. E chi serve Cristo in questo modo, il Padre suo lo onorerà con quel singolare onore di accoglierlo con suo Figlio in una felicità senza fine.

4. 13. Sicché, o fratelli, quando sentite il Signore che dice: Dove sono io, ivi sarà anche il mio servo, non vogliate pensare solamente ai vescovi e sacerdoti degni. Anche voi, ciascuno a suo modo, potete servire Cristo, vivendo bene, facendo elemosine, facendo conoscere a quanti vi è possibile il suo nome e il suo insegnamento. E così ogni padre di famiglia si senta impegnato, a questo titolo, ad amare i suoi con affetto veramente paterno. Per amore di Cristo e della vita eterna, educhi tutti quei di casa sua, li consigli, li esorti, li corregga, con benevolenza e con autorità. Egli eserciterà così nella sua casa una funzione sacerdotale e in qualche modo episcopale, servendo Cristo per essere con lui in eterno. Molti come voi, infatti, hanno compiuto il supremo sacrificio, offrendo la propria vita. Tanti che non erano né vescovi né chierici, tanti fanciulli e vergini, giovani e anziani, sposi e spose, padri e madri di famiglia, hanno servito il Cristo fino alla suprema testimonianza del sangue; e poiché il Padre onora chi serve il Cristo, hanno ricevuto fulgidissime corone.


Agostino - Commento Gv 50