Agostino Salmi
Sant'Agostino
Nella tavola,vengono riportate le indicazioni cronologiche dello Zarb (Z.), del Rondet (H.) e di La Bonnardière (La B.)
SALMI LUOGO (Zarb) ZARB ([1]) RONDET LA BONNARDIÈRE
1-10 392 394 c. ([2])
11-32 392
18, 2 Ippona 411-412 412-415 (2)
21, 2 Ippona 23-3-395 412-415 (2) 10-4-407, merc. sant. ([3])
25, 2 Ippona post. 410 400-411 (2) 411 ([4])
26, 2 Ippona 411-412 2,a m. 415 (2)
29, 2 Ippona 414-415 primi ann. episc. (2)
30, 2, s. 1-3 Cartagine 411, 412 (lugl.) 412-415 (2)
31, 2 Cartagine genn. 413 () 412-415 (2)
32, 2, s. 1-2 Ippona 26-7-403 autunno 403 a Cartagine (2)
33, 1-2 Ippona 395-405 395-405 ([5])
34, 1-2 Tagaste estate 414 inverno 412-413 a Cartagine (?) (5)
35 Ippona quadr. 412 412-413 (5)
36, 1 Ippona 19-10-403 autunno 403 a Cartagine (5)
36, 2-3 Ippona 1-8/11/403 autunno 403 a Cartagine (5)
37 Ippona marzo 395 post. 415 (5)
38 Cartagine sett.-dic. 412 inverno 412-413 (?) (5)
39 Cartagine 411-413 411-415, a Ippona (5)
40 Cartagine 411-413 prima del S. 39 (5)
41 Ippona post. 410
42 Ippona 25-8-403
43 Ippona quadrag. 412
44 Ippona 2-9-403
45-49 Ippona quadrag. 412
50 Cartagine 411-413
51 Cartagine genn. 413
52 Tagaste T.P. 414
53 Cartagine genn. 413
54 Ippona 4-395, T.P. 407-408 ([6])
55 Cartagine 412-413
56 Ippona 395, T. P.
57 Ippona 8-403
58-59 Cartagine 1-413, giov.
60 Ippona quadrag. 412
61 Cartagine sett. dic. 412 post. 415 ([7])
62 Ippona quadrag. 412
63 Ippona 395, T. P.
64 Cartagine 26-28/12/412 415 post. Pasqua (7)
65 Ippona quadrag. 412
66 Cartagine sett. dic. 412
67 414-416 prima di Pasqua 415 (3)
68 Tagaste estate 414 prima del 413 (5)
69 Ippona 411-412
70 Ippona 414-415
71 414-416 prima di Pasqua 415 (3)
72 Cartagine 14-9-411
73 Ippona quadrag. 412
74-75 Ippona 411-412
76 Cartagine sett. dic. 412 dal 413 in poi (5)
77 414-416 prima di Pasqua 415 (3)
78 414-416 dal 415 in poi (3)
79 Ippona quadrag. 412
80 Ippona 19-10-403 411 (a Cartagine) ([8])
81 414-416 dal 415 in poi (3)
82 414-416 dal 415 in poi (3)
83 Ippona 414-415
84 Ippona post. 410
85 Cartagine 13-9-412, Vig. di S. Cipriano post. 415 (7)
86 Cartagine 14-9-412, Festa di S. Cipr. post. 415 (7)
87 414-416
88, s. 1-2 Ippona 411-412 411 (a Cartagine) (8)
89 414-416 415 (5) dal 415 in poi (3)
90, 1-2 Cartagine sett. dic. 412
91-92 Ippona quadr. 412
93 Tagaste estate 414
94 Ippona 393-394
95 Cartagine 22-12-412 6-4-407, sab. (?) (3)
96 Ippona 4/396-399 forse T. P. 399, a Cartagine (3)
97 Ippona 493-494
98 Cartagine 411-413
99 Cartagi ne sett. dic. 412 ([9])
100-101 Ippona 4-395, T. P.
102 Cartagine sett. dic. 412
103 Cartagine sett. dic. 412 ant. al 412 (8) poco post. al 411 (3)
104 414-416 dal 415 in poi (3)
105 414-416 post. 418 (3)
106 Ippona 411-412
107 414-416 dal 415 in poi (3)
108 414-416 post. 418 (3)
109 Ippona quadr. 412
110-117 Ippona T. P. 414 prob. 400 o 408 (3)
118 418 dal 422 in poi (3)
119 Cartagine sett. dic. 412 ([10]) 12-406, a Ippona (3)
120 Cartagine 12-412 5-12-406, mercol., a Ippona
121 Cartagine 12-412 15?-12-406, sabato?, a Ippona
122 Cartagine 7-8/12/412 post. 412 (a Ippona) (5) 12-406, a Ippona
123 Cartagine 9-10/12/412 22?-12-406, sabato?, a Ippona
124 Cartagine 10-12/12/412 12-406, a Ippona
125 Cartagine 12-13/12/412 12-406, a Ippona
126 Cartagine 14-15/12/412 5?-1-407, sabato?, a Ippona
127 Cartagine 17-12-412, Festa di S. Felice 14?-1-407, lunedí?, a Ippona
128 Cartagine 18-12-412 27-3-407, merc. (?), a Ippona
129 Cartagine 19-12-412 28-3-407, giov. (?), a Ippona
130 Cartagine 20-12-412 3-4-407, merc. (?), a Ippona
131 Cartagine 21-12-412 5-4-407, vener. (?), a Ippona
132-133 Cartagine 23-12-412 8-4-407, lunedì, a Ippona
134 Ippona 411-412
135 414-416 post. 418 (3)
136 Cartagine 31-12-412 T. P. 415 (7)
137 Ippona 5-12-414, Festa di S. Crispina
138 Cartagine 27-29/12/412 T. P. 415 (7)
139 Tagaste estate 414
140 Ippona 414-415, Vigilia SS. Martiri
141 Ippona 414-415, Festa SS. Martiri
142 Ippona 414-415 post. 415 (7)
143 Cartagine 28-30/12-412 post. 412 (5)
144 Utica 16-18/8/414-414
145 Ippona 4-395, T. P.
146-147 Cartagine sett. dic. 412
148 Ippona 4-395, T. P.
149 Cartagine 411-413
150 414-416 dal 415 in poi (3)
N.B. Più recenti studi hanno precisato che sono state predicate a Cartagine, e non ad Ippona, le seguenti Esposizioni: 25, 2; 32, 2; 33; 36; 41; 42; 44; 57; 80; 84; 96.
[1] S. ZARB, Chronologia Enarrationuin S. Augustini in Psalmos, Malta, 1948, pp. 253-256.
[2] H. RONDET, “ Essais sur la chronologie des 'Enarrationes in psalmos' de saint Augustin ” in Bulletin de littérature ecclésiastique, 61 (1960), 111-127 e 258-286
[3] IDEM, Recherches de cronologie augustinienne, Paris, Études Augustiniennes, 1965; pone i salmi graduali (119-133) e i salmi 95 e 21, 2 a Ippona nell'inverno del 406-407, come nello schema., oppure nel 407-408.
[4] A. M. LA BONNARDIÈRE, “ Note de chronologie augustinienne. Notice sur le psaume 25 ” in Recherches de Science religieuse, 45 (1957), 91-93.
[5] IDEM, “ Essais sur la chronologie des 'Enarrationes in psalmos' de saint Augustin ” (Suite) in Bulletin de littérature ecclésiastique, 65 (1964), 110-136.
[6] IDEM, “ Chronologie augustiníenne. Le sermon sur le psaume 54 ” in Théologie aus dem Geist der Geschichte, Festschrift für Berthold Altaner, Sonderausgabe des “ Historischen Jahrbuches ”, 77 (1957-1958), 403-407.
[7] A. LAURAS et H. RONDET, Le thème des deux cités dans l'oeuvre de saint Augustin, Paris, Études Augustiniennes, 1953, 99-160.
[8] IDEM, “ Notes de exégèse augustinienne ” in Recherches de Science religieuse, 39 (1951), 472-477.
[9] G. FOLLIET, “ Bulletin augustinien pour 1956 ” in Revue des Etudes Augustiniennes, 5 (1959), n. 115 p. 271: espone l'ipotesi che l'En. in ps. 99 sia da anticiparsi al 403-404.
[10] M. LE LANDAIS (Deux années de prédication de S. Augustin, Paris, Études Augustiniennes, 1951, 11 ss.) colloca i salmi graduali (119-133) verso il 414-415 a Ippona.
1 Ps 1
ESPOSIZIONE
1. [v 1.] Beato l’uomo che non va secondo il consiglio degli empi: queste parole van riferite a Nostro Signor Gesù Cristo, cioè all’Uomo del Signore. Beato l’uomo che non va secondo il consiglio degli empi, come l’uomo terrestre il quale acconsentì alla donna ingannata dal serpente, trasgredendo in tal modo ai precetti divini. E nella via dei peccatori non si ferma: poiché se Cristo è realmente passato per la via dei peccatori, nascendo come i peccatori, non vi si è fermato dato che non lo hanno trattenuto le lusinghe del mondo. E sulla cattedra di pestilenza non si siede: ossia non ha ambito per superbia un regno terreno. Giustamente la superbia è definita cattedra di pestilenza, in quanto non vi è quasi nessuno alieno dalla passione del potere e che non aspiri a una gloria umana: e la pestilenza non è dal canto suo che una malattia largamente diffusa e che coinvolge tutti, o quasi tutti. Tuttavia, in senso più pertinente, si può intendere con cattedra della pestilenza anche una dottrina perniciosa, il cui insegnamento si diffonde come un tumore maligno (2Tm 2,17). È poi degna di considerazione la successione delle parole: va, si ferma, si siede. L’uomo se ne è andato quando si è allontanato da Dio; si è fermato quando si è compiaciuto nel peccato; si è seduto quando, appesantito dalla sua superbia, non ha più saputo tornare indietro, se non fosse stato liberato da colui che non è andato secondo il consiglio degli empi, non si è fermato sulla via dei peccatori, non si è seduto sulla cattedra della pestilenza.
2. [v 2.] Ma nella legge del Signore è la sua compiacenza e nella legge di lui medita giorno e notte. La legge non è fatta per il giusto ( 1Tm 1,9), dice l’Apostolo; ma non è lo stesso essere nella legge o sotto la legge: colui che è nella legge, opera in conformità ad essa; chi è sotto la legge, è costretto a muoversi secondo essa. Il primo è libero, il secondo servo. Di conseguenza una cosa è la legge scritta e imposta al suddito, un’altra la legge accolta nell’anima da colui che non ha bisogno del precetto scritto. Medita giorno e notte: può significare incessantemente, o nel giorno, cioè nella letizia, e nella notte, cioè nella prova.
Sta scritto infatti: Abramo vide il mio giorno e si rallegrò (Jn 8,56); e, riguardo alla prova, perfino nella notte mi ammoniscono i miei reni (Ps 15,7).
3. [v 3.] Egli è come un albero ch’è piantato lungo correnti di acque: il che si può intendere o nei riguardi della stessa Sapienza, che si è degnata di assumere la natura umana per la nostra salvezza, in modo che l’uomo è divenuto albero piantato lungo correnti d’acqua: il che può rispondere al senso per cui in un altro salmo è detto: il fiume di Dio è colmo di acque (Ps 64,10), o riguardo allo Spirito Santo del quale è detto: Egli vi battezzerà nello Spirito Santo (Mt 3,11), e ancora: Chi ha sete, venga a me e beva (Jn 7,37); e in altro luogo: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice: - Dammi da bere -, tu stessa gli avresti fatta questa domanda, ed egli ti avrebbe data dell’acqua viva...; chi beve di quest’acqua non avrà mai più sete, ma essa diventerà in lui una sorgente d’acqua zampillante nella vita eterna (Jn 4,10 Jn 13 Jn 14). Lungo correnti di acque può anche significare per i peccati dei popoli, dal momento che l’Apocalisse (Cf. Ap 17,15) raffigura i popoli nelle acque, e corrente può intendersi ragionevolmente come caduta attinente alla colpa. E dunque l’albero, che è Nostro Signore, dalle acque correnti, cioè dai popoli peccatori, traendoli alla via e radicandoli nella sua dottrina, darà frutto, ossia costituirà le chiese; a suo tempo, ossia dopo che sarà stato glorificato nella risurrezione e nell’ascesa al Cielo. È infatti dopo aver inviato lo Spirito Santo agli Apostoli, confermandoli nella loro fede e indirizzandoli ai popoli, che ha prodotto il frutto delle chiese. E il cui fogliame non cade, ossia la cui parola non è vana: poiché erba è tutta la carne e tutta la sua gloria è come il fiore del campo; l’erba si seccò e il fiore cadde, ma la parola del Signore resta per sempre (Is 40,6-8). E tutto quel ch’egli fa, riesce bene, ossia tutto ciò che quell’albero avrà prodotto, in frutti e in foglie, ossia in fatti e in parole.
4. [v 4.] Non così gli empi, non così! ma son come polvere che il vento disperde dalla faccia della terra: per terra si intende qui la stabilità in Dio, della quale si dice: Il Signore è la porzione della mia eredità... delizioso davvero per me è il mio retaggio (Ps 15,5 Ps 6); e ancora: Spera nel Signore e segui la sua via, e t’innalzerà su a posseder la terra (Ps 36,34); e in altro luogo: Beati i mansueti, perché essi possederanno la terra (Mt 5,4). La similitudine poi deriva dal fatto che come la terra visibile alimenta e sostiene l’uomo esteriore, così quella terra invisibile alimenta e sostiene l’uomo interiore. Ed è da questa terra che il vento, cioè la superbia che gonfia, spazza via l’empio. Tenendosi lontano dalla superbia, colui che si inebria dell’abbondanza della casa di Dio e si disseta al torrente delle sue delizie, dice: Non si levi contro di me il piede del superbo (Ps 35,9 Ps 12). Da questa terra la superbia ha scacciato colui che disse: Sederò nei penetrali aquilonari, sarò simile all’Altissimo (Is 14,13 Is 14); e dalla faccia di questa terra ha spazzato via anche colui il quale, acconsentendo a gustare dei frutti dell’albero proibito, per essere come Dio, si nascose dalla faccia di Dio (Cf. Gn 3,6 Gn 8). Che questa terra riguardi l’uomo interiore, e che da essa l’uomo sia scacciato dalla superbia, soprattutto lo si può intendere dalle parole: Perché insuperbisce la terra e la cenere? un tale uomo già da vivo ha gettato via le sue viscere (Si 10,9 Si 10); per cui l’espressione “spazzato via” può ragionevolmente intendersi come “si è spazzato via da se stesso”.
L'empio e il peccatore.
5. [v 5.] Perciò non si leveranno su nel giudizio: appunto perché sono spazzati via come polvere dalla faccia della terra; ed è detto egregiamente che ai superbi viene sottratto quello che maggiormente ambiscono, cioè la facoltà di giudicare, il che ancor più chiaramente può intendersi dalle parole che seguono: né i peccatori nel consesso dei giusti; infatti vien così ripetuto in maniera più distesa quanto era stato espresso precedentemente, intendendo per peccatori gli empi; sì che quanto sopra è detto del giudizio, viene ora affermato del consiglio dei giusti. E pur essendo gli empi altra cosa dai peccatori, di modo che, sebbene ogni empio sia peccatore, non per questo ogni peccatore è empio, gli empi non si leveranno su nel giudizio, ossia si leveranno ma non per essere giudicati perché ormai destinati a certissime pene; laddove i peccatori non si leveranno nel consesso dei giusti, ossia per giudicare, ma piuttosto per essere giudicati, in modo che di loro possa dirsi: L’opera di ciascuno si farà manifesta; e se rimarrà quel lavoro che uno ha sopraedificato, ne avrà ricompensa; se l’opera di qualcuno sarà bruciata, ne soffrirà danno: egli però sarà salvato, così appunto per mezzo del fuoco (1Co 3,13-15).
La scienza di Dio, e l'essere.
6. [v 6.] Perché sa il Signore la via dei giusti. Così come si dice che la medicina conosce la salute, ma non le malattie, e tuttavia anche le malattie si conoscono per mezzo dell’arte medica, allo stesso modo si può dire che il Signore conosce la via dei giusti e non quella degli empi. Non che il Signore ignori cosa alcuna anche se dice ai peccatori: Non vi conosco (Mt 7,23) -; e vengono poi le parole ma la via degli empi va in malora, ed è come se si dicesse: il Signore non conosce la via degli empi -; ma più efficacemente viene affermato che essere ignorati dal Signore è perire, ed essere conosciuti da Dio è permanere, poiché alla conoscenza di Dio attiene l’essere, così come all’ignoranza il non essere. Dice infatti il Signore: Io sono Colui che è e Colui che è mi ha mandato (Ex 3,14).
2 Ps 2
ESPOSIZIONE
I persecutori del Signore.
1. [vv 1.2.] Perché fremono le genti e i popoli macchinano cose vane? Si fanno avanti i re della terra, e i principi si collegano insieme contro il Signore e contro il suo Messia. È detto perché come per dire invano; infatti non hanno ottenuto ciò che volevano, che Cristo fosse annientato. Ci si riferisce qui ai persecutori del Signore, che sono menzionati anche negli Atti degli Apostoli (Cf. Ac 4,26).
2. [v 3.] Spezziamo i loro vincoli, gettiamo lungi da noi il loro giogo. Sebbene queste parole possano essere interpretate anche altrimenti, tuttavia è più conveniente ritenerle come pronunziate da coloro che - come ha detto il Salmista - hanno tramato invano; in modo che questo sia il senso: spezziamo i loro vincoli e gettiamo lungi da noi il loro giogo, ossia diamoci da fare affinché la fede cristiana non ci avvinca né ci sia imposta.
3. [v 4.] Colui che abita nei cieli ride di loro, e il Signore li schernisce. Il concetto è ripetuto: infatti al posto di colui che abita nei cieli, successivamente sta scritto Signore, ed al posto di ride, leggiamo poi schernisce. Tuttavia, niente di tutto questo deve essere inteso in senso carnale, come se Dio ridesse con la bocca o facesse sberleffi con il naso; dobbiamo piuttosto intendere che si riferisce a quella forza che Dio dà ai suoi santi, affinché essi, vedendo gli eventi futuri, cioè il nome di Cristo e la sua potenza che si estenderà sulle genti a venire e conquisterà tutte le nazioni, comprendano che i persecutori hanno tramato cose vane. E questa forza per cui son preconosciute tali cose è appunto il ridere e lo schernire di Dio. Colui che abita nei cieli ride di loro. Se per cieli intendiamo le anime dei santi, è per mezzo di queste che Dio, conoscendo con esattezza il futuro, riderà e si farà beffe di costoro.
L'ira di Dio.
4. [v 5.] Allora parla ad essi nella sua ira, nel suo sdegno li sgomenta. Mostrando più chiaramente in qual modo parlerà loro, soggiunge: li sgomenterà, affinché all’espressione nella sua ira, corrisponda l’espressione nel suo sdegno. Non si deve intendere per ira e per sdegno del Signore una emozione dell’animo, ma la forza con cui punisce in perfetta giustizia, essendo la creazione intera soggetta a servirlo. Dobbiamo appunto, in modo particolare, intendere bene e ritenere ciò che sta scritto in Salomone: ma, padrone della [tua] forza, con tranquillità giudichi, e con grande indulgenza ci governi (Sg 12,18).
L’ira di Dio è dunque quel movimento che sorge nell’anima che conosce la legge di Dio, quando vede tale legge violata dal peccatore: e in forza di questa reazione nelle anime dei giusti, molte cose vengono punite. Peraltro, l’ira di Dio può anche essere correttamente interpretata come la stessa obnubilazione dell’anima che s’impadronisce di coloro che trasgrediscono la legge di Dio.
Sion figura della Chiesa.
5. [v 6.] Io sono stato costituito da lui re su Sion, il suo santo monte, per annunziare il comandamento del Signore. Tutto questo si è reso manifesto nella persona del Signore nostro Gesù Cristo. Se Sion, come qualcuno interpreta, significa contemplazione, in essa dobbiamo vedere più propriamente la Chiesa, ove ogni giorno si leva la tensione a contemplare lo splendore di Dio come dice l’Apostolo: noi, che a viso scoperto, contempliamo la gloria del Signore (2Co 3,18). Il senso è dunque questo: io sono stato costituito da lui re sulla sua santa Chiesa, che chiama monte per la sua altezza e la sua stabilità. Io sono stato costituito da lui re, proprio io, del quale essi tentavano di spezzare i vincoli e di gettare lontano il giogo. Per annunziare il suo comandamento: chi non comprende questo, quando ogni giorno più volte si verifica?
L'eternità.
6. [v 7.] Il Signore mi ha detto: mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato. Sebbene possa sembrare anche che si parli profeticamente di quel giorno in cui Gesù Cristo è nato come uomo, tuttavia - poiché oggi significa il presente, e nell’eternità non c’è alcunché di passato come se avesse cessato di essere, né di futuro come se ancora non fosse ma c’è soltanto il presente, in quanto ciò che eterno è sempre - si intende riferita a Dio quell’espressione: io oggi ti ho generato, con cui la verace e cattolica fede annunzia l’eterna generazione della potenza e della sapienza di Dio, che è il Figlio Unigenito.
Dominio universale di Cristo.
7. [v 8.] Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità. Questo si intende in senso temporale, riguardo l’uomo assunto [da Cristo], che ha offerto se stesso in sacrificio in luogo di tutti i sacrifici e che, inoltre, intercede per noi (Cf. Rm 8,34); di modo che si riferiscono alla intera economia temporale del piano di salvezza, che si è compiuta in favore del genere umano, le parole: chiedi a me, chiedi cioè che le genti si uniscano nel nome di Cristo e siano così redente dalla morte e possedute da Dio. Ti darò le genti in tua eredità, onde tu le possegga per la loro salvezza, ed esse ti diano frutti spirituali. E in tuo possesso i confini della terra. Si ripete lo stesso concetto. Confini della terra esprime ciò che è detto con genti; ma più chiaramente, per farci intendere che si tratta di tutte le genti. E in tuo possesso significa ciò che è detto con le parole in tua eredità.
8. [vv 9.10.] Li reggerai con verga di ferro, nella giustizia inflessibile. E come vasi di creta li frantumerai, cioè frantumerai in essi i desideri carnali, i commerci immondi del vecchio uomo e tutto quanto è stato contratto ed è penetrato del fango del peccato. Ed ora, re, abbiate giudizio. Ed ora, cioè già rinnovati, dopo che sono stati già frantumati i rivestimenti di fango, ossia gli involucri carnali dell’errore che appartengono alla vita passata: abbiate giudizio voi già re, ossia capaci di dominare quanto c’è in voi di servile e di bestiale, già validi a combattere, non quasi percuotendo l’aria, ma mortificando i vostri corpi e sottomettendoli all’obbedienza (Cf. 1Co 9,26 1Co 27). Rinsavite, tutti voi che giudicate la terra. Di nuovo il concetto è ripetuto. Rinsavite tiene luogo di abbiate giudizio e voi che giudicate la terra esprime ciò che è detto con re.Viene infatti indicato che coloro che giudicano la terra sono gli uomini spirituali; perché tutto quello che giudichiamo è a noi inferiore, e quanto è inferiore all’uomo spirituale è detto giustamente terra, in quanto è insozzato dalla corruzione terrena.
Servire Dio con gioia e timore.
9. [v 11.] Servite al Signore con timore, perché non si volgano in superbia le parole: re che giudicate la terra. Ed esultate in lui con tremore. Molto opportunamente è aggiunto esultate, in modo che le parole servite al Signore con timore, non sembrino infondere afflizione. Ma di nuovo, per evitare che l’invito ad esultare solleciti manifestazioni avventate, si aggiunge con tremore, perché ne derivi prudenza e vigile custodia nella santificazione. Anche così si possono intendere le parole e ora, re, abbiate giudizio, cioè, ora che io sono stabilito quale re, non siate tristi, o re della terra, come se vi fosse sottratto il vostro bene; ma piuttosto rinsavite ed imparate. A voi conviene infatti essere soggetti a lui, da cui deriva per voi intelligenza e comprensione. E ciò vi conviene non per regnare avventatamente, ma per obbedire con tremore al Signore di tutti, e gioire nella sicura e verace beatitudine cauti e attenti a non precipitare da essa per colpa della superbia.
10. [v 12.] Impadronitevi dell’ammonizione affinché non si adiri il Signore e periate lontano dalla giusta via. Questo è quanto ha già detto con le parole comprendete e rinsavite. Infatti, comprendere e rinsavire significa impadronirsi della dottrina. Nondimeno, nel dire impadronitevi, è sottintesa chiaramente l’esistenza di una certa difesa e protezione contro tutte le cose che potrebbero nuocere, se non ci siamo impadroniti con adeguata cura di quell’ausilio. Affinché non si adiri il Signore è detto poi in senso dubitativo; non dal punto di vista della previsione del profeta, per il quale l’evento è certo, ma dal punto di vista di quelli cui l’ammonimento è rivolto, dato che sono soliti nutrire dubbi sull’ira di Dio proprio coloro ai quali essa non si è apertamente rivelata. È questo dunque che essi debbono dire a sé medesimi: abbracciamo l’ammonimento, affinché non si adiri il Signore e noi precipitiamo dalla giusta via. Già prima è stato spiegato in che senso debbono intendersi le parole si adiri il Signore. E precipitiate dalla giusta via. Si tratta di una pena grandissima, intensamente temuta da coloro che hanno assaporato un poco della dolcezza della giustizia. Chi infatti precipita dalla via della giustizia, errerà con grande sofferenza per le vie dell’iniquità.
La beatitudine.
11. [v 13.] Quando rapidamente divamperà la sua ira, beati tutti coloro che confidano in lui. Cioè, quando verrà la vendetta preparata per gli empi e i peccatori, non solo essa non colpirà coloro che confidano nel Signore, ma li farà anche progredire nell’intelligenza e nell’elevazione al Regno. Non è detto infatti: quando rapidamente divamperà la sua ira saranno sicuri tutti coloro che confidano in lui, come se essi avessero soltanto il vantaggio di non essere puniti; ha detto invece beati, in cui si somma la totalità di ogni bene. Quanto poi alla parola rapidamente, credo significhi che il divampare sarà qualcosa di fulmineo, mentre i peccatori lo considereranno lontano e remoto nel futuro.
3 Ps 3
ESPOSIZIONE
David figura di Cristo.
1. [v 1.] Salmo di David, nel fuggire dal cospetto di Assalonne, suo figlio. Ci convincono che questo salmo è detto della persona di Cristo le parole: Mi son coricato e ho preso sonno, e mi sono levato perché il Signore mi sorregge (Ps 3,6). Tali parole, infatti, si adattano di più alla passione e alla risurrezione del Signore che a quella vicenda in cui si narra che David fuggì davanti a suo figlio, in armi contro di lui (Cf. 2S 15,17). Siccome poi dei discepoli di Cristo sta scritto: Finché con essi è lo sposo, non digiunano i figli dello Sposo (Mt 9,15), non è strano che l’empio figlio di David raffiguri l’empio discepolo che tradì Cristo. E anche se storicamente si può intendere che [Cristo] fuggì dal suo cospetto quando, andatosene il discepolo, si ritirò con gli altri sul monte, tuttavia, in senso spirituale si può correttamente ritenere che Cristo sia fuggito dalla faccia di lui allorché il Figlio di Dio, cioè la potenza e la sapienza di Dio, abbandonò l’anima di Giuda nel momento in cui il diavolo la occupò completamente, come appunto sta scritto: e il diavolo entrò nel suo cuore (Jn 13,2). Non già perché Cristo si ritirasse di fronte al diavolo, ma perché il diavolo, allontanandosi Cristo, se ne impadronì. Credo che l’allontanarsi, in questo salmo, sia chiamato fuga a causa della rapidità, il che è espresso anche dalle parole del Signore: quello che fai, fallo presto (Jn 13,27). Parliamo così anche nell’uso comune, tanto che diciamo: mi sfugge, di ciò che non ci viene in mente; e di un uomo dottissimo diciamo: niente gli sfugge. La verità dunque fuggì dall’anima di Giuda, allorché cessò di illuminarla. Orbene Assalonne, così certuni traducono, in latino significa pace del Padre. Può apparire strano in qual modo si possa intendere pace del Padre, sia nella storia dei regni dato che Assalonne mosse guerra contro il padre, sia nella storia del Nuovo Testamento dato che Giuda fu il traditore del Signore. Ma anche là quanti leggono attentamente vedono che in quella guerra David serbò sentimenti di pace verso il figlio, e anzi, con grande dolore ne pianse la morte, dicendo: Assalonne, figlio mio, chi mi concederà di morire per te? (2 Sam 2S 18,33); nella storia del Nuovo Testamento, poi, per quella grande e ammirabile pazienza di nostro Signore nel tollerare il traditore come fosse un fedele, pur non ignorando i suoi pensieri; nell’ammetterlo alla Cena in cui raccomandò e donò ai discepoli il sacramento del suo corpo e del suo sangue; nell’accettare infine il suo bacio nel momento stesso del tradimento (Cf. Mt 26,49), si comprende bene come Cristo abbia offerto al suo traditore la pace, benché questi fosse sconvolto dalla guerra interiore suscitata dalla sua tanto scellerata decisione. E per questo Assalonne è detto pace del Padre, perché il padre ebbe la pace che egli non ebbe.
2. [vv 2.3.] Signore, come si sono moltiplicati coloro che mi perseguitano! Tanto si sono moltiplicati che neppure tra i discepoli manca chi è passato nel novero dei persecutori. Molti insorgono contro di me; molti dicono alla mia anima: non c’è salvezza per lui nel suo Dio. È evidente che non lo avrebbero ucciso, se avessero avuto fiducia nella sua risurrezione. Questo significano le parole: discenda dalla croce se è figlio di Dio; e: ha salvato gli altri, non può salvare se stesso (Mt 27,40 Mt 42). Neppure Giuda dunque lo avrebbe tradito, se non fosse stato nel numero di coloro che disprezzavano Cristo, dicendo: non c’è salvezza per lui nel suo Dio.
3. [v 4.] Le parole: ma tu, Signore, sei il mio assuntore sono rivolte a Dio in quanto uomo; perché l’assunzione dell’uomo è il Verbo fatto carne. Mia gloria: chiama Dio sua gloria anche colui che è stato assunto dal Verbo di Dio in tal modo da divenire, insieme a Lui, Dio. Imparino i superbi, i quali ascoltano malvolentieri quando si dice loro: che hai che tu non abbia ricevuto? E se hai ricevuto, di che ti glori quasi tu non avessi ricevuto? (1Co 4,7) Tu sei colui che rialza il mio capo. Credo che si debba intendere qui la stessa mente dell’uomo, la quale a buon diritto è chiamata capo dell’anima, poiché si è così unita e in certo modo congiunta alla infinita eccellenza del Verbo che assume l’uomo, da non essere avvilita nemmeno nell’immensa umiltà della passione.
PregareDio col cuore.
4. [v 5.] Con la mia voce ho gridato verso il Signore, cioè non ho gridato con la voce del corpo, la cui sonorità risulta dalla vibrazione dell’aria, ma con la voce del cuore, che è silenziosa per gli uomini ma a Dio suona come un grido. Susanna (Cf. Da 13,44) fu esaudita con questa voce; con questa voce il Signore stesso ci ha insegnato a pregare senza rumore nei luoghi chiusi, cioè nel segreto del cuore (Cf. Mt 6,6). E non si venga a dire che si prega meno intensamente per il fatto che nessuna parola esce dalla nostra bocca; infatti anche quando preghiamo silenziosamente nel nostro cuore, se dei pensieri estranei vengono a distrarre dal suo raccoglimento colui che prega, non possiamo più dire: con la mia voce ho gridato verso il Signore.
Possiamo correttamente dire queste parole soltanto quando l’anima, senza trascinarsi dietro niente della carne e niente dei propositi carnali, da sola parla al Signore. Allora questa preghiera si può ben chiamare grido per il vigore della tensione che la anima. E mi ha esaudito dal suo santo monte. Dal profeta il Signore stesso è indicato come monte, ove sta scritto che la pietra distaccata senza le mani dell’uomo è cresciuta sino alla grandezza di una montagna. (Cf. Da 2,35) Ma queste parole non possono essere accolte come dette dalla sua persona stessa, a meno che egli non abbia voluto dire così: da me stesso, come dal suo santo monte, mi ha esaudito, in quanto abitava in me, cioè abitava nel monte medesimo. È più chiaro però e più semplice intendere che Dio lo ha esaudito per la sua giustizia. Era giusto infatti che l’Innocente ucciso, al quale è stato retribuito male per bene, risuscitasse dai morti e ripagasse i persecutori con degna mercede. Leggiamo infatti: la tua giustizia è come i monti di Dio. (Ps 35,7)
Concetto di profezia.
5. [v 6.] Io ho dormito, e ho preso sonno. Si può osservare che non senza ragione è detto Io, per fare intendere che di sua volontà [il Cristo] ha sopportato la morte, conforme alle parole: per questo il Padre mi ama, perché io dò la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie; ho potere di darla, ed ho potere di riprenderla (Jn 10,17 Jn 18). Per questo motivo egli dice: voi non mi avete preso e ucciso quasi contro la mia volontà, ma io ho dormito e ho preso, sonno, e mi sono levato, giacché il Signore mi sorregge. Innumerevoli volte, infatti, le Scritture recano sonno per morte, come dice l’Apostolo: non voglio che voi restiate all’oscuro, fratelli, riguardo a coloro che hanno preso sonno (1Th 4,13). Non occorre indagare perché è aggiunto ho preso sonno, dato che già ha detto ho dormito. Le Scritture sono solite infatti usare ripetizioni di questo genere, come già abbiamo mostrato più volte nel secondo salmo. Alcuni codici peraltro riportano: ho dormito, e sono stato preso dal sopore. Altri interpreti recano altrimenti, nel modo in cui sono riusciti a tradurre le parole greche . A meno che non si possa intendere l’addormentarsi come proprio del morente, e il sonno del morto, in modo che l’addormentarsi sia lo stato dal quale si passa al sonno, come il ridestarsi è lo stato dal quale si passa alla veglia. Non dobbiamo credere che nei libri divini queste ripetizioni siano poste a scopo di inutile ornamento del discorso. Corretto è dunque tradurre io ho dormito e ho preso sonno: cioè io ho concesso me stesso alla passione, e la morte è venuta dopo. E mi sono levato giacché il Signore mi sorreggerà. Qui dobbiamo prestare maggiore attenzione per capire perché vi sia, in una sola proposizione, il verbo al tempo passato e al tempo futuro. Prima infatti è detto: Mi sono destato, che concerne il passato, e poi sorreggerà che riguarda il futuro; non avrebbe certamente potuto risorgere, senza essere così sorretto. Ebbene, nella profezia, giustamente i tempi futuri si mischiano a quelli passati, per significare gli uni e gli altri. Infatti le cose che sono profetate per l’avvenire, sono future secondo il tempo: ma secondo la conoscenza di coloro che le profetizzano, sono da considerare come già avvenute. Si mischiano nelle profezie anche i verbi al tempo presente dei quali tratteremo a loro luogo, quando li incontreremo.
6. [v 7.] Non avrò timore delle migliaia di persone che mi circondano. Nel Vangelo è scritto che una grande folla Lo circondava mentre soffriva e veniva crocifisso (Cf. Mt 27,39 ss). Lèvati o Signore, salvami mio Dio. L’esortativo lèvati non è detto a Dio come se dormisse o se ne stesse a giacere; ma è caratteristico delle Scritture divine attribuire alla persona di Dio ciò che accade in noi; non certo in ogni caso, ma laddove si può dire correttamente, come quando si dice che egli parla, mentre per suo dono parlano i Profeti o gli Apostoli, oppure qualsiasi altro messaggero della verità. Per questo l’Apostolo dice: volete forse ricevere una prova che Cristo parla in me? (2Co 13 2Co 3) Non ha detto: di colui per la cui illuminazione o per cui ordine io parlo; ha attribuito invece il parlare stesso a colui per il cui dono parlava.
7. [v 8.] Poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo. Non si deve stabilire così la punteggiatura, quasi fosse una sola proposizione: lèvati, o Signore, salvami mio Dio, perché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo. Non lo salva per questo, perché ha colpito i suoi nemici; ma piuttosto li ha colpiti dopo averlo salvato. Si riferisce insomma alle parole che seguono, in modo che il senso sia questo: poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo, hai spezzato i denti dei peccatori; cioè hai rotto i denti dei peccatori, giacché hai colpito tutti i miei avversari. La pena dei nemici è dunque di avere i denti spezzati: cioè sono ridotte senza vigore e quasi in polvere le parole dei peccatori che con le maledizioni fanno a brani il Figlio di Dio; per denti s’intendono così le parole ingiuriose. Di questi denti l’Apostolo dice: ma se vi mordete l’un l’altro, badate a non distruggervi a vicenda (Ga 5,15). I denti dei peccatori possono essere interpretati anche come i capi dei peccatori, per la cui autorità taluno è strappato dalla comunità di coloro che vivono rettamente, e viene quasi incorporato a coloro che vivono nel male. A questi denti si oppongono i denti della Chiesa, per la cui autorità i credenti sono strappati dall’errore dei Gentili e delle dottrine eterogenee, e sono trapiantati in essa che è il corpo di Cristo. Con questi denti a Pietro fu detto di mangiare gli animali uccisi, (Cf. Ac 10 Ac 13) uccidendo cioè nelle genti quello che esse erano e tramutandole in ciò che egli era. A proposito di questi denti della Chiesa leggiamo: i tuoi denti sono come un gregge di pecore tosate che risale dal lavacro, le quali partoriscono tutte gemelli, e non v’è tra esse una sterile. (Ct 4,2 Ct 6,5) Tali sono coloro che insegnano rettamente e come insegnano così vivono: costoro obbediscono alle parole del Signore: splendano le vostre opere al cospetto degli uomini, affinché lodino il Padre vostro che è nei cieli. (Mt 5,16) Persuasi dalla autorità di costoro, gli uomini credono in Dio che parla ed opera per loro mezzo, e, separandosi dal secolo cui si erano conformati, si mutano in membra della Chiesa. Giustamente perciò costoro, per i quali tutto questo accade, sono chiamati denti simili a pecore tosate, perché hanno abbandonato i pesi delle cure terrene, e, risalendo dal lavacro, ossia purificati della lordura del secolo per mezzo del sacramento del battesimo, partoriscono tutti gemelli. Adempiono infatti ai due comandamenti, a proposito dei quali è scritto: in questi due precetti si riassume tutta la legge e i profeti; (Mt 22,40) amano Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, e il prossimo come se stessi. Nessuno tra essi è sterile, giacché rendono a Dio tali frutti. In questo senso dunque si debbono intendere le parole: Hai spezzato i denti dei peccatori; cioè hai privato di ogni forza i capi dei peccatori, colpendo tutti coloro che mi avversavano senza motivo. I capi infatti, secondo la narrazione evangelica, lo hanno perseguitato, mentre la folla degli umili lo onorava.
8. [v 9.] Dal Signore viene la salvezza, e sul tuo popolo la tua benedizione. In una sola proposizione ha insegnato agli uomini ciò in cui debbono credere, e ha pregato per i credenti. Dicendo infatti: del Signore è la salvezza, ha rivolto la parola agli uomini, ma non continua così: e sul suo popolo la sua benedizione, come per riferire tutto agli uomini; ma la preghiera si rivolge a Dio stesso a vantaggio del medesimo popolo cui è detto: del Signore è la salvezza. Cosa vuol dire dunque se non che nessuno presuma troppo di sé, giacché spetta al Signore salvare dalla morte del peccato? Dice infatti l’Apostolo: me infelice uomo; chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 7,24 Rm 25). Quanto a te, o Signore, benedici il tuo popolo che spera salvezza da te.
La Chiesa è il Cristo totale.
9. [v 10.] Questo salmo può essere riferito anche in un altro senso alla persona di Cristo, nel senso cioè che egli quivi parli tutto intero: tutto intero dico, con il suo corpo di cui è capo, come dice l’Apostolo: voi siete infatti il corpo e le membra di Cristo (1Co 12,27). Egli è dunque il capo di questo corpo. Ecco perché altrove è detto: ma operando la verità nell’amore, ci accresciamo in ogni modo in lui che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo è connesso e composto (Ep 4,15 Ep 16). Insieme dunque, nel profeta, parlano il Capo e la Chiesa costituita in tutto il mondo in mezzo alle tempeste delle persecuzioni, come sappiamo essere già accaduto: Signore, come si sono moltiplicati coloro che mi perseguitano! Molti insorgono contro di me desiderosi di sterminare il nome cristiano. Molti dicono alla mia anima: non c’è salvezza per lui nel suo Dio. Non spererebbero di poter distruggere in qualche modo la Chiesa così largamente diffusa, se credessero che Dio si prende cura di lei. Ma tu, o Signore, sei il mio assuntore: in Cristo, senza dubbio. Infatti anche la Chiesa, in quell’uomo, è stata assunta dal Verbo, che si è fatto carne e ha abitato tra noi (Cf. Jn 1,14): poiché ci ha fatto sedere insieme con lui (Cf. Ep 2,6) nelle sedi celesti. Quando il capo precede, le altre membra lo seguono. Infatti, chi ci separerà dall’amore di Cristo? (Cf. Rm 8,35) Giustamente perciò anche la Chiesa dice: sei il mio assuntore, la mia gloria. Non attribuisce a sé ciò in cui eccelle, comprendendo che è tale per grazia e misericordia di lui. Tu colui che rialza il mio capo: proprio quello stesso che, primogenito dai morti, è asceso in cielo. Con la mia voce ho gridato verso il Signore, e mi ha esaudito dal suo santo monte. Questa è la preghiera di tutti i santi, l’odore soavissimo che sale al cospetto del Signore. Ecco che già la Chiesa è esaudita dal monte stesso, che è anche il suo Capo: oppure è esaudita da quella giustizia di Dio dalla quale sono liberati i suoi eletti, e puniti i loro persecutori. Dica dunque anche questo, il popolo di Dio: Io ho dormito, e ho preso sonno, e mi sono destato, perché il Signore mi sorreggerà, per unirsi e stare stretto al suo Capo. A questo popolo infatti è detto: risvegliati tu che dormi, e sorgi dai morti, e Cristo ti sarà vicino (Ep 5,14); giacché è stato tratto dai peccatori, dei quali è detto in generale: coloro che dormono, di notte dormono (1Th 5,7). Dica anche: non avrò timore delle migliaia di genti che mi circondano, cioè delle genti che lo assediano per annientare, se fosse possibile, il nome cristiano ovunque esso si trovi. Ma come temere, quando l’ardore dell’amore per Cristo divampa, alimentato come da olio per il sangue dei martiri? Lèvati, o Signore, salvami, mio Dio. Il corpo può dire questo al suo stesso Capo, perché è stato salvato nell’elevazione di quello che è sceso in alto, ha fatto prigioniera la schiavitù, ha dato doni agli uomini (Cf. Ps 67,19). Il profeta così si esprime riferendosi alla predestinazione, per la quale quella messe matura, di cui si parla nel Vangelo (Cf. Mt 9,37), depose a terra il Signore nostro, e la cui salvezza è nella resurrezione di colui che si è degnato di morire per noi. Poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo, hai spezzato i denti dei peccatori. Mentre ormai regna la Chiesa, i nemici del nome cristiano sono colpiti dalla confusione, e sono rese vane sia le loro macchinazioni calunniose, sia il loro potere. Abbiate dunque fede, uomini, perché del Signore è la salvezza; e sia, o Signore, sul tuo popolo la tua benedizione.
10. [v 11.] Anche ciascuno di noi può dire, quando la folla dei vizi delle passioni tenta di trascinare l’anima riluttante sotto la legge del peccato: Signore, come si sono moltiplicati coloro che mi perseguitano, molti insorgono contro di me. E poiché per lo più accade che si insinua la disperazione nella salvezza con l’accumularsi dei vizi - questi infatti prendon quasi d’assalto l’anima, e il diavolo e i suoi angeli operano con le loro funeste suggestioni alla nostra disperazione - con molta verità è detto: molti dicono alla mia anima: non c’è salvezza per lui nel suo Dio. Ma tu, o Signore, sei il mio assuntore. Questa è la speranza, perché [Dio] si è degnato di assumere la natura umana in Cristo. Mia gloria, per quel principio secondo il quale nessuno deve attribuire alcunché a se medesimo. E colui che rialza il mio capo, cioè colui che è il Capo di tutti noi, oppure lo spirito di ognuno di noi che è il capo dell’anima e della carne. Infatti capo della donna è l’uomo e capo dell’uomo è Cristo (1Co 11,3). Orbene, la mente si leva in alto quando si può dire: con la mente servo la legge di Dio (Rm 7,25), in modo che tutte le altre cose dell’uomo si sottomettano in pace, dal momento che già la morte è assorbita nella vittoria con la risurrezione della carne (Cf. 1Co 15,54). Con la mia voce ho gridato verso il Signore, con quella voce intima e intensissima. E mi ha esaudito dal suo santo monte: da parte di quello stesso per cui mezzo ci ha soccorso e con la cui mediazione ci esaudisce. Io ho dormito e ho preso sonno, e mi sono destato, giacché il Signore mi sorreggerà. Quale fedele non può dire queste parole, ripensando alla morte dei suoi peccati e al dono della rigenerazione? Non avrò timore delle migliaia di persone che mi circondano. Senza contare le calamità che in tutto il mondo ha affrontato e affronterà la Chiesa, anche ciascuno di noi è circondato da tentazioni, dinanzi al cui assedio dice: lèvati, o Signore, salvami, mio Dio, cioè fammi risorgere. Le parole: poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo, sono giustamente dette - riferendosi alla predestinazione - del diavolo e degli angeli suoi, che non solo incrudeliscono contro il corpo di Cristo nel suo complesso, ma anche in particolare, contro ciascuno dei suoi membri. Hai spezzati i denti dei peccatori. Ciascuno ha chi lo maledice; ed ha anche chi gli è maestro di vizi e tenta di strapparlo dal corpo di Cristo. Ma del Signore è la salvezza. Dobbiamo guardarci dalla superbia e dobbiamo dire: si è unita a te l’anima mia (Ps 62,9). E sul tuo popolo la tua benedizione, cioè su ciascuno di noi.
Agostino Salmi