Agostino Salmi 46

SUL SALMO 46

46 Ps 46

ESPOSIZIONE

Discorso al popolo

159 Bisogna ascoltare col cuore per poi meditare.

1. Il Signore Dio nostro ha diffuso attraverso i Libri Santi e le Sante Scritture, in molti modi e forme, la fede nella quale e della quale viviamo, variando, sì, l’involucro delle parole, ma raccomandando un’unica fede. Infatti una stessa cosa può essere detta in vari modi; variando il modo di esprimersi per non provocare fastidio, ma conservando un’unica fede per assicurare la concordia. Perciò in questo salmo che abbiamo udito cantare, ed al quale cantando rispondiamo, vi diremo cose che già conoscete; tuttavia forse, con l’aiuto e la grazia del Signore, vi offriremo una qualche attrattiva quando, avvertiti, voi ruminate o meditate le cose che avete appreso qua e là. Infatti la ruminazione stessa, nella quale Dio indica gli animali puri, questo vuole insinuare, che ogni uomo deve accogliere nel suo cuore ciò che ascolta in modo tale da essere sollecitato a riflettervi ancora; simile quindi, quando ascolta, a colui che mangia e, quando richiama alla mente le cose che ha ascoltato e le ripensa in una dolcissima riflessione, simile a colui che rumina. Le stesse cose vengon dette ora in un altro modo, e ci fanno dolcemente pensare a ciò che già sappiamo e che ora volentieri riascoltiamo; perché cambiando la forma dell’espressione, si rinnova l’antica conoscenza per il modo nuovo con cui vengono dette.

Imitiamo la semplicità dei fanciulli, evitiamone la leggerezza.

2. [v 1.] il titolo del salmo reca: Per la fine per i figli di Core, salmo di Davide stesso. Anche altri titoli dei salmi recano questi figli di Core e indicano un dolce mistero, insinuano un grande sacramento; facilmente noi comprendiamo e ci riconosciamo nel titolo che abbiamo udito e letto; e come in uno specchio che ci viene presentato, vediamo chi siamo. Chi sono i figli di Core? Ci fu sicuramente un uomo di nome Core (Cf.
Nb 16,1), così di fatto si chiamava un uomo; purtuttavia quando si leggono le cose che sono scritte, e l’incontriamo con la parola divina rivolta a coloro che certamente non sono i figli di quell’uomo che si chiamava Core, l’anima pensa al mistero, e cerca che cosa significhi Core. Poiché si tratta di una parola ebraica, la si dice e la si traduce in greco e in latino. La traduzione è già stata fatta; molti nomi ebrei sono stati tradotti per noi; vediamo e troviamo che Core significa calvo. Prestate maggior attenzione. Era oscuro quando essi erano detti figli di Core, e non è forse più oscuro ora che sono detti figli del calvo? Chi sono questi figli del calvo? Non sono forse i figli dello sposo? Infatti lo sposo è stato crocifisso nel luogo del Calvario. Rileggete il Vangelo, il passo relativo alla crocifissione del Signore, e troverete che è stato appunto crocifisso nel luogo del Calvario (Cf. Mt 27,33). Per questo coloro che irridono alla sua croce, sono divorati dai demoni come da belve. Tutto questo infatti è stato prefigurato in una certa parte della Scrittura. Quando il profeta di Dio Eliseo saliva, dietro di lui i fanciulli lo irridevano e gridavano: Sali calvo, sali calvo. Ma egli, non tanto per crudeltà, quanto per un occulto mistero, fece divorare quei fanciulli dagli orsi usciti dalla selva (Cf. Re 2R 2,23 2R 24). Se quei fanciulli non fossero stati divorati, vivrebbero forse anche oggi? O, essendo nati mortali, non potrebbero essere stati uccisi dalla febbre? Ma in tal caso in loro il mistero non si sarebbe manifestato, e i posteri non ne sarebbero stati spaventati. Nessuno dunque irrida alla croce del Signore; i Giudei furono posseduti dai demoni e divorati. Infatti nel luogo del Calvario, crocifiggendo Cristo e levandolo sulla croce, essi stessi dicevano, con intelligenza puerile, non comprendendo che cosa dicevano: Sali calvo. Che significa: Sali? Significa: Crocifiggi, crocifiggi (Lc 23,21). L’infanzia è proposta alla nostra imitazione per l’umiltà, ma anche perché ci si guardi dalla sua leggerezza. Il Signore propose come modello l’infanzia per imitarne l’umiltà, quando chiamò a sé i fanciulli e disse, siccome li volevano tener lontani da lui: Lasciateli venire a me, di loro è il Regno dei Cieli (Mt 18,2 Mt 19,14). L’Apostolo per metterci in guardia dalla leggerezza ci propone come esempio l’infanzia: Fratelli, non siate come i fanciulli quanto a intelletto. E c’invita ad imitarli quando dice: Ma siate fanciulli quanto a malizia, affinché siate perfetti quanto a intelletto (1Co 14,20). Per i figli di Core. Si canta il salmo; dunque è cantato per i Cristiani. Ascoltiamolo come figli di quello sposo che i fanciulli insensati crocifissero nel luogo del Calvario. Essi infatti meritarono di essere divorati dalle belve; noi meritiamo di essere coronati dagli angeli. Perché conosciamo l’umiltà del nostro Signore, e non ci vergognano di essa. Non ci vergognano se lui è misticamente chiamato calvo, in riferimento àl Calvario. Per la stessa croce nella quale egli è stato insultato, non ha permesso che fosse calva la nostra fronte, perché con il suo segno l’ha segnata. Infine affinché conosciate ciò che noi vi diciamo, osservate quanto si dice.

Concordino le nostre parole con le nostre opere.

3. [v 2.] Popoli tutti battete le mani. Forse che il popolo dei Giudei era tutte le genti? Ma una parte di Israele fu accecata affinché i fanciulli insensati gridassero: Calvo, calvo; e il Signore è stato crocifisso nel luogo del Calvario in modo che i popoli fossero redenti dal suo sangue versato, e si realizzasse ciò che dice l’Apostolo: Si è verificata la cecità di una parte di Israele, affinché entrasse la totalità delle genti (Rm 11,25). Insultino dunque i vani, gli sciocchi, gli insensati, e dicano: Calvo, calvo; voi invece, redenti dal sangue di lui, che è stato versato sul luogo del Calvario, voi Popoli tutti battete le mani perché la grazia di Dio è giunta sino a voi. Battete le mani. Che significa: Applaudite? Significa rallegratevi. Ma perché con le mani? Perché le mani indicano le buone opere. Non rallegratevi con la bocca, e state inattivi con le mani. Se vi rallegrate, applaudite con le mani. La mano dei popoli veda Colui che si è degnato di donare la gioia. Che significa la mano dei popoli? Significa le azioni di coloro che operano bene. Popoli tutti battete le mani; acclamate Dio con la voce dell’esultanza. Con la voce e con le mani. Se fosse soltanto con la voce non sarebbe bene, perché le mani resterebbero oziose; neppure soltanto con le mani sarebbe bene perché muta rimarrebbe la lingua; siano concordi le mani e la lingua, questa confessi, quelle operino: acclamate Dio con la voce dell’esultanza.

4. [v 3.] Perché il Signore altissimo è terribile. Egli altissimo si è fatto quasi meritevole di derisione discendendo, e salendo in cielo si è fatto terribile. Sommo re di tutta la terra. Non soltanto dei Giudei; ma è re anche di essi. Tra i Giudei gli Apostoli hanno creduto, e con loro molte migliaia di uomini hanno venduto tutte le loro cose ed hanno deposto il ricavato ai piedi degli Apostoli (Cf. Ac 4,34), ed in essi si è adempiuto ciò che era scritto sul cartello della croce: Re dei Giudei (Mt 28,37). È di fatto re, anche dei Giudei. Ma è poco essere re dei Giudei. Popoli tutti battete le mani, perché Dio è il re di tutta la terra. Non gli basta avere sotto di sé un solo popolo; ha versato dal suo fianco un così grande prezzo, che ha potuto riscattare la terra intera. Sommo re di tutta la terra.

Il Signore riscattandoci, ci ha reso suoi amici.

5. [v 4.] Ha assoggettato a noi le folle e i popoli pone sotto i nostri piedi. Chi ha assoggettato, e a chi? Chi sono coloro che parlano? Sono forse i Giudei? Sono certamente i Giudei se sono gli Apostoli, se sono i santi. A costoro infatti Dio ha assoggettato le folle e i popoli, affinché oggi siano onorati tra i gentili coloro che meritarono di essere uccisi dai loro concittadini; allo stesso modo in cui il loro Signore fu ucciso dai concittadini ed è onorato dalle genti, fu crocifisso dai suoi ed è adorato dagli estranei, ma a prezzo delle sue opere. Perché egli ci ha riscattato, affinché fossimo suo possesso. Credi dunque che queste siano parole degli Apostoli: Ha assoggettato a noi le folle e i popoli pone sotto i nostri piedi (Ps 46,8)? Quanto a me non lo so. Sarebbe strano se gli Apostoli si esprimessero in tono tanto superbo, da rallegrarsi che i popoli siano posti sotto i loro piedi, cioè che i Cristiani siano sotto i piedi degli Apostoli. Essi infatti si rallegrano con noi di essere sotto i piedi di colui che è morto per noi. Si gettavano sotto i piedi di Paolo coloro che volevano essere di Paolo, ed egli diceva loro: Forse che Paolo è stato crocifisso per voi? (1Co 1,13) Che significano allora e come dobbiamo intendere queste parole: Ha assoggettato a noi le folle e i popoli pone sotto i nostri piedi? Tutti coloro che appartengono alla eredità di Cristo ed anche tutti coloro che non vi appartengono sono tra tutte le genti; e voi vedete che la Chiesa di Cristo è esaltata nel nome di Cristo tanto che i non ancora credenti in Cristo sono sotto i piedi dei Cristiani. Quanti infatti, pur non essendo ancora cristiani, corrono ora alla Chiesa, chiedono aiuto alla Chiesa, e vogliono essere aiutati nelle cose terrene, anche se ancora non vogliono regnare con noi in eterno. Quando tutti cercano l’aiuto della Chiesa, anche coloro che non le appartengono ancora, forse non ha assoggettato a noi le folle e i popoli posti sotto i nostri piedi?

6. [v 5.] Ha scelto per noi la sua eredità, la bellezza di Giacobbe, suo prediletto. Ha scelto per noi la bellezza di Giacobbe quale sua eredità. Esaù e Giacobbe erano fratelli; nel seno della madre tra loro combattevano, e a causa del conflitto le viscere materne erano scosse; e siccome erano due, il minore fu l’eletto, e fu anteposto al maggiore tanto che è detto: Due popoli sono nel tuo seno, e il maggiore servirà al minore (Gn 25,23). Per tutte le genti il maggiore, per tutte le genti il minore; ma il minore è nei buoni cristiani, negli eletti, nei pii, nei fedeli; il maggiore invece è nei superbi, negli indegni, nei peccatori, nei traditori, in coloro che difendono i loro peccati anziché confessarli, come era anche lo stesso popolo giudeo, che ignorava la giustizia di Dio e pretendeva stabilire la sua (Cf. Rm 10,3). Ma poiché è detto: Il maggiore servirà al minore, è chiaro che gli empi saranno soggetti ai pii, e i superbi saranno sottomessi agli umili. Per primo era nato Esaù, e dopo era nato Giacobbe; ma colui che era nato più tardi, fu anteposto a quello nato prima, il quale per colpa della gola perdette la sua primogenitura (Cf. Gn 25,30-34). Così trovi scritto: Desiderò la lenticchia, e il suo fratello gli disse: se vuoi che te la dia, dammi la tua primogenitura. Esaù amò più ciò che desiderava carnalmente di quanto aveva meritato di avere spiritualmente nascendo per primo, e si spogliò della sua primogenitura per mangiare la lenticchia. Sappiamo che la lenticchia è il cibo degli Egiziani: infatti ve ne è molta in Egitto. È tanto famosa la lenticchia alessandrina, che arriva fino alle nostre terre, come se qui la lenticchia non nascesse. Orbene, desiderando il cibo egiziano, perdette il suo primato. Così anche il popolo giudeo, del quale è detto: Si volse con il cuore verso l’Egitto (Ac 7,39), in un certo qual modo desiderò la lenticchia, e perdette il primato. Ha scelto per noi la sua eredità, la bellezza di Giacobbe suo prediletto.

Il Signore anche dopo l'Ascensione rimane vicino a noi.

160 7. [v 6.] Ascende Dio tra il giubilo. Dio è lo stesso nostro Signore Cristo che ascende tra il giubilo, il Signore al suono della tromba. Ascende. Dove, se non lassù dove sappiamo? Dove i Giudei non lo hanno seguito, neppure con gli occhi. Infatti mentre era esaltato sulla croce, lo derisero, e non lo videro mentre saliva al cielo. Ascende Dio tra il giubilo. Che cosa è il giubilo se non la gioia che ammira, e che non può essere espressa a parole? I discepoli quando videro salire al cielo colui che avevano pianto morto si meravigliarono pieni di gioia (Cf. Ac 1,9); siccome per questa gioia non bastavano le parole, non restava loro che esprimere con il giubilo ciò che nessuno poteva spiegare. Ivi era il suono della tromba, la voce degli angeli. È detto infatti: Come tromba fai squillare la tua voce (Is 58,1). Gli angeli avevano preannunziato l’ascensione del Signore; e videro i discepoli, mentre il Signore saliva al cielo, estatici, ammirati, stupefatti, senza una parola, ma col giubilo nel cuore; e si udì allora il suono della tromba nella chiara voce degli angeli: Uomini di Galilea, perché state guardando verso il cielo? Questi è Gesù. Come se essi non avessero saputo che egli era Gesù. Non lo avevano visto poco prima dinanzi a sé? Non lo avevano ascoltato mentre parlava con loro? E non solo lo avevano visto, ma avevano toccato anche le sue membra (Lc 24,39). Non sapevano dunque che egli era Gesù? Ma a causa dell’ammirazione, nella gioia dell’esultanza, erano come andati fuori di sé, e per questo gli angeli dissero: Questi è Gesù. È come se avessero detto: Se credete a lui, ebbene egli è colui per la cui crocifissione i vostri piedi hanno vacillato, per la cui morte e sepoltura voi avevate creduto di aver perduto la speranza; ecco questi è Gesù. Ascende dinanzi a voi; così verrà allo stesso modo in cui lo vedete salire in cielo (Ac 1,11). Sparisce certamente il corpo dal vostro sguardo, ma Dio non si allontana dai vostri cuori; lo vedete salire, credete in lui anche quando è assente, sperate nella sua venuta, ma grazie alla sua occulta misericordia, sentite anche la sua presenza. Perché egli che è asceso al cielo, allontanandosi dal vostro sguardo, è colui che vi ha promesso: Ecco io sono con voi fino alla consumazione dei secoli (Mt 28,20). Giustamente anche l’Apostolo così parlava a noi: Il Signore è vicino, vi prendete affanno per niente (Ph 4,5 Ph 6). Cristo dimora in cielo e il cielo è lontano, ma colui che vi dimora, è vicino. Il Signore al suono della tromba. Dunque voi siete figli di Core, ormai avete capito e vedete che siete qui, e vi rallegrate perché vi rendete conto di essere qui.

Cristo è Dio e uomo.

8. [v 7.] Inneggiate al Dio nostro, inneggiate. Sono stati allontanati da Dio coloro che lo derisero come uomo, ebbene inneggiate al nostro Dio perché non è soltanto uomo, Egli è anche Dio. Come uomo discende da David (Cf. Rm 1,3), come Dio è Signore di David, per quanto abbia avuta la carne dai Giudei: Cui appartengono i patriarchi - dice l’Apostolo - e dai quali Cristo secondo la carne è venuto. Cristo dunque discende dai Giudei, ma secondo la carne. Orbene chi è questo Cristo che discende dai Giudei secondo la carne? Colui che è Dio sopra ogni cosa, benedetto nei secoli (Rm 9,5). È Dio prima della carne, Dio nella carne, Dio con la carne. Non è soltanto Dio prima della carne, ma anche prima della terra da cui è stata fatta la carne, e non soltanto prima della terra donde è stata fatta la carne, ma anche prima del cielo che per primo è stato creato; è Dio prima del giorno che per primo è stato fatto, è Dio prima di tutti gli angeli, lo stesso Cristo Dio; perché in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo: tutte le cose per suo mezzo sono state fatte, e senza di lui niente è stato fatto (Jn 1,1-3). Egli è prima di ogni cosa, Lui per il quale furono fatte tutte le cose. Inneggiate - dunque - al nostro Dio, inneggiate.

9. [v 8.] Perché Dio è il re di tutta la terra. Ma come? non è Dio prima di tutta la terra? Forse che non è Dio del cielo e della terra dato che per suo mezzo tutte le cose sono state create? Chi è che può dire che egli non è il suo Dio? Ma non tutti gli uomini hanno conosciuto il loro Dio; e dove era conosciuto è come se fosse solo lì Dio. Dio è conosciuto in Giudea (Cf. Ps 75,2); ai figli di Core non veniva ancora detto: Popoli tutti battete le mani. Perché quel Dio conosciuto in Giudea, è Dio re di tutta la terra. Ormai da tutti è riconosciuto, poiché si è adempiuto ciò che ha detto Isaia: Lo stesso Dio tuo che ti ha liberato, si chiamerà Dio della terra intera (Is 54,5). Perché Dio è re di tutta la terra, inneggiate con intelligenza. Ci insegna e ci avverte a inneggiare con intelligenza; non cerchiamo quindi il suono dell’orecchio, ma la luce del cuore. Inneggiate - dice - con intelligenza. I popoli, donde voi siete stati chiamati per divenire cristiani, adoravano dèi fatti con le mani, e inneggiavano loro; ma senza comprendere quel che cantavano. Se avessero cantato con intelligenza, non avrebbero adorato delle pietre. Cantava forse con intelligenza l’uomo dotato d’intelletto quando cantava alla pietra insensibile? Ora invece, fratelli, non vediamo con gli occhi colui che adoriamo, e tuttavia lo adoriamo rettamente. Molto più degno di stima ci appare Dio, proprio per il fatto che non lo vediamo con gli occhi. Se lo vedessimo con gli occhi, forse lo disprezzeremmo. Infatti i Giudei disprezzarono Cristo che avevano visto, mentre i popoli che non lo avevano visto, lo adorarono. Per essi è detto dunque: Inneggiate con intelligenza. Non siate come il cavallo e il mulo, che non hanno intelletto (Ps 31,9).

Dio abita nel cuore puro guidato dalla carità.

10. [v 9.] Il Signore regnerà sopra tutte le genti. Colui che regnava su un solo popolo, regnerà - dice - sopra tutte le genti. Quando si annunciavano queste cose, Dio regnava sopra un solo popolo; si trattava di una profezia, la cosa non si era ancora compiuta. Grazie a Dio, noi vediamo realizzato ciò che un tempo fu profetato. Dio, prima dei tempi, scrisse per noi l’impegno, ed ora, maturati i tempi, lo ha mantenuto. Il Signore regnerà sopra tutte le genti, è una promessa. Dio siede sul suo santo trono. Ciò che allora veniva promesso, ora si conosce e si sa compiuto. Dio siede sul suo santo trono. Qual è il suo santo trono? Forse sono i cieli: può essere una giusta interpretazione. Perché Cristo è asceso al cielo, come sappiamo, con il suo corpo nel quale è stato crocifisso, e siede alla destra del Padre (Cf. Ac 1,2): e di là noi aspettiamo che venga per giudicare i vivi e i morti (Cf. 2Tm 4,1). Siede sul suo santo trono. I cieli sono dunque il suo santo trono? Vuoi anche tu essere il suo trono? Non credere di non poterlo essere; prepara per lui un posto nel tuo cuore; egli viene, e volentieri vi si stabilisce. Egli è certamente la virtù di Dio, e la sapienza di Dio (Cf. 1Co 1,24). Ma che cosa dice la Scrittura della sapienza? Dice che l’anima del giusto è il trono della sapienza (Cf. Sg 7). Orbene, se l’anima del giusto è il trono della sapienza, sia la tua anima giusta, e sarà il regale trono della sapienza. E di fatto, fratelli, forse che Dio non dimora in tutti gli uomini che vivono bene, che compiono il bene, che si comportano secondo la pia carità, e forse che non comanda loro? L’anima obbedisce a Dio che è in lei, ed essa stessa comanda alle membra. La tua anima comanda ad un tuo membro, e con questo comando si muove il piede, la mano, l’occhio, l’orecchio, insomma l’anima stessa comanda alle sue membra come se fossero suoi servi; ma essa a sua volta serve al suo Signore che risiede in lei. Non può comandare bene all’inferiore, se non si degna di obbedire al superiore. Dio siede sul suo santo trono.

I veri figli di Abramo.

11. [v 10.] I capi dei popoli si sono riuniti con il Dio di Abramo. Il Dio di Abramo è il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe (Ex 3,6). È vero, questo ha detto Dio, e se ne sono inorgogliti i Giudei e hanno detto: Noi siamo i figli di Abramo. Si sono inorgogliti per il nome del padre, portando la sua carne, ma non conservando la sua fede; appartengono alla sua discendenza, ma sono degenerati nei costumi. Che dice infatti il Signore a costoro che così si inorgoglivano? Se siete figli di Abramo, fate ciò che faceva Abramo (Jn 8,33 Jn 39). E del pari che cosa disse Giovanni a quelli di loro che venivano tremando e volevano correggersi nella penitenza? Razza di vipere. Erano iniqui, erano perduti, erano peccatori, empi, ed erano venuti al battesimo di Giovanni. Che cosa disse loro? Disse: Razza di vipere. Essi si dicevano figli di Abramo, ed egli li chiamava figli delle vipere. Forse che Abramo era una vipera? Vivendo nel male, essi avevano imitato i demoni, e erano diventati figli di coloro, imitando i quali operavano il male, perciò disse loro: Razza di vipere, chi vi dà scampo dall’ira che verrà? Fate dunque un degno frutto della penitenza; non dite tra voi: abbiamo Abramo per padre, non inorgoglitevi della discendenza di Abramo, perché Dio può infatti da queste pietre suscitare dei figli per Abramo (Mt 3,7-9). Abramo non rimarrà certo senza figli, se Dio condannerà voi; egli può condannare coloro che odia, e dare a lui ciò che ha promesso. E come gli darà i figli, se condanna gli Ebrei discesi dalla sua carne? Con queste pietre. Mostrava loro le pietre nel deserto. Chi erano queste pietre, se non i popoli, che adoravano le pietre? E perché pietre? Adorando le pietre, erano detti pietre. Infatti aveva preannunziato il salmo: Simili ad esse diventino coloro che le fanno e tutti coloro che sperano in esse (Ps 113,8). E tuttavia da quelle stesse pietre ha dato i figli ad Abramo, ed ora tutti noi che adoravamo le pietre, ci siamo convertiti al Signore e siamo divenuti figli di Abramo, non traendo da lui la carne, ma imitando la sua fede. I principi dei popoli - dunque - si sono riuniti con il Dio di Abramo. I principi dei popoli: i principi delle genti, non i principi di un solo popolo, ma i principi di tutti i popoli. Si sono riuniti con il Dio di Abramo.

L'esempio del Centurione.

12. Uno di questi capi era quel centurione, di cui avete udito parlare ora quando è stato letto il Vangelo. Si trattava di un centurione che era costituito in autorità ed onorato tra gli uomini, ed era un capo dei principi dei popoli. A Cristo che veniva a lui mandò incontro i suoi amici, o meglio mandò gli amici a Cristo che passava; e lo pregò affinché curasse il suo servo che era mortalmente ammalato. Siccome il Signore voleva venire di persona, gli mandò a dire questo: Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola, e il mio servo sarà guarito. Infatti anch’io sono un uomo che ho dei superiori, e ho sotto di me dei soldati. Vedete in qual modo ha rispettato l’ordine: dapprima ha dichiarato di essere posto sotto altri, e poi ha detto che altri sono sotto di lui. Sono sotto l’autorità, e ho l’autorità; sono sotto qualcuno, e sono sopra alcuni altri. E dico a questi: va’ ed egli va; e all’altro: vieni, ed egli viene; e al mio servo: fa’ questo, ed egli lo fa. È come se dicesse: se io che sono sotto l’autorità altrui, comando a quelli che sono sotto di me, tu che non sei posto sotto l’autorità di nessuno, non puoi forse comandare alla tua creatura, quando tutte le cose sono state fatte per mezzo tuo, e senza di te niente è stato fatto? Di’ dunque - una parola, dice, e guarirà il mio servo. Infatti io non sono degno che tu entri nella mia casa. Tremava all’idea di far entrare Cristo nella sua casa, e già era nel suo cuore; già la sua anima era sede di Cristo, e già in essa dimorava colui che ricerca gli umili. Infatti: Si voltò Cristo, si stupì, e disse a coloro che lo seguivano: In verità vi dico, non ho trovato tanta fede in Israele (Lc 7,6-9). E, come dice un altro evangelista che narra la stessa vicenda, il Signore continuò dicendo: Perciò vi dico che verranno molti da Oriente e da Occidente, e s’assideranno a mensa con Abramo e Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli.Questo centurione infatti non apparteneva al popolo di Israele. Nel popolo di Israele i superbi allontanavano Dio; tra i principi dei gentili si è trovato un umile, che ha attirato a sé Dio. Gesù ammirando la sua fede, condanna la perfidia dei Giudei. Essi credevano di essere sani, mentre erano molto più gravemente malati, dato che, non conoscendo il medico, lo uccidevano. E che cosa dice il Signore per condannare e ripudiare la loro superbia? Perciò vi dico che verranno molti da Oriente e da Occidente (molti che non appartengono alla stirpe d’Israele; verranno molti di quelli a cui è detto: Popoli tutti applaudite con le mani) e sederanno con Abramo nel regno dei cieli. Abramo non ha generato costoro dalla sua carne; ma verranno e sederanno con lui nel Regno dei Cieli, e saranno suoi figli. Perché saranno suoi figli? Saranno suoi figli non nati dalla sua carne, ma perché seguiranno la sua fede. Ma i figli del regno, cioè i Giudei, andranno nelle tenebre esteriori: ivi sarà pianto e stridore di denti (Mt 8,11 Mt 12). Saranno condannati nelle tenebre esteriori coloro che sono nati dalla carne di Abramo, e suderanno con lui nel Regno dei Cieli coloro che hanno imitato la fede di Abramo. Giustamente dunque dice qui che i principi dei popoli si sono riuniti con il Dio di Abramo.

13. E che succederà di coloro che appartenevano al Dio di Abramo? Perché gli dèi forti della terra si sono troppo esaltati. Coloro che erano dèi, quel popolo di Dio, quella vigna di Dio, della quale è detto: Giudicate tra me e la mia vigna (Is 5,3), andranno nelle tenebre esteriori, non si sederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe, perché non sono stati uniti al Dio di Abramo. Perché? Perché sono gli dèi forti della terra. Essi che erano gli dèi forti della terra, cioè che presumevano troppo dalla terra. Da quale terra? Da se stessi; perché ogni uomo è terra. All’uomo infatti è detto: Sei terra, e nella terra ritornerai (Gn 3,19). L’uomo deve invece confidare in Dio, e sperare da lui soccorso, non da sé. Infatti la Terra non piove da se stessa, o splende da sé; come la terra aspetta dal cielo la pioggia e la luce, così l’uomo deve aspettare da Dio la misericordia e la verità. Orbene costoro che erano gli dèi forti della terra si sono troppo esaltati, cioè si sono troppo inorgogliti; non hanno creduto di aver bisogno del medico e perciò sono rimasti nella loro malattia, e da tale malattia sono stati condotti alla morte. Sono stati tagliati i rami naturali, perché si potesse innestare l’umile olivo selvatico (Cf. Rm 11,17). Perché gli dèi forti della terra si sono troppo elevati. Viviamo dunque, fratelli, nell’umiltà, nella carità, nella pietà; perché siamo stati chiamati quando essi sono stati condannati, e resi vigilanti dal loro esempio, stiamo attenti a non insuperbire.

SUL SALMO 47

47 Ps 47

ESPOSIZIONE

Discorso al popolo

161 Chiesa celeste nel santi e Chiesa terrestre in coloro che non cedono alle tentazioni.

1. [v 1.] Il titolo del salmo è: Lode del cantico per i figli di Core, nel secondo giorno della settimana. Accogliete, ciò che il Signore si è degnato di donare, come figli del firmamento. Infatti, nel secondo giorno della settimana, - cioè dopo il primo giorno che chiamiamo giorno del Signore -, e che è detto anche feria seconda, fu creato il firmamento del cielo o meglio il firmamento o cielo. Dio infatti chiamò il cielo firmamento (Cf.
Gn 1,3-8). Nel primo giorno, invece, aveva fatto la luce, e l’aveva divisa dalle tenebre, ed aveva chiamato la luce giorno, e le tenebre notte. Ma, come indica il testo di questo salmo, anche qualche altra cosa ha preannunziato Dio in quella sua opera, qualche altra cosa che doveva compiersi in noi; e conforme a questa creazione i secoli si sono succeduti. Non invano il Signore dice di Mosè: Egli ha scritto di me (Jn 5,46); intendendo che tutte le cose che sono state scritte, sin da quando Dio ha dato inizio alla creazione, possono essere interpretate come immagini del futuro. Così tu puoi intendere che Dio ha fatto la luce, quando Cristo è risorto dai morti. Allora infatti di nuovo quella luce è stata divisa dalle tenebre; quando l’immortalità è stata separata dalla mortalità. Quanto segue dunque indica che per il capo è stato fatto anche il Corpo, che è la Chiesa. C’è infatti anche il salmo dedicato al primo giorno della settimana, nel quale con estrema chiarezza si parla della Resurrezione del Signore. In esso è detto: Alzate, o principi, le vostre porte, e innalzatevi, voi, porte dell’eternità e entrerà il re della gloria (Ps 23,7 Ps 9). È ovvio che è Cristo il re della gloria, del quale è detto: Se lo avessero conosciuto non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria (1Co 2,8). Dobbiamo quindi intendere nel secondo giorno della settimana la Chiesa di Cristo, ma la Chiesa di Cristo nei suoi santi, la Chiesa di Cristo in coloro i cui nomi sono scritti nel cielo, la Chiesa di Cristo in coloro che non cedono alle tentazioni di questo mondo. Essi sono degni del nome firmamento. Orbene la Chiesa di Cristo, in coloro che sono ben saldi (e dei quali l’Apostolo dice: Dobbiamo noi, che siamo forti, sostenere la debolezza degli infermi (Rm 15,1)) è chiamata firmamento. Questo si canta nel salmo; ascoltiamolo, comprendiamolo, uniamoci, saremo glorificati, regneremo. Ascolta e riconosci che la Chiesa è detta firmamento anche nelle lettere degli Apostoli: La quale è - dice l’Apostolo - la Chiesa del Dio vivo, colonna e firmamento della verità (1Tm 3 1Tm 15). Di questo firmamento si canta per i figli di Core, che voi sapete che sono i figli dello sposo crocifisso nel luogo del Calvario. Perché Core significa calvizie. Così continua il salmo che ha per titolo: Nel secondo giorno della settimana.

Rispondiamo con generosità all'amore di Cristo.

2. [v 2.] Grande è il Signore e sommamente degno di lode. Ecco che grande è il Signore e sommamente degno di lode; ma forse che anche gli infedeli lodano il Signore? Forse che lodano il Signore anche coloro che credono, ma vivono male, e per colpa dei quali il nome di Dio è bestemmiato tra i Gentili? Lodano costoro il Signore (Cf. Rm 2,24)? Oppure, se anche lo lodano, è bene accetta la loro lode, dato che sta scritto: Non è bella la lode sulla bocca del peccatore (Si 15,9)? Hai detto dunque: Grande è il Signore e sommamente degno di lode; ma dove? Nella città del Dio nostro, nel suo santo monte. Di questo monte altrove è detto: Chi salirà sul monte del Signore? Colui che ha le mani pure e limpido il cuore (Ps 23,3 Ps 4). In costoro grande è il Signore e sommamente degno di lode; cioè: nella città del nostro Dio, nel suo santo monte. Questa è la città posta sul monte, che non può essere nascosta, questa è la lampada che non si cela sotto il moggio, da tutti conosciuta, a tutti nota (Cf. Mt 5,14 Mt 15). Non tutti però sono suoi cittadini, ma coloro nei quali grande è il Signore e sommamente degno di lode. Vediamo qual è questa città. Dato che è detto: Nella città del nostro Dio, nel suo santo monte, dobbiamo cercare questo monte, dove potremo essere esauditi. Non invano è detto in un altro salmo: Il mio grido innalzo al Signore, e mi ha esaudito dal suo santo monte (Ps 3,5). Questo monte dunque ti ha udito per esaudirti. Infatti se tu non fossi salito su di esso, potresti giacere in basso e gridare, ma non potresti essere esaudito. Che cos’è dunque questo monte, fratelli? Dobbiamo cercare con grande attenzione, dobbiamo indagare con cura; dobbiamo salirvi con sforzo e pervenire alla vetta. Ma se è in qualche altra parte della terra, che cosa faremo? Ce ne andremo via dalla nostra terra, per poter giungere a quel monte? Che dico? Ce ne andremo pellegrinando, se non siamo in quel monte. Apparterremo infatti alla città [posta su monte], se saremo membra del re che è capo di questa città. Dov’è dunque questo monte? Se si trova in qualche contrada, dobbiamo darci molto da fare, come ho detto, per giungere ad esso. Ma perché ti affanni? Volesse il cielo che tu non fossi pigro a salire sul monte, come non è stato tardo il monte a venire a colui che dormiva. Vi fu infatti una certa pietra angolare degna di disprezzo, nella quale inciamparono i Giudei (Cf. Rm 9,32) e che era stata tagliata da un certo monte senza intervento di mani, cioè veniva dal regno dei Giudei senza che uomo l’avesse staccata, perché uomo non si avvicinò a Maria dalla quale è nato Cristo (Cf. Mt 1,16). Ma se questa pietra nella quale sono inciampati i Giudei fosse rimasta dove era, tu non avresti ove salire. Che cosa è accaduto dunque? Che cosa dice la profezia di Daniele? Dice che questa pietra crebbe, che è diventata un grande monte. Quanto grande? Tanto da riempire tutta la faccia della terra (Cf. Da 2,34 Da 35). Dunque, questo monte, crescendo e riempiendo tutta la faccia della terra, è venuto a noi. Perché allora cerchiamo il monte come se fosse assente, e non saliamo già su di lui che è presente, in modo che il Signore sia in noi grande e sommamente degno di lode?

Tutti sono chiamati, sia i Giudei che i gentili.

3. [v 3.] Infine, affinché tu riconosca questo monte anche nel salmo, e non pensi che lo si debba cercare in qualche parte della terra, osserva quanto segue. Dopo aver detto: nella città del nostro Dio, nel suo santo monte, che cosa aggiunge? Che diffonde l’esultanza di tutta la terra, i monti Sion. Sion è un solo monte, perché dunque parla di monti? Forse perché a Sion sono appartenuti anche coloro che sono giunti da diverse parti, per incontrarsi nella pietra angolare e divenire, essi che erano due pareti come due monti, uno della circoncisione, l’altro della incirconcisione; uno dei Giudei, l’altro dei Gentili; anche se distinti, perché provengono da diverse parti, ormai non più avversari perché riuniti riell’angolo? Perché egli è - dice - la nostra pace, colui che ha fatto di due uno (Ep 2,14). Egli è la pietra angolare che i costruttori hanno respinto e che è divenuta la pietra d’angolo (Ps 117,22). Il monte ha riunito in sé i due monti. Una dimora, e due dimore: due per la provenienza diversa, una per la pietra angolare nella quale ambedue si sono riunite. Ascolta ancora: I monti Sion; i fianchi del Settentrione, la città del grande re. Tu avevi pensato a Sion come a un solo luogo, dove è stata edificata Gerusalemme, e dove non avresti trovato altro che il popolo della circoncisione; il quale peraltro, riunito da Cristo tra il resto, in gran parte è stato vagliato come paglia. Sta scritto: Un resto si salverà (Rm 9,27). Ma osserva anche i Gentili; guarda anche l’olivo selvatico innestato nell’olivo domestico (Cf. Rm 11,17). Ecco i Gentili: i fianchi del Settentrione; i fianchi del Settentrione sono stati uniti alla città del grande re. Il Settentrione è opposto a Sion: perché Sion è a Mezzogiorno e il Settentrione è opposto a Mezzogiorno. Chi è questo Settentrione, se non colui che disse: Porrò il mio trono a Settentrione e sarò simile all’Altissimo (Is 14,13 Is 14)? Il diavolo aveva in pugno il regno degli empi, e dominava i Gentili che servivano gli idoli, e adoravano i demoni; e tutto quanto il genere umano sparso ovunque per il mondo aderendo a lui era divenuto Settentrione. Ma poiché colui che incatena il forte, ha portato via i suoi beni e li ha fatti propri (Cf. Mt 12,29), gli uomini liberati dalla infedeltà e dalla superstizione dei demoni, credendo in Cristo si sono volti a quella città, si sono incontrati nell’angolo, con la pietra che veniva dalla circoncisione, e si è costituita la città del gran re, che un tempo era la stirpe del Settentrione. Perciò in un’altra parte della Scrittura è detto: Da Settentrione giunge un aureo chiarore; manifesta la grande gloria e l’onore dell’Onnipotente (Jb 37,22). È una grande gloria per il medico, guarire un malato in caso disperato. Da Settentrione sono venute le nubi, e non nubi nere, non nebbiose, non tetre, ma del colore dell’oro. E perché di tal colore, se non perché illuminate dalla grazia per mezzo di Cristo? Ecco: I fianchi del Settentrione, città del grande re. Sono chiamati fianchi o stirpe perché si erano uniti al diavolo. Chiunque infatti sta unito con qualcuno è chiamato stirpe di lui, fianco di lui. Di alcuni uomini siamo soliti dire così: È un buon uomo, ma ha cattivi fianchi, cattivi compagni; cioè, egli certamente eccelle nell’onestà, ma sono malvagi coloro che sono vicini, uniti a lui. Orbene, dai fianchi del Settentrione che stavano uniti al diavolo, è venuto anche questo figlio, del quale or ora abbiamo ascoltato, che era morto ed è risuscitato; che si era perduto ed è stato ritrovato. Andandosene infatti in una lontana contrada, era giunto sino a Settentrione, ed ivi, come avete udito, si era unito ad uno dei capi di quella regione. Era divenuto dunque fianco del Settentrione unendosi al capo di quella contrada, ma poiché la città del grande re si forma anche dal fianco del Settentrione, egli è tornato in sé ed ha detto: Mi leverò, e andrò dal padre mio. Gli è andato incontro il Padre, che dice di lui: Era morto ed è risuscitato, si era perduto ed è stato ritrovato. Quel vitello grasso è stato la pietra angolare. Infine anche il figlio maggiore, che non voleva banchettare (Cf. Lc 15,11-32), è entrato spinto dal padre; e così le due pareti, come quei due figli riuniti nel banchetto, hanno costituito la città del grande re.

Cristo è il nostro medico.

4. [v 4.] Continua questo salmo e dice: Dio nelle sue dimore sarà conosciuto. Dice nelle sue dimore riferendosi ai monti, alle due pareti, ai due figli. Dio nelle sue dimore sarà conosciuto. Ma sottolinea la grazia, e perciò aggiunge: Quando l’accoglierà. Che cosa sarebbe infatti tale città, se egli non l’accogliesse? Cadrebbe subito, se non avesse tale fondamento. Nessuno può porre altro fondamento all’infuori di quello che è già stato posto, e che è Cristo Gesù (Cf. 1Co 3,11). Nessuno dunque si glori dei suoi meriti, ma chi si gloria, si glori nel Signore (Cf. 1Co 1,31). Perché allora è grande quella città, allora in essa è conosciuto il Signore, quando Egli l’accoglierà; come il medico accoglie il malato per curarlo, non per amarlo in quanto malato. Infatti il medico odia la febbre. Il medico non ama il malato in quanto malato, eppure lo ama; se amasse il malato come tale, desidererebbe che restasse così; ma se non lo amasse, non andrebbe da lui; ama il malato per renderlo sano. Il Signore dunque accoglie questa città ed è riconosciuto in essa, cioè la sua grazia è conosciuta in quella città; perché tutto quanto ha quella città che si gloria nel Signore, non lo ha da se medesima. Per questo è detto: Che cosa hai che non hai ricevuto? Ma se hai ricevuto perché te ne glori come se tu non lo avessi ricevuto? (Cf. 1Co 4,7) Dio nelle sue dimore sarà conosciuto quando l’accoglierà.

Cristo è il nostro re, che ci promette il regno dei cieli.

5. [vv 5-7.] Perché ecco i re della terra si sono collegati. Ecco che ormai vedete i fianchi del Settentrione come vengono, e come dicono: Venite, saliamo sul monte del Signore; perché egli ci ha annunziato la sua vita affinché entriamo in essa (Is 2,3). Ecco, i re della terra si sono collegati e si sono riuniti in uno solo. Chi è questo uno solo, se non quella pietra angolare (Cf. . Ep 2,20)? Essi vedendo sono rimasti stupiti. Dopo lo stupore per i miracoli e per la gloria di Cristo che cosa è accaduto? Si sono turbati, si sono commossi, il terrore si è impadronito di loro. Perché il terrore si è impadronito di loro se non per la coscienza delle loro colpe? Corrano dunque i re dietro il re, riconoscano i re il re. Per questo altrove dice: Ma io sono stato costituito re da lui sopra Sion, il suo santo monte, per annunziare il comando del Signore; il Signore mi ha detto: Tu sei Figlio mio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità e i confini della terra in tuo possesso; li governerai con verga di ferro, e come vasi d’argilla li frantumerai (Ps 2,6-9). Si è fatto dunque sentire il re costituito in Sion, gli è stato consegnato il potere fino ai confini della terra. I re debbono temere di perdere il regno, che non venga loro tolto, come temette quel misero Erode che uccise i fanciulli al posto del bambino (Cf. Mt 2,3 Mt 16). Temendo di perdere il regno, non meritò di conoscere il re. Volesse il cielo che anche lui avesse, come i Magi, adorato il re! Non avrebbe cercato malamente il regno, uccidendo gli innocenti, e sarebbe perito il colpevole. Infatti, per quanto era in suo potere, egli uccise gli innocenti; quanto invece a Cristo, anche se bambino, egli incoronò i fanciulli morti al suo posto. Dunque i re hanno dovuto temere quando fu detto: Ma io sono stato stabilito re da lui, e colui che mi ha fatto re mi darà l’eredità fino ai confini della terra. Ma perché lo invidiate, o re? Osservate, non invidiate. Egli è re in un modo diverso, lui che ha detto: Il mio regno non è di questo mondo (Jn 18,36). Non abbiate timore che Egli vi tolga il regno di questo mondo; anzi Egli vi darà un regno, ma quello dei cieli, dove Egli è re. Che cosa segue pertanto? E ora, re, comprendete. Già vi eravate preparati a invidiarlo: Comprendete; si tratta di un altro re, il cui regno non è di questo mondo. Giustamente dunque i re si sono riuniti in uno solo, si sono turbati, il terrore si è impadronito di loro. Per questo vien detto loro: E ora, re, comprendete, ravvedetevi, tutti voi che giudicate la terra. Obbedite al Signore nel timore e acclamatelo con tremore (Ps 2,10 Ps 11). E che cosa hanno fatto? Ecco le doglie, come di partoriente. Che cosa sono le doglie di partoriente, se non i dolori del penitente? Osserva la concezione stessa del dolore e del parto: Dal tuo timore - dice Isaia - abbiamo concepito e abbiamo partorito lo spirito della salvezza (Is 26,18). In questo modo dunque i re hanno concepito per il timore di Cristo, onde generare la salvezza nel parto, credendo in colui che avevano temuto. Ecco le doglie come di partoriente. Dove odi parlare di partoriente, aspettati il neonato. Il vecchio uomo ha partorito, quindi è nato l’uomo nuovo. Ecco le doglie come di partoriente.

6. [v 8.] Con vento violento frantumerai le navi di Tarsis. Per dirla brevemente, reprimerai la superbia delle genti. Ma in qual modo con questa citazione si esprime la repressione della superbia delle genti? A cagione delle navi di Tarsis. I dotti hanno cercato la città di Tarsis, cioè hanno cercato quale città fosse indicata con questo nome. Ad alcuni sembrò che Tarsis fosse in Cilicia, per il fatto che la capitale della Cilicia è chiamata Tarso. Di questa città era originario anche l’apostolo Paolo, nato a Tarso di Cilicia (Cf. Ac 21,39). Ma altri hanno creduto che Tarsis fosse Cartagine; forse perché un tempo era così nominata, oppure perché così era indicata con un’altra espressione. Infatti nel profeta Isaia troviamo: Gemono le navi di Cartagine (Is 23,1 = LXX). In Ezechiele invece, a seconda degli interpreti, troviamo tradotta da alcuni Cartagine, e da altri Tarsis (Cf. Ez 38,13 = LXX); e da questa diversità delle traduzioni si può intendere che è chiamata Tarso la città che era detta Cartagine. Si sa peraltro che ai primordi del regno di Cartagine fioriva la navigazione, e tanto fioriva che Cartagine eccelleva per i commerci e i traffici rispetto alle altre genti. Infatti quando Didone, fuggendo il fratello, naufragò sulle terre d’Africa, dove fondò Cartagine, prese per la fuga le navi che erano state preparate per il commercio in quelle contrade, con l’accordo dei principi di quelle regioni; e queste stesse navi non cessarono di commerciare anche dopo la fondazione di Cartagine. In seguito a ciò questa città è assurta a tale superbia, che degnamente nelle sue navi si può scorgere la superbia dei popoli, che si fidano di cose incerte come il soffio dei venti. Non fidiamoci più delle vele, né della prosperità di questo secolo né del favore del mare; il nostro fondamento sia in Sion; ivi dobbiamo stabilirci, non essere sospinti da ogni vento di dottrina (Cf. Ep 4,14). Siano dunque rovesciati tutti coloro che si inorgogliscono nelle incertezze di questa vita; e sia sottomessa a Cristo la superbia di tutte le genti, a Cristo che frantuma con vento violento le navi di Tarsis; non le navi di qualsiasi città, ma quelle di Tarsis. E che significa con vento violento? Significa con fortissimo timore. Così infatti ha tremato la superbia di ognuno di fronte a lui che giudicherà, onde creda nell’umile e non si spaventi del sublime,

162 L'adempimento delle promesse nella Chiesa.

7. [v 9.] Come abbiamo udito, così abbiamo anche visto. O Chiesa felice! A suo tempo hai udito, a suo tempo hai visto. Ha udito nelle promesse, vede nella realtà, ha udito nella profezia, vede nel Vangelo. Perché tutte le cose che ora si adempiono, prima sono state profetate. Innalza dunque gli occhi, e getta uno sguardo nel mondo, e osserva ormai come si è estesa l’eredità fino ai confini della terra; vedi che già si è realizzato quanto è stato detto: Lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti gli obbediranno (
Ps 71,11). Guarda che già si è compiuta la profezia: Sia tu esaltato, o Dio, sopra i cieli, e la tua gloria sopra tutta la terra (Ps 107,6). Contempla colui che ebbe piedi e mani trafitti dai chiodi, le cui ossa pendenti dal legno furono contate, e sulle cui vesti furono gettate le sorti (Cf. Mt 27,35); contemplalo regnare, lui che essi hanno visto in croce, osservalo mentre siede in cielo lui che essi disprezzarono mentre camminava in terra. Vedi come si sono realizzate le parole: Si ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i paesi della terra, e si prosterneranno al suo cospetto tutte le stirpi delle genti (Ps 21,28). Vedendo tutto questo esclama con gioia: Come abbiamo udito così abbiamo anche visto. E giustamente dunque ci si rivolge alla Chiesa sparsa fra i Gentili con queste parole: Ascolta, o figlia, guarda e porgi orecchio, e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre (Ps 44,11). Il tuo padre fu il Settentrione, vieni al monte Sion. Ascolta e guarda: non, guarda e poi ascolta; ma, ascolta e guarda; prima ascolta e poi guarda. Ascolti dapprima ciò che non vedi, vedrai più tardi ciò che hai udito. Dice il Signore: Il popolo che non ho conosciuto mi ha servito, ascoltandomi con l’orecchio mi ha obbedito (Ps 17,45). Se ha obbedito ascoltando con l’orecchio, dunque non ha visto. E non ricordi le parole: Coloro ai quali non fu preannunziato di lui, vedranno: e coloro che non avranno udito, comprenderanno (Is 52,15)? Coloro ai quali non furono mandati i profeti, per primi ascoltarono e compresero i profeti; coloro che dapprima non li udirono, poi, udendoli, rimasero ammirati. Coloro ai quali i profeti erano stati inviati, rimasero insensibili, portando seco i codici, ma non comprendendo la verità, possedendo le tavole del Testamento, ma senza possederne l’eredità. Noi invece come abbiamo udito così abbiamo visto. Nella città del Signore degli eserciti, nella città del nostro Dio. Ivi abbiamo udito, ivi abbiamo anche visto. Chi rimane fuori di essa non ascolta né vede; chi è in essa non è né sordo né cieco. Come abbiamo udito così abbiamo anche visto. E dove ascolti? E dove vedi? Nella città del Signore degli eserciti, nella città del nostro Dio. Dio l’ha fondata per l’eternità. Non ci insultino gli eretici che si sono divisi in fazioni; non si insuperbiscano coloro che dicono: Ecco Cristo è qui, ecco è lì (Mt 24,23). Colui che dice: Ecco è qui, ecco è lì, spinge alla divisione. Dio ha promesso l’unità; i re si sono riuniti insieme, non si sono frantumati negli scismi. Ma forse questa città che ora domina il mondo, un giorno sarà rovesciata. Non sia mai: Dio l’ha fondata per l’eternità. Orbene, se Dio l’ha fondata per l’eternità, perché temi che cada il suo fondamento?

È cristiano solo chi ai sacramenti unisce i buoni costumi.

8. [v 10.] Abbiamo ricevuto, Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo popolo. Chi sono coloro che hanno ricevuto, e dove hanno ricevuto? Non ha forse ricevuto lo stesso popolo tuo la tua misericordia? Se il tuo popolo ha ricevuto la tua misericordia, come noi abbiamo ricevuto la misericordia tua e l’abbiamo ricevuta in mezzo al tuo popolo come se altri siano coloro che hanno ricevuto, ed altri coloro in mezzo ai quali tale misericordia è stata ricevuta? Grande mistero, ma tuttavia non sconosciuto; quando anche di qui, cioè da questi versi sarà tratto fuori e liberato il significato, non sarà duro, ma dolce. Di fatto il popolo di Dio è costituito da tutti coloro che partecipano ai suoi sacramenti, ma non tutti appartengono alla sua misericordia. Tutti coloro che ricevono il sacramento del battesimo di Cristo sono chiamati cristiani; ma non tutti vivono in modo degno di tale sacramento. Vi sono infatti alcuni dei quali l’Apostolo dice: hanno l’apparenza della pietà, ma sono privi di quanto ne forma l’essenza (2Tm 3,5). Tuttavia, per questa apparenza della pietà portano il nome di popolo di Dio, così come insieme col grano si trova la paglia, finché non viene vagliata. Verrà riposta forse anche nel granaio? Ebbene, in mezzo a questo popolo malvagio c’è il popolo buono, che ha ricevuto la misericordia di Dio. Vive in modo degno della misericordia di Dio colui che ascolta e ricorda e compie ciò che dice l’Apostolo: Come maestri dunque vi scongiuriamo a non ricevere invano la grazia di Dio (2Co 6,1). Chi non riceve invano la grazia di Dio, riceve tanto il sacramento quanto la misericordia di Dio. E come gli pregiudica il fatto di essere in mezzo al popolo disobbedente, finché la messe non sarà vagliata, finché i buoni non saranno separati dai malvagi? Che danno gli porta abitare in mezzo al popolo? Sia tra coloro che sono chiamati firmamento, ricevendo la misericordia di Dio, sia giglio in mezzo alle spine. Vuoi sentire che anche le stesse spine appartengono al popolo di Dio? Così dice la similitudine: Come giglio in mezzo alle spine, così la mia diletta in mezzo alle figlie (Ct 2,2). Ha detto forse in mezzo alle estranee? No, ha detto: in mezzo alle figlie. Si tratta dunque di figlie malvagie, e tra di esse c’è il giglio in mezzo alle spine. Ne consegue che coloro che hanno i sacramenti ma non hanno i buoni costumi, sono detti di Dio e non sono di Dio; sono detti figli suoi ed estranei; suoi a cagione del sacramento, estranei per i loro vizi. Così anche le figlie sono estranee: figlie per l’apparenza della pietà; estranee per la perdita della virtù. Sia giglio, accolga la misericordia di Dio, tenga stretta la radice del buon fiore, non sia ingrato per la dolce pioggia che viene dal cielo. Le spine sono ingrate, crescono grazie alla pioggia, ma crescono per il fuoco, non per il granaio. Abbiamo ricevuto, Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo popolo. In mezzo al tuo popolo, che non riceve la tua misericordia, noi l’abbiamo ricevuta. Perché egli è venuto tra i suoi, ma i suoi non l’hanno ricevuto. Tuttavia a quanti l’hanno ricevuto ha dato il potere di diventare figli di Dio (Cf. Jn 1,11 Jn 12).

Come il grano sull'aia, così i giusti tra i peccatorì.

9. Qualcuno ora pensa: ma come? Questo popolo che riceve la misericordia di Dio in mezzo al popolo di Dio, quanti figli conta? Come sono pochi! Se ne trova appena qualcuno; e Dio si contenterà di loro, e perderà la moltitudine? Così dicono quelli che promettono a se stessi ciò che non hanno udito promettere da Dio. Ma veramente, se viviamo nel male, se godiamo le delizie di questo mondo, se obbediamo ai nostri piaceri, Dio ci perderà? Quanti sono coloro che obbediscono ai comandamenti di Dio? Se ne troveranno uno o due, comunque pochissimi; e Dio libererà solo essi e condannerà tutti gli altri? Non sia mai, dicono costoro; quando verrà e vedrà tanta folla alla sua sinistra, ne avrà compassione e darà loro il perdono. È proprio questo ciò che il serpente promise al primo uomo. Dio l’aveva minacciato di morte se avesse assaporato il frutto (Cf. Gn 2,17); ma il diavolo gli disse: Non sia mai, non morirete (Gn 3,4). Credettero al serpente e si resero conto che era vera la minaccia di Dio, ed era falsa la promessa del diavolo. Così anche ora, fratelli, bisogna pensare che tutta la Chiesa è nelle condizioni in cui era il paradiso terrestre. Il serpente non cessa di suggerire oggi ciò che suggerì allora. Ma la caduta del primo uomo ci deve servire di esempio per farci stare in guardia, non per imitare il peccato. Egli è caduto, perché noi, traendone insegnamento, risorgiamo. Rispondiamo a tali suggestioni ciò che rispose Giobbe. Il diavolo tentò anche lui per mezzo di una donna, come per mezzo di Eva, ma l’uomo che era stato vinto nel paradiso vinse nel letame (Cf. Jb 2,8-10). Non ascoltiamo dunque tali parole, né crediamo che siano pochi i buoni; sono molti, ma sono nascosti in mezzo ai più. Non possiamo di fatto negare che i malvagi sono molto numerosi; sono tanto numerosi che in mezzo ad essi i buoni quasi non si vedono, allo stesso modo in cui non si vedono i chicchi di grano in mezzo alla raccolta. Infatti, chiunque guarda la messe, può credere che vi sia soltanto la paglia. Dammi una persona inesperta, ed egli crederà che sia inutile mandare i buoi, inutile che gli uomini calpestino la paglia sudando sotto la calura; ma la massa deve essere purificata con la vagliatura. Allora verrà fuori la gran quantità di grano, che era nascosto in tanta paglia. Vuoi trovare i buoni? Sii buono e li troverai.

I giusti sono dovunque.

10. [v 11.] Osserva che cosa dice questo salmo contro tale scoraggiamento; con queste parole: abbiamo ricevuto, Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo popolo ha fatto intendere che vi è il popolo che non riceve la misericordia di Dio, in mezzo al quale vi sono coloro che la ricevono; e affinché non venga in mente agli uomini che costoro sono tanto pochi da sembrare che non ve ne siano affatto, ascolta come ci consola con i versi che seguono: Secondo il nome tuo, Dio, così anche la tua lode fino ai confini della terra. Che significa: Grande è il Signore e sommamente degno di lode, nella città del nostro Dio, nel suo santo monte (Ps 47,2)? Non possono lodarlo che i suoi santi. Coloro che vivono male non lo lodano; anche se predicano con la lingua, bestemmiano con la vita. Poiché dunque la sua lode non è che nei suoi santi, non dicano gli eretici: in noi è rimasta la sua lode, poiché siamo pochi e separati dalla folla; noi viviamo giustamente, noi lodiamo Dio, non soltanto con le parole, ma anche con la nostra vita. A loro si risponda con quanto dice il salmo: perché voi dite di lodare nella vostra setta Dio, al quale è detto: Secondo il tuo nome, Dio, così anche la tua lode fino ai confini della terra? Cioè, come sei conosciuto in tutta la terra così sei lodato in tutta la terra; e non mancano coloro che ovunque ti lodano. Ma ti lodano coloro che vivono nel bene. Secondo il tuo nome, Dio, così anche la tua lode fino ai confini della terra, non in una parte della terra, ma fino ai confini della terra. Di giustizia è piena la tua destra; cioè sono molti coloro che saranno alla tua destra. Non solo saranno molti coloro che saranno alla tua sinistra, ma vi sarà anche una folla riunita alla tua destra: Di giustizia è piena la tua destra.

11. [v 12.] Si rallegrerà il monte Sion ed esulteranno le figlie di Giudea a cagione dei tuoi giudizi, o Signore. O monte Sion, o figlie di Giudea, affaticatevi ora tra la zizzania, tra la paglia, affaticatevi tra le spine; ma esultate per i giudizi di Dio. Non sbaglia Dio nel giudicare. Vivete separate, anche se siete nate insieme: non invano sono uscite dalla bocca vostra e dal vostro cuore le parole: Non perdere con gli empi la mia anima, e con gli uomini sanguinari la mia vita (Ps 25,9). Un così grande artefice vaglierà, porterà in mano il vaglio, affinché non cada nel mucchio della paglia da bruciare neanche un solo chicco di grano, né un solo filo di paglia finisca nella massa che deve essere riposta nel granaio (Cf. Mt 3,12). Esultate, figlie di Giudea, a cagione dei giudizi di Dio che non sbaglia; e non giudicate temerariamente. A voi compete raccogliere, a lui compete separare. Si rallegrerà il monte Sion ed esulteranno le figlie di Giudea a cagione dei tuoi giudizi, Signore. E non crediate che le figlie di Giudea siano i Giudei. Giuda significa confessione. Tutti i figli della confessione sono figli di Giudea, poiché le parole: La salvezza viene dai Giudei non significa altro che Cristo viene dai Giudei (Cf. Jn 4,22). Questo ha detto anche l’Apostolo: Poiché non è giudeo colui che è tale all’esterno e la circoncisione non è quella visibile nella carne, ma è giudeo colui che è tale nel suo intimo, e la circoncisione è quella del cuore secondo lo spirito, non secondo la lettera, e la sua lode non viene dagli uomini, ma da Dio (Rm 2,28 Rm 29). In questo modo devi essere giudeo: gloriati della circoncisione del cuore, anche se non hai la circoncisione della carne. Esulteranno le figlie di Giudea a cagione dei tuoi giudizi, Signore.

12. [v 13.] Circondate Sion e abbracciatela. Sia detto questo a coloro che vivono nel male, e in mezzo ai quali sta quel popolo che ha ricevuto la misericordia di Dio. In mezzo a voi è il popolo che vive bene: Circondate Sion. Ma in qual modo? Abbracciatela. Non circondatela con scandali, ma circondatela di carità; in modo da imitare coloro che vivono bene in mezzo a voi e potervi così incorporare a Cristo di cui essi sono le membra. Circondate Sion e abbracciatela. Parlate dalle sue torri. Cioè annunziate le sue lodi dall’alto delle sue fortificazioni.

La carità sopporta tutto.

163 13. [v 14.] Ponete i vostri cuori nella sua virtù. Non abbiate l’apparenza della pietà, negando la sua virtù (Cf. 2Tm 3,5); ma ponete i vostri cuori nella sua virtù. Qual è la virtù di questa città? Chi vuol comprendere la virtù di questa città, comprenda la forza della carità. Essa è la virtù che nessuno vince: nessun flutto del mondo, nessun fiume di tentazione riesce ad estinguere il fuoco di questa virtù. Di essa è detto: Forte come la morte è l’amore (Ct 8,6). Come quando viene la morte non le si può resistere, e quali che siano le arti, quali che siano i medicamenti cui tu ricorri non puoi evitare la violenza della morte, perché sei nato mortale, così contro la violenza dell’amore il mondo non può far niente. La similitudine della morte ha efficacia nel senso opposto, perché come la morte è violentissima per togliere, così l’amore è violentissimo per salvare. Per questo amore molti sono morti al secolo, onde vivere per Dio. Che cosa fecero le tentazioni dei persecutori ai martiri infiammati da questa carità, che non fingevano, non erano gonfi di vanagloria, non erano come quelli di cui è detto: Se darò il mio corpo per bruciare, ma non avrò la carità, a niente mi giova (1Co 13,3), ma erano tanto ardenti che l’amore per Cristo e per la verità li conduceva al martirio? Ebbero maggior forza gli occhi dei loro parenti che piangevano che non le violenze dei persecutori. I figli quanti ne trattenevano perché non soffrissero il martirio! Quante spose si abbracciavano ai ginocchi dei loro sposi affinché non le lasciassero vedove! Quanti figli cercavano di impedire ai genitori di morire, come sappiamo e leggiamo nella passione di santa Perpetua! Tutte queste cose sono accadute. Ma quando mai le lacrime, fluenti pur coll’impeto che volete, sono riuscite ad estinguere la fiamma dell’amore (Cf. 5, 3)? Questa è la virtù di Sion, cui anche altrove è detto: Sia pace nella tua virtù, e sicurezza nelle tue torri (Ps 121,7). Parlate dalle sue torri: ponete i vostri cuori nella sua virtù, e distinguete le sue dimore.

14. Che cosa dobbiamo intendere in queste parole: Ponete i vostri cuori nella sua virtù, e distinguete le sue dimore? Cioè: distinguete dimora da dimora, non confondetele. Perché una dimora è quella che ha l’apparenza della pietà, ma non ha la pietà; c’è però anche la dimora che ha l’apparenza e la realtà della pietà. Distinguete, non confondete. Ma allora distinguete e non confondete quando i vostri cuori ponete nella sua virtù, cioè quando siete divenuti uomini spirituali per mezzo della carità. Allora non giudicherete temerariamente; allora vi renderete conto che i malvagi non ostacolano i buoni finché siamo in questa terra. Distinguete le sue dimore. Queste parole possono essere interpretate anche in un altro modo. È stato detto agli Apostoli di distinguere quelle due dimore, una che proveniva dal popolo dei circoncisi e l’altra dal popolo dei non circoncisi. Quando infatti fu chiamato Saulo e divenne l’apostolo Paolo, convenendo nell’unità della dottrina con i colleghi nell’apostolato, decisero insieme che essi sarebbero andati nel popolo dei circoncisi, ed egli in quello dei non circoncisi (Cf. Ga 2,9). Con questa amministrazione del loro apostolato distribuirono le dimore della città del grande re, e, trovandosi d’accordo sulla pietra d’angolo, divisero nella dispensazione il Vangelo che avevano unito con la carità. Anzi è questa la migliore interpretazione. Continua infatti il salmo e mostra che queste parole sono dette ai predicatori: E distribuite le sue dimore per narrare alla generazione futura, cioè affinché giunga anche a noi, nel futuro, la dispensazione del loro Vangelo. Essi lavorarono infatti non soltanto per coloro con i quali vissero qui in terra; e neppure il Signore predicò soltanto per gli Apostoli ai quali si degnò di mostrarsi vivo anche dopo la resurrezione, ma ha predicato anche per noi. Parlava a loro, ma intendeva noi, quando diceva: Ecco io sono con voi ogni giorno fino alla consumazione dei secoli (Mt 28,10). Forse che essi avrebbero vissuto fino alla consumazione dei secoli? E del pari dice: non prego soltanto per loro, ma per quelli che crederanno in me grazie alla loro parola (Jn 17,20). Dunque guardava a noi poiché ha sofferto per noi. Giustamente quindi si dice: per narrare alla generazione futura.

Protezione divina.

15. [v 15.] Per narrare che cosa? Che questi è il nostro Dio. Si vedeva la terra, ma non si vedeva il Creatore della terra; si ammetteva la carne, ma nella carne non era stato riconosciuto Dio. Si ammetteva la carne da coloro dai quali la carne stessa era stata assunta, dalla discendenza di Abramo, cioè la vergine Maria; ed essi si erano fermati alla carne e non avevano visto la divinità. O Apostoli, o grande città! predica dalle torri, e di’: Questi è il nostro Dio. Così, così allo stesso modo in cui è stato disprezzato, allo stesso modo in cui come pietra giaceva dinanzi ai piedi di coloro che vi inciampavano, per umiliare i cuori di coloro che confessavano, così Questi è il nostro Dio. Certamente è stato visto, come è stato detto: Dopo queste cose è stato visto in terra, ed ha vissuto con gli uomini (Ba 3,38). Questi è il nostro Dio. Ma è uomo, e chi lo riconoscerà? Questi è il nostro Dio. Ma forse lo è per un certo tempo, allo stesso modo in cui lo sono gli dèi falsi. Questi ultimi possono essere chiamati dèi, ma non possono essere dèi, e soltanto per qualche tempo sono detti tali. Che dice infatti di loro il profeta, o meglio che cosa ci invita a dire di loro? Queste cose direte di loro; quali cose? Gli dèi che non hanno fatto il cielo e la terra, scompariranno dalla terra, e di sotto al cielo (Jr 10,11). Non così è Dio, poiché il Dio nostro è al di sopra di tutti gli dèi. Al di sopra di quali dèi? Perché tutti gli dèi delle genti sono demoni, mentre il Signore ha creato i cieli (Ps 95,5). Egli è dunque il nostro Dio, questi è il nostro Dio. Fino a quando? In eterno e nei secoli dei secoli; egli ci reggerà nei secoli. Se è nostro Dio, è anche nostro re; ci protegge, perché è Dio affinché non moriamo; ci governa, perché è nostro re, affinché non cadiamo. Ma governandoci non ci frantuma; infatti frantuma coloro che non governa. Li reggerai, sta scritto, con verga ferrea, e come vasi di argilla li frantumerai (Ps 2,9). Ve ne sono alcuni che non regge; ad essi non perdona, e come vasi di argilla li frantuma. Desideriamo dunque essere governati e liberati da lui; perché questi è il nostro Dio in eterno, e nei secoli dei secoli; ed egli ci reggerà nei secoli.


Agostino Salmi 46