Agostino Salmi 26

SUL SALMO 26

26 Ps 26

ESPOSIZIONE I

Il desiderio di vedtre Dio ci fa sopportare molte cose.

1. [v 1.] Dello stesso David, prima che fosse unto. Il novizio di Cristo dice, nell’accostarsi alla fede: Il Signore è mia luce e mia salvezza; chi temerò? Il Signore mi darà la conoscenza di Lui e la salvezza; chi mi toglierà a Lui? Il Signore è il protettore della mia vita; di chi avrò paura? Il Signore respinge tutti gli assalti e le insidie del mio nemico; di nessuno avrò timore.

2. [v 2.] Quando mi si fan sopra i malvagi, per divorare le mie carni. Quando si avvicinano i malvagi per conoscermi e insultarmi, anteponendo se stessi a me, che sto cambiando in meglio, non mi divorino con il dente della maldicenza, ma piuttosto divorino i miei desideri carnali. Quelli che mi tormentano, i miei nemici. Non solo coloro che mi tormentano rimproverandomi con animo amico, cercando di distogliermi dal mio proposito, ma anche i miei nemici. Essi sono stati indeboliti, e sono caduti. Mentre dunque fanno questo, sforzandosi di difendere la loro causa, sono divenuti incapaci di credere cose migliori; ed hanno cominciato ad odiare la parola della salvezza, per la quale io faccio ciò che ad essi dispiace.

3. [v 3.] Anche se mettessero in piedi accampamenti contro di me, non temerebbe il mio cuore. Anche se si leva cospirando contro di me una folla di contraddittori, non avrà paura il mio cuore, tanto da farmi passare dalla loro parte. Se contro di me si leva guerra, in questa io spererò. Se si leva contro di me la persecuzione di questo secolo, in questa preghiera che ho nell’anima riporrò la mia speranza.

4. [v 4.] Una cosa ho chiesto al Signore, e questa cercherò. Una richiesta ho rivolto al Signore, questa ricercherò. Di abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita: che, per tutto il tempo in cui sono in questa vita, nessuna avversità mi escluda dal numero di coloro che mantengono in tutto il mondo l’unità e la verità della fede del Signore. Per contemplare il gaudio del Signore. Al fine cioè che si manifesti, a me che persevero nella fede, la visione gioiosa [di Dio], e possa contemplarla faccia a faccia. E per essere protetto quale suo tempio. E assorbita la morte nella vittoria, possa rivestire l’immortalità (1Co 15,54), divenuto suo tempio.

5. [v 5.] Poiché egli mi ha nascosto nel suo tabernacolo nel giorno del mio dolore. Poiché mi ha nascosto nell’economia del suo Verbo Incarnato nel tempo delle tentazioni, alle quali soggiace la mia vita mortale. Mi ha protetto nel segreto del suo tabernacolo. Ha protetto me, che ho nel cuore una fede salutare (Cf. Rm 10,10).

6. [v 6.] Sulla pietra mi ha innalzato. Ed affinché inoltre fosse manifesto che ho creduto per la salvezza, sulla sua saldezza ha fatto emergere la mia confessione. Ed ora, ecco, ha innalzato la mia testa sui miei nemici. Che cosa mi riserba per la fine, dal momento che anche ora, mentre il corpo è morto a cagione del peccato (Cf. Rm 8,10), sento che la mia mente osserva la legge di Dio, e non è trascinata prigioniera sotto la ribelle legge del peccato (Cf. Rm 7,22)? Sono andato attorno, ed ho immolato nel suo tabernacolo un sacrificio di giubilo. Ho considerato il mondo che crede in Cristo; e, per il fatto che Dio si è umiliato nel tempo per noi, con gioia l’ho lodato, poiché si diletta di una tale vittima. Canterò e inneggerò al Signore. Con il cuore e con le opere mi allieterò nel Signore.

7. [v 7.] Esaudisci, o Signore, la mia voce, con la quale ho gridato verso di te. Esaudisci, o Signore, la [mia] voce interiore che con intenso desiderio ho diretto alle tue orecchie. Abbi pietà di me, ed esaudiscimi. Abbi pietà di me, ed in essa esaudiscimi.

8. [v 8.] A te ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto. Perché non agli uomini mi sono mostrato; ma nel segreto, dove tu solo ascolti, ti ha detto il cuor mio: Non ho cercato da te qualche premio che sia all’infuori di te, ma il tuo volto. Il tuo volto, Signore, ricercherò. Con perseveranza insisterò in questa ricerca; non cercherò infatti qualcosa di poco conto, ma il tuo volto, o Signore, per amarti gratuitamente, dato che non trovo niente di più prezioso.

9. [v 9.] Non distogliere da me il tuo volto, affinché io possa trovare quel che cerco. Non ti allontanare adirato dal tuo servo, affinché, cercando te, non mi imbatta in qualcos’altro. Quale pena può esser più grave di questa per chi ama e cerca la verità del tuo volto? Sii il mio soccorritore. Quando la troverò se tu non mi aiuti? Non mi abbandonare e non respingermi, Dio, mia Salvezza. Non disprezzare il fatto che un mortale osi ricercare l’eterno: perché tu, Dio, risani la ferita del mio peccato.

10. [v 10.] Giacché il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato. Perché il regno di questo secolo e la città di questo secolo, dalle quali sono nato nel tempo e per la morte, hanno abbandonato me che ti cerco e che disprezzo ciò che essi promettevano, dato che non possono darmi ciò che vado cercando. Ma il Signore mi ha raccolto. Ma il Signore, che può darmi se stesso, mi ha raccolto.

11. [v 11.] Stabilisci per me una legge, o Signore, sulla tua via. Signore, per me che a te tendo, e che, partendo dal timore, apprendo la grande arte di pervenire alla sapienza, stabilisci una legge sulla tua via, affinché io non devii e la tua dottrina non mi abbandoni: E guidami sui retti sentieri a motivo dei miei nemici. Guidami nella rettitudine del suo erto cammino, non basta infatti incominciare, dato che i nemici, finché non si è giunti, non si danno pace.

12. [v 12.] Non mi abbandonare alle passioni dei miei persecutori. Non lasciare che coloro che mi tormentano si sazino dei miei mali. Perché si sono levati contro di me testimoni iniqui. Perché sono sorti contro di me dicendo il falso di me, per smuovermi e distogliermi da te, quasi che io cerchi gloria dagli uomini. E l’iniquità ha mentito a se stessa. L’iniquità, insomma, si è compiaciuta nella sua menzogna. Infatti non ha potuto smuovere me, cui per questo è stata promessa una più grande mercede nei cieli.

13. [v 13.] Ho fede di vedere i beni del Signore, nella terra dei viventi. E perché tutte queste cose per primo ha sofferto il mio Signore, se anche io disprezzerò le lingue di coloro che muoiono (poiché la bocca che mente uccide l’anima (Sg 1,11)), ho fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi, ove non c’è posto per la falsità.

14. [v 14.] Spera nel Signore, comportati da uomo; si conforti il tuo cuore e spera nel Signore. Ma quando accadrà questo? È duro per il mortale, lento per chi ama: però ascolta la voce non ingannatrice di colui che dice: Spera nel Signore. Sopporta virilmente il bruciore dei reni, e con coraggio l’arsura del cuore; non credere che ti sia negato ciò che ancora non hai ricevuto. Non cadere nella disperazione, e considera che è detto: Spera nel Signore.

SULLO STESSO SALMO 26

262 Ps 26

ESPOSIZIONE II

Discorso al popolo

Nel salmo preghiamo con lo Spirito Santo.

1. Il Signore nostro Dio volendo parlarci e consolarci - certo perché ci vede mangiare il pane con il sudore del nostro volto (Cf. Gn 3,19) - secondo il suo giusto giudizio si degna di parlarci per mezzo di noi stessi, per mostrare che non solo è nostro Creatore, ma che abita [in mezzo a noi]. Se dicessimo che queste parole del salmo, che abbiamo udito e in parte cantato, sono nostre, ci sarebbe da temere che non diciamo il vero; sono infatti più parole dello Spirito di Dio che nostre. E per contro, se dicessimo che non sono nostre, certamente mentiremmo: non vi è gemito, infatti, se non di coloro che soffrono. Ma tutta questa voce che qui risuona, piena di dolore e di lacrime, può essere anche di Colui che mai può essere misero. Infatti il Signore è misericordioso, noi siamo miseri; il misericordioso si è degnato di parlare ai miseri e si degna anche di servirsi per loro della voce [stessa] dei miseri. È vera dunque l’una e l’altra cosa, che la voce è nostra e non è nostra; che è la voce dello Spirito di Dio, e che non lo è. È la voce dello Spirito di Dio perché noi non potremmo dire queste parole senza la sua ispirazione; non lo è, d’altra parte, perché Egli non conosce né miseria né sofferenza. Ora queste sono parole dei miseri e dei sofferenti: sono quindi nostre, perché sono parole che esprimono la nostra miseria; e del pari non sono nostre perché è per dono dello Spirito che noi meritiamo anche di gemere.

Il Corpo Mistico di Cristo.

2. [v 1.] Salmo di David prima di essere unto. Questo è il titolo del salmo: Salmo di David prima di ricevere l’unzione, ossia prima di essere unto. Infatti egli fu unto come re (Cf. 1S 16,13). Erano unti allora solo il re ed il sacerdote: queste due erano a quel tempo le persone che venivano unte. Nelle due persone era prefigurato il futuro unico re e sacerdote, l’unico Cristo rivestito dell’uno e dell’altro ufficio, chiamato appunto Cristo per il crisma [o unzione]. Ma non soltanto fu unto il nostro Capo: lo siamo stati anche noi, il suo corpo. È dunque Re perché ci regge e ci guida; Sacerdote perché per noi intercede (Cf. Rm 8,34). Ed unico è stato questo sacerdote, tanto che egli stesso è stato anche la vittima. Niente altro che se medesimo ha offerto a Dio in sacrificio. All’infuori di sé non avrebbe trovato infatti altra vittima così pura e razionale; quale agnello immacolato ci ha redento, versando il suo sangue, incorporando noi a se stesso, facendoci sue membra, in modo che anche noi, in Lui, fossimo Cristo. Perciò l’unzione riguarda tutti i cristiani; mentre nei tempi passati del Vecchio Testamento essa spettava solo a due persone. Di conseguenza è manifesto che noi siamo il Corpo di Cristo, perché tutti siamo unti; e tutti noi in Lui siamo di Cristo e siamo Cristo, poiché in certo qual modo il Cristo totale è Capo e corpo. Questa unzione ci perfezionerà spiritualmente in quella vita che a noi è promessa. E questa è dunque la voce di colui che anela a quella vita, è la voce di colui che anela alla grazia di Dio che in noi alla fine si perfezionerà; per questo è detto prima di essere unto. Perché noi siamo unti ora nel sacramento, e nello stesso sacramento si prefigura qualcosa di quel che noi saremo. E noi dobbiamo desiderare questo non so che futuro e ineffabile, e nel contempo gemere nel mistero, al fine di poter poi gioire in quella realtà, che nel mistero è in anticipo mostrata.

Il Signore luce e salvezza nostra.

3. Ecco che cosa dice: Il Signore è mia luce e mia salvezza; che cosa temerò? Egli mi illumina, vadano indietro le tenebre; egli mi salva, si allontani la debolezza; procedendo saldo nella luce, chi temerò? Perché Dio non dona una salvezza tale che possa essere inficiata da altri; oppure è tale Luce che possa essere oscurata da alcuno. Il Signore illumina, noi siamo illuminati; il Signore salva, noi siamo salvati. Se dunque Egli illumina e noi siamo illuminati, Egli salva e noi siamo salvati, al di fuori di Lui noi siamo tenebre e debolezza. Avendo dunque in Lui la speranza certa, incrollabile e vera, di chi avremo paura? Il Signore è la tua luce, il Signore è la tua salvezza. Incontrane uno più potente e temilo. Appartengo al più potente di tutti, all’Onnipotente, in modo tale che egli mi illumina e mi salva, e non temo nessuno all’infuori di Lui stesso. Il Signore è il protettore della mia vita, di chi avrò paura?

4. [v 2.] Quando mi si fan sopra i malvagi, per divorare le mie carni; quelli che mi tormentano, i miei nemici, essi stessi sono stati indeboliti, e sono caduti. Ebbene, che cosa o chi temerò? Di chi o di che cosa avrò paura? Quelli che mi perseguitano sono stati indeboliti e cadono. Per divorare le mie carni. Quali sono le mie carni? Sono i miei sentimenti carnali. Incrudeliscano nel perseguitarmi; niente in me muore se non ciò che è mortale. Vi sarà sempre in me qualcosa ove il persecutore non può arrivare, là dove abita il mio Dio. Divorino le mie carni; consumate le carni sarò spirito e spirituale. E invero il Signore mi promette una così eccelsa salvezza, che anche questa carne mortale, che ora sembra essere lasciata nelle mani dei persecutori, non perirà in eterno; al contrario, ciò che si mostrò nella risurrezione del mio Capo, questo tutte le membra sperano. Chi ha da temere l’anima mia, nella quale dimora Dio? Chi ha da temere la mia carne, dal momento che questa corruzione si rivestirà di incorruttibilità (Cf. 1Co 15,53)? Volete sapere perché, mentre i persecutori ci divorano le carni, neppure per la nostra carne dobbiamo nutrir timore? Si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale (1Co 15,44). Ma quanta fiducia deve essere in colui che è capace di dire: Il Signore è mia luce e mia salvezza; chi temerò? Il Signore è il protettore della mia vita, di chi avrò paura? L’imperatore è protetto dai soldati armati di scudo, e non teme; cioè il mortale è protetto dai mortali e sta sicuro; ebbene, il mortale è protetto dall’immortale e temerà ed avrà paura?

Il timore di Dio.

5. [v 3.] Ma udite quanta fiducia debba essere in colui che dice queste parole: Se mettono in piedi contro di me accampamenti, non avrà paura il mio cuore. Gli accampamenti sono fortificati, ma chi è più fortificato di Dio? Se contro di me si leva guerra. E che può farmi la guerra? Può togliermi la mia speranza? Può togliermi ciò che dà l’Onnipotente? Come non è vinto colui che dona, così non è tolto ciò che egli dà. Se potesse esser tolto ciò che dà, anche il donatore sarebbe vinto. Ne consegue che anche quelle cose che abbiamo ricevuto nel tempo, nessuno ce le può togliere, fratelli miei, all’infuori dello stesso che ce le ha date. Le cose spirituali che ha donato non le toglierà, se tu stesso non le abbandonerai; mentre le cose carnali e temporali egli stesso le toglie, perché, anche se è qualcun altro che le strappa, può togliercele perché egli gliene ha data la potestà. Questo lo sappiamo e lo leggiamo nel libro di Giobbe, poiché neppure colui che sembra avere quasi il massimo potere nel tempo, il diavolo, può qualcosa senza che gliene sia stato dato il permesso (Cf. Jb 1). Ha ricevuto la potestà sulle cose più basse, ed ha perduto le cose più grandi e sublimi. E questa non è la potestà di uno adirato, ma la pena di un dannato. Né esso stesso può avere alcuna potestà, se non gli è concessa. Nel libro menzionato puoi leggere ciò che ho detto, e nel Vangelo il Signore dice: Questa notte Satana vi ha ricercati per vagliarvi come grano, ma io ho pregato per te, Pietro, perché non venga meno la tua fede (Lc 22,31). Questo gli è permesso o per nostro castigo o per metterci alla prova. Dunque, poiché nessuno può toglierci ciò che Dio dà, non temiamo nessuno all’infuori di Dio; per qualunque altra cosa si agiti, qualunque altra cosa orgogliosamente tenti contro di noi, non abbia paura il nostro cuore.

6. [v 4.] Se contro di me si leva guerra, in questa spererò. In che cosa? Una cosa - dice - ho chiesto al Signore. Ha usato il genere femminile per definire un certo beneficio, come per dire: una richiesta. E nello stesso modo in cui siamo soliti, parlando, dire, ad esempio: hai due cose, usando il femminile e non il maschile, di tale maniera di esprimersi si è servita la Scrittura, dicendo: Una cosa ho chiesto al Signore, e questa ricercherò. Vediamo che cosa chiede colui che niente teme. Una grande tranquillità di cuore. Volete non temere nulla? Chiedete questa sola cosa: ma chi la chiede, già non teme nulla oppure la chiede per non temere nulla? Una cosa - dice - ho chiesto al Signore, questa ricercherò. La richiesta è qui avanzata da coloro che camminano nel bene. Di che cosa si tratta? che cos’è quell’unica cosa? Di abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita. Questa è l’unica cosa: è chiamata infatti casa quella ove sempre permarremo. In questa peregrinazione è detta casa, ma più propriamente si chiama tenda; tenda di pellegrini ed in certo qual modo di soldati che combattono contro il nemico. Poiché dal momento che c’è una tenda in questa vita, è chiaro che c’è anche il nemico. Infatti, avere insieme una tenda significa essere compagni di tenda; e sapete che questo è il nome dei soldati. Dunque qui c’è la tenda, là la casa. Ma anche questa tenda, a volte, per abuso di analogia, è detta casa, e la casa talvolta, alla stessa maniera, è detta tenda; in senso proprio però quella è la casa, questa la tenda.

L'oggettò dell’amore.

7. E che cosa faremo in quella casa, puoi trovarlo chiaramente espresso in un altro salmo: Beati coloro che abitano nella tua casa, nei secoli dei secoli ti loderanno (Ps 83,5). Ebbene il salmista, se così possiamo dire, ardendo di desiderio e bruciando in questo amore, desidera abitare nella casa del Signore tutti i giorni della sua vita: nella casa del Signore tutti i giorni della sua vita, giorni non con una fine, ma eterni. Qui infatti si parla dei giorni così come degli anni dei quali è detto: e non verranno meno i tuoi anni (Ps 101,28). Infatti i giorni della vita eterna sono un sol giorno senza tramonto. Ecco dunque che cosa ha detto al Signore: Questa cosa ho desiderato, questa sola ho chiesto, e questa ricercherò. Ed ora chiediamogli: Che cosa farai lassù? quale sarà colà la tua gioia? quale la ricreazione del cuore? quali saranno quelle delizie donde trabocca la gioia? Non continueresti infatti a restarvi se non fossi felice. Ma quella felicità, donde deriva? Conosciamo infatti, qui, diverse felicità del genere umano, e ciascuno si dice misero quando gli è sottratto ciò che ama. Invero gli uomini amano diverse cose; e quando uno sembra possedere ciò che ama, si dice felice. Tuttavia è veramente felice non se ha ciò che ama, ma se ama ciò che deve essere amato. Molti infatti sono più infelici avendo ciò che amano, che essendone privi. Infatti amando cose dannose sono infelici, e più infelici ancora se le posseggono. E Dio [si mostra] benigno, quando, se amiamo il male, ci nega ciò che amiamo; [si mostra] invece adirato quando concede a chi ama ciò che ama malamente. Con estrema chiarezza l’Apostolo dice: Dio li ha abbandonati alla concupiscenza del loro cuore (Rm 1,24). Ha dato cioè loro ciò che essi amavano, ma per loro condanna. E di nuovo abbiamo una richiesta non accolta: A cagione di questo tre volte pregai il Signore - dice - che me lo togliesse (si tratta del pungiglione della carne) ed egli mi disse: Ti basta la mia grazia: perché la virtù si perfeziona nella infermità (2Co 12,8 2Co 9). Ecco dunque che quelli ha dato in balia della concupiscenza del loro cuore, mentre ha negato a Paolo apostolo quanto aveva chiesto: a quelli ha donato per loro condanna, a questo ha negato per sua salvezza. Poiché quando amiamo ciò che Dio vuole che amiamo, non v’è dubbio che ce lo concederà. Questa è quell’unica cosa che deve essere amata: abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della nostra vita.

Il Bene sommo.

8. E poiché in queste terrene dimore gli uomini si dilettano in svariate delizie e voluttà, ed ognuno vuole abitare in quella casa ove non vi sia niente che ferisca il suo animo ed invece vi siano molte cose che lo dilettano, e se poi gli vengono sottratte quelle cose che lo deliziavano l’uomo vuole andarsene non importa dove, interroghiamo con più viva insistenza, e ci dica [il salmista] che cosa noi stessi faremo e che cosa egli farà in quella casa ove brama e anela, desidera e questo solo chiede al Signore, di abitare in essa per tutti i giorni della sua vita. Che cosa farai colà, ti chiedo? che cos’è quel che desideri? Ascolta la risposta: Per contemplare la felicità del Signore. Ecco che cosa amo, ecco perché voglio abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita. Perché ivi è un sublime spettacolo: contemplare cioè la felicità del Signore stesso. Vuole insomma, finita la sua notte, trovarsi stretto alla luce di Lui. Perché allora sarà il nostro mattino, trascorsa la notte; per questo in altro luogo dice il salmo: Al mattino mi leverò davanti a te e vedrò (Ps 5,5). Ora non vedo, perché sono caduto; allora starò in piedi e vedrò. Questa voce è propria dell’uomo: e l’uomo, appunto, è caduto, e non sarebbe stato mandato. Chi doveva rialzarci se noi non fossimo caduti. Noi siamo caduti, ed Egli è disceso. Egli è salito e noi siamo sollevati, poiché nessuno sale, se non chi è disceso (Cf. Jn 3,13). Chi era precipitato è sollevato; chi era disceso, ascende. E non disperiamo per il fatto che soltanto Lui è salito. Infatti Egli solleva noi di quali è disceso mentre stavamo cadendo; e staremo saldi, e contempleremo e godremo la suprema felicità. Ecco, questo ho detto, e avete gridato per il desiderio di una qualche visione non ancora vista. Si elevi il vostro cuore sopra tutte le cose usuali, superi la riflessione tutti i vostri consueti pensieri nati dalla carne, frutto dei sensi carnali, e che immaginano non so quali fantasie. Rigettate tutto dall’animo, impedite l’accesso a tutto quel che vi viene alla mente; conoscete la debolezza del vostro cuore, e nel momento in cui si presenta qualcosa che siete in grado di pensare, dite: Non è questo, perché, se fosse questo, non mi sarebbe venuto alla mente così. È in questo modo che desidererete un [vero] bene. Quale bene? Il bene di ogni bene, da cui deriva ogni bene, il bene cui non si può aggiungere qualcosa che sia esso stesso bene. Noi diciamo infatti che un uomo è buono, che buono è un podere, buona una casa, un animale, un albergo, un corpo e che buona è l’anima; ad ogni cosa che hai nominato, hai aggiunto: buono. Ma vi è un Bene semplice, il Bene stesso in cui tutte le cose sono buone, il Bene stesso per cui tutte le cose sono buone: questa è la beatitudine del Signore e questa noi contempleremo. Già vi rendete conto, fratelli, che se ci dilettano queste cose buone che son chiamate buone, se ci dilettano quei beni che non sono di per sé tali (infatti tutte le cose mutevoli non sono buone in sé), quale sarà mai la contemplazione del Bene immutabile, eterno, che sempre permane identico? Per certo tutte queste cose che son dette buone a nessuna condizione ci arrecherebbero piacere se non fossero buone, ed in nessun modo potrebbero esserlo, se non lo fossero per Colui che è, semplicemente, il Bene.

9. Ecco perché io voglio abitare - dice - nella casa del Signore per tutti i giorni della vita mia. Ve ne ha detta la ragione: Per contemplare la felicità del Signore. Ma per poterla contemplare sempre, perché nessun fastidio mi disturbi mentre la contemplo, nessuna seduzione mi distragga, non mi strappi il potere di alcuno e non debba subire nessun nemico nella contemplazione, per godere sicuro le gioie nello stesso Signore Dio mio, che sarà di me? Egli mi proteggerà. Non soltanto, dunque, voglio contemplare la felicità del Signore - dice - ma anche essere protetto quale suo tempio. Perché mi protegga come suo tempio, sarò il suo tempio, e da Lui sarò protetto. Forse che il tempio di Dio è simile ai templi degli idoli? Gli idoli dei Gentili sono protetti nei loro templi; il Signore nostro protegga il suo tempio ed io sarò sicuro. Contemplerò per la beatitudine, sarò protetto per la salvezza. Come sarà perfetta quella contemplazione, così sarà perfetta questa protezione; e quanto è perfetta la gioia del contemplarlo, così sarà perfetta anche la incorruttibilità della salvezza. A queste due espressioni: Per contemplare la felicità del Signore e per essere protetto quale suo tempio, si riferiscono quelle due con cui il salmo si è iniziato: Il Signore è mia luce e mia salvezza; chi temerò? In quanto contemplerò la felicità del Signore, egli è mia luce, in quanto mi proteggerà quale suo tempio, egli è la mia salvezza.

10. [v 5.] Ma perché ci riserba questo per la fine? Perché - egli dice - mi ha nascosto nella sua tenda nel giorno delle mie sventure. Ci sarà dunque per me una dimora nella sua casa per tutti i giorni della mia vita, allo scopo che io possa contemplare la felicità del Signore ed essere protetto quale suo tempio. Ma donde traggo l’assicurazione che a tanto potrò pervenire? Perché mi ha nascosto nella sua tenda nel giorno delle mie sventure. Allora non vi saranno giorni delle mie sventure, ma egli mi ha visto nel giorni delle mie sventure. Ebbene, Colui che misericordiosamente mi ha guardato quando ero lontanissimo, in qual modo mi renderà felice quando sarò accanto a lui? Ecco perché non temerariamente richiesi quella sola cosa, né mi ha detto il mio cuore: Che cosa chiedi mai, e da chi richiedi? Osi dunque chiedere qualcosa a Dio, iniquo peccatore? osi sperare che potrai avere una qualche contemplazione di Dio, tu debole, dal cuore immondo? Sì, oso - egli dice - non riguardo a me, ma alla sua felicità; non per mia presunzione, ma per grazia di Lui. Colui che ha dato un così grande pegno a colui che peregrinava, abbandonerà chi giunge a lui? Perché mi ha nascosto nella sua tenda nei giorni del mio dolore. Ecco, i giorni delle nostre sventure sono questa vita. Di un genere sono i giorni delle sventure per gli empi, di un altro genere sono quelli dei fedeli. Anche i credenti, ma che ancora peregrinano lontano dal Signore (Finché siamo in questo corpo, siamo esuli dal Signore (2Co 5,6), dice l’Apostolo), se non vivessero giorni di sventura, da che deriverebbe l’espressione della preghiera del Signore: Liberaci dal male (Mt 6,13), se non fossimo nei giorni delle sventure? Ma in modo di gran lunga diverso trascorrono i giorni del dolore coloro che ancora non hanno creduto; però il Signore non li ha trascurati. Infatti Cristo proprio per gli empi è morto (Cf. Rm 5,6). Osi dunque farsi avanti l’anima umana e richiedere quell’unica cosa: l’otterrà sicura, la possiederà sicura. Se tanto amata è [l’anima] deforme, quella bella, come risplenderà! Perché mi ha nascosto nella sua tenda nel giorno del mio dolore; mi ha protetto nel segreto del suo tabernacolo. Che cos’è il segreto del suo tabernacolo? che cos’è? Infatti dall’esterno appaiono come molte membra del tabernacolo. E c’è anche come un sacrario che è detto il segreto penetrale (Cf. He 9,3), la stanza più interna del tempio. E qual è questa? Quella in cui entrava soltanto il sacerdote. E forse lo stesso sacerdote è il segreto del tabernacolo di Dio: perché egli ha assunto la carne da questo tabernacolo e per noi si è fatto la parte segreta di esso, in modo che il suo tabernacolo siano le altre sue membra che in lui credono, ed egli stesso sia il segreto del tabernacolo. Siete infatti morti - dice l’Apostolo - e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3).

Cristo capo del Corpo Mistico.

11. [v 6.] Vuoi sapere perché dice questo? La pietra è certamente Cristo (Cf. 1Co 10,4). Ascoltate come continua: Poiché mi ha nascosto nel suo tabernacolo nei giorni del mio dolore; mi ha protetto nel segreto del suo tabernacolo. Tu chiedevi che cosa fosse il segreto del tabernacolo; ascolta quel che segue: Sulla pietra mi ha innalzato. Dunque in Cristo mi ha innalzato. Poiché ti umiliasti nella polvere, ti ha innalzato sopra la pietra. Ma Cristo è in alto, mentre tu sei ancora in basso. Ascolta perciò quanto segue: Ed ora ha innalzato il mio capo sopra i miei nemici. Ed ora, prima di giungere a quella casa ove voglio abitare per tutti i giorni della mia vita, prima che arrivi a quella contemplazione del Signore, ed ora ha innalzato il mio capo sopra i miei nemici. Ancora sopporto i nemici del Corpo di Cristo, ancora non sono esaltato sopra gli avversari: ma il mio capo ha innalzato sopra i miei nemici. Già il nostro Capo, Cristo, è in cielo, mentre ancora i nostri nemici possono incrudelire contro di noi; non ancora siamo innalzati al di sopra di loro, ma lassù è già il nostro Capo. Per questo ha detto: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (Ac 9,4) Ha detto cioè di essere, in noi, qui in basso; ne consegue che anche noi, in lui, siamo in alto, perché ora ha innalzato il mio Capo sopra i miei nemici. Ecco quale pegno abbiamo, grazie al quale anche noi, nella fede, nella speranza e nella carità, siamo in eterno nel Cielo insieme con il nostro Capo; perché anche lui, nella divinità, nella bontà e nell’unità, è con noi in terra fino alla consumazione dei secoli (Cf. Mt 28,20).

La lode del creato a Dio.

12. Sono andato attorno, ed ho immolato nel suo tabernacolo una vittima di giubilo. Immoliamo una vittima di giubilo, immoliamo una vittima di gioia, una vittima di riconoscenza, una vittima di azione di grazie, quella che le parole non possono esprimere. Immoliamo, ma dove? Nel suo stesso tabernacolo, nella Santa Chiesa. Che cosa dunque immoliamo? La gioia senza fine e inenarrabile, che con nessuna parola, con nessuna voce può essere detta. Ecco la vittima di giubilo. Dove l’abbiamo cercata, e dove l’abbiamo trovata? Andando attorno. Sono andato attorno - dice - ed ho immolato nel suo tabernacolo la vittima di giubilo. Che il tuo spirito faccia il giro di tutta la Creazione: dovunque a te griderà la creatura: Dio mi ha fatto. Tutto quel che t’incanta nell’arte loda il suo artefice; ebbene assai di più, se tu fai il giro dell’universo, lo spettacolo induce alla lode dell’artefice. Vedi i cieli, sono grande opera di Dio. Vedi la terra: Dio ha stabilito i numeri dei semi, la varietà dei germi, la moltitudine degli animali. Fai ancora il giro dai cieli fino alla terra e non tralasciare nulla: ovunque ogni cosa ti parla del Creatore, e le creature nelle loro specie stesse sono come voci che lodano il Creatore. Chi dunque esprimerà tutta la Creazione? chi troverà la lode per esprimerla? chi degnamente può lodare il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi sono? E fin qui sono cose visibili. Chi degnamente loderà gli Angeli, i Troni, le Dominazioni, i Principati e le Potestà? Chi degnamente loderà questo slancio vitale che è in noi, che nutre il corpo, muove le membra, risveglia i sensi, abbraccia tante cose con la memoria, tante cose comprende con l’intelligenza: chi mai potrà degnamente lodare tutto questo? E se già il discorso umano fatica a proposito di queste creature di Dio, che dire a proposito del loro Creatore, se non che, venendo meno ogni discorso, solo il giubilo permane? Sono andato attorno, ed ho immolato nel suo tabernacolo la vittima di giubilo.

13. C’è anche un altro significato, che meglio mi sembra convenire al contesto del salmo. Infatti, poiché aveva detto di essere stato innalzato sopra la pietra che è Cristo, e che sui suoi nemici era stato innalzato il suo Capo che è Cristo anch’egli, che è stato innalzato sopra la pietra, ha voluto intendere che è stato innalzato nel suo medesimo Capo sopra i suoi nemici, riferendo questo ad onore della Chiesa, che i nemici hanno cessato di perseguitare; e poiché questo si è compiuto grazie alla fede diffusa nel mondo intero, ebbene, sono andato attorno - dice - ed ho immolato nel suo tabernacolo il sacrificio di giubilo. Cioè, ho considerato la fede di tutto il mondo, nella quale è stato innalzato il mio Capo sopra coloro che mi perseguitavano; e nel suo stesso tabernacolo, cioè nella Chiesa diffusa in tutto il mondo, in modo ineffabile ho lodato il Signore.

In terra le angustie, in Cielo la letizia.

14. [v 7.] Canterò e inneggerò al Signore. Saremo sicuri, sicuri canteremo e sicuri inneggeremo, quando contempleremo la dolcezza del Signore, e saremo protetti nel suo tempio, nella incorruttibilità, allorché la morte sarà stata assorbita nella vittoria (Cf. 1Co 15,54). Ma ora che cosa? Già infatti abbiamo parlato di quelle gioie che proveremo quando sarà stata accolta quell’unica richiesta. Ma ora? che dire? Esaudisci, o Signore, la mia voce. Ora gemiamo, ora preghiamo! Il gemito è dei miseri, la preghiera è dei bisognosi. Passerà la preghiera, e succederà la lode; passerà il pianto e succederà la gioia. Frattanto dunque, mentre siamo nei giorni della prova, non abbia sosta la nostra preghiera a Dio, al quale rivolgiamo quell’unica richiesta; e non cessiamo di ripetere tale richiesta, finché non perveniamo al suo compimento, grazie al suo dono ed alla sua guida. Esaudisci, o Signore, la mia voce, con la quale ho gridato verso di te; abbi pietà di me, ed esaudiscimi. Quell’unica cosa richiede, tanto a lungo pregando, piangendo, gemendo: solo una cosa chiede. Ha fatto tacere ogni desiderio, è rimasta solo quell’unica cosa e chiede.

15. [v 8. ] Ascolta perché richiede questa: Ti ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto. È quanto ha detto poc’anzi: Per contemplare la felicità del Signore. Ti ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto. Se la nostra gioia consistesse in questo sole, il nostro cuore non direbbe: Ho cercato il tuo volto, ma [così si esprimerebbero] gli occhi del nostro corpo. A chi dice il nostro cuore: Ho cercato il tuo volto, se non a Colui che è oggetto dell’occhio del cuore? Gli occhi della carne cercano questa luce [terrena], mentre quella luce cercano gli occhi del cuore. Orbene, tu vuoi vedere quella luce che è visibile agli occhi del cuore; perché questa luce è Dio. Dio infatti è luce, dice Giovanni, ed in Lui non v’è alcuna tenebra (1Jn 1,5). Vuoi dunque vedere quella luce? Purifica l’occhio con cui si vede: Beati infatti i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5,8).

16. [v 9.] Ti ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto, il tuo volto, Signore, ricercherò. Una cosa ho chiesto al Signore, e questa ricercherò, il tuo volto. Non distogliere da me il tuo volto. Quanto insiste in questa sua unica richiesta! Vuoi ottenere? Non chiedere altro: accontentati di una cosa, perché una cosa ti basta. Ti ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto; il tuo volto, Signore, ricercherò. Non distogliere da me il tuo volto; non ti allontanerai nell’ira dal tuo servo. Meraviglioso, niente potrebbe esser detto in modo più divino. Sentono questo coloro che veramente amano. Desideri pure taluno essere beato e immortale in quei piaceri delle concupiscenza terrene che ama; e forse per questo renda culto a Dio, e preghi, per vivere a lungo qui nei suoi piaceri, e perché non gli sia sottratto nulla di quello che ambisce la cupidigia terrena, né oro, né argento, né possessione alcuna che allieti i suoi occhi, perché non muoiano gli amici, né i figli, né la moglie, né gli intimi; in questi piaceri brami di sempre vivere. Ma poiché non gli è possibile per sempre, poiché sa di essere mortale, forse per questo adora Dio, e per questo prega Dio, e per questo geme a Dio, affinché tutte queste cose gli restino fino alla vecchiaia. E se Dio gli dicesse: Ecco, in queste cose io ti rendo immortale, considererebbe ciò come un grandissimo bene, e ringraziando, non starebbe più in sé dall’esultanza della gioia. Ebbene non vuole questo colui che ha chiesto al Signore una sola cosa. Che cosa vuole dunque? Vuole contemplare la felicità del Signore per tutti i giorni della sua vita. Inoltre, un altro che in questo modo e per questo motivo adorasse Dio, se quei beni temporali fossero a sua disposizione, non temerebbe l’ira di Dio, se non perché non gli fosse sottratto quel bene. Questi invece non teme Dio adirato per siffatti motivi, dal momento che anche dei suoi nemici dice: affinché mangino le mie carni. Perché dunque teme l’ira di Dio? Perché non gli tolga ciò che ha amato. E che cosa ha amato? Il tuo volto. Per questo ritiene che l’ira di Dio consista nel distogliere da lui il suo volto: Signore, non ti allontanare nell’ira dal tuo servo. Si potrebbe forse rispondergli con queste parole: Perché temi che egli si allontani da te nell’ira? Anzi, se si allontanerà da te nella sua ira, non si vendicherà di te; è se lo incontri mentre è adirato, che egli si vendicherà di te. Augurati quindi piuttosto che si allontani da te nell’ira. No, egli dice. Ben sa che cosa desidera. L’ira di Dio altro non è che il distogliersi da noi del suo volto. E se ti facesse immortale in questi piaceri e nella voluttà delle gioie terrene? Risponde un tale amante: Non lo voglio; qualunque cosa al di fuori di Lui non mi è dolce; mi tolga il Signore tutto quello che vuol darmi e mi dia se stesso. Non ti allontanare nell’ira dal tuo servo. Forse da alcuni si allontana non nell’ira: come da coloro che gli dicono: Distogli la tua faccia dai miei peccati (Ps 50,11). Quando distoglie la sua faccia dai tuoi peccati non si allontana da te nell’ira. Distolga dunque la sua faccia dai tuoi peccati; ma non distolga da te il suo volto.

La perseveranza.

17. Sii il mio aiuto, non mi abbandonare. Ecco, vedi, io sono per via; ti ho chiesto una sola cosa, abitare nella tua casa per tutti i giorni della mia vita, contemplare la tua dolcezza, che fosse protetto il tuo tempio; questa sola cosa ho chiesto; ma, per giungervi, ora sono in cammino. Forse tu mi dirai: Sforzati, cammina; ti ho dato il libero arbitrio, questo dipende dalla tua volontà; prosegui sulla via, cerca la pace e seguila (Cf. 15); non deviare dalla strada, non fermarti in essa, non voltarti indietro; persevera nel camminare, perché chi avrà perseverato sino alla fine, quegli sarà salvo (Cf. Mt 10,22 Mt 24,13). Già tu, ricevuto il libero arbitrio, quasi presumi delle forze che ti fanno camminare; ebbene, non presumere troppo di te; se Egli ti abbandonasse, all’istante verresti meno nel cammino, cadresti, andresti fuori strada, ti fermeresti. Di’ dunque a Lui: Senza dubbio mi hai concesso una libera volontà, ma senza di te a niente riesce il mio sforzo: Sii il mio aiuto; non abbandonarmi; e non respingermi, o Dio, mio Salvatore. Tu infatti sei mio aiuto, tu che mi hai plasmato, e non mi abbandoni, tu che mi hai creato.

Le due città.

18. [v 10.] Giacché il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato. Si è fatto fanciullo davanti a Dio; ed egli stesso si è fatto padre, si è fatto madre. È padre perché ha creato, perché chiama, perché comanda, perché regge; è madre perché riscalda, perché nutre, perché allatta, perché custodisce. Il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato; ma il Signore mi ha raccolto, per governarmi e per nutrirmi. I genitori mortali hanno generato e sono succeduti i figli: mortali a mortali, e per questo sono nati coloro che sono succeduti, affinché morissero coloro che generarono: ma non perirà Colui che mi ha creato, né io recederò da Lui. Il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato; ma il Signore mi ha raccolto. Fatta eccezione per quei due genitori dalla cui carne siamo nati, dal padre maschio e dalla madre femmina, come Adamo ed Eva; fatta eccezione per quei due genitori, abbiamo qui un altro padre ed un’altra madre, o meglio l’abbiamo avuto. Il padre secondo il mondo è il diavolo, e fu nostro padre quando eravamo infedeli; agli infedeli dice infatti il Signore: Voi avete per padre il diavolo (Jn 8,44). Se esso è padre di tutti gli empi, che opera nei figli della incredulità (Cf. Ep 2,2), qual è la madre? Esiste una certa città, detta Babilonia; questa città è la società di tutti gli uomini perduti da Oriente fino ad Occidente; essa appunto detiene il regno terreno. Conforme a questa città si manifesta una certa repubblica, che ora vedete invecchiare e guastarsi; essa fu la nostra prima madre, in essa siamo nati. Abbiamo conosciuto un altro padre, Dio: e abbandonammo il diavolo. Quando, infatti, questi oserà accostarsi a coloro che ha accolto Colui che è al di sopra di tutte le cose? Abbiamo conosciuto un’altra madre, la Gerusalemme celeste, che è la Santa Chiesa, una parte della quale è pellegrina sulla terra; abbiamo lasciato Babilonia. Il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato. Non hanno infatti di che aiutarmi, perché anche quando sembravano farlo, eri tu che mi aiutavi, mentre io ne attribuivo il merito a loro.

Ogni cosa è voluta o permessa da Dio.

19. Da chi, infatti, vengon date all’uomo anche le cose terrene, se non da Dio? Ovvero che cosa può esser tolto all’uomo senza l’ordine, o il permesso, di Colui che l’ha dato? Ma gli uomini vani credono che i beni terreni siano dati dai demoni che adorano; e talvolta dicono a se stessi: Dio è necessario per la vita eterna, per la vita spirituale; ma queste potestà debbono essere da noi adorate per questi beni temporali. O vanità del genere umano! Ami di più le cose per le quali vuoi adorare costoro; e indubbiamente avresti maggiori motivi di render culto a costoro, o, se non vogliamo dire che ne hai di più, ne hai sicuramente almeno altrettanti. Ma Dio non vuole essere adorato insieme con essi, neppure se lo si adora molto di più ed essi molto di meno. Ma allora - tu dici - costoro non sono necessari per queste faccende terrene? No. Dobbiamo invece temere che, adirati, ci facciano del male. Ma non ci faranno del male se non ne hanno il permesso. Essi hanno infatti sempre desiderio di nuocerci, e neppure se sono placati o supplicati desistono dal voler fare il male: questa brama infatti è caratteristica della loro malvagità. Ne consegue che, adorandoli, altro non farai se non offendere Colui dal quale, offeso, sarai gettato in potere di costoro: in modo che quelli che non possono farti niente allorché Egli è placato, possano farti ciò che vogliono quando Egli è adirato. E, perché tu sappia quanto vanamente adori costoro pensando [che abbiano poteri] sulle cose temporali: forse che tutti coloro che adorano Nettuno non sono mai naufragati, oppure tutti coloro che bestemmiano Nettuno non sono giunti in porto? E tutte le donne che rendon culto a Giunone hanno felicemente partorito, mentre infelicemente hanno partorito tutte quelle che la bestemmiano? Intenda da questo la vostra Carità che vani sono gli uomini i quali vogliono render culto a tali idoli anche soltanto per questi beni terreni. Infatti, se a cagione di tali beni terreni essi dovessero meritare culto, solo i loro adoratori dovrebbero abbondare di tutti i beni terreni. Ma anche se così fosse, noi dovremmo rifuggire da tali doni, e chiedere al Signore una sola cosa. A questo si aggiunge che anche queste cose terrene dà Colui che si offende quando tali idoli sono adorati. Ci lasci quindi il nostro padre, e la nostra madre; ci lasci il diavolo, ci lasci la città di Babilonia; e ci accolga il Signore, consolandoci nei beni temporali, facendoci beati in quelli eterni. Giacché il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato; ma il Signore mi ha raccolto.

20. [v 11.] Già dunque è stato accolto dal Signore, abbandonata quella città e il diavolo suo reggitore, poiché il diavolo è il reggitore degli empi, il governatore del mondo di queste tenebre. Di quali tenebre? Dei peccatori, degli infedeli. Per questo a quanti già credono dice l’Apostolo: Foste un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore (Ep 5,8). Orbene, accolti ormai da Lui, che diremo? Stabilisci per me una legge, o Signore, sulla tua via. Hai osato chiedere una legge? E se egli ti dirà: Adempirai la legge? se ti darò la legge, la osserverai? Non oserebbe chiederla, se prima non avesse detto: Ma il Signore mi ha raccolto. Non oserebbe chiederla, se prima non avesse detto: Sii mio aiuto. Dunque, se tu mi soccorri, se tu mi accogli, dammi la legge: Stabilisci per me una legge, o Signore, sulla tua via. Stabilisci cioè la legge per me nel tuo Cristo. Perché la stessa via ci ha parlato, ed ha detto: Io sono la via, la verità, la vita (Jn 14,6). La legge in Cristo, è la legge con misericordia. Essa stessa è la Sapienza, della quale sta scritto: Invero la legge e la misericordia porta sulla lingua (Pr 31,26). E se avrai violato in qualcosa la legge, colui che per te ha versato il suo sangue, ti perdona se tu lo confessi; quanto a te cerca soltanto di non abbandonare la via, e digli: Sii il mio assuntore. E guidami sui retti sentieri a motivo dei miei nemici. Dammi la legge, ma non togliermi la misericordia; sta scritto in un altro salmo: Infatti anche la misericordia darà colui che ha dato la legge (Ps 83,8). Orbene, stabilisci per me una legge, o Signore, sulla tua via, questo si riferisce al comandamento; e che cosa si riferisce alla misericordia? E guidami - aggiunge - sui retti sentieri, a motivo dei miei nemici.

I persecutori possono nuocerci, solo se acconsentiamo.

21. [v 12.] Non mi consegnare alle passioni di coloro che mi tormentano, affinché cioè io non ceda a coloro che mi tormentano. Se infatti acconsentirai alle passioni di colui che ti tenta, in certo modo egli non divorerà la tua carne, ma tramite la perversa volontà mangerà la tua anima. Non mi consegnare alle passioni di coloro che mi tormentano. Consegnami, se vuoi, nelle mani dei miei tormentatori. Così dissero al Signore i martiri, ed egli dette i suoi nelle mani dei tormentatori. Ma che cosa consegnò? La carne. Si legge nel libro di Giobbe: La terra è stata consegnata nelle mani dell’empio (Jb 9,24); la carne è stata data in mano del persecutore. Non consegnare, dice, non la mia carne, ma me. Dell’anima ti parlo, della mente ti parlo. Non dico: Non consegnare la mia carne nelle mani dei miei tormentatori, ma dico: Non consegnarmi alle passioni di coloro che mi tormentano. Ed in qual modo possono essere consegnati gli uomini alle passioni di coloro che li tormentano? Perché si sono levati contro di me testimoni iniqui. Dato che sono testimoni iniqui, e molto male dicono di me, ed in molte cose mi denigrano: se sarò consegnato alle loro passioni, anche io mentirò, e diverrò loro compagno, non più partecipe della tua verità, ma compartecipe della menzogna contro di te rivolta. Si sono levati contro di me testimoni iniqui; e l’iniquità ha mentito a se stessa. A sé, non a me; sempre mentisca a sé, ma non mentisca a me. Se mi consegnerai alle passioni di coloro che mi tormentano, cioè, se acconsentirò ai loro desideri, non più mentirà a se stessa l’iniquità, ma mentirà anche a me; ma invece, incrudeliscano quanto vogliono, tentino di impedire il mio cammino, ma tu non darmi alle loro passioni; se non acconsentirò ai loro desideri, mi sosterrò e rimarrò nella tua verità, e l’iniquità mentirà, non a me, ma a se stessa.

22. [v 13.] Il salmista ritorna a quella unica richiesta dopo tante prove, pene, difficoltà; egli arde tra le mani dei persecutori e dei tormentatori, anelante, ansante, ed insieme fermo e sicuro perché Lui lo accoglie, lo aiuta, lo guida, lo regge. Tuttavia, dopo il giro fatto e il giubilo [che ne consegue], esultante di gioia e gemente nelle prove, emette infine un sospiro e dice: Ho fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi. O beni del Signore, dolci, immortali, incomparabili, eterni, immutabili! Quando vi vedrò, o beni del Signore? Ho fede di vedervi, ma non nella terra di coloro che muoiono. Ho fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi. Il Signore mi strapperà dalla terra dei mortali, Egli che per me si è degnato di caricarsi della terra dei mortali e di morire fra le mani di coloro che muoiono. Mi strapperà il Signore dalla terra dei mortali: ho fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi. Ha detto queste parole sospirando, le ha dette soffrendo, le ha dette in mezzo ai pericoli di una immensa folla di tentazioni; ma tuttavia le ha dette perché spera tutto dalla misericordia di Colui al quale ha detto: Stabilisci per me una legge, o Signore.

L'unità di tutti in Cristo.

23. [v 14.] E che cosa dice Colui che per lui ha stabilito la legge? Ascoltiamo anche noi la voce del Signore che dall’alto ci esorta, ci consola; la voce di Lui che per noi tiene il posto del padre e della madre che ci hanno abbandonati, la voce di Lui ascoltiamo. Perché egli ha udito i nostri gemiti, ha visto i nostri sospiri, ha penetrato il nostro desiderio, ed ha accolto volentieri, grazie al Cristo nostro avvocato, la nostra unica richiesta, l’unica nostra supplica; e finché continueremo questo pellegrinaggio, per cui è rinviato, non annullato quanto ci ha promesso, ci ha detto: Spera nel Signore. Non spererai in chi inganna, non in chi può venir meno, non in chi non avrà di che darci. Ha promesso l’Onnipotente, il Fedele, il Verace: Spera nel Signore, comportati da uomo. Non lasciarti andare, non essere tra coloro ai quali è detto: Guai a quanti perderanno la costanza! (Si 2,16) Spera nel Signore: è detto a tutti noi e a ciascun uomo. Siamo tutti uno nel Cristo, siamo il Corpo di Cristo, noi che quella sola cosa desideriamo, che una sola cosa abbiamo chiesto, che gemiamo nei giorni delle nostre miserie, che abbiamo fede di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi; a noi tutti che siamo uno solo nell’Unico, è detto: Spera nel Signore, comportati da uomo; e si conforti il tuo cuore e spera nel Signore. Che altro ha da dirti che non sia una ripetizione di quanto hai già udito? Spera nel Signore, comportati da uomo. Dunque, chi ha perduto la costanza si è effeminato, ha perduto il suo vigore. Ascoltino queste parole gli uomini e le donne, perché in un solo Uomo è l’uomo e la donna. Poiché in Cristo non vi è né maschio né femmina (Cf. Ga 3,28). Spera nel Signore, comportati da uomo; e si conforti il tuo cuore, e spera nel Signore. Sperando nel Signore lo avrai, avrai colui in cui hai sperato. Volgi il tuo desiderio a qualcos’altro, se qualcos’altro di più grande, di migliore, di più soave riuscirai a trovare.


Agostino Salmi 26