Agostino Salmi 36

SUL SALMO 36

36 Ps 36

ESPOSIZIONE

Discorso 1

L'ultimo giorno.

1. Coloro che non vogliono essere sicuri vivendo bene e preferiscono vivere a lungo male, ascoltano con terrore [parlare] dell’avvento dell’ultimo giorno. È utile dunque che Dio abbia voluto tener nascosto quel giorno, onde sempre il cuore sia preparato ad attendere ciò che sa che verrà, ma che non sa quando verrà. Pertanto, poiché il nostro Signore Gesù Cristo ci è stato mandato come Maestro, anche il Figlio dell’uomo ha detto di ignorare quel giorno (Cf. Mc 13,32), poiché non rientrava nel suo magistero che noi lo conoscessimo per suo mezzo. Nessuna cosa infatti sa il Padre che non sappia il Figlio, essendo la scienza stessa del Padre la sua Sapienza; e la sua Sapienza è il suo Figlio, il suo Verbo. Ebbene, poiché a noi non era utile conoscere ciò, che certamente conosceva colui che era venuto per istruirci, ma non su ciò che non ci giovava conoscere, non soltanto come maestro alcune cose ha insegnato, ma anche, sempre come maestro, altre cose non ha insegnato. In qualità di maestro, infatti, sapeva e insegnare ciò che conveniva e non insegnare quanto era nocivo. Così, con una particolare espressione si dice che il Figlio non sapeva quanto non ha insegnato; cioè si dice che non sapeva ciò che non ci fa sapere, usando una espressione del genere di quelle che noi quotidianamente usiamo, come ho detto. Chiamiamo infatti lieto il giorno che ci fa lieti, e triste quello che ci fa tristi; diciamo che il freddo è pigro perché ci fa diventare pigri. Allo stesso modo al contrario dice il Signore: Ora ho conosciuto. Fu detto ad Abramo: Ora ho conosciuto che tu temi Dio (Gn 22,12). Dio sapeva questo anche prima di quella prova. Infatti quella prova fu compiuta affinché noi sapessimo ciò che Dio già conosceva; e per insegnare a noi è stato scritto quanto Dio conosceva già prima della prova. Forse anche lo stesso Abramo non sapeva ancora quale forza avesse la sua fede; ciascuno infatti conosce se stesso nella tentazione, come se [da essa] fosse interrogato; così Pietro certamente non sapeva quali forze avesse la sua fede, quando disse al Signore: Sarò con te fino alla morte. Ma il Signore che lo conosceva, predisse quando sarebbe venuto meno, preannunziandogli la sua debolezza come se gli avesse toccato una vena del suo cuore (Cf. Lc 22,33 Lc 34). Ne consegue che Pietro, il quale, prima della tentazione, aveva presunto di se stesso, nella tentazione imparò a conoscersi. Così, dunque, non è assurdo pensare che anche il padre nostro Abramo abbia conosciuto le forze della sua fede quando, dopo che gli era stato ordinato di immolare il suo unico figlio, non esitò né tremò ad offrire a Dio ciò che Dio gli aveva dato; perché, allo stesso modo in cui non sapeva, prima che nascesse, come glielo avrebbe dato, così credette che potesse ridonarglielo sacrificato. Disse dunque Dio: Ora ho conosciuto, e noi intendiamo: Ora ti ho fatto conoscere, secondo le espressioni di cui abbiamo parlato: È pigro il freddo perché fa essere pigri, è lieto il giorno perché ci fa lieti, e quindi conosce perché ci fa conoscere. Da qui derivano le parole: Vi tenta il Signore Dio vostro, per sapere se lo amate (Dt 13,3). Attribuirai senza dubbio al Signore Dio nostro, Dio sommo, Dio vero, una grande ignoranza, cosa che devi capire che è sacrilega, se intenderai le parole: Vi tenta il Signore per sapere, come se Egli stesso acquistasse la conoscenza dalla nostra tentazione, mentre prima era nell’ignoranza. Ma che significa: Vi tenta per sapere? Vi tenta perché voi sappiate. Intendete dunque dal contrario la norma della comprensione; e come allorché udite Dio dire: Ho conosciuto, intendete: Vi ho fatto conoscere; così anche quando udite dire dal Figlio dell’uomo, cioè da Cristo, che Egli non conosce quel giorno, intendete che è detto che lo fa ignorare. Ma che significa che non lo fa conoscere? Significa che lo tiene nascosto, perché si ignori ciò che non ci giova che sia palesato. Questo è quanto ho detto, cioè che il buon Maestro sa che cosa palesare e che cosa tener celato; del pari leggiamo che Egli ha differito certe cose. Dal che comprendiamo che non debbono essere manifestate tutte le cose, cioè quelle che non possono comprendere coloro al quali si espongono. Dice infatti in un certo passo: Molte cose ho da dirvi, ma ora voi non potete sostenerle (Jn 16,12). Anche l’Apostolo dice: Non ho potuto parlarvi come ad uomini spirituali, ma come a uomini carnali; come foste pargoli in Cristo vi ho dato da bere del latte, non del cibo; infatti non avreste potuto mangiarlo, né lo potete ora (1Co 3,1 1Co 2). A che cosa giova questo discorso? Perché, dato che sappiamo che l’ultimo giorno verrà, ma con nostro vantaggio sappiamo che verrà e con nostro vantaggio non sappiamo quando verrà, abbiamo il cuore preparato vivendo bene; e non soltanto non temiamo l’avvento di quel giorno, ma anche lo amiamo. Perché quel giorno, come accrescerà il tormento degli infedeli, così porrà fine a quello dei fedeli. Quale di queste due cose tu voglia per te, ora è in nostro potere di sceglierle, prima che venga quel giorno; ma quando sarà venuto, non sarà più in nostro potere. Scegli dunque finché è tempo; perché Dio ciò che nella sua misericordia tiene celato, nella sua misericordia rimanda.

Buoni e cattivi sono dappertutto.

2. Ma, invero, poiché in qualunque genere di vita, in cui si esercita un qualche ufficio, non si trovano tutti onesti né tutti disonesti, è da ciò manifesto che riguardo ai generi degli uomini, dei quali abbiamo ora udito nel Vangelo gli esempi che ci sono stati proposti, si conclude in tal modo: Uno sarà preso, e l’altro lasciato (Mt 24,40). È preso il buono, è lasciato il cattivo. Due sono visti nel campo: identico è il mestiere, ma non identico il cuore. Gli uomini vedono il mestiere, Dio conosce il cuore. Qualunque cosa dunque significhi il campo, uno sarà preso, e l’altro lasciato. Non è presa una metà, e l’altra metà lasciata: intende invece due generi di uomini. E se un genere di essi è rappresentato da pochi, e l’altro da molti, uno sarà preso, e l’altro lasciato, cioè un genere sarà preso e l’altro sarà abbandonato. Così nel letto, così al mulino. Voi aspettate forse di sapere che cosa siano queste cose: vedete che sono nascoste, celate in certe similitudini. A me possono sembrare una cosa, a un altro un’altra; ma né io con ciò che dirò vieto ad altri di darne una migliore interpretazione, né egli mi vieterà di accettarle ambedue, se ambedue concordano con la fede. Mi sembra dunque che lavorino nel campo coloro che presiedono alle Chiese, come dice l’Apostolo: Siete il campo di Dio, l’edificio di Dio. Infatti anch’Egli si chiama architetto, quando afferma: Come sapiente architetto ho posto le fondamenta, e agricoltore, quando dice: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dio ha dato l’incremento (1Co 6,9 1Co 10). Al mulino ha detto che vi erano due donne (Cf. Mt 24,41), non due uomini; credo che questa figura indichi le folle, perché i principi reggono, le folle son governate. E credo che abbia chiamato mulino questo mondo, poiché si volge nella ruota del tempo, e stritola i suoi amanti. Vi sono dunque alcuni che non si astengono dalle opere del mondo; ma tuttavia anche in esse taluni operano il bene, altri il male; alcuni si fanno degli amici con il Mammona d’iniquità, per essere da essi accolti nei tabernacoli eterni (Cf. Lc 16,9); a costoro è detto: Ho avuto fame, e mi avete dato da mangiare. Altri invece trascurano tutto questo, e ad essi è detto: Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare (Mt 25,35 Mt 42). Perciò, siccome tra coloro che si dedicano agli affari e alle opere di questo mondo alcuni amano beneficare i poveri mentre altri li trascurano, così accade come per le due donne al mulino: una è presa, e l’altra è lasciata. Quanto al letto, credo stia a indicare l’inattività; vi sono infatti alcuni che non vogliono sopportare le azioni del mondo, come gli uomini sposati con casa, famiglia e figli; e neppure fanno qualcosa nella Chiesa, come i preposti, i quali sono come i lavoratori nel campo; ma, quasi incapaci di far tali cose, si abbandonano all’ozio, e amano starsene a riposo; ricordando sempre la loro debolezza, non si avventurano in grandi azioni e supplicano Dio come dal letto dell’infermità. Anche in questo mestiere vi sono i buoni e vi sono i falsi; per questo anche da loro uno è preso e l’altro è lasciato. A qualunque ufficio tu ti dedichi, preparati a sopportare gli ipocriti; se non sarai pronto a ciò, troverai ciò che non speravi, e ne sarai scosso o turbato. Preparato a tutto ti fa dunque Colui che ti parla, in quanto per Lui è tempo di parlare, non ancora di giudicare, e per te è tempo di ascoltare, non ancora di pentirti invano. Perché ora non è vana la penitenza; ma allora lo sarà. Non perché allora non si pentiranno gli uomini di aver vissuto male; ma in nessun modo la giustizia di Dio renderà loro quel che per la loro ingiustizia hanno perduto. Giusto è in Dio elargire ora la misericordia, e applicare allora il giudizio. Per questo ora non si tace. Oppure si tace? Dimostri qualcuno, protesti, se questa Scrittura non è proclamata e cantata in tutto il mondo; e se cessa inoltre di essere offerta come in vendita tra tutti gli uomini.

La diversa condizione dei buoni e dei cattivi in questa vita.

3. [vv 1.2.] E invero questo ti turba, o uomo cristiano, il vedere felici coloro che vivono male, il vederli possedere in abbondanza i beni terreni, essere in buona salute, elevarsi a superbe cariche, conservare intatta la propria casa, la gioia dei familiari, l’omaggio dei clienti, grandi poteri, il vedere che la vita di costoro non è mai interrotta da niente di triste. Constati [che osservano] costumi scellerati, e vedi [che dispongono di] immense ricchezze; e dice il tuo cuore che il giudizio divino non c’è, che ogni cosa è abbandonata al caso e mossa da fortuite combinazioni. Se Dio infatti, tu dici, osservasse le cose umane, prospererebbe l’iniquità di quello, e soffrirebbe la mia innocenza? Ogni malattia dello spirito ha nelle Scritture la sua medicina; chi dunque è così ammalato, da dire tali cose in cuor suo, beva la pozione di questo salmo. Ma come? Di nuovo esaminiamo quanto tu dicevi? Che cosa dicevo - tu ribatti - se non ciò che tu vedi? I malvagi prosperano, i buoni soffrono: in che modo Dio vede queste cose? Prendi, bevi: Egli stesso, contro cui mormori queste cose, ti ha preparato questa pozione; soltanto non respingere una tanto salutare bevanda. Apri, per mezzo dell’orecchio, la bocca del cuore, e bevi ciò che ascolti: Non ti sdegnare per i malvagi, e non invidiare quelli che commettono iniquità. Perché come erba presto inaridiranno, e come verzura del prato presto seccheranno. Ciò che a te sembra lungo, rapido è per Dio: unisciti a Dio e sarà rapido anche per te. Ciò che chiama erba è lo stesso che verzura del prato. Sono cose da poco, che stanno a fior di terra, e non posseggono radici profonde. Per questo verdeggiano d’inverno; ma appena il sole dell’estate comincia a diventar cocente, inaridiscono. Ora dunque è il tempo dell’inverno, la tua gloria non ancora è manifesta; ma se profonda è la radice della tua carità, come è quella di molti alberi durante l’inverno, passa il freddo, verrà l’estate, cioè il giorno del giudizio: allora inaridirà il verde dell’erba, allora si manifesterà la gloria degli alberi. Siete infatti morti, dice l’Apostolo, allo stesso modo in cui appaiono gli alberi durante l’inverno, quasi secchi, quasi morti. Quale speranza abbiamo, se siamo morti? Dentro è la radice; dove è la nostra radice, ivi è anche la nostra vita, e ivi è la nostra carità. E la vostra vita - continua - è nascosta con Cristo in Dio. Quando inaridisce chi ha una simile radice? Ma quando verrà la nostra primavera? quando la nostra estate? quando ci rivestirà la bellezza delle foglie, e ci arricchirà l’abbondanza dei frutti? quando accadrà tutto questo? Ascolta quanto segue: Quando Cristo, vostra vita, apparirà, allora anche voi con Lui apparirete nella gloria (Col 3,3 Col 4). Che dobbiamo fare dunque ora? Non ti sdegnare per i malvagi, e non invidiare quelli che commettono iniquità. Perché come erba presto inaridiranno e come verzura del prato presto seccheranno.

Il Signore possesso dei buoni.

4. [vv 3.4.] E tu che farai? Spera nel Signore. Quelli sperano, infatti, ma non nel Signore: mortale è la loro speranza, caduca è la loro speranza, fragile, labile, effimera, vana. Spera nel Signore. Ecco, spero, e che cosa faccio? E fa il bene. Non il male, che vedi in quelli che nel male prosperano; fa il bene e abita la terra. Non operare il bene fuori della dimora della terra. Poiché la terra del Signore è la sua Chiesa; questa irriga, questa coltiva quell’agricoltore che è il Padre (Cf. Jn 15,1). Molti infatti compiono buone opere, ma, siccome non dimorano nella terra, esse non hanno a che fare con l’agricoltore. Compi dunque il bene non al di fuori della terra, ma abita la terra. E che cosa avrò? E ti pascerai delle sue ricchezze. Quali sono le ricchezze della sua terra? Le sue ricchezze sono il suo Signore, le sue ricchezze sono il suo Dio. Egli stesso è Colui del quale è detto: Tu sei la mia parte, o Signore (Ps 118,57). Egli stesso è Colui del quale è detto: Il Signore è la parte della mia eredità e della mia coppa (Ps 15,5). In un recente discorso abbiamo ricordato alla Carità vostra che Dio è nostro possesso e noi siamo proprietà di Dio. Intendi dunque che Egli è la ricchezza di questa terra; fa’ attenzione a quello che segue: Gioisci nel Signore. Come se tu avessi domandato, e avessi detto: Mostrami le ricchezze della terra, nella quale mi ordini di abitare, Gioisci - risponde - nel Signore e ti concederà i desideri del tuo cuore.

5. Intendi con esattezza le parole i desideri del tuo cuore. Distingui le richieste del tuo cuore dalle richieste della carne, distinguile quanto più puoi. Non invano è detto in un altro salmo: Dio del mio cuore. Continua infatti e dice: La mia parte è il mio Dio nei secoli (Ps 72,26). Per fare un esempio, uno è cieco nel corpo e chiede di essere illuminato. Chiede queste cose, perché anch’esse ha fatto Dio e le dona: ma simile cosa chiedono anche i malvagi. È dunque una richiesta della carne. È malato, chiede di esser sanato ed è guarito colui che deve morire. Anche questa è una richiesta della carne, e tali sono quelle analoghe a questa. Qual è dunque la richiesta del cuore? Come la richiesta della carne chiede la guarigione degli occhi per vedere questa luce che può essere vista con gli occhi del corpo, così la richiesta del cuore mira ad un’altra luce. Beati - infatti - i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8). Gioisci nel Signore, e ti concederà i desideri del tuo cuore.

Il Signore nostra speranza.

6. [vv 5.6.] Ecco, desidero, chiedo, voglio, potrò dunque io stesso soddisfare questi desideri? No. E che dunque? Fa’ conoscere al Signore la tua via, e spera in Lui, ed Egli agirà. Mostragli che cosa soffri, mostragli che cosa vuoi. Che cosa soffri? La carne brama contro lo spirito, e lo spirito contro la carne (Ga 5,17). Che cosa vuoi dunque? Me infelice uomo, chi mi libererà da questo corpo di morte? E per esser certo che Egli agirà, quando gli avrai fatto conoscere la tua via, osserva quanto segue: La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore (Rm 7,24 Rm 25). Ma che cosa dunque farà, secondo che è detto: Fa’ conoscere al Signore la tua via, e spera in Lui, ed Egli agirà; che cosa farà? Farà risplendere come luce la tua giustizia. Poiché ora la tua giustizia è nascosta; la sua realtà è nella fede, non nella chiara visione. Tu credi e agisci secondo la tua fede, ma non vedi ancora ciò in cui credi. Ma quando comincerai a vedere ciò in cui hai creduto, risplenderà come luce la tua giustizia: la tua giustizia era la tua fede (Cf. Ab 2,4). Il giusto infatti vive della fede (Rm 1,17).

La vita eterna.

7. E farà risplendere come luce la tua giustizia, e il tuo giudizio come il mezzogiorno. Cioè come luce splendente. Era poco dire come luce. Chiamiamo infatti luce quando albeggia, diciamo luce quando sorge il sole: ma mai la luce è tanto chiara come a mezzogiorno. Non solo dunque farà risplendere come luce la tua giustizia, ma il tuo giudizio sarà come il mezzogiorno. Ora infatti tu giudichi [buono] seguire Cristo, questo ti sei proposto, questo hai scelto di fare, questo è il tuo giudizio; nessuno ti ha mostrato ciò che Egli ha promesso; ora hai la promessa, e ancora aspetti che sia mantenuta. Hai scelto dunque nel giudizio della tua fede di seguire ciò che non vedi. Celato è il tuo giudizio, e ancora sei rimproverato e deriso dagli infedeli, che dicono: A che cosa hai creduto? Che cosa ti ha promesso Cristo? Che sarai immortale, e che ti darà la vita eterna? dov’è questa vita? quando te la darà? quando potrà accadere? Malgrado questo, tu giudichi che sia meglio seguire Cristo che promette quanto tu non vedi, piuttosto che l’empio il quale ti rimprovera di aver creduto ciò che non vedi ancora. E questo è il tuo giudizio: quale esso sia ancora non appare; in questo secolo è come se fosse notte. Orbene, quando farà risplendere il tuo giudizio come meriggio? Quando Cristo, vostra vita, apparirà, allora anche voi con Lui apparirete nella gloria (Cf. Col 3,4). Quando verrà il giorno del giudizio, quando verrà Cristo, ed avrà punito tutte le genti per il Giudizio, che accadrà allora? Dove nasconderà l’empio la sua perfidia, quando io vedrò la mia fede? E ora, che cosa abbiamo? Angustie, tribolazioni, tentazioni. E beato chi persevera: perché chi avrà perseverato sino alla fine, quello sarà salvo (Mt 24,13). Non ceda a chi lo insulta, non preferisca la prosperità qui, tanto da diventare erba, da albero qual era.

8. [v 7.] Che devo fare dunque? Ascolta ciò che devi fare: Sii sottomesso al Signore, e supplicalo. Questa sia la tua vita, obbedire ai suoi comandamenti. Questo significa essere a Lui sottomesso e scongiurarlo fino a che ci doni quanto ha promesso. Insisti nelle buone opere, insisti nella preghiera, poiché è necessario pregare sempre, e non smettere mai (Cf. Lc 18,1). In che cosa ti mostri soggetto a Lui? Nel fare ciò che ordina. Se ancora non ricevi la ricompensa, forse è perché non puoi ancora riceverla. Già ora, infatti, Egli potrebbe darla, ma tu non puoi riceverla. Continua nelle opere, lavora nella vigna; finito il giorno chiedi la mercede; è fedele Colui che ti ha condotto nella vigna (Cf. Mt 20,8). Sii sottomesso al Signore, e supplicalo.

Felicità effimera dei peccatori.

9. [vv 7-9.] Ecco, così faccio: sono sottomesso al Signore e Lo supplico. Ma che ti sembra? Eccomi vicino quel malvagio, che vive nel male e prospera; io conosco le sue ruberie, i suoi adulteri, le sue rapine; in ogni cosa orgoglioso, superbo, esaltato nelle sue iniquità, non si degna di riconoscermi: come persevererò in questa condizione? Ecco la malattia; e tu bevi il controveleno: Non ti crucciare per colui che prospera nella sua via. Egli prospera, ma nella sua via; tu soffri, ma nella via di Dio. Per lui la prosperità è nella via, e l’infelicità al suo termine; per te la sofferenza è nella via, e al termine è la felicità; poiché perirà la via degli empi. Il Signore conosce la via dei giusti, e il cammino degli empi perirà (Ps 1,6). Tu cammini su queste vie che il Signore conosce; e se in esse soffri, non ti ingannano. Invece la via degli empi è felicità effimera: finita la via, finita è la felicità. Perché? Perché quella è la via larga, ed il suo termine conduce nel profondo dell’inferno. La tua via invece è stretta, e pochi entrano in essa (Cf. Mt 7,13 Mt 14); ma devi pensare a quale ampiezza conduce. Non ti crucciare per colui che prospera nella sua via. Contro l’uomo che commette iniquità, cessa dall’ira e abbandona lo sdegno. Perché vuoi stare male? Perché, a causa di questa ira e di questo sdegno, bestemmi, o stai per bestemmiare? Contro l’uomo che commette iniquità, cessa dall’ira e abbandona lo sdegno. Non sai a che cosa ti conduce questa ira? Dirai a Dio che è ingiusto, ecco fin dove l’ira ti trascina. Perché quello è felice e quell’altro è infelice? Guarda che cosa genera l’ira; soffoca il malvagio concepimento. Cessa dall’ira e abbandona lo sdegno, per poter dire, rientrato in te: Si è turbato per l’ira il mio occhio (Ps 6,8). Quale occhio, se non quello della fede? Chiedo all’occhio della tua fede: Hai creduto in Cristo: perché hai creduto? Che cosa ti ha promesso? Se Cristo ti ha promesso la felicità di questo mondo mormora contro Cristo, protesta contro di lui, allorché vedi un infedele felice. Quale felicità ti ha promesso? Quale se non quella che si avrà nella risurrezione dei morti? E cosa, invece, in questa vita? Ciò che Egli stesso, proprio Lui, dico, ha avuto. Forse disdegni, o servo discepolo, di avere ciò che ha avuto il Signore, ciò che ha avuto il Maestro? Non hai udito dire da Lui: Non c’è servo maggiore del suo padrone, e non c’è discepolo da più del maestro (Jn 13,16)? Egli per te ha sopportato dolori, flagelli, contumelie, la croce e la morte. E quale di queste sofferenze era dovuta a Lui, giusto? E che cosa non si doveva a te, peccatore? Conserva dunque retto il tuo occhio, non sia turbato per l’ira: Cessa dall’ira, e abbandona lo sdegno. Non t’irritare sì da fare il male, quasi imitando colui che, facendo il male, prospera temporalmente. Non t’irritare per fare il male. Poiché coloro che operano il male saranno sterminati. Ma io vedo la loro felicità. Credi a Colui che dice: Saranno sterminati, perché Egli vede meglio di te, e l’ira non può turbare il suo occhio. Poiché coloro che operano il male saranno sterminati. Ma coloro che sperano nel Signore: Non in qualcuno fallace, ma nella stessa Verità; non in qualcuno che vale poco, ma nell’Onnipotente stesso. Ma coloro che sperano nel Signore, essi possederanno la terra in eredità. Quale terra, se non quella Gerusalemme del cui amore chi arde perviene alla pace?

L' attesa del giudizio.

10. [v 10.] Ma per quanto tempo prospererà il peccatore? per quanto lo sopporterò? Affrettati! Rapido sarà ciò che per te è lungo. La debolezza fa vedere lungo ciò che è breve. Come si manifestano i desideri degli ammalati? Niente è tanto tardo a venire, quanto il bicchier d’acqua per calmare l’arsura dell’assetato. I parenti si affrettano, perché non debba patire l’infermo. Quando sarà pronto? quando sarà preparato? quando sarà dato? Rapidi sono coloro che ti servono, ma la tua infermità ti fa considerare lungo ciò che velocemente si compie. Guardate dunque il nostro Medico che incoraggia l’infermo che dice: Per quanto tempo sopporterò? quanto durerà? Ancora un poco e più non sarà il peccatore. Certo tu gemi in mezzo ai peccatori, gemi per il peccatore: ancora un poco e non sarà più. Non credere, dato che ti ho detto: Ma coloro che sperano nel Signore, essi possederanno la terra, in eredità, che questa attesa sia lunghissima; sopporta un poco e otterrai quanto attendi senza che mai abbia fine. Ancora un poco: non è molto. Ripensa agli anni da Adamo sino al giorno d’oggi, scorri le Scritture: appena ieri egli è stato cacciato dal paradiso. Tanti secoli sono trascorsi e passati. Dove sono i tempi passati? Così passeranno i pochi che restano. Se tu vivessi tutto il tempo che è trascorso dalla cacciata di Adamo dal paradiso sino ad oggi, ti renderesti conto, certo, che non è stata lunga la tua vita che così è volata. Ma quanto è lunga la vita di un solo uomo? Aggiungi ad essa quanti anni vuoi, arriva fino alla più tarda vecchiaia, che cosa è? Non è forse ancora brezza mattutina? Orbene, per quanto sia lontano il giorno del giudizio, quando avrà luogo la ricompensa dei giusti e degli ingiusti, certamente il tuo ultimo giorno non può essere lontano. Preparati ad esso. Perché come uscirai da questa vita, così ti presenterai nell’altra. Dopo questa breve vita non sarai ancora dove saranno i santi, ai quali sarà detto: Venite, benedetti del Padre mio, entrate in possesso del Regno che è stato preparato per voi sin dall’inizio del mondo (Mt 25,34). Non sarai ancora colà, chi lo ignora? Ma già potresti essere laddove quel ricco superbo e vano in mezzo ai suoi tormenti vide, di lontano, riposare quel povero coperto di piaghe (Cf. Lc 16,23). Collocato in quella pace, certamente sicuro aspetti il giorno del giudizio, quando riceverai anche il corpo, quando sarai trasformato e fatto uguale agli angeli. Perché dunque lo sollecitiamo e diciamo: Quando sarà? Tarderà? Lo diranno i nostri figli, lo diranno i nostri nipoti, lo diranno tutti quelli che si succederanno, e così passerà questo poco che ancora deve venire, allo stesso modo in cui è passato tutto il tempo che già è trascorso. O debole uomo! Ancora un poco, e più non sarà il peccatore.

Il peccatore flagello dei buoni.

11. Cercherai il suo posto, e non lo troverai. Chiarisce quanto ha detto: non sarà; non perché non sarà più assolutamente, ma perché non potrà più essere di alcuna utilità. Se completamente cessasse di essere, neppure sarebbe tormentato: e così al peccatore verrebbe data la tranquillità, tanto da dire: Finché vivo, farò quel che voglio, tanto, dopo, non sarò più. Non ci sarà dunque chi sarà nel dolore, chi sarà tormentato? E le parole: Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi (Mt 25,41)? Ma forse quelli mandati in quel fuoco non saranno più, e saranno consumati. Non si direbbe loro Andate nel fuoco eterno, perché non sarebbe eterno tale fuoco per quelli che più non esisteranno. E tuttavia il Signore non ha taciuto affatto ciò che in tal luogo accadrà loro, se la completa distruzione ovvero dolore e supplizi, dicendo: Ivi sarà pianto e stridor di denti (Mt 8,12). In che modo piangeranno e faranno stridere i denti, se non saranno più? Che senso hanno dunque le parole: Ancora un poco, e più non sarà il peccatore, se non quello chiarito nel versetto successivo: E cercherai il suo posto, e non lo troverai? Che significa il suo posto? Significa la sua utilità. Ha dunque una qualche utilità il peccatore? Certo. Qui Dio si serve di lui per mettere alla prova il giusto, così come si è servito del diavolo per mettere alla prova Giobbe, e si è servito di Giuda per consegnare Cristo. C’è dunque in questa vita qualcosa che si compie per mezzo del peccatore. Qui è dunque il suo posto, come il posto della paglia è nella fornace dell’orefice. La paglia arde per purificare l’oro; così incrudelisce l’empio, per mettere alla prova il giusto. Ma quando sarà trascorso il tempo della nostra prova, quando non vi sarà più alcuno da mettere alla prova, non vi saranno più neppure coloro per cui mezzo essi sono provati. Forse perché abbiamo detto che non vi saranno più giusti da mettere alla prova, i peccatori non esisteranno più? Piuttosto, dato che non vi sarà più bisogno dei peccatori per mettere alla prova i giusti: Cercherai il suo posto e non lo troverai. Cerca ora il posto del peccatore, e lo troverai. Dio ha fatto del peccatore un flagello, gli ha dato onori, gli ha dato potere. Alcune volte fa così; dà al peccatore potere, per purificare dalle scorie umane e correggere quindi coloro che sono pii. A quel peccatore è reso quanto è dovuto: e tuttavia esso è fatto strumento per far progredire il pio e far venir meno l’empio. Cercherai il suo posto e non lo troverai.

Il grande bene della pace nei buoni.

12. [v 11.] I mansueti invece possederanno la terra in eredità. La terra è quella della quale spesso abbiamo parlato, la santa Gerusalemme, che sarà liberata da questo esilio, e in eterno vivrà con Dio e di Dio. Dunque, in eredità possederanno la terra. Quali saranno le loro gioie? E gioiranno nell’abbondanza della pace. Qui l’empio gioisce nell’abbondanza dell’oro, dell’argento, degli schiavi, ed infine dei bagni, delle rose, dell’ubriachezza, dei lautissimi e lussuriosi banchetti. Questa è la potenza che tu invidi, questo è il fiore che ti allieta? Anche se sempre fosse così, non ci sarebbe ugualmente da piangere? Quali saranno dunque le tue gioie? E gioiranno nell’abbondanza della pace. La pace è il tuo oro, la pace è il tuo argento, la pace sono le tue terre, la pace è la tua vita, la pace è il tuo Dio. Tutto quanto tu desideri sarà pace per te. Ciò che qui è oro non può essere per te anche argento; ciò che è vino non può essere pane; ciò che è luce non può essere bevanda: il tuo Dio sarà tutto per te. Te ne ciberai per non avere fame, lo berrai per non avere sete; sarai da lui illuminato per non esser cieco; sarai da Lui ristorato per non venir meno; ti possederà tutto intero, Egli tutto intero. Non soffrirai lassù ristrettezza, con Colui con il quale possiedi tutto; tutto avrai e tutto anche Egli avrà; perché tu e Lui sarete uno, in quanto la totale unità avrà Colui che vi possiede. Questo è ciò che rimane per l’uomo pacifico. Abbiamo cantato questo versetto che, in questo salmo, è certamente lontano da quelli che abbiamo spiegato. Ma poiché lo abbiamo cantato, con esso dobbiamo concludere. Quanto a te, sta tranquillo: custodisci l’innocenza, è una cosa preziosa. Se tu vuoi rubare qualcosa, per possederla: stai attento dove metti la mano, e donde la togli. Una cosa vuoi ottenere, ed un’altra perdi: ottieni il denaro, perdi l’innocenza. È meglio che stia vigilante il tuo cuore: tu che volevi acquistare il denaro e perdere l’innocenza, perdi piuttosto il denaro: Custodisci l’innocenza, e guarda alla rettitudine, perché Dio ti dirigerà in modo che tutto quanto Egli vuole, anche tu lo voglia, questa è la rettitudine. Infatti, se tu non vuoi ciò che Dio vuole, sei distorto, e la tua perversità non ti permette di essere indirizzato dirittamente. Custodisci dunque l’innocenza, e guarda alla rettitudine, e non credere che, finita questa vita, sia finito l’uomo, perché vi è qualcosa che rimane per l’uomo pacifico (Ps 36,37).

SUL SALMO 36

362 Ps 36

ESPOSIZIONE

Discorso 2

1. Ci è stato ordinato di parlare di questo salmo alla Carità vostra, e dobbiamo obbedire. Il Signore ha voluto infatti ritardare la nostra partenza a cagione dell’abbondanza della pioggia; e ci è stato richiesto di non farvi mancare qui la nostra parola, dato che voi siete sempre l’occupazione del nostro cuore, come noi del vostro. Già abbiamo sottolineato in questo salmo la volontà di Dio, cioè che cosa ci vuole insegnare, in che cosa ci vuole ammonire, contro chi ci mette in guardia, che cosa ci dice di sopportare, e che cosa ci esorta a sperare. Infatti due generi di uomini, i giusti e gli ingiusti, sono, in questa terra e in questa vita, mischiati insieme. Ciascuno di questi generi ha nel suo cuore tendenze proprie. Il genere dei giusti si sforza di raggiungere il sublime per mezzo dell’umiltà; il genere degli ingiusti precipita nell’infimo per mezzo dell’orgoglio. Quello si abbassa per sorgere, questo si eleva per cadere. Da ciò accade che un genere sopporta, l’altro è sopportato; e l’intenzione dei giusti è di guadagnare anche i malvagi alla vita eterna, mentre l’intento degli empi è di restituire male per bene, e di privare, se ci riescono, anche della vita temporale coloro che cercano per sé la vita eterna. A fatica insomma l’ingiusto sopporta il giusto, ed il giusto l’ingiusto: reciprocamente si sono di peso. Nessuno dubita che questi due generi sono di peso l’uno per l’altro, ma con diverse intenzioni. Il giusto infatti è di peso per l’ingiusto, perché non vuole che sia ingiusto, ma vuol far di quello un giusto, e lo desidera con le preghiere, e tenta con i fatti: l’ingiusto invece odia il giusto in tal maniera che non vuole che lui esista, perché non vuole che esista il bene. Quanto più il giusto è buono, tanto più di peso è all’ingiustizia di questo. E perciò questi si affatica, se ci riesce, per farlo diventare ingiusto; ma se non può, cerca di toglierlo di mezzo, affinché non gli arrechi più noia e fastidio. Ma anche se fa del giusto un ingiusto, purtuttavia resta di peso per lui. Infatti, non soltanto il giusto è di peso all’ingiusto, ma neppure due ingiusti si sopportano a vicenda; e quando sembrano amarsi, fra loro c’è complicità, non amicizia. Allora, infatti, vanno d’accordo tra loro quando cospirano ai danni del giusto; non perché si amano, ma perché insieme odiano colui che dovrebbero amare. Contro questo genere di uomini il Signore Dio nostro ci ordina la pazienza e quel sentimento di carità che conosciamo nel Vangelo; come appunto il Signore ci comanda con le parole: Amate i vostri nemici, e fate del bene a coloro che vi odiano (Mt 5,44). Del pari anche l’Apostolo dice: Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,21). Combatti contro il male, ma con la bontà. La vera lotta, o per meglio dire il combattimento salutare, consiste a che vi sia un buono contro un malvagio, e non siano [i combattenti] due malvagi.

Il giorno del giudizio.

2. [vv 12.13.] Considerate dunque il salmo. Le prime parti già sono state spiegate, e seguono queste. Starà l’empio in agguato contro il giusto, e digrignerà contro di lui i suoi denti; ma il Signore lo deriderà. Chi deriderà? Ovviamente il peccatore che digrigna i denti contro il giusto. Ma perché il Signore lo deriderà? Perché vede che ha da venire il suo giorno. Si presenta crudele mentre minaccia il giusto, non conoscendo la sua prossima ora; ma il Signore guarda, e vede il suo giorno. Quale giorno? Quello nel quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Cf. Mt 16,27). Egli accumula infatti per sé l’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio (Cf. Rm 2,5). Ma il Signore vede, tu invece non vedi: te lo ha indicato Colui che vede. Tu ignoravi il giorno in cui l’ingiusto pagherà il fio; ma Colui che lo sa, non te lo ha celato. È un non piccolo dono di conoscenza, essere unito a Chi sa. Egli ha gli occhi della conoscenza, abbi tu gli occhi della fede. Ciò che Dio vede, tu credi. Verrà infatti il giorno dell’ingiusto, che Dio vede. Quale giorno? Il giorno della sua vendetta. È necessario infatti che si vendichi sull’empio, che si vendichi sull’ingiusto, sia che questi si converta, sia che non si converta. Se si sarà convertito, proprio per questo si vendicherà in lui, in quanto è stata distrutta l’iniquità. Il Signore non ha forse riso vedendo i giorni dei due ingiusti, di Giuda il traditore e di Saul il persecutore (Cf, Ac 1,9)? Ha visto il giorno del primo per la condanna, il giorno del secondo per la giustizia. In ambedue si è vendicato; perché quello è stato destinato al fuoco della Geenna, mentre questo è stato atterrato dalla voce celeste. Anche tu, dunque, che sopporti l’ingiusto, guarda, insieme con Dio, con gli occhi della fede, il suo giorno: e quando lo vedrai incrudelire contro di te, di’ a te stesso: Costui, se corretto, sarà con me; se invece persevererà, non sarà con me.

Sofferenza attuale dei giusti, dannazione dei peccatori.

3. [vv 14-16.] Ma come? A te nuoce l’iniquità dell’ingiusto, e a lui non nuoce? Come può essere che la sua ingiustizia che mira a ferirti per il suo furore e il suo odio, non lo devasti nel suo intimo, prima di toccare te dal di fuori? L’avversità opprime il tuo corpo, l’iniquità corrompe la sua anima. Infatti, qualunque cosa tira fuori contro di te, ricade su di lui. La sua persecuzione ti purifica, ma fa di lui un colpevole. A chi dunque nuoce di più? Ecco, con la sua crudeltà ti ha spogliato; chi è percosso da un maggior danno, colui che ha perduto il denaro, o colui che ha perduto la fede? Conoscono il dolore di tali danni coloro che hanno l’occhio interiore. Per molti infatti risplende l’oro, ma non risplende la fede. Hanno costoro occhi per vedere l’oro; ma non ne hanno per vedere la fede. Se li avessero e la vedessero, di certo maggiormente l’amerebbero; e tuttavia, quando per loro è infranta la fede, gridano, mostrano invidia, e dicono: O fede! Dov’è la fede? Amala per possederla; amala per manifestarla. Orbene, poiché tutti coloro che perseguitano i giusti soffrono un danno più grave e sono afflitti da più grave sofferenza, in quanto in essi è devastata l’anima stessa, il salmo continua e dichiara: La spada han sguainato i peccatori, hanno teso il loro arco, per abbattere il misero e il povero, per trucidare i retti di cuore. La loro spada entrerà nel loro cuore. È facile che la sua lancia, cioè la sua spada trapassi il tuo corpo, come la spada dei persecutori trapassò i corpi dei Martiri; ma, colpito il corpo, illeso è rimasto il cuore, mentre il cuore di chi ha fatto penetrare la spada nel corpo del giusto, certamente non è rimasto illeso. Questo salmo lo testimonia. Non ha detto che la loro spada entrerà nel loro corpo; ma: la loro spada entrerà nel loro cuore. Hanno voluto uccidere nel corpo, muoiano nell’anima. Il Signore invece ha dato sicurezza a coloro i cui corpi costoro hanno voluto uccidere, dicendo loro: Non temete quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima (Mt 10,28). Ma che senso ha incrudelire con la spada, e poter uccidere solo il corpo del nemico, ed insieme uccidere la propria anima? Costoro divengono folli, incrudeliscono contro se medesimi, impazziscono e non se ne accorgono; è come se qualcuno volesse far passare la spada attraverso il suo corpo, per tagliare la tunica ad un altro. Vedi dove sei giunto, ma non vedi per dove sei passato, hai tagliato la veste di quello, ma hai trafitto la tua carne. È chiaro dunque che gli iniqui feriscono di più se stessi, di più a sé medesimi nuocciono, quanto essi stessi credono di nuocere a coloro che odiano. Dunque, la loro spada entrerà nel loro cuore. È decreto del Signore, non può accadere altrimenti. E il loro arco si spezzerà. Che vuol dire il loro arco si spezzerà? Saran rese vane le loro insidie. Prima infatti aveva detto: La spada hanno sguainato i peccatori, hanno teso il loro arco. Con lo sguainare la spada ha voluto significare l’aperta aggressione; mentre l’arco teso vuol rappresentare le occulte insidie. Ecco che la sua spada lo uccide, e il dispositivo delle sue insidie è reso vano. Che vuol dire reso vano? Vuol dire che non nuoce in nulla al giusto. In qual modo non gli nuoce affatto, se, ad esempio, lo ha spogliato, se togliendogli i suoi beni lo ha ridotto alla miseria? Ma ecco che canta: Meglio è per il giusto il poco che le molte ricchezze dei peccatori.

L'esempio di Cristo sofferente.

4. [v 17.] Ma potenti sono gli iniqui, e fanno molte cose, e riescono nelle loro imprese: al loro comando si obbedisce prontamente. Forse è sempre così? Perché le braccia dei peccatori saranno spezzate. Le loro braccia, cioè la loro potenza. Che cosa farà l’empio all’inferno? Che cosa fa quel ricco che sulla terra banchettava e all’inferno è torturato (Lc 16,19 Lc 24)? Le loro braccia, dunque, saranno spezzate. Ma sostiene i giusti il Signore. In qual modo li sostiene? che cosa dice loro? Ciò che in un altro salmo è detto: Spera nel Signore, comportati da uomo, e si conforti il tuo cuore, e spera nel Signore (Ps 26,14). Che significa spera nel Signore? Ora ti affatichi, ma non ti affaticherai in eterno; breve è il tuo fastidio, eterna sarà la tua beatitudine, per un poco soffrirai, senza fine godrai. Ma in mezzo alle angustie cominci a cadere? Ti è proposto l’esempio anche delle sofferenze di Cristo. Guarda che cosa per te ha sopportato, Colui che non aveva alcun motivo di soffrire. Qualunque cosa soffrirai, non arriverai mai agli insulti, alle frustate, alla veste ignominiosa, alla corona di spine, insomma alla croce, perché essa già è stata tolta dal novero delle pene del genere umano. Mentre infatti sotto gli antichi gli scellerati erano crocifissi, ora non si crocifigge più nessuno. La croce è stata onorata, ed ha avuto fine. È finita come pena, rimane come gloria. Dal luogo del supplizio è passata sulla fronte degli imperatori. Colui che tanto onore ha dato alla sua pena, che cosa riserba ai suoi fedeli? Con questi fatti, con queste parole, con questi discorsi, con tale esempio sostiene i giusti il Signore. Incrudeliscano i peccatori quanto vogliono e quanto è loro permesso: sostiene i giusti il Signore. Qualunque cosa accada al giusto, egli l’attribuisca alla divina volontà, non alla potenza del nemico. Questi può incrudelire; ma se Egli non vuole, non può ferire. E se il Signore permette che ferisca, sa come accogliere chi è suo: Perché chi ama, il Signore corregge; e castiga ogni figlio, che accoglie (He 12,6). Che ha da congratularsi l’iniquo, perché di lui il Padre mio ha fatto il suo flagello? Ha assunto lui come servo, mentre ha preparato me a essere suo erede. Non dobbiamo considerare quanto il Signore permette agli ingiusti, ma quanto riserba ai giusti.

5. Dobbiamo però desiderare che anche coloro da cui siamo flagellati si convertano, e siano a loro volta flagellati. Così infatti istruiva i suoi fedeli colui che di Saulo si era fatto un flagello, ma poi anche Saulo convertì. E quando il Signore disse al santo Anania, da cui fu battezzato Saulo, che era appunto Saulo quello che doveva accogliere perché doveva essere vaso di elezione, Anania, intimorito e spaventato perché conosceva la fama di persecutore che Saulo aveva, rispose: Signore, ho udito di quest’uomo quante persecuzioni ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme, ed ora va, ricevuto il mandato, per arrestare e incatenare e trascinare dai capi dei sacerdoti, coloro che invocano il tuo nome, ovunque li trovi. Ma il Signore gli disse: Lascia fare, io gli mostrerò le cose che è necessario che egli soffra per il mio nome (Ac 9,13-16). Gli renderò ciò che ha fatto - dice - mi vendicherò su di lui; e soffrirà per il mio nome, egli che ha incrudelito contro il mio nome. Per suo mezzo istruisco ed ho istruito gli altri: istruirò anche lui per mezzo degli altri. Così è accaduto, e noi sappiamo che Saulo ha sofferto molto di più di quanto aveva fatto, come un avaro esattore che con l’usura riscuote ciò che aveva dato.

6. Ma osserva se in lui si è adempiuto ciò che ora dice il salmo: Ma sostiene i giusti il Signore. Non solo - dice lo stesso Paolo nel subire molte persecuzioni - ma anche ci gloriamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione genera la pazienza, la pazienza la prova, la prova la speranza, e la speranza non è delusa, perché l’amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,3-5). Bene: sicuramente è già giusto, è già confermato. Allo stesso modo, dunque, per cui non nuocevano in niente al giusto già confermato coloro che lo perseguitavano, così neppure lui a coloro che perseguitava. Ma sostiene, dice, i giusti il Signore. Ascolta le altre parole del giusto confermato: Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione, o l’angustia, o la fame, o la nudità, o la persecuzione? (Rm 8,35) In qual modo era unito a Cristo colui che da tali cose non era separato? Ma sostiene i giusti il Signore. Eran discesi alcuni Profeti da Gerusalemme e, ricolmi di Spirito Santo, profetarono allo stesso Paolo che egli avrebbe molto sofferto in Gerusalemme; tanto che uno di loro, di nome Agabo, sciolta la cintura, si legò come suole farsi per mostrare profeticamente con tali segni le cose future, dicendo: Come vedete me legato, così è necessario che sia legato in Gerusalemme quest’uomo. I fratelli, a tale risposta, cominciarono a dissuadere Saulo, già divenuto Paolo, che così era stato ammonito, dal gettarsi in tanti pericoli, e a supplicarlo e a pregarlo di recedere dal proposito di andare a Gerusalemme. Ma egli, che ormai era nel novero di coloro dei quali è stato detto sostiene i giusti il Signore, rispose: Perché rattristate il mio cuore? Non considero troppo preziosa per me la mia vita. Dato che aveva già detto a coloro che aveva generato nel Vangelo: Me stesso prodigherò per le vostre anime (2Co 12,15), disse: Io infatti, non solo ad essere legato, ma anche a morire sono pronto per il nome del Signore Gesù Cristo (Ac 21,11-13).

7. [v 18.] Sostiene - dunque - i giusti il Signore. In qual modo li sostiene? Conosce il Signore la via di coloro che son senza macchia. Quando questi soffrono tribolazioni, gli ignoranti, cioè coloro che sono incapaci di distinguere le vie dei puri, credono che essi camminino per vie malvage. Ma Egli che le conosce, sa per quale retto sentiero condurre i suoi mansueti. Per questo ha detto in un altro salmo: Guiderà i miti nel giudizio, insegnerà ai mansueti le sue vie (Ps 24,9). Perché pensate che abbiano disprezzato, gli uomini che passavano, il povero ricoperto di piaghe che giaceva davanti alla porta del ricco (Cf. Lc 16,20)? Perché, turandosi il naso, gli sputavano addosso? Ma il Signore sapeva che a lui era riserbato il Paradiso. E come potevano essi desiderare per sé la vita di quello che si vestiva di porpora e di bisso, ed ogni giorno banchettava splendidamente? Ma il Signore che vedeva il suo giorno, conosceva i suoi futuri supplizi, e i suoi tormenti senza fine. Dunque: Conosce il Signore la via di coloro che son senza macchia.

La beatitudine futura.

8. E la loro eredità durerà in eterno. Noi riteniamo questo per fede: forse che anche il Signore lo sa per fede? Il Signore conosce queste cose tanto apertamente quanto noi neppure possiamo dire, neppure quando saremo fatti uguali agli angeli. Perché a noi non saranno tanto manifeste le cose che si riveleranno, quanto esse già lo sono a Colui che è immutabile. E anche di noi che cosa è detto? Dilettissimi, ora siamo figli di Dio, e non ancora si è manifestato quello che saremo; sappiamo che quando si manifesterà, saremo simili a Lui, perché lo vedremo qual è (1Jn 3,2). È dunque riserbato a noi non so quale dolcissimo spettacolo; e se possiamo immaginarlo in parte in enigma e come in uno specchio, tuttavia in nessun modo possiamo esprimere la bellezza della dolcezza che Dio riserba a coloro che lo temono, e prepara per coloro che sperano in Lui (Cf. Ps 30,20). Per questo son pronti i nostri cuori in tutte le tribolazioni e le tentazioni di questa vita. Non stupirti, se è nelle fatiche che ti prepari: sei preparato infatti a qualcosa di grande. Donde quelle parole del giusto confermato: Le sofferenze del tempo presente non son paragonabili alla gloria futura, che in noi sarà rivelata (Rm 8,18). Quale sarà la nostra gloria, se non l’essere uguagliati agli angeli, e vedere Dio? Quanto dona al cieco Colui che gli avrà guarito gli occhi, in modo che veda questa luce? Quando questi sarà diventato sano, non troverà di che degnamente ripagare il suo guaritore; poiché, qualunque cosa gli dia, come potrà dargli l’equivalente di ciò che egli gli ha donato? Per quanto possa dargli, gli darà oro, molto oro; ma quello gli ha donato la luce. Per rendersi conto che è niente quello che dà, guardi nelle tenebre ciò che dà. Che cosa daremo dunque noi a quel Medico che ci ha sanato gli occhi interiori, onde permetterci di vedere una certa luce eterna, che è Lui stesso? cosa gli daremo? Cerchiamo, troviamo, se possiamo; e nelle difficoltà della nostra ricerca, gridiamo: Che darò al Signore per tutte le cose che Egli mi ha dato? E che cosa trova? Prenderò il calice della salute e invocherò il nome del Signore (Ps 115,12 Ps 13). Potete bere - Egli dice - il calice che io devo bere? (Mt 20,22) E poi a Pietro: Mi ami? Pasci le mie pecore (Jn 21,17), per le quali berrà il calice del Signore. Ma sostiene i giusti il Signore. Conosce il Signore la via di coloro che son senza macchia, e la loro eredità durerà in eterno.

Dio nostra speranza.

9. [v 19.] Non saranno confusi nel tempo cattivo. Che significa non saranno confusi nel tempo cattivo? Non saranno confusi nei giorni della tribolazione, nei giorni delle sofferenze; come resta confuso colui che inganna la speranza. Chi è colui che resta deluso? Colui che dice: Non ho trovato ciò che speravo. Non a torto! Riponevi infatti in te stesso la tua speranza, oppure in un tuo amico: ma maledetto è chi ripone la sua speranza nell’uomo (Cf. Jr 17,5). Sarai deluso, poiché ti ha ingannato la speranza; ti ha ingannato la speranza riposta nella menzogna: ogni uomo infatti è menzognero (Ps 115,11). Ma se tu riponi la tua speranza nel tuo Dio, non sarai confuso: poiché Colui nel quale hai riposto la speranza non può essere ingannato. Perciò, che cosa dice quello di cui poco fa ho parlato, quel giusto confermato, trovandosi nel tempo cattivo, nel giorno della tribolazione, che cosa dice dato che non è rimasto deluso? Ci gloriamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione genera la pazienza, la pazienza la prova, la prova la speranza, e la speranza non inganna. Come mai la speranza non inganna? Perché è riposta in Dio. Continua perciò: Perché l’amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,3-5). Già ci è stato dato lo Spirito Santo, come può deluderci Colui di cui teniamo un così grande pegno? Non saranno confusi nel tempo cattivo; e nei giorni della fame saranno saziati. Anche qui, infatti, c’è una certa loro sazietà. I giorni della fame sono i giorni di questa vita; mentre altri sono affamati, quelli si saziano. Di che cosa infatti si sarebbe gloriato quel giusto, dicendo: Gloriamoci nella tribolazione, se interiormente avesse sofferto la fame? Al di fuori apparivano angustie, nell’intimo era la dilatazione.

Il peccatore è pena a se stesso.

10. [v 20.] Che cosa fa invece l’uomo malvagio quando comincia a esser tribolato? All’esterno non ha niente, tutto gli è stato tolto, nella coscienza non ha alcuna consolazione: non ha dove uscire, perché all’esterno le cose sono avverse; non ha dove entrare, perché dentro c’è il male. Inevitabilmente in lui si compie quanto segue: Perché i peccatori periranno. Come possono non perire coloro che non hanno alcun luogo ove rifugiarsi? Non hanno consolazione né nelle cose esterne, né nel loro intimo. Sono infatti al di fuori di noi, da cui non possono ricevere consolazione alcuna. E tutti coloro che non hanno Dio, sono schiavi del denaro, dell’amicizia, della gloria, delle ricchezze del mondo, e qualsivoglia bene corporale non potrà consolarli nell’intimo, come invece era consolato quel tale pieno di nutrimento interiore, che per questa stessa abbondanza erompeva esclamando: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, come al Signore è piaciuto, così è stato fatto; sia benedetto il nome del Signore (Jb 1,21). Non c’è dunque per quei peccatori posto tra le cose esteriori, perché ivi soffrono tribolazioni; la coscienza non li consola; non c’è bene nel loro intimo, perché il bene non può stare insieme con il male. Per chiunque è malvagio, il male è con lui; è necessario che si torturi con il suo medesimo tormento. Egli stesso è la sua pena, perché la sua coscienza lo tormenta. Fuggirà dal suo nemico ove potrà, ma da se stesso dove fuggirà?

Il peccatore può sempre convertirsi.

11. Così un tale della setta di Donato era venuto a noi, accusato e scomunicato dai suoi, cercando qui ciò che laggiù aveva perduto. Ma poiché non poté essere accolto se non nel luogo che gli spettava (non aveva infatti abbandonato quella setta senza aver commesso qualche colpa presso i suoi, per cui sembrava avesse fatto quel passo non per necessità ma per un motivo ben preciso), poiché dunque colà non poté avere ciò che cercava, in quanto cercava una vana dignità ed un falso onore, e poiché qui non trovò ciò che là aveva perduto, perdette anche se stesso. Gemeva per le sue ferite, e non trovava consolazione: orribili e silenziosi aculei erano infatti nella sua coscienza. Tentammo di consolarlo con la parola di Dio; ma egli non era di quelle sagge formiche che d’estate raccolgono di che poter vivere d’inverno. Quando infatti le cose sono tranquille, allora l’uomo deve raccogliere per sé la parola di Dio e chiuderla nell’intimo del suo cuore, allo stesso modo che la formica cela nei recessi delle caverne i frutti del lavoro estivo (Pr 6,6 Pr 30,25). Durante l’estate infatti si dedica a far questo; ma viene l’inverno, cioè sopraggiunge la tribolazione, e se non troverà nel suo intimo di che mangiare, inevitabilmente perirà di fame. Costui dunque non aveva raccolto per sé la parola di Dio; sopraggiunse l’inverno, non trovò qui quanto cercava, e donde unicamente poteva trovar consolazione, dato che in alcun modo [poteva trovarla] nel Verbo di Dio. Entro di sé non aveva nulla; fuori non trovava quanto cercava; ardeva per il fuoco dell’indignazione e del dolore, la sua anima era violentemente scossa, e per lungo tempo segretamente, finalmente eruppe fuori in gemiti, tanto che gridava in mezzo ai fratelli e non sapeva di essere ascoltata. Noi vedevamo e soffrivamo duramente, Dio lo sa, per la dura pena di quell’anima, per le sue così grandi croci, per i suoi supplizi, per i suoi tormenti. Che dire di più? Non sopportando questo umile posto, che, se fosse stato saggio, gli sarebbe stato salutare, si mostrò tale da esser mandato via. Però, fratelli, non dobbiamo disperare per questo degli altri che per caso hanno scelto la verità, non obbligati dalla necessità. Fino a tal punto non dobbiamo disperare degli altri che io neppure di questo dispero, finché vive. Poiché di nessuno che vive dobbiamo disperare. Questo, fratelli, deve apprendere da tale vicenda la Carità vostra, ad evitare che altri per caso vi dica altre cose. Infatti un loro suddiacono, senza essere spinto da nessuna questione con i suoi, ha scelto la pace e l’unità cattolica, e, abbandonati quelli, è ritornato, è venuto veramente come chi sceglie ciò che è buono, non come chi è scacciato dai malvagi; e così è stato accolto, tanto che noi ci rallegriamo della sua conversione e lo raccomandiamo alle vostre preghiere. Potente infatti è Dio, e può farlo diventare ancora migliore. Riguardo a nessuno dunque dobbiamo pronunciarci, per qualunque parte, sia buona che cattiva. Finché infatti si vive in questa vita, sempre si ignora il giorno che sarà domani. Non saranno confusi nel tempo cattivo, e nei giorni di fame saranno saziati; perché i peccatori periranno.

12. Ma i nemici del Signore, subito, non appena si glorieranno e si esalteranno, venendo meno svaniranno come fumo. Riconoscete dalla similitudine stessa la realtà che è suggerita. Il fumo che erompe dal fuoco si solleva in alto, e nell’elevarsi si gonfia in un grande globo; ma quanto più è grande quel globo tanto più è inconsistente; da quella grandezza non consolidata e rafforzata, ma sospesa e labile, si dirige nell’aria e svanisce, tanto che tu vedi che la stessa grandezza lo porta alla rovina. Perché quanto più si solleva, quanto più si estende, quanto più si diffonde da ogni parte in uno spazio crescente, tanto più si fa sottile, evanescente, invisibile. Ma i nemici del Signore, subito, non appena si glorieranno e si esalteranno, venendo meno svaniranno come fumo. Di costoro sta scritto: Come Ianne e Mambre si opposero a Mosè, così anche costoro resistono alla verità; uomini corrotti di mente, reprobi riguardo alla fede. Ma come si oppongono alla verità, se non gonfiandosi nella loro superbia, finendo in vento, innalzandosi quasi fossero giusti e grandi? Che dice dunque di costoro? Li paragona al fumo: Ma non andranno molto avanti: perché la loro stoltezza si farà manifesta a tutti, come lo fu di quelli (2Tm 3,8-9). Ma i nemici del Signore, subito, non appena si glorieranno e si esalteranno, venendo meno svaniranno come fumo.

Carità e buona volontà.

13. [v 21.] Prende a prestito il peccatore e non restituisce. Riceve e non rende. Che cosa non restituisce? L’azione di grazie. Che cosa vuole da te Dio, o che cosa esige, se non ciò che ti giova? E quante cose riceve il peccatore, in cambio delle quali non restituisce nulla? Ha ricevuto l’essere, ha ricevuto di essere uomo e che molta differenza vi sia quindi tra lui e le bestie; ha ricevuto la forma del corpo, nel corpo i vari sensi, distinti, gli occhi per vedere, le orecchie per udire, le narici per odorare, il palato per assaporare, le mani per toccare, i piedi per camminare, e la salute stessa del corpo. Però tutte queste cose le abbiamo in comune con le bestie: ha ricevuto ancora cose più grandi, cioè la mente che può comprendere, che può cogliere la verità, che può discernere il giusto dall’ingiusto, che può indagare, desiderare il Creatore, lodarlo e aderire a Lui. Tutte queste cose ha ricevuto anche il peccatore, ma non vivendo nel bene non restituisce ciò che deve. Dunque prende a prestito il peccatore e non restituisce, non restituisce a Colui dal quale ha ricevuto, non gli rende grazie; o, piuttosto, rende male per bene: cioè bestemmie, mormorazioni contro Dio, indignazione. Orbene costui prende a prestito e non restituisce; il giusto invece, ha compassione e dona. Quello dunque non ha niente, questo possiede. Osservate l’indigenza, osservate la ricchezza. Quello riceve e non restituisce; questi ha compassione e dona, perché è nell’abbondanza. E se è povero? Anche così è ricco. Soltanto, volgi un occhio pio alle sue ricchezze: poiché tu guardi la sua cassaforte vuota, e non guardi la sua coscienza piena di Dio. Non possiede ricchezze esteriori, ma ha nell’intimo la carità. Quanto dona di carità, senza che abbia mai fine! Se infatti possiede ricchezze esteriori, è la carità stessa che dona, ma da ciò che possiede; se invece all’esterno non trova di che dare, dà la sua benevolenza, se può presta il suo consiglio; e dà aiuto se può. Infine, se non può dare né consiglio né aiuto, aiuta col desiderio, e prega in favore di chi soffre, e forse egli stesso è esaudito più di chi dona il pane. Ha sempre di che dare colui il cui petto è ricolmo di carità. La carità stessa è quella che è detta buona volontà. Dio non esige da te, più di quanto ti ha dato interiormente. Non può infatti stare in ozio la buona volontà. Se non hai buona volontà, anche se ti sovrabbonda il denaro non lo doni al povero: i poveri stessi tra di loro si dànno in prestito la buona volontà, e fra di loro non sono senza frutto. Guarda il cieco guidato da quello che ci vede; perché non aveva denaro da dare al bisognoso, ha donato gli occhi a chi non li aveva. Da che deriva che ha prestato le sue membra a chi non le ha, se non dal fatto che nell’intimo è pieno di buona volontà, che è il tesoro dei poveri? In questo tesoro è la dolcissima pace e la vera sicurezza. Non c’è da preoccuparsi che un ladro lo rubi, o da temere un naufragio. Conserva con sé ciò che ha dentro, se ne esce nudo, ed è ricolmo. Il giusto - dunque - ha compassione e dona.

La Redenzione fonte di ricchezza.

14. [v 22.] Perché coloro che lo benedicono, in eredità possederanno la terra, benedicendo quel Giusto, il vero solo Giusto e giustificante, il quale qui e fu povero e portò immense ricchezze, con cui far ricchi coloro che trovò poveri. Egli stesso è infatti Colui che arricchì i cuori dei poveri con lo Spirito Santo, e riempì dell’opulenza della giustizia le anime svuotate dalla confessione dei propri peccati; Colui che poté far ricco il pescatore il quale abbandonò le sue reti, disprezzando ciò che aveva, e desiderando ciò che non aveva (Cf. Mt 4,19). Dio ha scelto infatti le cose deboli del mondo per confondere quelle forti (1Co 1,27). E non guadagnò il pescatore con l’oratore, ma con il pescatore ha conquistato l’oratore, con il pescatore ha conquistato il senatore, con il pescatore ha conquistato l’imperatore. Perché coloro che lo benedicono possederanno la terra in eredità; saranno suoi coeredi in quella terra dei viventi, della quale in un altro salmo è detto: Tu sei la mia speranza, la mia parte nella terra dei viventi (Ps 141,6). Tu sei la mia porzione, dice a Dio, e non dubita che Dio si faccia sua parte. In eredità possederanno la terra. Ma coloro che lo maledicono periranno. Ma perché possano benedirlo coloro che lo benedicono, è dato loro soccorso. È venuto infatti a coloro che lo maledicevano, ed essi lo hanno benedetto; e così sono venuti meno quelli che lo maledicevano, allorché, fatti benedicenti per suo dono, Colui che nel loro male maledicevano, ora benedicono nel bene di Lui.

15. [v 23.] Osservate quanto segue: Dal Signore son diretti i passi dell’uomo, e vuole la sua via. Allorché l’uomo stesso vuole la via del Signore, è il Signore medesimo a dirigere i suoi passi. Infatti, se il Signore non dirigesse i passi degli uomini, sarebbero tanto perversi che sempre andrebbero per sentieri malvagi; e non potrebbero rivolgersi [a Lui] seguendo le vie tortuose. Ma è venuto Lui, e ha chiamato, e ha redento, e ha versato il sangue; ha pagato questo prezzo, ha fatto questo bene, ha patito queste sofferenze. Osserva ciò che ha fatto: è Dio; osserva ciò che ha sofferto: è uomo. Chi è questo Dio-uomo? Se tu, o uomo, non avessi abbandonato Dio, Dio non si sarebbe fatto uomo per te. Sarebbe stato poco infatti quale premio o dono suo l’averti fatto uomo, anche se non si fosse fatto uomo per te? Egli è infatti Colui che ha diretto i nostri passi, affinché noi vogliamo la sua via. Dal Signore son diretti i passi dell’uomo, e vuole la sua via.

Il premio della felicità eterna.

16. Seguendo ormai la via di Cristo, non ti aspettare prosperità dal secolo. Per una dura via ha camminato, ma grandi cose ha promesso. Seguilo. Non guardare soltanto per dove passerai, ma anche dove giungerai. Sopporterai temporanee difficoltà, ma perverrai a gioie eterne. Se vuoi sopportare la fatica, volgi lo sguardo alla mercede. Anche l’operaio verrebbe meno nella vigna, se non pensasse a ciò che riceverà. Ma quando penserai a ciò che hai da ricevere, ti parrà di nessun conto tutto quel che sopporti, e non lo stimerai proporzionato con quanto avrai per suo mezzo: anzi ti stupirai che tanto ti sia dato in cambio di così poca fatica. In verità, o fratelli, per godere della eterna pace, doveva esser data una fatica eterna; e dovresti, per ricevere l’eterna felicità, sopportare eterne sofferenze; ma se tu sostenessi una eterna fatica, quando perverresti alla eterna felicità? Così accade che necessariamente è temporanea la tua tribolazione, finita la quale godrai di una felicità infinita. Ma tuttavia, fratelli, potrebbe esser lunga la tribolazione per ottenere la felicità eterna. Ad esempio, dato che la nostra felicità non avrà fine, la nostra miseria, la nostra fatica e le nostre tribolazioni potrebbero essere lunghissime. Ma anche se durassero mille anni, paragona mille anni all’eternità: come puoi paragonare alcunché di finito all’infinito? Diecimila anni, un milione, se così si può dire, e migliaia e migliaia, che hanno sempre una fine, non possono paragonarsi con l’eternità. Ad essa si perviene perché Dio ha voluto la tua fatica non solo temporale, ma anche breve. Tutta la vita dell’uomo è fatta di pochi giorni, anche se non si mescolassero alle avversità ore liete che sono certo più numerose e più lunghe di quelle faticose, e perciò più brevi e meno numerose sono le avversità affinché possiamo sopportarle; orbene, anche se l’uomo fosse per tutta la sua vita nelle avversità e nelle fatiche, nel dolore, nelle sofferenze, in carcere, nelle piaghe, nella fame e nella sete per tutti i suoi giorni (Cf. 2Co 11,23-27), in ogni sua ora, per tutta la vita, fino alla vecchiaia, sempre pochi sono i giorni dell’intera vita dell’uomo; trascorso questo dolore, verrà il Regno eterno, verrà la felicità senza fine, verrà l’uguaglianza con gli angeli, verrà l’eredità di Cristo, verrà Cristo nostro coerede. Quanta ricompensa riceviamo per così poca fatica! I veterani che faticano nella milizia e trascorrono tanti anni tra i pericoli, cominciano a militare dalla giovinezza, e si licenziano vecchi; e, per avere pochi giorni di riposo nella loro vecchiaia, quando l’età stessa comincia a pesare sulle forze che più non aggravano le guerre, quante avversità tollerano, quante marce, quanto freddo, quanto sole, quante ristrettezze, quante ferite, quanti pericoli! E mentre sopportano tutto questo, non volgono lo sguardo a niente altro che a quei pochi giorni di riposo nella vecchiaia, ai quali del resto neppure sanno se riusciranno a pervenire. Dunque dal Signore son diretti i passi dell’uomo, e vuole la sua via. Da qui avevo cominciato a dire: se vuoi la via di Cristo, e sei veramente cristiano (il cristiano è colui che non disprezza la via di Cristo ma vuole seguirla attraverso le sue sofferenze), ebbene non voler camminare per un’altra strada, diversa da quella per la quale Egli è andato. Sembra dura, ma è sicura; forse in un’altra troverai dei piaceri, ma essa è piena di ladroni. E vuole la sua via.

L'esempio di Cristo.

17. [v 24.] Quando cade, non si turberà, perché il Signore sostiene la sua mano. Ecco che cosa significa volere la via di Cristo. Gli capiti pure di patire qualche tribolazione, qualche disonore, qualche offesa, qualche afflizione, qualche danno e qualunque altra cosa di quelle che abbondano in questa vita del genere umano: ponga davanti a sé il suo Signore, [ricordi] quante specie di tentazioni ha superato: e non si turberà quando cade, perché il Signore sostiene la sua mano, perché per primo il Signore ha sofferto. Che cosa temerai, o uomo, i cui passi sono guidati in modo che tu voglia la via del Signore? Di che avrai timore? Del dolore? Cristo è stato fiagellato (Cf. Mt 27,26). Temi le offese? Si è sentito dire: sei indemoniato, Colui che scacciava i demoni (Cf. Jn 8,48). Forse temi le fazioni e le cospirazioni dei malvagi? Hanno tramato contro di Lui (Cf. Jn 9,22). Forse non sei in grado di mostrare la tua buona coscienza per respingere qualche accusa, e subisci violenza perché contro di te vengono citati falsi testimoni. Ebbene, contro di Lui per primo vi furono falsi testimoni, e non solo prima della sua morte, ma anche dopo la sua Risurrezione. Furono convocati falsi testi affinché fosse condannato dai giudici (Cf. Mt 26,60); e si presentarono come falsi testi i custodi del sepolcro. Egli risorse con sì grande miracolo: scuotendosi la terra annunziò la Risurrezione del Signore. C’era, là, terra che custodiva terra: ma la terra più dura non poté esser mutata. La terra perciò annunziò la verità, ma fu travisata dalla falsità. Quei custodi dissero infatti ai Giudei che cosa avevano visto e che cosa era accaduto; presero del denaro e fu loro detto: Dite che mentre voi dormivate, vennero i discepoli suoi, e lo portarono via (Mt 28,12). Ecco i falsi testimoni anche contro il Signore risorto. Ma quanta cecità nei falsi testimoni, o fratelli, quanta cecità! Questo infatti sono soliti subire i falsi testi, di essere accecati, tanto che contraddicono se medesimi senza accorgersene, tanto che così appare che sono falsi testimoni. Che dissero infatti costoro contro se stessi? Quando dormivano, vennero i discepoli suoi, e lo portarono via. Che senso ha tutto questo? Che dice il falso testimone? Che dormiva. Non crederei a chi tali cose narra, neppure se mi raccontasse i suoi sogni. Stolta follia! se eri sveglio perché hai permesso che fosse portato via? e se dormivi come fai a saperlo?

I Donatisti.

18. Così sono anche questi loro figli, come ricordate, e non dobbiamo dimenticarlo in questa occasione. Tanto più infatti dobbiamo ricordare la loro vanità, quanto più cerchiamo la loro salvezza. Ecco che il Corpo di Cristo patisce ora false testimonianze, è accaduto al Capo. Non c’è da meravigliarsi che anche ora non manchi chi dice al Corpo di Cristo, diffuso per tutto il mondo: Progenie di traditori. Dici una falsa della tua falsa testimonianza. Io ti convingo della tua falsa testimonianza, aggiungendo poche parole. Tu mi dici: sei un traditore. Io ti rispondo: sei un bugiardo. Ma tu in nessun caso e in nessun modo puoi provare la mia consegna; io, invece, subito nelle tue stesse parole provo la tua menzogna. Certamente hai detto colà che noi abbiamo affilato le nostre spade: leggo gli Atti dei tuoi Circoncellioni. Certo tu hai detto colà che passi sopra alle cose sottratte; leggo gli Atti donde hai provocato l’intervento dell’amministrazione per esigerle. Certo hai detto: Noi rechiamo i soli Vangeli: leggo tutti gli ordini dei giudici, con i quali hai perseguitato quanti da te si sono divisi; leggo le petizioni all’imperatore apostata, cui dicesti che solo la giustizia aveva posto presso di lui. Forse l’apostasia di Giuliano ti sembrava avere a che fare con il Vangelo? Ecco che dimostro la tua menzogna. Che hai detto di me che debba esser creduto? Anche se non trovassi niente per dimostrare che dici il falso, basta che dimostri che sei bugiardo. Che cosa dici? Quale sei tu, tali sono anche gli altri. Infatti non senza ragione tali parole hai fatto risuonare a tutti; hai voluto che fosse numerosa la società dei bugiardi, in modo che tu non dovessi da solo arrossire della menzogna.

I Massimianisti.

19. Ma valga, dice, il giudizio dei nostri padri nei confronti di Ceciliano. Perché dovrebbe valere? Perché hanno giudicato come Vescovi. Ebbene, valga anche contro di te, dato che pure i Massimianisti hanno emesso il giudizio. Prima di tutto perché credo che voi sappiate che i vescovi consenzienti con Massimiano ed anche con il suo diacono, vennero a Cartagine, come si legge nella [carta] Trattatoria, che [i Massimianisti] allegarono agli Atti, allorché litigarono per la casa con il procuratore di quel [Crimiano] che passa sopra alle sottrazioni. Dunque, per prima cosa mandarono la Trattatoria riguardante lui, lamentandosi perché egli [Primiano] si rifiutava di presentarsi davanti a loro; soprattutto di questo si sono lamentati. Osserva in qual modo Dio ha loro reso ciò che avevano detto di Ceciliano. Parallelo straordinario: Dio ha voluto dopo tanti anni rigettare in faccia a loro quanto è accaduto, affinché non trovino assolutamente da nascondersi e dove fuggire. Hanno detto di aver dimenticato le cose accadute prima: Dio non lascia che essi dimentichino: volesse il cielo che ciò significasse la loro salvezza! Dio infatti ha compiuto tutto ciò nella sua misericordia, se essi considerano che cosa è accaduto. Ponetevi infatti dinanzi agli occhi, fratelli, l’unità che allora esisteva nel mondo, dalla quale costoro si separarono contro Ceciliano; abbiate presente ora anche la setta di Donato, dalla quale i Massimianisti si separarono contro Primiano. Ciò che allora i Donatisti fecero a Ceciliano, ora questi hanno fatto a Primiano. Per questo i Massimianisti si dicono più veraci dei Donatisti, perché hanno nuovamente imitato le gesta dei loro antenati. Infatti hanno sollevato Massimiano contro Primiano, come quelli levarono Maggiorino contro Ceciliano; e così questi si son lamentati di Primiano come quelli di Ceciliano. Infatti, se ben ricordate, quelli dissero che Ceciliano non voleva uscire per andare con loro, fermo com’era nella sua coscienza in quanto conosceva la loro fazione; così anche questi si lamentano perché Primiano non ha voluto andare da loro. Perché si concede a Primiano di aver conosciuto la fazione dei Massimianisti, e non si concede a Ceciliano di aver conosciuto la fazione dei Donatisti? Massimiano non era ancora stato ordinato quando si imputarono crimini a Primiano; vennero i vescovi e pretesero che si presentasse davanti a loro. Non c’è andato, come indica la loro Trattatoria inserita negli Atti. Non c’è andato: non lo disapprovo, anzi lo lodo. Se hai riconosciuto che si tratta di una fazione, non dovresti andartene dai faziosi, ma serbare la tua causa per un più giusto giudizio della tua parte. Poiché restava la maggior parte del partito di Donato, donde avrebbe potuto giustificarsi Primiano; per questo non volle presentarsi davanti a coloro che già cospiravano contro il partito. Hai visto come abbiamo lodato la tua decisione contro i Massimianisti; osserva ora le ragioni di Ceciliano. Non lo vuoi come fratello, giudicalo come un estraneo. Non ti sei voluto presentare, dicendo che cosa a te stesso? Questi [hai detto] cospirano in una fazione contro la mia salvezza, sono pieni di odio verso di me; se io mi consegnerò loro, metto a repentaglio la mia causa: non andrò dunque da loro e le mie ragioni saranno giudicate da uomini migliori e dotati di più seria autorità. Buona decisione. E che dici se anche questo ha detto Ceciliano? Anche se ti affaticherai per dimostrare che un’altra Lucilla ha corrotto costoro contro di te, forse non ci riuscirai; perché egli allora sapeva tutto quello che poi si sarebbe scoperto tiegli Atti. Ma tu hai visto non so che di segreto; ti si è dato a conoscere qualcosa di terribile. Concedo al tuo timore questa cautela; hai fatto bene a non andare da loro; altri erano infatti coloro che potevano giudicare di te. Volgi ora lo sguardo a Ceciliano: tu ti sei riservato la Numidia, egli il mondo intero. Ma se vuoi che valgano contro di lui le decisioni dei Donatisti di allora, valgano adesso contro di te i giudizi dei Massimianisti; dei vescovi condannarono quello, ed ora condannano te. Perché solo più tardi hai presentato la tua causa e hai vinto i Massimianisti, come Ceciliano in seguito introdusse la sua causa ed ebbe ragione dai Donatisti? Ciò che allora è accaduto, mi sembra ora ripetersi dinanzi agli occhi con uno stupefacente e chiarissimo esempio: le cose di cui i Massimianisti si lamentano nei confronti di Primiano, sono le stesse di cui tutti costoro si sono lamentati nei confronti di Ceciliano. È stupefacente, fratelli, e come ne sono scosso, così ne rendo grazie a Dio; perché davvero la misericordia di Dio ha offerto loro un esempio per illuminarli, se lo intendono. Finalmente, se vi fa un poco piacere, o fratelli, poiché anche questo Dio ha posto nelle nostre mani, ascoltate lo svolgimento del concilio dei Massimianisti. (E dopo avere spiegato, così ha letto gli atti del concilio dei Massimianisti (Epistula synodica Cabarsussensis concilii Maximianistarum a. 393)):

20. Ai santissimi fratelli e colleghi per tutta l’Africa. - (Interrompe la lettura per commentare): Tutta la loro unità è nell’Africa. Ma qui con essi c’è la Chiesa cattolica; mentre in altre parti del mondo, essi non esistono insieme con la Chiesa cattolica. (E dopo avere spiegato del pari ha letto le cose seguenti): Ai santissimi fratelli e colleghi per tutta l’Africa, cioè costituiti nella provincia Proconsolare, in Numidia, in Mauritania, in Bizacena e a Tripoli; ed anche ai presbiteri e ai diaconi, e a tutto il popolo militante con noi nella verità del Vangelo, Vittorino, Fortunato, Vittoriano, Miggino, Saturnino, Costanzo, Candorio, Innocenzo, Cresconio, Florenzio, Salvio, l’altro Salvio, Donato, Geminio, Pretestato. (Interrompe per dire): Questi è l’Assuritano che più tardi hanno accolto: ricevette più tardi colui che emise la sentenza contro di lui. (Dopo avere spiegato ha letto quanto segue): - Massimiano, Teodoro, Anastasio, Donaziano, Donato, l’altro Donato, Pomponio, Pancrazio, Gennaro, Secondino, Pascasio, Cresconio, Rogaziano, l’altro Massimiano, Benenato, Gaiano, Vittorino, Guntasio, Quintasio, Feliciano. (Interrompe per dire): Questi è quel Mustitano che ancora oggi vive: ma forse ce n’è un altro altrove. Poi i firmatari dicono anche i luoghi donde ciascuno proveniva. (E dopo avere spiegato ha proseguito): Salvio, Miggino, Proculo, Latino, e tutti gli altri che fummo nel concilio di Cabarsus, eterna salute nel Signore. Nessuno ignora, fratelli dilettissimi, riguardo ai sacerdoti di Dio che non per impulso della propria volontà, ma della divina legge, così essi pronunziano la sentenza contro i colpevoli, come annullano, secondo il diritto e la giustizia, quella inflitta agli innocenti. Non incomberebbe infatti un lieve pericolo, su chi avesse perdonato al colpevole, come su chi avesse tentato di uccidere l’innocente, soprattutto dato che sta scritto: Non ucciderai l’innocente e il giusto, e non purificherai il reo con la purificazione (Ex 23,7). Ammoniti dunque da questo editto della legge, era necessario che noi ascoltassimo la causa di Primiano, che il santo popolo della chiesa di Cartagine aveva scelto quale vescovo nell’ovile di Dio, dato che lo chiedevano le lettere degli Anziani di tale chiesa; e che discutessimo sulle sue tesi in modo che, chiarita ogni cosa, o lo assolvessimo come innocente, come era desiderabile, oppure dimostrassimo con sicurezza che con le sue colpe si era dannato, se era colpevole. Era infatti quanto mai augurabile per noi che il santo popolo della chiesa di Cartagine si felicitasse, onorato in un vescovo, che si comportasse come santo in ogni cosa e in nulla degno di rimprovero. Perché infatti così è necessario che sia il sacerdote del Signore, in modo che quanto il popolo non è in grado di ottenere da sé da Dio, meriti [il sacerdote] di ottenere in nome del popolo quanto ha chiesto, poiché sta scritto: Se il popolo avrà peccato, pregherà per lui il sacerdote; ma se avrà peccato il sacerdote, chi pregherà per lui? (1 Sam 1S 2,25) (Interrompe per commentare): Anche gli Apostoli scrissero ai fedeli affinché pregassero per loro, e gli Apostoli pregando dicevano: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6,12); anche l’apostolo Giovanni disse: Abbiamo presso il Padre quale avvocato Gesù Cristo il giusto, ed Egli stesso è propiziazione per i nostri peccati (1Jn 2,1 1Jn 2). Pertanto, quel che è stato scritto di quel sacerdote, il che questi non intendono, [sta scritto] per avvertire il popolo in profezia che deve riconoscere il sacerdote come colui per il quale nessuno può pregare. Ma chi è colui per il quale nessuno prega, se non colui che per tutti intercede (Cf. Rm 8,34)? Poiché dunque allora il sacerdozio era [quello] levitico, e il sacerdote entrava nel Santo e offriva i sacrifici per il popolo, c’era l’immagine, non la realtà del futuro sacerdote; allora infatti gli stessi sacerdoti eran peccatori come gli altri uomini; ebbene, volendo Dio con la profezia ammonire il popolo, che già doveva esser desiderato un sacerdote capace di intercedere per tutti, mentre per lui nessuno pregasse, designando appunto tale sacerdote, ammonì dicendo: Se il popolo avrà peccato, pregherà per lui il sacerdote; ma se avrà peccato il sacerdote, chi pregherà per lui? (1 Sam 1S 2,25) Pertanto, o popolo, scegli un tale sacerdote, per il quale non sei obbligato a pregare, ma della cui preghiera per te tu possa essere certo. Costui è il Signore nostro Gesù Cristo, unico Sacerdote, unico Mediatore tra Dio e gli uomini, l’Uomo Cristo Gesù (Cf. 1Tm 2,5). (E dopo avere spiegato ha letto le cose seguenti): - Orbene, gli scandali di Primiano, e la sua singolare malvagità, tanto ha provocato contro di lui il giudizio celeste, che è necessario eliminare radicalmente l’autore di tali delitti; il quale da poco ordinato, (Interrompendo spiega): si enumerano i suoi crimini. (Quindi prosegue la lettura): - spingendo i presbiteri del sopra citato popolo ad unirsi in una empia cospirazione, ha richiesto da costoro con diritto precario, la condanna di quattro diaconi, peraltro uomini egregi, e provati per singolari meriti, cioè Massimiano, Rogaziano, Donato e anche Salgamio. (E dopo aver letto, spiegando ha detto): Tra questi quattro c’era quell’autore dello scisma, che taglia una particella dalla parte, e non si addolora di esser stato staccato dall’unità. (E dopo avere spiegato, ha letto le cose seguenti): Affinché senza por tempo in mezzo essi promettessero di dargli il consenso. (E dopo aver letto, spiegando ha detto): Così egli ha agito con loro; essi non hanno voluto promettergli, ma hanno taciuto; ed egli non ha esitato a compiere da se stesso il delitto che aveva tramato. (E dopo avere spiegato, ha ripreso a leggere): - Stupefatti costoro per la sua perversa presunzione, avendo essi con il silenzio rifiutato la proposta, egli non esitò a compiere da solo il delitto, fino al punto che credette di poter emettere la sentenza contro il diacono Massimiano, uomo, come tutti sanno, innocente, e senza processo, senza accusatore, senza testimoni, mentre quegli era assente e giaceva a letto. (E dopo aver letto, spiegando ha detto): Guardate il delitto! (Di nuovo, dopo avere spiegato, ha ripreso a leggere): - Con non dissimile furore già precedentemente aveva condannato i chierici. Infatti, avendo ammesso alla santa comunione degli adulteri contro la legge e i decreti di tutti i sacerdoti, e mentre, opponendosi a lui la maggior parte del popolo, gli pervenivano lettere di nobilissimi Anziani [che chiedevano] correggesse da sé quanto aveva compiuto, posseduto dalla sua temerità, rifiutò di emendarsi. Spinti da tutto questo gli Anziani della sopraddetta chiesa mandarono lettere e ambasciatori a tutti i fedeli, con le quali non senza lagrime ci pregavano affinché sollecitamente noi venissimo da loro affinché, dopo un coscienzioso esame, esaminate le accuse, fosse purificata la reputazione della chiesa. Quando giungemmo colà ad istanza delle lettere di quanti abbiamo ricordato, costui, accalorato nella sua ben nota tesi, del tutto rifiutò la nostra venuta. - (Interrompendo ha commentato): Sapete che cosa gli imputavano: di aver contaminato la setta di Donato. Così diceva la loro norma: Quali saranno coloro con i quali c’è stata comunione, tali diventeranno tutti, e l’intera massa dei fedeli. Perciò, se costoro dicono il vero, già tutta contaminata è la setta di Donato. Escano dunque dalla Numidia, e dicano: Non ci riguarda se hai ammesso alla tua comunione non so quali impuri; può pregiudicarci stando tanto lontani? Se dunque voi che state in Numidia non volete che vi danneggi quanto accade a Cartagine, ciò che accade in Africa ha potuto forse nuocere al mondo intero? Sempre con ciò che impiegano per difendersi, accusano se stessi e scusano noi. (E dopo avere spiegato, ha letto le parole seguenti): - Del tutto rifiutò la nostra venuta. (E dopo aver letto ha aggiunto): È quanto essi hanno lamentato a proposito di Ceciliano. (E dopo avere spiegato, ha ripreso a leggere): - Colui che fino a questo punto, con animo ribelle, recalcitrava, rimase nel male, tanto che, alla testa di una folla di uomini perduti - (e dopo aver letto ha aggiunto): Ma già ora vanno oltre. Non dissero questo di Ceciliano; vedete che cosa dicono. (E dopo avere spiegato ha proseguito nella lettura): - e richiesto l’aiuto di ufficiali, assediarono le porte delle basiliche, - (e dopo aver letto ha aggiunto): affinché non entrassero i vescovi. (E riprendendo a leggere dopo avere spiegato): per impedire a noi la possibilità di entrare, e di celebrare le sacre funzioni. Se è permesso far questo al vescovo, se è permesso a dei cristiani consentirvi, se questo è attestato dal Vangelo, lo provi e lo giudichi chiunque sia amante o assertore della verità. Questo infatti ci ha inflitto un fratello un tempo nostro, cosa che mai avrebbe fatto un estraneo. - (E dopo aver letto ha detto): Che di più? Dicono molte cose e condannano l’uomo; ma leggiamo finalmente la stessa condanna. (Dopo avere commentato, ha ripreso a leggere): Abbiamo deciso tutti noi sacerdoti di Dio, alla presenza dello Spirito Santo, che questo stesso Primiano, prima di tutto perché ha sostituito altri vescovi viventi; perché ha mescolato impuri con la comunione dei santi; perché ha tentato di costringere i presbiteri a tramare una cospirazione; perché ha fatto gettare in una fogna il presbitero Fortunato mentre soccorreva gli ammalati con il battesimo; perché ha ripetutamente negato la comunione al presbitero Demetrio per costringere il figlio a rinunziare alla sua carica; perché lo stesso presbitero è stato rimproverato per aver dato asilo ai vescovi; perché il sopra citato Primiano ha mandato una folla per saccheggiare le case dei cristiani; perché i vescovi insieme con i chierici sono stati assediati e poi lapidati dai suoi seguaci; perché nella basilica sono stati percossi gli Anziani i quali non sopportavano che fossero ammessi alla comunione i Claudianisti; perché ha ritenuto meritevoli di condanna i chierici innocenti; perché ha rifiutato di presentarsi a noi per ascoltarci mentre ci ha chiuso le porte della basilica affinché non entrassimo, per mezzo della folla e degli ufficiali; perché ha usurpato molti luoghi, prima con la violenza, poi con l’autorità giudiziaria. - (E dopo aver letto ha detto): Questo è colui che passa sopra le cose sottratte, dato che l’apostolo Paolo dice: Chi di voi osa, avendo una causa contro un altro, farsi giudicare dagli ingiusti e non dai santi? (1Co 6,1) Vedete quale delitto gli rinfacciano, che non ha voluto cioè trattare dei luoghi con i vescovi ma con il giudice. (E dopo avere spiegato, ha ripreso a leggere): Omettendo tutti gli altri delitti da lui commessi, che passiamo sotto silenzio data l’onestà del nostro stile, [abbiamo deciso] che sia in perpetuo condannato dall’assemblea dei sacerdoti, affinché per il suo contatto la Chiesa di Dio non si macchi di contagio o di qualche altra colpa. Questo è quanto lo stesso apostolo Paolo esorta e ammonisce: Vi ordiniamo, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di allontanarvi da ogni fratello che disordinatamente cammina (2Th 3,6). E perciò, non dimentichi della purezza della Chiesa, abbiamo stimato utile di comunicare questa nostra Trattatoria a tutti i santi nostri colleghi nel sacerdozio, a tutti i chierici, a tutti i popoli che si ricordano di essere cristiani, affinché ognuno con diligente cura si guardi dalla comunione di lui, che è quella di un condannato. Colui che avrà tentato di violare questo nostro decreto, non tenendone conto, renderà conto della sua perdizione. A noi e allo Spirito Santo è piaciuto decidere che sia loro concesso un largo tempo per convertirsi: sì che tutti i sacerdoti e i chierici dimentichi della loro salvezza, dal giorno della condanna del sopra citato Primiano, cioè dall’ottavo giorno delle Calende di luglio, fino all’ottavo giorno delle Calende di gennaio, se ancora non si sono allontanati dalla comunione del condannato Primiano, siano obbligati a farlo da tale sentenza. Anche i laici, se dal sopra detto giorno della sua condanna fino al giorno della prossima Pasqua non si saranno separati dal consorzio con lui, si ricordino che non possono essere riammessi nella Chiesa, se non dopo aver fatto penitenza. Firmato: Vittoriano vescovo di Munazia. Fortunato di Dionisiana vescovo. Vittoriano di Carcabiano vescovo. Fiorenzo di Adrumeto vescovo. Miggino di Elefantaria vescovo. Innocenzo di Tebalte vescovo. Miggino per il mio collega Salvio di Membresse vescovo. Salvio di Ausafe vescovo. Donato di Sabrata. Gemellio di Tanabea vescovo. (E dopo aver letto, ha detto): Tra gli stessi condannatori hanno firmato anche Pretestato Assuritano e Feliciano Mustitano. (Dopo avere spiegato, ha ripreso a leggere): - Firmato: Pretestato Assuritano vescovo. Massimiano di Stabate vescovo. Daziano di Camicete vescovo. Donato di Fisciano vescovo. Teodoro di Usula vescovo. Vittoriano per ordine del collega Agnosio vescovo. Donato di Cebresuta vescovo. Natalico di Telense vescovo. Pomponio di Macriana vescovo. Pancrazio di Balia vescovo. Gennaro di Aquinia vescovo. Secondo di Giacondia vescovo. Pascasio di Vico di Augusto vescovo. Creso di Coniustia vescovo. Rogaziano vescovo. Massimiano di Erummia vescovo. Benenato di Tuguzia vescovo. Ritano vescovo. Gaiano di Tiguale vescovo. Vittorino di Leptis Magna vescovo. Guntasio di Benefe vescovo. Quintasio di Capsa vescovo. Feliciano Mustitano vescovo. Vittoriano della delegazione del vescovo Miggino. Miggio vescovo. Latino di Muggia vescovo. Proculo di Girbita vescovo. Donato di Sabrata vescovo per il fratello e collega mio Marrazio. Proculo di Girbita per il mio collega Gallione. Secondiano di Prisia vescovo. Elpidio di Tusdra vescovo. Donato di Samurda vescovo. Getulico Vittoriano vescovo. Annibonio di Robaute vescovo. Del pari ho firmato Annibonio richiesto dal mio collega Augendo Arense vescovo. Tertullìo di Abite vescovo. Primuliano vescovo. Secondino di Arusia vescovo. Massimo di Pitta vescovo. Crescenziano di Murra vescovo. Donato di Belmea vescovo. Perseveranzio Tebertino vescovo. Faustino di Bina vescovo. Vittorio Altiburitano vescovo [Tutti insieme son cinquantatre]. (E dopo aver letto, spiegando ha detto:)

21. Degnatevi di fare un po’ attenzione. Questa è la tua condanna. Gli diciamo: Che cosa vuoi? che abbia o che non abbia valore? Io ti aiuto; anzi dico che tutti questi hanno detto il falso contro di te. E ascolta perché così credo: Presso altri giudici hai ottenuto ragione, e questi sono stati condannati. Se dunque per questo ti credo innocente, perché non andando dai settari altrove hai dimostrato la tua innocenza, tanto che quelli che ti avevano condannato meritarono a loro volta la condanna, dégnati di accettare l’innocenza di Ceciliano, che non volle presentarsi ai tuoi predecessori, e così serbò le sue ragioni in tutto il mondo, come tu le hai serbate al concilio dei Numidi. Se ti ha proclamato innocente la sede Bagaitana, quanto più ha proclamato innocente lui la Sede Apostolica? Oppure vuoi che prevalgano coloro che per primi condannarono? Se il loro giudizio vale, vale contro di te. Infatti il loro giudizio contro Ceciliano non valse allora né potrà valere; osserva pertanto quel che contro dì te dicono i giudici.

Condanna dei Donatisti.

22. Ancora osano dire: Ma noi che abbiamo più tardi condannato i Massimianisti, eravamo di più. Valga dunque la vostra sentenza contro Feliciano, e varrà quella di costoro contro Ceciliano. Quando fecero il concilio a Bagai, condannarono anche Feliciano; ora Feliciano fa parte di voi: o è stato ricevuto essendo colpevole, oppure è stato condannato innocente. Se dunque lo ricevi colpevole per la pace di Donato, cedi al giudizio di tutte le genti per la pace di Cristo; se invece per vostro errore è stato condannato innocente, hanno potuto sbagliare i trecentodieci che hanno condannato Feliciano, e non hanno potuto sbagliare i settanta che hanno condannato Ceciliano? Che dite dunque? Quando vi sentirete dire: Per primi vi hanno condannato i Massimianisti, ricorrerete, e direte: Ma noi che abbiamo condannato i Massimianisti eravamo più numerosi. Ad entrambe le cose rapidamente si può rispondere che anche i vostri predecessori hanno condannato Ceciliano. Se vale il giudizio dei primi, cedano i Primianisti al concilio dei Massimianisti; se vale il giudizio dei più numerosi, cedano i Donatisti al mondo intero: nessun giudizio, io credo, può essere più giusto. I Massimianisti sono pochi; ma sono i primi. Un reo non può citare in giudizio un reo. Se credi questo, in qual modo, condannato, hai potuto condannare? perché tra i condannatori anch’egli è stato inserito, senza che gli sia stato richiesto di esporre le sue ragioni. Ma altrimenti si è fatto con Ceciliano: a lui è stato dato luogo di esporre le sue ragioni, come reca la sentenza stessa; perché non è stato accettato nella comunione, se non discolpato. Questo invece appare qui condannato dai giudici, e là che condanna tra i giudici. Ma concediamo che al concilio Bagaitano abbia regnato la giustizia. Male ti hanno condannato ì Massimianisti: male hanno condannato anche i vostri predecessori Ceciliano. Tu hai giustificato te stesso a Bagai; egli ha giustificato se stesso nel giudizio che va oltre i mari. A questo giudizio ha preso parte il mondo intero. Che dirai ora? Noi siamo più numerosi dei Massimianisti. Siatelo pure! trattiamo del numero; vedi quanta differenza c’è. I Massimianisti ti hanno condannato mentre eri assente, quando ti sei rifiutato di andare da loro. In questo modo essi hanno condannato Ceciliano assente, allorché egli evitò di presentarsi alla loro fazione; ma tu, di nuovo contro di loro assenti facesti pronunziare le sentenze al concilio Bagaitano; Ceciliano invece è stato discolpato mentre era presente, dall’avversario anch’esso presente. Inoltre c’è un’altra grande differenza: tu stesso hai convocato i giudici numidi presso i quali giustificarti, tu li hai costituiti, non li hanno richiesti i Massimianisti; invece Donato è stato sconfitto da Ceciliano dinanzi ai giudici che la fazione di Donato aveva richiesto. A te rispondono ora i Massiamanisti, e giustamente dicono: Noi vescovi dapprima venimmo a te [Primiano] dalla tua provincia, dalla diocesi che ti spetta, e volevamo ascoltare le tue ragioni, e tu ci disprezzasti e non venisti da noi. Se tu avevi timore del nostro giudizio, avremmo almeno potuto scegliere insieme i giudici, e non già recarti tu da giudici scelti a tuo arbitrio. Vedete dunque quanta differenza c’è. Poiché allora gli stessi Donatisti chiesero con le loro lettere all’imperatore affinché scegliesse i giudici, non riconobbero coloro presso i quali furono sconfitti, e che pure, prima di essere vinti, avevano richiesto; a loro richiesta ne furono scelti altri ed anche presso di loro furono vinti; si appellarono all’imperatore e di nuovo furono sconfitti. Una sola volta vinto, mentre era assente, il Massimianista tace; e sconfitto tre volte, mentre era presente, non tace il Donatista?

23. Ma tu discuti con i Massimianisti a proposito del numero. Come ti ho detto, ti sono favorevole. Trecentodieci sono più di cento, o quanti furono quelli della parte di Massimiano che condannarono Primiano; i mille vescovi di tutta la terra che, stando dalla parte di Ceciliano, condannarono Donato, credi che non abbiano alcun peso davanti a te? Ma tu mi dirai: Forse che mille vescovi di ogni parte del mondo hanno condannato i Donatisti? D’accordo, non li hanno condannati. Perché non li hanno condannati? Perché non sono intervenuti nel giudizio. Se non sono intervenuti nel giudizio, e perciò non li hanno condannati, è perché ignorarono del tutto tale questione. Perché ti sei separato dagli innocenti? È venuto qui da te da qualche parte del mondo un battezzato che tu vuoi ribattezzare; e a te che già eserciti il peccaminoso ministero e vuoi ripetere ciò che si dà una sola volta e non si perde, si avvicina con grida e gemiti, e ti dice: Che cos’è ciò che vuoi fare? vuoi ribattezzarmi? Così dice non so quale cristiano della Mesopotamia, della Siria, del Ponto, o che magari viene da più lontano. Tu rispondi: È perché tu non hai il battesimo. Perché? Leggi le epistole dell’Apostolo scritte per me. Viene non so chi dalla Galazia, dal Ponto, viene non so chi da Filadelfia, dalle chiese alle quali scrisse Giovanni (Ap 1,4); viene da Colossi, viene da Filippi, viene da Tessalonica: Come non ho il battesimo io, cui ha scritto quell’Apostolo per il quale tu l’hai ricevuto? E osi leggere l’Epistola a me diretta, tu che hai in odio la mia pace?


Agostino Salmi 36