Agostino Salmi 363

SUL SALMO 36

363 Ps 36

ESPOSIZIONE

Discorso 3

1. [v 25.] L’ultima parte di questo salmo non è stata discussa con voi ed è rimasta senza commento. Per questo, come vedo, il Signore ci ha richiamato ai pagamento del nostro debito, non certo secondo la nostra disposizione, ma piuttosto secondo la sua. State dunque attenti, fratelli, per vedere se possiamo, con l’aiuto di Dio, pagare adesso quel che abbiamo riconosciuto di dovere. Chi è che dice ciò che testè abbiamo cantato? Fui giovane ed ecco sono invecchiato, e non ho visto il giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane. Se è un uomo che parla, quanto è lunga l’età di un solo uomo! e che cosa ci sarebbe di straordinario se un uomo collocato in qualche parte della terra per la durata di una vita tanto breve quanto lo è la vita umana, anche se dalla giovinezza è giunto alla vecchiaia, non avesse visto il giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane? La cosa non è affatto stupefacente. Può infatti darsi che vi sia stato prima della sua nascita un giusto che mendicava il pane, può darsi anche che ciò sia accaduto in qualche parte del mondo ove costui non è stato. Ascoltate poi un’altra cosa che dà da pensare. Ecco, uno qualsiasi di voi, magari già invecchiato, guardando il corso dei suoi anni già trascorsi, ripensando a coloro che ha conosciuto, può darsi che non gli venga in mente alcun giusto, oppure figlio di giusto che mendicava il pane; ma tuttavia volge lo sguardo alle Scritture divine e trova il giusto Abramo in strettezze, e che, patendo la fame nella sua patria, dovette emigrare (Cf. Gn 12,10); trova anche il suo figlio Isacco che si diresse in cerca di pane in altri paesi sempre a causa della fame (Cf. Gn 26,1). E come possono esser vere le parole: Non ho mai visto il giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane? E se invece trova ciò lungo il corso della sua vita, trova tuttavia qualcosa di diverso nella Scrittura divina, che è più degna di fede della vita degli uomini.

2. Che faremo dunque? Ci aiuti il vostro pio zelo, per scorgere in questi versetti del salmo la volontà di Dio, quel che vuole che noi comprendiamo. C’è da temere infatti che qualche uomo debole, incapace di intendere spiritualmente le Scritture, si attenga agli esempi umani, e veda che talvolta i buoni servi di Dio si trovano in qualche necessità e bisogno di mendicare il pane; soprattutto se pensa all’apostolo Paolo, il quale dice: Nella fame, nella sete, nel freddo e nella nudità (2Co 11,27), e di conseguenza tra sé si scandalizzi e dica: È sicuro e vero ciò che ho cantato? è davvero certo ciò che stando nella chiesa ho cantato con tanta devota voce: Non ho mai visto il giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane? Può essere che dica, tra sé: le Scritture ci ingannano; e tutte le sue membra desistano dall’operare il bene; e che, rilasciando nell’intimo anche le membra dell’uomo interiore - il che è cosa molto grave - cessi ormai di compiere opere buone e dica a se stesso: A che compiere il bene? Perché spezzo il pane con chi ha fame, vesto chi è nudo, ospito nella mia casa chi è senza tetto, ponendo mente alle parole: Non ho mai visto un giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane, mentre vedo invece tanti che vivono bene soffrire il più delle volte la fame? Ma, se per caso mi sbaglio, nel senso che io credo che viva bene tanto chi opera il bene come chi opera il male, mentre diverso è il giudizio di Dio, che vede essere malvagio anche colui che io stimo giusto, ebbene, che penserò di Abramo, che la Scrittura stessa loda come un giusto? Che dirò dello stesso apostolo Paolo, che dice: Siate miei imitatori, come anch’io di Cristo (1Co 4,16)? Forse lo ha detto perché anch’io subisca le sofferenze che egli ha sofferto, nella fame e nella sete, nel freddo e nella nudità?

3. Possiamo, fratelli, sollevare costui che così pensa e che, come ho detto, ha perduto in tutte le sue membra interiori la facoltà di compiere opere buone, quasi fosse un paralitico, e aprire il tetto di questa Scrittura, e presentarlo al Signore? Vedete infatti che queste parole sono oscure. Senza dubbio, poiché sono oscure, sono coperte; ed io intravvedo un certo paralitico nell’anima. E vedo questo tetto, e sotto il tetto riconosco Cristo nascosto. Farò, per quanto posso, ciò che si loda in coloro che, aperto il tetto, presentarono a Cristo il paralitico, affinché Egli gli dicesse: Confida, figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati. Perché così salvò l’uomo interiore dalla paralisi, rimettendo i peccati, e rinsaldando la fede. Ma vi erano là uomini che non avevano occhi capaci di vedere che il paralitico interiore era già guarito, e credettero che il Medico che lo curava bestemmiasse. Chi è questi - dicono - che rimette i peccati? Costui bestemmia. Chi può rimettere i peccati, se non il solo Dio? E poiché egli era Dio, intendeva ciò che essi pensavano (Lc 5,18-22). Pensavano queste cose di Dio, ma non vedevano il Dio presente. Compì allora quel medico qualcosa anche nel corpo del paralitico, in modo da risanare l’interiore paralisi di coloro che tali cose avevano detto. Compì cose che essi potessero vedere, e dette loro modo di credere. Orsù, chiunque tu sia, tanto infermo e debole di cuore da attenerti agli esempi umani e voler perciò rinunziare alle opere buone, ed essere come colpito da una interiore paralisi, fatti forza per vedere se possiamo, aperto questo tetto, presentarti al Signore.

Cristo capo del Corpo Mistico.

4. Il Signore stesso nel suo Corpo, cioè nella Chiesa, fu nei primi tempi giovane, ed ormai si è fatto vecchio. Sapete, conoscete e comprendete che siete collocati in questo Corpo e tale è la vostra fede, che Cristo è il nostro Capo; noi siamo il Corpo di quel Capo! (Cf. 1Co 12,27 Ep 4,15) Forse lo siamo solo noi e non lo furono anche quelli che vissero prima di noi? Tutti coloro che dall’inizio dei secoli furono giusti, hanno Cristo come Capo. Credettero infatti che sarebbe venuto Colui che noi crediamo essere già venuto; e nella fede di Lui sia loro che noi siamo stati salvati, in modo che Egli stesso sia il Capo di tutta la Città di Gerusalemme, ossia di tutti i fedeli esistiti dall’inizio fino alla fine, aggiungendo anche le legioni e gli eserciti degli angeli, al fine di costituire un’unica Città sotto un unico Re, e un’unica Provincia sotto un unico Imperatore, che sia felice in perpetua pace e salute, eternamente nella lode di Dio, e senza fine beata. Orbene il Corpo di Cristo, che è la Chiesa (Cf. Col 1,18 Col 24), come un sol uomo, fu all’inizio giovane, ed ecco che ormai alla fine del secolo è nella fruttuosa vecchiaia, dato che di essa è detto: Ancora si moltiplicherà nella fruttuasa vecchiaia (Ps 91,15). Si è moltiplicata tra tutte le genti, e la sua voce è come la voce dell’uomo che riflette sulla sua prima età ed esamina quest’ultima attraverso tutte le altre, perché grazie alle Scritture conosce tutte le sue età; e dice, in tono esultante ed ammonitore: Fui giovane - nei primi tempi del secolo - ed ecco sono invecchiato - sono negli ultimi tempi del secolo; e mai ho visto il giusto abbandonato e la sua prole mendicare il pane.

Il pane della divina Parola.

5. Abbiamo riconosciuto l’uomo giovane e vecchio, e, come se avessimo aperto il tetto, siamo arrivati a Cristo. Ma chi è il giusto che non è stato visto abbandonato, né la sua prole è stata vista chiedere pane? Se capisci che cosa è il pane, capisci anche chi è il giusto. Il pane è infatti la parola di Dio, che mai si allontana dalla bocca del giusto. Questo giusto, infatti, tentato anche nel suo Capo, così ha risposto: quando il diavolo ha detto al Signore stesso assetato e affamato: Di’ a queste pietre che diventino pani, egli ha ribattuto: Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola di Dio (Mt 4,3 Mt 4). Ditemi un po’, fratelli miei, quand’è che il giusto non fa la volontà di Dio. Sempre la fa, e secondo la sua volontà vive. La volontà di Dio non si separa dal suo cuore: perché la volontà di Dio è la legge stessa di Dio. E che è detto di tale giusto? E nella sua legge mediterà giorno e notte (Ps 1,2). Questo pane corporale lo mangi per un momento e lo lasci; ma quel pane che è la parola lo mangi giorno e notte. Infatti quando ascolti o leggi, mangi; quando poi rifletti rumini, essendo così un animale puro; non immondo (Cf. Lv 11,3). Questo mostra anche la Sapienza che per bocca di Salomone dice: Un desiderabile tesoro riposa nella bocca del saggio; l’uomo stolto invece lo ingoia (Pr 21,20). Colui che ingoia, in modo cioè che non sia manifesto in lui ciò che ha mangiato, si dimentica di ciò che ha udito. Chi invece non se ne dimentica, riflette, e riflettendo, rumina, e ruminando si allieta. Perciò è detto: Il santo pensiero ti custodirà (Pr 2,11). Ed ecco, se la santa meditazione ti custodisce nel ruminare questo pane: mai hai visto il giusto abbandonato né la sua prole mendicare il pane.

Ricevere il centuplo.

6. [v 26.] Tutto il giorno ha compassione ed impresta. La parola latina feneratur indica chi dà in prestito e chi riceve; più chiaramente ci esprimeremo se diremo fenerat [dà in prestito]. Che ci importa di ciò che esigono i grammatici? È meglio che voi comprendiate con il nostro barbarismo, piuttosto che con la nostra eloquenza voi restiate abbandonati. Dunque questo giusto tutto il giorno ha compassione e dà in prestito. Ma non si rallegrino gli usurai. Abbiamo trovato infatti un certo usuraio, come abbiamo trovato un certo pane, onde pervenire, aperto il tetto, a Cristo. Non voglio che siate usurai, e non lo voglio perché Dio non lo vuole. Infatti, se io non lo voglio e Dio lo vuole, siatelo; ma se Dio non vuole, anche se io volessi, agirebbe a suo danno chi agisse in tal modo. Donde appare che Dio non lo vuole? È detto altrove: Colui che non ha dato il suo denaro a usura (Ps 14,5). Quanto detestabile sia far ciò, quanto odioso, quanto degno di esecrazione, credo lo sappiano gli usurai stessi. Ma per contro io stesso, o meglio il nostro Dio che ti vieta di essere usuraio, ti ordina di esserlo; e ti dice: Da’ in prestito a Dio. Se dài in prestito all’uomo nutri speranza, se dài in prestito a Dio non nutrirai speranza? Se avrai prestato all’uomo, cioè avrai dato in prestito ad interesse il tuo denaro ad un uomo dal quale ti aspetti di ricevere più di quanto hai dato, cioè non soltanto il tuo denaro ma qualcosa in più di quanto hai prestato, sia che questo consista in grano, o vino, o olio o qualsiasi altra cosa; ebbene se aspetti di ricevere più di quanto hai dato, sei un usuraio, e sei perciò degno di rimprovero, non di lode. Che debbo fare allora - tu dici - per essere vantaggiosamente un usuraio? Osserva che cosa fa l’usuraio. Sicuramente vuol dare meno e ricevere di più; fa’ questo, anche tu; da’ poco e ricevi molto. Guarda quanto ampiamente cresce il tuo prestito. Da’ cose temporali, e ricevi quelle eterne; da’ la terra e ricevi il cielo. Forse dirai: Ma a chi darò? Il Signore stesso, che ti vietava di dare ad usura, ti insegna a chi devi prestare. Ascolta la Scrittura, in qual modo puoi prestare ad usura al Signore: Presta ad usura al Signore - dice - chi ha compassione del povero (Pr 19,17). Infatti il Signore non ha bisogno di te, ma tuttavia tu hai un altro che ha bisogno di te; dona a lui, e il Signore riceverà. Perché il povero non ha di che restituirti quanto gli dài; e tuttavia vorrebbe restituire, ma non trova con che farlo; sola gli resta la buona volontà di pregare per te. Ma quando il povero prega per te, è come se dicesse a Dio: Signore, ho avuto un prestito, fa’ tu fede per me. Ne consegue che, anche se il tuo povero non ti può restituire, hai però un capace garante. Ecco che Dio nella sua Scrittura dice: Da’ sicuro, io restituisco. Che cosa sono soliti dire i garanti? che cosa dicono? Io restituisco, io ricevo, tu dài a me. Pensiamo forse che Dio dica questo: lo ricevo, è a me che tu dài? Certamente, se Dio è Cristo, del che non si può dubitare, Egli stesso ha detto: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. E quando essi gli dicono: Quando ti abbiamo visto affamato, per mostrare di essere il garante dei poveri, il garante di tutte le sue membra, poiché egli è il Capo ed esse le membra, e quando ricevono le membra, è il Capo a ricevere, dice: Quando lo avete fatto ad uno solo di questi miei piccoli, lo avete fatto a me. Orsù, avaro usuraio, guarda che cosa hai dato, e guarda che cosa riceverai! Se tu avessi dato poco denaro, e colui al quale hai fatto il prestito, in cambio del tuo poco denaro ti desse una grande villa che vale incomparabilmente di più del denaro che gli hai dato, ebbene quanto lo ringrazieresti, con quanta gioia ti esalteresti! Ascolta quale possesso ti dà Colui al quale hai prestato ad usura: Venite benedetti del Padre mio, ricevete. Che cosa? ciò che tu hai dato? Niente affatto. Hai dato cose terrene, che imputridirebbero in terra, se tu non le avessi date. Che cosa infatti avresti fatto di esse, se tu non le avessi date? Ciò che doveva perire in terra, è stato conservato in cielo. È dunque ciò che è stato conservato che noi riceveremo. È stato conservato il merito; ed il tuo merito è divenuto un tesoro. Guarda infatti che cosa riceverai: Ricevete il Regno che è stato preparato per voi sin dall’inizio del mondo. Per contro, coloro che non hanno voluto dare in prestito, che cosa si sentono dire? Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi. E come è chiamato il Regno che riceveremo? State attenti alle parole che seguono: Questi andranno nel fuoco eterno, i giusti invece alla vita eterna (Mt 25,34-36). Questo desiderate, questo procuratevi, per questo scopo date in prestito. Voi avete Cristo che in cielo siede in trono, ed in terra chiede. Abbiamo dunque trovato in qual modo il giusto dà in prestito. Tutto il giorno ha compassione e dà in prestito.

7. E la sua discendenza sarà in benedizione. Stiamo attenti anche qui a non interpretare in maniera carnale. Abbiamo visto molti figli di giusti morenti di fame; in qual modo dunque la sua discendenza sarà in benedizione? La sua discendenza è ciò che rimane di lui; per cui qui semina e poi mieterà. Dice infatti l’Apostolo: E non stanchiamoci nel fare il bene; se siamo infaticabili, a suo tempo mieteremo. Perciò, finché abbiamo tempo, facciamo del bene a tutti (Ga 6,9). Questo è il tuo seme, che sarà in benedizione. Lo affidi alla terra, e tanto di più raccogli; lo affidi a Cristo e lo perdi? Guarda il seme stesso espressamente nominato dall’Apostolo, allorché parla delle elemosine. Dice infatti: Chi semina poco, poco anche mieterà; e chi semina nelle benedizioni, nelle benedizioni anche mieterà (2Co 9,6). Ma forse ti affatichi mentre semini, e ti addolori nell’aver compassione, perché vedi i miseri. Meglio infatti sarà quando non ci sarà nessuno cui dare le elemosine che ora diamo. Quando tutti saranno trasformati nell’incorruttibilità, non ci sarà nessun affamato cui tu possa dare del pane, nessun assetato cui tu possa dare da bere, nessun ignudo da vestire, nessun esule da ospitare; ma qui, tra le sofferenze, le tentazioni, i dolori, i gemiti, seminiamo il seme. Ricordati dell’altro salmo: Nell’andare camminavano e piangevano, seminando i loro semi. Osserva però che il suo seme sarà in benedizione: Ma, tornando, verranno nell’esultanza, portando i propri covoni (Ps 125,6).

L'occhio di Dio sulle nostre opere di carità.

8. [v 27.] Guarda dunque che cosa segue, e non essere pigro: Rifuggi dal male e fa’ il bene. Non credere che ti basti non spogliare chi è vestito. Perché non spogliando chi è vestito, eviti il male: ma sta’ attento a non inaridire e a non diventare sterile! Non solo non devi spogliare chi è vestito, ma vestire chi è ignudo; questo è rifuggire dal male e fare il bene. E che cosa ne avrò, tu stai per dire? Già ti ha detto che cosa ti darà Colui cui tu dài in prestito: ti darà la vita eterna; presta a Lui con sicurezza. Ascolta quanto segue: Rifuggi dal male e fa’ il bene e dimora nei secoli dei secoli. E non credere, allorché dài, che nessuno ti veda; oppure che Dio ti abbia abbandonato quando magari hai donato ai poveri e ne è seguito un qualche danno, o un qualche dispiacere per la perdita di tale bene, tanto che dici a te stesso: Che mi ha giovato compiere opere buone? Credo che Dio non ami gli uomini che fanno il bene. Donde deriva questa vostra mormorazione, donde questa recriminazione, se non dal fatto che son frequenti tali voci? Ognuno ora conosce queste voci, o nella sua bocca, o in quella del suo vicino, o in quella del suo amico. Le stermini Dio, estirpi le spine dal suo campo; e pianti la buona messe e l’albero che dà frutti. Perché ti rattristi o uomo, per il fatto che hai donato al povero e hai perduto qualcosa? Non vedi dunque che hai perduto ciò che non hai donato? Perché non volgi lo sguardo al tuo Dio? Dov’è la tua fede? perché dorme in questo modo? Svegliala nel tuo cuore. Stai attento a che cosa ti ha detto il Signore stesso, quando ti esortava a compiere opere buone come queste: Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro che non viene meno nel cielo, ed al quale il ladro non si avvicina (Lc 12,33). Ricordati di questo, quando piangi il danno subìto. Perché piangi, o stolto dal cuore meschino, o dal cuore malato? Per quale ragione hai perduto, se non perché non hai regalato a me? E perché hai perduto? Chi ti ha derubato? Risponderai: Un ladro. Non ti avevo forse ammonito a non mettere i tuoi beni laddove il ladro poteva avvicinarsi? Se dunque si addolora colui che ha perduto, si dolga di questo, di non avere cioè riposto i suoi beni dove non avrebbero potuto andar perduti.

Dio assiste chi è sofferente.

9. [v 28.] Perché il Signore ama il giudizio e non abbandonerà i suoi santi. Quando i santi sopportano travagli, non crediate sia perché Dio non giudica, oppure giudica in modo perverso. Colui che ti esorta a giudicare secondo giustizia, giudicherà a sua volta ingiustamente? Ama Egli il giudizio e non abbandonerà i suoi santi. Ma a quel modo che è nascosta in Lui la vita dei santi, per cui coloro che ora son travagliati in terra appaion simili ad alberi che nella stagione invernale non hanno né frutti né foglie, al suo manifestarsi, come al sorgere del nuovo Sole, ciò che viveva nella radice, verrà alla luce nei frutti. Ama dunque Egli il giudizio e non abbandonerà i suoi santi. Ma il santo soffre la fame? Dio non lo abbandonerà: Egli castiga ogni figlio che accoglie (Cf. He 12,6). Tu lo disprezzi quando è flagellato, ma indietreggi spaventato quando è nell’abbondanza. Da che cosa infatti è fiagellato? Dalle angustie temporali. E quando sarà nell’abbondanza? Quando sentirà dire: Venite benedetti del Padre mio, ricevete il Regno che per voi è stato preparato dall’inizio del mondo (Mt 25,34). Non esser dunque restio a esser flagellato, se vuoi essere tra coloro che meritano di essere accolti [nel Regno]. Egli ama dunque il giudizio sino al punto da non abbandonare i santi, che pure per breve tempo flagella. E poiché flagella ogni figlio che accoglie, non ha risparmiato neppure il Figlio unico, in cui non trovò alcun peccato. Perché il Signore ama il giudizio e non abbandonerà i suoi santi. Poiché non li abbandonerà, darà forse loro ciò che tu ami in terra, cioè vivere molti anni e invecchiare? Non ti rendi conto che, se desideri che venga la vecchiaia, desideri ciò di cui ti lamenterai quando sarà giunta. Non ti dica dunque la tua anima malvagia o debole o ancora ignorante: Come può essere vero che il Signore ama il giudizio, e non abbandonerà i suoi santi? Certamente non ha abbandonato i tre giovinetti che nella fornace Lo lodavano, tanto che il fuoco non li toccò (Cf. Da 3,50); ma non erano forse suoi santi anche i Maccabei, che nel fuoco vennero meno nella carne, ma non nella fede (Cf. Mac 2M 7,7)? Ma questo, tu dici, pone una questione più grossa, in quanto costoro non sdn venuti meno nella fede, ma tuttavia Egli li ha abbandonati. Ascolta quanto segue: In eterno saranno conservati. Tu desideravi per loro pochi anni e, se il Signore li avesse loro concessi, [avresti detto] che Egli non abbandona i suoi santi. Ebbene, visibilmente non ha abbandonato i tre giovinetti, mentre in segreto non ha abbandonato i Maccabei: a quelli ha concesso la vita terrena per confondere gli infedeli; questi occultamente ha coronato per giudicare l’empietà dei persecutori; né quelli né questi dunque ha abbandonato Colui che non abbandonerà i suoi santi. E niente di grande avrebbero ricevuto i tre giovinetti, se non fossero stati conservati in eterno. In eterno saranno conservati.

10. Ma gli ingiusti saranno puniti, ed il seme degli empi perirà. Allo stesso modo che il seme del giusto sarà in benedizione, quello degli empi perirà. Perché il seme degli empi sono le opere degli empi. Ma nuovamente vediamo che il figlio dell’empio prospera nel secolo e, qualche volta, che diventa giusto e prospera in Cristo. Osserva dunque in qual modo devi intendere, per aprire il tetto e pervenire a Cristo: non intendere questo carnalmente, perché cadresti in errore. Ma il seme degli empi, tutte le opere degli empi periranno, non avranno frutto; nel momento infatti avranno un qualche valore; ma poi cercheranno e non troveranno ciò che hanno fatto. Questa sarà la voce di coloro che perderanno quanto hanno fatto: Che ci ha giovato la superbia, o che cosa ci ha portato il vantarci delle ricchezze? Tutte queste cose sono passate come ombra (Sg 5,8). Dunque il seme degli empi perirà.

11. [v 29.] I giusti in eredità possederanno la terra. Ancora una volta non ti vinca l’avarizia, non ti prometta qualche grande villa, per non sperare colà quello che qui ti è ordinato di disprezzare. Poiché quella è la terra dei viventi, il Regno dei santi. Per questo è detto: Tu sei la mia speranza, la mia parte nella terra dei viventi (Ps 141,6). Perché, se quella è la tua vita, comprendi quale terra riceverai. Quella è la terra dei viventi; questa invece è la terra di coloro che muoiono e che riceverà morti coloro che ha nutrito da vivi. Quale è quella terra, tale è la vita stessa; se la vita è eterna, eterna è la terra. E come può essere eterna la terra? E abiteranno in essa nel secolo dei secoli. Sarà dunque un’altra terra quella in cui abiteremo nel secolo dei secoli. Di questa terra infatti è detto: Il cielo e la terra passeranno (Mt 24,35).

Dio custode dei giusti.

12. [vv 30-32.] La bocca del giusto medita sapienza. Ecco qual è il pane; vedete quanto volentieri mangia questo giusto, e come rumini nella sua bocca la sapienza. E la sua lingua parla giustizia. La legge di Dio è nel suo cuore. Non credere per caso che egli abbia sulle labbra ciò che non ha nel cuore, e non annoverarlo neppure tra coloro dei quali. è detto: Questo popolo con le labbra mi onora, ma il loro cuore è lontano da me (Is 29,13). E la sua lingua parla giustizia. La legge di Dio è nel suo cuore. A che gli giova tutto questo? E non incespicano i suoi passi. La parola di Dio nel cuore libera dal laccio, la parola di Dio nel cuore libera dalla via perversa, la parola di Dio nel cuore libera dalla rovina. È con te Colui la cui parola non si allontana da te. Che male può soffrire colui che Dio custodisce? Tu poni nella vigna il custode, e stai sicuro contro i ladri; eppure quel custode può addormentarsi, può egli stesso essere infedele e fare entrare il ladro; ma non dorme, e non si assopirà Colui che custodisce Israele (Ps 120,4). La legge di Dio è nel suo cuore; e non incespicano i suoi passi. Viva dunque sicuro, anche tra i malvagi viva sicuro, anche tra gli empi viva sicuro. Che male possono fare, al giusto, l’empio e l’ingiusto? Ecco, vedi ciò che segue: Il peccatore spia il giusto e cerca di farlo morire. Dice infatti ciò che è predetto nel libro della Sapienza: È pesante per noi anche vederlo, perché diversa dalle altre è la sua vita (Sg 2,15). Cerca dunque di dargli la morte. E che? Il Signore che lo custodisce, che con lui abita, che non si allontana dalla sua bocca, dal suo cuore, lo abbandona? Come si adempirà quanto è detto prima: E non abbandonerà i suoi santi?

Dio non abbandona il giusto.

13. [v 33.] Dunque il peccatore spia il giusto e cerca di farlo morire; ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani. Perché allora ha abbandonato i Martiri nelle mani degli empi? Perché hanno fatto loro quel che hanno voluto? Hanno ferito alcuni con la spada, altri hanno crocifisso, altri hanno gettato alle fiere, altri hanno arso col fuoco, altri ancora, trascinandoli in catene, hanno ucciso dopo lunga consunzione. Ma sicuramente non abbandonerà il Signore i suoi santi: Ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani. Ma infine, perché ha lasciato cadere lo stesso Figlio suo nelle mani dei Giudei? Anche qui scoperchia il tetto (Cf. Lc 5,19), se vuoi che sia tenuto a freno ogni tuo membro interiore; giungi al Signore; ascolta che cosa dice altrove la Scrittura, nel prevedere che il Signore patirà per mano degli empi. Che cosa dice? La terra è abbandonata nella mano dell’empio (Jb 9,24). Che significa la terra è abbandonata nella mano dell’empio? Significa che la carne è abbandonata in mano ai persecutori. Ma non per questo Dio ha abbandonato il suo giusto: dalla carne fatta prigioniera trae fuori l’anima invitta. Dio avrebbe abbandonato il suo giusto nelle mani dell’empio, se lo avesse fatto consentire all’empio; appunto contro questo male prega in un altro salmo e dice: Non consegnarmi, o Signore, per il mio desiderio, al peccatore (Ps 139,9). È necessario dunque che tu non sia consegnato dal tuo desiderio al peccatore, affinché, desiderando la vita presente, tu non cada in mano del peccatore, e perda così la vita eterna. Da quale desiderio non dev’essere consegnato al peccatore? Da quello del quale sta scritto: E non ho desiderato il giorno dell’uomo, tu lo sai (Jr 17,16). Colui che desidera e brama il giorno umano, quando l’avversario lo minaccia di toglierglielo con l’ucciderlo e con lo strappargli questa esistenza; ebbene colui che non spera in un’altra vita, viene meno e consente al nemico. Chi invece ascolta il Signore che dice: Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima, anche se la terra è abbandonata in mano all’empio, se la terra è fatta prigioniera, fuggirà lo spirito; e, liberatosi lo spirito, anche la terra risorgerà. Lo spirito si volge al Signore, e la terra si volge al cielo. Niente infatti si perde di quella stessa terra che temporaneamente è abbandonata in mano dell’empio. I vostri capelli sono contati (Mt 10,28 Mt 30). C’è dunque la sicurezza, se nell’intimo c’è Dio. Se si scaccia il diavolo, entra Dio. Ma il Signore non lo abbandonerà nelle sue mani. Né lo condannerà, quando per lui sarà emesso il giudizio.Alcuni codici recano: E quando lo giudicherà, per lui sarà emesso il giudizio. Dice per lui in quanto su di lui è pronunziato il giudizio. Ci capita infatti di parlare così, quando diciamo ad un uomo: Giudica per me, cioè ascolta la mia causa. Quando Dio dunque avrà cominciato ad ascoltare la causa del suo giusto, poiché è recessario che tutti compaiono davanti al tribunale di Cristo, e vi stiano affinché ciascuno riceva secondo ciò che ha fatto nella carne, sia in bene che in male (2Co 5,10); quando dunque il giusto sarà venuto dinanzi a quel giudizio, non lo condannerà anche se seìnbra che per qualche tempo sia stato condannato dall’uomo. Non conta se il Proconsole ha pronunziato la sentenza contro Cipriano (Acta proconsularia IV, 3): una cosa è la cattedra terrena, un’altra il tribunale dei cieli. Dall’inferiore ha subìto la condanna, dal superiore la corona. Né lo condannerà quando per lui sarà emesso il giudizio.

L’attesa del premio.

14. [vv 34-36.] Ma quando accadrà? Non credere che accada ora: è tempo di fatica, è tempo di semina, è tempo di freddo; anche se tra venti e piogge, semina; non essere pigro. Verrà l’estate, che ti allieterà e nella quale sarai felice di aver seminato. Che devo dunque fare ora? Spera nel Signore. E nell’attesa, che cosa devo fare? Custodisci le sue vie. E cosa riceverò se le avrò custodite? Ed egli ti eleverà a possedere in eredità la terra. Quale terra? Ripeto, affinché tu non pensi a qualche villa terrena, è la terra della quale è detto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il Regno che è stato preparato per voi dall’inizio del mondo (Mt 25,34). E che accadrà di coloro che ci hanno tormentato, in mezzo ai quali abbiamo levato il nostro gemito, di cui abbiamo sopportato gli scandali, e per i quali, mentre incrudelivano, invano abbiamo pregato; che sarà di loro? Continua: Vedrai lo sterminio dei peccatori. E lo vedrai molto da vicino: tu sarai a destra, essi a sinistra. Ma tutto questo riguarda gli occhi della fede. Coloro che non hanno questi occhi della fede, si dolgono per la felicità degli empi, e credono di essere invano giusti, perché vedono così prosperare gli ingiusti. Ma chi invece ha gli occhi della fede, che cosa dice? Ho visto l’empio esaltarsi e levarsi al di sopra dei cedri del Libano. Pensa pure che è stato esaltato, che è stato elevato: ma che cosa segue? E sono passato, ed ecco non era; e l’ho cercato, e non si è trovato il suo posto. Perché non c’era, perché non si è trovato il suo posto? Perché tu sei passato oltre. Ma se ancora tu pensassi secondo la carne, e ti sembrasse vera felicità questa felicità terrena, non ancora saresti passato oltre, e saresti uguale a lui oppure inferiore a lui; progredisci dunque, va’ oltre. Quando progredendo sarai passato oltre, guardalo con la fede, vedi la sua fine, e di’ a te stesso: Ecco che non è più colui che tanto si era gonfiato, come se tu fossi passato vicino a del fumo. Proprio questo è detto poco prima nel salmo stesso: Venendo meno svaniranno come fumo (Ps 36,20). Il fumo si eleva in alto, si gonfia in un turgido globo; quanto più sale, tanto più si gonfia. Ma quando sarai passato oltre, guarda dietro di te; dietro a te c’è il fumo, se davanti a te c’è Dio. Non guardare indietro spinto dal desiderio, come fece la moglie di Lot e restò sulla via (Cf. Gn 19,26); guardati indietro con disprezzo, e vedrai che l’empio non c’è più e cercherai il suo posto. Qualè il suo posto? È il posto in cui ora possiede potere, detiene ricchezze, dispone di una sua certa autorità nelle cose umane in modo che molti lo ossequiano, per comandare ed essere ubbidito. Questo posto non sarà più, passerà, in modo che tu possa dire: Sono passato, ed ecco non c’era. Che significa sono passato? Significa sono progredito, sono giunto alle cose spirituali, sono entrato nel santuario di Dio, tanto da intendere alla fine (Cf. Ps 72,17): ecco, non c’era, e l’ho cercato, e non si è trovato il suo posto.

15. [v 37.] Custodisci l’innocenza. Tienila stretta, come tenevi la borsa quand’eri avaro; come custodivi la tua borsa, in modo che non ti fosse strappata dal ladro, custodisci l’innocenza, perché non ti sia strappata dal diavolo. Sia essa il tuo sicuro patrimonio, perché di essa anche i poveri possono essere ricchi. Custodisci l’innocenza. Che ti giova guadagnare oro, se perdi l’innocenza? Custodisci l’innocenza, e mira alla via diritta. Abbi occhi retti, per vedere la direzione; non occhi malvagi, con i quali vedresti i malvagi, né distorti, tanto che anche Dio ti appaia distorto e malvagio perché favorisce gli empi e perseguita i fedeli. Non ti accorgi che vedi in modo distorto? Correggi i tuoi occhi, e vedi le cose diritte. Quali cose diritte? Non curarti delle cose presenti. E cosa vedrai? Perché vi è un resto per l’uomo pacifico. Che significa vi è un resto? Significa che quando sarai morto non sarai morto; cioè vi è un resto. Ci sarà infatti per lui qualcosa anche dopo questa vita: ossia quel seme che sarà in benedizione. Per questo dice il Signore: Chi crede in me, anche se muore, vivrà (Jn 11,25). Perché vi è un resto per l’uomo pacifico.

16. [v 38.] Gli ingiusti invece periranno nello stesso momento. Che vuol dire nello stesso momento? Vuol dire per sempre, cioè tutti insieme. I resti degli empi saranno distrutti. Resta invece qualcosa per l’uomo pacifico; ne consegue che coloro che non sono pacifici sono empi. Beati, infatti, i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio (Cf. Mt 5,9).

17. [vv 39.40.] Ma la salvezza dei giusti viene dal Signore, ed Egli è loro protettore nel tempo della tribolazione; e li aiuterà il Signore, e li salverà, e li libererà, e li scamperà dai peccatori. I giusti sopportino dunque ora i peccatori, sopporti il grano la zizzania, sopporti il frumento la paglia; perché verrà il tempo della vagliatura, e il buon seme sarà liberato da ciò che deve essere arso dal fuoco; il seme sarà posto nel granaio, ed il resto nell’incendio eterno; perché proprio per questo furono dapprima messi insieme il giusto e l’ingiusto, affinché questo tendesse inganni e quello venisse posto alla prova; ma poi l’uno sarà dannato, l’altro incoronato.

Certezza della vittoria.

18. Siano rese grazie a Dio, fratelli, abbiamo pagato il debito in nome di Cristo; ma la carità ci fa essere sempre debitori. Essa infatti è una cosa siffatta che, anche se ogni giorno la paghiamo, sempre la dobbiamo. Molte cose abbiamo detto contro i Donatisti, molte cose vi abbiamo letto, molte carte, al di fuori del Canone delle Scritture, perché essi ci hanno costretti a farlo. Se essi infatti ci rimprovereranno perché vi abbiamo letto tali cose, noi accetteremo il rimprovero, dal momento che voi avete appreso qualcosa. Possiamo infatti a questo proposito rispondere loro così: Sono diventato insensato, voi mi avete costretto (2Co 12,11). Tuttavia, fratelli, prima di tutto custodite la nostra eredità, con la quale noi siamo sicuri di mantenerci entro il testamento del nostro Padre; cioè non nella carta frivola di qualche uomo, ma nel testamento del nostro Padre. E siamo sicuri perché Colui che ha fatto il testamento vive; Colui che ha fatto il testamento per il suo erede, Egli stesso giudicherà riguardo al testamento. Nelle cose umane una persona è il testatore, ed un’altra il giudice; e tuttavia, colui che possiede il testamento vince dinanzi a un giudice diverso, non dinanzi all’altro giudice morto. Quanto dunque è sicura la nostra vittoria, dato che ci giudica Colui stesso che ha fatto il testamento! Infatti, anche se Cristo è morto per uno spazio di tempo, vive ormai in eterno.

Agostino ricorda la sua vita.

19. Dicano dunque contro di noi tutto ciò che vogliono; noi li amiamo anche se essi non vogliono. Perché, fratelli, noi conosciamo le loro parole e per esse non ci adiriamo con loro; con pazienza sopportate insieme con noi. Essi si accorgono di non aver fondamento nella loro causa, e volgono contro di noi le loro lingue e cominciano a dir male di noi; molte cose che conoscono e molte che non conoscono. Quelle che conoscono si riferiscono al nostro passato; siamo stati infatti un tempo, come dice l’Apostolo, stolti e increduli, e alieni da ogni opera buona (Cf. Tt 3,3). Fummo stolti e folli in un errore perverso, non lo neghiamo; e quanto più non neghiamo il nostro passato, tanto più lodiamo Dio che ci ha perdonati. Perché, dunque, o eretico, abbandoni la causa ed attacchi l’uomo? Che cosa sono io, insomma? che cosa sono? Sono forse la [Chiesa] Cattolica? sono forse l’eredità di Cristo diffusa tra le genti? A me basta essere in essa. Tu biasimi il mio passato di male, e che cosa fai di straordinario? Contro i miei peccati io sono più severo di te: ciò che tu hai biasimato, io l’ho condannato. Volesse il cielo che tu mi imitassi, e che diventasse finalmente passato anche il tuo errore! Ecco: conoscono i miei peccati passati, soprattutto [commessi] in questa città. Noi qui abbiamo vissuto nel male, lo confesso; e quanto mi rallegro per la grazia di Dio, altrettanto dei miei trascorsi, che dirò? che mi dolgo? me ne dorrei, se ancora giacessi nel male. Ma che dirò allora? che mi rallegro? Neppure questo posso dire; volesse il cielo che mai fossi stato in tali condizioni! Tuttavia qualunque cosa io sia stato, nel nome di Cristo tutto ciò è passato. Non conoscono invece ciò di cui ora rimproverarmi. Vi sono peraltro cose per cui merito tuttora rimprovero; ma essi sono molto lontani dal conoscerle. Poiché molto devo faticare nei miei pensieri, combattendo contro le mie malvagie inclinazioni, e sono impegnato in una battaglia diuturna e quasi ininterrotta contro le tentazioni del nemico che vuole sconfiggermi. Gemo a Dio nella mia debolezza; e conosce quel che ha concepito il mio cuore Colui che conosce il mio frutto. A me pochissimo importa essere giudicato da voi, o da un tribunale umano - dice l’Apostolo - anzi, neppure io giudico me stesso (1Co 4,3). Perché io mi conosco meglio di loro, ma Dio mi conosce meglio di me stesso. Non vi insultino dunque per colpa nostra, non lo permetta Cristo. Dicono costoro: E chi sono? donde vengono? noi qui li conosciamo per malvagi, dove sono stati battezzati? Se ci conoscono bene, sanno che abbiamo navigato a lungo, sanno che siamo stati in esilio, sanno che in un modo ce ne siamo andati, ed in un altro siamo tornati. Non qui siamo stati battezzati; ma laddove siamo stati battezzati la Chiesa è riconosciuta da tutto il mondo intero. Sono molti i fratelli i quali sanno che siamo stati battezzati, e che con noi lo sono stati. È facile dunque sapere tutto questo, se qualche fratello si preoccupa di questo. Ma a costoro daremo soddisfazione, e dimostreremo loro alcunché con la testimonianza della Chiesa con cui non sono in comunione? Giustamente essi non sanno che noi siamo stati battezzati in Cristo al di là del mare, poiché al di là del mare essi non hanno Cristo. Infatti possiede Cristo anche al di là del mare, chi anche al di là del mare è in comunione con la Chiesa universale. Come può sapere dove io sono stato battezzato colui la cui comunione a stento varca il mare? E tuttavia, fratelli miei, che dirò loro? Sospettate quello che volete di noi. Se siamo buoni, siamo frumento nella Chiesa di Cristo; se siamo cattivi, siamo paglia nella Chiesa di Cristo, ma tuttavia non ce ne andiamo dall’aia. Tu, che sei volato fuori al vento della tentazione, che cosa sei? Il vento non porta via il grano dall’aia. Ebbene, dal posto ove ti trovi, riconosci che cosa sei.

Esorta a non abbandonare la Chiesa.

20. Ma chi sei - tu dici - che tante cose proclami contro di noi? Chiunque io sia, fai attenzione a quel che è detto, non da chi è detto. Ma al peccatore - tu ribatti - il Signore dice: Perché rechi alla tua bocca il mio patto? (Ps 49,16) Dica ciò il Signore al peccatore; e forse c’è un genere di peccatori cui giustamente il Signore dice queste parole, ma di chiunque dica ciò il Signore, lo dice in quanto al peccatore non reca vantaggio parlare della Legge di Dio. Ma forse essa non reca vantaggio neppure a chi l’ascolta? Noi abbiamo nella Chiesa - lo dice il Signore - l’uno e l’altro genere, quello dei buoni e quello dei cattivi. Che dicono i buoni quando predicano? Dicono: Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo (1Co 4,16). E che è detto dei buoni? Sii modello per i fedeli (1Tm 4,12). Noi ci sforziamo di essere così; e se lo siamo lo sa Colui al quale leviamo i nostri gemiti. Ma dei cattivi è stata detta un’altra cosa: Sulla cattedra di Mosè si sono seduti Scribi e Farisei; fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno (Mt 23,2 Mt 3). Tu vedi che sulla cattedra di Mosè, cui ha fatto seguito la cattedra di Cristo, seggono anche i cattivi; e tuttavia, se dicono cose buone, non fanno del male a chi li ascolta. Perché tu a cagione dei malvagi hai abbandonato la cattedra medesima? Ritorna alla pace, ritorna alla concordia, che non ti reca offesa. Se dico bene e faccio il bene, imitami; ma se non faccio quanto dico, hai il consiglio del Signore: fa’ ciò che dico, non fare ciò che faccio; ma non allontanarti a nessun costo dalla cattedra cattolica. Ecco, nel nome di Cristo ci apprestiamo ad andare, e molte cose diranno. Con quale scopo? Non tenete conto all’istante della nostra causa. Non dite loro se non questo: Fratelli, state ai fatti. Agostino vescovo sta nella Chiesa cattolica, porta il suo carico e ne renderà conto a Dio: l’ho conosciuto tra i buoni; se è malvagio egli lo sa; e se è buono, neppure in tal caso è in lui che ripongo la mia speranza. Prima di ogni altra cosa questo ho appreso nella Chiesa cattolica, a non riporre la mia speranza in un uomo. Giustamente voi rimproverate gli uomini, perché avete riposto la vostra speranza nell’uomo. E quando ci rimproverano, non fatene caso. Sappiamo infatti quale posto abbiamo nel vostro cuore, perché sappiamo quale posto voi avete nel nostro. Non combattete dunque contro costoro per difendere noi. Qualunque cosa dicano di noi, subito passate oltre, per evitare che, preoccupati di difenderci, lasciate perdere la vostra causa. A questo essi astutamente mirano; non volendo - e temendo - che parliamo della causa stessa, ci metton davanti qualcosa per distoglierci da essa; in modo che noi, impegnati nel difenderci, cessiamo di smontare le loro tesi. Infatti, se tu mi dici cattivo, anch’io dovrò dire moltissime altre cose; ebbene esci subito dalla mischia, lascia la mia causa, occupati della questione, pensa alla causa della Chiesa, guarda a dove sei. Da qualunque parte ti parli la Verità, accoglila come uno che ha fame, se vuoi evitare di restar privo del pane, mentre continui a cercare sempre nel piatto, seccante e calunniatore, qualcosa da criticare.


Agostino Salmi 363