Agostino Salmi 81

SUL SALMO 81

81 Ps 81

ESPOSIZIONE

Chiesa e sinagoga.

1. [v 1.] Salmo per Asaf stesso. A questo salmo, come agli altri che si aprono con la stessa intestazione, ha fornito il titolo o la persona da cui fu scritto o la realtà designata con tale nome: per cui, se lo si vuol comprendere, ha da riferirsi alla sinagoga, poiché tale è il significato di Asaf. E questo, tanto più che della sinagoga parla già il suo primo versetto. Comincia infatti: Dio è stato nella sinagoga degli dei. Quando dice “ dei ” non dobbiamo evidentemente pensare né agli dei delle genti, ossia agli idoli, né a qualsiasi creatura celeste o terrena, ma a degli uomini. Difatti il salmo, precisando questo versetto, un po' più avanti assai chiaramente indica chi siano quegli dei tra i quali Dio si è intrattenuto. Dice: Io ho detto: Voi siete dèi, e figli dell'Altissimo voi tutti; ma voi morirete come uomini e cadrete come uno dei principi (Ps 81,6 Ps 81,2). Dio, dunque, è stato nella sinagoga dei figli dell'Altissimo, dei quali lo stesso Altissimo dice per bocca di Isaia: Io ho generato figli e li ho innalzati; ma essi mi hanno disprezzato (Is 1,2). Per “ sinagoga ” intendiamo, poi, il popolo d'Israele: poiché propriamente erano le adunanze degli ebrei che si solevano chiamare sinagoga, per quanto fossero chiamate anche chiesa. Gli Apostoli, invece, mai chiamarono sinagoga l'accolta del popolo cristiano, ma sempre Chiesa: sia per distinguerla dai gruppi giudaici, sia perché tra “ riunione ” (donde deriva sinagoga) e “ convocazione ” (donde ha preso nome la Chiesa) vi è una certa differenza. Infatti, anche gli animali sono soliti riunirsi e le riunioni degli animali propriamente noi le chiamiamo greggi; mentre l'essere convocati è proprio degli esseri ragionevoli come appunto gli uomini. Per questo, con la voce dello stesso Asaf, in un altro salmo si canta: Io sono divenuto come animale presso di te, eppure io sono sempre con te (Ps 72,23). E ciò avveniva quando Asaf (la sinagoga) sembrava, sì, devota all'unico vero Dio, tuttavia ne attendeva, come beni supremi, le cose carnali terrene temporali. Troviamo comunque che anche gli ebrei spesso sono chiamati figli: non per la grazia propria del Nuovo Testamento ma per quella che accordava il Vecchio. Fu, infatti, la grazia a scegliere Abramo e a far nascere dalla sua carne un popolo molto grande, come fu per la grazia che, prima ancora di venire al mondo, Giacobbe fu amato ed Esaù odiato (Cf. Ml 1,2 Ml 3 Rm 9,13). E fu la stessa grazia che liberò il popolo dall'Egitto e le introdusse nella terra promessa, dopo averne scacciate le genti. Se infatti non si trattasse della stessa grazia, nel Vangelo non si direbbe certamente di noi (ai quali è stata data la potestà di diventare figli di Dio e d'essere ordinati alla conquista d'un regno non terreno ma celeste) che abbiamo ricevuto grazia al posto della grazia (Cf. Jn 1,12 Jn 16), cioè, al posto delle promesse del Vecchio Testamento, abbiamo ricevuto le promesse del Nuovo Testamento. È chiaro dunque, a quanto credo, in quale sinagoga degli dei è stato Dio.

La presenza di Dio nel creato e nell’uomo.

2. È nostro compito, ora, indagare se il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, oppure la Trinità tutta intera sia stata nella sinagoga degli dèi e in mezzo a loro abbia giudicato. Difatti ognuna delle persone divine è Dio, e la Trinità stessa è un unico Dio. Non è facile spiegare questo: poiché Dio si rende presente con una presenza non corporale ma spirituale, come conviene alla sua essenza, e non si può negare che questa sua presenza nelle cose create è mirabile e che pochissimi riescono sì e no a comprenderla. A lui infatti dice [il salmo]: Se salirò in cielo, tu vi sei; se discenderò all'inferno, tu sei là (Ps 138,8). Ne segue che, come ci viene attestato, Dio sta nell'adunanza degli uomini in modo invisibile; così come egli riempie il cielo e la terra, cosa che egli stesso rivela per mezzo del profeta (Cf. Jr 23,24). Né è solo questione di insegnamento ricevuto, ma le stesse capacità dello spirito umano riconoscono che Dio sta nelle cose che ha create, a condizione però che anche l'uomo gli sia presente e lo ascolti, e gioisca e si rallegri per la sua voce interiore (Cf. Jn 3,29). Tuttavia, a quanto credo, questo salmo tenta di suggerirci qualcos'altro: una cosa cioè accaduta in un determinato momento storico, a cominciare dal quale Dio s'è reso presente nella sinagoga degli dei. Infatti, quella presenza per cui egli riempie il cielo e la terra non ha particolari riferimenti con la sinagoga né si modifica con il tempo. Perciò il Dio che è stato nella sinagoga degli dei è certamente colui che diceva di se medesimo: Io sono stato mandato soltanto per le pecore perdute della casa d'Israele (Mt 15,24). È detto anche perché egli stia in tale sinagoga: Egli giudica in mezzo agli dei. Riconosco, dunque, che Dio è stato nella sinagoga degli dei, di coloro cioè a cui appartengono i patriarchi e dai quali Cristo è nato secondo la carne. Dio, appunto per stare nella sinagoga di questi dei, è nato da loro secondo la carne. Ma quale Dio? Egli non è certamente un dio come coloro nella cui sinagoga è stato; ma piuttosto è un dio conforme a ciò che dice l'Apostolo: Egli è sopra ogni cosa Dio benedetto nei secoli (Rm 9,5). Riconosco, ripeto, che Dio è stato in mezzo a loro, riconosco che Dio vi era come uno sposo, del quale un certo suo amico diceva: Sta in mezzo a voi uno che voi non conoscete (Jn 1,26). Di questi ultimi poco dopo il salmo dice: Non hanno saputo, né hanno capito: camminano nelle tenebre (Ps 81,5); e l'Apostolo testimonia: È capitata la cecità a una parte d'Israele, affinché entrasse la totalità delle genti (Rm 11,25). I suoi compatrioti, dunque, lo vedevano stare in mezzo a loro, ma non vedevano che era Dio, come invece lui voleva essere visto quando diceva: Chi vede me, vede anche il Padre (Jn 14,9). Quanto alla separazione effettuata tra gli déi, essa avviene non per i loro meriti ma per la sua grazia: facendo con la stessa irrorazione, di alcuni, vasi per uso nobile, di altri, vasi per uso vile (Cf. Rm 9,21). Chi infatti ti giudica? Che cosa hai tu che non l'abbia ricevuto? E se lo hai ricevuto perché ti glori come se non lo avessi ricevuto? (1Co 4,7)

Stolta la resistenza dell’uomo all’azione salvifica di Dio.

3. [vv 2.3.] Ascolta la voce di Dio che opera la separazione, ascolta la voce del Signore che divide la fiamma del fuoco (Cf. Ps 28,7). Fino a quando giudicherete secondo ingiustizia, e prenderete le parti dei peccatori? Come dice altrove: Fino a quando duri di cuore? (Ps 4,3) Forse fino all'avvento di colui che è la luce del cuore? Io vi ho dato la legge e voi ostinatamente vi siete opposti. Vi ho mandato i profeti e voi li avete offesi o uccisi, oppure avete parteggiato per chi commetteva questi delitti. Ma omettendo di parlare (tanto è indegno!) di coloro che uccisero i servi di Dio che erano stati loro inviati, voi che tacevate mentre queste cose accadevano, cioè voi che volete imitare, come se fossero innocenti, coloro che allora tacquero, fino a quando giudicherete secondo ingiustizia e prenderete le parti dei peccatori? Deve forse essere ancora ucciso l'erede che viene? Non ha forse voluto egli stesso essere per voi senza padre come un orfano? Non ha forse sofferto per voi la fame e la sete come un misero? Non ha forse gridato a voi: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29)? Non è divenuto forse povero, mentre era ricco, per arricchirvi con la sua povertà (Cf. 2Co 8,9)? Orbene rendete giustizia all'orfano e al misero; giustificate l'umile e il povero. Non ritenete giusti quelli che sono superbi e ricchi per se stessi, ma lui che per voi si è reso umile e povero: costui considerate giusto, e giusto proclamate.

I responsabili della morte di Cristo.

4. [v 4.] Ma lo invidieranno e in nessun modo lo risparmieranno. Diranno: Ecco l'erede! Venite, uccidiamolo! e nostra sarà l'eredità (Mt 21,38). Salvate dunque il misero, e liberate il povero dalle mani del peccatore. Questo è detto affinché ci si renda conto che, di quel popolo nel quale Cristo nacque e fu ucciso, non furono immuni da colpa neppure quei tali che, sebbene fossero così numerosi che, come dice il Vangelo, i giudei ne ebbero timore e per questo non osarono mettere le mani su Cristo, in seguito divenuti accomodanti permisero che Cristo fosse ucciso dai malvagi e invidiosi capi del giudaismo (Cf. Lc 22,2). Essi certamente, se lo avessero voluto, avrebbero potuto incutere sempre timore a questi scellerati; per cui le mani di costoro mai avrebbero prevalso contro Cristo. A proposito di tali giudei altrove è detto: Erano cani muti né sapevano latrare (Is 56,10). E a costoro si riferiscono anche le parole: Ecco! Il giusto soccombe [nella morte] e nessuno se ne accorge (Is 57,1). Andò in rovina per quanto era in potere di coloro che volevano perderlo. Difatti in qual modo poteva perire, morendo, colui che in tal modo cercava proprio ciò che si era perduto? Evidentemente, se il nostro rimprovero e la nostra accusa sono giusti nei riguardi di coloro che tacendo hanno permesso l'attuazione di un così grande delitto, in qual modo dovranno rimproverarsi (o, meglio, non rimproverarsi, ma severamente condannarsi) coloro che idearono l'impresa e con malvagità la portarono a compimento?

La morte di Cristo causa nell’uomo effetti contrastanti.

5. [v 5.] A tutti però si adattano, e perfettamente, le parole che seguono: Non hanno saputo né compreso; camminano nelle tenebre. Se infatti gli uni avessero conosciuto il Signore della gloria, mai lo avrebbero crocifisso (Cf. 1Co 2,8); e se l'avessero saputo gli altri, mai avrebbero consentito alla liberazione di Barabba e alla crocifissione di Cristo. Ma una volta avvenuta la cecità parziale d'Israele, di cui si parlava sopra (cecità ordinata a far entrare la totalità delle genti (Rm 11,25)) e per la quale il Cristo fu crocifisso, si scuoteranno tutte le fondamenta della terra. Si sono scosse e si scuoteranno finché non entrerà la totalità delle genti predestinate. Tanto è vero che anche alla morte del Signore si scosse la terra e le pietre si spezzarono (Cf. Mt 27,51). Se poi per fondamenta della terra intendiamo gli uomini felici nell'abbondanza dei beni terreni, giustamente è predetto che essi saranno scossi, nel senso che essi resteranno stupiti, vedendo amate e lodate l'umiltà, la povertà, la morte, considerate da loro come la grande abiezione di Cristo. Anzi, loro stessi ameranno e abbracceranno una tale abiezione disprezzando la vana felicità di questo mondo. Si scuotono, infatti, tutte le fondamenta della terra quando gente siffatta è colta d'ammirazione ovvero addirittura cambia vita. Noi infatti giustamente chiamiamo fondamenta del cielo quelle su cui si eleva il regno dei cieli, risultante di santi e di fedeli che la Scrittura chiama pietre viventi (Cf. 1P 2,5). Il loro fondamento è, innanzitutto, Cristo stesso, colui che nacque dalla Vergine e del quale l'Apostolo dice: Nessuno può porre altro fondamento al di fuori di quello che è stato posto e che è Cristo Gesù (1Co 3,11). Ma oltre a Cristo sono fondamento gli stessi Apostoli e i Profeti, per la cui autorità noi si sceglie la patria celeste, e obbedendo ad essa noi diveniamo edificio insieme con loro. Per questo l'Apostolo dice agli Efesini: Voi non siete più esuli né inquilini; ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti, mentre l'ultima pietra angolare è Gesù Cristo, nel quale tutta la costruzione cresce solida e forma il tempio santo del Signore (Ep 2,19-22). Con la stessa analogia giustamente sono detti fondamenta della terra coloro che suscitano negli uomini invidia per la loro abbondante felicità e potenza terrena, e con la loro autorità spingono gli altri a desiderare beni dello stesso genere. In tal modo costoro vengono a costituirsi in un unico edificio (terra sovrapposta a terra), come nell'edificio spirituale si eleva cielo sopra cielo. Fu detto infatti all'uomo peccatore: Sei terra e alla terra ritornerai (Gn 3,19). E ancora: I cieli narrano la gloria di Dio, quando in tutta la terra è giunta la loro voce, e sino ai confini della terra le loro parole (Ps 18,2 Ps 5).

289 La superbia umana smascherata nell’umiltà di Cristo.

6. [vv 6.7.] Ma il regno della felicità terrena è la superbia; e contro tale superbia è venuta l'umiltà di Cristo, la quale leva la voce contro coloro che dallo stato di miseria vuole innalzare alla dignità di figli dell'Altissimo. È questa umiltà che li rimprovera: Io ho detto: Voi siete dèi, e figli dell'Altissimo tutti quanti. Ma voi come uomini morirete, e cadrete come uno dei principi. Si può intendere che abbia detto agli uni: Io ho detto: Voi siete dei e tutti figli dell'Altissimo, rivolgendosi a coloro che sono predestinati alla vita eterna; e che abbia detto agli altri: Voi invece come uomini morirete, e cadrete come uno dei principi, ponendo cioè una distinzione tra gli dei. Oppure si può intendere che rimproveri tutti assieme, mettendo però in rilievo gli obbedienti e coloro che si correggono. Le parole, pertanto, Io ho detto: Voi siete dèi e figli dell'Altissimo tutti quanti, significherebbero: A tutti voi io ho promesso la felicità celeste, ma voi a causa della debolezza della carne come uomini morirete, e per l'orgoglio dello spirito come uno dei principi, cioè come il diavolo, non vi innalzerete ma cadrete. È come se dicesse: pur essendo tanto pochi i giorni della vostra vita e pur dovendo voi come uomini morire tanto rapidamente, non ne profittate per correggervi; ma come il diavolo, i cui giorni in questo secolo sono molti poiché nella carne lui non muore, voi vi innalzate tanto da cadere. È stato infatti a causa della superbia del diavolo che i perversi e ciechi principi dei giudei invidiarono la gloria di Cristo; e, come per il passato, così anche oggi è per questo vizio che l'umiltà di Cristo morto in croce non viene apprezzata da coloro che amano la grandezza di questo secolo.

Cupidigia terrena e carità divina.

7. [v 8.] Quindi, affinché questo vizio venga sanato, per bocca dello stesso profeta si dice: Sorgi, o Signore! giudica la terra. La terra si è inorgoglita quando ti crocifiggeva: risorgi dai morti e giudica la terra. Perché, tu disperderai fra tutte le genti. Che cosa disperderai se non la terra, cioè coloro che sono attaccati alle cose terrene? E ciò tu compirai quando distruggerai nei credenti, fin dalla radice, la loro cupidigia terrena e la loro superbia; come pure quando da essi separerai i non credenti, cioè la terra che dev'essere battuta e condannata alla perdizione. In questo modo, attraverso quelle sue membra la cui vita è in cielo, egli giudica la terra e la disperde fra tutte le genti. Non dobbiamo trascurare il fatto che alcuni codici recano: Tu erediterai tra tutte le genti. È anche questa una versione che si può accogliere senza inconvenienti, né vi è contrasto tra l'una e l'altra. L'eredità di Dio si realizza infatti per mezzo della carità, la quale, sostenuta dai comandamenti e favorita misericordiosamente dalla grazia, disperde la cupidigia terrena.

SUL SALMO 82

82 Ps 82

ESPOSIZIONE

1. [v 1.] Il titolo di questo salmo reca: Cantico del salmo di Asaf. Abbiamo già detto più volte che cosa significhi Asaf. Significa “ adunanza ”; per cui quell'uomo che era chiamato Asaf, e che figura nei titoli di molti salmi, rappresenta l'adunanza del popolo di Dio. Ma in greco adunanza si dice “ sinagoga ”: nome che il popolo ebraico ha conservato come suo proprio tanto che è chiamato sinagoga, mentre il popolo cristiano è comunemente chiamato Chiesa, poiché evidentemente anch'esso si aduna.

Cristo giudicato dagli uomini e giudice degli uomini.

2. [v 2.] Orbene, il popolo di Dio dice in questo salmo: O Dio, chi sarà simile a te? Credo sia più conveniente riferire l'espressione a Cristo, in quanto, divenuto simile agli uomini, venne considerato pari agli altri uomini da coloro che lo disprezzarono (Cf. Ph 2,7). Venne, infatti, annoverato tra i malfattori (Cf. Is 53,12), e questo al fine di essere giudicato. Quando invece verrà per giudicare, allora accadrà quanto è detto qui: O Dio, chi sarà simile a te? Se, infatti, i salmi non fossero di solito indirizzati a Cristo Signore, neppure ascolteremmo quelle parole che nessun fedele può dubitare siano rivolte a lui: Il tuo trono, o Dio, dura in eterno; scettro di rettitudine è lo scettro del tuo regno. Tu hai amato la giustizia, e odiato l'iniquità: per questo, o Dio, il tuo Dio ti ha unto con l'olio di letizia, al di sopra dei tuoi compagni (Ps 44,7 Ps 8). A lui, dunque, ora è detto: O Dio, chi sarà simile a te? Hai voluto essere simile a molti nell'umiltà, simile anche ai ladroni che con te erano crocifissi (Cf. LE 23,33); ma quando verrai nella gloria, chi sarà simile a te? Che cosa di grande si dice quando si dice a Dio: Chi sarà simile a te?, se queste parole non fossero rivolte a colui che volle essere simile agli uomini assumendo la natura del servo e, divenuto simile agli uomini, per le sue fattezze venne considerato come uomo (Cf. Ph 2,7)? Per questo non dice: Chi è simile a te? espressione senz'altro più esatta se fosse riferita alla divinità [di Cristo]. Siccome però essa è riferita alla natura dei servo, s'è voluto sottolineare che la sua dissomiglianza da tutti gli altri uomini sarà manifesta solo quando egli apparirà nella gloria. Per questo continua: Non tacere né frenarti, o Dio! Egli una volta ha taciuto per essere giudicato: quando, come un agnello che sta senza voce dinanzi al tosatore, non volle aprire la sua bocca (Cf. Is 53,7) e ricusò di avvalersi della sua potestà. Per manifestare che era lui a frenare tale potestà, alle sue parole: Sono io, coloro che volevano catturarlo si ritrassero indietro e caddero (Cf. Jn 18,5 Jn 6). Orbene come lo si sarebbe potuto arrestare e sottoporre ai patimenti se egli non avesse trattenuta, limitata, e in certo qual modo temperata, la sua potenza? Infatti alcuni hanno tradotto proprio così, e le parole: Non frenarti, o Dio, sono state rese con le altre: Non diventare mite, o Dio. Egli stesso altrove dice: Io ho taciuto; ma forse che tacerò per sempre? (Is 42,14) Di colui al quale qui è detto: Non tacere, altrove è detto: Dio verrà manifesto; sì, il Dio nostro, e non tacerà (Ps 49,3). Qui è detto: Non tacere! Egli infatti ha taciuto per essere giudicato, quando venne nascosto; ma non tacerà quando verrà manifesto a giudicare.

3. [v 3.] Perché ecco i tuoi nemici hanno rumoreggiato; e coloro che ti odiano hanno sollevato la testa. Mi sembra che si riferisca ai tempi della fine quando le voci che ora sono trattenute dal timore eromperanno liberamente ma in modo del tutto irrazionale, tanto che le si debba chiamare baccano piuttosto che discorsi o parole. Non cominceranno, infatti, allora a odiare; ma coloro che già prima ti odiavano, allora alzeranno la testa. Non dice “le teste” ma la testa, poiché si troveranno ad avere effettivamente per [unico] capo colui che si eleva al di sopra di tutto ciò che è chiamato Dio e che si adora. In questo capo pienamente si realizzeranno le parole: Chi si esalta sarà umiliato (Lc 14,11); difatti colui al quale qui è detto: Non tacere e non diventar mite, o Dio, ucciderà quel capo con il soffio della sua bocca e lo annullerà con la luce della sua presenza (Cf. 2Th 2,4 2Th 8).

Dio custodisce il suo popolo.

4. [v 4.] Sopra il tuo popolo hanno macchinato trame maligne; oppure, come recano altri codici: Astutamente hanno meditato trame, e hanno tramato contro i tuoi santi. Queste cose sono dette in tono di scherno. Come mai, infatti, potrebbero nuocere al popolo o alla plebe di Dio, oppure ai suoi santi, quando questi ben conoscono la massima: Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? (Rm 8,31)

5. [v 5.] Hanno detto: Venite e disperdiamoli di fra mezzo alla gente. Ha posto il numero singolare invece del plurale; come quando si chiede: Di chi è questa bestia?, e ci si riferisce a un intero gregge e si tratta quindi di molti animali. Difatti, altri codici recano: Di fra mezzo alle genti. Nei quali codici i traduttori hanno seguito più il senso che la lettera. Venite e disperdiamoli di tra mezzo alla gente. Questo è il rumore con il quale i nemici hanno rumoreggiato, piuttosto che parlato, quando inutilmente gridavano cose vane. E non ci si rammenti più oltre del nome d'Israele. Altri, più esattamente, hanno tradotto: E non ci sia più ricordo del nome d'Israele. Infatti l'espressione “ rammentarsi del nome ” è in latino poco usata. Si preferisce dire “ ricordare il nome ”, ma il significato è lo stesso; solo che chi ha reso con “ ci si rammenti del nome ” ha tradotto alla lettera l'espressione greca. Quanto a Israele, per esso si deve qui intendere quella discendenza di Abramo alla quale l'Apostolo dice: Voi dunque siete la discendenza di Abramo, gli eredi secondo la promessa (Ga 3,29), e non Israele secondo la carne, del quale dice: Osservate Israele secondo la carne (1Co 10,18).

290 Significato della parola “ testamento ”.

6. [v 6.]Ecco che unanimi hanno tramato [contro di te] tutti insieme contro di te hanno disposto un testamento, quasi potessero essere più forti. Nelle Scritture è chiamato “ testamento”, non solamente un atto che diviene valido con la morte del testatore, ma ogni patto e ogni accordo. Laban e Giacobbe fecero ad esempio un testamento (Cf.
Gn 31,44) che certamente valeva anche tra i vivi; e innumerevoli sono gli accordi di questo genere dei quali si legge nelle Scritture divine.

I nemici d’Israele simboleggiano i nemici della verità.

7. [vv 7.8.] Comincia poi a elencare i nemici di Cristo servendosi di nomi delle genti. L'interpretazione di questi nomi indica abbastanza bene che cosa ci si voglia far intendere. Con tali nomi, infatti, opportunamente sono raffigurati i nemici della verità. Gli idumei, in base all'etimologia, sono i sanguinari o i terreni. Gli ismaeliti sono coloro che obbediscono a se stessi: non a Dio, ma a se stessi. Moab significa “dal padre”, il cui cattivo significato non s'intende se non si va con la mente all'episodio del padre di lui, cioè Lot, il quale generò Moab accoppiandosi con sua figlia, vogliosa di averlo a dispetto di ogni legge. È infatti da tale vicenda che egli prese il nome (Cf. Gn 19,36 Gn 37). Buono è il padre ma, come si dice della legge, se si usa di lui legittimamente (Cf. 1Tm 1,8), non incestuosamente o in modo illecito. Gli agareni rappresentano i proseliti, cioè gli stranieri: significandosi con questo nome non quei nemici del popolo di Dio che divengono cittadini, ma coloro che perseverano nel loro animo distaccato e ostile e, quando trovano modo di recare danno, mostrano chi veramente essi siano. Gebal è la “ valle inconsistente ”, cioè la persona falsamente umile. Amon è “ il popolo torbido ” oppure “ il popolo della tristezza ”. Amalec è “ il popolo che lambisce ”, e per questo altrove è detto: I suoi nemici lambiranno la terra (Ps 71,9). Gli stranieri: anche se con questo nome in latino si indicano in genere gli estranei, e di conseguenza i nemici, in ebraico vi sono chiamati i filistei, nome che significa “ coloro che cadono per la sbornia ”, come sono coloro che si ubriacano nelle voluttà terrene. Tiro in lingua ebraica è detto “ Sor ”, nome che si può interpretare con “ angustia ” o con “ tribolazione ”; e in tanto rientra fra i nemici del popolo di Dio, in quanto lo si intende come dice l'Apostolo: Tribolazione e angustia in ogni anima d'uomo che compie il male (Rm 2,9). Orbene tutti costoro sono enumerati in questo salmo: Le tende degli idumei e degli ismaeliti, Moab e gli agareni, Gebal e Amon e Amalec, e gli stranieri insieme con gli abitanti di Tiro.

La lotta del popolo di Dio contro gli spiriti del male.

8. [v 9.] Come per indicare la causa per cui sono nemici del popolo di Dio continua e dice: Infatti Assur viene con loro. Simbolicamente, in Assur si suole intendere il diavolo, il quale opera nei figli dell'incredulità (Cf. Ep 2,2), servendosene come di suoi strumenti per muovere guerra al popolo di Dio. Dice: Sono corsi in aiuto dei figli di Lot, e cioè tutti i nemici, operando in essi il loro principe, il diavolo, sono corsi in aiuto dei figli di Lot. Lot infatti significa “ deviante ”, e gli angeli disertori sono ben designati con le parole “ figli della deviazione ”. Essi, deviando dalla verità, ripiegarono ponendosi agli ordini del diavolo. Sono questi coloro dei quali l'Apostolo dice: Il vostro combattimento non è contro la carne e il sangue; ma contro i principi e le potestà e i reggitori del mondo di queste tenebre, contro gli spiriti del male nell'aria (Ep 6,12). Diventano pertanto ausiliari di questi nemici invisibili tutti quegli uomini infedeli, dei quali essi si servono per combattere il popolo di Dio.

9. [vv 10-13.] Vediamo ora cosa auguri loro lo spirito profetico, più predicendo che maledicendo. Dice: Fa' di loro quel che facesti con Madian e Sisara, come con Iabin nel torrente Cison. Furono dispersi presso Endor, divennero concime della terra.Secondo la storia, il popolo d'Israele, che era allora il popolo di Dio, annientò e vinse tutti costoro; come vinse anche quelli che ricorda in seguito quando dice: Tratta i loro capi come Oreb, Zeb, Zebee e Salmana. Ecco le interpretazioni di questi nomi Madian significa “ colui che sfugge al giudizio ”; Sisara significa “ esclusione dalla gioia ”; Iabin significa “ sapiente ”. Ma, trovandosi nell'elenco dei nemici vinti dal popolo di Dio, per “ sapiente ” si deve intendere colui del quale l'Apostolo dice: Dov'è il sapiente? dov'è lo scriba? dov'è il ricercatore di questo secolo? (1Co 1,20) Oreb significa “ siccità ”; Zeb “ lupo ”; Zebee “ vittima ”, certo del lupo: ha infatti anche lui delle sue vittime. Salmana significa “ ombra dell'agitazione ”. Tutte queste attribuzioni ben si addicono ai malvagi, che il popolo di Dio supera mediante il bene. Quanto poi al torrente Cison, presso il quale essi furono volti in fuga, significa “ la loro durezza ”. Endor, il luogo ove furono sterminati, si traduce “ fonte della generazione ” (Cf. Jg 4 Jg 7 Jg 8); e certamente si tratta della generazione carnale, in quanto essi furono sterminati perché erano dediti a cose carnali e non si curavano della rigenerazione che conduce alla vita e nella quale non ci si sposa né si prende moglie, in quanto nessuno avrà da morire (Cf. Lc 20,35 Lc 36). Ben a proposito si dice dunque di loro: Essi sono divenuti concime della terra: da essi infatti niente è derivato se non una fecondità terrena. Orbene, come tutti i nemici qui menzionati con valore di simbolo furono vinti dal popolo di Dio, così il salmista prega che effettivamente siano sconfitti i nemici [spirituali] che l'immagine raffigura.

10. Prosegue: Tutti i loro principi che hanno detto: Possediamo in eredità il santuario di Dio.Ecco il vano rumore del quale sopra si diceva: I tuoi nemici hanno rumoreggiato (Ps 82,3). Ma che cosa si deve intendere per “ santuario di Dio ” se non quel tempio di Dio del quale l'Apostolo dice: Santo è il tempio di Dio, che siete voi (1Co 3,17)? Che cos'altro, infatti, vogliono possedere o, meglio, soggiogare i nemici se non il popolo stesso di Dio, facendo sì che ceda ai loro empi propositi?

11. [v 14.] Ma che cosa segue? Dio mio, fa' di loro come una ruota. È certamente esatto interpretare la frase nel senso che essi non han da essere stabili nei loro propositi. Tuttavia, io credo che la si possa rettamente intendere anche così: Rendili come una ruota. Cioè: come la ruota gira alzandosi con la parte posteriore mentre il lato davanti si abbassa, così debbono diventare tutti i nemici dei popolo di Dio. Non è questo un augurio, ma una profezia. Aggiunge anche: Come stoppia in faccia al vento. Faccia qui significa “ presenza ”. Difatti, che faccia può avere il vento, se esso non ha alcuna struttura corporea, essendo una specie di movimento, cioè come un flusso di aria? Ma il vento qui sta per “ tentazione ”, dalla quale sono rapiti i cuori leggeri e vani.

Le pene del peccatore.

12. [vv 15.16.] Non v'è dubbio che un grave tormento terrà dietro alla leggerezza con la quale facilmente si cede al male. Per questo subito dopo è detto: Come fuoco che brucia la selva, come fiamma che brucia i monti, così perseguiterai costoro nella tua tempesta e nella tua ira li turberai. Li chiama “ selva ” a cagione della sterilità, “ monti ” a cagione della superbia. Tali infatti sono i nemici del popolo di Dio: vuoti di giustizia, pieni di superbia. Menzionando poi il fuoco e la fiamma, ripete la stessa cosa con altro nome, e vuol riferirsi a Dio che giudica e che punisce. Le parole: Nella tua tempesta, trovano spiegazione là dove dice: Nella tua ira; e le parole antecedenti: Li perseguiterai, sono ripetute con: Li turberai. Ricordiamoci di intendere l'ira di Dio come del tutto esente da turbamento. Per “ ira divina ”, infatti, si intende il motivo giusto che lo induce a vendetta. È come se si dicesse che si adira la legge, quando i suoi ministri scossi dal tenore delle sue parole procedono a vendicarla.

Reprobi ed eletti.

291 13. [vv 17-19.] Dice: Ricolma il loro volto di vergogna e cercheranno il tuo nome, Signore. Viene predetto loro un bene, un evento certamente desiderabile. Né questo sarebbe stato profetizzato, se non ci fossero stati, in quella congrega di nemici del popolo di Dio, anche uomini ai quali sarebbero stati accordati tali benefici prima dell'ultimo giudizio. Ora essi sono un tutt'uno e costituiscono la congrega dei nemici, per la gelosia che li porta ad invidiare il popolo di Dio. Anche ora dove possono rumoreggiano e levano il capo; ma ciascuno per suo conto, non tutti insieme, come accadrà alla fine del mondo quando incomberà l'ultimo giudizio. Tuttavia, in questa stessa congrega ci sono taluni che crederanno e passeranno nell'altro gruppo (è infatti per la salvezza che la faccia di costoro si riempie di vergogna, sicché essi cercheranno il nome del Signore); mentre ce ne saranno altri che sino alla fine persevereranno nella loro malvagità, e saranno posti come stoppia dinanzi alla faccia del vento e bruceranno, simili a una selva e ai monti infecondi. A costoro di nuovo si rivolge e dice: Si vergognino e siano sconvolti in eterno. Non sono infatti sconvolti eternamente coloro che cercano il nome del Signore. Se guardando alla bruttura dei loro peccati costoro si turbano, si turbano al fine di ricercare il nome del Signore, grazie al quale poi non avranno più da turbarsi.

14. Torna di nuovo a coloro che nella medesima congrega dei nemici debbono, sì, subire una confusione, ma per non essere confusi in eterno, e che debbono perire quanto alla loro colpevolezza affinché, divenuti buoni, possano essere salvati in eterno. Dopo aver detto di essi: Siano confusi e periscano, subito aggiunge: E conoscano che il tuo nome è “ Signore ”; tu solo sei l'Altissimo in ogni terra. Giunti a questa conoscenza, siano confusi, ma in modo da diventare persone a te accette; periscano, ma in modo da sopravvivere. Dice: Conoscano che il tuo nome è “ Signore ”. Tutti gli altri che son detti signori non portano un nome vero né un nome appropriato in quanto dominano, sì, ma da servi, e, paragonati al vero Signore, non sono affatto signori. Non diversamente da quanto è detto: Io sono colui che sono (
Ex 3,14); ove par d'intendere che le cose create, poste a paragone con colui dal quale sono state create, sono come inesistenti. Aggiunge poi: Tu solo sei l'Altissimo in ogni terra, oppure, come recano altri codici: Sopra ogni terra. È chiaro che egli è l'Altissimo anche su tutto il cielo, oppure sopra ogni cielo; ma ha preferito dire così per schiacciare la superbia terrena. La terra, infatti, ossia l'uomo (al quale fu detto: Sei terra (Gn 3,19); e ancora: Perché insuperbisce la terra e la cenere? (Si 10,9)) cessa di insuperbirsi quando riconosce che il Signore è altissimo sopra ogni terra: quando cioè riconosce che nessun uomo, qualunque cosa trami, può nuocere a coloro che sono stati chiamati in conformità al disegno di Dio e dei quali è detto: Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? (Rm 8,28 Rm 31)


Agostino Salmi 81