Agostino Salmi 57

SUL SALMO 57

57 Ps 57

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Legge naturale e legge scritta.

1. [vv 1.2.] Le parole che abbiamo cantate, ritengo essere nostro dovere ascoltarle più che non ripeterle ad alta voce. La verità grida a tutti, al genere umano riunito, per così dire, in assemblea: Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini. Quale ingiusto, infatti, non è capace di parlare - e con facilità! - della giustizia? E chi, interrogato sulla giustizia, quando lui non entra direttamente in causa, non saprà con facilità darne la definizione? Poiché la verità ha scolpito nei nostri cuori, per la mano stessa del Creatore, il principio: Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri (Tb 4,16 Mt 7,12). A nessuno fu mai permesso di ignorare questo comandamento, anche prima che fosse data la legge, in modo che potessero esser giudicati anche coloro che non avrebbero avuto la legge. Ma, affinché gli uomini non si lamentassero che mancava loro qualcosa, fu scritto sulle tavole ciò che essi non riuscivano a leggere nel proprio cuore. Non è vero, infatti, che essi non avessero in cuore alcuna legge scritta; solo che si rifiutavano di leggerla. Fu allora posto dinanzi ai loro occhi ciò che avrebbero dovuto vedere nella coscienza; e l'uomo fu spinto a guardare nel suo intimo dalla voce di Dio, proveniente, per così dire, dal di fuori. Come dice la Scrittura: Sui pensieri degli empi sarà fatto un interrogatorio (Sg 1,9). E dove c'è interrogatorio ci deve essere anche la legge. Ma, poiché gli uomini, anelanti alle cose esteriori, erano divenuti degli estranei anche a se stessi, fu data loro per giunta una legge scritta. Non perché non fosse già scritta nei loro cuori, ma perché tu eri fuggito dal tuo cuore, e colui che è ovunque voleva recuperarti e costringerti a ritornare in te stesso. E cosa grida, la legge scritta, a quanti si sono distaccati dalla legge impressa nei loro cuori (Cf. 2, 15)? Tornate, prevaricatori, al cuore (Is 46 Is 8). Chi, infatti, ti ha insegnato a non volere che un altro stia con la tua sposa? Chi ti ha insegnato a non voler essere derubato? Chi ti ha insegnato a non voler subire ingiuria, e così via, per tante altre cose, in generale o in particolare? Per molte cose, infatti, gli uomini, se interrogati su ciascuna di esse, risponderebbero senza esitazione di non volerle subire. Va bene! È giusto che tu non voglia subire queste ingiurie; ma vivi forse solo? Non vivi, forse, nel consorzio del genere umano? Colui che è stato creato insieme con te è uguale a te; e tutti siamo stati fatti a immagine di Dio, a meno che non polverizziamo ciò che egli ha formato, abbandonandoci a cupidige terrene. Orbene: Quanto non vuoi sia fatto a te, non farlo ad altri. Tu giudichi essere un male tutto ciò che non vuoi subire; e a riconoscere questo ti costringe una legge intima, scritta nel tuo cuore. Tu operavi il male e l'oppresso gridava tra le tue mani. Come non sentirti obbligato a tornare al tuo cuore, se ti dispiace subire la stessa ingiuria per mano altrui? Sarà cosa buona il furto? No. Io domando: Sarà cosa buona l'adulterio? Tutti gridano: No. Buona cosa, l'omicidio? Tutti dichiarano di detestarlo. Desiderare le cose altrui sarà un bene? No, risponde la voce di tutti. Oppure, se ancora non è questa la tua risposta, fa' che ti si avvicini uno intenzionato di toglierti ciò che è tuo. Ne saresti contento? Rispondi ciò che vorresti. Tutti, dunque, interrogati su tali argomenti, dichiarano che nessuna deviazione morale può essere cosa buona. Lo stesso quando si viene interrogati sulle opere buone: non sulle colpe che occorre evitare, ma su ciò che si è obbligati a dare o a restituire. Ragioniamo con uno che ha fame e diciamogli: “ Ecco tu soffri la fame. Quell'altro invece possiede il pane, ne ha in abbondanza, in misura più che sufficiente: egli sa che tu ne hai bisogno e non te lo dà ”. Se sei affamato, tutto ciò ti dispiace. Ebbene, un tale comportamento ti dispiaccia anche quando tu sei sazio, se saprai che un altro ha fame. Viene al tuo paese un pellegrino bisognoso di un tetto, e nessuno lo ospita. Costui allora si metterà a gridare che una tale città è disumana, e che è più facile trovare rifugio presso i barbari. Sente l'ingiustizia perché lo tocca direttamente. Tu invece non la senti, forse, con altrettanta forza. Immaginati, però, di essere tu stesso quel pellegrino e vedi un po' come ti dispiacerebbe che non ti fosse offerto l'alloggio: quell'alloggio che tu, nella tua patria, ricusi di offrire al pellegrino! Chiedo a tutti: “ Sono vere queste cose ”? “ Sono vere ”. “ Sono giuste queste cose ”? “ Sono giuste ”.

Coerenza tra fede e opere.

196 2. Ma ascoltate il salmo: Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. Non sia la tua giustizia di sole parole; sia una giustizia di opere: poiché, se tu agisci diversamente da come parli, potrai parlare bene, ma giudicherai male. Come potresti, infatti, giudicare secondo giustizia se agirai male? Ecco: ti si domanda cosa sia meglio, l'oro o la fede. Se tu non sei del tutto perverso e lontano dalla verità, non risponderai che è meglio l'oro, ma anteporrai la fede all'oro. Va bene! Hai parlato secondo giustizia. Hai sentito, però, il salmo? Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. E in qual modo proverò che tu non giudichi in conformità con le tue parole? Ho già la tua risposta, in cui si antepone la fede all'oro. Ecco però che viene da non so dove, un amico che ti affida dell'oro. Non c'è alcun testimone: lo sapete solo lui e tu, per quanto si riferisce agli uomini (c'è sempre, infatti, un altro testimone che non è visto e vede). Ti si consegna, dunque, l'oro in gran segreto, nella tua stanza, lontano da qualsiasi occhio (quell'altro testimone non è visibilmente nella stanza; è nel segreto delle vostre coscienze!). E poi, un bel giorno, l'amico che ti ha affidato la sua ricchezza senza farlo sapere a nessuno dei suoi, se ne va, sperando di tornare e di riavere dall'amico ciò che gli aveva consegnato. Ma, come accade nelle cose umane, egli muore durante il viaggio, lasciando un erede, un figlio: il quale figlio nulla sa degli averi del padre, né di ciò che aveva depositato presso di te. Ebbene, tu prevaricatore, torna, torna al cuore, ove è scritta la legge: Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri. Immagina di essere tu colui che ha consegnato l'oro all'amico, senza averne parlato con nessuno dei tuoi; immagina di essere morto, e di aver lasciato un figlio. Che cosa vorresti che il tuo amico desse a tuo figlio? Rispondi, giudica la causa! Nella tua mente c'è il tribunale del Giudice. Ivi siede Dio, è presente la coscienza in funzione di accusatrice; a torturarti c'è il timore. Si tratta, come vedi, di problemi umani, di fatti che succedono nella società umana a cui tu appartieni. Pensa che cosa vorresti che il tuo amico desse a tuo figlio. So che cosa ti risponderà la tua coscienza: ebbene, giudica come ascolti. Giudica! La voce non mancherà: dico la voce della verità, la quale non tace e, anche se non muove le labbra, ti griderà certo nel cuore. Porgi l'orecchio; e stattene lì entro il tuo cuore, presente il figlio del tuo amico. Lo vedrai, forse, andare ramingo e languire nell'indigenza. Egli non sa nulla del capitale che suo padre aveva; non sa dove lo abbia depositato né a chi lo abbia affidato. Immagina che questo tale sia tuo figlio; ovvero, immagina che viva colui che da morto disprezzi. Pensa alla morte per conseguire tu stesso la vita. Ma l'avarizia impone tutt'altra condotta: essa comanda contro Dio. Dio dice una cosa, un'altra ne dice l'avarizia. Una cosa diceva nel paradiso il nostro Creatore, un'altra ne diceva il serpente entrato di straforo a sedurre. Ti torni in mente la tua prima caduta: quella triste vicenda per cui sei mortale e soggetto alla fatica; per la quale mangi il pane col sudore del tuo volto e la terra ti genera spine e triboli (Cf. Gn 3,17 Gn 18). Impara da questa vicenda di vita vissuta ciò che ricusi d'imparare attraverso il comandamento. Ma vedo vincere la cupidigia. Perché non vince, piuttosto, la verità? E dove sono le parole che dicevi? Ecco, tu mediti di non restituire l'oro, pensi di nascondere il denaro all'erede del tuo amico. Poco fa ti avevo chiesto che cosa fosse più pregevole, che cosa fosse meglio, l'oro o la fede. Perché dici una cosa e ne fai un'altra? Non temi questa voce: Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini? Ecco, tu mi hai detto che la fede è migliore, e, invece, nel tuo giudizio hai ritenuto più pregevole l'oro. Non hai giudicato come hai parlato: hai detto il vero e hai giudicato il falso. Dunque, anche quando parlavi di giustizia, non dicevi la verità. Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. Quando mi rispondevi sulla giustizia, parlavi arrossendo, non confessando.

La giustizia a parole e a fatti. Cristo re universale.

3. Ma veniamo all'argomento di oggi, se siete d'accordo. È infatti, quella voce, dolce e ben nota alla Chiesa, la voce del Signore nostro Gesù Cristo e, nello stesso tempo, è la voce del suo corpo, la voce della Chiesa che soffre pellegrina qui in terra, in mezzo ai pericoli dei maldicenti e degli adulatori. Non avrai timore di chi ti minaccia, se non sei legato affettivamente con chi ti adula. Ebbene, colui che pronunzia le parole del nostro salmo ha guardato e ha visto che tutti parlano di giustizia. Chi, infatti, ricuserebbe di parlare in favore della giustizia, senza temere d'esser preso per ingiusto? Ascoltando, dunque, le voci di tutti e come osservando le labbra di ciascuno, il salmista gridava a costoro: Se davvero parlate di giustizia (se, cioè, non parlate falsamente di giustizia, se con le labbra non blaterate una cosa mentre nel cuore ne nascondete un'altra) giudicate rettamente, o figli degli uomini. Ascolta dal Vangelo la parola giusta, quella stessa che echeggia in questo salmo. Diceva, il Signore ai farisei: Ipocriti, come potete parlare del bene, se siete malvagi? Datemi un albero buono, e il suo frutto sarà buono; datemi un albero cattivo, e il suo frutto sarà cattivo (Mt 12,34 Mt 33). Perché ti vuoi imbiancare, o parete fangosa? Io conosco il tuo interno; il tuo intonaco non m'inganna. So che cosa presenti allo sguardo, so che cosa nascondi. Dice l'Evangelista: Non era necessario che alcuno andasse a rendergli testimonianza nei riguardi dell'uomo; egli sapeva che cosa fosse nell'interno dell'uomo (Jn 2,25). Sapeva certamente che cosa è nell'uomo colui che aveva fatto l'uomo e si era fatto uomo per cercare l'uomo. Osservate, pertanto, come stiano bene in connessione fra loro le due espressioni: Ipocriti, come potete parlare del bene, se siete malvagi?, e l'altra: Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini. Non parlavate con giustizia, quando dicevate: Maestro, sappiamo che tu sei giusto e che non guardi in faccia nessuno (Mt 22,16)? Perché in cuore nascondevate l'inganno? Perché mostravate al vostro Creatore l'immagine di Cesare e volevate distruggere nel vostro cuore l'immagine di Dio? Non sono state, forse, udite le vostre parole e non s'è risaputo, forse, in qual modo voi avete giudicato? Non avete voi crocifisso quell'uomo che avevate dichiarato giusto? Se davvero parlate di giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini. Come posso ascoltare la vostra espressione: Sappiamo che sei giusto, quando già prevedo il vostro giudizio e la vostra sentenza: Crocifiggilo, crocifiggilo (Jn 19,6)? Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. Che cosa avete concluso col vostro accanirvi contro il Dio fatto uomo e uccidendo il vostro re? Non gli avreste, certo, impedito d'essere re, perché, dopo essere stato ucciso da voi, egli sarebbe risorto. Di fronte al cartello collocato sulla croce del Signore, su cui era scritto: Re dei giudei (Jn 19,19), nelle tre lingue, ebraica, greca, latina (Cf. Lc 23,38 Jn 19,20), un giudice uomo era stato capace di dire: Ciò che ho, scritto, ho scritto (Jn 19,22). E Dio non sarebbe stato capace di dire: Ciò che ho scritto ho scritto? Egli è senza dubbio il vostro re: da vivo, è il vostro re; ucciso, è il vostro re. Ecco, il vostro re è risorto, è in cielo. Ecco, sta per venire. Guai a voi!, poiché egli è il vostro re. Seguitate, dunque, a parlare di giustizia e a non voler giudicare rettamente, figli degli uomini. Non volete giudicare rettamente? Sarete rettamente giudicati. Quel vostro re vive, non muore più: la morte su di lui non avrà più potere (Cf. Rm 6,9). Ecco che viene! Rientrate, prevaricatori, al cuore (Is 46,8). Verrà senza dubbio. Ravvedetevi prima che venga. Anticipate la sua comparsa con la confessione (Cf. Ps 94,2). Sì, verrà: lui, il vostro re. Ricordatevi del cartello posto sopra la croce. Anche se non lo vedete scritto, tuttavia resta; non lo si legge in terra, ma lo si serba in cielo. Credete, forse, che quella iscrizione sia stata alterata? Ma che cosa dice il titolo di questo salmo? Sino alla fine, perché tu non guasti a David stesso l'iscrizione del cartello. Non si altera, dunque, l'iscrizione di quel cartello. Cristo è il vostro re, perché Cristo è il re di tutti. Perché di lui è il regno, ed egli stesso dominerà le genti (Ps 21,29). Orbene, se è il re, ecco, prima di venire, vi dice: Per adesso mi limito a parlare; non giudico ancora. E se grido e minaccio, è perché non voglio colpire quando verrò a giudicare. Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, o figli degli uomini.

Un peccato ne chiama un altro.

4. [v 3.] Ma ora che cosa fate voi? Perché vi dico queste cose? Voi dentro al vostro cuore operate iniquità sulla terra. Le operate soltanto nel cuore? Ascolta quanto segue! Al cuore tengono dietro le mani: le mani sono al servizio del cuore. Ciò che è pensato viene anche attuato; ovvero, se non lo si compie, non è perché non lo vogliamo, ma perché non possiamo. Tutto quel che hai intenzione di fare e non lo fai perché impossibilitato, Dio lo ritiene come già fatto. Voi nel cuore operate iniquità sulla terra. E che cosa viene dopo? Le vostre mani collezionano ingiustizie. Che significa: Collezionano? Significa che da peccato nasce peccato e che il peccato porta a un altro peccato sotto la spinta del peccato. Cosa si vuol dire con tutto questo? Un tale ha commesso un furto, e questo è già un peccato. È stato sorpreso a rubare ed egli minaccia di morte colui dal quale è stato scoperto: un secondo peccato viene ad aggiungersi al primo. Ammettiamo ancora che Dio gli permetta, per un suo occulto giudizio, di uccidere colui che s'era proposto di uccidere. Quando s'accorge che la sua colpa è ormai nota, cercherà di uccidere anche colui che l'ha riconosciuto. Ecco un terzo peccato che si aggiunge agli altri due. Mentre trama tutti questi delitti, per non essere scoperto o perché non sia dichiarato responsabile del fatto, consulta un indovino. Ecco che i peccati diventano quattro. Ma l'indovino dà, forse, dei responsi sgraditi e avversi, e allora egli corre dall'aruspice per placare l'ira degli dèi. Che, se l'aruspice risponde di non poter compiere i riti espiatori, egli ricorre alla magia. Chi potrà elencare tutti i peccati che si collegano l'un l'altro? Le vostre mani collezionano ingiustizie. Finché tu le collezioni, unisci peccato a peccato: sciogliti dunque dal peccato! “ Ma non posso ”, dici. Grida al Signore: O infelice uomo che son io! Chi mi libererà da questo corpo di morte? (Rm 7,24) Verrà allora la grazia di Dio, e tu troverai piacere nella giustizia come ne hai trovato nell'iniquità; e l'uomo, liberato dalle catene, esclamerà a Dio: Hai sciolto i miei vincoli (Ps 115,16). Che significa: Hai sciolto i miei vincoli, se non: “ Hai rimesso i miei peccati ”? Ascolta come davvero sono vincoli i peccati. Risponde la Scrittura: Ciascuno è tenuto stretto dalle corde dei propri peccati (Pr 5,22). Non sono soltanto vincoli, ma anche corde. Le corde si fanno torcendo più fili: che è proprio quello che facevi tu quando aggiungevi peccato a peccato. Guai a coloro che trascinano i peccati come una lunga fune! (Is 5,18), grida Isaia. Guai a coloro che trascinano i peccati come una lunga fune! Che significano tali parole, se non: “ Guai a coloro le cui mani collezionano ingiustizie ”? E poiché ciascuno è incatenato dai suoi peccati - come anche dai suoi peccati è flagellato -, per questo il Signore scacciò dal tempio coloro che vi trafficavano indecorosamente con una frusta fatta di cordicelle (Cf. Jn 2,15). Ma tu, ora, non vorresti che fossero spezzate le tue catene, perché non senti com'esse ti stringano; che anzi, esse ti dilettano, ti danno piacere: Le sentirai, però, alla fine, quando ti sarà detto: Legategli le mani e i piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori; ivi sarà pianto e stridore di denti (Mt 22,13). Tu inorridisci, hai timore, ti batti il petto; dichiari che i peccati sono un male e che buona cosa è la giustizia. Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. Nella vostra vita trovino riscontro le vostre parole; nelle vostre opere si riconoscano le espressioni delle vostre labbra. Non aggiungete, dunque, ingiustizie a ingiustizie; perché ogni ingiustizia che collezionate servirà per incatenarvi. Non ascoltano: anche se non tutti. Comunque, coloro che non ascoltano, Dio li ha già segnati.

La Chiesa madre feconda.

5. [v 4.] I peccatori si sono estraniati dal seno materno, hanno errato lontano dal ventre, hanno detto il falso. Quando parlano di cose ingiuste, dicono anche delle falsità, perché iniquità e falsità coincidono. Ma anche quando dicono cose giuste, anche allora sono nella falsità, poiché una cosa dicono con le labbra e un'altra ne nascondono in cuore. I peccatori si sono estraniati dal seno materno. Che significa? Cerchiamo con attenzione! Potrebbe darsi, infatti, che tali parole alludano al fatto che Dio ha conosciuto in anticipo i peccatori anche nel seno delle madri. Ricordiamo l'episodio di Rebecca, la quale era tuttora incinta e portava in seno i gemelli quando le fu detto: Ho amato Giacobbe, mentre ho avuto in odio Esaù! (Gn 25,23 Ml 1,2 Ml 3 Rm 9,13) E ancora: Il maggiore servirà il minore. È in tutto questo un misterioso giudizio di Dio; rimane certo, tuttavia, che dal seno materno, cioè dalla loro stessa origine, si sono estraniati i peccatori. Estraniati da che cosa? Dalla verità. Estraniati da che cosa? Dalla patria beata, dalla vita beata. O non, piuttosto, estraniati dallo stesso seno materno? E quali peccatori si sono estraniati dal seno materno? Nascerebbero, forse, uomini senza essere stati ospitati nel seno materno? O vivrebbero oggi persone, sia pure incapaci d'udire con profitto queste parole, se prima non fossero nate? Forse, dunque, i peccatori si sono estraniati da un certo seno materno: da quel seno in cui la carità soffriva le doglie, sì da esclamare per bocca dell'Apostolo: Di nuovo vi partorisco, finché Cristo sia formato in voi (Ga 4,19). Aspetta dunque: lasciati formare! Non attribuirti un giudizio che forse non conosci. Anche se sei ancora carnale, tuttavia sei stato concepito. Avendo poi ricevuto il nome di Cristo, sei nato, mediante un certo sacramento, nelle viscere di tua madre. L'uomo, infatti, non nasce soltanto quando si stacca dalle viscere materne; anche nel periodo che rimane entro le viscere è nato. Nasce dapprima nelle viscere, poi nasce dalle viscere. Per questo anche di Maria fu detto: Ciò che è nato in lei è opera dello Spirito Santo (Mt 1,20). Non ancora era nato da lei, ma era già nato in lei. Nascono, dunque, nelle viscere della Chiesa certi piccoli, che è necessario vengano alla luce ben formati per non riuscire degli aborti. Ti generi la madre; non abortisca. Sii paziente! Le viscere materne ti debbono racchiudere finché non sarai formato, finché non sarà sicura in te la dottrina della verità. Ma se, mosso da impazienza, comincerai a forzare il ventre della madre, essa, sia pure con dolore, ti espellerà; ma sarà maggiore il tuo danno che non il suo.

L’eretico estraneo alla verità.

6. I peccatori si sono estraniati dal seno materno, hanno errato lontano dal ventre, hanno detto il falso. Hanno errato lontano dal ventre perché hanno detto il falso, o, piuttosto, hanno detto il falso perché hanno errato lontano dal ventre? Certamente nel ventre della Chiesa c'è in maniera stabile la verità. Chiunque si sarà separato da questo ventre della Chiesa necessariamente dirà il falso. Necessariamente, ripeto, dirà il falso colui che o non ha voluto essere concepito oppure, dopo essere stato concepito, è stato espulso dal seno materno. Tali sono gli eretici, che, usciti dalla Chiesa, gridano contro il Vangelo. Ed è di questi (per la cui espulsione soffriamo) che vogliamo parlare un momento. Noi, Vangelo alla mano, diciamo loro: Ecco, Cristo ha detto: Era necessario che Cristo soffrisse e risorgesse dai morti nel terzo giorno (Lc 24,46). Qui io riconosco il nostro capo, qui riconosco il nostro sposo. Riconosci anche tu, con me, la sposa; sta' attento alle parole che seguono: Era necessario che fossero predicate nel suo nome la penitenza e la remissione dei peccati tra tutte le genti, incominciando da Gerusalemme (Lc 24,47): “ È da me che tu devi venire ”, dice l'eretico. Ecco, la Chiesa è diffusa tra tutte le genti, incominciando da Gerusalemme. Non sono io a dirti: “ Vieni qui ”; è lei che spontaneamente viene a te. Ma costoro restano sordi contro il Vangelo e non ci permettono di leggere quelle parole di Dio che si vantano d'aver custodito dal fuoco mentre poi le vogliono distruggere con la lingua. Al posto del Vangelo diffondono chiacchiere inventate da loro, predicano ciance: “ È stato lui, è stato l'altro, a tramandarci queste verità ”. Anch'io potrei replicarti: “ Quel tale mi ha tramandato questo, mentre l'altro mi ha trasmesso quell'altro ”, e direi la verità. Ma che cosa me ne importa? Né tu né io leggiamo nel Vangelo i nomi di coloro che ricordiamo. Siano tolte di mezzo le nostre carte e sia posto in mezzo il codice di Dio. Ascolta Cristo che parla, ascolta la verità che dice: Siano annunziate nel suo nome la penitenza e la remissione dei peccati tra tutte le genti, incominciando da Gerusalemme. “ No! dicono costoro Ascoltate ciò che diciamo noi; noi non vogliamo udire ciò che dice il Vangelo ”. I peccatori si sono estraniati dal seno materno, hanno errato lontano dal ventre, hanno detto il falso. Noi diciamo la verità perché abbiamo udito la verità: ripetiamo ciò che dice il Signore, non ciò che dice l'uomo. Può darsi che l'uomo menta; ma la verità non può mentire. Dalla bocca della verità riconosco Cristo, che è la verità stessa. Dalla bocca della verità riconosco la Chiesa, che è partecipe della verità. Non venga a raccontarmi fandonie uno che ha errato lontano dal seno della madre Chiesa, dopo essere stato nelle sue viscere. Prima di tutto, infatti, io dovrei controllare quale sia il suo insegnamento. Lo vedo, però, estraniato dal seno materno, lo vedo errare lontano dal ventre, e che cosa potrei attendermi da lui se non falsità? Hanno errato lontano dal ventre, hanno detto il falso.

La legenda degli incantatori marsicani. L’umano e il divino nei libri ispirati.

7. [vv 5.6.]La loro ira somiglia a quella del serpente. State per udire una cosa straordinaria. La loro ira somiglia a quella del serpente. Come se noi gli avessimo chiesto una spiegazione su quanto ha detto, egli ribadisce: È come quella dell'aspide sordo. Perché sordo? E che tura le sue orecchie. Per questo sordo, perché si tura le orecchie. Che tura le sue orecchie e che non obbedisce alla voce degli incantatori e del medicamento medicato dal sapiente. Così abbiamo ascoltato, e così dicono gli uomini che hanno risaputo tali cose con la, massima esattezza loro consentita. Anzi, è lo Spirito di Dio che ce le attesta: quello Spirito che le conosce molto meglio di tutti gli uomini. Non a vanvera ci ha detto tutte queste cose, per cui può benissimo essere vero anche ciò che abbiamo udito a proposito dell'aspide. Ascoltate che cosa fa l'aspide quando comincia a sentire l'azione incantatrice di qualche fattucchiere marso capace di attirarlo con certi suoi versi, come fanno, del resto, tanti altri dediti alla magia. Ma, frattanto, voglio farvi notare una cosa, fratelli, che è necessario premettere per ovviare ai dubbi e alle perplessità di qualche uditore. Quando ci viene proposta una similitudine, non è detto che le Scritture approvino la cosa in sé; ne parlano soltanto per trarne un esempio. La Scrittura non loda certamente quel giudice ingiusto che non voleva ascoltare quella vedova e non temeva né Dio né gli uomini; anche se il Signore da lui ha tratto una lezione per noi (Cf. Lc 18,2). E neppure loda quell'uomo pigro che dette tre pani a chi glieli chiedeva, non per amicizia ma perché seccato dalle sue insistenze; e tuttavia dal suo comportamento è stata presa una similitudine molto istruttiva per noi (Cf. Lc 11,8). Da cose che certo non meritano lode si traggono, dunque, delle similitudini, con un procedimento in cui fa molto gioco l'approssimazione. Poiché, se davvero pensaste che si debba andare fra i marsi, poiché così avete udito nella Scrittura di Dio dovremmo andare anche agli spettacoli del teatro, poiché l'Apostolo dice: Io non faccio il pugilato come se battessi l'aria (Cor 9, 26). Il pugilato è infatti una specialità dell'atletica. E allora, per il fatto che la Scrittura prende una similitudine dal pugilato, dobbiamo forse andare a deliziarci di tali spettacoli? Oppure, perché è detto: Colui che gareggia nello stadio si astiene da ogni cosa (1Co 9,25), per questo dovrà, forse, il cristiano smaniare per certe gare atletiche sciocche e insulse? Vedi di comprendere ciò che ti si presenta solo come similitudine e ciò che ti si insegna a non commettere. Così, dunque, anche nel nostro caso: è una similitudine che ti vien data, e la si prende dall'incantatore marso che incanta l'aspide per trascinarlo fuori dalla sua caverna tenebrosa. Egli lo vuole trarre alla luce; ma, siccome esso ama le tenebre nelle quali, tutto attorcigliato, si nasconde, per questo, cioè perché non vuole uscire, si dice che rifiuta anche di ascoltare le voci dalle quali si sente attratto. Anzi, c'è chi dice che l'aspide è solito schiacciare un orecchio contro la terra, mentre si tura l'altro con la coda; e così, evitando per quanto può, di ascoltare le formule dell'incantesimo, non esce verso l'incantatore. Lo Spirito di Dio ha detto che sono simili a quest'aspide coloro che non vogliono ascoltare la parola di Dio: coloro che si rifiutano non soltanto di metterla in pratica, ma anche d'ascoltarla per non doverla poi praticare.

197 Il martirio di Stefano.

8. Tutto questo è accaduto nei primi tempi della fede. Il martire Stefano annunziava la verità ed era come se incantasse delle menti ottenebrate per trascinarle alla luce. Quando giunse a parlare di Cristo, di cui essi non volevano assolutamente ascoltare niente, che cosa dice di costoro la Scrittura? Che cosa narra? Chiusero, dice, le loro orecchie. E che cosa abbiano fatto in seguito ce lo dice il racconto del martirio di Stefano. Non erano sordi, ma si resero sordi. Non avevano aperte le orecchie del cuore; e siccome la potenza della parola, irrompendo attraverso le orecchie della carne, faceva violenza a queste orecchie del cuore, essi chiusero anche le orecchie del corpo e ricorsero alle pietre (Cf.
Ac 7,56 Ac 57). Ecco degli aspidi sordi, più duri delle pietre con le quali lapidarono il loro incantatore. Non vollero ascoltare la voce dell'incantatore né del medicamento medicato dal sapiente. Che cosa è “ il medicamento medicato dal sapiente ”? Forse è chiamato “ medicamento medicato,” il medicamento preparato dagli esperti. Oppure dobbiamo cercare qualche altra cosa, dobbiamo cercare in che senso anche un medicamento possa esso stesso venir medicato? Medicamenti erano contenuti nelle profezie, nella legge: tutti i comandamenti erano medicamenti. Ma questo medicamento non era ancora medicato; con l'avvento del Signore il medicamento fu medicato. Ebbene, costoro non poterono sopportare una cosa del genere. (Poiché attraverso il medicamento non riuscivano a conseguire la guarigione, il medicamento stesso fu medicato con l'avvento del Signore). Stefano li incantava con il medicamento ormai medicato, ma essi non lo vollero ascoltare. Chiusero gli orecchi a ciò che era stato la medicina della medicina stessa. Li chiusero, infatti, non appena fu pronunciato il nome di Cristo. La loro indignazione fu come l'ira del serpente. Perché chiudete gli orecchi? Aspettate, ascoltate! E poi, se potete, infierite pure. Ma essi, siccome volevano soltanto incrudelire, non vollero udire. Se, infatti, avessero udito, forse avrebbero desistito dalla loro crudeltà. La loro indignazione fu come l'ira del serpente.

L’ostinazione dei donatisti.

9. Gente simile dobbiamo subire anche noi. Dapprima sembrava che fossero i paladini della verità; ma Dio non è venuto meno, non ha taciuto. La verità è stata annunziata nella sua Chiesa; nelle viscere della madre si sono scoperte le loro menzogne. La luce si è resa manifesta. È apparsa la città posta sopra il monte, la città che non può essere nascosta. La lucerna destinata ad illuminare tutti coloro che sono nella casa è stata posta sul candelabro (Cf. Mt 5,14-15 Mt Mt 5,34). A chi è nascosta, infatti, la Chiesa di Cristo? Dove è nascosta la verità di Cristo? Non è forse, costei, quel monte che crebbe da una piccolissima pietra e riempì l'intera faccia della terra (Cf. Da 2,35)? Sono prove schiaccianti, queste; e nulla resta loro da dire contro la Chiesa. E che cosa è rimasto loro? “ Perché ci cercate? perché ci volete? - dicono - Allontanatevi da noi! ” Ma ai loro seguaci dicono: “ Nessuno parli con loro; nessuno si unisca con loro; nessuno li ascolti ”. La loro rabbia è come quella dei serpenti. È come quella dell'aspide sordo e che tura le sue orecchie, che non obbedisce alla voce degli incantatori e del medicamento (intendi: “ alla voce del medicamento ”) medicato dal sapiente. Non si comprende già a quale medicamento alluda, se lo presenta come una voce? Forse che il medicamento ha la voce? C'è un medicamento che ha la voce. È il medicamento che portiamo con noi. Ascoltate la sua voce e non fate come fanno gli aspidi sordi. Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. È la voce del medicamento; e questo medicamento è medicato dal sapiente. Perché ormai è venuto Cristo a compiere la legge e i profeti (Cf. Mt 5,17), a confermare la verità stessa: e in quei due precetti tutta la legge e i profeti sono riassunti.

La rinunzia cristiana ai piaceri dei senso.

10. Oppure dovremo ricercare qualche altra cosa in ciò che si dice dell'aspide, che cioè chiude le orecchie premendone una contro la terra e turando l'altra con la coda? Ma, cosa potrà significare? Nella “ coda ” si intende assai bene ciò che sta dietro: quindi le cose passate, alle quali ormai è necessario voltare le spalle, in modo da tendere verso quelle che ci sono promesse. Non dobbiamo, quindi, compiacerci della nostra vita, né per quel che riguarda il passato né per quel che riguarda il presente. Questo infatti ci inculca l'Apostolo quando dice: Quale frutto aveste un tempo nelle cose delle quali oggi arrossite? (Rm 6,21 Rm 6,37) Ci vieta di ricordare con compiacenza le cose passate, smaniosi d'assaporarne il piacere, affinché non ritorniamo con il cuore in Egitto. E che cosa ci dice delle cose presenti? In quali termini ci ordina di disprezzare anche queste? Dice: Non mirando alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono. Perché quelle che si vedono sono temporali; quelle invece che non si vedono sono eterne (2Co 4,18). Del pari dice della vita presente: Se soltanto in questa vita speriamo in Cristo, siamo i più miserabili di tutti gli uomini (1Co 15,19). Dimenticati, dunque, delle cose passate, nelle quali sei vissuto male! Disprezza il presente, nel quale vivi solo per breve tempo, se non vuoi esserne preso e se non vuoi che il presente ti impedisca di conseguire i beni futuri. Infatti, se ti attrae ancora la vita presente, tu premi ancora l'orecchio contro la terra; se ti diletti delle cose passate (che pur ti sei già lasciate dietro), ti turi l'orecchio con la coda. Devi, dunque, avanzare verso la luce. Abbandonando le tenebre, devi ascoltare la voce del medicamento medicato dal sapiente, in modo da dire, esultando e camminando nella luce: Io dimentico le cose che mi stanno dietro e tendo verso quelle che mi stanno innanzi (Ph 3,13). Non dice: “Dimentico quelle cose che mi stanno dietro e mi rallegro di quelle presenti ”. Col dire: Dimentico le cose che stanno dietro, mostra che non s'è turato l'orecchio con la coda dicendo: Tendo verso quelle che mi stanno innanzi, mostra di non essere assordito dalle cose presenti. E, quindi, nelle migliori condizioni per ascoltare e annunziare la verità, e si capisce come dovrà esultare la sua lingua predicando questa verità nella nuova luce, dopo aver gettata via la vecchia tunica. Per riuscire a questo giova possedere l'astuzia del serpente, a imitare la quale ci esorta il Signore là dove dice: Siate astuti come i serpenti (Mt 10,16). Che cosa significano le parole: Astuti come i serpenti? Se uno ti percuote, offrigli pure tutte le tue membra, ma non lasciarti toccare la testa, cioè Cristo, capo dell'uomo (1Co 11,3). Ma ti appesantisce un qualcosa che somiglia - così almeno pare - a una dura corteccia, un qualcosa di decrepito che costituisce in te l'uomo vecchio. Ascolta l'Apostolo che dice: Spogliandovi del vecchio uomo e rivestendo il nuovo (Col 3,9 Col 10). E in qual modo - dirai - potrò io spogliarmi dell'uomo vecchio? Imita l'astuzia del serpente. Che cosa fa il serpente per spogliarsi della vecchia scaglia? Si costringe a passare attraverso un foro stretto. Ma dove, tu dici, trovo questo foro stretto? Ascolta: Stretta e angusta è la via che conduce alla vita, e pochi sono coloro che vi entrano (Mt 7,14). Ti spaventa questa via, e non vuoi andarvi perché sono pochi quelli che vi entrano? È lì, però, che devi deporre i vecchi abiti; altrove non potresti farlo. Se invece ti piace essere trattenuto dal vecchiume che porti in te, appesantito, schiacciato, dispensati pure dal passare per la via stretta. E in effetti, finché sarai appesantito dal vecchiume del tuo peccato e della tua vita trascorsa, non vi riuscirai a passare. Orbene, siccome il corpo che si corrompe appesantisce già di per se stesso l'anima (Cf. Sg 9,15), è necessario non aggiungervi il peso delle cupidige carnali; o, meglio, occorre spogliarci delle stesse concupiscenze. Ma, dove ti spoglierai se non vorrai passare per la via stretta, se non sarai astuto come il serpente?

Il tributo a Cesare.

11. [v 7.] Dio ha spezzato i denti di costoro nella loro bocca. Di chi? Di coloro la cui indignazione assomiglia a quella del serpente e a quella dell'aspide che tura le sue orecchie per non udire la voce degli incantatori e del medicamento medicato dal sapiente. Che cosa ha fatto loro il Signore? Ha spezzato i denti di costoro nella loro bocca. Così è accaduto. È accaduto all'inizio e accade ora. Ma sarebbe bastato, fratelli miei, che dicesse: Dio ha spezzato i denti di costoro. Perché aggiunge: Nella loro bocca? I farisei non volevano ascoltare la legge, non volevano ascoltare da Cristo i precetti della verità; rassomigliavano a quel serpente e a quell'aspide. Trovavano gioia nei loro antecedenti, peccati e non volevano perdere la vita presente, cioè non volevano perdere le gioie terrene per conseguire le gioie eterne. Chiudevano un orecchio per gustarsi il piacere del passato, e l'altro per gustarsi il piacere del presente: per questo non volevano udire. Per qual motivo, infatti, dicevano: Se lo lasceremo libero, verranno i romani e ci strapperanno il tempio e il popolo (Jn 11,48)? Non volevano perdere il tempio, e perciò tenevano schiacciato contro la terra il loro orecchio, rifiutandosi d'ascoltare le parole medicate dal sapiente. È stato detto di costoro che erano avari e amanti del denaro; tutta la loro vita, anche quella trascorsa, è descritta dal Signore nel Vangelo. Chi legge accuratamente il Vangelo trova in qual modo essi si turavano ambedue le orecchie. Stia attenta la vostra Carità! Che cosa fece, allora, il Signore? Spezzò i denti di costoro nella loro bocca. Che significano le parole Nella loro bocca? Il Signore li costrinse a emettere una sentenza contro di loro stessi. Volle che essi con la loro bocca pronunziassero la propria condanna. Volevano un giorno accusarlo prendendo lo spunto dal tributo; ma egli non disse: “ È lecito pagare il tributo ”, e nemmeno: “ Non è lecito pagarlo ”. Voleva spezzare loro i denti, con i quali smaniavano di mordere; ma voleva spezzarli nella loro stessa bocca. Se avesse detto: “ Si paghi il tributo a Cesare ”, essi lo avrebbero accusato come uno che rinnegava la nazione giudaica, in quanto la riduceva al rango di nazione tributaria. Essi, infatti, umiliati a causa dei loro peccati, pagavano il tributo: proprio come era stato loro preannunziato nella legge. “ Se ci ordinerà di pagare il tributo - essi pensavano - lo considereremo come rinnegato nei riguardi del nostro popolo. Se invece dirà: Non pagate, dovrà ugualmente fare i conti con noi, avendoci sobillati contro Cesare ”. Per catturare il Signore tesero, dunque, questo cappio doppiamente insidioso. Ma, a chi s'erano presentati? A uno che sapeva spezzar loro i denti nella loro bocca. Il quale si limitò a dire: Mostratemi un denaro. E: Perché mi tentate, ipocriti? (Mt 22,17 Mt 18) Siete indecisi se pagare o meno il tributo? Volete fare giustizia? Chiedete un consiglio di giustizia? Se davvero voi parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini. Ma ora, poiché dite una cosa e ne pensate un'altra, voi siete ipocriti. Perché mi tentate? Ora spezzerò i vostri denti nella vostra bocca. Mostratemi un denaro!. E glielo mostrarono. Egli non asserisce: “ È di Cesare ”, ma chiede: Di chi è? per spezzare i loro denti nella loro bocca. Alla sua richiesta di chi fosse quella immagine e quella iscrizione, essi risposero che era di Cesare. Ormai il Signore spezza loro i denti nella loro bocca. Avete già risposto voi stessi: i vostri denti sono bell'e spezzati nella vostra bocca. Rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio! (Mt 22,21) Cesare chiede la sua immagine: rendetegliela! Dio chiede la sua immagine: rendetegliela! Non perda per colpa vostra Cesare una sua moneta; non perda Dio in voi la sua moneta. Ed essi non seppero cosa rispondere. Erano stati inviati per accusarlo, tornarono dicendo che nessuno poteva rispondere a lui. Perché? Perché erano stati loro spezzati i denti nella loro bocca.

Il battesimo di Giovanni.

12. A questo si riferiscono anche le parole: Con quale potere fai queste cose? Replicò il Signore: Voglio prima farvi anch'io una domanda; rispondetemi. E domandò, loro di Giovanni; chiese loro donde venisse il battesimo di Giovanni: se dal cielo o dagli uomini. Qualunque cosa avessero risposto, sarebbe stata contro di loro. Essi non osarono dire: “ Dagli uomini ”, temendo di essere lapidati da coloro che consideravano Giovanni un profeta. Più ancora temevano di dire: “ Dal cielo ”, per non confessare che lui era Cristo, come Giovanni aveva annunziato. Stretti da ogni parte, da destra e da sinistra, quei tali che erano venuti, per incolparlo, confessarono la propria ignoranza e dissero: Non lo sappiamo (Cf. Mc 11,28 Mc 33). Quando gli chiesero: Con quale potere fai queste cose? preparavano un'accusa, poiché, se egli avesse detto: “ Sono il Cristo ”, lo avrebbero accusato di arroganza, di superbia e di sacrilegio. Ma egli non disse: “ Sono il Cristo”, ma chiese di Giovanni, il quale aveva detto di lui che era il Cristo. Costoro non osarono rimproverare Giovanni, temendo di essere uccisi dal popolo; non osarono dire: “ Giovanni ha, affermato il vero ”, per non sentirsi dire: “ Allora prestategli fede! ”. Ammutolirono; dissero di non sapere. Non erano più, ormai, in grado di mordere. Perché non ne erano più capaci? Già voi lo sapete: i loro denti erano stati spezzati nella loro bocca.

Simone il fariseo e la peccatrice.

198 13. Dispiacque a quel fariseo, che aveva invitato a pranzo il Signore, il fatto che era stato consentito a una donna peccatrice d'avvicinarsi ai suoi piedi. Mormorava contro Gesù dicendo: Se costui fosse un profeta, saprebbe quale donna gli si sia avvicinata ai piedi. Tu, che non sei un profeta, come fai a sapere che egli non sa chi sia la donna che gli si è avvicinata ai piedi? Lo pensava perché il Signore non osservava le prescrizioni dei giudei circa la purità (quella purità che essi custodivano esteriormente nella carne, ma non avevano nel cuore). Ma il Signore, che conosceva i peccati della donna, come pure vedeva i pensieri del suo ospite, diede la risposta che voi sapete. E per dirla in breve, anche quella volta volle spezzare nella bocca del fariseo i suoi denti. Propose infatti la parabola: Due uomini erano debitori dello stesso creditore: uno doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Ambedue non avevano di che restituire, e il creditore rimise il debito a tutt'e due. Chi lo amò di più? Lo interroga perché risponda; e quello risponde in modo che i suoi denti siano spezzati nella sua bocca. Risponde confuso; è tagliato fuori [dalla salvezza]. Quella donna, invece, che aveva fatto irruzione in una dimora estranea, ma non si era avvicinata ad un Dio estraneo (Cf. Lc 7,39), viene accolta e riceve misericordia. Il Signore ha spezzato i denti di costoro nella loro bocca.

Le insidie e le violenze dei giudei superate da Cristo.

14. Il Signore ha spezzato le zanne dei leoni. Non soltanto degli aspidi. Perché parlo ancora degli aspidi? Gli aspidi vogliono insidiosamente inoculare il veleno, spargerlo, iniettarlo. Scopertamente, invece, incrudelirono le folle e ruggirono come leoni. Perché hanno fremuto le genti e i popoli hanno tramato cose vane? (Ps 2,1) Quando insidiavano il Signore dicendo: È lecito pagare il tributo a Cesare o no? erano aspidi, erano serpenti: e i loro denti sono stati spezzati nella loro bocca. Più tardi gridarono: Crocifiggilo, crocifiggilo! (Mt 27,23 Jn 19,6) Ormai non è più la lingua dell'aspide, ma è il ruggito del leone. Ma, il Signore ha spezzato anche le zanne dei leoni. Non è, forse, senza significato che qui non aggiunga: “ Nella loro bocca ”. Coloro che gli tendevano insidie con domande capziose, furono costretti alla sconfitta dalla loro stessa risposta; questi invece che infierivano apertamente potevano, forse, essere convinti con delle domande? Tuttavia anche le zanne di costoro furono spezzate. Il crocifisso risorse e ascese al cielo. Cristo è stato glorificato: egli è adorato da tutte le genti e da tutti i re. Incrudeliscano ora i giudei, se possono. Ma è finito il loro tempo: Il Signore ha spezzato le zanne dei leoni.

Serrata polemica contro i donatisti.

15. Negli eretici troviamo una prova che ben conferma quanto veniamo affermando. Troviamo che anche costoro sono serpenti resi talmente sordi dall'ira che non vogliono ascoltare il medicamento medicato dal sapiente. Il Signore, però, ha loro spezzato i denti dentro la loro bocca. Come si accanivano un tempo contro di noi, rimproverandoci d'essere persecutori, quando li escludevamo dalle basiliche! Domanda loro adesso: “ Debbono essere esclusi gli eretici dalle basiliche, oppure no?”. Rispondano ora. Diranno che non debbono essere esclusi: ecco allora i massimianisti pretendere la restituzione delle basiliche. Affinché i massimianisti non si riprendano le basiliche, essi diranno che gli eretici debbono esserne esclusi. “Che cosa dicevate, dunque, contro di noi? Vedete come i vostri denti sono stati spezzati nella vostra bocca?” Essi contrattaccano: “Forse che noi coltiviamo l'amicizia dei re o degli imperatori? Voi sì che vi appoggiate sugli imperatori! ”. Ma io ti chiedo: “Perché, allora, voi vi appellate ai proconsoli mandati dagli imperatori? Perché vi appellate a delle leggi che gli imperatori hanno promulgate contro di voi? Imperatori appartenenti alla nostra comunità hanno emanato leggi contro tutti gli eretici: col quale nome di eretici vengono chiamati tutti coloro che non fanno parte della Chiesa, voi compresi. Se le leggi sono vere, valgono anche contro di voi che siete eretici; se sono false, perché le fate valere contro gli eretici di casa vostra? ” Fratelli, state attenti un momento, e comprendete ciò che volevamo dirvi. Tempo addietro gli eretici mossero causa contro i massimianisti, per escluderli, come gente scismatica e scomunicata, dai templi che essi da tempo occupavano e nelle cui sedi erano succeduti ai vescovi loro predecessori. Volendo scacciarli da tali sedi, si appellarono alle leggi dello stato: si presentarono ai giudici dichiarando di essere cattolici onde poter cacciar via gli eretici. Perché ti dichiari cattolico per cacciar via l'eretico e non vuoi, al contrario, essere davvero cattolico, per non essere cacciato via come eretico? Ti fingi cattolico per poter cacciar via l'eretico. Il giudice, infatti, non avrebbe potuto giudicarti se non in base alle sue leggi. Orbene, costoro si dichiararono cattolici; e la loro denunzia fu accolta. Accusarono gli altri d'essere eretici; e, quando il giudice chiese loro le prove, citarono il concilio bagaitano, nel quale erano stati condannati i massimianisti. Le decisioni del processo furono inserite negli Atti proconsolari; si dimostrò che gli eretici, essendo stati condannati, non dovevano possedere le basiliche e il proconsole emise la sentenza secondo la legge. Secondo quale legge? Secondo la legge che era stata promulgata contro gli eretici. Ma, se essa è contro gli eretici, è anche contro di te. “ Perché - tu chiedi - è contro di me? Io non sono eretico”! Ebbene, se tu non sei eretico, quelle leggi sono false: esse, infatti, sono state promulgate da imperatori che non appartengono certo alla tua comunione e danno il nome di eretici a tutti coloro che non appartengono alla stessa comunione degli imperatori. Ma adesso io non voglio sapere se tali leggi siano vere o false; mettiamo da parte tale questione, se ancora esiste. Lasciami, però, ragionare un istante a modo tuo e chiederti: “Le leggi sono vere o sono false? ”. Se sono vere, si obbedisca a esse; se sono false perché te ne servi? Tu andasti a dire al proconsole: “ Sono cattolico; caccia via l'eretico ”. Il proconsole ti chiese in qual modo potevi provare che quello era eretico; tu gli presentasti il tuo concilio e dimostrasti che lo avevi condannato. Quello, o perché era connivente con te o perché non capiva, fatto sta che si servì della legge come giudice, e tu ottenesti dal giudice una linea di condotta che tu stesso non vuoi seguire. Orbene, se il giudice per le cose che tu suggerivi, si è servito della legge dell'imperatore, perché tu non ti servi di tale legge per la tua correzione? Ecco, ha scacciato il tuo eretico sulla base della legge del suo imperatore: perché non vuoi tu essere scacciato in base alla stessa legge? Esaminiamo daccapo la serie delle vostre imprese. Ecco! le basiliche erano occupate dai massimianisti; ora sono state occupate da voi e da esse sono stati scacciati i massimianisti. “ È naturale. Ci sono gli ordini dei proconsoli; ci sono i resoconti degli Atti! ” Ecco, arrivano (ben accolti!) i messi del giudice, e le città sono in subbuglio. Comunque, i proprietari sono stati cacciati dai loro templi. Perché? Perché sono eretici. In base a quali leggi sono scacciati? Rispondi! Vediamo se non sono stati ancora spezzati i vostri denti nella vostra bocca. La legge è falsa? E allora non valga contro il tuo eretico. La legge è vera? E allora valga anche contro di te. Non hanno di che rispondere. Dio ha spezzato i loro denti nella loro bocca. Perciò, siccome non possono più strisciare come aspidi nelle vie tortuose dell'inganno, ruggiscono con aperta violenza come leoni. E ti vedi uscir fuori, allora, le schiere armate dei circoncellioni assetati di sangue: fanno strage quanto possono e ovunque possono. Ma anche le zanne dei leoni ha spezzato il Signore.

Le minacce de mondo perverso e prepotente.

16. [v 8.] Diverranno roba di nessun conto, come acqua che scorre. Non vi spaventino, fratelli, certi fiumi cui si suol dare il nome di torrenti. D'inverno si riempiono d'acqua, ma non abbiate timore! Dopo poco temo l'acqua sarà defluita, la corrente passata. Il torrente rumoreggia per qualche giorno, ma presto lo strepito cesserà. I torrenti non possono durare a lungo. Molte eresie sono già morte: hanno rumoreggiato nei loro ruscelli come meglio hanno potuto, ma poi sono corse via, e i loro ruscelli si sono asciugati e a mala pena si trovano le tracce della loro esistenza. Svaniranno come acqua che scorre. Ma non soltanto costoro. Tutto il mondo attuale rumoreggia, per un qualche tempo, e cerca chi trascinare con sé. Non vi spaventino gli empi, i superbi, che rumoreggiano sugli scogli della loro alterigia, come acque irrompenti in una confluenza. Sono acque d'inverno: non possono sempre scaturire; è necessario che scorrano verso al loro sfocio, verso la loro fine. E, tuttavia, il Signore ha bevuto da questo torrente del mondo. Egli, infatti, quaggiù ha sofferto la passione; da questo stesso torrente ha bevuto. Ma ha bevuto per via, cioè passando, poiché non si è fermato sulla via dei peccatori (Cf. Ps 1,1). E che cosa dice di lui la Scrittura? Berrà dal torrente nella via, e per questo innalzerà il capo (Ps 109,7). Cioè: è stato glorificato perché aveva voluto gustare la morte; è risorto perché aveva sofferto. Se non avesse voluto bere dal torrente lungo la via, non sarebbe morto; se non fosse morto, non sarebbe risorto; se non fosse risorto, non sarebbe stato glorificato. Dunque, berrà dal torrente nella via; per questo innalzerà il capo. Il nostro capo è già innalzato: lo seguano le sue membra! Svaniranno come acqua che scorre. Ha teso il suo arco fino a che siano indeboliti. Le minacce di Dio non vengono meno: arco di Dio sono le minacce di Dio. Il suo arco è teso, ma non ferisce ancora. Ha teso il suo arco fino a che siano indeboliti. E, di fatto, molti sono stati indeboliti, spaventati dall'arco teso dal Signore. Così divenne debole colui che diceva: Che cosa mi ordini di fare? E il Signore a lui: Io sono Gesù Nazzareno, che tu perseguiti (Ac 9,6 Ac 5). Colui che gridava dal cielo tendeva l'arco. E molti che prima erano nemici sono stati indeboliti, e, convertiti, non hanno più voluto sollevare la loro testa contro l'arco che seguitava a rimanere teso. Uno di costoro, divenuto debole in questa maniera, per escludere da noi ogni timore diceva: Quando sono debole, allora sono potente (2Co 12,10). E che cosa gli fu risposto quando pregava che gli fosse tolto il pungiglione della carne? La virtù si perfeziona nella debolezza (2Co 12,9). Ha teso il suo arco fino a che sono stati indeboliti.

Le pene dei peccatori in questa vita e nell’altra.

17. [v 9.] Come cera liquefatta saranno portati via. Tu, forse, stavi per dire: “ Ma, non tutti si indeboliscono come mi sono indebolito io, cioè tanto da credere. Molti perseverano nelle loro colpe e nella loro malvagità ”. Non aver timore di costoro! Come cera liquefatta saranno portati via. Non si ergeranno a lungo contro di te, non resisteranno: periranno nel fuoco delle loro brame. C'è, infatti, una pena occulta della quale parlerà ora il salmo, da adesso sino alla fine. Sono pochi versetti: state attenti! C’è la pena futura: il fuoco dell'inferno, il fuoco eterno. La quale pena futura ha due aspetti: è una pena d'inferno, e in essa bruciava quel ricco il quale chiedeva che una goccia d'acqua cadesse sulla sua lingua dal dito del povero che aveva disprezzato quando giaceva dinnanzi alla sua porta. Ricorderete certamente come quel ricco diceva: Sono tormentato in questa fiamma (Lc 16,24). L'altro elemento della pena sopraggiungerà alla fine, quando coloro che saranno posti a sinistra si sentiranno dire: Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per gli angeli suoi (Mt 25,41). Tali pene si manifesteranno alla fine della vita e quando, alla fine del mondo, si giungerà alla resurrezione dei morti. Ma ora, dunque, non vi è nessuna pena, e Dio lascia completamente impuniti i peccati fino a quel giorno? Esiste, anche nella vita presente, un castigo, per quanto occulto: e di questo ora si parla nel salmo. Lo Spirito di Dio vuole sottolineare tale pena. Comprendiamola, abbiamone timore, evitiamola: e così non incapperemo in quelle altre pene molto più terribili. Forse qualcuno mi dirà: “ Certo vi sono anche qui le pene: il carcere, l'esilio, la tortura, la morte e tutte le diverse specie di dolori e di travagli ”. Indubbiamente vi sono anche queste pene, distribuite secondo un giudizio di Dio: pene che per molti servono solo a metterli alla prova, mentre per molti altri servono a condanna. In realtà ci capita a volte di vedere i giusti sottoposti a tali pene, mentre ne sono esenti gli ingiusti: tanto che per questo vacillarono i piedi di colui che più tardi rese grazie dicendo: Quanto è buono il Dio d'Israele con i retti di cuore! Ma i miei piedi hanno quasi vacillato perché sono stato invidioso dei peccatori, vedendo la loro pace (Ps 72,1-3). Aveva visto, infatti, la felicità dei malvagi e aveva sentito la lusinga del male vedendo trionfare i cattivi, vedendoli nella prosperità, vedendo che essi abbondavano di ogni bene temporale: di quei beni che anche lui, ancora troppo piccino [nelle sue aspirazioni] desiderava dal Signore. Così vacillarono i suoi piedi, finché non vide che cosa alla fine doveva sperare o temere. Dice, infatti, nello stesso salmo: tutto questo è fatica dinanzi a me, finché non entri nel santuario di Dio e non comprenda le ultime cose (Ps 72,16 Ps 17). Non si tratta, dunque, delle pene dell'inferno, né della pena di quel fuoco che succederà alla resurrezione, e nemmeno delle pene che nel tempo presente sopportano sia i giusti che gli ingiusti; e spesso sono più pesanti per i giusti che per gli ingiusti. Lo Spirito di Dio vuol presentarci un'altra pena, propria della vita presente. State attenti! Voi mi udrete dire cose che già sapete; ma è più dolce giungere a capirle attraverso un salmo che, prima di esservi spiegato, era ritenuto oscuro. Ecco, io vi dico cose che voi già conoscevate; ma, poiché ve le dico ricavandole da un passo nel quale voi non le avevate mai scorte, ne avrete gioia come se fossero nuove. Ascoltate qual è la pena degli empi! Come cera liquefatta saranno portati via. Ho detto che ciò accadrà a causa delle loro concupiscenze. Il desiderio malvagio è come fiamma e fuoco. Il fuoco consuma la veste; e la brama dell'adulterio non consuma, forse, l'anima? La Scrittura, parlando delle intenzioni adultere, dice: Uno che porta il fuoco nel suo seno, come impedirà alle sue vesti di bruciare? (Pr 6,27) Se tu porti in seno della brace, ti vedrai ben presto dei buchi nella veste. Hai in mente l'adulterio, e rimarrà intatta la tua anima (Cf. Pr 6,28 Pr 29)?

La superbia è il vizio primordiale dell’uomo. Gli altri vizi sono insieme peccati e castighi del peccato.

18. Ma, siccome pochi riescono a vedere queste pene, ecco lo Spirito di Dio sottolinearle molto vigorosamente. Ascolta l'Apostolo! Dio, dice, li ha abbandonati alle concupiscenze del loro cuore (Rm 1,24). Ecco il fuoco, alla presenza del quale si liquefanno come cera. Han voluto disfarsi della castità e da quella specie di sodezza che ne deriva; per questo, quanti si abbandonano ai loro piaceri sono detti dissoluti e molli. Chi li ha rammolliti e resi dissoluti? Il fuoco delle loro concupiscenze. Dice Paolo: Dio li ha abbandonati alle concupiscenze del loro cuore, affinché, ricolmi di ogni ingiustizia, facciano cose che non convengono. Ed elenca molti peccati, affermando che gli stessi sono anche pene dei peccati. Dice che la prima pena è la superbia; o meglio la superbia non è una pena: è un peccato, il primo peccato. Il primo peccato è la superbia, e l'ultima pena è il fuoco eterno, il fuoco dell'inferno: pena per gente ormai dannata. Tra quel primo peccato e quest'ultima pena, ciò che sta in mezzo sono insieme peccati e pene. L'Apostolo ricorda come essi (i pagani) commettono peccati enormi e detestabili, e tuttavia li chiama pene. Dice: Per questo Dio li ha abbandonati alle concupiscenze del loro cuore, alla impudicizia, affinché facciano le cose che non convengono. E affinché nessuno creda che il pagano venga punito soltanto con delle pene che ora sono per lui anche piaceri e non tema ciò che gli capiterà alla fine, menziona espressamente l'ultima pena: Costoro, pur conoscendo la giustizia di Dio, non hanno capito, dice, che quanti commettono tali peccati sono degni di morte; e non soltanto coloro che li commettono, ma anche coloro che li approvano (Rm 1,32). Coloro che commettono questi peccati sono degni di morte. Quali? Quelli che prima ha elencati tra le pene; infatti, Dio li ha abbandonati, dice, alle concupiscenze del loro cuore, affinché facciano cose che non convengono. Essere adultero, è già una pena; essere menzognero, avaro, imbroglione, omicida, queste sono già pene. Pene di quale peccato? Dell'apostasia primordiale, della superbia. Inizio del peccato dell'uomo è apostatare da Dio; e inizio di ogni peccato è la superbia (Sir lo, 14 15). Per questo antecedentemente ha parlato del peccato per antonomasia: Pur avendo conosciuto Dio, questi tali non lo hanno glorificato come Dio né gli hanno reso grazie; ma si sono abbandonati ai loro vani pensieri e si è oscurato il loro stupido cuore (Rm 1,21 Rm 1,67). L'ottenebrarsi del cuore è già una pena. Ma donde deriva? Dicendo di essere sapienti sono divenuti stolti (Rm 1,22). Dicevano di avere da se stessi ciò che avevano ricevuto da Dio; oppure, se sapevano da chi l'avevano ricevuto, non glorificavano colui dal quale sapevano di averlo ricevuto. Questo significa: Dicendo di esser sapienti. E a questo subito ha fatto seguito la pena: Sono divenuti stolti e si è oscurato il loro stupido cuore. Dicendo di essere sapienti, sono divenuti stolti. Vi sembra, questa, una piccola pena? Tanto per parlare solo di questa, è una piccola pena l'ottenebrarsi del cuore, l'accecamento dello spirito? Se qualcuno commettendo un furto vi perdesse subito un occhio, tutti direbbero che Dio lo ha meritatamente castigato. Ha perduto l'occhio del cuore, e si crede che Dio lo abbia risparmiato! Come cera liquefatta saranno portati via.

199 Le passioni disordinate siano tempestivamente represse.

19. È caduto dall'alto il fuoco e non hanno visto il sole. Osservate come, in qualche modo, definisce questa pena dell'oscuramento del cuore. Il fuoco è caduto dall'alto: il fuoco della superbia. Un fuoco pieno di fumo: il fuoco della concupiscenza, il fuoco dell'ira. Quanto è grande questo fuoco? Colui sul quale questo fuoco cadrà non vedrà il sole. Per questo è detto: Non tramonti il sole sulla vostra ira (
Ep 4,26). Dunque, fratelli, temete il fuoco dei cattivi desideri, se non volete essere liquefatti come cera e perire lungi dal cospetto di Dio. Se, infatti, cadrà dall'alto questo fuoco, voi non vedrete il sole. Quale sole? Non questo che con te vedono anche gli animali e le mosche, che vedono tanto i buoni quanto i malvagi, poiché Dio fa sorgere il suo sole sui buoni e sui malvagi (Cf. Mt 5,45). C'è un altro sole, del quale essi diranno: Il sole non è sorto per noi; tutte quelle cose sono passate come ombra. Perciò noi abbiamo deviato dalla via della verità e la luce della giustizia non ha brillato per noi, e il sole non è sorto per noi (Sg 5,6 Sg 9). Per quale motivo, se non perché è caduto dall'alto il fuoco, e non hanno visto il sole? La concupiscenza della carne li ha vinti. E donde deriva questa concupiscenza? State attenti! Sin dalla nascita è con te ciò che tu devi vincere. Non aggiungere altri nemici; vinci il nemico col quale sei nato. In sua compagnia entrasti nello stadio di questa vita; combatti contro ciò che è con te fin dalla tua origine. Se non hai ancora debellato quel primo nemico, perché vuoi suscitare in te una folla di altre brame? Il piacere carnale, di fatto, fratelli, nasce insieme con l'uomo. Ma colui che è ben istruito, subito riconosce il suo nemico, lo aggredisce, lo combatte e presto lo vince. Lo può, perché i nemici ancora non sono cresciuti. Chi invece non si preoccupa di vincere quella concupiscenza con la quale è nato da una stirpe peccatrice, ma sollecita e stuzzica molte altre voglie sregolate, difficilmente le vincerà; anzi, essendo diviso in se stesso, brucerà nel fuoco che egli stesso si è acceso. Non lusingarti quindi che esistano soltanto le pene future; sta' attento anche a quelle presenti. È caduto dall'alto il fuoco e non hanno visto il sole.

Pentimento fruttuoso e pentimento sterile.

20. [v 10.] Prima che il rovo emetta le vostre spine, quasi viventi, come nell'ira, li berrà. Che cos'è il rovo? È una pianta che produce spine e dicono che le sue spine siano fittissime. Dapprima è un'erba; e, finché è erba, è una pianta tenera e bella; in essa, però, più tardi nasceranno le spine. Anche i peccati ora ti danno piacere e, per così dire, non ti pungono. Come il rovo: il quale è, sì, un'erba, ma ben presto caccia fuori le spine. Prima che il rovo emetta le spine: prima, cioè, che crescano e siano avvertiti i dolori dei miserabili piaceri e delle voluttà. Interroghino se stessi coloro che amano qualcosa e non possono ottenerla; vedano se non siano tormentati dal desiderio, e, quando saranno giunti a ciò che illecitamente desiderano, guardino se non siano tormentati dalla paura. Riflettano dunque, finché sono in terra, sulle loro pene, prima che venga la resurrezione, quando, risorgendo nella carne, non saranno trasformati. Perché tutti risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati (Cor 15, 51). Avranno, dunque, una carne corruttibile, in cui cioè potranno soffrire ma non morire. Altrimenti anche quei dolori finirebbero. Allora spunteranno le spine di quel rovo, cioè tutti i dolori e le trafitture dei tormenti. Quali spine avranno da sopportare coloro che diranno: Questi sono quelli che un tempo avemmo a scherno (Sg 5,3)? Sopporteranno le spine del rimorso e, del pentimento: pentimento tardivo e infruttuoso, così come sono sterili le spine. Il pentimento di questo tempo è un dolore salutare; il pentimento dell'aldilà è un dolore solamente punitivo. Non vuoi soffrire quelle spine? Trafiggiti qui con le spine della penitenza, onde fare ciò che è detto: Nelle tribolazioni, mentre ero trafitto dall'aculeo, io mi sono ravveduto. Ho conosciuto il mio peccato e non ho celato la mia ingiustizia. Ho detto: proclamerà contro di me la mia iniquità al Signore; e tu hai perdonato l'empietà del mio cuore (Ps 31,4-6). Fa' questo ora; ora trafiggiti, affinché non cada a te ciò che si dice di certi uomini detestabili: Si sono separati, e non si sono compunti (Ps 34,16). Osservate coloro che si sono separati e non si sono compunti. Li vedete separati, ma non compunti. Ecco, sono fuori della Chiesa, ma non si pentono né vogliono tornare là donde si sono staccati. Più tardi il loro rovo produrrà le spine. Non vogliono avere ora la contrizione salutare; avranno poi quella punitiva. Ma anche adesso, prima che il rovo produca le spine, è caduto dall'alto un fuoco che non permette ad essi di vedere il sole: un fuoco che, mentre sono ancora vivi, li divora, conforme disposto dall'ira di Dio: il fuoco delle brame malvagie, degli onori vani, della superbia, dell'avarizia. E a cosa li porta? A non conoscere la verità, a non darsi per vinti, a non lasciarsi vincere nemmeno dalla verità. Che cosa c'è di più glorioso, fratelli, che sottomettersi e lasciarsi vincere dalla verità? Oh! lasciati vincere liberamente dalla verità, poiché, altrimenti, essa ti vincerà anche tuo malgrado. Orbene, quel fuoco delle malvagie concupiscenze, che cade dall'alto affinché non vedano il sole, consuma il rovo prima che cacci fuori le sue spine: cioè, cela la loro vita malvagia fino al giorno della fine, quando da tale vita vedranno nascere i tormenti che non potranno celare. Ma è già un effetto dell'ira divina questa azione occultatrice del fuoco ai danni del rovo. Non è, infatti, piccola pena non riuscire a vedere il sole e non credere che dalla loro vita malvagia più tardi nasceranno le spine delle pene. Voi, dice, siete il rovo; e il fuoco consuma nell'ira quel rovo che siete voi stessi; e vi consuma fin da adesso, mentre siete ancora vivi mentre siete ancora in questa vita, prima che esso produca apertamente le spine delle vostre pene nel giudizio futuro. Vi consuma nel senso che vi investe e non vi consente di uscirne fuori. Perciò, a quanto io credo, l'ordine delle parole sarebbe più chiaro se le si disponesse come segue: È caduto dall'alto il fuoco e non hanno visto il sole; e questo fuoco, come nell'ira, consuma il rovo, voi quasi viventi, prima che produca le vostre spine. Il fuoco, cioè, brucia voi stessi, che rassomigliate al rovo, e vi divora prima della morte, prima cioè che tale rovo lasci spuntare le vostre spine, cosa che avverrà dopo la morte, nella resurrezione di condanna. Perché non ha detto “ viventi ”, ma quasi viventi? Perché è una falsa vita quella degli empi. Essi non vivono; credono soltanto di vivere. E perché non ha detto “ nell'ira ”, ma come nell'ira? Perché Dio fa tutto con assoluta tranquillità. Anche questo, infatti, è scritto: Tu, Signore delle virtù, giudichi con tranquillità (Sg 12,18). Egli, dunque, anche quando minaccia, non si adira né si turba affatto. Lo si dice adirato perché punisce e fa giustizia. Del pari, coloro che non vogliono emendarsi è come se vivessero, ma non vivono. Perché la vendetta del primo peccato e di quelli che essi vi hanno aggiunti incombe su di loro; e tale vendetta è chiamata ira di Dio, perché procede dal giudizio di Dio. Per questo il Signore dice a proposito di colui che non crede: L'ira di Dio resta su di lui (Jn 3,36). Anche noi, in quanto siamo nati mortali, eravamo sotto l'ira di Dio. Per questo dice l'Apostolo: Siamo stati anche noi, un tempo, per natura figli dell'ira, come anche gli altri (Ep 2,3). Che vuol dire: Per natura figli dell'ira, se non che portiamo con noi la pena del primo peccato? Ma, se ci convertiamo, scompare l'ira e ci è offerta la grazia. Se, invece, non vuoi convertirti, aggiungi altre colpe a quelle con le quali sei nato: e, come nell'ira, sarai divorato già nel tempo presente.

Il castigo degli ostinati è monito salutare per il fedele.

21. [v 11.] Cercate di comprendere in che cosa consista questa pena, e rallegratevi di non essere così condannati, voi tutti che progredite, voi tutti che comprendete e amate la verità e che desiderate in voi stessi più la vittoria della verità che non la vostra vittoria! Voi tutti che non chiudete gli orecchi alla verità, godendo delle cose presenti e ricordandovi di quelle passate. Voi che non volete essere come il cane che torna a mangiare il suo vomito (Cf. 2P 2,22). Tutti voi che siete così, osservate le pene di coloro che non sono in tali condizioni, e rallegratevi! Non sono giunte ancora le pene dell'inferno; ancora non è venuto il fuoco eterno. Colui che progredisce in Dio si confronti ora con l'empio; confronti un cuore cieco con un cuore illuminato. E voi, paragonate tra loro uno che vede e uno cui manca la vista corporale, anche se questa capacità visiva non sia nulla di straordinario. Aveva, forse, Tobia gli occhi del corpo? Suo figlio sì che li aveva, mentre lui personalmente non li aveva; eppure il cieco mostrava al veggente la via della vita (Cf. Tb 4, l). Orbene, quando vedete una tal pena, rallegratevi poiché essa non vi tocca. Per questo la Scrittura dice: Godrà il giusto quando vedrà la vendetta. Non la vendetta futura; osserva, infatti, le parole che seguono. Laverà le sue mani nel sangue del peccatore. Quale il significato di queste parole? Stia attenta la vostra Carità! Forse che, quando gli omicidi vengono uccisi, gli innocenti debbono accorrere sul luogo dell'uccisione per lavarsi le mani? Quale, allora, il significato delle parole: Nel sangue del peccatore laverà le sue mani? Il giusto, quando vede la pena del peccatore, progredisce; e la morte dell'uno giova alla vita dell'altro. Se, pertanto, tu vedi scorrere spiritualmente il sangue di coloro che sono morti nella loro coscienza, prendi nota del loro castigo e vatti a lavare le mani; cioè, per l'avvenire vivi più onestamente. Ma, in che senso laverà le sue mani, se è giusto? Che cosa ha nelle mani da lavare, se è giusto? Giusto è colui che vive di fede (Cf. Rm 1,17), e qui per “ giusti ” si intendono tutti i credenti. Difatti, dal giorno stesso in cui hai abbracciato la fede, già meriti il nome di “ giusto ”. Ti fu accordata, infatti, la remissione dei peccati. Anche se nel seguito della tua vita hai commesso dei peccati (che non possono non penetrare nella tua anima, come l'acqua del mare nel fondo della barca), tuttavia, siccome tu sei un credente, quando vedrai piombare nella cecità colui che s'è voluto staccare completamente da Dio, quando lo vedrai nell'incapacità di guardare il sole per il fuoco che dall'alto gli è caduto addosso, allora, tu che già vedi Cristo per mezzo della fede per poi vederlo nella chiara visione (poiché il giusto vive di fede), osserva morire l'empio, e purificati dal peccato. Laverai così, in certo qual modo le tue mani nel sangue del peccatore. Laverà le sue mani nel sangue del peccatore.

La carità nostro frutto spirituale.

22. [v 12.] E dirà l'uomo: C'è dunque del frutto per il giusto. Ecco, prima che venga ciò che ci è stato promesso, prima che ci sia data la vita eterna, prima che gli empi siano gettati nel fuoco eterno, qui, in questa vita, c'è il frutto per il giusto. Quale frutto? Lieti nella speranza, pazienti nella tribolazione (Rm 12,12). Qual è il frutto del giusto? Noi ci gloriamo delle tribolazioni, sapendo che la tribolazione genera la pazienza, la pazienza genera la costanza e la costanza la speranza; la quale speranza non è delusa, perché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato donato (Rm 5,3-5). Gode l'ubriaco, e non si allieterà il giusto? Nella carità è il frutto del giusto. Quegli è misero anche quando si inebria; questi è beato anche quando ha fame e sete. Quello si rimpinza di vino; questo si nutre di speranza. Osservi dunque, il cristiano, il castigo dell'ubriacone e la sua propria gioia, e pensi a Dio. Colui che ti ha dato ora una tale gioia mediante la fede, la speranza e la carità, mediante la verità delle sue Scritture, quale felicità non ti preparerà per la fine! Colui che così ti nutre nell'esilio, in qual modo ti sazierà in patria! E dirà l'uomo: C'è dunque del frutto per il giusto. Credano coloro che vedono; vedano e capiscano. Godrà il giusto, quando vedrà la vendetta. Ma, se non avrà occhi per vedere la vendetta, si rattristerà, e non potrà correggersi grazie ad essa. Se, invece, avrà modo di vederla, vedrà anche quale differenza vi sia tra l'avere ottenebrato l'occhio del cuore e l'averlo illuminato; tra l'amenità della purezza e la fiamma della passione; tra la sicurezza della speranza e il timore della colpa. Quando avrà visto questo, si separi dal cattivo e lavi le sue mani nel sangue del peccatore. Tragga profitto dal paragone e dica: C'è dunque del frutto per il giusto; c'è dunque Dio che li giudica in terra. Non soltanto in quell'altra vita, non soltanto nel fuoco eterno, non soltanto giù nell'inferno, ma qui in terra. Ecco: quel ricco indossa ancora la porpora e il bisso e ogni giorno banchetta splendidamente. Il rovo non ha ancora emesso le spine! Non ancora quel ricco dice: Sono tormentato in questa fiamma (Lc 16,24), ma ormai nella sua mente c'è la cecità, ormai l'occhio del suo spirito è spento. Se tu vedessi un cieco assidersi a tavola, ricca quanto vuoi, tu lo diresti misero. Uno che è spiritualmente cieco e non vede quel pane che è Cristo, lo consideri felice? Può dire questo solo chi è, come lui, cieco. C'è dunque del frutto per il giusto; c'è dunque Dio che li giudica in terra.

La parola di Dio va ascoltata e praticata.

23. Se siamo stati un po' troppo prolissi, perdonateci. Vi esortiamo, in nome di Cristo, a riflettere fruttuosamente sulle cose che avete ascoltate. Poiché non serve a niente predicare la verità, se il cuore dissente dalla lingua; e non giova a mente ascoltare la verità, se poi non si costruirà sopra la pietra. Colui che costruisce sopra la pietra è colui che ascolta ed opera in conseguenza. Invece, colui che ascolta e non fa costruisce sopra la sabbia (Cf. Mt 7,24-26). Colui, poi, che non ascolta e non fa non costruisce niente. Ma, come chi costruisce sopra la sabbia si costruisce una casa che presto andrà in rovina, così colui che sopra la pietra non costruisce nulla, quando verrà la fiumana si troverà senza casa, e lui stesso sarà portato via. Non c'è altro da fare se non edificare ed edificare sopra la pietra: cioè, ascoltare e mettere in pratica. E non dica qualcuno: “ Che vengo a fare io in chiesa? Difatti, molti che ogni giorno vengono in chiesa non praticano poi ciò che odono ”. Tuttavia ascoltano, e non è poco! Può darsi che finalmente, seguitando per tale via, giungano ad ascoltare e a praticare. Quanto a te, che rifuggi anche dall'ascoltare, quanto sei lontano dal fare! “ Ma io - dici - almeno non costruisco sopra la sabbia ”. Il fiume ti troverà allo scoperto: e così, forse che non ti travolgerà? Forse la pioggia non ti ucciderà? Forse per questo i venti non ti porteranno via? “ Dunque, verrò ed ascolterò ”. Ma dopo che avrai ascoltato, mettiti all'opera. Se ascolterai e non farai, avrai, sì, costruito qualcosa, ma, sulla sabbia. Orbene poiché se siamo senza dimora siamo scoperti, e se siamo in una costruzione col fondamento sulla sabbia ci prepariamo la rovina, non ci resta che costruire sulla pietra, cioè mettere in pratica ciò che abbiamo ascoltato.


Agostino Salmi 57