Agostino Salmi 206

206 I momenti e le esigenze della conversione.

4. [v 4.]Hai scosso la terra e l'hai turbata. In qual modo è stata turbata la terra? Dalla coscienza dei peccati. “ Dove andremo? Dove fuggiremo, se quella spada è ormai vibrata? ”. Fate penitenza! Si è avvicinato, infatti, il Regno dei Cieli (
Mt 3,2). Hai scosso la terra e l'hai turbata. Risana le sue fratture perché è sconvolta. Se non si muove, non è degna di essere risanata. Ecco tu parli, predichi, minacci da parte di Dio, non taci sul giudizio imminente, insegni il precetto di Dio, non hai tregua nel dire tutte queste cose. Se colui che ascolta non teme né si muove d'un passo, non è degno d'essere guarito. Ecco, invece, un altro che ascolta, si muove, è svegliato, si batte il petto, versa lacrime. Allora, Signore, risana le sue fratture, perché è sconvolta.

5. [v 5.] Dopo tutte queste cose, dopo che è stato sgominato l'uomo terrestre, bruciata la vetustà, quando l'uomo è ormai trasformato in meglio e la luce è giunta, a rischiarare coloro che erano tenebre, allora segue ciò che altrove sta scritto: O figlio, accostandoti al servizio di Dio, sta' fermo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione (Si 2,1). Il primo compito che ti attende è dispiacere a te stesso, debellare il peccato, e trasformarti in meglio. Il secondo è sopportare le tribolazioni e le tentazioni di questo mondo provocate dall'avvenuto cambiamento della tua vita, ed in mezzo ad esse perseverare sino alla fine. Parlando di queste cose e alludendo apertamente ad esse, il salmista soggiunge: Hai mostrato al tuo popolo delle dure realtà. Le hai mostrate al tuo popolo, divenuto ormai tuo tributario per la vittoria di David. Hai mostrato al tuo popolo delle dure realtà. Quando? Nelle persecuzioni che ha sopportato la Chiesa di Cristo, quando veniva versato tanto sangue dei martiri. Hai mostrato al tuo popolo delle dure realtà; ci hai abbeverato con un vino eccitante. Che significa: eccitante? Che non mirava alla rovina, ma voleva essere solo una medicina che guarisce bruciando. Ci hai abbeverato con un vino eccitante.

Valore delle prove della vita.

6. [v 6.] Perché tutto questo? Hai dato a coloro che ti temono un insegnamento, affinché fuggano davanti all'arco. Attraverso le tribolazioni temporali hai insegnato - dice - ai tuoi come occorra sottrarsi all'ira del fuoco eterno. Dice, infatti, l'apostolo Pietro: È tempo che il giudizio cominci dalla casa di Dio. Si era al tempo in cui il mondo incrudeliva, i persecutori compivano stragi, in lungo e in largo veniva versato il sangue dei fedeli, i cristiani subivano molte sofferenze in catene, nelle carceri, nei supplizi. Orbene, perché questi martiri non venissero meno in quelle dure prove, Pietro indirizzava loro una esortazione alla resistenza e diceva loro: È tempo che il giudizio incominci dalla casa di Dio. E se l'inizio è da noi, quale sarà la fine per coloro che non credono al Vangelo di Dio? E, se il giusto sarà salvo a stento, dove ripareranno il peccatore e l'empio? (1P 4,17 1P 18) Che cosa accadrà, dunque, nel giudizio? L'arco è teso; ma per ora la minaccia è solo incombente, non ancora in atto. Osservate come funziona l'arco. La freccia non deve, forse, essere scagliata in avanti? Tuttavia, la corda la si tende indietro, cioè, in senso contrario a quello nel quale deve essere scagliata la freccia. Con quanta maggior forza si sarà tesa all'indietro la corda, con tanto maggior impeto la freccia scatterà in avanti. Che significa quanto ho detto? Significa che, quanto più a lungo è rimandato il giudizio, con tanto maggiore violenza verrà. Dobbiamo, dunque, ringraziare Dio per le tribolazioni temporali, in quanto con esse dà al suo popolo un insegnamento, affinché fuggano dinanzi all'arco. In tal modo, i suoi fedeli, esercitati nelle tribolazioni temporali, saranno degni di sfuggire alla condanna del fuoco eterno, la quale invece coglierà tutti coloro che non credono a queste cose. Hai dato a coloro che ti temono un insegnamento, affinché fuggano davanti all'arco.

Preghiere esaudite e non esaudite.

7. [vv 6.7.]Perché siano liberati i tuoi cari. Salvami con la tua destra ed esaudiscimi. Con la tua destra, Signore, salvami! E salvami in modo che io stia alla tua destra. Salvami con la tua destra! Non chiedo la salute temporale; riguardo a questa si compia la tua volontà. Ignoriamo completamente, infatti, ciò che nella vita terrena sia per noi di vera utilità; non sappiamo nemmeno che cosa chiedere come veramente necessario (Cf. Rm 8,26). Ma salvami con la tua destra, affinché, anche se in questo tempo soffro qualche tribolazione, trascorsa la notte di tutte le sofferenze io sia trovato alla destra in mezzo alle pecore, non alla sinistra in mezzo ai caproni. Salvami con la tua destra ed esaudiscimi. Chiedo cose che già tu mi vuoi dare; né grido con le parole dei miei delitti, di giorno e di notte, per cui tu non debba esaudirmi. Se quindi non mi esaudisci, non lo fai per [evidenziare] la mia stoltezza (Ps 21 Ps 2 Ps 3) ma per ammonirmi, accrescendo in me il sapore della valle delle Saline, e così, nella tribolazione, io apprenda che cosa debba chiedere. Chiedo la vita eterna: dunque esaudiscimi; chiedo di stare alla tua destra. La vostra Carità voglia comprendermi. Ogni fedele, anche di quelli che custodiscono nel cuore la parola di Dio, che temono e trepidano dinanzi al giudizio futuro e vivono lodevolmente perché non sia bestemmiato per loro colpa il nome santo del Signore, chiede molte cose secondo la mentalità del mondo e in questo egli non è esaudito. Ma in ciò che riguarda la vita eterna è sempre esaudito. Chi, infatti, non chiede la salute quando è ammalato? E tuttavia, forse gli è utile restare ancora ammalato. Può darsi che tu non sia esaudito in qualche tua preghiera. Non sei esaudito nel tuo desiderio ma sei esaudito in ciò che costituisce il tuo vero tornaconto. Quando invece chiedi a Dio che ti doni la vita eterna, che ti doni il regno dei cieli, che ti conceda di stare alla destra del suo Figlio quando verrà a giudicare la terra, sta' sicuro, lo otterrai: anche se non lo ottieni adesso, perché non è ancora venuto il tempo di ottenerlo. Sei già esaudito, anche se tu non lo sai. Ciò che chiedi si compie, anche se non sai come si compia. Il frutto che attendi c'è già: anche se per adesso è nella radice e non sul ramo. Salvami con la tua destra ed esaudiscimi.

La Chiesa occasione di separazione tra gli uomini.

8. [v 8.]Dio ha parlato nel suo santuario. Perché temi che non accada ciò che Dio ha detto? Se tu avessi un amico serio e sapiente, che cosa diresti? Egli ha parlato - diresti - e sarà come lui ha detto. È un uomo serio; non si comporta con leggerezza, non cambia facilmente parere. Ciò che ha promesso è sicuro. Tuttavia egli è un uomo, e talvolta, pur volendo fare ciò che ha promesso, non lo può. Da Dio non hai nulla da temere. Egli è verace, egli è onnipotente. Dunque rimarrà fedele e non ti ingannerà. Egli ha modo di realizzare le promesse. Perché, dunque, temi di essere ingannato? È necessario che tu non tradisca te stesso, che perseveri sino alla fine, sino a quando egli ti darà ciò che ti ha promesso. Dio ha parlato nel suo santuario. In quale suo santuario? Dio era in Cristo, riconciliando il mondo con sé (2Co 5,19). In quel santuario di cui altrove avete udito: O Dio, nella santità è la tua via (Ps 76,14). Dio ha parlato nel suo santuario. Mi rallegrerò e dividerò Sichima. Siccome è stato Dio a parlare, tutto questo accadrà. È la Chiesa che dice: Dio ha parlato nel suo santuario. Non indica le parole che Dio ha pronunziate, ma dice che Dio ha parlato nel suo santuario; e non può accadere niente altro se non ciò che Dio ha detto. In conseguenza ecco ciò che accadrà: Mi rallegrerò e dividerò Sichima, e misurerò la valle delle tende. Sichima significa “ le spalle ”. Ma, secondo la storia, Giacobbe, tornando da Labano suo suocero insieme con tutti i suoi, nascose in Sichima gli idoli che aveva portati dalla Siria, donde ritornava, dopo esservi stato esule a lungo (Cf. Gn 35,4). In Sichima egli si costruì delle tende, poiché aveva pecore e armenti, e chiamò quel luogo “le tende ” (Cf. Gn 33,17). Ora, “ Queste cose dividerò ”, dice la Chiesa. Che significano le parole: Dividerò Sichima? Se le si riferisce alle tende ove, secondo la storia, furono nascosti gli idoli, raffigurano le genti. Divido le genti. Che significa: Divido? Che non tutti raggiungono la fede (Cf. 2Th 3,2). Che vuol dire ancora: Divido? Significa che alcuni credono mentre altri non credono. Tuttavia non abbiano timore, coloro che credono, in mezzo a quelli che non credono. Perché ora sono divisi nella fede; ma poi saranno divisi nel giudizio: le pecore a destra, i caproni a sinistra (Cf. Mt 25,33). Ecco come la Chiesa divide Sichima. Ma, se vogliamo riferirci all'etimologia di questa parola, in che modo la Chiesa divide “ le spalle ”? Le spalle sono divise nel senso che su alcune gravano i peccati commessi, mentre altre portano il fardello di Cristo. Tali spalle pie cercava Cristo quando diceva: Il mio giogo è lieve, e il mio fardello è leggero (Mt 11,30). L'altro fardello ti preme e ti schiaccia; il fardello di Cristo ti solleva. L'altro fardello è pesante; quello di Cristo ha le ali. Infatti, se strappi le ali a un uccello, potresti avere l'impressione d'avergli tolto un peso; ma quanto più gli hai tolto di un tal peso, tanto più esso resterà a terra. L'uccello che hai voluto liberare di un peso rimane a terra; non vola poiché gli hai tolto quel peso. Restituiscigli il peso e volerà. Tale è il fardello di Cristo. Lo portino gli uomini! Non siano pigri! Non si faccia conto di quelli che non lo vogliono portare. Chi vuole, lo porti, e troverà quanto sia leggero, quanto soave, quanto dolce, e come esso attragga al cielo e strappi dalla terra. Dividerò Sichima, e misurerò la valle delle tende. Forse, a cagione delle pecore di Giacobbe, la valle delle tende significa il popolo giudaico, che è anch'esso diviso. Infatti coloro che hanno creduto sono passati dalla nostra parte, mentre gli altri sono rimasti fuori.

I martiri testimoniano la vitalità di Cristo e della Chiesa.

9. [v 9.]Mio è Galaad. Abbiamo letto questi nomi nella Scrittura divina. Galaad è una parola che ha un significato denso di mistero; significa infatti “ cumulo delle testimonianze ”. Orbene, qual somma di testimonianze si trova nei martiri! Mio è Galaad: mio è il numero sterminato dei testimoni; miei sono i veri martiri. Muoiano pure altri per il loro vecchiume, vuoto di senso e privo di sale; essi non appartengono al cumulo dei testimoni. Perché, anche se darò il mio corpo alle fiamme, ma non avrò carità, a niente mi giova (1Co 13,3). E, quanto al sale, lo esigeva come requisito necessario il Signore in un certo passo, allorché esortava a conservare la pace. Diceva: Abbiate in voi il sale, e abbiate la pace tra Voi (Mc 9,49). Orbene: Mio è Galaad. Ma Galaad, cioè il mucchio dei testimoni, è divenuto più cospicuo nella grande tribolazione. Ci fu un tempo in cui la Chiesa era una realtà spregevole in mezzo agli uomini. La si considerava una vedova e le si rinfacciava, come un'onta, l'essere di Cristo e il portare in fronte il segno della croce. Tale segno non era un onore ma un delitto. Ma allora, quando essere di Cristo non costituiva un onore ma un delitto, proprio allora il mucchio dei testimoni si veniva accumulando; e per mezzo del mucchio dei testimoni si allargava la carità di Cristo. Allargandosi la carità di Cristo, tutte le genti sono state conquistate. Continua: Mio è Manasse, nome che significa “ dimentico ”. Alla Chiesa fu infatti preconizzato: Dimenticherai in eterno il disonore, e non ti ricorderai della ignominia della tua vedovanza (Is 54,4). Un tempo dunque la Chiesa era nella vergogna, che ora è stata dimenticata; né ora più si ricorda del disonore e dell'ignominia della sua vedovanza. Quando infatti era coperta di vergogna in mezzo agli uomini, si veniva accumulando il mucchio dei testimoni. Più nessuno ora si ricorda di quella vergogna, quando era ignominia essere cristiano; più nessuno se ne ricorda, tutti se ne sono dimenticati. Ormai Mio è Manasse. Ed Efraim forza del mio capo. Efraim significa “ fruttificazione ”. Dice: Mia è la fruttificazione: e tutto il mio frutto è dalla forza del mio capo. Il mio capo infatti è Cristo. E perché la fruttificazione è la sua forza? Perché se il grano non cadesse a terra, non si moltiplicherebbe ma resterebbe solo. Cristo cadde in terra nella passione; nella resurrezione ne nacque il frutto. Ed Efraim la forza del mio capo. Pendeva dalla croce ed era disprezzato, ma al di dentro, nell'intimo, era un grano avente la forza di trascinare tutto dietro di sé (Jn 12,24 Jn 32). Come nel grano è celata la legge e il vigore dei semi e, mentre all'apparenza è una cosa disprezzabile, dentro di sé ha la forza di trasformare la materia e di produrre frutto, così nella croce di Cristo era nascosta la sua potenza, mentre all'esterno si manifestava solo la sua debolezza. O grande grano! Certamente è debole colui che pende dalla croce, tanto è vero che dinanzi a lui la folla scuoteva il capo e diceva: Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce! (Mt 27,40) Ma, ascolta la sua forza! La debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Co 1,25). Per questo ha fruttificato con tanta abbondanza; e questo frutto è mio, dice la Chiesa.

207 Le tribolazioni della Chiesa e le loro cause. L’indefettibilità della Chiesa.

10. [v 10.]Giuda è mio re; Moab è la caldaia della mia speranza. Giuda mio re. Quale Giuda? Il discendente dalla tribù di Giuda. Quale Giuda, se non colui al quale diceva lo stesso Giacobbe: Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli (
Gn 49,8)? Giuda mio re. Che avrò da temere, quando Giuda, il mio re, dice: Non temete coloro che uccidono il corpo (Mt 10,28)? Giuda, mio re; Moab caldaia di mia speranza. Perché Caldaia? A motivo della tribolazione. Perché Di mia speranza? Perché mi ha preceduto Giuda, il mio re. Temi forse di seguirlo per la via nella quale egli ti ha preceduto? E dove ti ha preceduto? Nella via delle tribolazioni, delle angustie, degli insulti. Era chiusa la via, prima che egli vi passasse; ma dopo che vi è passato, seguilo: la via è ormai aperta, grazie al suo passaggio. Dice il salmo: Io sono solo, ma finché non passerò (Ps 140,10). È solo il chicco di grano, ma finché non passa; quando sarà passato, seguirà l'abbondanza dei frutti. Giuda, mio re. Dunque, poiché Giuda è mio re, Moab è caldaia della mia speranza. Moab è da ricercarsi fra le genti. Questo popolo infatti nacque dal peccato: nacque dalle figlie di Lot, le quali giacquero con il padre ubriaco, abusando del loro genitore (Cf- Gn 19,31-38). Sarebbe stato meglio che fossero rimaste sterili, piuttosto che diventare madri a quel modo! Ma il loro comportamento era simbolo di coloro che si sarebbero serviti male della legge. Non date troppo peso al fatto che “ legge” nella lingua latina è di genere femminile, (al contrario del greco, dove è maschile), poiché l'essere di genere o femminile o maschile secondo il vocabolario non ha importanza: i nomi non cambiano la realtà. In effetti, poi, la legge include in sé la forza del maschio, poiché regge, non è retta. Ma che cosa dice l'apostolo Paolo? Buona è la legge, se uno la usa in modo legittimo (1Tm 1,8). Invece le figlie di Lot non usarono in modo legittimo del loro padre. Orbene, se è vero che, come le opere buone nascono dal buon uso della legge così le opere cattive nascono quando della legge si usa male, e se è vero, ancora, che le figlie di Lot generarono i moabiti usando male del padre, cioè usando male della legge, bisogna concludere che nei moabiti sono raffigurate le opere malvagie. Da queste opere deriva la tribolazione della Chiesa, da esse deriva la caldaia che bolle. Di questa caldaia in un certo passo della profezia è detto: La caldaia infiammata da settentrione (Jr 1,13). Donde, se non dalle regioni del diavolo, che ha detto: Porrò il mio trono a settentrione (Is 14,13)? Le più grandi tribolazioni nascono, quindi, contro la Chiesa da coloro che male usano la legge. Che ne seguirà? Verrà forse meno la Chiesa per queste tribolazioni? A cagione della caldaia, cioè dell'abbondanza degli scandali, le sarà forse impedito di perseverare sino alla fine? Ma Giuda, il suo re, non le ha forse predetto tutto questo? Non le ha detto: Poiché abbonderà l'ingiustizia, si raggelerà la carità di molti (Mt 24,12). Quando la caldaia bolle, la carità si raggela. Ma perché, o carità, non sei tu che ti metti a bollire contro la caldaia? Ignori forse che ti è stato detto, quando il tuo re parlava di quell'abbondanza di scandali: Colui che avrà perseverato sino alla fine, sarà salvo (Mt 24,13)? Persevera, dunque, sino alla fine contro la caldaia degli scandali. Arde la caldaia del male, ma più grande è la fiamma della carità. Non lasciarti vincere! Persevera sino alla fine! Perché hai timore dei moabiti, delle opere malvage di coloro che abusano della legge? Forse che Giuda, il tuo re che ti ha preceduto, non sopportò tali cose? Non sai che i giudei, abusando della legge, uccisero il Cristo? Spera, dunque, e segui il tuo re per la strada nella quale ti ha preceduto. Dì: Giuda è il mio re. E poiché Giuda è mio re, che cosa è divenuto Moab? È divenuto caldaia della mia speranza, non del mio annientamento. Vedi come nelle tribolazioni ci sia una caldaia di speranza. Ascolta le parole dell'Apostolo! Noi ci gloriamo - dice - nelle tribolazioni. Ecco dunque la caldaia. Ed ora vedi com'egli precisi trattarsi di una caldaia di speranza. Sappiamo infatti - dice - che la tribolazione genera la pazienza, e la pazienza genera la virtù provata, e questa a sua volta la speranza (Rm 5,3 Rm 4). Se la tribolazione genera la pazienza, la pazienza la costanza, e la costanza la speranza, è la caldaia, cioè la tribolazione, che genera la speranza. Giustamente, dunque, Moab è caldaia di mia speranza. Ma la speranza non è delusa. Che dunque? Lancerai fiamme verso la caldaia? Proprio così! poiché la carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5).

Parliamo di Cristo anche ai lontani.

11. Fino all'Idumea estenderò il mio calzare. È la Chiesa che dice: Giungerò fino all'Idumea. Mi si riversino pure addosso le più tremende tribolazioni; ribolla pure il mondo di scandali. Io estenderò il mio calzare fino all'Idumea: fino a coloro, cioè, che conducono un genere di vita terrestre (perché Idumea significa “ terrena ”). Fino ad essi, fino all'Idumea, estenderò il mio calzare. Quale calzare, se non quello del Vangelo? Quanto sono belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunziano il bene (Rm 10,15)! E ancora: Abbiate calzati i piedi nella preparazione del Vangelo della pace (Ep 6,15). Orbene, poiché la tribolazione genera la virtù provata e questa a sua volta la speranza, la caldaia non potrà dissolvermi, perché la carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Non veniamo meno nel predicare il Vangelo, non veniamo meno nell'annunziare il Signore. Fino all'Idumea estenderò il mio calzare. Non servono forse Dio anche gli uomini terreni? Anche se sono avviluppati in cupidige terrene, tuttavia adorano Cristo. Oggi noi vediamo, fratelli, che molti uomini terreni commettono frodi per lucro e per le frodi spergiurano; vediamo che per paura ricorrono agli stregoni e agli astrologhi. Tutti costoro sono idumei, cioè terreni, e tuttavia adorano Cristo, sono sotto il suo calzare. Sino all'Idumea egli ha ormai esteso il suo calzare. A me sono soggetti i filistei. Chi sono i filistei? Sono degli estranei, un popolo che non appartiene alla mia stirpe. Essi sono soggetti, perché molti adorano Cristo, anche se poi non regneranno con Cristo. A me sono soggetti i filistei.

12. [v 11.] Chi mi trasporterà nella città dell'accerchiamento? Qual è la città dell'accerchiamento? Se ricordate già ne ho parlato in un altro salmo, là dove è detto: E andranno attorno per la città (Ps 58,7 Ps 15). La città dell'accerchiamento è la folla tumultuante delle genti, le quali facevano ressa da ogni parte e tenevano chiusa nel mezzo la gente dei giudei. Questa adorava l'unico Dio; mentre la folla eterogenea delle genti adorava gli idoli, serviva i demoni. E questa folla in senso mistico è chiamata “ città dell'accerchiamento ”, proprio perché le genti si accalcavano da ogni dove, per accerchiare da ogni lato il popolo che adorava l'unico Dio. Chi mi trasporterà nella città dell'accerchiamento? Chi, se non Dio? E vuol dire questo: Come mi trasporterà su quelle nubi delle quali è detto: La voce del tuo tuono nella ruota (Ps 76,19)? La ruota è la stessa città circondante: la quale è chiamata ruota e s'identifica col mondo. Chi mi trasporterà nella città dell'accerchiamento? Chi mi trasporterà fino all'Idumea, affinché io regni anche su gli uomini terreni; affinché mi venerino anche coloro che non sono miei e che non vogliono trarre profitto da me?

Dio non abbandona i suoi testimoni.

13. [v 12.]Chi mi condurrà fino all'Idumea? Non sarai forse tu, Dio, che ci hai respinti? E non marcerai, o Dio, con i nostri eserciti? Non sarai, forse, tu a condurci, tu che ci hai respinti? Ma perché ci hai respinti? Perché ci hai distrutti. E perché ci hai distrutti? Perché ti sei adirato ed hai avuto misericordia di noi. Ci porterai, dunque, tu che ci hai respinti: tu, o Dio, che non marcerai con i nostri eserciti, tu ci trasporterai. Che significano le parole: Non marcerai con i nostri eserciti? Il mondo infierirà, il mondo ci calpesterà, si innalzerà il cumulo della testimonianza mediante il sangue sparso dai martiri, e i pagani persecutori diranno: Dove è il loro Dio? (Ps 78,10) Allora tu, o Dio, non marcerai con i nostri eserciti. Non interverrai contro di loro, non mostrerai la tua potenza come la mostrasti in David, in Mosè, in Gesù di Nave, quando le genti dovettero cedere alla loro forza, e, compiuta la strage e devastata totalmente la regione, tu conducesti il tuo popolo nella terra che gli avevi promesso. Questo allora non farai: Non marcerai, o Dio, con i nostri eserciti, ma opererai nell'intimo. Che significa: Non marcerai? Significa: Non ti farai vedere. Certamente, quando i martiri erano trascinati in catene, quando erano chiusi in carcere, quando erano mostrati alla folla affinché li schernisse, quando erano gettati alle belve, quando erano percossi con la spada, quando erano bruciati col fuoco, non erano forse derisi come gente abbandonata da Dio, come destituiti di ogni aiuto? Ma Dio operava nell'intimo. E come li consolava intimamente! Come rendeva loro dolce la speranza della vita eterna! E come non abbandonava i loro cuori, dove l'uomo si raccoglie nel suo silenzio e si trova bene se è stato buono, male se è stato cattivo! Forse che, per il fatto che non marciava con i loro eserciti, li abbandonava? E non è stato, forse, proprio perché non marciava con i loro eserciti, che ha esteso la Chiesa sino all'Idumea, fino alla città asserragliata all'intorno? Se, invece, la Chiesa avesse voluto combattere e usare la spada, avrebbe dato l'impressione che si battesse per la vita presente; ma, poiché disprezzava la vita presente, per questo si è elevato il cumulo delle testimonianze per la vita futura.

14. [v 13.] Ebbene tu, o Dio, che non marci con i nostri eserciti, dacci aiuto nella tribolazione, poiché vana è la salvezza dell'uomo. Si muovano ora coloro che non hanno il sale, e desiderino per i propri cari la salvezza temporale, che poi è soltanto una vecchiaia senza risultati (Cf. Mc 9,49). Dacci aiuto! Daccelo con quegli interventi che potevano far supporre che tu ci avessi abbandonati. Così soccorrici! Dacci aiuto nella tribolazione, vana è la salvezza dell'uomo.

15. [v 14.]In Dio opereremo prodezze, e a niente egli ridurrà i nostri nemici. Non opereremo prodezze con la spada, con i cavalli, con le corazze, con gli scudi, con la potenza dell'esercito, con quanto è esteriore. Dove allora le opereremo? Nell'intimo, ove siamo nascosti. Dentro dove? In Dio opereremo prodezze. Potremo essere vilipesi, calpestati, ritenuti uomini di nessun conto: ma egli a niente ridurrà i nostri nemici. Infatti, tutto questo è accanito nei confronti dei nostri nemici. Sono stati calpestati i martiri; ma, soffrendo, sopportando, perseverando sino alla fine, hanno operato prodezze in Dio. Ed egli ha fatto anche quanto segue: al niente ha ridotto i loro nemici. Dove sono ora i nemici dei martiri? A meno che non si ritengano per tali coloro che, ubriachi, oggi perseguitano con i calici coloro che allora perseguitavano furiosi con le pietre!

SUL SALMO 60

60 Ps 60

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Cristo capo e le sue membra.

1. [v 1.] Eccoci a considerare, insieme con la vostra Carità, questo breve salmo. Il Signore ci assista affinché possiamo parlarne in modo adeguato e insieme conciso. Per quanto mi aiuterà colui che mi ordina di parlare, cercherò d'essere condiscendente con chi ama ascoltare, senza rendermi pesante verso chi fosse un po' tardo. Non sarò prolisso per contentare i pochi rendendomi gravoso per chi ha da fare. Il titolo non ci tratterrà a lungo. Dice infatti: Sino alla fine, negli inni, per David stesso. Negli inni, cioè, nelle lodi. Sino alla fine, cioè, fino a Cristo. Perché fine della legge è Cristo, a giustificazione di ogni credente (Rm 10,4). E dicendo Per David stesso, non dobbiamo intendere nessun altro se non colui che è venuto dalla discendenza di David, per essere uomo tra gli uomini e rendere gli uomini pari agli angeli. Quanto alla voce di questo salmo, se siamo parte delle sue membra e del suo corpo (come osiamo sperare sulla parola del Signore) dobbiamo riconoscere che è essa la nostra voce e non quella di altri. Non “ nostra ” nel senso che sia la voce di quelli soltanto che sono ora qui presenti; ma “ nostra ” in quanto voce di noi tutti, quanti siamo sparsi sull'intera faccia della terra, da oriente ad occidente. E perché comprendiate bene che questa è la nostra voce, il salmista parla come fosse un uomo solo. Ma non è un uomo solo: è l'unità [della Chiesa] che parla come per bocca di un solo individuo. Perché in Cristo siamo tutti un solo uomo, e il capo di questo solo uomo è in cielo, mentre le membra ancora si affaticano in terra; e, siccome soffrono, notate quali ne siano gli accenti.

208 Universalità del corpo di Cristo.

2. [vv 2.3.] Esaudisci, Dio, la mia supplica; tendi l'orecchio alla mia preghiera. Chi parla? Sembra un individuo. Ma osserva bene se sia davvero uno. Dice: Dai confini della terra a te ho gridato, nell'angoscia del mio cuore. Non si tratta dunque di un solo individuo (sebbene in Cristo, di cui siamo le membra, noi tutti abbiamo unità). Una persona singola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra grida soltanto quella eredità della quale fu detto al Figlio stesso: Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra (
Ps 2,8). È, dunque, questo possesso di Cristo, questa eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, questa unica Chiesa di Cristo, questa unità che noi siamo, che grida dai confini della terra. E che cosa grida? Ciò che ho detto prima: Esaudisci, Dio, la mia supplica; tendi l'orecchio alla mia preghiera. Dai confini della terra a te ho gridato. Cioè, questo ho gridato a te, dai confini della terra; ossia, da ogni luogo.

Cristo ci ha preceduti nella prova e nella vittoria.

3. Ma perché ho gridato questo? Mentre il mio cuore era nell'angoscia. Mostra di trovarsi in grande gloria tra tutte le genti e in tutto il mondo; eppure è in mezzo a grandi prove. Infatti la nostra vita in questo esilio non può essere senza prove, e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può riconoscersi finché non è tentato; allo stesso modo che nessuno potrà essere incoronato se non dopo la vittoria, vittoria che non ci sarebbe se non ci fossero la lotta contro un nemico e le tentazioni. È, pertanto, nell'angoscia quest'uomo che grida dai confini della terra; è nell'angoscia ma non è abbandonato. Poiché il Signore ha voluto darci in antecedenza un'idea della sorte che attende il suo corpo [mistico] che siamo noi, nelle vicende di quel suo corpo col quale egli morì, risorse ed ascese al cielo: in modo che le membra possano avere speranza di giungere là dove il capo le ha precedute. Egli ci ha insegnato a riconoscerci in lui, quando volle essere tentato da satana (Cf. Mt 4, l). Leggevamo ora nel Vangelo che il Signore Gesù Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto. Cristo fu certamente tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato tu. Tua infatti era la carne che Cristo aveva presa perché tu avessi da lui la salvezza. Egli aveva preso per sé la morte, che era tua, per donare a te la vita; da te egli aveva preso su di sé le umiliazioni perché tu avessi da lui la gloria. Così, egli prese da te e fece sua la tentazione, affinché per suo dono tu ne riportassi vittoria. Se in lui noi siamo tentati, in lui noi vinciamo il diavolo. Ti preoccupi perché Cristo sia stato tentato, e non consideri che egli ha vinto? In lui fosti tu ad essere tentato, in lui tu riporti vittoria. Riconoscilo! Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato. Non c'è, dunque, da stupirsi se, in mezzo alle tentazioni, il salmista grida dai confini della terra. Ma perché non è sconfitto? Nella pietra mi hai innalzato. Ecco una parola che ci fa riconoscere chi è che grida dai confini della terra. Ricordiamo il Vangelo: Sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa (Mt 16,18). Grida dunque dai confini della terra colei che egli ha voluto fosse edificata sopra la pietra. Ma, al fine di costruire la Chiesa sopra la pietra, chi si è fatto pietra? Ascolta Paolo che dice: E la pietra era Cristo (1Co 10,4). In lui noi siamo edificati: ed è stato per noi che la pietra nella quale noi siamo edificati venne per prima battuta dai venti, dal fiume, dalla pioggia (Cf. Mt 7,24 Mt 25), che cioè Cristo fu tentato dal diavolo. Ecco la solidità su cui volle poggiasse il tuo edificio. Per questo non cade a vuoto la nostra voce, ma è esaudita: perché poggiamo su una grande speranza. Nella pietra mi hai innalzato.

In Cristo è la nostra speranza.

4. [vv 3.4.]Mi hai condotto perché sei divenuto la mia speranza. Se egli non fosse divenuto la nostra speranza, non sarebbe in grado di condurci. Ci conduce in quanto è la nostra guida; e ci conduce con sé in quanto egli è la nostra via; a sé ci conduce in quanto egli è la nostra patria. Dunque ci conduce. Ma come fa? Può farlo perché è divenuto la nostra speranza. E quando è divenuto la nostra speranza? Ecco, lo avete udito! Egli è stato tentato, ha sofferto, è risorto: così è divenuto la nostra speranza. Cosa diciamo dentro noi stessi quando leggiamo queste cose? Dio non vuole certamente la nostra dannazione se per noi ha mandato il suo Figlio ad essere tentato, crocifisso, a morire, a risorgere. Diciamo che Dio non manca di stima per noi se per noi non ha risparmiato il suo Figlio, ma per noi tutti lo ha dato (Cf. Rm 8,32). Così egli è divenuto la nostra speranza. In lui puoi vedere la tua fatica e la tua ricompensa: la tua fatica nella passione, la tua ricompensa nella resurrezione. Così egli è divenuto la nostra speranza. Noi, infatti, abbiamo due vite: una nella quale siamo attualmente, e l'altra che speriamo. Quella nella quale siamo ci è nota; quella che speriamo ci è sconosciuta. Resisti durante questa vita e conseguirai quella che non hai ancora. Ma, che vuol dire: Resisti? Non farti vincere dal tentatore. Con le sue fatiche, le sue tentazioni, le sofferenze e la morte, Cristo ti ha mostrato la vita che hai da vivere adesso; con la sua resurrezione ti ha mostrato la vita che ti attende. Noi, infatti, sapevamo soltanto che l'uomo nasce e muore; non sapevamo che l'uomo risorge e vive in eterno; egli ha assunto ciò che tu conoscevi, per mostrarti ciò che non conoscevi. Per questo, dunque, è diventato la nostra speranza nelle tribolazioni e nelle tentazioni. Senti cosa dice l'Apostolo: Non solo, ma noi ci gloriamo anche nelle tribolazioni; sapendo che la tribolazione genera la pazienza, la pazienza genera la virtù provata e questa a sua volta la speranza; la speranza poi non è delusa, perché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,3-5). Lui stesso, dunque, è divenuto la nostra speranza; lui che ci ha dato lo Spirito Santo e ci fa camminare verso la speranza. Non cammineremmo, infatti, se non avessimo la speranza. Come afferma il medesimo Apostolo: Ciò che uno scorge, può forse sperarlo? Ma, se speriamo ciò che non vediamo, per mezzo della pazienza lo aspettiamo. E ancora: È nella speranza che siamo stati salvati (Rm 8,24 Rm 25).

Cristo torre inespugnabile.

5. Mi hai condotto, perché sei diventato la mia speranza, torre di fortezza di fronte al nemico. È nell'angoscia il mio cuore - dice questa unità levando la voce fin dai confini della terra - e soffro in mezzo alle tentazioni e agli scandali. I pagani mi odiano perché sono stati sconfitti; mi insidiano gli eretici coperti col manto del nome cristiano; all'interno, nella stessa Chiesa, il frumento è soverchiato dalla paglia. In mezzo a tutto questo, mentre il mio cuore è nell'angoscia, griderò dai confini della terra. Colui che mi ha costruito sopra la pietra non mi abbandonerà, né lascerà di condurmi a sé: perché, anche se soffro, anche se il diavolo in ogni luogo, in ogni momento, in ogni occasione, tende insidie contro di me, io ho in lui [Cristo] la mia torre di fortezza. Quando in essa mi sarò rifugiato, non soltanto eviterò le frecce del nemico, ma potrò anche scagliare intrepido contro di lui tutte le frecce che vorrò. Questa torre è Cristo, il quale per noi si è fatto torre di fronte al nemico, lui che è anche pietra sopra la quale è costruita la Chiesa. Cerchi riparo per non essere ferito dal diavolo? Rifugiati nella torre! In essa mai ti raggiungeranno le frecce del diavolo; ivi starai riparato permanentemente. Ma in qual modo ti rifugerai nella torre? Che nessuno, in mezzo, alla tentazione, pensi di trovare questa torre in senso materiale! Non trovandola, potrebbe correre il rischio di scoraggiarsi e di venir meno nella tentazione. La torre è dinanzi a te. Ricordati di Cristo, e sarai entrato nella torre. In qual modo ti ricorderai di Cristo per così entrare nella torre? Qualunque cosa avrai da soffrire, pensa che per primo egli l’ha sofferta, e rifletti sul fine per cui egli ha sofferto. Egli morì per risorgere. Spera di raggiungere anche tu la mèta nella quale egli ti ha preceduto, e sarai già entrato nella torre senza cedere al nemico. Se, invece, consentirai alle suggestioni del nemico, allora la freccia dell'aggressore riuscirà a colpirti. Sii piuttosto tu a lanciare frecce contro di lui: frecce con cui ferirlo e vincerlo. Quali sono queste frecce? Sono la parola di Dio, la tua fede, la tua speranza, le opere buone. Io non ti dico: Sta' tranquillo e in ozio dentro la tua torre; e nemmeno: Accontentati di non essere raggiunto dalle frecce del nemico. Ti dico di essere sempre occupato e che le tue mani non si fermino mai. Le tue opere buone sono le spade che uccidono il nemico.

Indefettibilità della Chiesa.

6. [v 5.] Sarò ospite nella tua tenda per sempre. Vedete che a gridare è colui del quale parlavamo poc'anzi. Chi di noi, infatti, potrà essere ospite per sempre? Qui viviamo per pochi giorni e ce ne andiamo: poiché veramente qui in terra siamo ospiti, mentre in cielo avremo una dimora stabile. Sulla terra tu sei un esule e dovrai udire la voce del Signore tuo Dio, che ti ordinerà di emigrare. Da quella dimora eterna nei cieli invece nessuno ti ordinerà di partire. Qui, dunque, sei ospite. E in un altro salmo si dice al riguardo: Sono ospite presso di te, ed esule, come tutti i miei padri (Ps 38,13). Qui siamo ospiti; là il Signore ci darà una eterna dimora. Dice: Molte sono le dimore presso il Padre mio (Jn 14,2). E queste dimore egli ce le darà, non come ad ospiti, ma come a cittadini che vi dovranno restare per sempre. Tuttavia, o fratelli, siccome la Chiesa sarà in questa terra non per poco tempo, ma sino alla fine del mondo, per questo qui nel salmo è detto: Sarò ospite nella tua tenda per sempre. Infierisca pure, quanto vuole, il nemico! Mi aggredisca, mi tenda insidie, aumenti il numero degli scandali, immerga nell'angustia il mio cuore. Io sarò ospite nella tua tenda per sempre. La Chiesa non sarà vinta, non sarà sradicata, non cederà alle tentazioni, finché non verrà la fine di questo mondo e non ci accolga, provenienti da questa abitazione temporale, quella eterna dimora alla quale ci condurrà colui che è divenuto la nostra speranza. Sarò ospite nella tua tenda per sempre. Sembra voglia ovviare a una nostra difficoltà: “ Se dovrai essere ospite per lungo tempo, vuol dire che sulla terra dovrai tribolare in mezzo a molte e gravi prove. Infatti, se la Chiesa dovesse restarvi solo per pochi giorni, allora le insidie del tentatore finirebbero presto ”. Bene! tu vorresti che le tentazioni durassero pochi giorni; ma, se non restasse a lungo qui in terra, se non vi restasse sino alla fine, come farebbe, la Chiesa, a raccogliere tutti gli uomini? Non essere geloso di coloro che verranno poi! Non tagliare, poiché tu vi sei già passato, il ponte della misericordia! Esso rimanga in piedi per sempre. E che dire delle tentazioni, le quali saranno per forza tanto più numerose quanto più frequenti saranno gli scandali? Infatti egli stesso dice: Poiché abbonderà l'ingiustizia, si raggelerà la carità di molti (Mt 24,12). Ma la Chiesa, che grida dai confini della terra, si trova in coloro dei quali il seguito del testo dice: Chi, però, avrà perseverato sino alla fine, quello sarà salvo (Mt 24,13). Ma in che modo persevererai? Di quali forze disponi in mezzo a tanti scandali, in mezzo a tante tentazioni, in mezzo a tante battaglie? Con quali forze vincerai il nemico invisibile? Forse con le tue? Se è vero che l'orante di questo salmo dovrà essere esule per sempre qui sulla terra, con quale speranza resisterà? Mi rifugerò all'ombra delle tue ali. Ecco perché siamo sicuri in mezzo a tante tentazioni, finché non venga la fine del mondo e ci accolgano i secoli eterni. Siamo sicuri perché ci rifugiamo sotto la protezione delle sue ali. Nel mondo vi è un calore bruciante, ma sotto le ali di Dio c'è un'ombra meravigliosa. Mi rifugerò all'ombra delle tue ali.

7. [v 6.] Perché tu, Dio, hai esaudito la mia preghiera. Quale preghiera? Quella con la quale ha cominciato il suo dire: Esaudisci, o Dio, la mia supplica, tendi l'orecchio alla mia preghiera. Dai confini della terra a te ho gridato (Ps 60,2 Ps 3). Ecco cosa ho gridato a te dai confini della terra. Per questo mi rifugerò all'ombra delle tue ali, perché hai esaudito la mia preghiera. Egli ci invita dunque, o fratelli, a non smettere di pregare, finché siamo nel tempo delle tentazioni. Hai dato l'eredità a coloro che temono il tuo nome. Perseveriamo dunque nel timore del nome di Dio: non ci inganna l'eterno Padre. In questo mondo si affaticano i figli per raccogliere, dopo la loro morte, l'eredità dei genitori. E noi non ci affaticheremo per ottenere l'eredità di quel Padre al quale non succederemo, perché egli non muore mai, ma con il quale vivremo in eterno nella stessa eredità? Hai dato l'eredità a coloro che temono il tuo nome.

209 Vita presente e vita eterna.

8. [v 7.]Aggiungerai giorni su giorni agli anni dei re. Si riferisce al re di cui noi siamo le membra. Il re è Cristo, il nostro capo, il nostro re. Hai dato a lui giorni su giorni; non soltanto i giorni di questa vita che ha fine, ma giorni oltre questi giorni, senza fine. Dice: Abiterò nella casa del Signore per la lunghezza dei giorni (
Ps 22,6). Perché per la lunghezza dei giorni, se non perché ora i giorni sono brevi? Infatti ogni cosa che ha fine è breve; ma i giorni di questo re sono al di sopra dei giorni. Cristo regna nella sua Chiesa non soltanto questi giorni che passano, ma regna insieme con i Santi nei giorni che non hanno fine. Lì è un solo giorno, e sono molti giorni. Che siano molti giorni già l'ho detto: Per la lunghezza dei giorni. Che sia un solo giorno lo si ricava da qui: Figlio mio sei tu; oggi io ti ho generato (Ps 2,7). Per esprimere un sol giorno dice oggi; ma questo giorno non si pone in mezzo tra il giorno di ieri e quello di domani, né il suo inizio è la fine di ieri, né, la sua fine è l'inizio del domani. Si parla infatti anche degli anni di Dio: Ma tu sei sempre lo stesso, e i tuoi anni non verranno meno (Ps 101,28). Come si dice “ anni ”, così si dice “ giorni ”, e così un solo giorno. Dell'eternità tu puoi dire ciò che vuoi. E questo perché, qualunque cosa tu dica, dici sempre poco. Ma dire qualcosa è necessario proprio per questo: per avere una base onde pensare ciò che è indicibile. Giorni su giorni aggiungerai agli anni del re, fino al giorno della generazione e della generazione. Di questa generazione, cioè, e della generazione futura. Questa generazione è quella paragonata alla luna, per il fatto che la luna nasce, cresce, si completa, invecchia e muore; e così sono le generazioni mortali. L'altra generazione è quella per la quale saremo rigenerati nella resurrezione e nella quale resteremo in eterno insieme con Dio, quando non saremo più paragonati alla luna, ma saremo come dice il Signore: Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro (Mt 13,43). Nel linguaggio figurato in uso presso la Scrittura, la luna serve a indicare la mutevolezza della condizione mortale. Per questo discendeva verso Gerico quell'abitante di Gerusalemme che si imbatté nei ladroni; perché la città di Gerico, in ebraico, ha un nome che in latino si traduce “ luna ”. Discendeva, dunque, dall'immortalità alla condizione mortale (e per questo nel viaggio fu ferito dai ladroni e abbandonato mezzo morto (Cf. Lc 10,30)) quell'Adamo dal quale trae origine tutto il genere umano. Orbene, le parole: Giorni su giorni aggiungerai agli anni del re, fino al giorno della generazione, io le intendo riferite alla generazione mortale. Ma poi menziona un'altra generazione. Quale? Ascolta!

Imitiamo la misericordia e la verità di Dio.

9. [v 8.]Resterà in eterno al cospetto di Dio. In qual modo e per quale ragione? Chi ricercherà per il Signore la misericordia e la verità di lui? Dice anche in un altro passo: Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità per coloro che cercano il suo testamento e le sue testimonianze (Ps 24,10). Potremmo parlare a lungo sulla verità e sulla misericordia, ma abbiamo promesso di essere brevi. Eccovi in sintesi che cosa siano la verità e la misericordia; perché non è poca cosa quanto è stato detto: Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità. Si dice che sono misericordia, perché Dio non guarda ai nostri meriti ma alla sua bontà, quando ci perdona tutti i peccati e ci promette la vita eterna. Si dicono anche verità, perché Dio non inganna ma dona effettivamente ciò che ha promesso. Riconosciamo questo divino comportamento verso di noi e facciamo altrettanto. Dio ci ha usato misericordia e verità: la misericordia perdonando i nostri peccati, la verità mantenendo le sue promesse. Così anche noi, finché siamo qui in terra, comportiamoci con misericordia e verità. Usiamo misericordia nei confronti dei deboli, dei bisognosi, e anche dei nostri nemici; e pratichiamo la verità impegnandoci a non peccare e a non aggiungere peccato a peccato. Infatti, chi si ripromette troppo dalla misericordia di Dio finisce col considerare nel suo animo Dio ingiusto, credendo che, anche se resterà peccatore e non vorrà abbandonare le sue ingiustizie, Dio, quando verrà, lo collocherà là dove colloca i suoi servi obbedienti. Potrà essere giusto tutto questo? cioè, porre te che perseveri nel peccato là dove porrà coloro che hanno abbandonato la via del peccato? Vorrai essere così ingiusto da rendere ingiusto anche Dio? Perché vuoi piegare Dio alla tua volontà? Piegati piuttosto tu alla volontà di Dio! Ma chi è che così si arrende alla volontà di Dio, se non uno di quei pochi dei quali è detto: Chi avrà perseverato sino alla fine, costui sarà salvo (Mt 24,13)? Giustamente, pertanto, qui nel salmo è detto: Chi ricercherà la sua misericordia e la sua verità per lui? Perché dice: Per lui? Sarebbe stato sufficiente dire: Chi ricercherà? Perché ha aggiunto: Per lui, se non perché molti cercano, sì, di apprendere dai Libri santi la misericordia e la verità di Dio, ma, quando l’hanno appresa, vivono per sé e non per lui? Cercano il loro interesse, non le cose di Gesù Cristo (Cf. Ph 2,21); predicano la misericordia e la verità, ma non operano secondo misericordia e secondo verità. Comunque, per il fatto che le predicano, dimostrano di conoscerle. Non le predicherebbero, infatti, se non le conoscessero. Ebbene, chi ama Dio e Cristo, quando si mette a predicare la sua misericordia e la sua verità, deve agire per amore di lui, non per se stesso. Cioè: non deve farlo per avere da questa predicazione comodità temporali, ma per giovare alle membra di Cristo, cioè ai suoi fedeli, amministrando con verità ciò che conosce. Deve, cioè, comportarsi in modo che colui che vive non viva più per sé, ma per colui che per tutti è morto (Cf. 2Co 5,15). Chi cercherà per lui la sua misericordia e la sua verità?

Perseverare nel servizio di Dio.

10. [v 9.]Così inneggerò al tuo nome, o Dio, in eterno, per sciogliere i miei voti di giorno in giorno. Se inneggi al nome di Dio, non inneggiare solo per un po' di tempo. Vuoi esaltarlo eternamente? Vuoi inneggiare in eterno? Sciogli a lui i tuoi voti di giorno in giorno. Che significa: “ Sciogli a lui i tuoi voti di giorno in giorno ”? Significa: dal giorno presente al giorno eterno. Persevera nello sciogliere i tuoi voti per tutto questo giorno, finché non giungerai a quel giorno. È lo stesso che: Chi avrà perseverato sino alla fine, sarà salvo.


Agostino Salmi 206