Agostino Salmi 61

SUL SALMO 61

61 Ps 61

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Trascendere le cose caduche.

1. [v 1.] Grande è il piacere che reca la parola di Dio. E nel comprenderla vi è tanta dolcezza che noi, con l'aiuto di colui che ci dà quella soavità che alla nostra terra fa produrre il suo frutto (Cf. Ps 84,13), ci sentiamo sospinti a parlare, come anche voi ad ascoltare. Vedo che ascoltate senza stancarvi, e mi rallegro per il gusto del vostro cuore, che non respinge ciò che è salutare, ma con avidità lo riceve e con vantaggio lo trattiene. Vi parleremo, dunque, anche oggi, per quanto ci concede il Signore, del salmo che ora abbiamo cantato. Il suo titolo è: Sino alla fine, per Iditun, salmo, per David stesso. Ricordo che già vi è stato spiegato chi sia Iditun. Secondo la traduzione della lingua ebraica che abbiamo avuta per mano, in latino Iditun corrisponde a “ colui che li oltrepassa ”. Questi che canta oltrepassa, dunque, qualcuno e dall'alto lo disprezza. Vediamo fin dove sia arrivato e chi abbia oltrepassato. Vediamo dove si sia fermato dopo aver oltrepassato gli altri e quale sia il luogo spirituale e sicuro da cui guarda ciò che gli sta al di sotto. Egli guarda, badando però di non cadere. Dopo essere andato avanti, incita i pigri a seguirlo e tributa lodi al luogo ove avanzando è pervenuto. Difatti questo tale che avanza è sopra qualche cosa e nello stesso tempo è sotto qualche altra cosa. E, precisamente, a lui è sembrato più opportuno segnalarci per prima la cosa sotto la quale si sente sicuro e come l'essere andato più avanti non sia frutto di superbia ma risultato di un progresso.

Sicurezza di chi si sottomette a Dio.

2. [vv 2.3.] Stando, dunque, in un luogo fortificato dice: Forse che a Dio non si sottometterà l'anima mia? Aveva infatti sentito dire: Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato (Mt 23,12), e, temendo di insuperbire per essere andato oltre (lo vediamo, infatti, non inorgoglito per le cose che vedeva stargli sotto, ma umile per quel che sapeva essergli al di sopra), quasi che si sentisse minacciato dall'invidia di coloro che si dispiacevano di essere stati superati da lui, risponde: Forse che a Dio non si sottometterà l'anima mia? Perché a me che avanzo cercate di tendere tranelli? Voi volete abbattermi con gli insulti oppure ingannarmi con la seduzione. Forse che io tengo in mente soltanto le cose cui sono sopra, e dimentico quelle a cui sono sotto? La mia anima non sarà forse soggetta a Dio? Per quanto mi avvicini, per quanto salga, per quante cose io oltrepassi, sarò sotto Dio, non contro Dio. Sicuro dunque trascendo le altre cose quando mi tiene sotto di sé colui che è sopra ogni cosa. Forse che non sarà soggetta a Dio l'anima mia? Da lui infatti è la mia salvezza. Perché lui è il mio Dio e la mia salvezza; è il mio protettore, e io non vacillerò più oltre. So chi è sopra di me; so che egli estende la sua misericordia su coloro che lo conoscono; so a chi appartengono le ali che mi copriranno infondendomi speranza. Non vacillerò più oltre. Voi certamente vi date da fare, dice a certuni. Oltrepassandoli, dice loro: Voi vi date da fare perché io vacilli; ma non mi venga addosso il piede della superbia. Per questo accade ciò che nello stesso salmo è detto poi: Né la mano dei peccatori mi smuova (Ps 35,12). Parole che riecheggiano queste: Non vacillerò più oltre; e a ciò che là si legge: Non mi venga addosso il piede della superbia, qui corrisponde l'espressione: Forse a Dio non sarà soggetta l'anima mia?

Insipienza di chi perseguita Cristo.

210 3. Orbene, da questo luogo elevato, colui che vi sta dentro sicuro e ben difeso, colui per il quale il Signore s'è fatto un rifugio e Dio è divenuto una fortezza, guarda verso coloro che ha oltrepassati e, disprezzandoli, parla come da una torre eccelsa. Di tale luogo infatti è detto: Torre di fortezza di fronte al nemico (Ps 60,4). Guarda dunque verso costoro e dice: Fino a quando ammucchierete [mali]sopra l'uomo? Quando voi insultate e scagliate ingiurie, tendete insidie e perseguitate, voi accumulate dei pesi sopra l'uomo; voi rovesciate sopra l'uomo tutto quanto l'uomo può sopportare. Ma l'uomo riesce a sopportare; e lo fa perché lo sostiene colui che ha creato l'uomo. Fino a quando ammucchierete [mali]sopra l'uomo? Se guardate l'uomo, tutti lo uccidete. Ecco! Scagliatevi, incrudelite, uccidetelo tutti. Come a una parete cadente e ad un muro che crolla. Premete, spingete! Vi sembrerà di abbatterlo. Ma dove sono le parole: Non vacillerò più oltre? In che senso, allora si diceva: Non vacillerò più oltre? Perché egli è il mio Dio e la mia salvezza, il mio protettore. Potete dunque, voi uomini, rovesciare pesi sopra l'uomo; ma potrete, forse, rovesciarli anche sopra Dio che difende l'uomo?

Le sofferenze di Cristo, capo e corpo. Le membra di Cristo, da Abele all’ultimo dei giusti.

4. [v 4.]Tutti lo uccidete. Nel corpo di un uomo solo ci potrà, dunque, essere tanta ampiezza che gli consenta di essere ucciso da tutti? Ma dobbiamo qui intendere la nostra persona, cioè la persona della nostra Chiesa, la persona del corpo di Cristo. Perché Gesù Cristo, capo e corpo, è un uomo solo: è salvatore del corpo e membra del corpo, due in una sola carne (Cf. Gn 2,24 Ep 5,31), in un'unica voce e in un'unica sofferenza; e, quando l'iniquità sarà scomparsa, in una sola pace. Perciò le sofferenze di Cristo non sono esclusivamente nel Cristo, o meglio, le sofferenze di Cristo non possono essere se non nel Cristo. Se intendi Cristo come capo e corpo, non vi sono sofferenze al di fuori di Cristo; se, invece, intendi Cristo soltanto come capo, le sofferenze di Cristo non le troviamo esclusivamente nel Cristo. Se infatti le sofferenze fossero nel solo Cristo, o meglio nel solo capo, in qual modo potrebbe uno dei suoi membri, l'apostolo Paolo, dire: Per completare ciò che manca alle tribolazioni di Cristo nella mia carne (Col 1,24)? Se, dunque, sei uno dei membri di Cristo, o uomo, chiunque tu sia che queste parole ascolti, chiunque tu sia che ora non ascolti (ma devi necessariamente ascoltarle, se sei un membro di Cristo): ebbene, qualunque cosa tu soffra da parte di coloro che non sono nelle membra di Cristo, questo mancava alle sofferenze di Cristo. Per questo si aggiunge, perché mancava. E tu colmi la misura, non la fai traboccare; tanto soffri quanto attraverso le tue sofferenze doveva essere aggiunto alla universale passione di Cristo. Egli soffrì un tempo nella persona del nostro capo e soffre oggi nelle sue membra, cioè in tutti noi. Ognuno di noi, secondo la sua misura limitata, paga alla comunità (diciamo pure, alla nostra repubblica) ciò che gli spetta e, secondo le proprie forze, aggiunge come un canone di sofferenze. Non sarà effettuato il versamento completo della somma di sofferenze da parte di tutti, finché non finirà il mondo. Fino a quando ammucchierete [mali] sopra l'uomo? Tutto quanto hanno sofferto i profeti, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria (Cf. Mt 23,35), è stato ammucchiato sopra l'uomo, poiché erano membra di Cristo anche quelle che precedettero l'avvento dell'incarnazione di Cristo. Così come nella nascita di quel tale, quando ancora non era venuto alla luce il capo, lo precedette una mano (Cf. Gn 38,27), la quale naturalmente era unita al capo. Non crediate dunque, o fratelli, che tutti i giusti che hanno sofferto persecuzioni, anche quelli che furono inviati prima dell'avvento del Signore ad annunziare tale venuta, non siano appartenuti alle membra di Cristo. Come si fa, infatti, a pensare che non sia stato tra le membra di Cristo uno che apparteneva alla città che ha Cristo per re? Tale città è una sola, la Gerusalemme celeste, la città santa; e questa unica città ha un solo re: Cristo. Egli stesso infatti le dice: Madre Sion, dirà l'uomo. Le dice: Madre; ma in quanto uomo. Ebbene: Madre Sion, dirà l'uomo. Egli si è fatto uomo in essa ed egli stesso l'ha fondata, l'Altissimo (Ps 86,5). Suo re è dunque l'Altissimo, che l'ha fondata: lo stesso che in tale città si è fatto uomo umilissimo. Prima d'incarnarsi, egli inviò avanti a sé alcune sue membra, e, dopo che la sua venuta era stata da loro annunziata, venne lui stesso, che con loro era unito. Ricordane la figura contenuta nella nascita di quell'uomo: la mano venne alla luce prima del capo, ma era unita al capo e dipendeva dal capo (Cf. Gn 38,27). Ecco che cosa è stato detto di Cristo da uno che elogiava i titoli nobiliari dell'antico popolo di Dio e si doleva che si fossero spezzati certi rami naturali (Cf. Rm 11,21). Diceva: Di loro è l'adozione e le alleanze e la costituzione della legge. Loro sono i patriarchi, e da loro è nato, secondo la carne, Cristo, che è sopra ogni cosa Dio benedetto nei secoli (Rm 9,4 Rm 5). Da loro, cioè da Sion, è nato, secondo la carne, Cristo, perché egli si è fatto uomo in essa; ma, siccome Cristo è sopra ogni cosa Dio benedetto nei secoli, ecco perché lo stesso Altissimo l'ha fondata (Ps 86,5). Da loro è nato, secondo la carne, Cristo, in quanto figlio di David; ma egli è sopra ogni cosa Dio benedetto nei secoli e così è Signore di David. Ebbene, tutta questa città parla: dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria (Cf. Mt 23,35). E anche poi, dal sangue di Giovanni, attraverso il sangue degli Apostoli, dei martiri, dei fedeli di Cristo, questa sola città parla, questo unico mistico uomo dice: Fino a quando ammucchierete [mali] sopra l'uomo? Tutti lo uccidete. Vediamo se riuscite a distruggere, ad estinguere e a strappare dalla terra il suo nome. Vediamo se voi popoli non tramate un'impresa da insensati (Ps 2, l) quando dite: Quando morirà e perirà il suo nome? (Ps 40,6) Suvvia! datele addosso, spingete come contro una parete cadente o un muro che crolla. Ascoltate però le parole che precedono: Egli è il mio protettore; io non vacillerò più oltre (Ps 61,3). È vero che io sono stato, come un mucchio di sabbia, spinto a cadere, ma il Signore mi ha sostenuto (Ps 117,13).

I cristiani invidiati e odiati dai perversi.

5. [v 5.]Tuttavia hanno tramato di danneggiare il mio onore. Gli uccisori sono vinti mentre colpiscono. Con il sangue degli uccisi si moltiplicano i fedeli, e gli uccisori cedono a questi né sono più capaci di uccidere. Tuttavia hanno tramato di danneggiare il mio onore. Ora che il cristiano non può più essere ucciso, si cerca di disonorarlo. Difatti, proprio a causa dell'onore che vedono tributato ai cristiani, si tormentano i cuori degli empi. Il biblico Giuseppe, nel suo significato allegorico, un tempo era venduto dai fratelli, era condotto dalla sua patria in mezzo alle genti, cioè in Egitto, subiva l'umiliazione del carcere e l'accusa della falsa testimone; gli accadeva insomma ciò che di lui era stato detto: Il ferro ha trafitto la sua anima (Ps 104,18). Adesso le cose sono cambiate: è onorato, non è più soggetto ai fratelli che lo hanno venduto, ma dona il frumento agli affamati (Cf. . Gn 37 Gn 39 Gn 41). Vinti dalla sua umiltà, dalla sua castità, dalla sua incorruttibilità, dalle tentazioni e dalle sofferenze a cui l'hanno sottoposto, lo vedono ormai onorato; e allora tentano di offuscare il suo onore. Alle loro trame si riferiscono le parole: Il peccatore vedrà. Non può non vedere, in quanto non può essere nascosta la città collocata sopra il monte (Cf. Mt 5,14). Orbene, il peccatore vedrà e si adirerà; digrignerà i denti e si consumerà (Ps 111,10). È nascosto nel cuore, è coperto come da una maschera in fronte il veleno di coloro che incrudeliscono e si adirano. Per questo anche qui nel salmo si guarda all'intimo pensiero e si dice: Hanno tramato di danneggiare il mio onore. Non osano, infatti, proferire a parole ciò che tramano. Auguriamo loro del bene, anche se essi ci desiderano il male. Giudicali tu, o Dio! Desistano dai loro pensieri! (Ps 5,11). Che cosa c'è, infatti, di meglio, che cosa c'è di più utile per loro, che cadere da dove male stanno in piedi, onde poter dire anch'essi, una volta corretti: Hai posto i miei piedi sopra la pietra (Ps 39,3)?

La città del bene presuppone la conversione dell’uomo.

6. Ma hanno tramato di danneggiare il mio onore. Tutti contro uno, oppure uno solo contro tutti? Oppure, ancora, tutti contro tutti, o uno contro uno? Dicendo: Ammucchiate mali sopra l'uomo, sembrerebbe trattarsi di un individuo solo; e, quando soggiunge: Tutti lo uccidete, sembrerebbe che siano tutti contro uno solo. In realtà è anche vero che si tratta di tutti contro tutti, poiché i cristiani sono una totalità, sebbene riuniti in una unità. Ma che dire degli svariati errori sorti contro Cristo? Si dovrà dire solamente che sono parecchi, o si potrà anche dire che uno solo è l'errore? Senza esitazione oso dire che i vari errori costituiscono un solo errore. Infatti c'è una sola città, opposta a un'altra città: come c'è un popolo e un popolo, un re e un re. Che cosa significa: Una città e una città? Vi è una Babilonia e una Gerusalemme. Quali che siano gli altri nomi con cui si suole misticamente chiamarle, tuttavia una sola è la città del male e una sola è la città del bene. La prima ha per re il diavolo, l'altra Cristo. Mi riferisco ora a un passo del Vangelo che lascia inquieto me e, credo, anche voi. Dopo che furono invitati molti, buoni e cattivi, alle nozze e la sala del banchetto fu piena di convitati (i servi che erano stati inviati eseguirono a puntino l'ordine di invitare tanto i buoni quanto i malvagi), entrò il re per vedere gli ospiti e trovò un uomo che non aveva la veste nuziale. Gli disse le parole che conoscete: Amico, come sei entrato qui, senza veste nuziale? E quello ammutolì (Mt 22,12). Il re ordinò allora che gli fossero legate le mani e i piedi e che fosse scacciato fuori nel buio. Un uomo solo, non so chi, in mezzo alla grande moltitudine di commensali, fu allontanato dal banchetto e gettato nella pena. Ma il Signore, volendo dimostrare che quel solo uomo rappresentava un corpo formato da molti, nell'ordinare che fosse scacciato fuori e fosse gettato nella pena che gli spettava, aggiunse: Perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti (Mt 22,14). Che significano queste parole? Hai convocato le folle, e ne è venuta una grande moltitudine; hai sparso la notizia, hai parlato, e i commensali si sono moltiplicati oltre ogni dire (Cf. Ps 39,6); la sala delle nozze si è riempita di convitati. Fra i tanti uno solo viene cacciato fuori, e tu dici: Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. Perché non dici piuttosto: “ Tutti sono chiamati, molti sono eletti, e uno solo è scacciato ”? Se avesse detto: “ Grande è il numero dei chiamati, e di questi la maggior parte sono eletti, mentre pochi i reprobi ”, noi, forse, con ogni verosimiglianza per questi pochi intenderemmo quel solo cacciato fuori. Il Signore, invece, afferma che uno solo fu cacciato, e aggiunge che molti sono i chiamati e pochi gli eletti. Chi sono gli eletti se non coloro che sono rimasti? Scacciato quell'uno rimanevano gli eletti. In qual modo, scacciato uno tra molti, saranno pochi gli eletti, se non perché quell'uno ne comprende molti? Tutti coloro che hanno il gusto delle cose terrene, tutti coloro che preferiscono la felicità terrena a Dio, tutti coloro che cercano il loro interesse e non quello di Gesù Cristo (Cf. Ph 2,21), appartengono a quell'unica città che misticamente è detta Babilonia e che ha per re il diavolo. Invece tutti coloro che hanno il gusto delle cose dell'alto, che meditano le cose celesti, che vivono nel mondo sforzandosi di non offendere Dio, che evitano i peccati e non si vergognano di riconoscersi peccatori, che sono umili, miti, santi, giusti, pii, buoni: tutti costoro appartengono ad un'unica città, che ha per re Cristo. La città terrestre, a quanto sembra, supera l'altra quanto alla durata, ma non la supera nella sublimità né nell'onore. Quella città è nata prima, questa è nata dopo: quella è incominciata con Caino; questa con Abele. Sono due gruppi di persone che avanzano al comando di due re e che fan parte dell'una o dell'altra città. Fra loro esiste un netto contrasto, che durerà sino alla fine del mondo: finché, cioè, non avverrà la separazione, che porrà termine all'attuale mescolanza; finché non saranno posti gli uni a destra e gli altri a sinistra, e ai primi sarà detto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato preparato per voi sin dall'inizio del mondo; e ai secondi: Andate nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi (Mt 25,34 Mt 41). È Cristo che dice: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato preparato per voi fin dall'inizio del mondo. È il re della sua città, il vincitore di tutti. Ma a quelli che stanno a sinistra, e che sono come la città degli iniqui, dirà: Andate nel fuoco eterno. Separa forse, Cristo, da essi il loro re? No! Aggiunge: Che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi.

La città del male è nata con l’uomo.

7. State attenti, fratelli! State attenti, vi prego. Mi piace infatti parlarvi ancora un poco di questa dolce città. Perché cose gloriosissime sono dette di te, o città di Dio (Ps 86,3). E, se mi sarò dimenticato di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra (Ps 136,5). Oh, quant'è dolce quell'unica patria, davvero unica patria, sola patria! Al di fuori di essa, tutto quanto abbiamo è esilio. Vi dirò dunque delle cose che voi senz'altro riconoscerete e approverete. Vi ricorderò cose che già conoscete; non vi insegnerò nulla che voi ignoriate. Dice l'Apostolo: Non è prima ciò che è spirituale, ma ciò che è animale; dopo viene ciò che è spirituale (1Co 15,46). Così, quella città è più antica, perché Caino nacque per primo e poi nacque Abele (Cf. Gn 4,1 Gn 2); ma anche in costoro il maggiore servirà il minore (Gn 25,23). Quella precede in età, questa è superiore in dignità. Perché quella precede in età? Perché non è prima lo spirituale ma ciò che è animale. Perché questa è superiore in dignità? Perché il maggiore servirà il minore. Caino, in effetti, costruì una città, come leggiamo (Cf. Gn 4,17). La costruì prima che vi fosse qualsiasi altra città, all'inizio delle cose umane. Ti si fa capire, senza dubbio, che molti uomini erano già nati da quella prima coppia e da coloro che essi avevano generati, e il numero raggiunto era abbastanza elevato perché lo si potesse convenientemente chiamare città. Costruì dunque Caino una città, quando non vi era ancora alcuna città. Più tardi fu costruita Gerusalemme, il regno di Dio, la città santa, la città di Dio: e fu posta come simbolo, o ombra, a rappresentare il futuro. Comprendete, pertanto, il grande mistero, e tenete a mente ciò che ho detto in precedenza: Non è prima ciò che è spirituale, ma ciò che è animale; poi viene ciò che è spirituale. Caino costruì per primo la città e la costruì dove non ve ne erano altre. Quando invece fu costruita Gerusalemme, non la si costruì in un luogo dove non era stata altra città, ma dove prima era stata quella città che si chiamava Gebus, donde il nome di gebusei. Conquistata, vinta, assoggettata quella città, nel luogo dell'antica città che era stata distrutta ne fu costruita una nuova, che fu chiamata Gerusalemme: visione di pace, città di Dio (Jos 18,28). Ogni figlio di Adamo, quindi, per il fatto di essere nato da lui, non appartiene ancora a Gerusalemme: porta con sé le propaggini dell'iniquità e la pena del peccato; è destinato alla morte, e appartiene, in un certo senso, alla vecchia città. Ma, se farà parte del popolo di Dio, sarà distrutto il vecchio e sarà costruito il nuovo. Ecco perché Caino costruì la sua città là dove non ve n'erano altre. È perché la vita di ciascuno comincia dalla mortalità e dalla malvagità, e da tale condizione precedente, in un secondo tempo, si diventa buoni. Come per la disobbedienza di un uomo solo tutti sono stati costituiti peccatori, così per l'obbedienza di un uomo solo tutti saranno costituiti giusti (Rm 5,19). E tutti in Adamo moriamo (1Co 15,22); come ciascuno di noi è nato da Adamo. Passi alla Gerusalemme! Sia distrutto l'uomo vecchio e sia edificato il nuovo! Come a dei gebusei vinti, perché sia costruita in noi la vera Gerusalemme, ci si dice: Spogliatevi dell'uomo vecchio e rivestitevi del nuovo (Col 3,9 Col 10). E quando ormai siamo edificati in Gerusalemme e splendiamo nella luce della grazia, ci si dice: Foste un tempo tenebre; ma ora siete luce nel Signore (Ep 5,8). Ne consegue che la malvagia città si estende dall'inizio sino alla fine [del mondo], mentre la buona città è fondata sulla conversione dei malvagi.

Affari della Chiesa regolati dalle autorità civili. Uomini di Chiesa incaricati di affari temporali.

8. Per ora queste due città sono mischiate; ma alla fine dovranno essere separate. Esse combattono l'una contro l'altra: l'una per l'ingiustizia, l'altra per la giustizia; l'una per la vanità, l'altra per la verità. Talvolta, a causa di questa mescolanza, finché siamo nel tempo succede che alcuni, che appartengono alla città di Babilonia, amministrino le cose che appartengono a Gerusalemme; mentre certuni, che pur appartengono a Gerusalemme, debbono occuparsi di interessi propri di Babilonia. Mi rendo conto che vi ho promesso temi difficili. Siate pazienti, finché non vi avrò presentato degli esempi illustrativi. Tutte le cose che accadevano all'antico popolo d'Israele avevano, come scrive l'Apostolo, un valore figurativo; esse sono state scritte per ammonire noi che viviamo alla fine dei tempi (1Co 10,11). Osservate dunque quel primo popolo, che è la figura del popolo che gli succederà, e vedrete come si siano verificate in esso le cose che vi vengo dicendo. Vi furono a Gerusalemme dei cattivi re: è noto, sono elencati, sono nominati. Ebbene, tutti questi empi erano cittadini di Babilonia, eppure amministravano la cosa pubblica in Gerusalemme. Alla fine però tutti dovranno esserne separati, in quanto appartenenti al diavolo. Viceversa troviamo cittadini di Gerusalemme che hanno amministrato degli affari spettanti a Babilonia. Nabucodonosor, ad esempio, convinto dal miracolo, nominò quei tre fanciulli amministratori del suo regno, e li pose al di sopra dei suoi satrapi. Cittadini di Gerusalemme che amministrano lo stato di Babilonia! (Cf. Da 3,97) Osservate come tutto questo si compie e accade anche nella Chiesa, e precisamente in questi nostri tempi. Tutti coloro dei quali è detto: Fate le cose che dicono; ma non fate le cose che fanno (Mt 23,3), sono cittadini di Babilonia, eppure governano la città di Gerusalemme. Se infatti non avessero alcun potere nella città di Gerusalemme, perché si direbbe: Fate quello che dicono? Perché si direbbe: Seggono sulla cattedra di Mosè (Mt 23,2)? Viceversa: se essi fossero effettivamente di quei cittadini di Gerusalemme che regneranno in eterno con Cristo, perché si direbbe di loro: Non fate quello che fanno? Non sarà forse perché essi sono della categoria di quelli cui toccherà udire: Andatevene da me, tutti voi che operate ingiustizia (Lc 13,27). Eccovi ora chiaro come cittadini della città del male siano investiti di potere in alcune competenze proprie della città buona. Vediamo un momento se anche cittadini della città del bene esercitino degli incarichi spettanti alla città del male. Ogni Stato è una realtà terrena, e presto o tardi avrà fine. Il suo potere cesserà quando verrà quel regno per il quale preghiamo dicendo: Venga il regno tuo (Mt 6,10), e del quale fu predetto: E il suo regno non avrà fine (Lc 1,33). Eppure, la repubblica terrena ha nostri cittadini incaricati di amministrare gli affari di sua competenza. Quanti fedeli, quanti buoni, sono magistrati nella loro città, sono giudici, condottieri d'esercito o impiegati a corte o persino re! Sono tutti giusti e buoni, e non hanno in cuore nient'altro se non le cose gloriosissime che di te si dicono, o città di Dio (Cf. Ps 86,3). Essi sostengono il peso delle cariche nella città terrena e transitoria, e ad essi è fatto un dovere, da parte dei dottori della città santa, di starsene nel posto che occupano e di conservarsi fedeli ai loro superiori, sia al re come sovrano, sia ai governanti come inviati da lui per punire i malvagi e approvare i buoni (1P 2,13 1P 14). Così come ai servi è fatto obbligo d'essere soggetti ai loro padroni, anche se sono gli uni cristiani e gli altri pagani, in modo che chi è migliore si conservi fedele a chi gli è spiritualmente inferiore. Così facendo servirà, sì, per un certo tempo, ma poi sarà signore in eterno. Son cose, queste, che accadono finché non sarà passata l’ingiustizia (Cf. Ps 56,2). Ai servi è fatto obbligo di sopportare padroni ingiusti e pignoli: ai cittadini di Gerusalemme è ordinato di sopportare i cittadini di Babilonia; anzi, di portare loro un ossequio più grande di quello che manifesterebbero se fossero anch'essi cittadini di Babilonia. Debbono infatti adempiere le parole: Se qualcuno ti ha costretto a fare un miglio, va' con lui per altri due (Mt 5,41). A tutta questa città, dispersa, diffusa, mescolata, parla il salmista con queste parole: Fino a quando ammucchierete [mali] sopra l'uomo? Tutti lo uccidete. Lo tormentate voi che siete fuori, quasi foste spine delle siepi o alberi senza frutto delle selve; lo tormentate voi che siete dentro, come la zizzania o come la paglia. Tutti voi, quanti siete, separati, mescolati, oggi da sopportare, domani da separare, tutti voi uccidetelo, avventandovigli contro come a una parete cadente e a un muro che crolla. Nondimeno essi hanno tramato di danneggiare il mio onore. Non lo hanno detto, ma tuttavia lo hanno tramato. Hanno tramato di danneggiare il mio onore.

211 Cristo ha sete delle anime.

9. Ho corso assetato. Essi rendevano male per bene (Cf.
Ps 34,12). Mi respingevano, mi uccidevano, e io avevo sete di loro. Essi tramavano di togliermi l'onore, e io anelavo di inserirli nel mio corpo. Che facciamo infatti, quando beviamo, se non prendere un liquido che sta fuori di noi, mettercelo in bocca e così introdurlo nel nostro corpo? Questo fece Mosè con la testa di quel vitello. Grande mistero, quella testa di vitello! Essa rappresentava il complesso degli empi. Il vitello che mangia l'erba (Cf. Ps 105,20) simboleggia bene, infatti, l'insieme degli empi, di coloro che cercano le cose terrene; perché ogni carne è erba (Is 40,6). Era dunque quel vitello, come ho detto, figura degli empi. Adirato Mosè lo gettò nel fuoco, lo frantumò, lo mescolò nell'acqua e lo diede a bere al popolo (Cf. Ex 32,20). L'ira del profeta è divenuta profezia. Ecco infatti quel corpo [che sono i malvagi] gettato nel fuoco della tribolazione e sminuzzato con la parola di Dio. Cioè, i cattivi a poco a poco si staccano dall'unità del loro corpo. Come una veste, la loro compattezza si logora col passare del tempo. Quando uno diviene cristiano, si separa da quel popolo, ed è come se si staccasse un brandello da una massa compatta. Uniti insieme, odiano; sbriciolati, credono. Quanto poi alla città di Gerusalemme, di cui era figura il popolo d'Israele, nulla di più noto del fatto che, per entrare nel suo corpo, gli uomini debbono passare attraverso il battesimo. Per questo quella testa sbriciolata fu sparsa in mezzo all'acqua, per poi essere data a bere. Di tali cose ha sete costui, sino alla fine; corre, e ha sete. Molta gente s'è già sorbito, ma egli non sarà mai del tutto dissetato. Ecco perché diceva: Ho sete; donna, dammi da bere (Jn 4,7). Quella samaritana presso il pozzo senti che il Signore aveva sete, e fu saziata da colui che era assetato. Fu lei ad accorgersi per prima che lui aveva sete; lui si sorbì la donna rendendola credente. Inchiodato poi sulla croce: Ho sete, disse (Cf. Jn 19,28); e tuttavia i presenti non gli dettero ciò di cui aveva sete. Egli aveva sete di loro; ma loro gli diedero dell'aceto. Non il vino nuovo con il quale si riempiono gli otri nuovi (Cf. Mt 9,17), ma il vino vecchio e male invecchiato. Si dice infatti che sono aceto vecchio i vecchi uomini, dei quali è detto: Per loro non c'è mutamento (Ps 54,20). Sarebbero quei gebusei, distrutti i quali viene costruita Gerusalemme (Cf. 2S 5,6).

Incoerenza di certi convertiti.

10. Allo stesso modo, anche il corpo di questo Capo corre dall'inizio alla fine nella sete. E come se gli si andasse a chiedere: Ma perché nella sete? Che cosa ti manca, o corpo di Cristo, o Chiesa di Cristo? Che cosa ti manca, ora che sei anche in questo secolo posta in tanto onore, in tanta sublimità, in tanta altezza? Si adempie di te ciò che è stato predetto: Lo adoreranno tutti i re della terra; tutte le genti lo serviranno (Ps 71,11). Perché hai sete? di che cosa hai sete? Non sei sazia di tanti popoli? Di quali popoli intendi parlare? Molti con la loro bocca benedicevano, mentre con il loro cuore maledicevano. Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti (Mt 22,14). La donna che soffriva perdita di sangue toccò la frangia della veste di Gesù e fu risanata; e il Signore, mentre ammirava colei che lo aveva toccato (perché aveva sentito uscire da se stesso una virtù che andava a guarire la donna), disse: Chi mi ha toccato? E i discepoli stupiti: Le folle ti schiacciano, e tu dici: Chi mi ha toccato? E lui: Qualcuno mi ha toccato (Mc 5,25-31). È come se avesse detto: Una sola mi ha toccato; le folle mi comprimono soltanto. Coloro che nelle solennità di Gerusalemme riempiono le chiese sono gli stessi che riempiono i teatri nelle solennità di Babilonia. E, tuttavia, si adattano a servire, onorano, rendono omaggio; e questo fanno non soltanto coloro che portano i sacramenti di Cristo, pur calpestando i comandamenti di Cristo, ma anche quelli che non portano neppure i sacramenti di Cristo, anche i pagani, anche i giudei. Onorano, elogiano, tessono panegirici; ma costoro benedicono con le labbra. Non guardo alla bocca; sa il Maestro che mi ha istruito com'essi nel loro cuore maledicono. Maledicono tutte le volte che progettano di danneggiare il mio onore.

Dio nostra pazienza.

11. [v 6.] Cosa farai allora tu, o Iditun, o corpo di Cristo, tu che oltrepassi tutti costoro? Che farai, in mezzo a tutte queste prove? Che cosa? Verrai meno? Non persevererai sino alla fine? Non ascolterai le parole: Chi avrà perseverato sino alla fine, costui sarà salvo, anche se per l'abbondanza della colpa si raggelerà la carità di molti (Mt 24,13 Mt 12)? E a che si ridurrebbe, allora, l'averli oltrepassati? Come sarebbe vero, allora, che la tua dimora è nei cieli (Cf. Ph 2,30)? Gli altri sono immersi in cose terrene: sono terrestri e hanno il gusto della terra; essi stessi sono terra, cibo del serpente. Che farai tu fra tanto armeggiare? Per quanto mi si facciano queste e altre cose; per quanto i nemici tramino, spingano e facciano forza come se fossi per crollare; sebbene già sentano che sono innalzato e cerchino di danneggiare il mio onore; sebbene con la bocca benedicano e nel cuore maledicano, sebbene tendano insidie dove possono e calunnino come possono, tuttavia a Dio resterà soggetta l'anima mia. Chi, infatti, riuscirebbe a sopportare tante cose, siano aperte aggressioni o insidie occulte? Chi avrebbe la forza di resistere in mezzo a tanti nemici dichiarati e a tanti falsi fratelli? Chi ci riuscirebbe? Forse un uomo? E se è un uomo, quest'uomo ci riuscirà da se stesso? Se sono andato avanti, non è stato per insuperbirmi e cadere! A Dio si terrà soggetta l'anima mia, perché da lui deriva la mia pazienza. E perché questa pazienza in mezzo a tanti scandali, se non perché speriamo in ciò “ che non vediamo, e quanto speriamo l'aspettiamo con pazienza (Cf. Rm 8,25). È venuto il mio dolore; verrà anche la mia pace. È venuta la mia tribolazione; verrà anche la mia purificazione. Forse che l'oro splende nel fornello dell'orefice? Splenderà nel monile, splenderà nel gioiello. Sopporti tuttavia il calore del fornello per venire alla luce purificato dalle scorie. Così è la fornace: vi si mette la paglia e vi si mette l'oro; vi è il fuoco, e lì attorno c'è l'orefice. Nella fornace brucia la paglia e si purifica l'oro: la paglia si trasforma in cenere, l'oro si spoglia delle scorie. La fornace è il mondo, la paglia sono i malvagi, l'oro sono i giusti, il fuoco è la tribolazione, Dio è l'orefice. Io faccio ciò che vuole l'orefice: persevero nel luogo ove l'orefice mi colloca. Io ho l'ordine di usare pazienza, egli sa come purificarmi. Bruci pure, dunque, la paglia per incendiarmi e quasi per consumarmi; essa si cambia in cenere, io mi libererò delle scorie. Perché? Perché a Dio sta soggetta l'anima mia, e perché da lui deriva la mia pazienza.

12. [v 7.] Chi è colui dal quale deriva la tua pazienza? Egli è il mio Dio e la mia salvezza; il mio rifugio. Non me ne andrò lontano. Egli è il mio Dio: quindi è lui che mi chiama. È la mia salvezza: quindi mi giustifica. È il mio rifugio: dunque mi glorifica. Perché qui sono chiamato e sono giustificato, là poi sarò glorificato; e da dove sono glorificato non me ne andrò. Non resterò per sempre nel mio esilio; debbo andarmene da qui e giungere nel luogo da dove più non me ne andrò. Sono infatti ospite presso di te in terra, come tutti i miei padri (Cf. Ps 38,13). Orbene, me ne andrò dal luogo dove sono ospite, ma non me ne andrò dalla dimora celeste.

Giustificazione e glorificazione dell’uomo.

13. [v 8.] In Dio è la mia salute e la mia gloria. In Dio sarò salvo; in Dio sarò glorioso. Non soltanto salvo, ma anche glorioso. Salvo perché da empio sarò divenuto giusto, giustificato da lui (Cf. Rm 4,5); glorioso perché non soltanto sarò giustificato, ma anche onorato. Infatti: Quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati. Chiamandoli, che cosa ha fatto? Quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli poi che ha giustificati li ha anche glorificati (Rm 8,30). La giustificazione dunque rientra nell'ambito della salute, la glorificazione coincide con l'esaltazione. Non occorre spiegare come la glorificazione coincida con l'esaltazione. Cerchiamo, invece, qualche prova del fatto che la giustificazione si ricolleghi con la salute [eterna]. Ecco, la troviamo nel Vangelo. C'erano alcuni che si credevano giusti e rimproveravano il Signore perché ammetteva alla sua mensa i colpevoli e mangiava insieme con i publicani e i peccatori. Che cosa rispose il Signore a questi orgogliosi, a questi forti della terra, che montavano così in superbia e si gloriavano d'essere in piena salute: una salute falsamente supposta, non realmente posseduta? Rispose: Non ai sani è necessario il medico, ma agli ammalati. Chi chiama sani? E chi chiama ammalati? Continua e dice: Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori alla penitenza (Mt 9,12 Mt 13). Ha chiamato, dunque, sani i giusti, non perché tali fossero i farisei, ma perché tali credevano di essere. Credendosi giusti, essi nella loro superbia negavano il medico ai malati e, ammalandosi loro stessi sempre più gravemente, arrivarono ad uccidere il medico. Comunque, è vero che egli chiama sani i giusti e malati i peccatori. È quindi dono di Dio - dice questi che oltrepassa - se io sono giustificato e glorificato. In Dio è la mia salute e la mia gloria. La mia salute, cioè l'essere io salvo; la mia gloria, cioè l'essere esaltato. Questo, a suo tempo; ma ora che cosa? Dio è il mio soccorso, e la mia speranza è riposta in Dio. Finché non giungerò alla completa giustificazione e alla completa salvezza. Perché è nella speranza che noi siamo salvati: ma la speranza, se la si vede, non è speranza (Rm 8,24). Finché non giungerò a quella glorificazione dove i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro (Cf. Mt 13,43). Frattanto finché si è in mezzo alle tentazioni, in mezzo alle ingiustizie, agli scandali, tra le aperte aggressioni e le subdole insidie, tra coloro che nella loro bocca benedicono e nel loro cuore maledicono, tra coloro che attentano al mio onore, che fare? Il mio soccorso è Dio. È infatti lui che soccorre coloro che combattono. Che combattono contro chi? La nostra lotta non è contro la carne e il sangue; ma contro i principati e le potestà (Ep 6,12). Orbene Dio è il mio soccorso, e la mia speranza è in Dio. Speranza finché non sia divenuto realtà ciò che ci è stato promesso, finché si ha da credere ciò che ancora non si vede. Ma quando le promesse si saranno adempiute, vi saranno la salvezza e la glorificazione. Comunque, anche nel tempo dell'attesa non siamo lasciati soli. Infatti Dio è il mio soccorso e in lui è riposta la mia speranza.

Chi ricorre a Dio non resterà deluso.

14. [v 9.] Spera in lui, o popolo tutto riunito in assemblea. Imitate Iditun, lasciatevi dietro i vostri nemici! Lasciatevi dietro coloro che vi si oppongono, che ostacolano il vostro cammino e vi odiano. Spera in lui, o popolo riunito in assemblea: effondete al suo cospetto i vostri cuori! Non cedete a coloro che vi dicono: Dove è il vostro Dio? Dice: Le mie lacrime sono divenute per me pane di giorno e di notte, mentre ogni giorno mi si dice: Dove è il tuo Dio? Ma che cosa si dice in tale salmo? Ho meditato queste cose e ho effuso sopra di me l'anima mia (Ps 41,4 Ps 5). Ho ripensato alle parole che avevo udite: Dove è il tuo Dio? Me ne sono ricordato e ho effuso sopra di me l'anima mia. Cercando il mio Dio, ho effuso sopra di me l'anima mia, pur di raggiungerlo. Non sono rimasto in me. Orbene: Spera in lui, o popolo tutto riunito in assemblea! Aprite a lui i vostri cuori, supplicando, confessando, sperando. Non tenete rinchiusi i vostri cuori in se stessi; apriteli dinanzi a lui! Non va perduto ciò che effondete. Perché lui è il mio rifugio. Se c'è chi raccoglie, perché temi di effonderti? Riversa nel Signore il tuo affanno (Cf. Ps 54,23), e spera in lui. Effondete al suo cospetto i vostri cuori: Dio è il nostro soccorso. Di che cosa avete timore, in mezzo ai mormoratori e ai denigratori che Dio detesta (Cf. Rm 1,29 Rm 30)? È vero che essi dove possono aggrediscono apertamente e dove non possono insidiano di nascosto. È vero che sono falsi quando lodano, mentre in realtà combattono. Tuttavia, che cosa temete in mezzo a costoro? Potranno forse competere con Dio? Ovvero saranno, per caso, più forti di lui? Dio è il nostro aiuto. State sicuri! Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi (Cf. Rm 8,31)? Effondete al suo cospetto i vostri cuori, rifugiandovi in lui, sollevando a lui le vostre anime. Dio è il nostro soccorso.

Rattristiamoci per la stolta compattezza dei cattivi.

15. [v 10.] Una volta che vi troviate al sicuro nel luogo difeso, nella torre inespugnabile eretta contro il nemico, abbiate compassione di coloro che prima temevate. Dovete infatti correre e aver sete. Pertanto, quando sarete entrati in tale fortezza, fatevi pure beffe dei vostri nemici e dite: Davvero sono vani i figli degli uomini sono menzogneri i figli degli uomini. Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Vani sono i figli degli uomini; menzogneri sono i figli degli uomini. Figli degli uomini, perché amate la vanità e cercate la menzogna? (Cf. Ps 4,3) Dite pure queste cose, ma ditele con un vivo senso di compassione, e tale compassione abbiate realmente nel cuore. Se siete davvero andati oltre, se amate i vostri nemici, se desiderate distruggere per costruire, se amate colui che giudica le genti e moltiplica le rovine (Cf. Ps 109,6), dite pure queste cose ai vostri nemici, non però nutrendo odio per loro o intendendo ripagare male per male (Cf. Rm 12,17). Sono menzogneri i figli degli uomini in fatto di bilance; per ingannare, nella vanità essi sono uno solo. Sono certamente molti; ma ecco che sono uno solo: quell'uno solo che fu scacciato dal numero dei convitati (Cf. Mt 22,13). Hanno un ideale comune: tutti cercano le cose temporali; ciascuno in quanto carnale aspira a cose carnali, come ognuno che spera, spera nel futuro. Anche se in contrasto fra loro per la varietà delle opinioni, tuttavia nella vanità sono tutti uniti. Effettivamente, gli errori sono diversi e multiformi, come quel regno che, essendo diviso contro se stesso, non starà in piedi (Cf. Mt 12,25); ma simile in tutti è la volontà vana e menzognera, retaggio di quell'unico re con il quale sarà precipitata nel fuoco eterno (Cf. Mt 25,41). Nella vanità essi sono uno solo.

Riprovevole ogni appropriazione indebita dei beni altrui.

16. [v 11.] Osservate ora com'egli ha sete di loro; guardate come corre nella sete. Assetato di loro si volge ad essi e dice: Non sperate nell'ingiustizia! Infatti Dio è la mia speranza. Non sperate nell'ingiustizia! Voi che non volete avvicinarvi né trascendere il vostro mondo, non sperate nell'ingiustizia! Quanto a me, che ho fatto gran passi in avanti, ripongo la mia speranza in Dio; e presso Dio non c'è assolutamente ingiustizia (Cf. Rm 9,14). Non sperate nell'ingiustizia! Facciamo questo e quello; pensiamo e tendiamo insidie; diventiamo come un solo uomo nella vanità. Tu hai sete: coloro che contro di te tramano queste cose sono smascherati da quelli che tu bevi. Non sperate nell'ingiustizia! L'ingiustizia è vana, l'ingiustizia non è niente; potente è solo la giustizia. La verità può essere per qualche tempo tenuta nascosta, non può essere vinta. L'ingiustizia può fiorire per qualche tempo, non può durare senza fine. Non sperate nell'ingiustizia e non bramate rapine. Tu non sei ricco; e vorresti per questo rubare? Che cosa trovi? Che cosa perdi? O dannoso guadagno! Trovi il denaro, ma perdi la giustizia! Non vi venga la voglia di rubare! Io sono povero, non posseggo niente. Per questo vorresti rubare? Vedi le cose che rubi; ma non vedi di chi tu stesso divieni preda? Non sai che il nemico va attorno come leone ruggente cercando chi ghermire (Cf. 1P 5,8)? La preda che vorresti rubare è una trappola: tu la prendi e vi resti preso. Non bramare, dunque, la rapina, tu che sei povero! Desidera Dio, che ci dona ogni cosa con abbondanza perché ne godiamo (Cf. 1Tm 6,17). Colui che ti ha fatto ti nutrirà. Colui che nutre il ladrone, non nutrirà l'innocente? Ti nutrirà colui che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e i malvagi e fa piovere sui giusti e gli ingiusti (Cf. Mt 5,45). Se nutre coloro che meritano condanna, non nutrirà coloro che attendono la salvezza? Non ti venga quindi la voglia di rubare! Questo è detto al povero che, spinto dalla necessità, potrebbe forse venir tentato di appropriarsi della roba altrui. Si faccia avanti ora il ricco. Io non ho - dice - necessità di rubare; non mi manca niente; ho tutto in abbondanza. Ascolta anche tu! Se vi affluiscono ricchezze, non vi attaccate il cuore. Quello non possiede, questo possiede; il primo non cerchi di rubare ciò che non ha; l'altro non attacchi il cuore a ciò che ha. Se vi affluiscono le ricchezze, cioè se vi sovrabbondano, siano come acque che scaturiscono dalla sorgente. Non vi attaccate il cuore! Cioè: non presumere di te, non ti appiccicare ad esse. Temi almeno queste parole: Le ricchezze scorrono. Non vedi che se poni in esse il cuore, anche tu scorri via? Poniamo ora il caso che tu sia ricco e che non desideri avere altre cose perché ne possiedi già molte. Ascolta, allora, le parole: Ordina ai ricchi di questo mondo di non diventare superbi.E che significano le parole: Non vi attaccate il cuore? Significano: E non sperino nelle incerte ricchezze (1Tm 6,17). Orbene, se vi affluiscono ricchezze, non vi attaccate il cuore, cioè non confidate nelle ricchezze, non presumete troppo di esse, non sperate in esse; fate in modo che non si dica di voi: Ecco un uomo che non ha fatto di Dio il suo rifugio; ma ha sperato nella moltitudine delle sue ricchezze e si è fatto arrogante nella sua vanità (Ps 51,9 Ps 51,9). Ebbene, o vani figli degli uomini, o menzogneri figli degli uomini, astenetevi dal rubare, ovvero, se a voi affluiscono le ricchezze, non vi attaccate il cuore! Non amate ancora la vanità e non cercate la menzogna. Beato infatti colui la cui speranza è il Signore suo Dio e che non ha volto lo sguardo alle vanità né alle follie ingannatrici (Cf. Ps 39,5). Quando voi volete ingannare e commettere frodi, che cosa usate? False bilance. Dice: Sono menzogneri i figli degli uomini nelle bilance; vogliono ingannare mediante bilance false. Con la falsa misura ingannate coloro che vi guardano; ma non sapete che uno è colui che pesa, e un altro colui che giudica del peso? Non ti vede colui per il quale tu pesi [un dato oggetto], ma ti vede colui che pesa te e l'altro. Ebbene, non desiderate l'inganno, non desiderate la rapina, non riponete la vostra speranza nelle cose che possedete. Vi ho avvisati, ve l'ho predetto. Così dice questo Iditun.

Le difficoltà della Scrittura.

17. [vv 12.13] Che cosa segue? Una volta ha parlato Dio, e queste due cose io ho udite: che la potenza è di Dio e che in te, Signore, è la misericordia, perché tu renderai a ciascuno secondo le sue opere. Iditun ha parlato: ha emesso uno squillo dal luogo elevato dove è giunto. Lassù aveva ascoltato qualcosa, e ha voluto comunicarlo a noi; ma in ciò che ci ha detto io rimango piuttosto turbato, o fratelli. Finché non vi avrò resi partecipi di questo mio turbamento o, speriamo, di qualcosa che mi permetta un respiro di sollievo, vi voglio attenti. Infatti con l'aiuto del Signore siamo ormai arrivati alla fine del salmo e, dopo le cose che stiamo per dire, non ci resta altro da spiegare. Sforzatevi dunque con me, al fine di intendere queste parole; e se io non avessi a riuscirci, mentre ci riesce qualcuno di voi, ne proverò gioia anziché invidia. È quanto mai difficile intendere perché in un primo tempo il salmista dica: Una volta ha parlato Dio e poi, mentre di Dio si dice che ha parlato una volta, aggiunga: Due cose io ho udite. Se avesse detto: “ Una volta ha parlato Dio, e una cosa io ho udita ”, la questione potrebbe dirsi, almeno parzialmente, risolta, e non ci resterebbe da ricercare se non il significato delle parole: Una volta ha parlato Dio. Ora invece dobbiamo appurare che cosa significhino le parole: Una volta ha parlato Dio, e che cosa le altre: Queste due cose io ho udite, mentre lui ha parlato una sola volta.

Dio e la sua Parola creatrice.

18. Una volta ha parlato Dio. Che cosa dici, Iditun? Sei proprio tu (che tutti hai oltrepassato) a venirci a dire: Egli ha parlato una volta? Consulto la Scrittura ed essa in un altro passo mi dice: In molte parti e in molti modi un tempo Dio ha parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti (He 1, l). Che significa: Una volta ha parlato Dio? Non è quel Dio che, alle origini del genere umano, parlò ad Adamo? Non parlò ancora a Caino, a Noè, ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, a tutti i profeti e a Mosè? Un uomo solo era Mosè; eppure quante volte Dio gli parlò! A un solo uomo Dio parlò, non una sola volta ma molte volte. E poi egli parlò al Figliò, quando dimorava sulla terra, e gli disse: Tu sei il Figlio mio diletto (Mt 3,17). Parlò agli Apostoli e a tutti i santi, anche se non con la voce tonante dalla nube ma tuttavia nel cuore, dove egli è il maestro. Per questo si dice in un salmo: Ascolterò che cosa dice in me il Signore Dio, perché parlerà di pace al suo popolo (Ps 84,9). Che significano dunque le parole: Dio ha parlato una volta? Molto è trasceso questi che parla, per poter giungere lassù dove una sola volta ha parlato Dio. Ecco, l'ho già detto brevemente alla vostra Carità. Qui in mezzo agli uomini e rivolgendosi agli uomini, Dio ha parlato spesso, in molti modi, in molte parti, attraverso molteplici creature. In se stesso però Dio ha parlato una volta sola, poiché Dio ha generato un unico Verbo. Ebbene questo Iditun, oltrepassando gli altri, si era spinto con la forza penetrante del suo spirito, col suo vigore e il suo fidente coraggio al di là della terra e di tutto ciò che c'è nella terra, oltre l'aria e le nubi attraverso le quali Dio aveva parlato spesse volte per dire molte cose a molta gente; con l'acutezza della fede aveva oltrepassato anche tutti gli angeli. Egli, dopo aver oltrepassato tutte le cose terrene, insoddisfatto è andato, come aquila in volo, oltre ogni nebbia che copre la terra. Dice infatti la Sapienza: E con una nube ho coperto tutta la terra (Si 24,6). Oltrepassando ogni creatura, in continua ricerca di Dio, è pervenuto a un certo elemento fluido; ma, lanciando ancora al di sopra di se stesso la sua anima, è pervenuto al principio, al Verbo, Dio presso Dio. Ha trovato l'unico Verbo dell'unico Padre; e ha visto che davvero Dio ha parlato una sola volta. Ha visto il Verbo per cui mezzo tutte le cose sono state fatte (Cf. Jn 1,3), e in cui tutte ad un tempo sussistono, non distinte, non separate, non disuguali. Dio infatti non ignorava ciò che faceva per mezzo del Verbo; ma, se Dio conosceva ciò che faceva, ciò che doveva essere creato era nel Verbo prima che esistesse. Se infatti ciò che doveva esistere, non fosse esistito nel Verbo già prima che fosse creato, in quale altro luogo Dio avrebbe potuto conoscerlo? Non è infatti possibile dire che Dio abbia fatto cose che ignorava. Dio dunque sapeva [in anticipo] ciò che intendeva fare. Ma come poteva saperlo prima di farlo, se una cosa la si può conoscere solo dopo che è stata fatta? Ma sono le creature che non possono conoscere le cose se non dopo che queste sono state create; tale sei tu, uomo creato sulla terra e dimorante sulla terra. Quanto invece a colui dal quale le cose sono state create, egli le conosceva tutte prima che fossero. Egli creò quanto già conosceva. Dunque in quel Verbo attraverso il quale Dio ha fatto ogni cosa, ogni cosa esisteva già prima d'essere creata; e, anche dopo creata, ogni cosa è in lui. In un modo è qui, in un altro modo è nel Verbo; in un modo nella natura propria di ciascuna (in quella natura cioè nella quale sono state create), in un altro modo nell'archetipo tramite il quale sono state create. Chi riuscirà a spiegare tutto questo? Possiamo solo tentare. Andate con Iditun e vedrete!

Nel Verbo sono tutti i tesori della Sapienza divina.

19. Eccovi spiegato, nella maniera a noi consentita, in qual modo Dio abbia parlato una sola volta. Vediamo ora in qual modo il salmista abbia udito due cose: Queste due cose ho udite. Forse non è da concludersi che egli abbia udito soltanto queste due cose. Se dice: Ho udito queste due cose, può anche dirlo nel senso che due sono le cose che ritiene opportuno dire a noi. Probabilmente ne ha udite molte altre; ma non è opportuno che ce le dica. Anche il Signore infatti diceva: Ho molte cose da dirvi, ma voi ora non siete in grado di portarle (Jn 16,12). Che significa dunque: Queste due cose ho udite? Significa che queste due cose che ora sto per dirvi, non le dico da me, ma ve le dico perché le ho udite. Dio ha parlato una sola volta: ha un unico Verbo, Dio unigenito. In quel Verbo sono tutte le cose, perché ad opera del Verbo tutte le cose sono state fatte. Ha un solo Verbo, dove sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3). Ha un solo Verbo: Dio ha parlato una sola volta.Lì ho udito queste due cose che sto per dirvi: non parlo per mia conoscenza, non le dico da me. Ecco che vuol dire: Ho udito. Ma l'amico dello sposo sta in piedi e l'ascolta (Jn 3,29), per poter dire il vero. Lo ascolta infatti, per non dire menzogna parlando da se stesso (Cf. Jn 8,44). E poi, anche tu potresti obiettargli: Ma tu chi sei, che vieni a raccontarmi tali cose? Chi te le ha dette? Ho udito queste due cose, e in tanto te le dico in quanto le ho udite, io che ho anche saputo che Dio ha parlato una volta sola. Non disprezzare colui che, dopo averle ascoltate, viene a dirti due cose che ti sono necessarie; colui che, oltrepassando ogni creatura, è pervenuto al Verbo unigenito di Dio, dove ha saputo che Dio ha parlato una sola volta.

La misericordia e la potenza di Dio.

213 20. Dica dunque queste due cose. Esse infatti ci riguardano molto da vicino. A Dio appartiene la potenza, e tua, Signore, è la misericordia. Sono queste le due cose: la potenza e la misericordia? Certamente! Cercate di capire la potenza di Dio, penetrate nel mistero della misericordia di Dio. È in questi due attributi, quasi per intero, tutto il contenuto delle Scritture. Non per altro, infatti, sono venuti i profeti e i patriarchi. A questo mirava la legge; per questo è venuto lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e furono inviati gli Apostoli. In questo è la ragione di ogni predicazione e di ogni celebrazione della parola di Dio nella Chiesa. Sempre queste due cose: la potenza di Dio e la sua misericordia. Abbiate timore della sua potenza, amate la sua misericordia. Non presumete della misericordia al punto da disprezzarne la potenza; né abbiate della potenza tale timore che vi faccia disperare della misericordia. Presso di lui c'è la potenza, e presso di lui la misericordia. Questo umilia, quello esalta (Cf. Ps 74,8); umilia questo con la potenza ed esalta quello con la misericordia. Se Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza i vasi dell'ira, già pronti per la perdizione... Ecco la potenza. Cerca la misericordia. Aggiunge l'Apostolo: Per fare conoscere le sue ricchezze verso i vasi di misericordia. È dunque compito della sua potenza condannare gli ingiusti; e chi potrà dirgli: Che cosa hai fatto? Infatti tu, o uomo, chi sei da poter muovere a Dio delle obiezioni? (Rm 9,22 Rm 23 Rm 20) Temi dunque e trema dinanzi alla sua potenza. Ma spera nella sua misericordia. Il diavolo dispone di un certo potere; tuttavia molte volte, pur volendo danneggiare, non lo può, perché il suo potere è sottoposto ad un altro potere. Se il diavolo, infatti, potesse nuocere così come vuole, non vi sarebbe alcun giusto sulla terra né alcun fedele. Egli, mediante i suoi satelliti, preme come contro una parete che sta per crollare; ma può premere soltanto entro i limiti del potere che ha ricevuto. Ma la parete è sorretta dal Signore, e non cadrà. Poiché chi dà il potere al tentatore è lo stesso che offre la misericordia al tentato; e il permesso che riceve il diavolo è sempre circoscritto. E ci abbevererai, dice, di lacrime a misura (Ps 79,6). Non temere dunque che al tentatore sia permesso di fare qualsiasi cosa: hai dalla tua il misericordiosissimo Salvatore. Il diavolo potrà tentarti soltanto nella misura che ti sarà utile: affinché tu sia esercitato e messo alla prova. In tal modo tu potrai scoprire te stesso, tu che un tempo non ti conoscevi. Dove infatti, o in qual modo, potremo starcene sicuri se non grazie alla potenza e alla misericordia di Dio? Come dicono anche quelle parole dell'Apostolo: Dio è fedele e non permette che voi siate tentati al di sopra di quanto possiate sopportare (1Co 10,13).

Dio giusto e norma di giustizia.

21. Dunque, la potenza è di Dio. Non c'è infatti potere se non da Dio (Rm 13,1). Non dire: Ma perché gli dà tanto potere? Ovvero: Oh se non gli desse alcun potere! Ovvero ancora: Ma, sarà giusto colui che gli concede tanto potere? Tu puoi mormorare per cattiveria; egli non può perdere la sua giustizia. C'è forse dell'iniquità presso Dio? Assolutamente no (Rm 9,14). Imprimiti questo nel cuore; il nemico non cancelli questa convinzione dal tuo pensiero. Dio può fare delle cose di cui tu non capisci il motivo; ma non può fare nulla di ingiusto, poiché presso di lui non c'è iniquità. Tu rimproveri Dio come se fosse ingiusto (parlo con te, stammi attento un minuto). Non lo rimprovereresti d'ingiustizia se tu non avessi un'idea della giustizia. Non può gridare contro l'ingiustizia uno che non sa che cosa sia la giustizia, in base alla quale condanna ciò che è ingiusto. Come sai, infatti, che una cosa è ingiusta, se non conosci che cosa sia la giustizia? E poi, se per caso fosse giusto anche ciò che definisci ingiusto? Non sia mai! - rispondi - è ingiusto. E gridi come se tu lo vedessi con gli occhi della carne. Tu vedi che una cosa è ingiusta in riferimento a una certa norma di giustizia, sulla quale misuri ciò che ti sembra sconveniente. Vedendo che una cosa non corrisponde alla norma che ritieni esatta, la condanni, come un artefice che distingue ciò che va bene da ciò che va male. Ebbene, io ti chiedo: Come vedi che questa cosa è giusta? Come - ripeto - vedi che questo è giusto e, vedendolo, condanni ciò che è ingiusto? Donde viene quel non so che di cui è irrorata la tua anima, pur così nebulosa in tante sue parti? quel non so ché che brilla nel tuo spirito? Donde deriva questo concetto di giustizia? Non avrà forse una sua fonte? O deriverà, forse, da te ciò che è giusto? O tu stesso puoi darti una giustizia? Nessuno dà a se stesso ciò che non possiede! Orbene, siccome tu sei ingiusto, non potrai in alcun modo essere giusto se non volgendoti a una certa giustizia di natura sua permanente. Finché sarai lontano da lei, sarai ingiusto; se ti avvicinerai a lei sarai giusto. Se tu te ne allontani, essa non viene meno; e se tu ti avvicini, essa non cresce. Dove è, dunque, questa giustizia? Cerca in terra! Non c'è. Cercare la giustizia non è come cercare oro o pietre preziose. Cerca nel mare, cerca nelle nubi, cerca nelle stelle, cerca negli angeli! Oh! in questi, sì, la trovi; ma anche essi la bevono dalla sua fonte. Perché la giustizia degli angeli la trovi, sì, in tutti, ma deriva da uno solo. Guarda dunque! Va' oltre, va' lassù ove Dio ha parlato una volta sola. Ivi troverai la fonte della giustizia, come anche la fonte della vita, perché presso di te è la fonte della vita (Ps 35,10). Tu dunque, bagnato appena da una esigua goccia, ti metti a giudicare il giusto e l'ingiusto. E ardiresti pensare che in Dio vi sia dell'ingiustizia, mentre è da lui che scaturisce la tua giustizia come dalla sua fonte? quella giustizia che dà a te il senso del giusto, pur essendo tu, per tanti aspetti, così iniquo e sciocco! In Dio si trova la fonte della giustizia. Non cercare l'ingiustizia là dove c'è luce senza ombra. Può certamente essere a te nascosto l'uno o l'altro dei problemi. Ma, se un problema ti è nascosto, prenditela con la tua ignoranza, e riconosci che cosa tu sia. Sta' attento a queste due cose: Che la potenza è di Dio, e tua, Signore, è la misericordia. Non cercare le cose più forti di te; non scrutare le cose più profonde di te; ma pensa sempre le cose che ti ha comandate il Signore (Si 3,22). Poiché fra le cose che Dio Ci ha comandate rientrano anche queste due: Che di Dio è la potenza, e tua, o Signore, la misericordia. Non temere il nemico! Egli fa solo ciò che gli è stato concesso. Temi colui che possiede il sommo potere; temi colui che fa tutto ciò che vuole, e che non fa niente ingiustamente: colui le cui opere, qualunque siano, sono giuste. Credevamo ingiusta non so quale cosa. Se è stato Dio a farla, devi credere che essa è giusta.

Dio permette il male senza essere ingiusto. I benefizi della passione di Cristo.

22. Dunque - dirai tu - se uno uccide un innocente, commette un'azione giusta o ingiusta? Certamente ingiusta. E perché allora Dio lo permette? Osserva prima di tutto, però, quanti altri doveri tu abbia: Spezza il tuo pane a chi ha fame e porta nella tua casa il misero senza tetto; se vedrai qualche ignudo, vestilo (Is 58,7). Questa è la tua giustizia. Questo ti ordina il Signore: Purificatevi, siate puri, fate scomparire il male dal vostro cuore e dal mio sguardo. Imparate a fare il bene; giudicate in favore dell'orfano e della vedova; e poi venite e discutiamo, dice il Signore (Is 1,16-18). Tu vuoi discutere sul motivo per cui Dio abbia permesso il delitto prima di praticare quei doveri che ti renderebbero degno di intavolare una simile discussione. O uomo, io non sono in grado di palesarti il disegno di Dio; tuttavia ti dico che l'uomo che ha ucciso l'innocente ha commesso un'azione ingiusta, la quale non sarebbe accaduta se Dio non l'avesse permessa. Tuttavia, sebbene l'omicida abbia fatto una cosa ingiusta, non per questo Dio l'ha permessa ingiustamente. Sia pure nascosta la causa per la quale è stato ucciso quell'uomo, la cui sorte ti sconvolge l'animo e la cui innocenza ti commuove. Potrei infatti risponderti subito: Non sarebbe stato ucciso se non fosse stato colpevole, sebbene tu lo consideri innocente. È, questa, un'affermazione che, così alla svelta, potrei buttare là. Tu infatti non hai scrutato il suo cuore né esaminate le sue azioni né scandagliato i suoi pensieri, per potermi dimostrare che è stato ucciso davvero ingiustamente. Potrei dunque risponderti facilmente. Ma mi si potrebbe muovere obiezione a partire dal caso di un certo giusto, di uno che era giusto senza discussione e senza alcun dubbio. Egli non aveva alcun peccato; eppure venne ucciso dai peccatori, fu tradito da un peccatore. Mi si può rinfacciare, cioè, il caso dello stesso Cristo Signore, del quale non possiamo dire che fosse reo d’ingiustizia, egli che pagava debiti che non aveva contratti (Cf. Ps 68,5). Che dirò, dunque, a proposito di Cristo? È proprio di lui che voglio trattare, mi dici tu. E di lui ti rispondo. Tu mi proponi un quesito sul Cristo; ed io tale quesito [così circoscritto] ti risolvo. È questo un caso in cui conosciamo quale fosse il disegno di Dio: disegno che noi non avremmo conosciuto, se egli non ce lo avesse rivelato. Pertanto, una volta che ti è noto il disegno per il quale Dio ha permesso che il suo Figlio innocente fosse ucciso dagli ingiusti e questo decreto ti sarà piaciuto (e non potrà non piacerti, se sei giusto), dovrai ritenere per certo che, anche nei confronti degli altri, Dio si comporta con [analogo] proposito, anche se questo ti è nascosto. Sì, fratelli, era necessario il sangue del giusto perché fosse cassata la sentenza che condannava i peccatori. Era a noi necessario un esempio di pazienza e di umiltà; era necessario il segno della croce per sconfiggere il diavolo e i suoi angeli (Cf. Col 2,14-15). La passione del Signore nostro era a noi necessaria; infatti, attraverso la passione del Signore, è stato riscattato il mondo. Quanti beni ci ha arrecati la passione del Signore! Eppure la passione di questo giusto non si sarebbe compiuta se non ci fossero stati gli iniqui che uccisero il Signore. E allora? Forse che il bene che a noi è derivato dalla passione del Signore lo si deve attribuire agli empi che uccisero il Cristo? Assolutamente no. Essi vollero uccidere, Dio lo permise. Essi sarebbero stati colpevoli anche se ne avessero avuto solo l'intenzione; quanto a Dio, però, egli non avrebbe permesso il delitto se non fosse stato giusto. Poni il caso che non avessero potuto portare a termine il loro delitto, ma lo avessero soltanto voluto: essi sarebbero stati ugualmente ingiusti, ugualmente omicidi. Chi potrebbe dubitarne? Tanto è vero che il Signore interroga il giusto e l'empio (Ps 10,6); e l'empio sarà interrogato nei suoi pensieri (Sg 1,9). Dio vede, dunque, ciò che ciascuno vuole, non soltanto ciò che ciascuno riesce a compiere. Ne consegue che, se i giudei avessero voluto uccidere il Cristo ma non fossero riusciti nell'intento (quindi di fatto non lo avessero ucciso), essi sarebbero rimasti ugualmente colpevoli, mentre tu non avresti avuto i vantaggi della passione di Cristo. L'empio dunque voleva compiere azioni degne di condanna e nel tuo interesse gli è stato permesso di realizzarle. L'averle volute s'imputa all'ingiustizia dell'empio; l'essergli state permesse si attribuisce al potere di Dio. L'empio dunque ha voluto ingiustamente, Dio ha permesso giustamente. Perciò, fratelli miei, fu cattivo Giuda, il traditore di Cristo, come pure lo furono i persecutori di Cristo: malvagi tutti, empi tutti, iniqui tutti, tutti meritevoli di condanna; e tuttavia il Padre non ha risparmiato il suo Figlio, ma per noi tutti lo ha sacrificato (Rm 8,32). Concatena tutto questo, se puoi; distingui, se puoi. Sciogli a Dio i tuoi voti, quelli che le tue labbra son riuscite a distinguere (Cf. Ps 65,13); osserva che cosa ha fatto l'ingiusto e che cosa ha fatto il giusto. Quello ha voluto, questi ha permesso. Quello ingiustamente ha voluto; questi giustamente ha permesso. L'intenzione riprovevole sia condannata; la giusta permissione sia glorificata. Che male fu per il Cristo l'essere messo a morte? Malvagi furono certo quelli che vollero compiere il male; ma niente di male capitò a colui che essi tormentavano. Venne uccisa una carne mortale, ma con la morte venne uccisa la morte, e a noi venne offerta una testimonianza di pazienza e presentata una prova anticipata, come un modello, della nostra resurrezione. Quanti e quali benefici derivarono al giusto attraverso il male compiuto dall'ingiusto! Questa è la grandezza di Dio: essere autore del bene che tu fai e saper ricavare il bene anche dal tuo male. Non stupirti, dunque, se Dio permette il male. Lo permette per un suo giudizio; lo permette entro una certa misura, numero e peso. Presso di lui non c'è ingiustizia. Quanto a te, vedi di appartenere soltanto a lui, riponi in lui la tua speranza; sia lui il tuo soccorso, la tua salvezza; in lui sia il tuo luogo sicuro, la torre della tua fortezza. Sia lui il tuo rifugio, e vedrai che non permetterà che tu venga tentato oltre le tue capacità (Cf, 1Co 10,13); anzi, con la tentazione ti darà il mezzo per uscire vittorioso dalla prova. È infatti segno della sua potenza il permettere che tu subisca la tentazione; come è segno della sua misericordia il non consentire che ti sopravvengano prove più grandi di quanto tu possa tollerare. Di Dio infatti è la potenza, e tua, Signore, è la misericordia; tu renderai a ciascuno secondo le sue opere.

(Terminata la spiegazione del salmo, siccome tra il popolo era un astrologo, riferendosi a lui ha aggiunto):

L’astrologo ravveduto. Consigli sul comportamento con gli apostati.

23. Nella sua sete la Chiesa vuol assorbire anche l'uomo che vedete qui in mezzo. Come voi sapete, molti nella convivenza cristiana benedicono il Signore con la bocca mentre nel loro cuore lo maledicono (Cf. Ps 61,5). Costui, un tempo, è stato cristiano e fedele; adesso ritorna pentito e, spaventato dalla potenza del Signore, si volge alla sua misericordia. Era un fedele, quando venne sedotto dal nemico, e poi per lungo tempo ha esercitato l'astrologia. Sedotto divenne seduttore; ingannato divenne ingannatore. Ha allettato e imbrogliato molta gente; ha detto molte menzogne contro Dio, che ha lasciato agli uomini il potere di fare liberamente il bene e di evitare liberamente il male. Costui sosteneva che causa dell'adulterio non fosse la libera volontà dell'uomo ma Venere; che l'omicidio non avveniva per colpa della volontà ma di Marte; asseriva che non fosse Dio ad operare il bene ma Giove; e così per tante altre non piccole empietà. Quanti denari non avrà costui strappati ai cristiani! Quanti non si saranno recati da lui per fare acquisto di menzogne! Gente di cui noi dicevamo or ora: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Perché volete amare la vanità e cercare la menzogna? (Cf. Ps 4,3) Ora, come possiamo credere, egli aborre la menzogna, si rende conto di aver ingannato molti uomini e di essere caduto, lui stesso, negli inganni del diavolo, e pentito si volge a Dio. Pensiamo, fratelli, che interiormente sia stato colto da un grande timore. Che diremo, dunque? Se l'astrologo convertito provenisse dal paganesimo, grande sarebbe la nostra gioia: pur restando sempre un qualche timore che, se si è convertito, l'abbia fatto per ottenere nella Chiesa un qualche incarico fra i chierici. Costui è un penitente; non cerca che la misericordia. Dobbiamo quindi raccomandarlo ai vostri occhi ed al vostro cuore. Amate con il cuore costui che qui vedete, e custoditelo con gli occhi. Osservatelo, conoscetelo e, dovunque egli vada, indicatelo agli altri fratelli che ora non sono qui. Questa sorveglianza è misericordia, e con essa impedirete che il seduttore riesca a traviare ancora il suo cuore e ad espugnarlo. Custoditelo voi; non vi sia nascosta la sua vita, la sua condotta, affinché la vostra testimonianza ci confermi che egli veramente si è convertito al Signore. Non passerà infatti sotto silenzio la fama della sua vita, se egli si offrirà così ai vostri sguardi e alla vostra commiserazione. Voi ricordate che cosa sta scritto negli Atti degli Apostoli. Molti uomini perduti, cioè uomini che praticavano tali arti e sostenevano queste nefande dottrine, portarono agli Apostoli tutti i loro libri; e tanti ne furono bruciati che lo scrittore si sentì obbligato a farne la stima e a calcolarne il prezzo (Cf. Ac 19,19). Tutto questo accadde per la gloria di Dio, affinché nemmeno una categoria di gente perduta come questa avesse a disperare della bontà di colui che sa cercare ciò che si era perduto (Lc 15,32). Anche questi era perduto; ma ora è stato cercato, trovato e portato qui. Ha con sé dei libri da bruciare: quei libri che l'avevano messo in pericolo di finire bruciato. Gettati nel fuoco quei libri, egli passi nella regione del refrigerio. Sappiate peraltro, fratelli, che costui già una volta aveva bussato alla Chiesa prima di Pasqua; prima di Pasqua, infatti, ha cominciato a chiedere alla Chiesa la medicina di Cristo. Ma, poiché l'arte che aveva esercitata è un'arte che lascia adito a sospettare di eventuali menzogne e inganni, la sua accettazione fu rimandata, per timore che si trattasse d'una sua manovra. Alla fine però lo abbiamo ammesso, perché non fosse troppo grave la sua prova. Pregate per lui in nome di Cristo. Anzi dedicate a lui la preghiera che oggi leverete al Signore Dio nostro. Sappiamo infatti, e siamo certi, che la vostra preghiera cancellerà tutte le sue empietà. Il Signore sia con voi.


Agostino Salmi 61