Agostino Salmi 73

SUL SALMO 73

73 Ps 73

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Le parole del salmo sono rivolte agli ebrei convertiti.

1. [v 1.] Il titolo di questo salmo è: Intelligenza, di Asaf. Asaf in latino si rende con “ adunata ”, in greco con “ sinagoga ”. Vediamo che cosa avrà capito questa sinagoga. Quanto a noi, intendiamo bene prima che cosa sia la sinagoga; poi capiremo cosa abbia compreso questa sinagoga. Ogni raduno può chiamarsi col nome generico di “ sinagoga ”; e tal nome potrebbe applicarsi, di per sé, tanto agli uomini come agli animali. Ma qui non si tratta evidentemente di un gregge di animali, in quanto abbiamo udito parlare di intelligenza: anche se ci potrebbero essere degli uomini che, posti in onore, non apprezzino l'intelligenza. Come sta scritto: L'uomo posto in onore non ha capito; è stato paragonato agli animali insensati, ed effettivamente è divenuto simile ad essi (Ps 48,13). Tuttavia, che qui non si tratti d'un raduno di animali non è il caso di dimostrarlo né di spendervi cervello o parole; ma, ammesso che si tratta di un'assemblea di uomini, dobbiamo capire di quali uomini si tratti. Non è certo l'assemblea degli uomini i quali, posti nell'onore e non comprendendo, sono stati paragonati agli animali insensati e sono divenuti simili a loro. È un'assemblea di uomini che capiscono. Lo precisa, infatti, il titolo del salmo ove si dice: Intelligenza di Asaf. È, dunque, un'assemblea intelligente quella di cui ascolteremo la voce. Ma, poiché a chiamarsi sinagoga è propriamente l'assemblea del popolo d'Israele, tanto che ogni volta che udiamo parlare di sinagoga siamo soliti intendere il popolo giudaico, vediamo se per caso non siano suoi gli accenti che udiamo in questo salmo. Ma, di quali giudei e di quale popolo d'Israele si tratterà? Non della paglia, ma del buon grano (Cf. Mt 3,12). Non dei rami spezzati (Cf. Rm 11,17), ma dei rami consolidati. Perché, non tutti coloro che sono nati da Israele sono israeliti; ma in Isacco, dice, si chiamerà la tua discendenza. Cioè, non coloro che sono figli della carne sono anche figli di Dio; ma i figli della promessa saranno reputati discendenza (Rm 9,6-8). Sono dunque, costoro, certi israeliti tipo colui del quale è detto: Ecco un vero israelita, in cui non c'è inganno (Jn 1,47). Non mi riferisco qui a quei fattori per i quali siamo israeliti anche noi, essendo anche noi discendenti di Abramo. L'Apostolo, infatti, si rivolgeva a dei pagani quando diceva: Voi, dunque, siete la discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (Ga 3,29). In questo senso siamo tutti israeliti, quanti seguiamo le orme della fede del nostro padre Abramo. Nel nostro salmo dobbiamo, invece, intendere la voce di quegli israeliti di cui parlava l'Apostolo, allorché diceva: Anche io sono un israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino (Rm 11, l). Intendiamo, dunque, qui coloro dei quali i profeti hanno detto: Un resto si salverà (Rm 9,27). Ascolteremo, perciò, la voce del resto salvato. Lasceremo parlarci la sinagoga: quella che aveva ricevuto il Vecchio Testamento e che era protesa verso promesse carnali; tanto che per questo motivo le avevano vacillato i piedi. Che cosa è detto, infatti, in un altro salmo, il cui titolo reca anch'esso Asaf? È detto: Quanto è buono il Dio d'Israele con i retti di cuore! Ma i miei piedi hanno quasi vacillato (Ps 72,1 Ps 2). E, come se noi gli avessimo chiesto perché gli abbiano vacillato i piedi, aggiunge: Per poco i miei passi non hanno inciampato: sono stato preso da invidia per i peccatori, vedendo la loro pace (Ps 72,3). Aspettando infatti (secondo le promesse di Dio inerenti al Vecchio Testamento) la felicità terrena, si è accorto che essa abbonda presso gli empi. Ha visto che di quelle cose che lui stesso si attendeva da Dio ce n'è profusione presso coloro che non adorano Dio; e, pensando che fosse inutile il culto da lui reso al Signore, s'è sentito vacillare i piedi. Dice infatti: Ecco, i peccatori hanno ottenuto abbondanti ricchezze in questo mondo. Non avrò, per caso, io custodito inutilmente il mio cuore nella giustizia? (Ps 72,12 Ps 13) Vedete come per poco non abbiano inciampato i suoi passi! Tanto da pensare in fondo alla sua anima: Che utilità traggo dal servire Dio? Ecco: quello là non lo serve ed è felice; io lo servo e soffro. Ma, supponi pure che io sia felice. Se è felice anche colui che non lo serve, come posso io convincermi che la mia felicità dipenda dalla mia fedeltà a Dio? Il salmo da cui ho tratto questa testimonianza precede quello di cui ora ci occupiamo.

Il Vecchio e il Nuovo Testamento.

2. Molto a proposito (e questo non per nostra iniziativa, ma per volere di Dio) proprio ora abbiamo udito dal Vangelo: La legge venne data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità ci pervennero ad opera di Gesù Cristo (Jn 1,17). Se, infatti, esaminiamo attentamente i due Testamenti, il Vecchio e il Nuovo, vediamo che non sono identici i misteri come neppure identiche sono le promesse. Tuttavia, è identica la maggioranza dei comandamenti. Ad esempio: Non uccidere; Non commettere adulterio; Non rubare; Onora il padre e la madre; Non dire falsa testimonianza; Non desiderare i beni del tuo prossimo; Non desiderare la donna del tuo prossimo (Ex 20,12-17). Sono, questi, dei precetti che valgono anche per noi; e chiunque non avrà osservato tali comandamenti è fuori strada e non è assolutamente degno di salire al monte di Dio, del quale è detto: Chi abiterà nella tua tenda? o chi riposerà nel tuo santo monte? (Ps 14, l) Chi ha pure le mani e mondo il cuore (Ps 23,4). Se, dunque, passassimo in rassegna i comandamenti, troviamo che sono o perfettamente identici o a mala pena ne troviamo qualcuno nel Vangelo che non sia stato enunziato dai profeti. I comandamenti sono gli stessi; ma non sono gli stessi i sacramenti, né identiche le promesse. Vediamo i comandamenti. Essi sono gli stessi, e in conformità ad essi dobbiamo servire Dio. I sacramenti, invece, non sono gli stessi, perché altri sono i sacramenti che danno la salvezza, altri sono quelli che promettono il Salvatore. I sacramenti del Nuovo Testamento danno la salvezza; i sacramenti dell'Antico Testamento promettevano il Salvatore. Ebbene, quando ormai possiedi i beni promessi e hai ricevuto il Salvatore, perché cercare quel che te lo promette? Dico “ possiedi i beni a te promessi ”, non nel senso che abbiamo già ricevuto la vita eterna, ma riferendomi al fatto che Cristo è ormai venuto: quel Cristo che era stato annunziato per bocca dei profeti. Mutati sono i sacramenti: sono divenuti più facili, meno numerosi, più salutari, più fecondi. E quanto alle promesse, perché non sono le stesse? Perché allora era promessa la terra di Canaan: una terra ampia, feconda, ove scorrevano latte e miele. Era promesso un regno terreno, una felicità materiale: la fecondità dei figli, la soggezione dei nemici (Cf. Ex 3,8), cose tutte che costituiscono parte della felicità terrena. Ma, perché era necessario che ci fossero dapprima tali promesse? Perché non è primo lo spirituale ma l'animale. Lo spirituale, dice l'Apostolo, viene dopo. Il primo uomo, tratto dalla terra, era terrestre; il secondo uomo è dal cielo ed è celeste. Qual è il terrestre, tali sono i terrestri; qual è il celeste, tali sono i celesti. Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, così dobbiamo portare anche l'immagine di colui che è dal cielo (1Co 15,46-49). Alla figura dell'uomo terreno appartiene il Vecchio Testamento; alla figura del celeste appartiene il Nuovo Testamento. Affinché poi nessuno credesse che l'uomo terreno sia stato fatto da un dio e l'uomo celeste da un altro ma che unico è il creatore dell'uno e dell'altro uomo, ecco che Dio ha voluto essere anche l'autore dei due Testamenti, promettendo beni terreni nel Vecchio Testamento e differendo i beni celesti al Nuovo Testamento. Ma, fino a quando vorrai tu restare l'uomo terrestre di prima? Fino a quando gusterai le cose terrene? Non è forse vero che al fanciullo si danno oggetti puerili, i giocattoli con cui intrattenere il suo animo infantile, mentre quando diventa grande gli si tolgono dalle mani, affinché si occupi ormai in qualcosa di più utile e di più adeguato a un adulto? Anche tu davi a tuo figlio le noci quand'era piccolo, mentre, divenuto grande, gli hai messo in mano il libro. Così anche Dio: al tempo del Nuovo Testamento ha tolto di mano ai suoi figli le cose che erano come giochi da fanciulli, per dare loro, ormai grandi, qualcosa di più utile. Non per questo, però, si deve credere che non sia stato lui a dare nel periodo precedente i beni del Vecchio Testamento. Gli uni e gli altri sono dono suo. Ma, la Legge fu data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute ad opera di Gesù Cristo (Jn 1,17). La grazia, in quanto per mezzo della carità si riesce a praticare ciò che era stato ordinato dalla lettera; la verità, in quanto si mantiene fede a ciò che era stato promesso. Ecco ciò che ha compreso questo Asaf. È quindi ovvio che, alla fine, tutte le cose che erano state promesse ai giudei siano state loro tolte. Dov'è, ora, il loro regno? Dov'è il tempio? Dove l'unzione? Dove il sacerdote? C'è forse, ora, presso di loro un profeta? Da quando è venuto colui che era stato annunziato dai profeti, in quel popolo non c'è più niente di tutto questo. Gli ebrei hanno perduto le cose terrene, e non cercano ancora quelle celesti.

Gli ebrei si resero indegni dei beni ricevuti da Dio.

3. Non devi, dunque, attaccare il cuore alle cose terrene, anche se è Dio a donarle. Però, pur non dovendo attaccarci ai beni materiali, ci guarderemo sempre dal dire che essi siano stati dati da altri e non da Dio. È Dio che li dona; solo che tu non devi aspettarti da lui, come bene supremo, ciò che egli dà anche a chi non è buono. Se, infatti, in queste cose consistesse il sommo bene, egli certamente non le darebbe anche ai cattivi. Che se, invece, le dà anche ai cattivi, è perché i buoni imparino a chiedergli altri beni: quelli, cioè, che egli non dà ai cattivi. Gli ebrei del Vecchio Testamento, invece, si aggrapparono miseri alle cose terrene e non seppero riporre la loro fiducia in colui che ha fatto il cielo e la terra e che appunto aveva loro dato quelle cose terrene. Era stato, infatti, Dio a liberarli dalla prigionia temporale dell'Egitto, a guidarli attraverso il mare diviso e che aveva sommerso con i flutti i nemici che li perseguitavano (Cf. Ex 14 Es Ex 22-29). Non riponendo la loro fiducia in colui che, una volta divenuti grandi, avrebbe certamente dato loro i beni celesti, come da piccoli aveva loro dato le cose terrene, e temendo di perdere ciò che avevano ricevuto, uccisero colui che aveva dato loro ogni cosa. Questo diciamo, fratelli, affinché, da uomini appartenenti al Nuovo Testamento, impariate a non attaccarvi ai beni della terra. Se, infatti, coloro cui non era stato ancora rivelato il Nuovo Testamento sono inescusabili per essersi troppo attaccati alle cose terrene, quanto più lo saremmo noi se, dopo che ci sono state rivelate nel Nuovo Testamento le promesse celesti, andassimo a caccia di beni terreni! Ricordate, fratelli miei, che cosa dissero i persecutori di Cristo: Se lo lasciamo andare, verranno i romani e ci toglieranno il tempio e la nazione (Jn 11,48). Osservate come uccisero il Re del cielo proprio per timore di perdere i beni terreni. E che cosa ne è loro derivato? Hanno perduto anche i beni terreni. Hanno ucciso Cristo, e nello stesso luogo sono stati uccisi loro. Non volendo perdere la terra, hanno ucciso colui che loro aveva donato la vita: con la conseguenza che furono sterminati loro stessi perdendo così anche la terra. E l'hanno perduta proprio nel giorno in cui lo avevano ucciso, in modo che la coincidenza del giorno facesse loro comprendere perché fossero costretti a subire tali punizioni. Quando, infatti, venne espugnata la capitale dei giudei, essi celebravano la Pasqua, e molte migliaia di persone, rappresentanti tutto il popolo, erano convenute alla celebrazione di quella festività. Era in questo la mano di Dio, il quale, pur servendosi di uomini malvagi, rimaneva buono; pur servendosi di ingiusti, agiva da giusto e giustamente. Egli si vendicava di loro e lasciava che venissero uccise molte migliaia di persone e che la stessa città venisse espugnata. Ecco che cosa piange in questo salmo l'intelligenza di Asaf. In tale pianto, in cui consiste appunto la sua intelligenza, distingue le cose terrene da quelle celesti; distingue il Vecchio Testamento dal Nuovo, affinché tu sappia rettamente valutare le cose che hai da lasciarti indietro e quelle che hai da tenerti a cuore. Egli comincia così.

4. Perché ci hai scacciati, o Dio, sino alla fine? Ci hai scacciati sino alta fine: èla voce del popolo giudaico; è la voce di quell'assemblea che propriamente si chiama sinagoga. Perché ci hai scacciati, o Dio, sino alla fine? Non rimprovera ma chiede. Perché? cioè, per qual motivo, per quale ragione hai fatto questo? E che cosa hai fatto? Ci hai scacciati sino alla fine. Che significano le parole: Sino alla fine? Forse “ sino alla fine del mondo ”. O non, piuttosto, ci hai scacciati fino a Cristo, che è il fine per ogni credente? (Cf. Rm 10,4) Perché, infatti, ci hai scacciati, o Dio, sino alla fine? Adirato è il tuo animo contro le pecore del tuo gregge. Perché sei adirato contro le pecore del tuo gregge, se non perché noi ci eravamo troppo attaccati alle cose terrene e non riconoscevamo il pastore?

260 L’assemblea del popolo di Dio.

5. [v 2.]Ricorda la tua comunità, che hai posseduta fin dall'inizio. Può essere mai, questa, la voce dei pagani? Forse che Dio ha posseduto costoro fin dall'inizio? Al contrario, egli ha posseduto veramente così la discendenza di Abramo, il popolo d'Israele, nato secondo la carne dai patriarchi: cioè da coloro che sono i nostri padri, in quanto noi ne siamo divenuti figli non per discendenza carnale ma imitandone la fede. Orbene, cosa è accaduto a coloro che erano stati posseduti da Dio fin dall'inizio? Ricorda la tua comunità che hai posseduta fin dall'inizio. Hai riscattato la verga della tua eredità. Tu hai riscattato la tua stessa comunità che è la verga della tua eredità. Chiama verga dell'eredità la comunità stessa. Volgiamo lo sguardo al fatto base, al tempo in cui Dio volle prendere possesso di quella comunità liberandola dall'Egitto. Guardiamo quale segno diede a Mosè, quando costui gli chiese: Quale segno mostrerò, affinché credano che tu mi hai mandato? Dio gli rispose: Che cosa porti nella tua mano? Una verga. Gettala in terra. E Mosè gettò in terra la verga, la quale divenne un serpente: tanto che Mosè si spaventò e scappò via. Il Signore gli disse allora: Afferra la sua coda. Egli la afferrò, e tornò come era prima. Divenne verga, come prima era stata verga (
Ex 4,1-4). Che significa tutto questo? Certamente non è accaduto senza un perché. Interroghiamo la lettera di Dio. Che cosa suggerì all'uomo il serpente? Un'azione che Dio avrebbe punito con la morte (Cf. Gn 3,4 Gn 5). Dunque, la morte deriva dal serpente, e, se la morte deriva dal serpente, la verga nelle fattezze del serpente è Cristo nei giorni della sua morte. Non per nulla, infatti, quando i giudei nel deserto vennero morsicati e uccisi dai serpenti, il Signore ordinò a Mosè di innalzare là, in mezzo al deserto, un serpente di bronzo, invitando coloro che erano stati morsicati dai serpenti e guardare quel segno, se volevano essere risanati (Cf. Nb 21,8 Jn 3,14). Così accadde. Gli uomini morsicati dai serpenti erano guariti dal veleno guardando un serpente. Grande mistero, essere guariti da un serpente! Che significa “ essere guariti dal serpente guardando il serpente ”? Significa essere salvati dalla morte credendo nel Morto. Eppure, Mosè si spaventò e fuggì. Che significa questo fuggire di Mosè dinanzi a quel serpente? Lo sappiamo dal Vangelo, o fratelli. Quando Cristo morì, i discepoli si spaventarono e abbandonarono quella speranza che fino allora avevano avuta in cuore (Cf. Lc 24,21). Ma, che cosa ordinò il Signore a Mosè? Afferra la sua coda. Che vuol dire: Afferra la coda? Stringi la parte posteriore. E a questo si riferivano anche le parole: Mi vedrai da tergo (Ex 33,23). Dapprima la verga era divenuta serpente: ma, quando questo venne afferrato per la coda ritornò verga. È un simbolo di Cristo, prima ucciso, poi risorto. Nella coda del serpente possiamo vedere anche la fine del mondo, perché così ora procede la Chiesa nella sua condizione mortale: mentre alcuni scompaiono per la morte, ne vengono altri. E in tutto questo ci rientra il serpente, perché la morte fu causata dal serpente. Alla fine del mondo però, come in coda, noi torneremo nelle mani di Dio e diverremo regno immutabile di Dio e si compiranno in noi le parole: Hai riscattato la verga della tua eredità. Ma, poiché la voce che udiamo nel salmo è la voce della sinagoga, se l'eredità che qual verga Dio si è riscattata si manifesta con maggior evidenza tra le genti - mentre è celata la speranza dei giudei - dobbiamo riferire queste parole o ai giudei che crederanno alla fine o a coloro che credettero quando fu mandato lo Spirito Santo e i discepoli cominciarono a parlare nelle lingue di tutte le genti (Cf. Ac 2,4). Allora, infatti, alcune migliaia di giudei, crocifissori di Cristo, credettero; e poiché erano del popolo vicino [a Dio], tale e tanta fu la loro fede che essi, venduto ogni loro possesso, ne deponevano ai piedi degli Apostoli il ricavato (Cf. Ac 4,34). Siccome, però, tutto questo rimaneva celato, mentre la futura redenzione della verga di Dio si sarebbe maggiormente manifestata nelle genti, spiega meglio in che senso ha detto: Hai riscattato la verga della tua eredità. Lo ha detto non riferendosi alle genti, nelle quali la redenzione è manifesta. Ma, di che cosa allora lo ha detto? Il monte Sion. E, siccome anche il “ monte Sion ” può essere diversamente interpretato, precisa: Il monte nel quale hai dimorato. Il monte, cioè, dove era il popolo eletto di prima, dove fu eretto il tempio, dove erano celebrati i sacrifici, dove accadevano tutte le cose che a quei tempi erano necessarie in quanto contenevano la promessa del Cristo. La promessa, quando si è ottenuta la realtà, diventa ormai superflua. Invece prima che si compia quanto è promesso, la promessa è necessaria, affinché chi l'ha ricevuta non dimentichi quanto gli è stato promesso e muoia desistendo dall'attesa. È, pertanto, necessario aspettare perseveranti la promessa, per poterla accogliere quando verrà mantenuta. Sì, proprio per questo l'uomo non deve dimenticare la promessa; ed è anche per questo che [nel Vecchio Testamento] non vennero mai meno le figure: finché, comparendo il giorno, non vennero fugate le ombre della notte. Il monte Sion nel quale hai dimorato.

La distruzione di Gerusalemme.

6. [v 3.]Leva la tua mano contro la loro superbia sino alla fine. Come scacciavi noi sino alla fine, così leva la tua mano contro la loro superbia sino alla fine. Contro la superbia di chi? Di coloro dai quali fu distrutta Gerusalemme. Ma da chi venne distrutta, se non dai re delle genti? Giustamente si dice che la mano di lui s'è levata contro la loro superbia sino alla fine. Infatti, anch'essi ormai hanno conosciuto Cristo, e fine della legge è Cristo, a giustizia di ogni credente (Rm 10,4). Augurio felice! Sembrerebbe parlare come una persona adirata, e le sue parole sembrerebbero una maledizione. Oh, voglia il cielo che si compia la sua maledizione! O meglio, rallegriamoci nel nome di Cristo che sia cosa già compiuta. Ormai coloro che reggono lo scettro sono sottomessi al legno della croce; è ormai una realtà quanto era stato predetto: Lo adoreranno tutti i re della terra; tutte le genti lo serviranno (Ps 71,11). Sulla fronte dei re è ormai più prezioso il segno della croce che non le gemme del diadema. Leva la tua mano contro la loro superbia sino alla fine. Quante cose, malvagiamente, ha compiute il nemico contro i tuoi santi! Cioè, contro quelle che erano state le tue cose sante: il tempio, il sacerdozio, tutti quei misteri che allora si celebravano, quante cose malvagiamente ha compiute il nemico! Chi, infatti, compiva allora tutto questo era il nemico infernale, in quanto i pagani, autori della devastazione, erano allora seguaci di false divinità, adoravano gli idoli, servivano i demoni. Eppure, riuscirono a compiere molto male ai danni dei santi di Dio. Come mai avrebbero potuto farlo, se non fosse stato loro permesso? E come mai fu loro permesso, se non perché tutte quelle cose sante che celavano le promesse non erano ormai più necessarie, poiché si aveva di persona colui che aveva fatto tali promesse? Per questo molte cose, malvagiamente, ha compiute il nemico contro i tuoi santi.

7. [v 4.] E si sono gloriati tutti coloro che ti odiavano. Nota il riferimento ai servi del demonio, ai servi degli idoli, quali erano allora le genti che distrussero il tempio e la città di Dio e se ne sono gloriati. In mezzo alla tua solennità. Ricordatevi quanto vi ho detto, che cioè Gerusalemme venne distrutta proprio quando si celebrava quella stessa solennità durante la quale i giudei avevano crocifisso il Signore. Radunati insieme, uccisero; radunati insieme, perirono.

I romani strumenti ignari dell’ira divina.

8. [v 5.] Posero i loro segni, le insegne; e non conobbero. Avevano le insegne da issare in quel luogo: i loro vessilli, le loro aquile, i loro dragoni, le insegne romane. Forse anche le loro statue, che per prime collocarono nel tempio, oppure, forse, i loro segni, quelli cioè che avevano ascoltati dagli oracoli dei loro demoni. E non conobbero. Che cosa non conobbero? Che non avresti potere contro di me, se non ti fosse stato dato dall'alto (Jn 19,11). Non conobbero che non era un incarico onorifico quello che veniva loro conferito, cioè di affliggere, conquistare e distruggere la città; ma era Dio che si serviva della loro empietà come di una scure, ed essi erano, in quella occasione, uno strumento dell'ira divina, non il regno del Dio della pace. Perché Dio si regola come ordinariamente fa anche l'uomo. Talvolta l'uomo, quando è infuriato, prende un qualsiasi bastone, il primo che gli capita dinanzi, magari un ramo secco; ci picchia il suo figliolo e poi getta quel bastone nel fuoco, mentre al figlio tiene in serbo l'eredità. Così, talvolta, Dio attraverso i malvagi dà ai buoni delle lezioni salutari e servendosi della potenza temporale dei reprobi usa severità con coloro che intende salvare. E che dunque? Penserete, o fratelli, che a quella gente sia stato dato davvero un castigo che l'annientasse completamente? Quanti di loro in epoche successive hanno creduto! E quanti ancora crederanno! Una cosa è la paglia e un'altra il frumento. Su ambedue, tuttavia, passa la trebbia, e sotto la stessa trebbia la paglia è stritolata, il grano è purificato. Quanto bene ha ricavato Dio dal male compiuto da Giuda traditore! Quanto bene è derivato ai pagani convertiti dalla crudeltà dei giudei! Cristo venne ucciso, ma levato sulla croce è divenuto il segno che ha da essere guardato da chi è stato morsicato dal serpente (Cf. Nb 21,8). Alla stessa maniera, anche i romani, forse, avevano udito dai loro dèi che dovevano andare a Gerusalemme ed espugnarla, e dopo averla conquistata e distrutta, ascrissero ai loro demoni il risultato conseguito. Posero i loro segni, le insegne; e non conobbero. Che cosa non conobbero? Come all'uscita dall'alto. Che, cioè, se non fosse stato impartito dall'alto un tale ordine, mai i gentili con tutta la loro ferocia sarebbero riusciti ad ottenere dei successi sul popolo giudaico. Ma ci fu un'uscita dall'alto, così come dice Daniele: Dall'inizio della tua preghiera è uscita la parola (Da 9,23). Lo fece notare il Signore a Pilato. Costui si inorgogliva e levava i suoi segni, le insegne, e non conosceva, e diceva a Cristo: Non mi rispondi? Non sai che ho il potere di ucciderti e ho il potere di liberarti? (Jn 19,10) E il Signore all'orgoglioso, come pungendo quel pallone gonfiato per farlo sgonfiare: Non avresti, disse, potere contro di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Così anche qui: Hanno posto i loro segni, le insegne; e non conobbero. In che senso, non conobbero? Come all'uscita dall'alto. E potevano, forse, essi conoscere che c'era stato proprio un intervento dall'alto, affinché tutto ciò si realizzasse?

9. [v 6.] Rapidamente scorriamo questi versi concernenti la distruzione di Gerusalemme. Sono chiari, e non mi piace intrattenermi neppure sulla condanna dei nemici. Come in una selva d'alberi, con le scuri frantumarono tutti insieme le sue porte; e con l'accetta e la mazza l'hanno abbattuta. Cioè: tutti d'accordo, senza fermarsi, con l'accetta e la mazza l'hanno abbattuta.

10. [v 7.] Incendiarono col fuoco il tuo santuario; profanarono il tabernacolo del tuo nome qui sulla terra.

La vana attesa messianica dei giudei.

11. [vv 8.9.] Dissero in cuor loro, la loro stirpe, tutti insieme. Che cosa dissero? Venite, eliminiamo dalla terra tutte le solennità del Signore. Del Signore, lo si dice con terminologia di chi scrive, cioè di Asaf, non, perché i pagani, venuti a devastare, abbiano chiamato Signore colui al quale distruggevano il tempio. Venite! eliminiamo dalla terra tutte le solennità del Signore.Che cosa fa Asaf? Che cosa fa l'intelligenza di Asaf in questi frangenti? Che cosa fa? Non progredisce, almeno dopo la dura lezione ricevuta? Non corregge gli errori del suo spirito? Sono state abbattute tutte le cose antiche. Non c'è più sacerdote né altare presso i giudei; non c'è più sacrificio, non c'è più tempio. Non ci sarà, dunque, da accettare qualche altra cosa che abbia preso il posto di quanto è stato abbattuto? O che sia stato proprio abolito il segno, valido come promessa, senza che sia venuto ciò che era promesso? Osserviamo un istante l'intelligenza di Asaf, vediamo se progredisce nella tribolazione. Osserva cosa dice: I nostri segni non abbiamo visto; non c'è più profeta e ancora non ci conoscerà. Ecco: i giudei dicono di non essere ancora compresi; dicono di essere ancora in prigionia e di non essere stati ancora liberati; e ancora aspettano il Cristo. Cristo verrà, ma verrà come giudice. È venuto una volta per chiamare; verrà per separare. Verrà perché è venuto, ed è sicuro che verrà; ma ormai verrà dall'alto. Era sotto i tuoi occhi, o Israele! e tu sei stato sconvolto perché hai inciampato in lui allorché giaceva in terra. Se non vuoi essere stritolato, sta' attento a quando verrà dall'alto. Così, infatti, ha predetto il profeta: Chiunque inciamperà in quella pietra sarà sconquassato, ed essa stritolerà colui sul quale cadrà (Is 8,14 Is 15 cf. Lc 20,18). Turba da piccolo, stritolerà da grande. Più non vedi i tuoi segni; più non c'è il profeta, e dici: Ancora non ci conoscerà! È perché voi non riconoscete lui. Non c'è profeta e ancora non ci conoscerà.

261 I giudei si ravvedranno.

12. [v 10.] Fino a quando, Dio, ci insulterà il nemico? Grida come se fossi un derelitto, un abbandonato! Grida come un malato, tu che hai preferito uccidere il medico piuttosto che farti curare da lui! Ancora non ti riconosce. Guarda che cosa ha fatto colui che ancora non ti riconosce. Lo vedranno, dice, coloro ai quali non è stato annunziato, e coloro che non hanno ascoltato la sua parola comprenderanno (Cf.
Is 52,15 Rm 15,21); e tu ancora gridi: Non c'è più profeta e ancora non ci conoscerà. Dov'è la tua intelligenza? Oltraggia l'avversario il nome tuo sino alla fine. Lo oltraggia sino alla fine affinché tu, adirato, lo rimproveri e, col rimproverare l'altro, anche tu alla fine lo conosca; oppure, affinché tu alla fine, cioè sino alla fine [lo conosca]. Sino a quale fine? Fino al giorno in cui tu lo conoscerai, griderai e, afferrandone la coda, tu non torni al regno.

Cristo non è venuto invano.

13. [v 11.] Perché distogli la tua mano e la tua destra dal mezzo del tuo seno sino alla fine? È l'altro segno che fu dato a Mosè. Come prima si è parlato del segno della verga, così qui si parla del segno della destra. Compiuto, infatti, il prodigio della verga, Dio dette a Mosè un altro segno, dicendogli: Metti la tua mano nel tuo seno; ed egli ve la mise. Toglila, gli disse, e la tolse; ed essa apparve bianca (Ex 4,6), cioè immonda. Poiché quelle chiazze bianche sulla pelle erano lebbra, non colore di carne viva (Cf. Lv 13,25). Così la stessa eredità di Dio, cioè il suo popolo, una volta gettato lontano da lui, divenne immondo. Ma che cosa disse Dio a Mosè? Rimettila nel tuo seno, ed egli ve la rimise. Ed essa ritornò del suo colore (Ex 4,7), Dice il nostro Asaf: “ Perché fai così? Fino a quando tieni la tua destra lontana dal tuo seno, facendola rimanere immonda al di fuori? Rimettila nel tuo seno: torni al suo colore, riconosca il Salvatore ”! Perché distogli la tua mano e la tua destra dal mezzo del tuo seno sino alla fine? Egli grida così poiché è cieco e non capisce; ma è così che Dio agisce nelle sue opere. Perché, infatti, è venuto Cristo? La cecità ha colpito una parte d'Israele, affinché entrasse la totalità delle genti, e così fosse salvo tutto Israele (Rm 11,25). Ebbene, Asaf, riconosci i fatti accaduti e, se non sei stato capace di stare all'avanguardia, sappi almeno camminare dietro. Perché non invano è venuto Cristo, né invano Cristo è stato ucciso. Non invano il chicco di grano è caduto in terra. L'ha fatto per risorgere moltiplicato (Cf. Jn 12,25). È stato innalzato qual serpente nel deserto, affinché sia risanato chi è stato infettato dal veleno (Cf. 9). Imprimiti nella mente quanto è accaduto. Non credere che sia senza significato la sua venuta, se non vuoi essere trovato tra i, cattivi quando verrà di nuovo.

La salvezza è già in atto.

14. [v 12.] Asaf ha compreso, poiché nel titolo del salmo si legge: Intelligenza di Asaf. E che cosa dice? Ma Dio è il nostro re prima dei secoli; egli ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra. Per un verso noi gridiamo: Non c'è più profeta, e Dio non ci conoscerà più; per l'altro, invece, diciamo: Il nostro Dio è il nostro re; egli è prima dei secoli, in quanto egli stesso è in principio il Verbo per cui mezzo sono stati creati i secoli. Egli ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra. Ebbene, che cosa ha fatto Dio, il nostro re prima dei secoli? Egli ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra; e io ancora grido come se fossi stato abbandonato! Egli compie la salvezza in mezzo alla terra ed io sono, rimasto terra. Bene ha compreso Asaf, come dice il titolo: Intelligenza di Asaf. Per quale motivo, infatti, erano avvenute tutte queste cose, e quale salvezza ha arrecato Cristo, se non quella di insegnare agli uomini a desiderare le cose eterne e a non essere sempre attaccati alle cose terrene? Dio è il nostro re da prima dei secoli; egli ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra. Intanto noi gridiamo: Fino a quando, o Signore? Insulterà il nemico alla fine? Fino a quando oltraggia l'avversario? Fino a quando distogli la tua mano dal tuo seno? Mentre noi gli rivolgiamo queste domande, Dio, colui che è nostro re prima dei secoli, ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra, e noi dormiamo... Le genti sono ormai sveglie e noi russiamo. E nel nostro sonno ci lamentiamo, delirando, che Dio ci abbia abbandonati. Ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra.

Il battesimo mezzo di salvezza.

15. [v 13.] Ebbene, Asaf, ravvediti e torna a capire! Dicci quale salvezza ha Dio compiuta in mezzo alla terra. Che cosa ha fatto, una volta che quel vostro benessere terreno è stato disperso? Che cosa ha promesso? Tu con la tua potenza rendesti solido il mare. La gente giudaica era come terra arida, lontana dalle acque; le genti erano come il mare, con la sua salsedine amara, e circondavano da ogni parte quella terra. Ebbene, tu con la tua potenza rendesti solido il mare, e la terra rimase arida e assetata della tua pioggia. Con la tua potenza tu rendesti solido il mare, schiacciasti nell'acqua le teste dei draghi, cioè le teste, ovvero la superbia, dei demoni, dai quali le genti erano possedute. È accaduto quando, nel battesimo, tu hai liberato coloro che erano schiavi dei demoni.

Il diavolo perde continuamente seguaci.

16. [v 14.] Che cosa c'è, ancora, dietro le teste dei draghi? Quei draghi hanno un principe, e questo principe è il più grande dei draghi. Che cosa ha fatto di costui Dio, quando ha operato la salvezza in mezzo alla terra? Ascolta: Hai frantumato la testa del drago. Se per “ draghi ” intendiamo tutti i demoni che militano agli ordini del diavolo, con chi dovremmo identificare questo drago singolare la cui testa è stata frantumata, se non col diavolo stesso? Che cosa ha fatto Dio di costui? Hai frantumato la testa del drago. Quella testa fu e rimane l'inizio del peccato. Contro quella testa fu pronunziata la maledizione, di modo che la discendenza di Eva deve mirare alla testa del serpente (Cf. Gn 3,15): cioè la Chiesa deve evitare l'inizio del peccato. E che cosa è l'inizio del peccato o, in altri termini, la testa del serpente? Inizio di ogni peccato è la superbia (Si 10,15). L'essere, dunque, frantumata la testa del drago significa che è stata umiliata la superbia del diavolo. E che cosa ha fatto del diavolo colui che ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra? Lo hai dato in pasto ai popoli dell'Etiopia. Che significa questo? Che cosa debbo vedere nei popoli etiopici? Tutti i gentili. E ben a proposito i gentili sono personificati in dei negri, come lo sono appunto gli etiopi. Coloro, infatti, che vengono chiamati alla fede erano un tempo negri. Proprio così: tanto che di loro si può dire esattamente: Un tempo foste tenebre; ma ora siete luce nel Signore (Ep 5,8). Certo essi furono chiamati quand'erano negri, ma perché non restassero negri. Da costoro, infatti, è costituita la Chiesa alla quale è detto: Chi è costei che vien fuori così bianca? (Ct 8,5) E che cosa è accaduto a quella negra, se non ciò che era stato predetto: Sono negra, eppur son bella (Ct 1,4)? E in qual modo costoro hanno ricevuto in pasto il drago? Credo che, come alimento, abbiano piuttosto ricevuto Cristo. Sì, Cristo è stato l'alimento che li ha resi perfetti; il diavolo è il pasto che essi debbono consumare. Così accadde anche a proposito di quel vitello che il popolo infedele e apostata volle adorare, rimpiangendo gli dèi degli egiziani e abbandonando colui che lo aveva liberato dalla schiavitù in Egitto. È questo il significato di quel sacramento così complesso e grandioso. Ecco Mosè adirarsi con coloro che adoravano e veneravano l'idolo. Infiammato di zelo per la causa di Dio, egli vuol compiere una vendetta terrena onde spaventarli e indurli ad evitare la morte eterna. Gettò nel fuoco la testa di quel vitello e la bruciò; sbriciolò i resti, li sparse nell'acqua e fece bere al popolo di quell'acqua (Cf. Ex 32,1-20). Era, tutto questo, un grande sacramento. O ira del profeta! O animo, non dico turbato, ma illuminato! E che cosa fece? Mettilo pure nel fuoco, affinché scompaia la forma primitiva. Riducilo pure in piccoli pezzi, finché a poco a poco si consumi. Gettalo nell'acqua e fallo bere al popolo! Che vuol dire tutto questo, se non che gli adoratori del diavolo erano divenuti come un corpo di lui? E allora, come potranno, i seguaci di Cristo, diventare corpo di Cristo, tanto che di loro si possa dire: Voi siete il corpo e le membra di Cristo (1Co 12,27)? Occorreva che il corpo del diavolo fosse consumato, e consumato proprio dagli israeliti. Da quel popolo, infatti, sono venuti gli Apostoli e da quel popolo è venuta la primitiva Chiesa. A Pietro fu detto, un giorno, a proposito delle genti: Uccidi e mangia (Ac 10,13)! Che significano le parole: Uccidi e mangia? Uccidi ciò che essi sono e fa' di essi ciò che tu sei. Qui si dice: Uccidi e mangia! Là invece: “ Spezza e bevi ”! Ambedue le cose, però, si riferiscono allo stesso sacramento, poiché era necessario (senza alcun dubbio era necessario) che quel corpo, che era del diavolo, grazie alla fede passasse al corpo di Cristo. Così il diavolo è consumato in quanto perde le sue membra. Tutto questo era raffigurato anche nel serpente di Mosè. I maghi fecero allora qualcosa di simile: gettarono a terra le loro verghe e le trasformarono in draghi; ma il drago di Mosè inghiottì le verghe di tutti quei maghi (Cf. Ex 7,12). Questo dobbiamo dunque intendere oggi a proposito del corpo del diavolo; e questo sta accadendo. Esso viene divorato dalle genti che hanno creduto; esso viene dato in pasto ai popoli dell'Etiopia. Le parole: Lo hai dato in pasto ai popoli dell'Etiopia possono essere intese anche nel senso che ora tutti lo azzannano. In che modo lo azzannano? Rimproverandolo, incolpandolo, accusandolo. Così sta scritto, a scopo di disapprovazione, ma comunque abbastanza chiaro: Se vi addentate e mangiate a vicenda, state attenti a non consumarvi l'un l’altro (Ga 5,15). Che vogliono dire le parole: Vi addentate e mangiate a vicenda? Litigate l'uno con l'altro, vi diffamate e vi scagliate ingiurie a vicenda. Guardate, dunque, ora come con gli stessi morsi è consumato il diavolo. Qual è quell'uomo, anche pagano, che quando è adirato non dà del “ satana ” al suo servo? Ecco come il diavolo viene consumato. Con le parole del cristiano, del giudeo e persino del pagano. Il quale lo adora, eppure lo maledice.

La parola di Dio e i frutti che produce nelle anime.

17. [v 15.] Vediamo ora il resto. Fratelli, vi scongiuro, state attenti! Con grande gioia si ascoltano queste parole, perché le cose che contengono sono note in tutto il mondo. Quando venivano annunciate non esistevano: ancora si era, infatti, al tempo della promessa, non della realizzazione. Ma, quale gioia proviamo ora, quando vediamo adempiersi nel mondo le cose che leggiamo annunziate nel libro! Vediamo che cosa ha fatto colui che, a quanto ormai comprende il nostro Asaf, ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra. Tu hai aperto scaturigini e torrenti, affinché, promanandone l'acqua della sapienza e le ricchezze della fede, irrigassero la salsedine delle genti e convertissero con questa irrigazione tutti gli infedeli alla dolcezza della fede. Tu hai aperto scaturigini e torrenti. Forse è una distinzione calcolata; o forse si tratta di una sola cosa, poiché le sorgenti furono tanto copiose da dare origine ai fiumi. Tu hai aperto scaturigini e torrenti. Se si accetta la distinzione, ci si riferisce al fatto che in alcuni la parola di Dio diviene fonte di acqua che sale fino alla vita eterna (Jn 4,14); mentre altri ascoltano, sì, la parola ma non la fanno seguire dalla vita buona; tuttavia, in quanto non tacciono la verità, divengono torrenti. Propriamente, infatti, si chiamano torrenti i corsi d'acqua che non sono perenni: anche se, talvolta, in senso traslato si dice “ torrente ” al posto di “ fiume ”. Così come in quel passo ove si dice: Saranno inebriati dall'opulenza della tua casa, li disseterai al torrente delle tue delizie (Ps 35,9). È evidente che quel torrente non diverrà mai asciutto. Ma, propriamente, si chiamano “ torrenti ” quei fiumi che in estate non hanno acqua, mentre si gonfiano e corrono al giungere delle acque invernali. Eccoti un uomo fedele, che persevererà sino alla fine, che non abbandonerà Dio in nessuna tentazione e che sostiene ogni tortura per la verità, e non per la falsità e l'errore. Donde trae costui tanto vigore se non dal fatto che in lui la parola del Signore è diventata fonte di acqua che sale fino alla vita eterna? Un altro invece accoglie, sì, la parola e la annunzia: non tace, corre. Tuttavia dovrà venire l'estate perché sia palese se egli è una fonte perenne o un torrente. Comunque, voglia sempre il Signore irrigare la terra e con le fonti e con i torrenti: lui che ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra. Scaturiscano le fonti! Corrano i torrenti! Tu hai aperto scaturigini e torrenti.

Il diavolo seduttore dell’uomo.

18. Tu hai prosciugato i fiumi di Etan. Per un verso apre fonti e torrenti; per un altro prosciuga fiumi. Là debbono scorrere le acque; qua le acque debbono essere prosciugate. Dice: I fiumi di Etan. Che cosa è Etan? È una parola ebraica. E cosa significa? Etan significa “ forte ”, “ robusto ”. Chi è questo “ forte e robusto ” del quale Dio prosciuga i fiumi? Chi, se non il dragone di cui sopra? Infatti, nessuno entra nella casa del forte per rubare i suoi vasi, se non avrà prima incatenato il forte (Mt 12,29). Ecco il forte: egli va orgoglioso della, sua forza e abbandona Dio. Ecco il forte! È colui che dice: Porrò il mio trono in aquilone e sarò simile all'Altissimo (Is 14,13). Dal calice della sua forza malvagia egli porse anche all'uomo. Vollero essere forti coloro che credettero di poter diventare dèi nutrendosi con il frutto proibito. Forte veramente diventò Adamo, se lo si poté burlare: Ecco, Adamo è divenuto come uno di noi (Gn 3,22)! E forti erano anche i giudei che presumevano della loro giustizia. Ignorando, infatti, la giustizia di Dio e cercando di stabilire la loro giustizia, in quanto erano forti, non sì sono assoggettati alla giustizia di Dio (Rm 10,3). Osservate come l'uomo abbia logorato la sua forza. Egli è rimasto debole, misero, e se ne sta lontano e non osa neppure levare al cielo gli occhi, ma si batte il petto dicendo: Signore, sii benevolo con me peccatore (Lc 18,13). Ormai è debole; ormai confessa la sua debolezza. Non è forte: è terra arida. Sia irrigato dalle fonti e dai torrenti! Coloro che confidano nella loro forza sono, invece, ancora forti. Siano prosciugati i loro fiumi! Non si diffondano le dottrine alle genti, le dottrine degli aruspici, degli astrologhi, le arti magiche! È ora che siano prosciugati i fiumi del “ forte ”! Tu hai prosciugato i fiumi di Etan. Inaridisca quella dottrina! Inondi gli spiriti il Vangelo della verità!

Dio si adegua ai sapienti e agli ignoranti.

19. [v 16.] Tuo è il giorno e tua è la notte. Chi ignora questo? Egli ha fatto tutte queste cose, poiché per mezzo del Verbo tutte le cose sono state fatte (Cf. Jn 1,3). A colui che ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra è qui detto: Tuo è il giorno e tua è la notte. In questa espressione dobbiamo intendere un qualcosa che rientri nell'ambito di quella salvezza che egli ha compiuta in mezzo alla terra. Tuo è il giorno. Chi sono “il giorno”? Gli uomini spirituali. E tua è la notte. E questi chi sono? Gli uomini carnali. Tuo è il giorno e tua è la notte. Gli uomini spirituali parlino con gli spirituali di cose spirituali. Sta scritto infatti: Adattando agli spirituali le cose dello Spirito, parliamo di sapienza tra i perfetti (1Co 2,13 1Co 6). Non comprendono ancora questa sapienza gli uomini carnali. Io non ho potuto parlarvi come a uomini spirituali, ma come a uomini carnali (1Co 3, l). Gli uomini spirituali parlano, dunque, con gli spirituali: è il giorno che trasmette la parola al giorno. Ma, siccome anche gli uomini carnali non tacciono la loro fede in Cristo crocifisso, in una forma che possono intendere anche i piccoli, ecco che la notte annunzia la scienza alla notte (Ps 18,3). Tuo è il giorno e tua è la notte. A te appartengono gli uomini spirituali; a te appartengono gli uomini carnali. Quelli illumini con l'immutabile sapienza e verità; questi consoli manifestandoti nella carne, come la luna che toglie alla notte la sua desolazione. Tuo è il giorno e tua è la notte. Vuoi ascoltare il “ giorno ”? Vedi se riesci a comprendere: innalza quanto puoi il tuo spirito! Vediamo un po' se appartieni al giorno! Vediamo se trema o non trema il tuo ciglio. Puoi fissare lo sguardo in ciò che ora hai udito dal Vangelo: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Jn 1, l). Ma tu non sai pensare ad altro verbo, ad altra parola, se non a quella che risuona e passa. Riesci a comprendere un Verbo che non è un suono, ma è Dio? Non hai forse ascoltato: E Dio era il Verbo? Ma tu ti limiti a considerare queste parole: Tutte le cose per suo mezzo sono state fatte (Jn 1,3); e comprendi come per suo mezzo sono stati fatti anche coloro che pronunziano le parole. Come sarà, dunque, quel Verbo? Lo comprendi, o uomo carnale? Rispondimi: lo comprendi? Se non comprendi, ancora appartieni alla notte; ti è necessaria la luna per non morire nelle tenebre. Infatti, alcuni peccatori hanno teso l'arco per saettare i retti di cuore, quando la luna è oscura (Ps 10,3). Si era oscurata la carne di Cristo quando venne deposta dalla croce e fu collocata nel sepolcro; e quando proferivano insulti coloro che lo avevano ucciso; e quando non era ancora risorto. Allora, mentre la luna si era oscurata, i discepoli, retti di cuore, vennero colpiti da frecce. Orbene, affinché non soltanto il giorno trasmetta la parola al giorno, ma anche la notte annunzi la scienza alla notte (perché tuo è il giorno e tua è la notte), degnati di abbassarti fino a noi! Pur restando presso colui dal quale procedi, vieni da coloro accanto ai quali sei voluto discendere! Degnati di abbassarti al nostro livello, tu che eri in questo mondo e il mondo per tuo mezzo era stato fatto e il mondo non ti conobbe. Abbia anche la notte la sua consolazione: oh, sì, l'abbia! Dice: Il Verbo si è fatto carne e ha abitato tra noi (Jn 1,14). Tuo è il giorno e tua è la notte. Tu hai dato forma perfetta al sole e alla luna. Il sole, cioè gli spirituali; la luna, cioè i carnali. Chi è ancora carnale non sia abbandonato, ma anche lui sia portato a perfezione! Tu hai dato forma perfetta al sole e alla luna. Il sole sarebbe il sapiente; la luna, l'ignorante. Tuttavia tu non hai abbandonato nessuno. Sta scritto, veramente: Il sapiente rimane stabile come il sole, mentre lo stolto muta come la luna (Si 27,12). Ma come? Se il sole resta, cioè, se il sapiente rimane stabile come il sole mentre lo stolto muta come la luna, vorrà forse dire che chi è ancora carnale, chi è ancora privo di sapienza, dovrà essere abbandonato? E dove sono, allora, le parole dell'Apostolo: Io sono debitore ai sapienti e agli ignoranti (Rm 1,14)? Tu hai dato forma perfetta al sole e alla luna.

Da Dio l’inizio e il progresso nella fede.

20. [v 17.]Tu hai fatto tutti i confini della terra. Forse che non li aveva fatti anche prima, quando egli creava la terra? Ma, in qual modo avrà stabilito i confini della terra colui che ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra? In qual modo, se non come dice l'Apostolo: Noi siamo stati salvati per la grazia; e questo non per nostro merito, ma è dono di Dio; non deriva dalle opere, affinché nessuno si insuperbisca (Ep 2,8-9)? Non vi erano, dunque, delle opere buone? Vi erano: ma in qual modo? Per la grazia di Dio. Va' pure avanti! Vediamo! Noi siamo un'opera sua: creati in Cristo Gesù per le opere buone (Ep 2,10). Ecco come ha fissato i confini della terra colui che ha compiuto la salvezza in mezzo alla terra. Tu hai fatto tutti i confini della terra. L'estate e la primavera tu le hai fatte. L'estate sono coloro che hanno lo spirito fervente: e tu, Signore, hai fatto coloro che hanno lo spirito fervente. E tu hai fatto anche i nuovi germogli della fede; essi sono la primavera. L'estate e la primavera tu le hai fatte. Non si glorino come se non l'abbiano ricevuto. Tu le hai fatte.

21. [v 18.] Ricordati di questa tua creatura. Di quale tua creatura? Il nemico ha insultato il Signore. O Asaf, ora che capisci, addolòrati per la tua primitiva cecità! Il nemico ha insultato il Signore. Fu detto a Cristo tra la sua gente: Costui è un peccatore. Non conosciamo donde sia. Noi conosciamo Mosè; a lui ha parlato Dio. Questi è un samaritano (Jn 9,24 Jn 29 Jn 8,48). Il nemico ha insultato il Signore e un popolo ignorante ha oltraggiato il tuo nome. Un popolo dissennato era allora Asaf; non c'era, allora, l'intelligenza di Asaf. Che cosa è detto nel salmo precedente? Come una bestia sono divenuto innanzi a te; ma io sempre [sono] con te (Ps 72,23); perché non aveva deviato agli dei e agli idoli delle genti. Se, come bestia, non aveva conosciuto Dio, tuttavia, come uomo, s'è ravveduto e ha detto: Sempre con te, per quanto bestia. E che dice poi in tale salmo, là dove parla Asaf? Hai tenuto la mano della mia destra; nella tua volontà mi hai guidato e con la gloria mi hai accolto (Ps 72,24). Nella tua volontà; non nella mia giustizia. Per tuo dono, non per il mio sforzo. Dunque anche qui: Il nemico ha insultato il Signore e un popolo stolto ha oltraggiato il tuo nome. Sono, dunque, periti tutti? Certo no! Anche se qualche ramo si è spezzato, ne restano tuttavia altri, sui quali si ha da innestare l'olivo selvatico (Cf. Rm 11,17). Resta la radice; e, degli stessi rami che s'erano spezzati per la loro infedeltà, alcuni sono richiamati grazie alla fede. Tale lo stesso apostolo Paolo. Egli s'era spezzato per la sua incredulità, ma per la fede venne restituito alla radice. È chiaro ancora che era inconsapevole il popolo che oltraggiava il tuo nome, quando diceva: Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce (Mt 27,40).

Giustizia umana e grazia divina.

22. [v 19.] Ma che cosa dici, o Asaf, ora che comprendi? Non abbandonare alle belve l'anima che si confessa a te. Riconosco, dice Asaf, o, come sta scritto in un altro salmo, Io ho riconosciuto il mio peccato, e non ho celato il mio delitto (Ps 31,5). In che senso? Agli israeliti, stupefatti per il miracolo delle lingue, Pietro rivolse la parola dicendo che essi avevano ucciso il Cristo, mentre Cristo era stato mandato proprio per loro. Udito ciò, rimasero contriti nel cuore e dissero agli Apostoli: Che faremo dunque? Ditecelo. E gli Apostoli: Fate penitenza, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome del Signore Gesù Cristo; e vi saranno rimessi i peccati (Ac 2,37 Ac 38). Ecco: dal ravvedimento si passò alla confessione. Per questo si dice: Tu non abbandonerai alle belve l'anima che si confessa a te. Che vuol dire: Si confessa a te? Lo stesso che: Mi sono convertito nella tribolazione, mentre sono trafitto dall'aculeo (Ps 31,4). Provarono una viva compunzione di cuore: divennero tristi per il pentimento, loro che erano stati boriosi quando incrudelivano. Non abbandonerai alle belve l'anima che si confessa a te. A quali belve, se non quelle le cui teste sono state schiacciate sull'acqua? Difatti, lo stesso diavolo è chiamato belva, leone o drago. Dice: Non consegnare al diavolo e agli angeli suoi l'anima che si confessa a te. Mi divori il serpente, se ancora ho il gusto delle cose terrene, se desidero le cose terrene, se ancora resto legato alle promesse del Vecchio Testamento, mentre già è rivelato il Nuovo. Se, invece, ho deposto la superbia e non voglio appoggiarmi alla mia giustizia ma alla tua grazia, non abbiano in me potere le belve superbe. Non abbandonerai alle belve l'anima che si confessa a te. Non dimenticare sino alla fine le anime dei tuoi poveri.Eravamo ricchi, eravamo forti; ma tu hai prosciugato i fiumi di Etan.Ormai non vogliamo più instaurare una nostra giustizia, ma riconosciamo la tua grazia. Siamo poveri! Esaudisci i tuoi mendicanti! Ormai più non osiamo levare gli occhi al cielo, ma, battendo il nostro petto, diciamo: Signore, sii benigno con me peccatore (Lc 18,13). Non dimenticare sino alla fine le anime dei tuoi poveri.

Il nostro cuore è la nostra casa.

263 23. [v 20.] Volgi lo sguardo al tuo testamento. Mantieni quanto hai promesso! Abbiamo le tavole; aspettiamo l'eredità. Volgi lo sguardo al tuo testamento! Non a quello Vecchio: io infatti, non ti prego per la terra di Canaan né per soggiogare temporaneamente i nemici né per la fecondità carnale dei figli, non per le ricchezze terrene né per la salute temporale. Volgi lo sguardo al tuo testamento! Quello in forza del quale hai promesso il regno dei cieli. Riconosco, adesso, il tuo testamento: Asaf ha ormai la vera intelligenza. Non è più l'Asaf animale; egli comprende quanto era stato detto: Ecco vengono i giorni - dice il Signore - e darò alla casa d'Israele e alla casa di Giuda un testamento nuovo: non come quello che avevo disposto per i loro padri (Jr 31,31 Jr 32). Volgi lo sguardo al tuo testamento, perché sono stati colmati coloro che sono diventati scuri sulla terra delle inique dimore. Scuri perché avevano iniquo il cuore. Nostre case sono i nostri cuori: e nella casa del loro cuore volentieri abitano coloro che son beati per aver puro il cuore (Cf. Mt 5,8). Ebbene, volgi lo sguardo al tuo testamento, e si salvino i sopravvissuti (Cf. Rm 9,27)! Perché, quei molti che guardano verso la terra, si sono oscurati e sono ricolmi di terra. È entrata nei loro occhi la polvere e li ha accecati, e sono divenuti polvere che il vento spazza dalla faccia della terra (Cf. Ps 1,4). Sono stati colmati coloro che sono diventati scuri sulla terra delle inique dimore. Guardando la terra, son divenuti scuri. E di essi è detto in un altro salmo: Siano oscurati i loro occhi affinché non vedano, e la loro schiena sempre incurva (Ps 68,24). Di terra, dunque, sono ricolmi coloro che sono divenuti scuri sulla terra delle inique dimore, perché avevano iniquo il cuore. Le nostre dimore - come abbiamo detto sopra - sono i nostri cuori. Ivi abitiamo volentieri se li purifichiamo dal peccato. Ivi sta la cattiva coscienza, la quale ne scaccia l'uomo, mentre questi dovrebbe rientrare proprio lì, conforme gli è ordinato, portando il suo lettuccio. Può, però, farlo solo dopo che gli sono stati rimessi i peccati, come dice il Signore: Prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua (Jn 5,8). Cioè: reggi la tua carne ed entra nella tua coscienza risanata. Sono stati colmati coloro che sono divenuti scuri sulla terra delle inique dimore. Si sono oscurati e sono pieni di terra. Chi sono coloro che si sono oscurati? Coloro che hanno il cuore iniquo. Ad essi il Signore rende a seconda del loro cuore.

Gli umili lodano Dio.

24. [v 21.]Non si allontani confuso l'umile. Gli altri li ha confusi la superbia. Il misero e il povero loderanno il tuo nome. Pensate, fratelli, quanto debba essere dolce la povertà. Vedete come i poveri e i miseri appartengono a Dio: ma i poveri di spirito. Di questi infatti è il regno dei cieli (Cf. Mt 5,3). Chi sono i poveri di spirito? Gli umili: coloro che trepidano di fronte alla parola di Dio, coloro che confessano i propri peccati; coloro che non ripongono la loro fiducia nei propri meriti e nella propria giustizia. Chi sono, ancora, i poveri di spirito? Coloro che, quando fanno qualcosa di buono, ne lodano Dio e, quando fanno qualcosa di male, accusano se stessi. Dice il profeta: Su chi riposerà il mio spirito se non sull'umile, sul pacifico, su colui che trema alle mie parole? (Is 66,2) Ormai Asaf ha compreso. Più non si tiene abbarbicato alla terra; più non chiede le promesse terrene del Vecchio Testamento. Ed è divenuto un tuo mendicante, è divenuto un tuo povero: ha sete dei tuoi fiumi, perché i suoi si sono prosciugati. Ebbene, se tale è divenuto, non sia frustrata la sua speranza! Nella notte ha cercato con le mani al tuo cospetto: non resti deluso (Cf. Ps 76,3)! Non abbia ad allontanarsi confuso l'umile! Il misero e il povero loderanno il tuo nome. Confessando i loro peccati loderanno il tuo nome; desiderando le tue eterne promesse loderanno il tuo nome. Non lo loderanno coloro che vanno orgogliosi dei beni temporali, che si lasciano gonfiare, e montano in superbia per la loro giustizia. Chi, dunque? Il misero e il povero loderanno il tuo nome.

Il peccato di chi non crede in Dio e nella resurrezione. Le promesse divine realizzate sono garanzia per quelle future.

25. [v 22.]Sorgi, Signore! Giudica la mia causa. Io, infatti, fo la figura dell'abbandonato, perché non ho ancora ricevuto quanto tu mi hai promesso. Le mie lacrime sono divenute il mio pane di giorno e di notte, mentre continuamente mi si dice: “ Dove è il tuo Dio ”? (Cf. Ps 41,4) E siccome non posso mostrare il mio Dio, mi si insulta come se fossi seguace di divinità fantasmi. E non soltanto il pagano o il giudeo o l'eretico fanno così; ma talvolta lo stesso fratello cattolico, quando gli si ricordano le promesse di Dio, quando si annunzia la futura resurrezione, non sa trattenere una smorfia. Anche lui, sebbene sia già stato immerso nell'acqua dell'eterna salvezza, sebbene porti con sé il sacramento di Cristo, forse dice: Ma chi è mai risorto ed è tornato di qua? E ancora: Da quando ho seppellito mio padre, non l'ho mai sentito parlare da dentro la tomba! Ai suoi servi, sia pur temporaneamente, Dio diede la legge; ed è a questa che essi debbono richiamarsi. Difatti, chi può tornare dall'oltretomba? Che cosa risponderò io a gente di tal fatta? Potrò, forse, mostrare loro l'invisibile? Non lo posso. Né Dio è obbligato a rendersi visibile per loro. Si comportino pure così, se loro piace! Così facciano, questo tentino: se essi non vogliono convertirsi in meglio, provino a cambiare in peggio Dio!... Chi può, veda che realmente Dio esiste. Chi non lo può vedere, almeno lo creda! E quando dico: “ Chi può veda ”, vuol forse dire che costui lo vedrà con gli occhi? È con l'intelligenza che lo vede; lo vede con il cuore. Non intendeva, infatti, riferirsi al sole o alla luna colui che diceva: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5,8)! Chi poi ha il cuore impuro non è ancora capace di abbracciare la fede né riesce a credere in ciò che non vede. “ Non vedo - dice - e allora che cosa dovrò credere ”? Si vede, forse, l'anima tua? O stolto! Il tuo corpo si vede, ma chi vede la tua anima? Ebbene, siccome si vede soltanto il tuo corpo, perché non ti cacci in una tomba? Si stupisce perché gli dico: “ Se si vede soltanto il corpo, perché non ti seppellisci? ”, e risponde (fin qui, infatti, ci arriva!): “Perché vivo”. “ Ma, se non vedo la tua anima, come faccio a sapere che tu vivi? Come faccio a saperlo ”? Tu mi risponderai: “ Vivo perché parlo, perché cammino, perché agisco ”. O sciocco! dalle opere del corpo io posso riconoscere che tu vivi; e tu dalle opere del creato non sei capace di riconoscere il Creatore? Ma, forse, colui che dice: “ Quando sarò morto, allora non sarò più niente ” ha appreso tutto ciò dai libri! Lo ha appreso da Epicuro, quel (non so come definirlo) filosofo farnetico, o meglio amatore non della sapienza ma della vanità, al quale gli stessi filosofi han dato il nome di “ porco ”. E lo hanno chiamato così perché questo filosofo insegnava che il sommo bene è il piacere del corpo, ed egli stesso si avvoltolava nel luridume della carne. Da un tal filosofo, forse, il nostro saccentino ha imparato a dire: “ Non esisterò più dopo che sarò morto ”. Oh, si inaridiscano i fiumi di Etan! Periscano queste dottrine pagane! Verdeggino, invece, i prati di Gerusalemme! Vedano finché possono; credano con il cuore ciò che non possono vedere. Tutte queste cose che ora vediamo nel mondo certo non esistevano ancora quando le si predicevano, quando Dio operava la salvezza in mezzo alla terra. Eppure eccole! Allora erano predette; ora si mostrano bell'e realizzate. Ed osa ancora, lo stolto, dire in cuor suo: Non c'è Dio (Ps 13,1)? Guai ai perversi di cuore! Come si sono compiute tutte queste cose che quando erano preannunziate ancora non esistevano, così si realizzeranno anche tutte quelle che rimangono d'avverarsi. O che Dio ci abbia fatto vedere compiuto tutto quello che aveva promesso e poi ci abbia ingannato a proposito del giorno del giudizio? Cristo non era in terra: Dio lo promette e lo mantiene. Nessuna vergine aveva partorito: Dio lo promette e lo mantiene. Non era stato versato il sangue prezioso con il quale doveva essere cancellato il decreto della nostra morte: Dio lo promette e lo mantiene. La carne non era ancora risorta alla vita eterna: Dio lo promette e lo mantiene. Gli eretici, armati del nome di Cristo, non combattevano ancora contro Cristo: Dio lo predice e la predizione si avvera. Non ancora gli idoli delle genti erano stati abbattuti sulla terra: Dio lo predice e si avvera proprio così. Ha, dunque, predetto tante e tante cose, e tutte si sono avverate. Avrà mentito proprio riguardo al giorno del giudizio? Verrà certamente: allo steso modo come sono accadute tutte queste cose. Difatti, anche queste cose, prima di accadere, non erano: dapprima sono state preannunziate e poi si sono verificate. Oh, sì che verrà, fratelli miei! Nessuno dica: “Non verrà”; oppure: “Verrà, ma è ancora lontano! ” Prossimo è il momento in cui tu uscirai da questo mondo. Ci basti il primo inganno! Se allora non riuscimmo a mantenerci docili al precetto, che almeno adesso sappiamo far senno attraverso l'esempio! Ancora non c'era l'esempio della caduta dell'uomo, quando fu detto ad Adamo: Certamente morrai, se [lo] toccherai. Gli si presentò di soppiatto il serpente e gli disse: Non è vero che morrai! Si prestò fede al serpente, e Dio venne trattato con disprezzo. Si credette al serpente, si toccò il frutto proibito, e l'uomo morì (Cf. Gn 2,17 Gn 3,4 Gn 6 Gn 19). Non si avverò, forse, ciò che Dio aveva minacciato, e non quanto aveva promesso il nemico? Veramente fu così. Ne siamo convinti. Per quella colpa siamo tutti finiti nella morte. Dopo una tale esperienza, stiamo almeno attenti ora! Nemmeno ora, infatti, il serpente cessa di sussurrare e di dire: “Ma che davvero Dio condannerà tanta gente e ne libererà così pochi? ” Che intende dire con questo se non: “ Opponetevi al suo comando, tanto non morrete ”? Ma come è accaduto allora, così accadrà anche adesso. Se farai ciò che ti suggerisce il diavolo e non ti curerai del precetto di Dio, verrà il giorno del giudizio, e tu scoprirai che sono vere le minacce di Dio e false le promesse del diavolo. Sorgi, o Signore! Giudica la mia causa. Tu affrontasti la morte e fosti disprezzato, e a me si dice: Dov'è il tuo Dio? (Cf. Ps 41,11) Sorgi, giudica la mia causa! Non potrebbe, infatti, venire al giudizio, se non fosse risorto dai morti. Il suo avvento era stato preannunziato: venne e, mentre camminava sulla terra, fu disprezzato dai giudei, come ora che siede in cielo viene disprezzato dai falsi cristiani. Sorgi, o Signore! Giudica la mia causa. Io ho creduto in te: che non vada in perdizione! Io ho creduto in ciò che non vedevo. Che io non sia deluso nella mia speranza, ma riceva ciò che tu mi hai promesso! Giudica la mia causa! Ricordati degli oltraggi che ti si fanno: degli oltraggi che tutto il giorno ti fa lo stolto. Difatti, Cristo è ancor oggi insultato. Non verranno meno per tutto il giorno, cioè sino alla fine del mondo, i vasi dell'ira. Ancora si dice: “ Cose vane predicano i cristiani ”. Ancora si dice: “ Vana è la resurrezione dei morti ”. Giudica la mia causa! Ricordati degli oltraggi che ti si fanno. Ma quali oltraggi, se non quelli che ti fa per tutto il giorno lo stolto? È, forse, previdente colui che parla così? “ Previdente ”, infatti, vuol dire uno che mira in lontananza; ma, se si è “ previdenti ” quando si vede in lontananza, è con la fede che ci si diventa. Infatti con gli occhi del corpo si può vedere appena dinanzi ai propri piedi per tutto il giorno.

26. [v 23.]Non dimenticare la voce di quanti ti invocano! Sono persone che gemono, che aspettano quanto hai promesso per i tempi del Nuovo Testamento e che in tale fede camminano. Ebbene, non dimenticare la voce di quanti ti invocano! Poiché ancora ci sono di quelli che dicono “ Dov'è il tuo Dio? ” La superbia di coloro che ti odiano salga sempre sino a te! Cioè, non dimenticarti della loro superbia. E veramente Dio non se ne dimentica. O la punisce o induce a correggerla.


Agostino Salmi 73