Agostino Salmi 110

SUL SALMO 110

110 Ps 110

ESPOSIZIONE

DISCORSO

La vita presente, vissuta nell’austerità, recherà frutti imperituri.

1. Sono giunti i giorni, in cui dobbiamo cantare l’Alleluia. State dunque attenti, o fratelli, per comprender bene quel che il Signore ci ispira a nostra esortazione ed alimentare la carità, per la quale è cosa buona per noi essere uniti a Dio (Ep 5,19). State attenti voi, bravi cantori, amanti della lode e della gloria sempiterna del vero e incorruttibile Dio. Siate desti ed attenti voi, che sapete cantare ed inneggiare nei vostri cuori al Signore, rendendo grazie continuamente per tutte le cose (Ep 5,20), e lodate Dio, perché questo vuol dire alleluia. Certamente questi giorni vengono e passano e, quando poi son passati, ritornano, e così simboleggiano il giorno che non viene né passa, perché non è preceduto da un ieri per venire né è sollecitato da un domani per passare. E quando noi giungeremo a tale giorno, vivendo in unione con Dio, neppure noi passeremo e, come in suo onore si canta in un Salmo : Beati quelli che abitano nella tua casa : nei secoli dei secoli ti loderanno (Ps 83,5), sarà questo l’impegno di chi è libero, questo il lavoro di chi non ha da fare, questa l’attività di chi è nella quiete, questa la preoccupazione di chi vive sicuro. Difatti, come questi giorni solennemente succedono in serena letizia ai giorni trascorsi della Quaresima, i quali prima della risurrezione del corpo del Signore simboleggiano la tristezza di questa vita, così quel giorno, che dopo la risurrezione sarà assegnato al corpo totale del Signore, cioè alla santa Chiesa, succederanno nella beatitudine eterna a tutti gli affanni e ai dolori di questa vita, finiti per sempre. Ora la vita di quaggiù esige da noi la continenza in modo che, sospirando sotto il grave peso della lotta e della fatica e desiderando di sopravvestirci della nostra abitazione che è dal cielo (Cf. 2Co 5,2), ci asteniamo dai godimenti mondani : e ciò è simboleggiato dal numero di quaranta giorni, durante i quali fecero digiuno Mosè, Elia e lo stesso Signore (Cf. Ex 34,28 1R 19,8 Mt 4,2). Sono infatti la Legge, i Profeti e lo stesso Vangelo - e questo riceve la testimonianza dalla Legge e dai Profeti, tanto è vero che sul monte il Salvatore apparve splendente in mezzo all’uno e all’altro personaggio (Mt 17,3), - a comandarci di tenere a freno, mediante il digiuno della temperanza, la nostra avidità da tutte le attrattive del mondo, le quali seducono gli uomini e li portano a dimenticarsi di Dio. Nel contempo viene predicata, nella sua perfezione, la Legge del decalogo - vero salterio a dieci corde - per le quattro parti del mondo, cioè in tutto l’universo, sicché il dieci, moltiplicato per quattro, formi il numero sacro di quaranta. Con il numero poi di cinquanta, nel quale dopo la risurrezione del Signore cantiamo l’Alleluia, non è più simboleggiato il termine o passaggio di un qualche periodo, ma quella stessa eternità beata, perché il “ denaro ”, ossia il dieci aggiunto al quaranta, è il salario che è pagato ai fedeli, i quali faticano in questa vita, e che il padre di famiglia ha stabilito in parti uguali per i primi e per gli ultimi. Ascoltiamo pertanto l’animo del popolo di Dio, tutto pieno della lode divina. Ecco, in questo Salmo esso riecheggia la voce di un uomo che esulta nella gioia della felicità, e prefigura il popolo il cui cuore si effonde nell’amore di Dio, cioè il corpo di Cristo, ormai liberato da ogni peccato.

Dio non vuole il peccato e perdona il peccatore pentito.

2. [vv 1.2.] Ti confesserò, o Signore - dice - con tutto il mio cuore. Non sempre la confessione riguarda i peccati, ma c’è una forma religiosa di confessione con la quale si esprime la lode di Dio. Quella prima confessione piange, questa gioisce, quella mostra la piaga al medico, questa ringrazia per la salute riacquistata. Tale confessione serve ad indicare un uomo che non solo è liberato da ogni male, ma che è anche separato da tutti i malvagi. Vediamo perciò dove coli confessi il Signore con tutto il suo cuore. Nel consiglio - dice - dei giusti e nella congregazione : credo siano quelli che sederanno sopra i dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele (Cf. Mt 19,28). Tra loro infatti non c’è più nessun iniquo, né un Giuda di cui si tollerino i furti, né un Simon mago che, battezzato, voglia acquistare lo Spirito Santo ripromettendosi poi di rivenderlo (Cf. Ac 8,13 At Ac 8,18-19), né un Alessandro calderaio che dimostri molti mali (Cf. 2Tm 4,14), né alcuno che tra loro s’insinui come falso fratello, nascondendosi sotto la pelle di agnello. E se adesso in mezzo a siffatte persone deve pur soffrire la Chiesa, un giorno bisognerà che le escluda, quando tutti i giusti saranno insieme riuniti. Sono queste le grandi opere del Signore, da ricercare in tutte le sue volontà, secondo le quali non è negata a nessuno la misericordia se confessa il peccato, ma neppure resta impunita l’iniquità di nessuno, dal momento che egli flagella anche ogni figlio che accoglie (Cf. He 12,6). Ora se il giusto a stento si salva, dove compariranno il peccatore e l’empio ? (1P 4,18) Scelga pure l’uomo quello che vuole : comunque le opere del Signore non sono disposte in modo che la creatura, dotata di libero arbitrio, possa scavalcare la volontà del Creatore, anche se agisce contro questa volontà. Dio non vuole che tu pecchi, ed infatti te lo proibisce ; tuttavia, se hai peccato, non pensare che l’uomo abbia fatto quel che voleva e che a Dio sia accaduto quel che non voleva. In realtà, egli come vuole che l’uomo non pecchi, così vuole perdonare chi pecca perché si converta e viva ; e vuole anche, alla fine, punire chi nel peccato persevera perché non sfugga, nella sua ostinazione, alla potenza della divina giustizia. Perciò, qualunque cosa avrai scelto, non mancherà all’Onnipotente il modo di compiere su di te la sua volontà. Sono infatti - grandi le opere del Signore, da ricercare in tutte le sue volontà.

Il perdono dei peccati è dono gratuito di Dio.

3. [v 3.] La confessione e la magnificenza sono sua opera. Che cosa c’è di più magnifico dell’atto di giustificare l’empio ? Ma forse l’opera dell’uomo previene questa magnificenza di Dio nel senso che, confessando i propri peccati, egli meriti di essere giustificato. Sta scritto infatti che il pubblicano discese giustificato dal tempio più che il fariseo, perché non osava neppure alzare gli occhi verso il cielo, ma si batteva il petto, dicendo : O Dio, sii propizio a me peccatore (Lc 18,13). Questa è appunto la magnificenza del Signore : la giustificazione del peccatore, perché chi si umilia sarà esaltato, e chi si esalta sarà umiliato (Lc 18,14). Questa è la magnificenza del Signore, poiché molto più ama colui al quale molto viene perdonato (Cf. Lc 7,42-48). Questa è la magnificenza del Signore, poiché proprio dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato anche la grazia (Rm 5,20). Ciò forse avviene per le opere ? Non per le opere, dice l’Apostolo, affinché nessuno se ne possa vantare. Siamo infatti sua fattura, essendo stati creati in Cristo per le opere buone (Ep 2,9-10). In realtà, l’uomo non può operare la giustizia se non è giustificato ; ma credendo in colui che giustifica l’empio (Rm 4,5), comincia per la fede a giustificarsi, e tale lo rivelano le buone opere che non precedono quel che ha meritato, ma che seguono quel che ha ricevuto. Dov’è dunque quella confessione ? Non si tratta ancora di opera della giustizia, ma della riprovazione del delitto : in qualunque modo però si intenda questa confessione, neppure di essa ti puoi gloriare, o uomo, perché chi si gloria, si deve gloriare nel Signore (1Co 1,31). Che cos’hai, infatti, che non abbia ricevuto ? (1Co 4,7) Non è dunque soltanto la magnificenza l’opera di Dio, per la quale è giustificato l’empio, ma la confessione e la magnificenza sono, a un tempo, sua opera. Che cosa dunque possiamo dire ? Diciamo che Dio usa misericordia a chi vuole e che indurisce chi vuole. C’è forse ingiustizia presso Dio ? No certo (Rm 9,14 Rm 9,18), perché la sua giustizia rimane nei secoli dei secoli. Ma tu, uomo di questo mondo, chi sei per pretendere di rispondere a Dio ?

4. [vv 4.5.] Ha fatto memoria delle sue meraviglie, umiliando questo ed esaltando quello. Ha fatto memoria delle sue meraviglie, riservando in modo opportuno i prodigi straordinari, che l’umana debolezza, sempre interessata alle novità, suole ricordare, mentre ben più grandi sono i suoi quotidiani miracoli. Egli crea, per esempio, un’infinità di alberi in tutta quanta la terra e nessuno se ne meraviglia ; una volta, invece, disseccò un albero con la sua parola e rimasero stupefatti i cuori degli uomini (Cf. Mt 21,19-20). Tuttavia ha fatto memoria delle sue meraviglie, e questo stesso miracolo s’imprimerà moltissimo nei cuori attenti, perché non potrà svilirlo il suo costante ripetersi.

Cristo cibo dell’anima.

5. Ma a che cosa giovarono i miracoli se non a far avere timore ? E a che cosa gioverebbe il timore se il Signore misericordioso e compassionevole non desse l’alimento a quelli che lo temono ? Dico l’alimento che non si corrompe, il pane che è disceso dal cielo (Cf. Jn 6,27 Gv Jn 6,51) e che ha dato senza alcun merito da parte degli uomini. Cristo, infatti, è morto per gli empi (Cf. Rm 5,6). Nessun altro avrebbe potuto dare un tale alimento se non il Signore misericordioso e compassionevole ! E se ha dato tanto per questa vita, se il peccatore, bisognoso di giustificazione, ha ricevuto il Verbo fatto carne, che cosa riceverà nel secolo futuro quando sarà glorificato ? Davvero il Signore sarà memore nel secolo del suo testamento : egli non ha ancora dato tutto, se ha dato il pegno.

Mirabile il progresso di certi chiamati dal paganesimo.

391 6. [vv 6-9.] Annunzierà al suo popolo la fortezza delle sue opere. Non devono rattristarsi i santi Israeliti, che hanno abbandonato tutte le loro cose e l’hanno seguito. Non devono rattristarsi, dicendo : Chi potrà salvarsi, se entra più facilmente un cammello nella cruna di un ago che un ricco nel regno dei cieli (Mt 19,24) ? Egli, infatti, ha loro annunziato la fortezza delle sue opere, perché quelle cose che sono difficili agli uomini, sono facili a Dio (Mt 19,26). Per dare ad essi l’eredità delle genti. E difatti si è andati alle genti ed è stato raccomandato ai ricchi di questo mondo di non nutrire pensieri superbi e non di riporre la loro speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma nel Dio vivente (Cf. 1Tm 6,17), per il quale è facile quel che agli uomini riesce difficile. In questo modo molti sono stati chiamati, in questo modo si è entrati in possesso dell’eredità delle genti, in questo modo è anche avvenuto che tanti uomini, pur non avendo abbandonato in questa vita tutte le loro cose per seguire il Signore, hanno però saputo disprezzare la stessa loro vita per confessare il suo nome : essi, abbassandosi come cammelli sotto il grave peso delle tribolazioni, sono entrati come per la cruna dell’ago attraverso le pungenti strettoie della sofferenza. A far questo è stato lui, perché a lui sono possibili tutte le cose.

7. Le opere delle sue mani sono la verità e il giudizio. Devono esser fedeli alla verità coloro che sono giudicati quaggiù. Ora quaggiù sono giudicati i martiri e sono avviati ad un giudizio, in cui saranno essi a giudicare non solo quelli che li hanno giudicati, ma anche gli angeli (Cf. 1Co 6,3), contro i quali in realtà lottavano quando sembravano giudicati dagli uomini. Non deve separarli da Cristo la tribolazione, l’angustia, la fame, la nudità, la spada (Cf. Rm 8,35). Fedeli sono infatti i suoi comandamenti : egli non inganna, concede sempre quel che ha promesso. Tuttavia, quel che ha promesso non dev’essere né aspettato né sperato quaggiù ; al contrario, i suoi comandamenti sono confermati nei secoli dei secoli, attuati nella verità e nella giustizia. È appunto vero e giusto che quaggiù si lavori e lassù ci si riposi, perché egli ha mandato la redenzione al suo popolo. Da che cosa noi siamo redenti, se non dalla prigionia di questa peregrinazione terrena ? Il riposo, dunque, non va ricercato se non nella patria celeste.

In terra sofferenze e privazioni, in cielo felicità assoluta.

8. È vero, sì, che Dio ha assegnato agli Israeliti carnali la Gerusalemme terrena, la quale è schiava con i suoi figli (Ga 4,25) ; ma questa è cosa del Vecchio Testamento ed appartiene all’uomo vecchio. Coloro però che la intesero in senso figurato, divennero fin da allora credi del Nuovo Testamento, poiché la Gerusalemme che sta in alto è libera ed essa è la madre nostra (Ga 4,26), che vive eterna nei cieli. Mediante il Vecchio Testamento è stato in realtà dimostrato che esso prometteva delle cose transitorie ; qui infatti si dice : Ha stabilito in eterno il suo Testamento. Ma quale Testamento, se non il Nuovo ? E chiunque tu sia, che vuoi diventare erede di questo, io non permetterò che ti inganni ; non devi pensare in senso carnale ad una terra che stilla latte e miele, né riprometterti di ottenere degli ameni poderi, o dei giardini rigogliosi ed ombrosi, o qualcosa di simile a ciò che quaggiù lo sguardo dell’avarizia suole ardentemente bramare. Poiché la cupidigia è la radice di tutti i mali (Cf. 1Tm 6,10) essa dev’essere mortificata perché quaggiù sia distrutta e non già differita perché sia saziata lassù. Per prima cosa, cerca di sfuggire alle pene e di evitare la geenna ; prima di desiderare Dio che promette, sta’ attento a Dio che minaccia. Difatti santo e terribile è il suo nome.

Nel timore di Dio è l’inizio della sapienza, nella lode a Lui tributata il traguardo finale.

9. [v 10.] Al posto di tutti i piaceri di questa vita, che hai già sperimentato o che puoi anche moltiplicare ed accrescere con l’immaginazione, tu devi bramare la sapienza, che è la madre dei piaceri immortali. Ma principio della sapienza è il timore di Dio. Essa con questi piaceri ti rallegrerà e, senza dubbio, ti rallegrerà in modo ineffabile, offrendoti i casti ed eterni amplessi della verità ; ma prima di richiedere il premio, tu devi donare le cose dovute. Perciò principio della sapienza è il timore del Signore. Buono è l’intelletto. Chi lo nega ? Ma intendere e non fare è cosa pericolosa. Esso dunque è buono per quelli che operano. Né deve fare insuperbire la mente perché, come il timore di Dio è principio della sapienza, così la sua lode rimane nei secoli dei secoli ; e sarà questo il premio, questa la fine, questa la sede stabile e perpetua. È là che si trovano i comandamenti fedeli, confermati nei secoli dei secoli, ed in questo stesso consiste l’eredità del Nuovo Testamento, stabilito in eterno. Una cosa sola - sta scritto - ho chiesto al Signore, e la richiederò : di abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita (Ps 26,4). Sono infatti beati quelli che abitano nella casa del Signore ; nei secoli dei secoli lo loderanno (Ps 83,5), proprio perché la sua lode rimane nei secoli dei secoli !

SUL SALMO 111

111 Ps 111

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

La ricostruzione del tempio intesa in senso spirituale.

1. [v 1.] Suppongo, fratelli, che abbiate posto attenzione al titolo di questo salmo e che ve lo siate impresso nella memoria. Dice : Ritorno di Aggeo e di Zaccaria. Quando il salmo veniva composto questi due Profeti ancora non erano nati. Difatti tra l’epoca davidica e la deportazione degli Israeliti in Babilonia trascorsero quattordici generazioni, come attesta la Scrittura divina e particolarmente l’evangelista Matteo (Mt 1,17). Quanto alla restaurazione del tempio distrutte, essa - secondo la predicazione del santo profeta Geremia - era attesa per settant’anni dopo tale deportazione (Cf. , 12; 29, 10). Trascorsi questi anni, al tempo di Dario, re di Babilonia, furono riempiti di Spirito Santo i due profeti Aggeo e Zaccaria i quali, uno dopo l’altro, nello spazio di un anno, cominciarono a predicare la restaurazione del tempio e altre cose ad essa inerenti, come era stato predetto tanti secoli prima (Cf. 1, 5; Ag 1 Za 1). Tuttavia, chi si limita a fissare l’occhio della mente agli avvenimenti considerati nella loro dimensione esteriore, senza dilatarsi a percepirne la grazia di una comprensione spirituale, rimane col pensiero fra le pietre del tempio : quelle pietre con cui da mano d’uomo fu costruita la mole esterna dell’edificio che si levava al cielo. Non diventa, un simile interprete, quella pietra viva che, convenientemente squadrata, si adegua al tempio che il Signore agli inizi [del suo ministero] prese come simbolo del suo stesso corpo, quando diceva : Abbattete pure questo tempio, io lo riedificherò in tre giorni (Jn 2,19). Corpo del Signore, nel significato più pieno, è infatti la santa Chiesa, che ha il suo Capo in cielo dove è asceso. Egli è per eccellenza la pietra viva e angolare, di cui il beato Pietro dice : Avvicinandovi a lui, pietra viva, scartata dagli uomini ma scelta e glorificata da Dio, anche voi venite costruiti sopra di Lui per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire vittime spirituali, gradite a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Perciò è detto nella Scrittura : Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta e preziosa : e chi in lui crederà non rimarrà confuso (1P 2,4-6). Per diventare, dunque, ciascuno pietra viva adeguata alla struttura di un tale edificio, cerchiamo di intendere in senso spirituale la restaurazione del tempio, vedendo in essa la risurrezione dell’umanità dall’antica caduta avvenuta per colpa di Adamo e la formazione del nuovo popolo, modellato sull’Uomo nuovo e celeste. Portiamo l’immagine dell’Uomo celeste come abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno (Cf. 1Co 15,49), e facciamo in modo d’essere costruiti non in un edificio destinato a crollare, ma solido e stabile nell’eterna immortalità. Questo avverrà alla fine di tutte le età del mondo presente, trascorsi cioè i cosiddetti settant’anni raffigurati dall’uso del numero mistico indicante perfezione, e quando sarà cessata la prigionia e il lungo peregrinare del ritorno. Considerate vostra patria la Gerusalemme spirituale : essa è più vostra che non dei Giudei. Voi infatti, per usare le parole dell’Apostolo, non siete più estranei o forestieri, ma siete concittadini dei santi e della famiglia di Dio : edificio eretto sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, essendone pietra angolare Gesù Cristo ; su cui tutto l’edificio ben costruito s’innalza a tempio santo nel Signore ; e voi pure siete parte di quest’edificio, che ha da essere abitazione di Dio nello Spirito (Ep 2,19-22). Ecco il tempio di Dio a cui si riferisce, nel suo significato misterioso, la profezia di Aggeo e Zaccaria. È il tempio di cui, in un altro passo, l’Apostolo dice : Santo è il tempio di Dio che siete voi (1Co 3,17). Ebbene, chiunque dalle macerie e dal sudiciume di questo mondo vorrà rientrare nella struttura di questo edificio come pietra viva e si volge alla speranza di una inserzione santa e durevole, costui è in grado di capire il titolo del salmo, e cioè che cosa sia il ritorno di Aggeo e di Zaccaria. Canti dunque costui le parole che seguono, e le canti non tanto con la lingua quanto con la vita. Perfezione di questo edificio sarà la pace ineffabile, frutto della sapienza, il cui inizio è il timore di Dio (Cf. Pr 1,7). Cominci dunque a cantare questo timore l’uomo che per la sua conversione è inserito nell’edificio di Dio.

Progredire continuamente nella legge di Dio.

2. Beato l’uomo che teme il Signore, egli si delizierà grandemente nei suoi precetti. Veda Iddio, egli che è il solo capace di giudicare con verità e misericordia, i progressi compiuti da questo devoto nella via dei comandamenti. Dice Giobbe : La vita dell’uomo sulla terra è una prova (Jb 7,1), e in un altro libro è scritto : Il corpo corruttibile appesantisce l’anima, e la dimora di argilla sospinge al basso la mente e i suoi molti pensieri (Sg 9,15). Il nostro giudice, in effetti, è il Signore. Noi non dobbiamo prematuramente emettere giudizi, ma aspettare che venga il Signore a illuminare i nascondigli tenebrosi e a rendere manifesti i pensieri del cuore. Allora avrà ciascuno da Dio la lode che gli. spetta (Cf. 1Co 4,4-5). Veda dunque, Dio, i progressi di ciascuno nell’osservanza dei suoi comandamenti ; in essi riponga tutte le sue delizie l’uomo innamorato della pace proveniente dall’essere nella compagine di quell’edificio. Egli infatti si delizia grandemente nei precetti del Signore, e pace è in terra per gli uomini di buona volontà (Cf. Lc 2,14).

Zelanti nelle opere di misericordia.

392 3. [vv 2-3.] Ecco perché vigoroso sarà sulla terra il suo seme. Seme della messe futura sono le opere di misericordia. Lo attesta l’Apostolo quando dice : Non stanchiamoci di compiere il bene, poiché a suo tempo ne raccoglieremo la messe (Ga 6,9). E altrove : Questo peraltro io vi ricordo : Chi semina poco raccoglie poco (2Co 9,6). In effetti qual potere potrà immaginarsi superiore a quello che permise a Zaccheo di comprarsi il regno dei cieli con la distribuzione di metà dei suoi beni (Cf. Lc 19,8), mentre alla vedova bastò l’erogazione di due spiccioli (Cf. Mc 12,42), sicché alla fine tutt’e due riuscirono ugualmente a possederlo ? Qual vigore più grande che rendere dello stesso valore, in ordine al regno dei cieli e il tesoro erogato dal ricco e il bicchiere d’acqua fresca dato dal povero ? Ci sono, è vero, persone che si dedicano alle opere di misericordia con mire terrene, cioè ripromettendosi dal Signore una, ricompensa materiale o intendendo piacere agli uomini ; ma ad essere benedetta sarà la stirpe degli uomini retti. Saranno benedette, cioè, le opere di coloro verso i quali è buono il Dio d’Israele, in quanto essi sono retti di cuore, e avere un cuore retto significa non resistere a Dio quando sferza salutarmente e credergli in ciò che promette. Non lo saranno altrettanto le opere di chi ha vacillante il piede e incerto e malfermo il passo (come si canta in un altro salmo), né quelle della gente che invidia i peccatori vedendone la pace e teme che siano vane le proprie opere buone, per il fatto che non ne intravvedono la ricompensa caduca che si attendevano (Cf. Ps 72,1-14). L’uomo timorato di Dio di cui il salmo mediante la conversione del cuore si erge a tempio santo di Dio, né aspira a gloria umana né è avido di ricchezze terrene. Nondimeno nella sua casa ci sono la gloria e la ricchezza. La sua casa è il cuore e lì dentro egli loda Dio e, ricco di speranze di vita eterna, vi dimora con maggiori provviste di quante non ne avrebbe se, pur fra le adulazioni della gente, abitasse in stanze di marmo con preziosi soffitti, oppresso però dal timore della morte eterna. La giustizia di un tal pio è stabile in eterno : e questa giustizia è la sua ricchezza e la sua gloria. Al contrario la porpora, il bisso e i lauti banchetti dell’empio passano nell’istante stesso che si godono, e quando si sarà arrivati alla fine, non resterà che il gridare di una lingua bruciata dalle fiamme e desiderosa di una goccia d’acqua che piova dal dito [del giusto] (Cf. Lc 16,19-24).

Dare e perdonare.

4. [vv 4-9.] Ai retti di cuore è sorta una luce nelle tenebre. Ecco perché gli uomini retti volgono a Dio il cuore e camminano con lui : perché antepongono alla propria volontà quella di Dio né si arrogano orgogliosamente alcun successo dalla sola propria volontà. Sanno d’essere stati tenebra e se ora son luce, lo sono nel Signore (Cf. Ep 5,8). Il Signore Dio è misericordioso e compassionevole e giusto. Gioiscono perché il Signore Dio è misericordioso e compassionevole, ma torse paventano la sua giustizia. O uomo felice, che temi il Signore e ti compiaci grandemente dei suoi precetti, non temere né disperarti ! Sii benigno, usa compassione e da’ in prestito ! Difatti il Signore Dio sarà giusto, nel senso che riserverà un giudizio severo, senza misericordia, verso colui che non ha agito con misericordia (Cf. Jc 2,13). Se invece si tratterà d’un uomo benigno che usa compassione e dà in prestito, Dio non lo vomiterà dalla sua bocca, come uno che fosse stato privo di benignità. Dice : Perdonate e vi sarà perdonato ; date e sarà dato a voi (Lc 6,37-38). Quando perdoni, usi quella compassione per la quale sarà perdonato anche a te ; quando dài, presti al prossimo qualcosa che ti verrà restituito. È vero infatti che col nome di misericordia si designa con termine generico ogni atto che tenda a soccorrere la miseria del prossimo, tuttavia è degno di nota il caso in cui, senza erogare denaro né prodigarti in attività o lavori corporali, perdoni chi ha peccato contro di te e così ti procuri senza spendere nulla il perdono dei tuoi peccati. Queste due funzioni della bontà, cioè il perdono dei peccati e l’elargizione benevola di benefici, sono segnalate nelle parole del Vangelo : Perdonate e vi sarà perdonato ; date e vi sarà dato, e sono - così almeno penso - designate con opportuna distinzione nel verso del salmo : Benigno è l’uomo che usa compassione e dà in prestito. Non siamo svogliati, o fratelli, nella pratica di queste opere ! Chi desidera la vendetta lo fa perché interessato della propria gloria ; ma ecco quanto sta scritto di lui : Val più l’uomo che doma l’ira che non colui che conquista una città (Pr 16,32). Chi ricusa di dare il suo ai poveri lo fa perché vuol arricchire ; ma bada alle parole della Scrittura : Il tuo tesoro sarà nel cielo (Mt 19,21). Non sarai senza gloria se praticherai il perdono, perché molta lode e trionfo merita chi vince l’ira. Non sarai povero se darai del tuo, perché possederai con tutta sicurezza i tesori del cielo. Questo versicolo è, quanto al significato, figlio del precedente : Nella casa di lui ci saranno gloria e ricchezza.

5. Chi agisce in questa maniera ordinerà in [vista del] giudizio i suoi discorsi. Le opere stesse sono i discorsi con cui sarà difeso nel giudizio : non resterà senza misericordia, avendo egli stesso usato misericordia. Non sarà turbato in eterno, poiché, situato alla destra, ascolterà la sentenza : Venite benedetti del Padre mio ! Possedete il regno che vi è stato preparato dall’origine del mondo (Mt 25,34 Mt 25,41). In quel giudizio infatti non sarà menzionato altro se non le opere di misericordia, e quindi le parole che udrà saranno : Venite benedetti del Padre mio, perché sarà benedetta la stirpe degli uomini retti (Ps 112,2), e ancora perché il giusto sarà sempre nel ricordo, né avrà da temere la sentenza sfavorevole, che dovranno invece sentirsi pronunziare quelli che saranno a sinistra : Andatevene al fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo ed i suoi angeli.

Fortezza nei disagi della vita.

6. L’uomo che non cerca il proprio interesse ma gli interessi di Gesù Cristo sopporta con gran pazienza le traversie della vita e attende con fiducia le promesse del Signore. Il suo cuore è pronto a sperare nel Signore ; né si sgomenta per alcuna tentazione. Il suo cuore è ben saldo, né si turberà finché non abbia visto umiliati i suoi nemici. I suoi nemici vollero vedere i beni in questo mondo soltanto e, quando si promettevano loro beni invisibili, replicavano : Chi ci mostrerà i beni ? (Ps 4,6) Sia dunque salde il nostro cuore ! Non ci turbiamo finché non abbiamo visti umiliati i nostri nemici. Essi si, ripromettono di vedere i beni dell’uomo nella terra dei mortali ; noi, sorretti dalla fede, speriamo di vedere i beni del Signore nella terra dei viventi (Ps 26,13).

7. Grande conquista è avere un cuore saldo e non lasciarsi turbare di fronte ai godimenti di chi ama le cose visibili e di fronte alle beffe che si rivolgono a chi spera nei beni invisibili e non si lascia turbare finché non abbia visto ciò che Dio ha preparato per chi lo ama (Cf. 1Co 2,9). Saranno cose che occhio mai vide né orecchio mai udì né penetrarono nel cuore dell’uomo ; e il giusto le vedrà non dal basso, come i suoi nemici, ma dall’alto, dal di sopra dei suoi nemici. Quanto non dovrà essere il valore di queste cose invisibili, che ciascuno compra spendendoci tutto quello che può ? In vista di ciò, anche il giusto [di cui il salmo] dice : Ha sparso e distribuito i suoi beni ai poveri. Non vedeva quel tesoro eppure se lo comprava, e a lui lo teneva in serbo nel cielo Colui che si era degnato di avere fame e sete in terra nella persona dei poveri. Nessuna sorpresa quindi se la giustizia di lui è stabile per l’eternità : a conservargliela interviene il Creatore del mondo. La sua fronte s’innalzerà nella gloria. Dice della fronte dell’uomo disprezzato dai superbi a motivo della sua umiltà.

Ravvedimento utile e ravvedimento infruttuoso.

8. [v 10.] Il peccatore vedrà e si adirerà : proverà cioè quel pentimento che, per essere tardivo, sarà infruttuoso. E contro chi si adirerà se non contro se stesso, allorché, vedendo esaltata nella gloria la fronte dell’uomo che era stato generoso nel dare del suo distribuendolo ai poveri, esclamerà : Cosa ci ha giovato la superbia ? E qual vantaggio ci ha arrecato l’arroganza per le nostre ricchezze ? (Sg 5,8) Digrignerà i denti e si consumerà, poiché laggiù ci sarà pianto e stridore di denti. Non sarà adorno di foglie verdeggianti come lo sarebbe se a tempo debito si fosse pentito ; egli si pentirà quando il desiderio dei peccatori perirà, non essendoci sollievo che succeda [alle pene]. Il desiderio dei peccatori perirà quando ogni cosa sarà passata come ombra (Cf. Sg 5,9), e il fiore si chinerà a terra per l’inaridirsi dello stelo. La parola del Signore, che rimane in eterno (Cf. Is 40,8), sì befferà allora della rovina di quei miseri, veri miseri, che nella loro vanità, credendosi stupidamente beati, l’avevano un tempo derisa.

SUL SALMO 112

112 Ps 112

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Infanzia spirituale e umiltà del cuore.

1. [vv 1-3.] Voi, fratelli, che con molta assiduità ascoltate [la parola di Dio], ricordate certamente quanto dice il Signore nel Vangelo : Lasciate che i fanciulli vengano a me, poiché proprio di loro è il regno dei cieli ; e inoltre : Chi non avrà accolto il regno dei cieli come un fanciullo non vi entrerà (Mt 19,14 Mt 18,3 Mc 10,14-15). In molte pagine il Signore pone sotto accusa la superbia del nostro uomo vecchio ricorrendo all’esempio caratteristico dei fanciulli, volendo con tale raffronto instaurare in noi una nuova vita basata sull’umiltà. Pertanto, o carissimi, quando udite cantare le parole del salmo : Lodate, o fanciulli, il Signore, non dovete pensare che l’invito non sia rivolto a voi che siete usciti dalla puerizia, trovandovi nel bel fiore della giovinezza o nella veneranda canizie della vecchiaia. Anzi, è rivolgendosi a tutti voi che l’Apostolo dice : Non vogliate essere piccoli per la [immaturità della] mente ma per la malizia ; quanto allo spirito siate invece [uomini] perfetti (1Co 14,20). E qual è questa malizia se non la superbia ? Per la superbia l’uomo diventa presuntuoso e, gonfiandosi vanamente della propria eccellenza, non riesce a camminare per la strada stretta né a entrare per la porta piccola (Cf. Mt 7,13-14). Il fanciullo invece si caccia con molta facilità anche nei luoghi stretti, e proprio per questo nessuno potrà entrare nel regno dei cieli se non diventerà come un fanciullo. Riguardo poi alla superbia, potrà esserci malizia più grave della sua, che ricusa d’aver come superiore lo stesso Dio ? Sta infatti scritto : Principio della superbia dell’uomo è apostatare da Dio (Si 10,14). La superbia fa drizzare la cresta vanamente orgogliosa contro i comandamenti di Dio e resiste al giogo soave del Signore ; ma voi non stancatevi d’abbatterla, di spezzarla, di stritolarla e consumarla e, [divenuti] fanciulli, lodate il Signore, lodate il nome del Signore. Atterrata infatti e rimossa la superbia, perfetta sarà la lode che si leverà dalla bocca dei bambini e dei lattanti. Schiacciata e annientata la superbia, chi si gloria si glorierà nel Signore (Cf. 1Co 1,31). Son lodi, queste, che non sa cantare chi si crede grande, chi conoscendo Dio non lo glorifica né ringrazia come [si deve] a Dio. Questi tali lodano se stessi, non Dio : e questo perché non sono fanciulli. Essi pretendono che venga elogiato ovunque il loro nome e non lodano il nome del Signore. Son divenuti vani nei loro progetti, e il loro cuore, istupidito, è immerso nelle tenebre. Dicendo d’essere sapienti son divenuti stolti (Cf. Rm 1,21-22) : stolti perché hanno voluto che la fama del loro nome si diffondesse smisuratamente in lungo e in largo, sperando in pari tempo di poter passare per la via stretta. Solo a Dio, al Signore si addice essere glorificato sempre e dovunque ; si proclami quindi in ogni tempo : Sia benedetto il nome del Signore da ora e nei secoli ; e in ogni luogo si ripeta : Dall’oriente all’occidente lodate il nome del Signore.


Agostino Salmi 110