Agostino Salmi 335

335 La luce divina inonda l’anima del giusto.

18. [v 11.] Ma tu dirai: Dovrò perdere questa luce! Al giusto è sorta una luce. Quale luce temi di perdere? Temi di restare al buio? Non temere di perdere la luce; o meglio temi che, mentre ti preoccupi di non perdere questa luce materiale, abbia a perdere la vera luce. Noi sappiamo a chi sia donata la luce che tu temi di perdere, con chi ti sia comune. Forse che soltanto i buoni vedono il sole materiale che Dio fa sorgere sui buoni e sui cattivi, come fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Cf.
Mt 5,45)? La luce materiale, insieme con te, la vedono i malvagi, gli assassini, i lussuriosi, anzi anche le bestie, le mosche, i vermi. Qual è, allora, la luce che tiene in serbo per i giusti colui che a tutti gli esseri dona la luce materiale? Molto opportunamente, sorretti dalla fede, i martiri fissarono gli occhi su questa luce. Essi non tennero in alcun conto la luce del mondo; ma, per disprezzare questa luce, dovevano vederne un’altra che li accendeva di desiderio. Al giusto è sorta una luce, una felicità ai retti di cuore. Non crediate che, quando venivano incatenati, essi fossero veramente nella miseria. Spazioso era il carcere ai fedeli; lievi le catene ai confessori di Cristo. Stesi sul cavalletto, essi dovevano provare della gioia se in mezzo ai tormenti annunziavano le lodi di Cristo. Al giusto è sorta una luce. Quale luce? La luce che mai spunta per l’iniquo; e nemmeno la luce che Dio fa sorgere sui buoni e sui cattivi. C’è un’altra luce la quale brilla soltanto agli occhi dei giusti e della quale, proprio perché non l’hanno vista sorgere, diranno alla fine gli empi: , veramente abbiamo deviato dal vero. La luce della giustizia non è spuntata per noi, né per noi si è levato il sole (Sg 5,6). Amando il sole materiale, si sprofondarono nelle tenebre del cuore; e allora, cosa giovò loro l’aver visto con gli i occhi risplendere il sole creato, se con la mente non videro il sole increato? Tobia era cieco, eppure era in grado di indicare al figlio le vie di Dio. È un episodio che voi conoscete. Istruendo suo figlio gli diceva: Figlio, fa’ l’elemosina, poiché facendo l’elemosina non camminerai nelle tenebre (Tb 4,7 Tb 11). Chi diceva così era lui stesso nelle tenebre. Vedete come c’è un’altra luce che spunta esclusivamente per il giusto, e come i retti di cuore hanno una loro felicità? Era senz’occhi, e diceva a suo figlio: Fa’ l’elemosina, e così non camminerai nelle tenebre! Non temette che suo figlio in fondo al cuore gli replicasse: “ Ma, forse che tu non hai fatto molte elemosine? Perché, allora sei cieco? Le tue elemosine ti hanno portato alla cecità e vieni a dire a me: L’elemosina non ti farà camminare nelle tenebre? . Perché mai poteva dire con tanta sicurezza tali cose il vecchio Tobia, se non perché mirava un’altra luce? Il figlio teneva per mano suo padre, affinché potesse camminare; il padre insegnava al figlio la via della vita. Ben altra è, dunque, la luce che brilla al giusto. Al giusto è sorta una luce; una felicità ai retti di cuore. Vuoi sperimentarla? Sii retto di cuore! E che significa: “ Retto di cuore ”? Non presentarti a Dio con il cuore in disordine! Non opporre resistenza alla sua volontà, pretendendo che egli si pieghi alle tue voglie, mentre sei tu che devi raddrizzarti conformandoti a lui. Se ti comporterai così, proverai la felicità che assaporano tutti coloro che hanno il cuore retto. Al giusto è sorta una luce, una felicità ai retti di cuore.

Gaudi spirituali e gioie terrene.

19. [v 12.]Rallegratevi, o giusti. Qualche cristiano, sentendo che ha da stare in allegria, penserà forse ai banchetti, comincerà a provvedersi di bicchieri, aspetterà la stagione delle rose. Questo perché gli si dice: Rallegratevi, o giusti. Ma nota come prosegue: Nel Signore. Dice: Voi, giusti, rallegratevi nel Signore. Aspettavi forse la primavera per rallegrarti. Ebbene, la tua allegrezza è il Signore, e il Signore è sempre accanto a te, né è soggetto alle variazioni del tempo. Ce l’hai di notte, come ce l’hai di giorno. Sii retto di cuore, e sempre potrai attingere in lui la felicità. La felicità mondana, invece, non è vera felicità. Ascolta il profeta Isaia: Non c’è godimento per gli empi, dice il Signore (Is 48,22 Is 57,21). Ciò che gli empi chiamano godere non è godere. Ma lui, che contesta agli empi i loro godimenti, che sorta di godere avrà mai esperimentato? Prestiamogli fede, fratelli. Egli certo era un uomo, ma conosceva tutt’e due le specie di piaceri. Come uomo, aveva certamente assaporato il piacere del bere, del mangiare, dell’usare del matrimonio. Conosceva questi godimenti mondani ove domina la voluttà e, pur conoscendoli, poteva affermare senz’ombra di incertezza: Non c’è godimento per gli empi, oracolo del Signore. Non è un uomo che l’afferma. Lo dice il Signore, ne va di mezzo la verità del Signore. Non c’è godimento per gli empi. Essi hanno l’impressione di godere, però: Non c’è godimento per gli empi, dice non un uomo, ma il Signore. Osservando poi da vicino queste gioie, quell’altro [profeta] diceva: Il giorno dell’uomo io non l’ho desiderato, tu lo sai (Jr 17,16). Tu mi fai conoscere un giorno ben diverso, tu mi riveli un’altra luce, mi inondi di ben altre gioie e mi fai intravedere in fondo al mio cuore ben altri valori; tu mi hai impedito di desiderare il giorno degli uomini. Isaia vedeva certamente gli uomini darsi al bere e alla lascivia, frequentare teatri e spettacoli; vedeva tutto il mondo ricercare il piacere nelle più impensate stravaganze; eppure esclamava: Non c’è godimento per gli empi, dice il Signore. Ma, se tutto questo non è godere, quale godimento doveva egli vedere, in confronto al quale il resto era nulla? Fa’ conto che tu abbia visto il sole. Se ti imbattessi in uno che (senza averlo visto) venisse a magnificarti lo splendore di una lampada, tu gli diresti: “ Ma codesta non è una luce! ”. “ Ma perché non è una luce? ” L’altro la ritiene per non so quale cosa strabiliante, ne gode, ne esulta, e tu gli dici che non merita affatto di chiamarsi luce. Ancora. Immagina un uomo preso da meraviglia di fronte alla bellezza di una scimmia. Tu gli fai osservare: “ Macché! la bellezza è tutt’altra cosa ”. Che se l’altro fosse davvero preso d’ammirazione per l’ordine secondo il quale sono disposte le membra di quella bestia e per l’armonia che vi regna, tu, che sei al corrente di altre forme di bellezza, gli contesteresti quanto dice a proposito della scimmia e gli negheresti che essa abbia una vera bellezza. Perché gli dici così? Perché tu conosci un’altra bellezza. Mi replicherai: “ Ma io, la bellezza che era nota ad Isaia, non la conosco ”. Credi e la vedrai. Può darsi, infatti, che tu non abbia mezzi adatti per vederla, poiché occorre un occhio speciale per vedere una tal luce. Com’è per l’occhio carnale con cui si vede la luce fisica, così è per l’occhio del cuore che dà modo di contemplare le gioie dello spirito. Forse questo tuo occhio è malato, è sporco, è turbato dall’ira, dall’avarizia, dalla cupidigia o da una pazzesca smania di piaceri carnali. Se il tuo occhio è così intorbidito, non sarà certo in grado di vedere quella luce. Prima di vedere, credi; così sarai guarito e riuscirai a vedere. Al giusto è sorta una luce; la felicità ai retti di cuore.

Il cristiano non si riprometta una vita comoda.

20. Dice: Voi, o giusti, rallegratevi nel Signore, e date lode alla memoria della sua santità. Lieti ormai nel Signore, ripieni di gioia nel Signore, tributategli la lode, poiché, se egli non avesse voluto, noi non avremmo potuto godere in lui. Lo diceva di sua bocca il Signore: Vi ho detto queste cose, perché in me abbiate la pace, mentre nel mondo avrete la tribolazione (Jn 16,33). Se siete cristiani, in questo mondo attendetevi le tribolazioni. Non vi ripromettete tempi migliori e più tranquilli. Vi ingannereste, o fratelli. Ciò che il Vangelo non vi promette, non ve lo ripromettete da voi stessi. Ciò che dice il Vangelo voi lo sapete. Noi parliamo a cristiani e non vogliamo travisare la fede. Il Vangelo dice che alla fine dei tempi ci saranno molti mali, molti scandali, molte tribolazioni e che la malvagità raggiungerà limiti eccezionali. Ma chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo. Dice ancora che la carità di molti si raffredderà (Mt 24,3-13). Occorre quindi perseverare ed essere ferventi nello Spirito, secondo il detto dell’Apostolo: Ferventi nello Spirito (Rm 12,11). Così la carità non si raffredderà, poiché la carità divina viene diffusa nei nostri cuori ad opera dello Spirito Santo che ci è stato donato (Cf. Rm 5,5). Nessuno, ripeto, si riprometta cose che il Vangelo non promette: “ Ecco verranno certamente tempi migliori e io farò questo, comprerò quello ”. È meglio che tu volga lo sguardo a colui che non ti inganna, come non ha mai ingannato nessuno: il quale, però, non ti ha promesso la felicità in questa vita ma in se stesso. Lascia passare le cose di quaggiù e spera di regnare con lui in eterno. E che non ti succeda che, mentre vuoi prepararti un regno qui sulla terra, ti sfugga la felicità presente e non raggiunga quella avvenire.

SUL SALMO 97

97 Ps 97

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Grande miracolo del Signore la nostra liberazione dal peccato.

1. [v 1.]Cantate al Signore un cantico nuovo. L’uomo nuovo lo conosce, l’uomo vecchio no. L’uomo vecchio è la vita vecchia; l’uomo nuovo, la vita nuova. Vita vecchia è quella che ci deriva da Adamo; vita nuova è quella che in noi si forma ad opera di Cristo. Orbene, in questo salmo si esorta l’universo intero a cantare il cantico nuovo; difatti in un altro passo si dice più apertamente: Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, o terra tutta (Ps 95,1). In tal modo si fa comprendere a quanti si staccano dalla comunione con tutta la terra che essi non sono in condizione di cantare il cantico nuovo, il quale si canta non nelle fazioni ma nella totalità. Se osserverete attentamente questo salmo, noterete come in esso venga detta la stessa cosa. Che se alla terra intera è rivolto l’invito di cantare il cantico nuovo, va da sé che è la pace a cantare questo cantico. Cantate al Signore un cantico nuovo poiché il Signore ha operato meraviglie. Quali? Or ora si leggeva il Vangelo e noi abbiamo udito le meraviglie del Signore. Un morto, unico figlio di una madre vedova, veniva portato a sepoltura. Il Signore fu mosso a compassione; fece arrestare coloro che portavano la bara e, quando l’ebbero deposto in terra, disse: Giovane, dico a te, alzati (Cf. Lc 7,12-15). E il morto si pose a sedere e cominciò a parlare; e Gesù lo rese a sua madre. Ecco una meraviglia operata dal Signore; ma è cosa molto più mirabile l’avere egli liberato dalla morte eterna tutto il mondo che non l’aver risuscitato il figlio unico di quella vedova. Cantate dunque al Signore un cantico nuovo, poiché il Signore ha operato meraviglie. Quali meraviglie? Ascolta! Per lui lo ha risanato la sua destra e il suo braccio, santo. Chi è il braccio santo del Signore? Il nostro Signore Gesù Cristo. Eccotelo da Isaia: Chi avrebbe creduto a ciò che noi abbiamo udito? e il braccio del Signore a chi è stato rivelato? (Is 53,1) Il suo braccio santo e la sua destra sono dunque una stessa persona; e il nostro Signore Gesù Cristo è il braccio di Dio e la destra di Dio. Per questo si dice che lo ha risanato per lui. Non si dice soltanto: La sua destra ha risanato il mondo, ma lo ha risanato per lui. Molti, infatti, vengono risanati per loro stessi, non per lui. Quanti desiderano, ad esempio, la salute corporale e la ricevono da Dio! Tuttavia, pur essendo guariti da lui, non vengono guariti per lui. In che senso? Ottenuta la guarigione, si abbandonano ai piaceri. Quand’erano malati, erano casti; ottenuta la guarigione s’abbandonano alla lussuria. Quand’erano malati non danneggiavano alcuni; recuperate le forze, aggrediscono ed opprimono l’innocente. Sono persone risanate, ma non risanate per il Signore. Chi davvero viene risanato per il Signore? Colui che è risanato interiormente. E chi è costui che viene risanato all’interno? Colui che crede in Cristo e che, risanato interiormente, viene trasformato in un uomo nuovo, finché anche la sua carne mortale, al presente soggetta all’infermità, non raggiunga anch’essa, alla fine, la sua perfetta salute. Facciamoci dunque risanare per lui; e per essere così risanati crediamo nella sua destra, poiché è la sua destra e il suo santo braccio, che lo hanno risanato per lui.

Cristo è salvatore universale, non privativa d’una setta.

2. [v 2.]Il Signore ha manifestato la sua salvezza. Destra di Dio, suo braccio, e sua salvezza è sempre il nostro Signore Gesù Cristo. Di lui sta scritto: Ogni carne vedrà la salvezza operata da Dio (Lc 3,6). E il vecchio Simeone, prendendo tra le braccia il Bambino, disse di lui: Ora, o Signore, puoi lasciare che il tuo servo se ne vada in pace, poiché i miei occhi hanno veduto la tua salvezza (Lc 2,28-30). Il Signore ha manifestato la sua salvezza. A chi l’ha manifestata? Alle fazioni o al mondo intero? Non alle fazioni. Certamente. Nessuno venga avanti con truffe o inganni, e dica: Eccolo qua, il Cristo; eccolo là (Mt 24,23). Chi dice: “ Eccolo qui, eccolo là ”, palesa l’esistenza di varie sette. A chi invece il Signore ha manifestato la sua salvezza? Ascolta come continua. Ha rivelato la sua giustizia alla presenza delle genti. Destra di Dio, braccio di Dio, salvezza e giustizia di Dio, tutto questo è il nostro Signore e salvatore Gesù Cristo.

Ogni cristiano è un vero israelita.

336 3. [v 3.]S’è ricordato della sua misericordia verso Giacobbe e della sua verità a favore della casa di Israele. Che significa: Si è ricordato della misericordia e della verità? Quando venne a farci delle promesse, fu per misericordia. Dopo le promesse, fatteci per misericordia segui la verità. La misericordia ci pervenne con delle promesse; la promessa ci recò la verità. Si è ricordato della sua misericordia verso Giacobbe e della sua verità a favore della casa d’Israele. Che vuol dire? Ha forse agito così soltanto con Giacobbe o con la casa di Israele? Per “ casa d’Israele ” si suole intendere la nazione giudaica e la stirpe che secondo la carne discende da Abramo. Israele poi è lo stesso Giacobbe: il quale, essendo figlio di Isacco e Isacco figlio di Abramo, è nipote di Abramo. Da Giacobbe nacquero dodici figli, e da questi dodici figli tutto il popolo ebraico. Ebbene forse che il Cristo fu promesso solamente a costoro? Se discerni bene chi sia Israele, potrai concludere che effettivamente ad Israele soltanto fu promesso il Cristo; poiché Israele vuol dire “ Colui che vede Dio ”. Se ora vediamo attraverso la fede, un giorno lo vedremo manifestamente. Che la nostra fede ci fornisca gli occhi, e allora ci si paleserà la verità che è l’oggetto della fede. Crediamo in colui che ora non vediamo: lo vedremo e godremo; desideriamone la visione e ci inebrieremo della sua vista. Anche ora quindi noi siamo un Israele, ma nella fede; lassù saremo un Israele nella piena visione contemplandolo faccia a faccia (Cf. 1Co 13,12). Non più attraverso, lo specchio e in confuso ma come ci è stato descritto da Giovanni: Carissimi, noi siamo figli di Dio, ma non s’è palesato ancora ciò che saremo. Sappiamo però che quando apparirà, noi saremo simili a lui, poiché lo vedremo come egli è (1Jn 3,2). A questa visione preparate il vostro cuore; a tale godimento preparate le vostre anime. Se Dio volesse mostrarvi la luce del sole, vi esorterebbe a tenere bene allenati i vostri occhi carnali; ma siccome egli si degna mostrarvi lo splendore della sua sapienza, occorre che prepariate gli occhi del vostro cuore. Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio (Mt 5,8). Si è ricordato della sua misericordia verso Giacobbe e della sua verità a favore della casa d’Israele. Chi è questo Israele? Per non credere che si parli del solo popolo giudaico ascolta come continua: I confini della terra hanno veduto, tutti quanti, la salvezza del nostro Dio. Non si dice: “ Tutta la terra ”; ma tutti quanti i confini della terra. Come altrove è detto: Da un estremo all’altro della terra. Salda è l’unità di Cristo: nessuno la sminuzzi, nessuno la distrugga! Egli ha riscattato la totalità degli uomini, se così grande fu il prezzo che sborsò. I confini della terra hanno veduto, tutti quanti, la salvezza del nostro Dio.

4. [v 4.] Se dunque hanno veduto, giubilate a Dio, o terra tutta. Ormai sapete che significhi giubilare. Godete pure e parlate; ma se non riuscite ad esprimere con la parola la vostra gioia, giubilate. Il giubilo esprima la vostra letizia allorché la parola non ne è in grado. Comunque, che la vostra gioia non vi lasci muti! Che il cuore non resti muto dinanzi al suo Dio; non ne taccia i benefici ricevuti. Se ti limiti a parlare a te stesso, sei stato risanato per te stesso; ma se la destra di Dio ti ha risanato per lui, parla a lui, per il quale sei stato risanato. I confini della terra hanno tutti veduto la salvezza di Dio. Giubilate a Dio, o terra tutta. Cantate ed esultate e salmeggiate.

5. [v 5.] Salmodiate al Signore nostro Dio sulla cetra, sulla cetra e con la voce del salmo. Salmodiate non soltanto con la voce, ma aggiungetevi le opere, in modo da non cantare soltanto ma da praticare [il bene]. Chi infatti canta e pratica il bene, salmeggia accompagnandosi sulla cetra e sul salterio.

Nella tribolazione ci si forma veri cristiani.

6. [v 6.] Nota poi quali altri strumenti vengano menzionati per completare la similitudine. Con trombe duttili e con la voce della tromba di corno. Che significano queste trombe duttili e le altre, fatte di corno? Le trombe duttili sono trombe di rame modellate a colpi di martello. A colpi di martello, quindi con battiture. E anche voi sarete delle trombe duttili costruite a gloria di Dio se, quando giunge la tribolazione, ne ricavate del frutto spirituale. La tribolazione e il picchiare del maglio, il profitto è il modellarsi della tromba. Una tromba duttile era Giobbe. Colpito improvvisamente da tante sciagure e dalla perdita dei figli, sotto i colpi di così grande tribolazione divenne una tromba duttile ed emise questo suono: Il Signore aveva dato e il Signore ha tolto. Com’è piaciuto al Signore, così è accaduto. Sia benedetto il nome del Signore (Jb 1,21). Che squilli! Che suono gradevole! Questa tromba duttile rimase ancora sotto i colpi del maglio: venne dato il potere a Satana, perché ne colpisse anche la carne, e la carne toccata dal nemico cominciò ad imputridire e a coprirsi di vermi. Gli fu posta accanto una seconda Eva affinché ne corrompesse l’animo: la sua moglie, la quale fu risparmiata perché aiutasse il diavolo e non perché confortasse il marito; difatti gli suggerì di bestemmiare. Egli però non le dà retta. Adamo nel paradiso si era lasciato convincere da Eva (Cf. Gn 3,6); quest’altro Adamo, disteso nel letame, allontanò Eva. È noto infatti che Giobbe, divenuto un ammasso di putredine e di vermi, giaceva in un letamaio. Ma fu migliore lui, Giobbe, putrescente in mezzo al letame, che non il primo Adamo integro nel paradiso. La moglie era, sì, un’altra Eva ma egli non era un Adamo. Ed ecco la risposta che diede alla sua Eva, pronta a ingannarlo e metterlo alla prova. Abbiamo già ascoltato come questa tromba si stia forgiando: il diavolo lo ha colpito con una piaga tremenda da capo a piedi; egli è tutto un putridume da cui escono vermi, è disteso su di un letamaio. Abbiamo ascoltato i colpi che lo hanno forgiato; ascoltiamo ora come squilli; ascoltiamo, se vi piace, il gradevole suono di questa tromba duttile. Disse: Hai parlato come una donna stupida. Se dalla mano di Dio abbiamo ricevuto i beni, perché non dovremmo accettarne i mali? (Jb 2,10) O suono potente! O suono soave! Ci potrebbe essere un qualche addormentato che non si desti a un tal suono? Chi resterà a dormire di fronte a tanta fiducia in Dio e non avanzerà intrepido a combattere contro il diavolo? Il successo però non deriverà dalla forza dell’uomo ma di colui che mette alla prova. Infatti in qualche modo è lui che mena i colpi, il martello non potrebbe battere da solo. E veramente, parlando della pena che avrà da subire il diavolo, il profeta diceva: S’è polverizzato il martello di tutto l’universo (Jr 50,23), dove per martello di tutto l’universo intende il diavolo. Con questo maglio dunque, maneggiato abilmente da Dio, cioè sottomesso al potere divino, vengono forgiate le trombe duttili, da cui esce il suono delle lodi del Signore. E osservate ancora come sotto i colpi di questo maglio (ve lo dico audacemente, o miei fratelli) veniva forgiandosi anche l’Apostolo. Dice: Affinché non mi inorgoglisca delle eccezionali rivelazioni avute, mi è stato dato un pungiglione nella mia carne, un angelo di Satana che mi schiaffeggi. Eccolo sotto i colpi. Vediamo come squilli. Dice: A questo proposito io mi sono raccomandato tre volte al Signore, affinché lo allontanasse da me; ma egli mi rispose: Ti basta la mia grazia, poiché la virtù si perfeziona nella debolezza. È nelle mie intenzioni - gli rispose il supremo artefice - rendere perfetta codesta tromba, ma non potrei perfezionarla se non a forza di colpi. La virtù si perfeziona nella debolezza. E ascolta come suoni bene, ormai, questa tromba duttile: Quando mi sento debole, allora sono veramente potente (2Co 12,7-10). E l’Apostolo, lui stesso, unito ormai a Cristo come conviene ad un apostolo, unito a quella destra che regge il maglio i cui colpi forgiano la tromba, stando alla destra, diviene martello, come quando asserisce di aver consegnato a Satana certi individui, affinché imparino a non bestemmiare (1Tm 1,20). Li ha posti sotto il maglio perché vengano battuti. Prima che li si forgiasse a dovere, emettevano dei suoni sgradevoli. Probabilmente, forgiati e diventati trombe duttili, smisero di bestemmiare e fecero risuonare le lodi di Dio. Ecco cosa sono le trombe duttili.

Irrobustirsi spiritualmente e affrontare i nemici dell’anima.

7. La voce della tromba di corno cos’è? Il corno arriva dove non arriva la carne. Necessariamente, dovendo spingersi oltre la carne, esso dovrà essere rigido e duro a resistere; eppure esso è in grado di emettere suoni. Come si spiega? Per il fatto stesso che supera la carne. Sicché chiunque vuol essere una tromba di corno deve superare la carne. Che vuol dire questo? Che ha da trascendere gli affetti carnali e da superare gli appetiti inferiori. Ascolta le trombe di corno! Se siete risuscitati con Cristo, dice l’Apostolo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, il quale è assiso alla destra di Dio. Gustate le cose di lassù, non quelle della terra (Col 3,1-2). Che vuol dire: Cercate le cose di lassù? Levatevi al di sopra della carne. Non erano trombe di corno quei tali a cui l’Apostolo scriveva: Fratelli, io non potei parlarvi come a persone spirituali, ma dovetti trattarvi come gente carnale. Come a dei bambini in Cristo, vi somministrai del latte, non del cibo solido. Non ne eravate infatti in grado; anzi nemmeno adesso lo siete, poiché siete degli uomini carnali (1Co 3,1-2). Non erano quindi trombe di corno, non avendo oltrepassato la carne. Quanto al corno invece, esso sta unito alla carne, ma si spinge oltre la carne; e sebbene spunti sulla carne, la oltrepassa. Pertanto, se da carnale sei divenuto spirituale, tu col corpo calpesti la terra ma con l’anima ti sei avanzato verso il cielo, come dice l’Apostolo: Camminando nella carne, noi non combattiamo secondo la carne (2Co 10,3). Né dobbiamo omettere, fratelli, di precisarvi chi fossero coloro ai quali l’Apostolo indirizzava le sue parole. Cosa dice loro per dimostrare che erano carnali e nutrivano ancora sentimenti carnali e che quindi non erano delle trombe di corno? Quando fra di voi c’è chi dice: Io sono di Paolo, e un altro: Io sono di Apollo, e un altro ancora: Io sono di Cefa, non è forse vero che siete dei carnali e vi comportate da uomini carnali? Che cosa è poi Apollo? Che cosa è Paolo? Ministri di Dio, ad opera dei quali avete abbracciato la fede. Io ho piantato, Apollo ha innaffiato; ma è stato Dio che ha fatto crescere (1Co 1,12 1Co 3,1-6). Vuole sollevarli dalla speranza che avevano riposta nell’uomo e far loro toccare le altezze spirituali di Cristo, in modo che, oltrepassando la carne, potessero essere delle trombe di corno. Fratelli, non siate boriosi con i fratelli che la misericordia di Dio non ha portati ancora alla conversione. Sappiate che, se faceste così, i vostri sentimenti sarebbero sentimenti carnali. Una simile tromba non allieterebbe l’orecchio di Dio; una tromba sprezzante susciterebbe una guerra senza risultati. Procùrati una tromba di corno che ti sollevi contro il diavolo, non una tromba di carne che ti inciti contro il tuo fratello. Con trombe duttili e col suono della tromba di corno esprimete il vostro giubilo dinanzi al Signore, che è re.

Godere nella persecuzione e lodare Dio con le opere.

8. [vv 7-9.] Voi giubilerete ed esulterete con trombe duttili e col suono della tromba di corno: quale ne sarà la conseguenza? Si muova il mare e ciò che lo riempie. Fratelli, quando gli Apostoli si misero a predicare la verità (erano loro infatti le trombe duttili e le trombe di corno) il mare si agitò, le onde si sollevarono e ci furono burrasche ognor più violente: la Chiesa subì persecuzioni. Perché il mare fu sconvolto? Perché si giubilava e inneggiava a Dio. L’orecchio di Dio si deliziava; le onde del mare si sollevavano. Si muova il mare e ciò che lo riempie; si muova la terra e tutti i suoi abitanti. Il mare si agiti perseguitando. I fiumi battano concordi le mani! Si agiti pure il mare: i fiumi batteranno le mani all’unisono. Si suscitano persecuzioni, e i santi ne godranno nel Signore. In che senso i fiumi battono le mani? Che vuol dire “ battere le mani ”? Godere per le opere. Applaudire infatti significa godere, e applaudire battendo le mani è godere compiendo le opere. E quali sono i fiumi che così applaudono? Coloro che Dio ha reso fiumi, somministrando loro quell’acqua che è lo Spirito Santo. Diceva Gesù: Se uno ha sete, venga e beva. Chi crede in me, dalle sue viscere scaturiranno fiumi di acqua viva (Jn 7,37-39). Ecco i fiumi che battevano le mani, che esultavano per le opere compiute e ne benedivano il Signore.

Preparare saggiamente l’incontro col giudice.

9. I monti esulteranno dinanzi a Dio, poiché egli viene: viene a giudicare la terra. Grandi davvero questi monti! Dio viene a giudicare la terra ed essi godono. Mentre, al contrario, ci saranno monti che, quando il Signore verrà a giudicare la terra, tremeranno. Ci sono dunque monti buoni e monti cattivi: monti buoni, ogni grandezza spirituale; monti cattivi, ogni gonfiezza di superbia. I monti esulteranno dinanzi a Dio, poiché egli viene: viene a giudicare la terra. Perché verrà e come verrà? Viene a giudicare la terra. Giudicherà la terra nella giustizia e i popoli con equità. Godano dunque i monti! Egli non giudicherà ingiustamente. Se a giudicare dovesse, per ipotesi, venire un giudice uomo, al quale sfuggono i segreti della coscienza, avrebbero da spaventarsi anche gli innocenti, se da lui si attendano premi e riconoscimenti o ne temano castighi e disapprovazione. Siccome però verrà uno che non può ingannarsi, ne godano pure i monti e ne godano tranquilli: saranno da lui illuminati, non condannati. Godano perché il Signore viene a giudicare la terra conforme a equità; e se questi monti giusti godono, ne siano atterriti i monti cattivi. Ma egli non è ancora venuto! Perché tremare già ora? Cambino vita e godranno. È in tuo potere sceglierti il modo di presentarti al Cristo venturo; e per questo egli rinvia la sua venuta, perché non abbia a condannarti quando verrà. Ecco, egli non è ancora venuto. È in cielo, mentre tu sei qui in terra. Egli tarda a venire; tu però non rinviare il proposito [di cambiare condotta]. Alla sua venuta egli sarà inflessibile con gli ostinati, mentre sarà remissivo con i devoti. Esamina come sei attualmente. Se sei indurito [nel male], hai modo di ammorbidirti; se invece hai perso la tua rigidità [spirituale], godi fin da ora per la sua venuta. Sei infatti cristiano. “ Certamente! ”, rispondi tu. Suppongo quindi che, quando preghi, tu invochi: Venga il tuo regno (Mt 6,10). Desideri che venga, anche se ne temi la venuta. Cambia vita, in modo che la tua preghiera non si volga contro di te.

SUL SALMO 98

98 Ps 98

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

337 Il Vecchio Testamento era una preparazione del Nuovo.

1. Fratelli, voi siete figli della Chiesa e siete stati istruiti alla scuola di Cristo. Conoscerà pertanto la vostra Carità che, mediante tutti quei libri composti dagli antichi nostri padri (i quali trascrissero le parole e le gesta gloriose di Dio), si voleva provvedere al bene nostro, cioè di quanti al giorno d’oggi crediamo in Cristo. Questi, al tempo che ritenne opportuno, venne a noi, la prima volta umile, per tornare poi glorioso. Venne una volta per stare [come reo] dinanzi al giudice; mentre la seconda volta verrà come giudice assiso in trono, dinanzi al quale si presenterà il genere umano, ciascuno con il proprio merito. Come si fa con un giudice autorevole lo precedettero molti araldi, anche quando doveva venire nell’umiltà. Sì, quando ancora non era nato dalla vergine Maria, lo precedettero molti araldi, dicendo che si sarebbe fatto bambino e avrebbe succhiato il latte materno. Dinanzi al Verbo di Dio, che, autore di tutto il creato, si sarebbe fatto bambino, furono inviati molti banditori, i quali annunziarono questi nostri tempi. Essi però si espressero in modo che le loro parole restassero velate da figure; e questo velo, che celava le verità contenute nei libri antichi, sarebbe stato rimosso quando la verità in persona sarebbe spuntata dalla terra. Così infatti è detto nel salmo: Dalla terra è spuntata la verità, e la giustizia s’è affacciata dal cielo (
Ps 84,12). Quando dunque noi ascoltiamo i salmi o le profezie o la legge (libri tutti che furono composti prima della venuta del nostro Signore Gesù Cristo), tutto il nostro sforzo deve essere quello di vedervi Cristo e di comprendervi Cristo. Presti dunque attenzione la vostra Carità al salmo presente, come ve la prestiamo noi : Insieme cerchiamo il Cristo. Egli si mostrerà certamente a noi che lo cerchiamo, se una volta si mostrò anche a coloro che non lo cercavano; e, se una volta redense coloro che lo ignoravano, ora non abbandonerà coloro che lo desiderano. Ecco, da lui trae inizio il salmo e di lui dice quanto segue.

Gli idoli del paganesimo in via di dissolvimento.

2. [v 1.]Il Signore ha regnato, si adirino i popoli! Il nostro Signore Gesù Cristo ha iniziato a regnare e ad essere predicato dopo la sua resurrezione dai morti e la sua ascensione al cielo, dopo che colmò di coraggio, frutto dello Spirito Santo, i discepoli, tanto che essi non ebbero più paura della morte, uccisa da Cristo nella sua propria morte. Si cominciò dunque a predicare il Signore Gesù, e si diede modo di credere in lui a quanti volevano salvarsi. Ma i popoli che adoravano gli idoli si indignarono; arsero d’ira quanti veneravano oggetti costruiti da loro stessi, sentendo annunziato colui che li aveva creati. Per bocca dei discepoli il Signore rivelava se stesso e voleva che tutti si convertissero al Creatore abbandonando gli idoli fabbricati dall’uomo; ma i pagani, pur di conservare il loro idolo, si indignarono contro il loro Signore, mentre avrebbero già meritato condanna se, per amore dei propri idoli, si fossero sdegnati solamente contro un loro servo. Infatti riveste maggiore dignità il servo che non l’idolo, poiché il servo è creatura di Dio, mentre l’idolo è opera del fabbro. Attaccati però al proprio idolo, essi si adirarono al punto che restò soffocato il timore di sfidare il loro Signore. Naturalmente, la parola si adirino è una predizione, non un comando; a modo di profezia infatti si dice: Il Signore ha regnato; si adirino i popoli! Anche dall’ira dei popoli cioè si otterranno utili risultati. Essi si adirino pure: attraverso la loro ira i martiri giungeranno alla corona. Qual danno infatti recarono gli avversari ai banditori della parola di verità, alle nubi di Cristo che attorniavano la terra intera e bagnavano di pioggia il campo di Dio? Qual risultato ottennero su di loro i popoli adirati? Mentre essi con le loro mani ne torturavano il corpo, lo spirito riceveva la corona dalle mani di Cristo. Anzi lo stesso corpo dei martiri, sebbene ucciso dai persecutori non fu ucciso in maniera tale che restasse morto per sempre. Dovrà infatti risorgere a suo tempo, poiché della risurrezione della carne il Signore ha già dato una prova nella sua resurrezione. Per questo infatti egli volle prendere la nostra carne, affinché noi non disperassimo della sorte che l’attende. Sì, fratelli! La carne dei servi di Dio uccisi dagli idolatri risorgerà a suo tempo, mentre, per quanto riguarda gli idoli, una volta spezzati da Cristo, non ci sarà fabbro che di nuovo li costruisca. Avete ascoltato le parole di Geremia, lette prima del brano dell’Apostolo; se vi, avete prestato attenzione, vi avrete scorto descritti i tempi che oggi stiamo attraversando. Diceva infatti il profeta: Scompaiano dalla terra e da sotto la volta del cielo gli dèi che non hanno creato né il cielo né la terra (Jr 10,11). Non dice: Gli dèi che non hanno creato né il cielo né la terra scompaiano dal cielo e dalla terra; poiché nel cielo non ci sono mai stati. Ma che cosa dice? Gli dèi che non hanno creato né il cielo né la terra, scompaiano dalla terra. Si rivolge alla terra, mentre non trova chi possa raccogliere in cielo la sua apostrofe. Difatti gli idoli non sono mai stati nel cielo. Perciò egli ripete due volte l’invito alla terra, poiché nient’altro se non la terra significano le parole: Ciò che è sotto la volta del cielo. Periscano, dice, dalla terra e da sotto la volta del cielo, cioè dai loro templi. E vedete se oggi non stia succedendo proprio questo, anzi in gran parte è già accaduto. Che cosa resta infatti dell’idolatria? O quanti sono ancora gli idoli? Sono rimasti più nel cuore dei pagani che non nelle sedi dei loro templi.

La carità ci rende tempio di Dio. Chi ama non teme.

3. Dunque, il Signore ha regnato; si adirino i popoli! Colui che siede sopra i Cherubini (sottintendi: ha regnato); si muova la terra! Ripete: Si adirino i popoli! Difatti come la parola Signore è ripetuta nella frase: Colui che siede sopra i Cherubini e come la parola ha regnato è sottintesa nel secondo membro del verso, così le parole: Si adirino i popoli sono ripetute nelle altre: Si muova la terra. Che cosa infatti sono i popoli se non terra? Si adiri pure la terra, per quanto le è possibile, contro colui che siede nel cielo. Un tempo infatti il Signore fu anche qui in terra, avendo assunto la terra con la quale poter abitare sulla terra. Si rivestì di carne e volle per primo sostenere l’impeto dei popoli adirati. Volle subire per primo l’ira dei popoli affinché i suoi servi non avessero a temerla. Era certo necessaria ai servi del Signore questa ira dei popoli, affinché attraverso le tribolazioni venissero curati e guariti da tutti i loro peccati; e perché il malato non temesse di bere al calice amaro della sofferenza, fu lo stesso medico a bervi per primo. Orbene, il Signore ha regnato; si adirino i popoli! Si adirino pure questi popoli! Dalla loro ira Dio saprà trarre molti beni. Loro si infuriano, e i servi di Dio ne vengono purificati e, per essere stati messi alla prova, vengono coronati. Si adirino i popoli! Colui che siede sopra i Cherubini ha regnato: si muova la terra! I Cherubini sono il trono di Dio, come insegnano le Scritture: una sede celeste, sublime che a noi non è dato vedere. La conosce però il Verbo di Dio e proprio in quanto sua sede; e il Verbo di Dio e lo Spirito di Dio hanno rivelato ai servi di Dio dove Dio risieda. Non che Dio si ponga a sedere come fa l’uomo, ma anche tu, se lo vorrai e sarai buono, potrai essere sede di Dio. Sta infatti scritto che l’anima del giusto è sede della sapienza (Sg 12,13). Sede è la traduzione latina del termine “ trono ”. Quanto poi ai Cherubini, alcuni esperti in lingua ebraica ne hanno investigato il corrispondente latino (“ Cherubini ” è parola ebraica) ed hanno detto che significa “ pienezza di scienza ”. Siccome dunque Dio è al di sopra di ogni scienza, si dice che egli siede al di sopra della “ pienezza della scienza ”. Sia pertanto anche in te questa pienezza di scienza, e sarai anche tu sede di Dio. Ma tu obietterai: Quando sarà in me la pienezza della scienza? E: Chi potrà raggiungere tali vette, da possedere la pienezza della scienza? Tu forse pensi che Dio pretenda da noi che abbiamo quella pienezza di scienza per cui conosciamo il numero delle stelle ovvero dei granelli non dico della sabbia ma almeno del frumento, ovvero quanti frutti pendano sugli alberi. Lui sì che conosce tutto (poiché anche il numero dei nostri capelli è noto a Dio (Cf. Mt 10,30)); ma la pienezza della scienza che Dio volle fosse posseduta dall’uomo è assai diversa. La scienza che Dio ti ingiunge d’avere è nell’ambito della legge divina. Ma tu mi obietterai ancora: Chi potrà conoscere perfettamente la legge del Signore, per averne in sé la pienezza della scienza e così essere trono di Dio? Non angustiarti! Eccoti detto in breve ciò che devi avere, se vuoi acquistare la pienezza della scienza e così essere trono di Dio. Lo dice l’Apostolo: Pienezza della legge è la carità (Rm 13,10). E allora? Non c’è più scusa che tenga. Esamina il tuo cuore e vedi se c’è la carità. Se c’è la carità, c’è anche la pienezza della legge, e in te abita Dio e tu sei diventato trono di Dio. Si adirino i popoli! Che male potranno fare questi popoli in preda all’ira a uno che è divenuto sede di Dio? Tu forse guardi a coloro che si accaniscono contro di te, senza considerare chi è colui che ha sede in te. Sei un cielo e temi la terra? In un altro passo infatti la Scrittura pone sulla bocca di Dio, nostro Signore, le parole: Il cielo è la mia sede (Is 66,1). E se tu, avendo la pienezza della scienza, cioè la carità, sei diventato sede di Dio, sei diventato anche un cielo. Non è infatti questo cielo che vediamo coi nostri occhi, quello che Dio apprezza. Cielo di Dio sono le anime giuste. Cielo di Dio sono gli spiriti angelici e le anime di coloro che lo servono. Orbene, si adirino pure i popoli e si muova la terra! Cosa riusciranno a fare gli uni e l’altra, a danno di chi è sede di Dio, di chi è un cielo in cui Dio risiede?

La città dei santi.

4. [v 2.]Il Signore è grande in Sion; egli è eccelso sopra tutti i popoli. Il Signore è grande e sublime in Sion. Forse ti erano oscure le parole: Egli siede al di sopra dei Cherubini, non sapendo che cosa fossero i Cherubini. Forse ti raffiguravi con la mente non so quale trono celeste, grandioso, coperto di pietre preziose e, svolazzando da un’immagine all’altra sulla scorta d’un sentire carnale, dicevi che tale sede erano i Cherubini. Ti è stato però detto che i Cherubini sono la pienezza della scienza e ti è stato anche precisato che non è utile all’uomo la pienezza di qualsivoglia scienza, ma della scienza della legge. Affinché poi non disperassi di poter conseguire questa scienza della legge, ti è stato aggiunto con una formula breve che la pienezza della legge è la carità. Abbi dunque l’amore verso Dio e verso il prossimo, e sarai dimora di Dio e apparterrai al numero dei Cherubini. Ma se per caso ancora non comprendessi, ascolta il seguito del testo. Il Signore è grande in Sion. Colui, di cui ti dicevo che è grande al di sopra dei Cherubini, è grande in Sion. Vuoi ora sapere cosa sia Sion? Lo sappiamo: Sion è la città di Dio. È chiamata Sion la città che, con altro nome, si chiama Gerusalemme; e quel nome le è stato apposto in base all’interpretazione del termine, poiché Sion significa “ speculazione ”, cioè visione e contemplazione. “ Speculare ” infatti vuol dire mirare, cioè guardare con oculatezza ovvero fissare con attenzione un oggetto, al fine di vederlo. Orbene, è Sion ogni anima che con attenzione si fissi a guardare la luce che è doveroso guardare. Se si volgesse a mirare la sua propria luce, diverrebbe opaca; se viceversa mira la luce divina, ne viene illuminata. Ma se, come è noto, Sion è la città di Dio, qual è la città di Dio se non la santa Chiesa? Difatti gli uomini che si amano a vicenda e amano il Dio che abita nel loro cuore, costituiscono la città di Dio. E siccome ogni città è governata da una legge, la legge di costoro è la carità. La quale carità è Dio. Sta infatti scritto apertamente: Dio è carità (1Jn 4,8). Chi è ripieno di carità, è pieno di Dio, e una moltitudine di persone piene di Dio costituiscono la città di Dio. Questa città di Dio la si chiama Sion: per cui la Chiesa è Sion, e nella Chiesa Dio è grande. Sii nella Chiesa, e Dio non sarà al di fuori di te. Che se Dio abiterà in te (appartenendo anche tu a Sion in quanto membro e cittadino di Sion, facente parte dell’assemblea del popolo di Dio), allora Dio sarà, in te, sublime al di sopra di tutti i popoli. Sopra quelli che si adirano e sopra quelli che un tempo si adiravano. Credete infatti che un tempo fossero adirati e ora non lo siano più? Certo, nei tempi passati essi erano pieni d’ira contro di noi e, siccome erano la maggioranza, sfogavano apertamente questa loro rabbia; oggi invece che sono rimasti in pochi, nascondono la loro ira. La loro audacia è già stata infranta; non passerà gran tempo e anche la loro ira cesserà.

Compariamo la fatuità dei pagani.

5. Credete infatti, o fratelli, che quanti ieri andavano facendo baccano con i loro strumenti, non si infuriano contro i nostri digiuni? Non ripaghiamo la loro ira con l’ira ma digiuniamo per loro. Il Signore nostro Dio, che ha in noi la sua sede, ci ha detto, anzi prescritto, di pregare per i nostri nemici e persecutori (Cf. Mt 5,44). Mentre la Chiesa esegue questo ordine, ecco che di persecutori ormai non ce ne sono più. È stata esaudita la sua preghiera e lo è tuttora; i persecutori, un tempo feroci a tutto loro danno, ora sono finiti con tutto loro guadagno. E volete sapere come sono finiti? La Chiesa se li è ingoiati. Li cerchi nel loro mondo e non li trovi; cercali in colui che se li è ingoiati e li troverai nelle sue viscere. Sono passati alla Chiesa, sono divenuti cristiani. Son finiti i persecutori, è cresciuto il numero degli evangelizzatori. E siccome nelle feste che celebrano ne vediamo alcuni fra i [pochi] rimasti, darsi pazzamente ai piaceri disonesti e sregolati, noi preghiamo Dio per loro affinché quanti provano gusto nell’ascoltare musiche profane scoprano quanto sia più gustoso ascoltare la voce di Dio. Se infatti è vero godimento quello che la musica produce all’orecchio, ancor più vero è quello che la parola di Dio arreca al cuore. Quanto a noi, se nelle loro feste digiuniamo e preghiamo, lo facciamo affinché essi divengano spettacolo a se stessi. Difatti, se si potessero osservare, essi proverebbero disgusto di se stessi; se non lo provano è proprio perché non si osservano. L’ubriaco non fa ribrezzo a se stesso, ma a chi non ha bevuto. Dammi un uomo che abbia assaporato le gioie di Dio, che viva assennatamente e aneli a quella pace eterna che Dio gli ha promesso, e offrigli lo spettacolo di un uomo saltellante al suono di strumenti musicali. Di fronte a un tal pazzo egli si rattristerebbe più che non di fronte a un malato che vaneggi per la febbre. Se dunque siamo al corrente dei loro mali (quei mali da cui noi siamo stati liberati) rattristiamoci per loro; se ci rattristiamo per la loro sorte, preghiamo per loro e, affinché possiamo essere meglio esauditi, digiuniamo per loro. Non che sia nostro costume celebrare il digiuno in ogni loro festa; noi abbiamo i nostri giorni di digiuno, e li celebriamo all’avvicinarsi della Pasqua e di numerose altre feste che in Cristo riteniamo più solenni. Tuttavia anche in questi giorni noi digiuniamo, affinché, mentre loro tripudiano, noi gemiamo per loro. Con la loro allegrezza [sguaiata] essi ci muovono a dolore, e ci fanno riflettere su quanto siano ancora miseri. Siccome però vediamo che molti sono stati liberati da tanta miseria, dove un tempo ci trovavamo anche noi, non dobbiamo disperare della loro sorte. Che se ancora ce l’hanno con noi, noi preghiamo. Se la piccola porzione di terra che è rimasta [terra] ancora si agita, noi insistiamo nel gemito per costoro, affinché Dio conceda loro il dono dell’intelletto, in modo che possano insieme con noi comprendere gli accenti divini che ci riempiono di gioia. Grande in Sion è il Signore; egli è eccelso sopra tutti i popoli.

Sempre più glorioso il nome di Cristo.

338 6. [vv 3.4.] Confessino al tuo nome grande. Tutti i popoli al di sopra dei quali Dio è grande in Sion, confessino ormai al tuo nome grande. Era piccolo il tuo nome, quando essi davano sfogo alla tua ira; ora è grande: lo confessino! In che senso diciamo che il nome di Cristo era piccolo prima che si diffondesse così prodigiosamente la sua fama? Perché sono la stessa cosa il nome e la fama. E questo nome di Cristo un tempo era piccolo, ma ora è divenuto grande. C’è infatti gente che non abbia sentito parlare di Cristo? Ebbene, che i popoli, i quali un tempo quando il tuo nome era piccolo ardevano d’ira, oggi lodino il tuo nome divenuto grande. Confessino al tuo nome grande! Perché confessarlo? Perché è terribile e santo. Sì, il tuo nome è terribile e santo. Lo si predica crocifisso, umiliato, sottoposto a giudizio, ma con la prospettiva che egli ha da venire glorioso, vivo, a giudicare con potenza. Ora egli risparmia i popoli che lo bestemmiano perché la sua divina pazienza ne vuole il ravvedimento (Cf. Rm 2,4). Ma colui che perdona oggi non perdonerà sempre; né colui, del quale oggi si predica che occorre temerlo, mancherà di venire a giudicare. Verrà; , fratelli, verrà. Abbiamone timore e viviamo in modo da trovarci alla sua destra. Quando infatti egli verrà a giudicare, porrà alcuni alla sua sinistra e altri alla sua destra (Cf. Mt 25,31-35). E tale separazione non sarà fatta a casaccio, quasi che egli possa sbagliare in fatto di persone e uno che dovrebbe essere posto alla destra lo si ponga alla sinistra, e viceversa uno che dovrebbe stare a sinistra per una svista di Dio venga a trovarsi a destra. Egli non può sbagliare. Non sarà possibile quindi che collochi il cattivo nel posto del buono e il buono nel posto del cattivo. Se lui non può sbagliarsi, sbaglieremmo noi se ci dispensassimo dal temerlo. Che se invece ora lo temiamo, non avremo di che temere in quel giorno. Esso è terribile e santo, e l’onore del re ama il giudizio. Lo temano dunque i popoli, ma per ravvedersi. Non presumano esageratamente della sua misericordia, al punto cioè di abbandonarsi a una vita cattiva. Se infatti egli ama la misericordia, ama anche il giudizio. E qual è la sua misericordia? Quella di farti conoscere la verità, di gridarti a gran voce che ti converta. E ti pare piccola la misericordia che ti ha usata, se, mentre tu vivevi nel male e peccavi, egli non ti ha tolto la vita ma ti ha portato alla fede e ti ha perdonato i peccati? Ti pare piccola una tale misericordia? E pensi che questa misericordia abbia a durare per sempre, e che Dio non punirà nessuno? Non pensare così! Il suo nome è terribile e santo; e l’onore del re ama il giudizio. Il quale giudizio sarebbe ingiusto e non meriterebbe il nome di giudizio, se ciascuno non fosse ripagato secondo i suoi meriti, se non fosse distribuito a ciascuno il bene o il male, a seconda delle opere compiute in vita (Cf. 2Co 5,10). L’onore del re ama il giudizio. Temiamo dunque e compiamo opere di giustizia e di equità.

L’uomo capace di ferirsi, non di riacquistare la salute.

7. Ma chi è in grado di praticare l’equità e la giustizia? Lo sarà forse l’uomo peccatore, iniquo, perverso, che distoglie lo sguardo dalla luce della verità? Che cosa allora dovrà fare l’uomo? Soltanto volgersi a Dio, in modo che Dio crei in lui l’equità: quell’equità che l’uomo non è in grado di formare ma solo di deformare. L’uomo è capace di ferirsi; ma è forse capace di darsi la guarigione? Quando lo vuole, egli può buscarsi una malattia ma non può lasciare il letto quando vuole. Se gli salta il ticchio, può esporsi senza riguardo al freddo o al caldo: così decide e lo stesso giorno si ammala. Quando però per il suo vivere senza riguardi s’è preso un qualche malanno, provi a levarsi da letto quando gli pare! Lui che, quando l’aveva voluto, s’era messo a letto, provi ad alzarsi quando lo vuole! Per ammalarsi e prendere il letto, gli era bastata una sua intemperanza personale; per rimettersi in piedi gli occorre la medicina preparata dal farmacista. Così anche dell’uomo e del suo peccato. Di per se stesso l’uomo è capace di peccare ma, da se stesso, non è in grado di conseguire la giustificazione: dev’essere giustificato da colui che solo è giusto. Così il nostro salmo. Dapprima ha spaventato i popoli dicendo: Confessino al tuo nome grande, poiché è terribile e santo, e l’onore del re ama il giudizio. Ora che questi popoli atterriti gli si presentano ricercando ansiosamente come debbano vivere da giusti (la quale giustizia non riescono a trovare in se stessi), al fine di indurli ad abbandonarsi a Dio, che li formerà nella giustizia, inculca loro questo autore della giustizia dell’uomo e, proseguendo il discorso, dice: Tu hai preparato l’equità; tu hai operato in Giacobbe il giudizio e la giustizia. Certo noi dobbiamo possedere il giudizio e la giustizia, ma chi produce in noi e il giudizio e la giustizia è colui che ha creato anche noi, destinatari di tali doni. In che senso poi dobbiamo noi possedere il giudizio e la giustizia? Hai il giudizio quando distingui il male dal bene; hai la giustizia quando segui il bene ed eviti il male. Distinguendo, eserciti il giudizio; praticando, eserciti la giustizia. Dice la Scrittura: Evita il male e pratica il bene; ricerca la pace e cammina dietro a lei (Ps 33,15). Occorre che tu abbia per primo il giudizio, poi la giustizia. Quale giudizio? Quello che ti fa discernere il bene e il male. E quale giustizia? Quella che ti fa evitare il male e compiere il bene. Ma tu non acquisterai né l’una né l’altra cosa con le sole tue forze, poiché, nota le parole, tu, o Dio, hai operato il giudizio e la giustizia in Giacobbe.

Dio premia i suoi doni, non i nostri meriti.

8. [v 5.]Esaltate il Signore, nostro Dio! Esaltatelo nella verità; esaltatelo bene. Lodiamo ed esaltiamo l’autore della nostra giustizia, poiché è stato lui a infonderla in noi. Chi infatti ha operato in noi la giustizia, se non colui che ci ha giustificati? Orbene, di Cristo è stato detto che lui giustifica l’empio (Rm 4,5). Noi eravamo degli empi, lui l’autore della nostra giustizia, in quanto ha infuso in noi quella giustizia per la quale gli siamo accetti e per la quale, in fine, ci collocherà alla destra, non alla sinistra; e a noi, posti alla destra, dirà: Venite, benedetti del Padre mio! possedete il regno che vi è stato preparato dalla creazione del mondo. Non ci porrà a sinistra, fra coloro cui dirà: Andatevene al fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt 25,34 Mt 41). Quando non dovrà dunque essere glorificato colui che in noi non premierà i nostri meriti, ma i doni suoi? Esaltate il Signore, nostro Dio.

La carne di Cristo sacramento di vita.

9. E adorate lo sgabello dei suoi piedi, perché è santo. Cosa dobbiamo adorare? Lo sgabello dei suoi piedi. Sgabello significa pedana. Ciò che i greci chiamano  certi latini l’hanno reso con scabellum (= sgabello), mentre altri con suppedaneum (= pedana). Ma notate bene, o fratelli, cosa ci si ordini di adorare. In un altro passo scritturale è detto: Mio trono è il cielo; la terra è lo sgabello dei miei piedi (Is 66,1). Avendoci dunque detto in questo passo che la terra è lo sgabello dei piedi di Dio, ci si ordinerà, per caso, di adorare la terra? Ma come adoreremo la terra, se la Scrittura ci dice apertamente: Adorerai il Signore Dio tuo (Dt 6,13)? Eppure mi si comanda di adorare lo sgabello dei suo piedi e, precisandomi quale sia lo sgabello dei suoi piedi, mi si dice: La terra è lo sgabello dei miei piedi. Mi trovo nell’incertezza. Temo di adorare la terra, perché potrebbe punirmi colui che ha creato il cielo e la terra; ma temo ancora di non adorare lo sgabello dei piedi del mio Signore, poiché nel salmo mi si prescrive di adorare lo sgabello dei suoi piedi; e, se vado a ricercate cosa debba intendersi per sgabello dei suoi piedi, mi dice la scrittura: Sgabello dei miei piedi è la terra. Nella mia incertezza mi volgo a Cristo, poiché è di lui che vado in cerca. In lui trovo come si possa adorare la terra, sgabello dei piedi di Dio, senza cadere nell’empietà. Egli infatti dalla terra assunse la terra, poiché la nostra carne proviene dalla terra e lui prese la carne dalla carne di Maria. Rivestito di questa carne mosse i suoi passi quaggiù e la stessa carne ci lasciò affinché ne mangiassimo per conseguire la salute. Orbene nessuno mangia quella carne senza prima averla adorata. Ecco dunque trovata la maniera d’adorare lo sgabello dei piedi del Signore, e trovata in modo che non soltanto non si pecchi adorandolo, ma si pecchi non adorandolo. Ma sarà forse la carne a darci la vita? Diceva il Signore, proprio mentre inculcava gli effetti di tale terra: Lo Spirito è colui che vivifica, la carne non giova a nulla. Quando dunque ti chini o ti prostri dinanzi alla terra, non considerarla [semplice] terra; considera piuttosto il Santo dei cui piedi è sgabello la terra che adori. È in vista di lui infatti che tu la adori. Per questo aggiunge il salmo: Adorate lo sgabello dei suoi piedi, poiché è santo. Chi è santo? Colui in onore del quale tu adori lo sgabello dei suoi piedi. Occorre però che tu, mentre lo adori, non ti arresti col pensiero al livello della carne. Rischieresti di non essere vivificato dallo Spirito, poiché lo Spirito è colui che vivifica, mentre la carne non giova a nulla. Quando il Signore inculcava questa verità, aveva da poco tenuto un discorso sulla propria carne e aveva detto: Chi non mangerà la mia carne non avrà in sé la vita eterna. Alcuni suoi discepoli, una settantina circa, rimasero scandalizzati e dissero: È duro questo parlare; chi può capirci qualcosa? E si allontanarono da lui e non vollero più seguirlo. Sembrarono loro dure le parole: Chi non mangerà della mia carne non avrà la vita eterna, poiché le avevano intese stupidamente. Ragionando in modo carnale, avevano pensato che il Signore avrebbe tagliuzzato il suo corpo in particelle dandole loro da mangiare. Per questo dissero: Questo discorso è duro. Essi erano duri, non il discorso. Se infatti non fossero stati duri ma arrendevoli, si sarebbero detti: Non senza un perché ci dice queste cose; è segno che lì sotto è nascosto un qualche sacramento. Se fossero stati docili, non cocciuti, e fossero restati con lui, avrebbero appreso dal Maestro ciò che appresero gli altri, che anche dopo la loro partenza non lo abbandonarono. Rimasero infatti con lui dodici discepoli e, vedendo gli altri abbandonare il Maestro, addolorati - per così dire - della loro morte, gli richiamarono alla mente che quanti lo avevano abbandonato, lo avevano fatto perché scandalizzati dalle sue parole. Allora Gesù li istruì dicendo: Lo Spirito è colui che vivifica; la carne non giova a nulla. Le parole che vi ho dette sono spirito e vita (Cf. Jn 6,54-64). Intendete spiritualmente ciò che io vi ho detto! Non mangerete questo corpo che vedete, né berrete il sangue che verseranno i miei crocifissori. Ho voluto proporre alla vostra considerazione un sacramento che, se voi lo intenderete spiritualmente, vi sarà fonte di vita. Sarà necessario, è vero, che esso venga celebrato visibilmente, tuttavia occorrerà sempre che lo si intenda spiritualmente. Esaltate il Signore nostro Dio, e adorate lo sgabello dei suoi piedi poiché è santo.

Le vicende dei patriarchi siano viste alla luce di Cristo.

10. [vv 6-8.] Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti, e Samuele fra coloro che invocano il suo nome. Invocavano il Signore ed egli li esaudiva: parlava loro dalla colonna di nube. Questi remoti personaggi, Mosè, Aronne e Samuele, furono servi di Dio, tenuti in grande venerazione presso gli antichi. Voi sapete che Mosè fu colui che per virtù divina liberò il popolo d’Israele dall’Egitto, facendogli attraversare il Mare Rosso, e che lo guidò nel deserto. Quanti prodigi abbia compiuto Dio in quel periodo storico servendosi di Mosè, è cosa che ben conoscono tutti coloro che nella chiesa amano ascoltare la lettura della Bibbia o che la leggono da soli o in qualsiasi altra maniera ne siano venuti a conoscenza. Aronne era fratello di Mosè, da lui stesso ordinato sacerdote. Anzi, sembra che allora di sacerdoti non ci fosse se non Aronne; difatti, mentre nella Scrittura si dice apertamente che Aronne era sacerdote di Dio, di Mosè non si dice che lo fosse altrettanto (Cf. Ex 28,1 ss). Ma se non era sacerdote, cos’era? Poteva essere qualcosa di più che un sacerdote? Ecco pertanto il nostro salmo a dirci che anche Mosè era sacerdote. Mosè e Aronne tra i sacerdoti di lui. Erano quindi tutt’e due sacerdoti del Signore. Quanto a Samuele, è più tardivo e di lui si legge nel libro dei Re. Egli visse ai tempi di David, e fu lui che unse questo santo re (1 Sam 1S 16,13). Da piccolo Samuele era cresciuto nel tempio. Sua madre infatti, essendo sterile e volendo avere un figlio, rivolse al Signore preghiere e gemiti in gran copia, e pur chiedendo a Dio il dono di un figlio, mostrò chiaramente che non lo voleva per motivi carnali, poiché, appena nato, lo consacrò a colui che l’aveva tratto all’esistenza. Ne fece voto al Signore suo Dio con queste parole: Se mi nascerà un maschietto, resterà al servizio del tempio (1 Sam 1S 1,11); e di fatti così fece. Appena nato, Samuele visse con la madre finché lo si dovette allattare, ma, finito il tempo dell’allattamento, la madre lo recò al tempio, affinché là crescesse, si irrobustisse spiritualmente e servisse Dio. Così divenne il sacerdote grande, il sacerdote santo per eccellenza di quel tempo. Il salmista ricorda questi tre, ma in loro vuole che comprendiamo tutti i santi. Ma allora perché nomina quei tre? Perché, come abbiamo detto, egli vuole che nelle sue parole noi scorgiamo il Cristo. Stia ben attenta la vostra Santità! Più avanti aveva detto: Esaltate il Signore, nostro Dio, e adorate lo sgabello dei suoi piedi, poiché è santo (Ps 98,5). Con questo ci prospettava un tale, cioè il nostro Signore Gesù Cristo, il cui sgabello è da adorarsi, nel senso che egli, per apparire al genere umano, assunse la carne. Volendo poi mostrarci come anche gli antichi patriarchi avevano parlato del Cristo (poiché il vero sacerdote è il nostro Signore Gesù Cristo), ricorda questi tre, per il fatto che Dio parlava loro dalla colonna di nube. Che vuol dire: Dalla colonna di nube? Che parlava loro in figure. Difatti, sebbene Dio parlasse da una minuscola nube, tuttavia quei detti oscuri prefiguravano una non so quale persona ben definita. Ma ora questa non so quale persona non è più una persona ignota, perché la conosciamo ottimamente: è il nostro Signore Gesù Cristo. Mosè ed Aronne tra i suoi sacerdoti, e Samuele tra coloro che invocano il suo nome. Invocavano il Signore, ed egli li esaudiva e parlava loro dalla colonna di nube. Colui che un tempo ci parlava dalla colonna di nube ci ha poi parlato dallo sgabello dei suoi piedi. Cioè: egli ha assunto la carne, sicché noi dobbiamo adorare lo sgabello dei suoi piedi, che è santo. Parlando dalla nube, egli diceva cose che allora non venivano comprese; dopo che ha parlato dallo sgabello dei suoi piedi, sono state comprese anche le parole della sua nube. Parlava loro dalla colonna di nube.

Bontà di Dio nel perdonare e nel punire.

11. Attenzione dunque, fratelli! Osservate quali santi ha menzionati e di quali categorie. Essi praticavano le sue leggi e i precetti che aveva loro dati. Li praticavano, è certo; state attenti! Praticavano le sue leggi e i precetti che egli aveva loro dati. Lo afferma il testo; non si può negare. E allora, erano forse esenti da peccato? Ma come? Osservando i suoi precetti e le sue leggi. Notate quale forma [interiore] vuole che acquistiamo: vuole che non presumiamo della nostra giustizia quasi possa essere perfetta. Ecco, fra i suoi sacerdoti ci sono Mosè e Aronne; Samuele è fra coloro che invocano il suo nome. Egli parlava loro dalla colonna di nube e dinanzi a tutti li esaudiva, poiché essi osservavano le leggi ed i precetti che egli aveva loro dati. Eppure dice: O Signore, nostro Dio, tu li esaudivi; o Dio, tu fosti propizio verso di loro. Non si dice, di Dio, che è propizio, se non ci sono di mezzo i peccati. Quando perdona il peccato, allora si dice che è propizio. Ma cosa aveva da punire in quei santi uomini, per cui perdonandoli dovesse essere loro propizio? Dio era propizio quando perdonava i peccati; ma lo era anche quando li puniva. Difatti come prosegue il salmo? Tu fosti propizio verso di loro; tu ti prendesti vendetta di ogni moto del loro animo. Anche quando punivi, eri propizio. Non solo perdonando i peccati eri propizio, ma anche vendicandoli [col castigo]. Notate, miei fratelli, cosa qui sottolinei il salmo. State attenti! Dio è in collera col peccatore che lascia impunito; al contrario egli è veramente propizio con colui al quale condona i peccati, perché non lo pregiudichino nell’altra vita, non solo, ma anche con colui che sottopone a castighi, affinché non sia dominato per sempre dal piacere della colpa.

339 Graduale la purificazione degli eletti.

12. Animo, fratelli! Se ricercheremo in che modo il Signore si sia vendicato di loro, egli ci assisterà e io sarò in grado di dirvelo. Indaghiamo dunque sulla vita di questi tre personaggi: Mosè, Aronne e Samuele, e vediamo se Dio abbia esercitato su di loro la sua vendetta, poiché è detto: Egli si vendicò di ogni moto del loro animo. Si tratta evidentemente di moti che il Signore conosceva nascondersi nei loro cuori, mentre agli uomini non erano noti: poiché essi erano persone di vita incensurata in mezzo al popolo di Dio dove vivevano. Ma che diremo? Che Mosè, in un primo tempo, abbia condotto una vita peccaminosa? E veramente sappiamo che egli fuggì dall’Egitto per aver ucciso un uomo (Cf.
Ex 2,12 Ex 15). Riguardo ad Aronne, la prima parte della sua vita poté tornare sgradita a Dio in quanto permise al popolo, impazzito e furente, di fabbricarsi un idolo, sicché veramente il popolo di Dio si fece un idolo e lo adorò (Cf. Ex 32,1-4). Ma Samuele, consegnato al tempio fin da bambino (1 Sam 1S 1,24), che male fece? Passò tutte le età della vita tra i santi misteri di Dio, servo di Dio fin dai suoi primi anni. Nessuna colpa fu mai attribuita a Samuele; mai gli uomini ebbero di che incolparlo. O che forse Dio riscontrava in lui qualche macchia da mondare? dato che anche ciò che sembra perfetto all’uomo, a lui, perfezione infinita, è imperfetto. Così gli artisti: modellano un’opera e la fanno vedere agli incompetenti; e anche dopo che questi l’hanno giudicata perfetta, gli artisti seguitano a rifinirla, ben sapendo quanti difetti le siano ancora rimasti. Alla fine la gente rimane stupita, non comprendendo come, in un’opera da loro qualificata come perfetta, l’artista abbia potuto arrecare tante rifiniture. Questo capita nell’architettura, nella pittura, nell’abbigliamento e quasi in ogni arte. Gli inesperti, già al primo vedere un’opera d’arte, la giudicano perfetta o quasi, tanto che ai loro occhi non sembra mancare di nulla. Ma un conto sono i giudizi di un occhio inesperto, un altro è ciò che insegnano i canoni artistici. Così deve dirsi anche di quei santi: vivevano alla presenza di Dio ed erano ritenuti esenti da colpe, perfetti, angeli addirittura; ma il Signore, che mirava a punire in loro ogni moto interiore [meno che retto], conosceva le loro deficienze. E quando li puniva, non lo faceva perché adirato ma perché compassionevole: li puniva infatti per portare a compimento la virtù avviata non per condannarli con una repulsa definitiva. Dio dunque si prendeva vendetta di ogni moto del loro animo. Ma come esercitò questa vendetta in Samuele? Qual è il castigo che gli inflisse? Dico questo per far riflettere i cristiani. Essi hanno conosciuto il Cristo; sanno che egli è venuto da loro nello sgabello dei suoi piedi, che li ha amati e che per loro ha versato il suo sangue. Ebbene, sappiano come debbano ricevere i colpi [della Provvidenza] almeno coloro che sono avanti nella perfezione. Se cerchiamo quale castigo sia stato inflitto a Mosè, quasi quasi non ne troviamo. È vero che verso la fine della vita Dio gli disse: Sali sul monte e muori! ma questo muori! fu detto ad un vecchio, a uno che aveva ormai trascorso tutte le età della vita, Forse che non sarebbe mai dovuto morire? Che sorta di castigo fu mai quello? O forse il castigo era contenuto nelle altre parole: Tu non entrerai nella terra promessa (Dt 32,49 Dt 52 Dt 34,4). Cioè là dove stava per entrare il popolo? Mosè era, per così dire, un simbolo di altre persone. Difatti, a uno che come lui sarebbe entrato nel regno dei cieli, poteva essere una grande punizione non entrare in quella terra che era promessa per un tempo limitato, affinché servisse da ombra e svanisse? Non è forse vero che anche molti malvagi entrarono in quella terra e che molti, pur vivendo in quella terra commisero gravissimi peccati e offesero Dio e, sempre in quella terra, si diedero all’idolatria? Fu dunque un gran castigo aver privato Mosè di quella terra? Ma Dio voleva che Mosè rappresentasse simbolicamente coloro che erano sotto la legge (la legge infatti era stata data proprio per opera sua (Jn 1,17)) e voleva mostrare che quanti si ostinavano a restare sotto la legge e ricusavano di essere sotto la grazia non sarebbero entrati nella terra promessa. Pertanto le minacce rivolte a Mosè erano una figura, non un castigo. Come infatti la morte poteva essere un castigo per un vecchio? E come poteva essere un castigo l’esclusione da quella terra dove entrarono tanti indegni? Quanto ad Aronne, cosa se ne dice? Morì vecchio e i suoi figli gli successero nel sacerdozio (Cf. Nb 20,24-28 Nb 33,38); anzi uno dei suoi figli più tardi fu capo dei sacerdoti. Di che sorta fu allora il castigo inflitto a lui? Lo stesso di Samuele: anch’egli morì vecchio ed ebbe come successori i suoi figli (Cf. 1S 8,1 1S 25,1). Cerco la punizione loro inflitta a scopo vendicativo e, a misurare le cose con metro umano, non la trovo. Tuttavia, a quel che so circa le sofferenze dei servi di Dio, essi avevano ogni giorno a subire delle punizioni. Leggete la Scrittura e vedete i castighi loro inflitti; e voi almeno che siete avanti [nel bene], sopportateli. Ogni giorno avevano da tollerare le moltitudini ribelli ed inique; erano costretti a vivere fra coloro di cui ogni giorno disapprovavano la condotta. Ecco il castigo. Uno che lo ritenga castigo da poco non è ancora avanti nella perfezione. Infatti il male commesso dagli altri tanto più ti recherà dolore quanto più tu stesso sarai lontano dal male. Quando sarai diventato frumento, cioè pianta buona cresciuta da buon seme, quando sarai figlio del regno e avrai cominciato a produrre frutti, allora ti accorgerai della zizzania, poiché è detto che la zizzania apparve quando le piantine crebbero e fecero il loro frutto. Quando comincerà a mostrartisi la zizzania, ti accorgerai che sei circondato da cattivi. Ti verrebbe, allora, come una voglia di scansarli, di allontanare dalla Chiesa tutti i cattivi; ma ti si opporrebbero le parole del Signore: Lasciate crescere ambedue le erbe fino alla mietitura, affinché non succeda che, mentre volete sradicare la zizzania, sradichiate insieme anche il buon grano (Mt 13,26-29). Secondo queste parole del Signore occorre quindi risparmiare la zizzania. Rientra nella nostra condizione di servi vivere necessariamente in mezzo alla zizzania. Non puoi gettarla lontano da te; devi sopportarla. E allora, anche se avrai sano il corpo, sarà per te una grandissima ferita interiore il dover vivere in mezzo ai malvagi. Quando avrete progredito nel bene lo esperimenterete, come lo esperimentano oggi quelli che hanno così progredito. Comunque tutte queste angustie occorre sopportarle, e forse anch’esse rientrano in quel detto evangelico: Il servo che conosce la volontà del suo padrone e non opera di conseguenza, dovrà sostenere molte battiture (Lc 12,47-48). Difatti molte volte quanto più ci si palesa la volontà di Dio, tanto più ci si palesa anche la nostra colpevolezza; e quanto più conosceremo questa colpevolezza, tanto più dovremo piangere e addolorarci. Considerando infatti quanto siano giuste le esigenze di Dio su di noi, toccheremo con mano l’imperfezione in cui noi ci troviamo e così si avvereranno in noi le parole: Chi cresce nella conoscenza cresce anche nel dolore (Qo 1,18). Abbondi in te la carità, e ti addolorerai per chi pecca. Quanto maggiore sarà la tua carità, tanto maggiore sarà il dispiacere che ti reca il peccatore che pure sopporti. Il tuo dispiacere però non ti porterà all’ira, ma a rammaricarti per la sua sorte.

Dio medico esperto delle nostre anime.

13. Considera i patimenti dell’apostolo Paolo. Pensa chi fosse a soffrire e cosa soffrisse. Dice: Oltre tutte queste cose che provengono dall’esterno (ha elencato molte sofferenze e ora, dopo quelle elencate, le, quali erano sofferenze esterne causategli dai cattivi che perseguitavano il Cristo, si accinge a narrare le sofferenze intime), la mia lotta quotidiana è la trepidazione per tutte le Chiese. Nota di che sollecitudine si tratti e come sia paterna, anzi materna, Osservate insieme come viene fustigato, prendendosi Dio vendetta di ogni moto del suo animo. Diremo qualcosa di questi moti interiori nei quali Dio lo castigava. Dice: Chi si ammala senza che anch’io divenga ammalato? Chi subisce uno scandalo senza che io ne bruci? (2Co 11,28-29) Quanto maggiore era la carità, tanto più profonde erano le ferite causategli dai peccati altrui. Personalmente poi egli aveva ricevuto un pungiglione nella carne, un angelo di Satana, che lo schiaffeggiava. Ecco come Dio gli usava misericordia, pur castigandolo in ogni moto del suo animo. Ma quali sono i moti dell’animo in cui Dio esercitava le sue vendette? Lo precisa l’Apostolo stesso quando dice: Affinché io non mi inorgoglisca della grandezza delle rivelazioni, mi è stato dato un pungiglione nella carne, un angelo di Satana che mi schiaffeggi. Era, sì, un uomo perfetto, ma c’era pericolo che si insuperbisse, poiché Dio non avrebbe adibito il medicamento se non ci fosse stata alcuna ferita. Ed ecco l’Apostolo invocare che il medicamento venga rimosso. Anche quel malato si raccomandò affinché gli venisse tolto il medicamento! Dice: In tali frangenti pregai tre volte il Signore perché me lo togliesse (gli togliesse cioè il pungiglione conficcato nella carne, forse una qualche sofferenza fisica); pregai, dice, affinché me lo togliesse, ma Dio mi rispose: Ti è sufficiente la mia grazia, poiché la virtù si perfeziona nella debolezza (2Co 12,7-9). Io conosco il malato che curo, dice in sostanza il Signore; non si metta il malato a darmi consigli! Il rimedio che uso è come un empiastro tenace: ti brucia ma ti guarisce. Il malato scongiura il medico affinché gli levi l’empiastro, ma il medico non lo toglie finché non è guarito il male per cui l’aveva apposto. La virtù si perfeziona nella debolezza. Or dunque, fratelli, se faremo dei progressi in Cristo, non aspettiamoci di rimanere esenti da flagelli, poiché, per quanto cospicui siano i nostri progressi, Dio conosce i nostri peccati, e talora egli li mostra anche a noi, sicché anche noi possiamo vederli. Che se anche la nostra vita trascorresse fra persone che considerassero irreprensibile la nostra condotta, ci riprenderebbe colui che conosce tutto: egli verrebbe a punirci di ogni moto dell’animo nostro, e questo perché vuol essere misericordioso con noi. Se infatti egli non ci punisse ma abbandonasse, andremmo in perdizione. O Dio, tu fosti loro propizio, tu ti prendesti vendetta di ogni moto del loro animo.

Monte santo di Dio sono Cristo e la Chiesa.

14. [v 9.] Esaltate il Signore nostro Dio! Difatti lo esaltiamo ripetutamente. Uno che è buono anche quando ferisce, come non deve essere lodato ed esaltato! Puoi tu comportarti in questa maniera verso tuo figlio, e Dio non lo potrà? Infatti non è affatto vero che tu sia buono quando accarezzi tuo figlio e cattivo quando lo bussi. Tanto quando lo accarezzi, come quando lo picchi sei suo padre. Lo accarezzi perché non si scoraggi; lo picchi perché non si rovini. Esaltate il Signore, nostro Dio; e adoratelo nel suo monte santo, poiché santo è il Signore Dio nostro. Sopra ci aveva detto di esaltare il Signore nostro Dio e di adorare lo sgabello dei suoi piedi, e noi siamo riusciti a comprendere che significhi adorare lo sgabello dei piedi di Dio. Allo stesso modo adesso, dopo l’esaltazione del Signore nostro Dio, ci presenta il monte santo di lui, affinché nessuno vada ad esaltarlo fuori del suo monte santo. Chi è il monte santo del Signore? In un’altra pagina [della Scrittura] leggiamo che da questo monte, non per mano d’uomo, si staccò una pietra, e questa pietra schiacciò tutti i regni della terra e divenne molto grande. È una visione di Daniele quella che sto narrando. Quella pietra che, senza intervento di uomo, si era staccata dal monte crebbe e divenne, dice il profeta, un monte immenso, tale da coprire tutta la faccia della terra (Da 2,34-35). Se vogliamo essere esauditi da Dio, adoriamolo in questo monte santo. Gli eretici non lo adorano da questa montagna santa, la quale ha coperto tutt’intera la faccia della terra. Hanno aderito a una parte e hanno perso il tutto. Quando riconosceranno la Chiesa cattolica, verranno ad adorare insieme con noi su questa stessa montagna. Difatti quella pietra che, senza intervento d’uomo, si staccò dal monte, già vediamo quanto sia cresciuta, quante zone della terra abbia ricoperte e fino a quali popolazioni si sia spinta. Qual è il monte da cui si staccò quella pietra senza intervento d’uomo? Il regno dei Giudei, quel regno dove in un primo tempo venne adorato l’unico vero Dio. Da questo monte si staccò quella pietra che era il nostro Signore Gesù Cristo, del quale era stato detto: La pietra che i costruttori hanno scartata è divenuta pietra angolare (Ps 117,22 Ac 4,11). Questa pietra, staccatasi dal monte senza intervento di mano umana, abbatté tutti i regni della terra, e noi constatiamo come di fatto tutti i regni della terra siano stati abbattuti da quella pietra. Quali erano i regni della terra? I regni degli idoli e dei demoni: e questi regni sono stati sconvolti. Su molti uomini regnava Saturno: dov’è ora il suo regno? Su altri regnava Mercurio: dov’è ora il suo regno? È stato abbattuto; e tutti gli uomini su cui egli regnava sono divenuti regno di Cristo. Che splendido regno aveva a Cartagine la dea Celeste! Dov’è andato a finire il regno di questa Celeste? Quella pietra mandò in frantumi tutti i regni della terra, quella pietra che s’era staccata dal monte senza intervento di mani di uomo. Che vuol dire: “ Staccata dal monte senza intervento d’uomo ”? Che egli nacque dal popolo giudaico senza concorso di uomo. Difatti ogni uomo che nasce, nasce dall’unione carnale di coniugi; Cristo invece, essendo nato da una vergine, nacque senza l’apporto di mani d’uomo (dove per “ mani ” si ha da intendere il concorso dell’uomo). Mani umane non intervennero là dove non si ebbero rapporti coniugali, anche se ci fu la prole. Nacque dunque dal monte, senza intervento d’uomo, quella pietra che crebbe e crescendo abbatté tutti i regni della terra. Divenne un monte immenso e ha coperto tutta la faccia della terra. Tale è la Chiesa cattolica, alla cui comunione voi godete di appartenere. Quanto a coloro che non vivono in comunione con essa ma adorano e lodano Dio fuori del suo monte santo, non sono esauditi in ordine alla vita eterna, anche se vengono esauditi in certe cose temporali. Non si lusinghino quindi perché Dio alcune volte li ascolta: egli talvolta esaudisce anche i pagani. Non invocano forse Dio anche i pagani, e Dio manda loro, la pioggia? E perché mai? Perché egli fa spuntare il suo sole sui buoni e sui cattivi, e manda la pioggia sul campo del giusto e dell’ingiusto (Cf. Mt 5,45). Non gloriarti dunque, o pagano, perché, avendo invocato Dio, egli ti ha mandato la pioggia. Egli la manda ai giusti e agli ingiusti. Ti ha ascoltato in una faccenda temporale; non ti ascolta riguardo ai beni eterni: a meno che tu non venga ad adorarlo nella sua santa montagna. Adorate il Signore nel suo monte santo, poiché santo è il Signore nostro Dio.

La Parola di Dio non deve rimanere infruttuosa.

15. Ciò basti alla vostra Carità come esposizione di questo salmo. Ne abbiamo parlato per quanto il Signore ci ha concesso. Tutto quello che nel nome di Dio vi andiamo dicendo, siccome è Dio che vi parla per nostro mezzo, è pioggia divina; vogliate quindi saggiare che sorta di terreno voi siate. Difatti, quando cade la pioggia, se la terra su cui cade è una terra buona, produce buoni frutti; se invece è una terra cattiva, produce spine. Questo, nonostante che la pioggia sia dolce tanto per i frutti quanto per le spine. Chi pertanto, dopo aver ascoltato le nostre parole, diventasse peggiore e dalla pioggia ricevuta non ricavasse altro che spine, si aspetti il fuoco; e non voglia prendersela con la pioggia. Chi al contrario diventerà più buono e dalla terra fertile farà germogliare delle messi, si attenda di passare nel granaio; e lodi la pioggia. Chi sono infatti le nubi e la pioggia, se non la misericordia di Dio, il quale. opera ogni bene in coloro che ama e ai quali ha fatto il dono di poterlo amare?


Agostino Salmi 335