Agostino Salmi 100

SUL SALMO 100

100 Ps 100

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Tempo di misericordia e tempo di severità.

1. [v 1.] Ciò che questo salmo centesimo reca nel suo primo versetto, è ciò che dobbiamo ricercare in tutto il rimanente del testo. O Signore, canterò a te misericordia e giudizio. Nessuno si lusinghi d’ottenere l’impunità per il fatto che Dio è misericordioso, poiché esiste anche il giudizio; e nessuno, se cambiato in meglio, paventi il giudizio divino, dal momento che, prima del giudizio, gli è stata usata misericordia. Infatti nel giudizio umano capita talora che il giudice, troppo misericordioso, pronunci una sentenza contraria alla giustizia: nel qual caso (così almeno sembra) c’è in lui la misericordia ma non il giudizio. Altre volte invece, per essere troppo severi nel giudizio, i giudici dimenticano la misericordia. Dio al contrario non attenua la severità del giudizio a motivo della sua bontà e misericordia, né dimentica la bontà e la misericordia quando, severo, pronuncia il suo giudizio. Proviamoci adesso a discernere i due attributi della misericordia e del giudizio in base al fattore tempo, poiché non dev’essere stato un puro caso che li si è posti in quest’ordine e non si è detto: Giudizio e misericordia; ma: Misericordia e giudizio. Disponendoli secondo una successione cronologica, riscontriamo che il tempo della misericordia è adesso, mentre poi ci sarà il tempo del giudizio. In che senso prima viene il tempo della misericordia? Guarda le cose in Dio, per potere anche tu, nei limiti che egli vorrà donarti, imitare il Padre celeste. Non è una pretesa superba dire che dobbiamo imitare il nostro Padre. Nostro Signore, Figlio unico di Dio, ci ha rivolto questo invito quando diceva: Siate come il vostro Padre celeste. E quando spronava ad amare i nemici e a pregare per i persecutori, soggiungeva: Affinché siate figli del vostro Padre celeste, il quale fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia ai giusti e agli ingiusti (Mt 5,48 Mt 44-45). Ecco la misericordia. Quando vedi i buoni e i cattivi mirare lo stesso sole, godersi la stessa luce, bere alle stesse fonti, ristorarsi per la stessa pioggia, raccogliere in abbondanza gli stessi frutti della terra, respirare la stessa aria e possedere senza distinzione i beni di questo mondo, non accusare Dio d’ingiustizia perché con uguale misura distribuisce di questi beni ai giusti e ai peccatori. È tempo di misericordia, non ancora tempo di giudizio. Se infatti Dio non fosse intervenuto una prima volta a perdonare usando misericordia, non avrebbe chi poter coronare nel giudizio. È quindi tempo di misericordia finché la longanimità di Dio continua a sospingere i peccatori al ravvedimento.

Il giudizio di Dio spaventa i cattivi, consola i buoni.

2. Ascolta come l’Apostolo distingua i due periodi, per cui anche tu devi distinguerli. Dice: Tu, che giudichi i rei di tali colpe e poi tu stesso fai altrettanto, pensi che sfuggirai al giudizio di Dio? (Rm 2,3) State attenti! Apostrofava un uomo con gli occhi rivolti a se stesso. (Tuttavia a chi l’Apostolo diceva queste cose? Non a un uomo solo ma a tutta l’umanità). Quell’uomo guardava se stesso e vedeva molti difetti che ogni giorno commetteva. Eppure continuava a vivere senza che alcuna punizione gli venisse addosso. Ne concludeva che Dio o era addormentato o non si curava delle cose umane o amava le colpe degli uomini. Ecco quindi l’Apostolo sradicare dal cuore una conclusione così insana, almeno dal cuore di chi vuol ben capire. E che cosa dice? Tu che giudichi i rei di tali colpe e poi tu stesso fai altrettanto, pensi che sfuggirai al giudizio di Dio? E come se l’altro gli obiettasse: “ Com’è allora che, pur compiendo io ogni giorno tante azionacce, non mi capita alcun male? ”, prosegue mostrando come ora sia tempo di misericordia. Ma vuoi proprio, dice, disprezzare le ricchezze della sua bontà, pazienza e longanimità? E veramente quel tale disprezzava tutto questo. Ma l’Apostolo lo scuote dicendo: Non capisci come la bontà di Dio tende a farti ravvedere? Ecco il tempo della misericordia. Affinché però quel tale non pensasse che le cose sarebbero durate sempre così, con quali parole lo spaventa? Ma tu (odilo ora descrivere il tempo del giudizio, come l’hai udito parlare del tempo della misericordia secondo il salmo: O Signore, io canterò a te misericordia e giudizio). Ma tu, dice, secondo la durezza del tuo cuore impenitente, ti accumuli dell’ira per il giorno della vendetta e del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2,4-6). Ecco come io canterò a te, Signore, misericordia e giudizio. L’Apostolo minaccia il giudizio. Ma questo giudizio di Dio lo si dovrà solo temere o non piuttosto anche amare? I cattivi debbono temerlo perché recherà la pena; i buoni debbono amarlo perché recherà la corona. Nel testo or ora ricordato, l’Apostolo ha spaventato i cattivi; ascolta ora un passo in cui, parlando del giudizio, dona speranza ai buoni. Si rifà a se stesso e ne parla per mostrare come anche per lui ci sia stato un tempo di misericordia. Se infatti in lui questo tempo di misericordia non ci fosse stato, in che condizione lo avrebbe trovato il giorno del giudizio? Bestemmiatore, persecutore, violento. Così infatti si definisce là dove inculca il tempo della misericordia in cui noi ora ci troviamo. Scrive: Un tempo io ero bestemmiatore, persecutore, violento, ma ho ottenuto misericordia. Orbene, questa misericordia l’ha forse ottenuta lui solo? Ascolta l’incoraggiamento che rivolge a noi. Dice: Cristo Gesù voleva mostrare in me tutta la sua longanimità, ad ammaestramento di quanti, credendo in lui, conseguiranno la vita eterna (1Tm 1,13 1Tm 16). Che significano le parole: Voleva mostrare in me la longanimità? Che nessun peccatore o malvivente, vedendo come a Paolo era stato accordato il perdono, disperi della propria salvezza. Descrivendo se stesso incoraggia gli altri. Quando? Nel tempo della misericordia. Ascoltalo ora parlare dei buoni nel tempo del giudizio: parla di sé e insieme degli altri. In un primo tempo egli ha conseguito misericordia. Perché? Perché era stato bestemmiatore, persecutore e violento. Intervenne il Signore, per perdonarlo, non per fare i conti con lui. Poiché, se avesse voluto fare i conti, cosa avrebbe dovuto dare a un peccatore di tal sorta se non la pena ed il supplizio? Non volle punirlo ma accordargli la grazia. Ascolta adesso come quel tale, a cui Dio ha elargito la sua grazia, giunga a considerare il Signore qual suo debitore. Al tempo della misericordia l’ha esperimentato donatore, al tempo del giudizio lo considera debitore. Notate le sue parole. Dice: Sono sul punto di essere immolato e il tempo dalla mia dipartita è vicino. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho mantenuto fedeltà. Questo al tempo della misericordia. Ascolta cosa dice del giudizio! Per il rimanente, mi è serbata la corona della giustizia, che in quel giorno corrisponderà a me il Signore, giudice giusto. Non dice: “ Donerà ”, ma corrisponderà. Quando gli elargiva i suoi doni Dio era misericordioso; quando gli corrisponde la ricompensa, è giudice, conforme sta scritto: Misericordia e giudizio canterò a te, Signore. Perdonando le colpe, Dio si costituiva debitore della corona; allora io ottenni misericordia. In un primo tempo dunque il Signore gli fu misericordioso; in un secondo verrà a corrispondermi la corona della giustizia. Perché gli corrisponderà questa ricompensa? Perché è giudice giusto. Perché è giusto questo giudice? Perché io ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho mantenuto fedeltà. Se dunque è giusto, non può non coronare queste opere buone. Tali opere ha infatti trovato in me e deve coronarle. Ma prima, cosa vi aveva trovato? Dapprima io ero un bestemmiatore e un persecutore. Queste colpe ha perdonate; quelle opere coronerà. Ha perdonato le une al tempo della misericordia; coronerà le altre al tempo del giudizio. Poiché misericordia e giudizio canterò a te, Signore. Ma questa corona è stata forse meritata solo da Paolo? L’ho detto più avanti. Come per le parole con cui ci spaventava, così è da dirsi di queste con cui ci rassicura. Inizia col dire: Il Signore, giudice giusto, conferirà a me la corona; ma poi prosegue: E non soltanto a me, ma a tutti coloro che amano la sua venuta e il suo regno (2Tm 4,6-8).

Il corpo di Cristo attende fiducioso il giudizio.

343 3. Orbene, fratelli, se ora siamo nel tempo della misericordia, non dobbiamo per questo lusingarci né vivere con rilassatezza, dicendo: “ Dio ci perdonerà per sempre. Ho peccato ieri e Dio mi ha perdonato; pecco oggi e Dio mi perdona. Siccome Dio mi perdona peccherò anche domani ”. Badi alla sua misericordia ma non temi il suo giudizio! Se vuoi cantare la misericordia e il giudizio, convinciti che, se egli ti perdona, lo fa perché tu ti ravveda, non perché persista nel male. Non accumularti dell’ira per il giorno della vendetta e della manifestazione del giusto giudizio di Dio. Riguardano il tempo della misericordia le parole di quell’altro salmo: Dio disse al peccatore: Come fai a parlare dei miei precetti e a mettere sulle tue labbra il mio testamento? Tu hai odiato la disciplina e ti sei gettato dietro le spalle la mia parola. Se vedevi un ladro, correvi insieme con lui e partecipavi alle imprese degli adulteri. Seduto, sparlavi di tuo fratello e sollevavi scandalo ai danni del figlio di tua madre. Tu facevi di queste cose e io tacevo. Ecco il tempo della misericordia. Ma che significa quell’io tacevo? Significa forse: Non ti rimproveravo? No; significa soltanto: Io non procedevo al giudizio. Come si può dire infatti che Dio taccia, se ogni giorno ci fa udire la sua voce attraverso la Scrittura, il Vangelo e i predicatori della sua parola? Ho taciuto risparmiandoti il giudizio, non gli ammonimenti. Tu facevi di queste cose e io tacevo. Esiccome Dio taceva, cioè non dava corso alla sua vendetta, cosa si diceva il peccatore in fondo al cuore? Ascolta! Tu pensasti, prosegue, che fosse in me dell’ingiustizia e che io fossi simile a te. Cioè: non ti contentasti d’essere un perverso, ma supponesti che io lo fossi altrettanto. Dopo avergli però descritto il tempo della misericordia, lo spaventa prospettandogli il tempo del giudizio. Ti smaschererò e porrò te stesso dinanzi a te (Ps 49,16-21). Tu poni te stesso dietro le tue spalle; io ti porrò dinanzi a te. Difatti, chiunque rifugge dal prendere coscienza dei propri peccati, pone se stesso alle proprie spalle. Nota con oculatezza i peccati altrui (non per zelo ma per malevolenza, con l’intenzione non di guarire chi li commette ma di accusarlo), ma dimentica se stesso. Come appunto diceva il Signore parlando a tal sorta di gente: Vedi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello, ma non vedi la trave nell’occhio tuo (Mt 7,3). Quanto a noi, siccome ci si canta misericordia e giudizio, operiamo con misericordia e aspettiamo fiduciosi il giudizio. Stiamo nel corpo di Cristo e cantiamo queste parole! Il Cristo infatti capta tutto questo ma, se è solo il capo a cantare, il cantico lo eleva il Signore mentre noi ne siamo estranei. Se al contrario lo canta il Cristo totale, cioè il capo e il corpo, sii fra le sue membra, stagli unito mediante la fede, la speranza, la carità; e canta in lui e gioisci in lui, come lui soffre in te, in te ha fame e sete e subisce tribolazioni. Egli seguita a morire in te; tu in lui sei già risorto. Se infatti egli non morisse nella tua persona, non avrebbe chiesto che, in te, gli fossero risparmiati i colpi del persecutore, quando disse: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (Ac 9,4) Dunque, fratelli miei, è Cristo che canta. Come poi canti, voi lo conoscete, poiché spesso abbiamo insistito nel presentarvi il Cristo e so che queste cose non vi sono sconosciute. Cristo Signore è il Verbo di Dio, per opera del quale furono create tutte le cose. Questo Verbo per redimerci si fece carne e abitò in mezzo a noi (Cf. Jn 1,3 Jn 14). Il Dio eccelso sopra tutte le cose, il Figlio di Dio uguale al Padre, si è fatto uomo. E si è fatto uomo perché, divenuto Dio-uomo, potesse essere mediatore tra gli uomini e Dio, e riconciliasse chi era diviso, congiungesse chi era separato, richiamasse chi si era allontanato, riportasse in patria chi era in esilio. Per questo si fece uomo. Così è divenuto capo della Chiesa e ha un corpo e delle membra. Chiama all’appello queste membra! Ora gemono in tutte le parti del mondo, ma alla fine saranno allietate dalla corona di giustizia della quale dice Paolo: Me la conferirà in quel giorno il Signore, giudice giusto (2Tm 4,8). Cantiamo dunque ora nella speranza, uniti tutti insieme. Essendo infatti rivestiti del Cristo, noi siamo Cristo, insieme col nostro Capo. E siamo anche discendenti di Abramo, come dice l’Apostolo. Io ho affermato che noi siamo Cristo e l’Apostolo dice: Per questo voi siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. Voi siete discendenti di Abramo. Vediamo se discendenza di Abramo sia anche Cristo. Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Non dice: Nelle discendenze, quasi che ne fossero molte, ma, poiché è una sola, dice: Nella tua discendenza, e questa discendenza è Cristo (Ga 3,29 Ga 8 Ga 16). Sicché anche a noi è detto: Voi siete discendenza di Abramo. Risulta pertanto chiaramente che noi apparteniamo a Cristo e, siccome siamo membra e corpo di lui, insieme con lui formiamo un solo uomo; e quindi possiamo cantare: Misericordia e giudizio canterò a te, o Signore.

L’innocenza del cuore.

4. [v 2.]Salmeggerò e comprenderò nella via immacolata, quando verrai a me. Fuori della via immacolata non potrai né salmeggiare né comprendere. Se vuoi comprendere, salmeggia nella via immacolata, cioè compi nella gioia le opere del tuo Dio. Qual è la via immacolata? Ascolta come continua: Camminavo nell’innocenza del mio cuore in mezzo alla mia casa. Questa via immacolata trae inizio dall’innocenza e all’innocenza giunge. A che pro cercare molte parole? Sii innocente e hai raggiunto la perfezione della giustizia. Ma che significa “ essere innocente ”? In due maniere l’uomo fa del male, per quanto è in suo potere: o rendendo misero un suo simile o abbandonandolo nella miseria. Prova ne sia che tu stesso non vuoi essere ridotto in miseria né, se già sei misero, ti piace essere abbandonato nella tua miseria. Chi causa al prossimo della miseria? Chi usa violenza o trama insidie, chi s’appropria della roba altrui, chi opprime i poveri, ruba, attenta al matrimonio degli altri, chi calunnia, ovvero per odio causa al suo simile delle sofferenze. E chi è che abbandona il misero? Chi vede il povero bisognoso di aiuto e, pur avendo di che aiutarlo, lo trascura, lo disprezza, non lo prende a cuore. Anche se chi si comporta così non avesse a sua volta alcun bisogno di misericordia, trascurando il misero si comporterebbe da superbo. Si trova infatti ancora in mezzo alle sofferenze della vita e, senza sapere che cosa gli possa accadere domani, disprezza le lagrime del misero! Non è innocente costui. Chi è allora innocente? Chi non fa del male né a se stesso né agli altri. Difatti anche facendo del male a se stesso si perde l’innocenza. Qualcuno potrebbe dire: “ Ecco, io non ho rubato a nessuno, non ho oppresso nessuno. Con la mia roba, col ricavato dei miei lavori voglio condurci una vita agiata, voglio avere il pranzo pronto, voglio spendere a mio talento, voglio bere con chi voglio e quando voglio. Chi ho defraudato? Chi ho oppresso? Chi può lamentarsi di me? ”. Sembrerebbe un innocente. Ma se danneggia se stesso, se rovina il tempio di Dio che è in lui, come attendersi da un uomo siffatto che usi misericordia verso gli altri e risparmi ogni danno ai miseri? Uno che è crudele contro se stesso potrà mai essere compassionevole con gli altri? Tutta la giustizia insomma si riduce ad una parola: innocenza. Ma chi ama l’iniquità odia la sua anima (Ps 10,6). Amando l’ingiustizia, credeva di danneggiare solamente gli altri: ma osserva se ciò corrisponda a verità. Dice: Chi ama l’iniquità ha in odio la propria anima. Chiunque pertanto fa del male al prossimo, prima di tutto danneggia se stesso. E neppure avanza [spiritualmente] perché non ha dove muoversi: difatti ogni specie di colpa comporta strettezze, mentre l’innocenza, ed essa sola, ha una via spaziosa ove si può camminare. Dice: Io camminavo nell’innocenza del mio cuore, in mezzo alla mia casa. Chiama “ mezzo della sua casa ” o la Chiesa di Dio (in essa infatti muove il Cristo i suoi passi), ovvero il suo proprio cuore (poiché la nostra casa interiore è il cuore), nel quale caso la seconda frase spiegherebbe la precedente, e cioè: Nell’innocenza del mio cuore. Qual è l’innocenza del cuore? Il mezzo della sua casa. Chiunque ha riempito di male questa casa, ne viene cacciato fuori. Difatti chiunque in fondo al cuore è tormentato da cattiva coscienza, è come l’uomo costretto a uscire di casa perché vi piove o v’è fumo, e così non riesce ad abitarvi. Veramente, uno che abbia il cuore in subbuglio non potrà mai abitarvi volentieri. Ecco perché c’è tanta gente che con le aspirazioni dell’animo vive al di fuori di se stessa e ripone felicità in cose esterne e corporali. Cercano la quiete nelle frivolezze, negli spettacoli, nelle lascivie e in ogni sorta di vizi. Perché cercano la felicità al di fuori? Perché dentro non si trovano bene; perché nella coscienza non hanno di che godere. In questo senso disse il Signore al paralitico che aveva guarito: Prendi il tuo lettuccio e vattene a casa (Mt 9,6). Faccia lo stesso l’anima affetta come da paralisi interiore. Si rafforzi nelle membra d’una santa operosità per cui agisca sempre rettamente. E sollevi il suo lettuccio, cioè regga il suo corpo. E torni a casa sua, cioè rientri nella sua coscienza: troverà in essa ampio spazio per camminare. E salmeggi, e comprenda.

Odiamo il peccato, amiamo il peccatore.

5. [vv 3.4.] Non ponevo dinanzi ai miei occhi alcuna cosa cattiva. Che significa: Non ponevo dinanzi ai miei occhi alcuna cosa cattiva? Non l’amavo. Come infatti sapete, d’una persona che è amata da un’altra si dice che l’ha davanti agli occhi; mentre, quando uno si vede trascurato, si lamenta dicendo che non lo si tiene davanti agli occhi. Che vuol dire dunque avere davanti agli occhi? Amare. E che cos’è non amare? Non stare col cuore presso qualcuno o alcunché. Dicendo quindi: Io non ponevo dinanzi ai miei occhi alcuna cosa cattiva, indica che non amava le cose cattive. E precisa di che si tratti: Odiavo i prevaricatori. Statemi attenti, fratelli miei! Se camminate con Cristo nel mezzo della sua casa (cioè o dentro il vostro cuore ove trovate requie, o nella Chiesa ove camminate sul retto sentiero della vita immacolata), non soltanto dovete odiare i prevaricatori che sono al di fuori, ma anche quelli che incontrerete al di dentro. Chi sono questi prevaricatori? Coloro che odiano la legge di Dio, coloro che l’ascoltano e non la mettono in pratica: ecco chi va sotto il nome di prevaricatore. Odia questi prevaricatori, e tienili lontani da te! Ma oggetto del tuo odio dovrà essere il prevaricatore, non l’uomo. L’uomo prevaricatore porta (come vedete) due nomi: uomo e prevaricatore. L’uomo l’ha fatto Dio; prevaricatore ci si è reso lui da se stesso. Ama l’opera di Dio; e perseguita il male che egli s’è procurato. Perseguitando la sua colpevolezza, ucciderai l’opera dell’uomo e metterai in libertà l’opera di Dio. Io ebbi in odio i prevaricatori.

Retto è il cuore che ha in Dio la sua norma.

6. Non ha aderito a me il cuore perverso. Quando è perverso un cuore? Quando è tortuoso. E quando è tortuoso? Quando non è retto. E quando non è retto? Considera cosa sia un cuore retto e troverai subito quando un cuore non è retto. Si dice retto il cuore d’un uomo quando questi vuole tutto quello che Dio vuole. Attenti! Ecco un tizio pregare affinché non gli succeda un qualcosa. Prega e la cosa avviene lo stesso. Potrà intensificare la preghiera; ciò nonostante la cosa indesiderata avviene egualmente. Ebbene, si sottometta alla volontà di Dio! Non opponga resistenza al volere supremo ma faccia come fece personalmente il nostro Signore, quando, vicino alla passione, facendosi quasi specchio della nostra debolezza, disse: La mia anima è triste fino alla morte (Mt 26,38). Era questo un esempio per noi: non che temesse effettivamente la morte, avendo il potere di dare la vita e di riprenderla (Cf. Jn 10,18). Anche Paolo apostolo, soldato e servo del Signore, grida: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho mantenuto fedeltà. Quanto al resto, mi è serbata la corona di giustizia che il Signore, giudice giusto, conferirà a me in quel giorno (2Tm 4,7-8). Di fronte alla morte potrà l’Apostolo godere, se di fronte alla stessa morte il suo Signore e sovrano è triste? Sarà, allora, il servo superiore al padrone? E come la metteremo con le parole del Signore: Basti al servo essere come il suo padrone, e al discepolo essere come il suo maestro (Mt 10,25)? Ecco, di fronte alla morte imminente, Paolo è forte, il Signore è triste! Dice il primo: Io desideravo essere sciolto [dai legami del corpo] ed essere con Cristo (Ph 1,23). Gode perché può svincolarsi dalla carne ed essere con Cristo, mentre Cristo della cui presenza Paolo si allieta, è lui stesso triste? Ma, cos’era quel grido emesso dal Signore, se non il grido della nostra debolezza? Ci sono infatti anche ora molti che, nella loro debolezza, si rattristano per la morte che li attende. Ebbene, abbiano retto il cuore! Evitino la morte con ogni mezzo possibile ma quando evitarla sarà impossibile, ripetano le parole che il Signore disse non per sé ma per noi. E quali sono queste parole? Padre, se è possibile, passi da me questo calice! Ecco espressa la volontà umana. Ma, eccoti ora il cuore retto: Tuttavia, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu, Padre (Mt 26,39). Se, pertanto, un cuore è retto quando si conforma alla volontà di Dio, è perverso se resiste a Dio. Capita un’avversità, e chi ne è colpito subito a gridare: “ O Dio, ma che cosa ti ho fatto? che colpa o che peccato ho commesso? ”. Vuol apparire lui stesso giusto e accusa Dio d’ingiustizia! Ci può essere cosa più insensata? Ha il cuore tortuoso e, non contento di ciò, egli suppone che sia storta anche la riga [cui si ha da conformare]. Raddrizzati, e troverai come sia retto colui dal quale allontanandoti ti sei deformato. Egli agisce giustamente, tu ingiustamente; anzi, proprio per questo sei perverso, perché mentre ritieni giusto l’uomo, accusi Dio d’ingiustizia. Qual è l’uomo che credi giusto? Te stesso! Dicendo, infatti: Ma io che cosa ti ho fatto? ti proclami giusto. Il Signore voglia quindi risponderti: “ È vero, a me non hai fatto nulla. Hai fatto ogni cosa per te. Se infatti avessi fatto qualcosa per me, avresti compiuto del bene: poiché, quando si compie il bene, lo si fa per me, in quanto lo si compie dietro mio comando. Quando invece compi il male, lo fai per te, non per me, poiché il cattivo non può compiere opere che non siano se non per lui, dato che il male io non lo comando ”. Se pertanto, fratelli, v’imbattete in gente che ragioni così, sgridatela, rimproveratela, fatela ravvedere! E, se non siete in grado di sgridarla o richiamarla al dovere, non approvatene, almeno, il comportamento! In modo da poter dire: Non ha aderito a me il cuore perverso.

Le opposte vie del giusto e del peccatore.

7. Poiché il malvagio si allontanava da me, io non lo conoscevo. Che significa: Non lo conoscevo? Non l’approvavo, non lo elogiavo, non mi piaceva. Troviamo infatti nelle Scritture la parola “ conoscere ” nel senso di “ essere gradito ”. Ci può essere, fratelli, qualcosa che sfugge a Dio? Conoscerà forse, il Signore, i giusti, e non conoscerà gli ingiusti? Ci potrà essere un qualche tuo pensiero che Dio non conosca? Non dico un tuo atto, ma un tuo pensiero, che Dio non conosca? Non dico: Un tuo pensiero di oggi, ma: Un pensiero che avrai in avvenire, che Dio non abbia conosciuto antecedentemente? Certamente, Dio conosce ogni cosa. Eppure, alla fine (cioè quando alla misericordia subentrerà il giudizio) ci saranno certuni dei quali è detto: Quel giorno molti verranno a dirmi: Signore, Signore! Noi nel tuo nome abbiamo scacciato i demoni e operato molti portenti: noi abbiamo mangiato e bevuto nel tuo nome. Allora io dirò loro: Andatevene lontano da me, operatori di iniquità; Io non vi conosco (Mt 7,22-23). C’è dunque qualcuno che Dio non conosce? Che significa quel Non vi conosco? Non vi riconosco conformi alla mia regola. Conosco la norma della mia giustizia, ma voi non combaciate con essa: ve ne siete allontanati e siete storti. Nello stesso senso è detto qui: Io non lo conoscevo. Siccome il malvagio si allontanava da me, io non lo conoscevo. Che vuol dire, allora: Non lo conoscevo? Si riferisce, forse, al fatto che, quando un birbante incontra un giusto per una strada stretta, con la mente corre alle parole della Sapienza di Salomone: Egli ci dà noia anche a vederlo (Sg 2,15), e cambia strada, per non vedere quella persona indesiderata? Ma, quanti mascalzoni ci sono e ci tocca vederli! Ci guardano, e non solo non si allontanano da noi, ma ci corrono incontro, sperando (almeno talvolta) di realizzare i loro piani iniqui con la nostra collaborazione! Son cose che capitano spessissimo. In che senso, allora, si allontanano? Si allontana da te l’uomo che non ti somiglia. Che vuol dire: Si allontana da te? Non ti segue. E che vuol dire: Non ti segue? Non imita la tua condotta. Orbene, siccome il malvagio era lontano da me, cioè, siccome mi era dissimile né voleva imitare la mia condotta (non voleva vivere secondo il modello che in me stesso io offrivo alla sua imitazione), per questo io non lo conoscevo. Che significa, dunque: Non lo conoscevo? Che non l’approvavo; non che io effettivamente non lo conoscessi.

Cristo accetta d’assidersi a mensa con i superbi.

8. [v 5.] Colui che occultamente denigrava il suo prossimo, io lo perseguitavo. Ecco un buon persecutore. Perseguita non l’uomo ma il peccato. Con l’uomo dall’occhio superbo e dal cuore insaziabile io non mi sedevo a mensa. Che significa: Non mi sedevo a mensa? Non mangiavo con lui. Mi stia attenta la vostra Carità, poiché udrete una cosa sorprendente. Se non si poneva a mensa con lui, vuol dire che non mangiava con lui, poiché stare a mensa è lo stesso che mangiare. Ma, allora, perché ci si fa sapere che lo stesso nostro Signore, per primo, mangiava con i superbi? Non dico dei pubblicani e dei peccatori, i quali erano umili e, riconoscendo le proprie infermità, ricorrevano al medico. Troviamo che il Signore andò a pranzo in casa degli stessi superbi farisei. Come quella volta che lo invitò quel superbo a cui dispiacque che una donna, peccatrice ben nota nella città, si fosse avvicinata ai piedi del Signore, e disse in cuor suo: Costui, se fosse un profeta, saprebbe che sorta di donna gli si è avvicinata ai piedi. La purità dei farisei era infatti intesa nel senso che nessun peccatore avesse a toccarli e, se qualcuno di questi cosiddetti immondi li avesse toccati, sia pur di sfuggita, ne avevano orrore, quasi che il contatto con un impuro avesse reso impuri loro stessi. Quando dunque quella peccatrice rinomata nella città si accostò al Signore per piangere ai suoi piedi, il fariseo, al vederla, rimuginava dentro di sé le parole di cui sopra. Come sapeva che Cristo non conosceva quella donna? Era solo un sospetto, motivato dal fatto che Cristo non l’aveva allontanata, poiché, se fosse stato un profeta, l’avrebbe certo scacciata. In realtà, il Signore non solo conosceva la donna peccatrice, ma vedeva anche le ferite inguaribili del fariseo superbo. E per mostrargli quanto fosse superbo, penetrando nei suoi pensieri gli disse: Simone, ho da dirti una cosa. Un banchiere aveva due debitori, dei quali uno gli doveva cinquanta denari, mentre l’altro cinquecento. Non avendo costoro di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro lo amerà di più? Il fariseo, di fronte alla verità che gli estorceva la confessione, dové pronunziare una sentenza che lo condannava. Credo, Signore, rispose, che sarà colui al quale è stato condonato di più. E allora il Signore, volgendosi alla donna, prese a dire a Simone: Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua, e tu non mi hai dato l’acqua per lavarmi i piedi; costei invece mi ha lavato i piedi con le lacrime (Lc 7,36-44). E il resto che ben sapete: sicché non è da soffermarsi a lungo in cose che abbiamo riferite solo come conferma. Orbene, questo fariseo era certamente superbo; eppure il Signore stava a mensa con lui. Come fa allora il salmo a dire: Con l’uomo dall’occhio superbo e dal cuore insaziabile io non sedevo a mensa? Che significa: Non sedevo a mensa? Non mangiavo con lui. Ma se queste cose il Signore non l’ha praticate, come fa ad imporle a noi? Egli ci esorta ad imitarlo; ma, se lo vediamo andare a pranzo dai superbi, come può proibirci di fare altrettanto? Veramente anche noi, fratelli, per motivi di più efficace riprensione ci appartiamo a volte dai nostri fratelli e per farli ravvedere rifiutiamo di sedere a tavola con loro. Preferiamo magari pranzare con gli estranei, con i pagani, anziché con i nostri compagni, che vediamo comportarsi malamente. Questo, affinché provino rossore [della loro vita] e si emendino. Come dice l’Apostolo: Se qualcuno non ascolta la nostra parola contenuta in questa lettera, notatelo, ed evitate la sua compagnia. Tuttavia, non consideratelo un nemico, ma riprendetelo come un fratello (2Th 3,14-15). A queste misure ricorriamo anche noi a volte per trarne rimedio; fatto sta, comunque, che spesso sediamo a mensa con molti estranei e con gli stessi empi.

344 L’invidia è insaziabile.

9. Che vuol dire allora: Con l’uomo dall’occhio superbo e dal cuore insaziabile io non sedevo a mensa?Il cuore buono ha i suoi cibi, e i suoi cibi ha il cuore superbo. È infatti in rapporto a questi cibi del cuore che si menziona nel salmo il cuore insaziabile. Di che si pasce il cuore superbo? Se è superbo, sarà anche invidioso. Non potrebbe essere altrimenti. La superbia è la madre dell’invidia; non può non generare questo vizio né esserne disgiunta. Ogni superbo è quindi un invidioso e, se è invidioso, si pasce del male altrui, come dice l’Apostolo: Se vi mordete e divorate a vicenda, state attenti almeno a non consumarvi a vicenda (
Ga 5,15). Se pertanto vedete gente che si sbrana gli uni gli altri, non ponetevi a mensa con loro, fuggite tali banchetti! Essi mai saranno sazi di godere del male altrui, poiché il loro cuore è insaziabile. Non lasciarti sorprendere dal laccio del diavolo e condurre alla loro mensa! Con cibi di questa sorta si nutrivano i Giudei quando crocifissero il Signore: nel senso che essi provavano, per così dire, un gran gusto al vederlo soffrire (ben diversamente ci nutriamo noi della croce del Signore, quando ne mangiamo il corpo!). Vedendolo sospeso alla croce, lo insultavano da gente dal cuore insaziabile e dicevano: Se è Figlio di Dio, scenda dalla croce! Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso? (Mt 27,40-42 Mc 15,30-31 Lc 23,35) Si pascevano della loro crudeltà, mentre lui, nutrendosi col cibo della misericordia, diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Quelli avevano un cibo, lui ne aveva un altro. Ma cosa è detto del banchettare dei superbi? Ascoltate! La loro mensa diventi per loro un laccio e una ricompensa e uno scandalo (Ps 68,23). Si sono cibati e sono stati presi. Come gli uccelli che attratti dal cibo si avvicinano al cappio e i pesci all’amo e vengono presi, così è di costoro. Hanno dunque gli empi il loro cibo, come anche per i buoni c’è un cibo. Ascolta quale sia il cibo dei buoni! Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, poiché saranno saziati (Mt 5,6). Se pertanto il buono si nutre del cibo della giustizia, mentre il malvagio del cibo della superbia, niente di strano che quest’ultimo abbia il cuore insaziabile: si pasce infatti col cibo dell’iniquità. Non pascerti di questo cibo, e non avrai a mensa con te né colui che è superbo di occhi né colui che ha insaziabile il cuore.

Il ministro indegno di Cristo giova agli altri, rovina se stesso.

10. [v 6.] Ma tu di che cosa ti cibavi? Cosa gustavi alla tua mensa, alla quale non partecipava l’iniquo? Dice: I miei occhi sopra i fedeli della terra, affinché stessero assisi con me. Il Signore dice: I miei occhi sopra i fedeli della terra, affinché stessero assisi con me, cioè si sedessero accanto a me. In che modo si sarebbero seduti con lui? Sederete, dice, su dodici troni e giudicherete le dodici tribù d’Israele (Mt 19,28). Giudicano i fedeli della terra coloro ai quali viene detto: Non sapete che noi giudicheremo gli angeli? (1Co 6,3) I miei occhi erano sopra i fedeli della terra, affinché si sedessero con me. Colui che camminava sulla via immacolata mi serviva. Serviva me, dice, non se stesso. Ci sono molti infatti, che si pongono al servizio del Vangelo ma in sostanza servono se stessi, poiché cercano il proprio tornaconto, non gli interessi di Gesù Cristo (Cf. Ph 2,21). Che vuol dire, infatti, servire Cristo? Curare gli interessi di Cristo; per cui, quando un malvagio predica il Vangelo, gli altri si salvano, lui è condannato. Non per nulla dice il Signore: Fate quello che dicono, non quello che fanno (Mt 23,3). Non sgomentarti quindi se il Vangelo ti viene annunziato da un malvagio. Guai a lui! poiché è al servizio di se stesso, cioè ricerca nell’evangelizzazione il suo interesse. Tu prendi da lui quel che è di Cristo. Colui che camminava sulla via immacolata, mi serviva.

11. [v 7.] Non ha dimorato in mezzo alla mia casa colui che agiva con superbia. Riferite le parole alla casa di cui si parlava prima, cioè al cuore. Non ha dimorato nel mio cuore colui che agiva superbamente. Non vi abitava ma subito ne usciva fuori. Nel mio cuore non abitava nessuno che non fosse mite e pacifico. Il superbo non vi abitava, poiché l’iniquo non può abitare nel cuore del giusto. Sia pure il giusto separato da te non so quante miglia o da quali distanze; se voi avete un cuore solo, voi abitate insieme. Chi agiva con superbia non ha dimorato in mezzo alla mia casa. Chi parlava di cose inique non procedeva alla vista dei miei occhi. Ecco la via immacolata, nella quale comprendiamo quando il Signore viene da noi.

La vita presente è una notte piena d’insidie.

12. [v 8.]Di mattina io uccidevo tutti i peccatori della terra. È una frase oscura. Vogliate prestare attenzione, anche perché siamo alla fine del salmo. Di mattina uccidevo tutti i peccatori della terra. A che scopo? Per disperdere dalla città del Signore tutti coloro che commettono ingiustizie. Ci sono dunque nella città del Signore degli operatori di iniquità, e sembrerebbe che almeno per adesso vengano risparmiati. Ma perché? Perché ora è tempo di misericordia. Verrà poi il tempo del giudizio, poiché il salmo s’è aperto proprio con queste parole: Misericordia e giudizio canterò a te, Signore. Ha precisato antecedentemente che con lui non fanno lega se non i buoni e che lui personalmente non è entrato in combutta con i cattivi né ha gustato il sapore delle vivande inique di coloro che servono se stessi e non il Signore (che cioè ricercano soltanto il loro tornaconto). Ora suppone una specie di obiezione: “ Perché hai tollerato per tanto tempo nella tua città gente come questa? ”, e risponde: “ Perché è tempo di misericordia ”. E che vuol dire: Tempo di misericordia? Che non si è ancora manifestato il giudizio. Ora è notte; ma si farà giorno e si farà anche il giudizio. Odi l’Apostolo: Pertanto non giudicate alcuno anzitempo. Che significa: Anzitempo? Prima che si faccia giorno. Notate come proprio di questo si parli. Dice: Finché non venga il Signore, il quale illuminerà i recessi delle tenebre e manifesterà i disegni del cuore, e allora ciascuno conseguirà da Dio la sua lode (1Co 4,5). Ora al contrario, cioè finché tu non penetri nel mio cuore e io non riesco a penetrare nel tuo, è notte. Tu, ad esempio, hai chiesto qualcosa ad uno: non l’ottieni e pensi che l’altro non ti calcoli. In realtà può darsi benissimo che egli ti apprezzi; solo che tu non riesci a penetrare nel suo cuore. Sei troppo frettoloso ad imprecare. Sbagli a causa della notte, e per questo devi essere perdonato. Una persona, chiunque essa sia, ti ama, ma tu sei convinto che essa ti odii; ovvero ti odia, mentre tu credi che ti voglia bene. In ambedue i casi, per te è notte. Non temere! Abbi fiducia in Cristo e cerca in lui la luce del giorno. In lui non potrai supporre alcun male, poiché siamo assolutamente sicuri che egli non può ingannarsi e che ci ama. Fra noi uomini invece non siamo mai del tutto sicuri, almeno per ora. Dio conosce l’amore che abbiamo gli uni per gli altri; ma noi, anche se in realtà ci vogliamo bene, chi potrà controllare con che mira lo facciamo? Ma perché a nessuno è dato scandagliare il cuore degli altri? Perché è notte: una notte nella quale abbondano le tentazioni, una notte della quale sembrerebbe parlare il salmo che dice: Inviasti le tenebre e si fece notte. In questa [notte]si mettono in cammino tutte le belve della foresta: i cuccioli dei leoni ruggiscono in cerca di preda, chiedendo a Dio il loro cibo (Ps 103,20-21). Di notte cercano la preda i piccoli del leone. E chi sono costoro? I satelliti dei principi e delle potenze di quest’aria, i demoni e gli angeli di Satana (Cf. Ep 2,2). In che modo si cercano la preda? Tentando. Ma siccome non possono appressarsi all’uomo senza l’autorizzazione di Dio, ecco che di loro si dice: Chiedendo a Dio il loro cibo. Il demonio chiese il potere di tentare Giobbe. Che boccone! Squisito, grasso! Un giusto del Signore, al quale Dio stesso aveva reso testimonianza dicendo: È un uomo irreprensibile, un vero adoratore di Dio (Cf. Jb 1,8-12). Chiese dunque di tentarlo (cioè chiese a Dio un pane per i suoi denti), e Dio glielo diede. Permise che lo tentasse non che lo finisse; che lo purificasse, non che lo uccidesse; o forse nemmeno che lo purificasse, ma soltanto che lo mettesse alla prova. Ci sono tuttavia altri che, sottoposti a tentazione, talora per loro responsabilità occulte, vengono consegnati in potere del tentatore: forse perché si sono abbandonati alle passioni del loro cuore. Comunque il diavolo non può nuocere ad alcuno se Dio non glielo concede. Ma quand’è che Dio gli dà questo potere? Di notte. Quando cioè? Finché dura il tempo presente. Quando invece la presente notte sarà terminata e sarà spuntato il giorno, i cattivi saranno spediti insieme col diavolo nel fuoco eterno e i buoni se ne andranno alla vita eterna (Mt 25,46). Non ci sarà più alcun tentatore: finita la notte, non vi saranno più i cuccioli dei leoni. Per questo diceva il Signore ai discepoli: In questa notte Satana ha chiesto di potervi triturare come frumento; ma io ho pregato per te, o Pietro, affinché la tua fede non venga meno (Lc 22,31-32). Che significa: Triturare uno come frumento? L’uomo non mangia il frumento se prima non lo ha triturato per ricavarne del pane. Allo stesso modo il diavolo non divora nessuno senza averlo prima schiacciato mediante la tribolazione. Per mangiarlo, egli ha da sfarinarlo; sicché, se tu in mezzo alle tribolazioni resti grano intero, non hai da turbarti. Non ti capiterà alcun male. Come fanno i buoi a trebbiare? Forse che vanno là dov’è ammassato solamente il grano? Sono condotti sull’aia insieme con la trebbia. E sarà forse il grano quello che ha da temere? No di certo. Solo la paglia viene sminuzzata. Il grano viene liberato da ciò che gli era superfluo, sicché alla vagliatura appare il grano puro. E chi viene trovato buon grano viene recato nel granaio del Signore; e il mucchio della paglia viene bruciato nel fuoco che non si spegne (Cf. Mt 3,12).

Cristo misericordioso nel tempo, severo nel giudizio.

13. Perché ho detto questo? Perché noi attendiamo il giorno animati dalla speranza, e il nostro giorno dev’essere in Cristo. Difatti, finché siamo tra le tentazioni, è notte. In questa notte Dio perdona ai peccatori e non li annienta: li flagella con tentazioni affinché si ravvedano ma li lascia vivere entro le mura della sua città. Pensiamo che li tollererà per sempre? Se per sempre avesse a durare la misericordia, non ci sarebbe tempo per il giudizio. Ma se è vero che: Misericordia e giudizio canterò a te, Signore, ne segue che ora perdona, poi giudicherà. Ma quando giudicherà? Quando sarà passata la notte. Per questo dice: Al mattino io uccidevo tutti i peccatori della terra. Che vuol dire: Al mattino?Quando, trascorsa la notte, sarà spuntato il giorno. Al mattino io uccidevo tutti i peccatori della terra. Perché li risparmia fino al mattino? Perché prima era notte. Cosa significa: Era notte? Era tempo di perdono. Egli lasciava correre finché i cuori degli uomini potevano rimanere occulti. Anche tu vedi uno che vive male e lo sopporti, poiché, essendo notte, non sai come sarà domani. Non sai cioè se uno che oggi vive male, domani vivrà bene, né se domani sarà perverso colui che oggi vive rettamente. È notte e Dio, che è paziente, sopporta tutti. Sopporta i peccatori affinché si convertano a lui. Quanti poi in questo tempo di misericordia non si saranno ravveduti, saranno sterminati. Come saranno sterminati? Saranno scacciati dalla città del Signore, dal popolo di Gerusalemme, dalla società dei santi, dalla comunione della Chiesa. Quando saranno sterminati? Al mattino. E che vuol dire: Al mattino? Al termine della notte. Ma ora perché risparmia loro il castigo? Perché è tempo di misericordia. E perché non lo risparmierà per sempre? Perché io canterò a te, Signore, misericordia e giudizio. Fratelli, nessuno si lusinghi! Coloro che compiono opere peccaminose saranno uccisi tutti. Cristo li ucciderà al mattino, escludendoli dalla sua città. Vogliano dunque ascoltarlo ora che è tempo di misericordia. Egli grida per ogni dove. Grida mediante la legge, i profeti, i salmi, le lettere apostoliche, i Vangeli. Notate bene com’egli non taccia, com’egli tolleri e usi misericordia. Fate però attenzione, poiché dopo verrà il giudizio.




Agostino Salmi 100