Agostino Salmi 115

SUL SALMO 115

115 Ps 115

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Predicazione, fede e pratica di opere sante.

1. Penso siano ben note alla vostra Santità le parole dell’Apostolo : Non di tutti è la fede (2Th 3,2). Anzi, voi non ignorate che il numero degli increduli supera quello dei credenti, tanto che si trova scritto : Signore, chi ha creduto udendo il nostro messaggio ? (Is 53, l; cf. Rm 10,16) Tra gli increduli occorre poi annoverare anche quei tali di cui parla l’Apostolo quando afferma : Tutti cercano il proprio tornaconto, non gli interessi di Gesù Cristo (Ph 2,21). Di loro, in un altro passo, l’Apostolo dice che predicano la parola di Dio non per amore di verità ma cercando pretesti, con animo non casto (Cf. Ph 1,17), non mossi cioè da carità pura e sincera. Questi tali avevano in cuore sentimenti (ben visibili attraverso il loro comportamento esterno) contrastanti con quel che predicavano. Predicavano infatti il nome santo [del Signore] ma per piacere agli uomini, al segno che parlando di loro l’Apostolo dice ancora : Costoro non servono Dio ma il loro ventre (Rm 6,18). Eppure l’Apostolo consente che continuino a predicare. Sebbene infatti essi personalmente avessero fede nelle cose che la loro pratica metteva in luce (ed erano opere di morte), tuttavia nella predicazione annunziavano verità che, se messe in pratica con fede da chi le ascoltava, menavano a salvezza. La loro predicazione infatti non si scostava dalla regola della fede. Se fossero giunti a tanto, l’Apostolo li avrebbe scomunicati con le parole : Se qualcuno vi annunziasse un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema (Ga 1,9). Chi infatti predica un vangelo falsificato non annunzia Cristo, che è la verità (Cf. Jn 14,6). Riguardo invece ai predicatori di cui sopra, l’Apostolo afferma chiaramente che annunziano Cristo ; lamenta solo che non lo predichino castamente, vale a dire non con animo semplice né puro, e che sono privi di quella fede sincera che opera mediante la carità. In effetti essi annunziavano il regno dei cieli per soddisfare alle loro mire terrene e, mentre con la lingua predicavano la verità, avevano in cuore la falsità. Scrivendo quindi di loro l’Apostolo (ben sapendo che anche attraverso la predicazione di un Giuda il credente può conseguire la liberazione dal peccato) lascia che continuino a predicare. Dice : Lo si faccia per pretesto o lo si faccia per amore di verità, l’importante è che Cristo sia annunziato (Ph 1,18). Quei predicatori infatti annunziavano la verità, anche se non lo facevano per amore della verità, cioè anche se non avevano l’animo sincero. Si tratta di quella gente che parla di cose a cui personalmente non credono e perciò ne ricavano condanna, mentre sono di utilità a coloro che il Signore istruisce per loro mezzo. Di essi diceva un giorno : Fate le cose che dicono ma non fate quelle che essi stessi fanno ; dicono infatti delle cose ma essi stessi non le praticano (Mt 23,3). E perché questo, se non perché loro stessi non credono all’utilità delle cose che insegnano ? Non molto diversi da costoro son quegli altri che credono ma poi o per indolenza o per paura s’astengono dal predicare quello che credono. Vien fatto di pensare, nei loro riguardi, a quel servo che, avuto il talento, si rifiutò di investirlo e dal padrone nel giudizio si sentì apostrofare : Servo cattivo e infingardo (Mt 25,26). In un’altra pagina del Vangelo si legge che molti fra i più ragguardevoli Giudei credettero in Cristo ma si rifiutavano di confessarlo pubblicamente per non essere cacciati dalle sinagoghe. Anche costoro vengono biasimati e condannati (Cf. Jn 12,42) e, parlando di loro nel seguito del racconto, l’Evangelista dice : Essi amarono la gloria degli uomini più che non la gloria di Dio (Jn 12,43). Ecco dunque che vengono disapprovati tanto coloro che non credono alla verità che predicano quanto gli altri che non diffondono la verità in cui credono. Chi allora meriterà il nome di servo veramente fedele, se non colui a cui si dirà : Avanti, servo buono e fedele ! sei stato fedele nel poco, ti darò autorità sul molto ; entra nel gaudio del tuo padrone (Mt 25,21-23) ? Un servo di tal sorta non parla se non quando ha creduto né tace di ciò che forma l’oggetto della sua fede, per cui non gli succede di dare agli altri delle cose di cui lui stesso è sprovvisto né di venir privato delle cose che aveva per non averle erogate [agli altri]. Sta infatti scritto : A chi ha sarà dato, mentre a chi non ha sarà tolto anche quello che ha (Mt 13,12).

Molte prove attendono il vero credente.

2. [v 10.] Il servo che in questo salmo canta Alleluia è un servo buono, che cioè offre il sacrificio di lode a quel Signore dalle cui labbra udrà l’invito : Entra nel gaudio del tuo Signore. Esulti dunque e dica : Io ho creduto e per questo ho parlato, cioè : Io ho creduto perfettamente. Non credono infatti in maniera perfetta coloro che si rifiutano di comunicare agli altri ciò che credono, poiché rientrano nell’ambito della nostra fede anche quelle parole : Chi mi avrà riconosciuto dinanzi agli uomini, anch’io lo riconoscerò dinanzi agli angeli di Dio (Mt 10,32). E quel servo, se fu chiamato fedele, lo fu non tanto perché aveva ricevuto dei talenti ma perché li spese bene e ne ricavò profitto (Cf. Mt 25,21-23). Così qui il salmo. Non dice : Io ho creduto e parlato ; ma afferma d’aver parlato proprio per il fatto di aver creduto. All’atto stesso di credere egli si rese conto del premio che poteva sperare se avesse parlato e della pena che doveva temere se avesse taciuto. Dice : Ho creduto e per questo ho parlato. Tuttavia io sono stato profondamente umiliato. Ha subito molte tribolazioni a causa della parola che custodiva fedelmente e fedelmente dispensava ; per essa è stato profondamente umiliato. Cose, queste, di cui si lasciarono spaventare quegli altri che amarono la gloria degli uomini più che non la gloria di Dio (Jn 12,43). Ma che vuol dire quel : Tuttavia io ? Avrebbe dovuto dire semplicemente : Io ho creduto e per questo ho parlato e ne sono stato profondamente umiliato. Perché aggiungere quel : Tuttavia io, se non per indicarci che le umiliazioni lanciate dai negatori ostinati della verità possono, sì, raggiungere l’uomo ma non la verità stessa che l’uomo crede e di cui parla ? Sicché l’Apostolo, parlando delle proprie catene, poteva affermare : La parola di Dio non è però incatenata (2Tm 2,9). Allo stesso modo il salmista, che poi si identifica con l’unica persona costituita da tutti i santi testimoni (cioè i martiri) di Dio, può dire : Io ho creduto e per questo ho parlato. Tuttavia io, non la verità che io ho creduto o la parola che ho annunziato, ma io personalmente sono stato profondamente umiliato.

Non presumere di se stessi.

3. [v 11.] Io però nella mia estasi ho detto : Ogni uomo è mentitore. Parla di estasi nel senso di spavento : quello spavento che prova l’umana debolezza di fronte alle minacce dei persecutori e quando le piombano addosso le acerbità dei tormenti e la morte. Intendiamo così poiché in questo salmo risuona la voce dei martiri ; mentre [in astratto] ci sarebbe anche un’altra maniera di concepire l’estasi, e la si ha non quando l’anima è fuori di sé per la paura ma quando è investita da una ispirazione derivante da una qualche rivelazione. Io però nella mia estasi ho detto : Ogni uomo è mentitore. Guardò alla propria miseria e ne ebbe paura, constatando come non aveva proprio nulla per confidare in se stesso. Di fatti l’uomo, di per se stesso, è menzognero e, se è divenuto verace, lo deve alla grazia di Dio ; e a questa grazia deve anche il non aver ceduto alla violenza dei nemici, i quali miravano a fargli non confessare ma piuttosto rinnegare quel che credeva. Una tal cosa era capitata a Pietro, il quale, avendo presunto di se stesso, ebbe bisogno di imparare a sue spese che non si deve presumere dell’uomo. Che se non si deve presumere dell’uomo, non si deve presumere nemmeno di noi stessi che siamo uomini. Con molta esattezza pertanto il salmista, nel suo spavento, constatò che ogni uomo è mentitore. Ciò risulta confermato dal fatto che anche coloro che non si lasciano intimorire né cadono nell’insensatezza di cedere alle persecuzioni e di diventare bugiardi si comportano così per un dono molteplice di Dio, non per le loro proprie forze. Rimane pertanto verissima l’affermazione : Ogni uomo è mentitore. Viceversa, Dio è verace, quel Dio che asserisce : Io ho detto che voi siete dèi e figli dell’Altissimo voi tutti ; ma voi in quanto uomini morrete e come uno dei principi cadrete (Ps 81,6). Consola gli umili e li riempie non solamente di fede perché abbiano a credere nella verità ma anche di coraggio perché la predichino. Occorre però che rimangano costantemente soggetti a Dio ; né debbono prendere l’esempio da quell’uno fra i principi che fu il diavolo, il quale non perseverò nella verità e decadde. In realtà, se ogni uomo è mentitore, solo a patto di non essere uomini sì potrà non essere mentitori. Occorrerà cioè essere dèi e figli dell’Altissimo.

4. [v 12.] La religiosissima schiera dei testimoni della fede pone mente a tutte queste cose. Sa che la misericordia di Dio non abbandona l’umana fragilità : quella fragilità per timore della quale aveva sopra affermato che ogni uomo è mentitore. Sa che Dio consola gli umili e colma i paurosi con lo spirito del coraggio, facendone rivivere il cuore anche quando sembrava già bell’e morto. Nello stesso tempo egli impedisce che ripongano la fiducia in se stessi ma li fa sperare in colui che risuscita i morti (Cf. 2Co 1,9) e rende eloquenti le lingue infantili (Cf. Sg 10,21). Sue infatti sono le parole : Ma quando sarete posti nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete né di ciò che direte ; in quel momento vi sarà suggerito ciò che dovrete dire, perché non siete voi a parlare ma è lo Spirito del Padre vostro, che parla in voi (Mt 10,19-20). Ripensando a tutte queste cose e osservando come la grazia divina l’abbia reso veritiero, colui che prima aveva sentenziato : Nel mio spavento io ho detto : ogni uomo è mentitore, ora dice : Cosa potrò io rendere al Signore per tutti i benefici che egli mi ha resi ? Non dice : “ per tutti i benefici che mi ha elargiti ”, ma : Per tutti i benefici che egli mi ha resi. Dunque c’erano stati dei meriti antecedenti da parte dell’uomo, per cui la concessione dei doni divini fatta all’uomo potesse essere chiamata non elargizione gratuita ma compenso ? Ma cosa l’aveva preceduta nell’uomo se non il peccato ? Sì, veramente, Dio rende il bene invece del male, così come gli uomini rendono talvolta a Lui il male al posto del bene. Male per bene infatti gli resero quei tali che dicevano : Ecco l’erede ; venite, uccidiamolo ! (Mt 21,38)

400 Il Signore ci dona la grazia d’imitarlo.

5. [vv 13-15.] Il salmista cerca qualcosa da rendere al Signore ma non lo trova, se non fra quelle cose che il Signore stesso gli ha donate. Dice : Prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. O uomo, divenuto mentitore per il tuo peccato e riportato alla verità dalla grazia di Dio, per la quale non sei più un [semplice] uomo, chi ti ha porto il calice della salvezza che tu puoi tenere in mano e così essere in grado d’invocare il nome del Signore e rendergli quanto gli devi per tutti i benefici che egli ti ha fatti ? Chi te l’ha dato, se non colui che diceva : Potete bere al calice da cui io sto per bere ? (
Mt 20,22) Chi ti ha concesso la forza di imitare i suoi patimenti, se non colui che antecedentemente ha sofferto per te ? Con ragione, dunque, è preziosa al cospetto del Signore la morte dei suoi santi. Col suo sangue, sparso antecedentemente per la salvezza dei suoi servi, i] Signore ne riscattò la morte ; sicché adesso questi suoi servi non hanno più da temere di versare il loro sangue per il nome del Signore. Tanto più che un tal gesto non torna a vantaggio del Signore, ma a loro proprio vantaggio.

Servi e figli di Dio, i cristiani.

6. [v 16.] Acquistato ad un prezzo così grande, lo schiavo riconosca la sua [reale] condizione ed esclami : O Signore, io sono tuo servo ; tuo servo e figlio della tua serva. Ecco : è stato riscattato, eppure era di famiglia. E allora ? Forse che fu comprato in sua madre, anch’essa comprata ? Ovvero, essendo uno schiavo nato in casa, fu forse catturato [dai nemici] quando commise il peccato di darsi alla fuga e l’essere stato comprato non è consistito se non nell’essere riscattato ? Infatti ogni uomo è figlio della schiava del Signore, in quanto ogni creatura è soggetta al suo Creatore e deve prestare un ossequio di autentico servizio a chi verissimamente le è signore. Quando gli presta questo servizio ottiene la libertà ; riceve cioè dal Signore la grazia di poterlo servire non per forza ma per scelta volontaria. Un uomo siffatto è figlio della Gerusalemme celeste, la città superna, che è libera ed è la madre di noi tutti (Cf. Ga 4,26). Libera dal peccato ma schiava della giustizia, ella ha dei figli ancora pellegrini, ai quali dice la Scrittura : Voi siete stati chiamati alla libertà. E ancora, rendendoli in una certa maniera di nuovo servi : Siate servi l’uno dell’altro nella carità (Ga 5,13). E finalmente : Quando eravate asserviti al peccato, non eravate sottoposti alla giustizia ; ma ora affrancati dal peccato e divenuti schiavi di Dio, ne avete il frutto nella vostra santificazione, mentre il fine è la vita eterna (Rm 6,20-22). Dica dunque a Dio questo suo servo : Molti si dànno il nome di martiri e di servi tuoi, o Signore, perché hanno il tuo nome ; appartenendo però a varie eresie e errori ed essendo fuori della tua Chiesa, tutti costoro non sono figli della tua serva ; io invece sono e tuo servo e figlio della tua serva.

7. [v 17.] Hai spezzato i miei legami : ti offrirò un sacrificio di lode. Quando tu spezzasti i miei legami non c’era alcun mio merito [a cui attribuire una tale liberazione]. Per questo ti debbo il sacrificio di lode. E se mi glorierò di essere tuo servo e figlio della tua serva, non mi glorierò in me ma in te, che sei il mio Signore e hai spezzato i miei legami, facendo sì che io, reduce ormai dalla fuga, mi riattaccassi a te.

8. [v 18.] Renderò al Signore i miei voti. Quali voti gli renderai ? Quali vittime gli hai promesse ? quale incenso ? quale olocausto ? Ti riferisci forse a quello che menzionavi or ora dicendo : Prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore ? Ovvero alle altre : Offrirò a te un sacrificio di lode (Ps 115,13 Ps 115,17) ? In realtà, chi con retto giudizio pensa alla vittima da consacrare al Signore e al voto da sciogliere in suo onore, non ha che se stesso da offrire e da rendere. Questo è ciò che si esige da lui, ciò che si deve a Dio. Guardata la moneta, il Signore disse : Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22,21). Come a Cesare è da darsi [ciò che porta.] la sua immagine, così è da darsi a Dio ciò che è immagine di Dio.

Sacrificare a Dio nella pace della Chiesa.

9. [v 19.] Chi poi ricorda di essere non solo servo di Dio ma anche figlio della sua serva, riconosce anche il luogo dove ha da sciogliere i suoi voti, uniformandosi a Cristo mediante la partecipazione al calice della salvezza. Dice : Negli atri della casa del Signore. Casa di Dio e serva di Dio sono la stessa cosa ; e chi è la casa di Dio se non la totalità del suo popolo ? Sicché a ragione soggiunge : Alla presenza di tutto il suo popolo ; e finalmente eccolo nominare espressamente la madre. Cos’altro infatti è il popolo di Dio se non quanto è descritto nelle parole successive : In mezzo a te, o Gerusalemme ? Infatti l’offerta che si presenta a Dio è a lui gradita se è un’offerta di pace e gli si presenta nella pace. Al contrario, coloro che non vogliono essere figli di quella serva [che è la Chiesa], amano la guerra e non la pace. A questo punto si potrebbe pensare (da qualcuno almeno) che per atri della casa del Signore e per totalità del suo popolo si debbano intendere piuttosto i Giudei. Il salmo infatti termina con le parole : In mezzo a te, o Gerusalemme, e questo nome di Gerusalemme costituisce il vanto degli Israeliti secondo la carne. Per escludere una simile interpretazione, vogliate ascoltare il salmo che segue, costituito da quattro soli versetti.

SUL SALMO 116

116 Ps 116

ESPOSIZIONE

SEGUITO DEL PRECEDENTE DISCORSO

La vera Gerusalemme esulta per i doni avuti da Dio

1. [vv 1.2.] Lodate il Signore, o genti tutte ; lodatelo, o popoli tutti. Ecco cosa sono gli atri della casa del Signore : il popolo di Dio nella sua totalità. Questa è la vera Gerusalemme. Lo ascoltino bene quelli che si sono rifiutati di essere figli di questa città, separandosi dalla comunione con tutte le genti. Si è rafforzata sopra di noi la sua misericordia, e la verità del Signore persiste in eterno. La misericordia e la verità sono i due valori che vi esortai a non perdere mai di vista allorché spiegai il salmo 113. La misericordia del Signore si è in effetti rafforzata su di noi quando di fronte al suo nome, per opera del quale siamo stati liberati, si sono arrese le genti, un tempo ostili, e hanno chiuso la loro bocca fremente di rabbia. E la verità del Signore persiste in eterno, e questo tanto nelle promesse fatte ai giusti quanto nelle minacce pronunciate contro gli empi.

SUL SALMO 117

117 Ps 117

ESPOSIZIONE

DISCORSO Al, POPOLO

401 Confessione dei peccati e confessione di lode.

1. Abbiamo ascoltato, fratelli, il richiamo dello Spirito Santo, che ci esortava ad offrire a Dio il sacrificio della confessione. Ora questa confessione è di due specie : confessione della lode divina e confessione dei nostri peccati. Quanto a quest’ultima, cioè alla confessione consistente nell’accusare a Dio i propri peccati, essa è nota a tutti ; anzi, la gente meno versata nella conoscenza delle Sacre Scritture ritiene che solo in questo senso si possa parlare di confessione e, quando dalla bocca del lettore si ode la parola “ confessione ”, subito si avverte il devoto brusio di persone che si battono il petto. Chi la pensasse così ha da riflettere sulle parole dell’altro salmo : Entrerò nel luogo della magnifica tenda, fino alla casa del Signore, in mezzo a voci di giubilo e di confessione, in mezzo a suoni di gente in festa (
Ps 41,5). In questo testo è evidente che la voce della confessione e i suoni non hanno alcuna relazione con la mestizia della penitenza ma indicano la gioia di una festa assai frequentata. Che se qualcuno volesse ancora dubitare d’un testo così chiaro, cosa potrà obiettare alle parole seguenti che si leggono nel libro dell’Ecclesiastico ? Opere tutte del Signore, dice, benedite il Signore ! Date onore al suo nome, e con cantici e con cetre confessate la sua lode, e nella [vostra] confessione dite così : Tutte le opere del Signore sono infinitamente buone (Si 39,19). Di fronte ad un testo simile nessuno, per quanto ottuso, potrà assolutamente dubitare che la confessione rientri fra i modi di lodare Dio : a meno che nella mente di qualcuno la perversione non sia giunta al segno da fargli pensare che anche quando il Signore Gesù Cristo confessò al Padre, gli abbia confessato i propri peccati. Nel qual caso, se cioè qualcuno, argomentando sul significato del nome “ confessione ”, volesse avanzare una tale ipotesi, certo si dimostrerebbe empio, ma a smentirlo basterebbe un semplice sguardo alla concatenazione delle idee del discorso. Ecco le parole precise : Io ti confesso - diceva - o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e ai prudenti e le hai rivelate ai pargoli. Sì, o Padre, perché così ti è piaciuto (Lc 10,21). Chi non vede come tutto è detto a gloria del Padre ? Chi non vede come in una tale confessione non c’è posto per il dolore ma vi si esprime solo gioia ? Proprio come aveva indicato in apertura l’Evangelista dicendo : In quell’ora [Gesù] esultò nello Spirito Santo e disse : Ti confesso, o Padre ! (Lc 10,21).

La bontà di Dio, motivo primo della nostra lode.

2. [v 1.] Quando dunque, o carissimi, nelle divine Lettere si parla di confessione, la si intende non solamente come confessione dei peccati ma anche come confessione della lode di Dio. È questa una cosa di cui non si può dubitare in alcun modo. Tante infatti sono a questo riguardo le testimonianze scritturali e tutte d’accordo tra loro, che lasciamo a voi l’incarico di identificare da voi stessi le altre somiglianti a quelle citate. Veniamo quindi al nostro salmo che si apre col canto di Alleluia, cioè : “ Lodate il Signore ”. Anche qui ascoltiamo le parole : Confessate al Signore ; e come potremmo intenderle più esattamente se non nel senso che le parole stesse esprimono, e cioè che dobbiamo lodare il Signore ? Questa lode di Dio, poi, non la si sarebbe potuta motivare con espressione più compendiosa di questa : Poiché egli è buono. Non vedo elogio più grande di quello contenuto in formula tanto breve. L’essere buono è una proprietà esclusiva di Dio ; e lo stesso Figlio di Dio, apostrofato un giorno da un tale (che ne vedeva solo la carne senza scorgere in lui la pienezza della divinità, poiché lo riteneva un semplice uomo), al sentirsi chiamare : Maestro buono, rispose : Perché mi dici buono ? Nessuno è buono all’infuori di Dio (Mc 10,17-18). E cosa voleva suggerirgli ? Null’altro che questo : “ Se veramente te la senti di chiamarmi buono, comprendi che io debbo essere anche Dio ”. Ma qui nel salmo queste parole contengono una anticipazione di eventi futuri e sono dette nei riguardi di quel popolo che sarebbe stato liberato da ogni sorta di affanni, come la schiavitù dell’esilio e la mescolanza con i cattivi : cose tutte che gli vengono concesse per l’azione della grazia divina. Così infatti ha agito con l’uomo il Signore : non solo non gli ha reso male per male ma in luogo del male gli ha accordato il bene. Per questo nel salmo si trovano, quanto mai a proposito, aggiunte le altre parole : La sua misericordia è per sempre.

La famiglia dei figli di Dio.

3. [vv 2-5.] Dica la casa d’Israele che egli è buono, che in eterno è la sua misericordia. Dica la casa d’Aronne che egli è buono, che in eterno è la sua misericordia. Dicano ora tutti quelli che temono il Signore che in eterno è la sua misericordia. Riconoscete, penso, o carissimi, chi sia la casa d’Israele e chi sia la casa d’Aronne e come tutte e due appartengano alla categoria di coloro che temono il Signore. Sono quei piccoli associati ai grandi di cui un altro salmo presenta alla vostra mente una bella descrizione. È la famiglia alla quale ci rallegriamo di appartenere noi tutti, per grazia di colui che è buono e la cui misericordia dura in eterno. Sono state infatti esaudite le preghiere di quei tali che invocano : Il Signore aggiunga [benedizione a benedizione] sopra di voi ; sopra di voi e sopra i vostri figli (Ps 113,14). Agli Israeliti convertiti a Cristo, fra cui emergono gli Apostoli nostri padri [nella fede], e alla loro dignità incomparabile di uomini perfetti a cui han prestato obbedienza i piccoli, s’è aggiunta la moltitudine dei pagani, e tutti insieme, divenuti in Cristo un’unica realtà, divenuti un unico gregge sotto un solo pastore, divenuti un solo corpo sotto l’unico Capo e formanti, per così dire, un solo e identico uomo, possiamo dire : Nella tribolazione ho invocato il Signore e mi ha esaudito con ampiezza. Le angustie del nostro soffrire avranno termine, mentre non ne avrà l’ampiezza alla quale siamo diretti. Chi infatti potrà formulare accuse contro gli eletti di Dio ? (Rm 8,33)

La lotta contro le potenze del male.

4. [vv 6.7.] Il Signore è mio aiuto : non temerò quanto [di male] potrà farmi l’uomo. Ma forse che soltanto fra gli uomini trova nemici la Chiesa ? E che cos’è l’uomo, impastato di carne e di sangue, se non carne e sangue ? Ma l’Apostolo dice : Noi non dobbiamo lottare solamente contro la carne e il sangue, ma anche contro i principi e i dominatori del mondo di queste tenebre, cioè contro quegli esseri che dirigono la massa degli empi che amano questo mondo e che pertanto sono i dominatori delle tenebre. Anche noi infatti siamo stati un tempo tenebra, mentre ora sanno luce nel Signore (Ep 6,12). Dice : Contro esseri spirituali maligni esistenti nelle sfere celesti (Cf. Ep 5,8) ; e si riferisce al diavolo e ai suoi angeli : quel diavolo che in un altro passo chiama principe della potenza di quest’aria (Cf. Ep 2,2). Ascolta dunque come prosegue : Il Signore è mio aiuto e io umilierò i miei nemici. Da qualunque parte ci si levino contro i nemici, sia di fra mezzo agli uomini perversi sia di fra mezzo agli angeli cattivi, potremo sempre umiliarli mediante l’aiuto che ci dà il Signore, al quale confessando eleviamo la lode e cantiamo Alleluia.

5. [vv 8.9.] Quando avrò umiliato i miei nemici, non mi si erga contro, facendomi l’amico, l’uomo perbene, costringendomi a riporre in lui la mia speranza. Cosa buona è infatti confidare nel Signore, più che non [lo sia] confidare nell’uomo. Nonostante qualche locuzione usuale, nemmeno l’angelo ha da essere chiamato buono al segno che io possa pensare di riporre in lui la mia confidenza. Nessuno infatti è buono all’infuori di Dio (Cf. Mc 10,13). E quando l’uomo o l’angelo sembrano venire in nostro aiuto, se lo fanno con amore autentico, chi in tal caso ci viene in aiuto è colui che prima di servirsi di loro come ministri li rese buoni, donando ad essi la bontà nella misura che ne erano capaci. Pertanto, buona cosa è sperare nel Signore, più buona che sperare nei principi. Anche gli angeli infatti sono chiamati principi, come leggiamo in Daniele : Michele vostro principe (Da 12,1).

Sofferenze e vittoria di Cristo e della Chiesa.

6. [vv 10.11.] Tutte le genti mi avevano attorniato, ma nel nome del Signore mi sono vendicato di loro. Mi avevano proprio attorniato, ma nel nome del Signore mi sono vendicato di loro. Le parole : Tutte le genti mi avevano attorniato ma nel nome del Signore mi sono vendicato di loro, descrivono le sofferenze e la vittoria della Chiesa. E come se gli si andasse a chiedere con quali risorse abbia potuto superare afflizioni così tremende, ci presenta il suo modello e ci descrive le tribolazioni che agli inizi ebbe a soffrire nella persona del suo Capo. Per questo aggiunge la frase : Mi avevano proprio attorniato. In questo stico molto opportunamente non viene ripetuto il soggetto, cioè Tutte le genti, poiché autori delle sue sofferenze furono i soli Giudei. Ma nel nome del Signore mi sono vendicato di loro. È vero infatti che dalla loro stirpe il Signore assunse la carne che fu confitta in croce ; tuttavia fu parimenti in mezzo a loro che ebbe a sperimentare [le prime] persecuzioni anche il corpo di Cristo, cioè il popolo fedele. Né valse che per amore di quel popolo il Signore con la divinità che celava interiormente avesse compiuto tutti quei miracoli che da uomo mortale ma con potenza immortale compì mediante la carne mortale di cui era rivestito all’esterno.

402 7. [v 12.] Mi attorniarono come quando le api circondano un favo ; divamparono come un fuoco tra le spine, ma nel nome del Signore mi sono vendicato di loro. L’ordine e la connessione di queste frasi appariranno meglio confrontandole con la successione storica degli avvenimenti. Riteniamo infatti che l’affermazione iniziale si riferisca alla persona stessa di nostro Signore, il capo della Chiesa, che fu circondato dai persecutori come quando le api circondano un favo. Quanto accadde al Signore per colpa dei suoi nemici, ignari [di quel che facevano], viene descritto dallo Spirito Santo con una penetrazione acutissima del mistero. Come le api producono miele e lo depositano nei favi, così i persecutori di Cristo, senza sapere quel che facevano, ci resero ancora più dolce il nostro Signore proprio in forza della sua passione. Perseguitandolo essi ci hanno fatto gustare e vedere quanto sia soave il Signore (Ps 33,8), morto per i nostri delitti e risorto per la nostra giustificazione (Cf. Rm 4,25). Quanto alle altre parole, e cioè : Essi divamparono come fuoco in mezzo alle spine, le si applicano meglio al corpo di Cristo, cioè al suo popolo sparso in tutto il mondo. Essendo stato adunato di tra mezzo a tutte le genti, queste genti lo hanno attorniato : arsero in effetti come quando il fuoco divampa tra le spine, e questo allorché col fuoco della persecuzione bruciarono la carne peccatrice e tutte le fastidiosissime trafitture che comporta la vita mortale. Dice : Ma nel nome del Signore mi sono vendicato di loro. E si riferisce o al fatto che, cessato l’odio che li portava a perseguitare i giusti, essi stessi sono venuti a far parte del popolo cristiano, ovvero alla sorte che attenderà quanti fra loro, avendo disprezzato la misericordia di colui che nel tempo li chiamava [al ravvedimento], alla fine esperimenteranno la verità del giudice.

La Chiesa vittoriosa per la presenza di Cristo.

8. [v 13.] Come un mucchio di sabbia sono stato spinto e stavo per cadere, ma il Signore mi ha sostenuto. Sebbene la moltitudine dei credenti fosse così grande da potersi paragonare alla sabbia [che] innumerabile [è sulla riva del mare] e sebbene fosse strutturata in forma di società, e quindi costituisse una specie di mucchio, tuttavia... cosa è mai l’uomo se tu non ti ricordi di lui ? (Cf. Ps 8,5) Non dice : “ I pagani per quanto numerosi non riuscirono a sopraffarmi perché io li superavo di numero ” ; ma : Il Signore mi ha sostenuto. La persecuzione sollevata dal paganesimo non aveva possibilità di scuotere dalle fondamenta e di abbattere la comunità dei fedeli sempre più numerosa, perché abitava insieme cementata dall’unità della fede. Essi credevano in Colui che sostiene ovunque e la comunità stessa e ciascuno dei suoi componenti ; e delle loro invocazioni egli mai avrebbe potuto disinteressarsi.

9. [v 14.] Mia fortezza e mia lode è il Signore ; egli è divenuto la mia salvezza. Chi sarà dunque a cadere di fronte all’impeto [della persecuzione] se non quei tali che pretendono d’avere una loro propria forza e ambiscono per se stessi la lode ? Nessuno infatti cade nella lotta se prima non è stata abbattuta la sua fortezza insieme con quanto costituiva la sua lode. Per cui, se uno fa del Signore la propria fortezza e la propria lode, costui non cade, come è certo che non può cadere il Signore. In tal modo [il Signore] diviene salvezza per quanti sperano in lui. Ne diviene salvezza non nel senso che il Signore cominci ad essere un qualcosa che prima non era, ma nel senso che ogni credente all’atto di credere diviene un qualcosa che prima non era. E Dio, non per un mutamento avvenuto in se stesso ma per il fatto che l’uomo si volge a lui, comincia ad essergli salvezza, mentre non lo era quando quest’uomo gli volgeva le spalle.

10. [v 15.] Grida di gioia e di salvezza nelle tende dei giusti, mentre coloro che martoriavano i loro corpi si attendevano grida di lamento e di disperazione. Costoro infatti non erano in grado di percepire i godimenti spirituali che ai santi causa la speranza dei beni futuri, a proposito dei quali dice l’Apostolo : Sembriamo tristi, ma siamo sempre nella gioia (2Co 6,10). E altrove dice ancora : Né soltanto questo, ma ci gloriamo delle tribolazioni (Rm 5,3).

Meraviglie dell’economia della nostra salvezza.

11. [v 16.] La destra dei Signore ha operato un prodigio. A quale prodigio si riferisce ? Continua : La destra del Signore mi ha esaltato. Grande prodigio elevare [al cielo] chi è meschino, fare un dio di chi è un mortale, dalla debolezza ricavare la perfezione, dall’abiezione la gloria, dalla sofferenza il trionfo : in una parola prendere la tribolazione e farne un mezzo di salvezza, tale che ai tribolati apparisse già in atto la vera salvezza, dono di Dio, mentre agli autori della tribolazione non rimanesse altra salvezza se non quella dell’uomo, che è fallace. Cose grandi, queste : ma perché stupirsene ? Ascolta il ritornello ! Non è stato l’uomo ad elevarsi in questa maniera né a darsi tale perfezione o tale gloria. Non è stato l’uomo a vincere o a salvarsi ; la destra del Signore ha operato il prodigio.

12. [v 17.] Non morrò, ma vivrò e narrerò le opere del Signore. Seminavano ovunque strage e lutto e pensavano che la Chiesa di Cristo dovesse morire. Ecco invece com’essa ora canta le opere del Signore. Per tutto il mondo Cristo è la gloria dei beati martiri. A forza di ricevere schiaffi ha vinto i suoi aguzzini ; a forza di pazienza ha vinto gli incapaci di pazienza ; amando ha vinto la ferocia dei persecutori.

Perché Dio permetta le persecuzioni e le prove.

13. [v 18.] Il corpo di Cristo, la santa Chiesa, il popolo chiamato all’adozione, ci manifesti il motivo per cui ha dovuto soffrire tanti soprusi. Dice : Severamente mi ha castigato il Signore, ma non mi ha abbandonato alla morte. Non ritengano quindi gli empi nel loro furore che avrebbero potuto conseguire un qualche successo con le loro sole forze. Non avrebbero avuto il potere [di nuocere alla Chiesa] se non fosse stato loro accordato dall’alto. Non diversamente accade, anzi è cosa assai frequente, che un padre di famiglia faccia fustigare i propri figli per mano di schiavi crudeli, pur avendo disposto che agli uni sia riservata l’eredità e agli altri le manette. E qual è questa eredità ? Consisterà forse in oro, argento, pietre preziose, latifondi o ridenti campagne ? Vedi come ci si entra, e ti renderai conto di cosa sia.

14. [v 19.] Dice : Apritemi le porte della giustizia. Ecco le porte. E dentro cosa c’è ? Dice ancora : Entrato per tali porte, confesserò al Signore. Si tratta di quella confessione in senso di lode che si leva meravigliosa fino alla casa di Dio, con voci di giubilo e di confessione, in mezzo a suoni di gente in festa (Ps 41,5). È questa la felicità eterna dei giusti : la felicità che rende beati coloro che dimorano nella casa di Dio lodandolo nei secoli dei secoli (Ps 83,5).

403 15. [v 20.] Osserva ancora come si entri nelle porte della giustizia. Dice : Son queste le porte del Signore, e [solo] i giusti vi entreranno. Per queste porte (finalmente !) non entrerà alcun ingiusto, come non ne entreranno in quella Gerusalemme dove non è ammesso alcun incirconciso e dove risuona la voce : Fuori i cani ! (Ap 22,15) È stato già troppo che durante il mio lungo pellegrinaggio abbia soggiornato insieme con le tende di Cedar e sia stato pacifico verso coloro che odiavano la pace (Ps 119,5). Fino all’ultimo dei giorni ho tollerato pazientemente di stare mescolato con i cattivi ; ecco finalmente le porte del Signore, e [solo] i giusti vi entreranno.

16. [v 21.] O Signore, ti confesserò perché mi hai esaudito e ti sei fatto mia salvezza. Quante volte ci si ripete che si tratta di una confessione in senso di lode ! Non è la confessione di chi mostra al medico le proprie ferite ma di chi lo ringrazia per aver ricuperato la salute, la quale salute poi è lo stesso medico.

17. [v 22.] Ma chi chiameremo con questo nome [di medico] ? La pietra che i costruttori hanno scartato. Difatti proprio questa pietra è divenuta testata d’angolo, capace di comporre in se stesso, artefice di pace, i due in un unico uomo nuovo, e di riconciliarli entrambi, cioè i circoncisi e gli incirconcisi, nell’unico corpo di Dio (Ep 2,15).

Cristo pietra angolare.

18. [v 23.] Ad opera del Signore egli è diventato [così] a suo vantaggio. Cioè : [Cristo] è diventato [quel che è diventato] in pro della testata d’angolo per un intervento del Signore. Non sarebbe divenuto così se non avesse patito, ma non furono certo coloro che lo fecero patire a renderlo così. I costruttori lo scartarono, ma il Signore, nell’opera che occultamente veniva edificando, prese ciò che essi avevano scartato e ne fece la testata d’angolo. Ed è mirabile ai nostri occhi : mirabile all’occhio dell’uomo interiore, mirabile all’occhio di chi crede, spera e ama. Non agli occhi carnali di coloro che lo rifiutarono, disprezzandolo quasi fosse un [semplice] uomo.

19. [v 24.] Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Chi dice questo si ricorda che in uno dei precedenti salmi ha affermato : Il Signore ha chinato verso di me il suo orecchio, e io l’ho invocato nei miei giorni (Ps 114,2), ove il suo pensiero è rivolto ai giorni da lui trascorsi nella vita vecchia. In contrapposizione dice ora : Questo è il giorno che ha fatto il Signore. In altre parole, è il giorno nel quale egli mi ha accordato la salvezza. È il giorno di cui dice il Profeta : Nel tempo favorevole ti ho esaudito, e nel giorno della salvezza ti ho aiutato (Is 49,3). È, ancora, il giorno in cui il nostro Mediatore è divenuto per noi testata d’angolo. In esso dunque esultiamo e rallegriamoci.

Cristo nostra via.

20. [v 25.] O Signore, salvami. O Signore, sì, dona un felice viaggio. Salvami, perché è giorno di salvezza ; e poi, siccome siamo di ritorno da uri esilio lontano e per via ci siamo staccati da coloro che odiavano la pace (sebbene noi ci comportavamo da gente pacifica) e senza motivo ci volevano distruggere (sebbene noi non negavamo loro la parola), per questo dona un felice viaggio a chi torna, tu che sei divenuto la nostra via (Cf. Ps 119,7).

21. [v 26.] Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Viceversa, maledetto chi viene in nome di se stesso, come dice [il Signore] nel Vangelo : Sono venuto in nome del Padre mio e voi non mi ricevete ; se venisse un altro in nome proprio, voi lo ricevereste (Jn 5,43). Vi abbiamo benedetti da dentro la casa del Signore. Penso che questa voce provenga dai grandi e sia rivolta ai piccoli. Parlano in tal modo i grandi che con l’acume della loro mente sono in grado, per quanto è consentito all’uomo nella vita presente, di raggiungere il Verbo, Dio presso Dio ; tuttavia, per amore dei piccoli (a cui si rivolgono), moderano il loro dire al fine di poter ripetere con verità le parole dell’Apostolo : Se con la mente siamo degli esaltati, lo siamo per Iddio ; se siamo degli assennati, lo siamo per voi : ci sospinge infatti l’amore di Cristo (2Co 5,13-14). Questi grandi benedicono“ i loro piccoli dall’interno della casa del Signore, dove per tutta l’eternità la lode non ha mai termine. Per cui osservate quale sia l’annunzio che ne risuona.

Cristo sacrificio, altare e sacerdote.

22. [v 27.] Il Signore è Dio : egli ha fatto brillare su di noi la sua luce. Dice di quel “ Signore ” che venne nel nome del Signore e che, sebbene scartato dai costruttori, è divenuto testata d’angolo (Cf. Mt 21,9 Mt 21,42), di quel Mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù (1Tm 2,5). Egli è Dio, è uguale al Padre. La sua luce ha brillato su di noi per farci comprendere le verità della nostra fede e renderci capaci di predicarle a voi che, pur credendole, ancora non le comprendevate. Per riuscire a comprenderle anche voi disponete il giorno di festa affollandovi in assemblea fino agli stipiti dell’altare. Addensatevi cioè fino alla parte più intima della casa di Dio, là dove si innalza l’altare e da dove siamo soliti benedirvi. Disponete il giorno di festa, non con svogliatezza e pigrizia, ma affollandovi in assemblea. Così infatti dev’essere la voce di giubilo, in mezzo a suoni di gente in festa : di coloro cioè che camminano nel luogo della magnifica tenda fino alla casa di Dio (Ps 41,5). Se infatti è spirituale, se è eterno il sacrificio di lode, eterno deve essere anche il sacerdote ed eterno l’altare, cioè la stessa anima dei giusti pacificata [da ogni tempesta]. Vogliamo ripetervi più chiaramente lo stesso concetto, o fratelli. Tutti coloro che vogliono comprendere la divinità del Verbo non si contentino di riconoscerlo carne (quella carne che il Verbo assunse per loro amore, quasi per nutrirli di latte), come non si contentano di festeggiare qui sulla terra questo giorno nel quale l’agnello fu ucciso. Mediante i sacri raduni ci si renda adatti, con l’aiuto del Signore che eleva le nostre anime, a conseguire la penetrazione intima della divinità di colui che a noi, bisognosi ancora di latte, ha presentato la facciata esterna della sua umanità.

404 Nella lode di Dio la nostra delizia.

23. [vv 28.29.] Una volta lassù, cosa canteremo se non le sue lodi ? E che cosa diremo se non : Tu sei il mio Dio, e io confesserò a te ; tu sei il mio Dio, e io ti esalterò ? Sì, Signore, io confesserò a te perché tu mi hai esaudito e sei divenuto mia salvezza. Non gli tributeremo queste lodi con suono di parole ; sarà l’amore stesso che ci unirà a lui ad elevare un tal grido ; anzi l’amore sarà esso stesso questo grido. È logico quindi che il salmo termini la lode con le stesse parole con cui l’aveva iniziata : Confesserò al Signore perché è buono ; in eterno è la sua misericordia. Così era iniziato e così finisce. La lode di Dio infatti è la cosa che più salutarmente vale a rallegrarci. Nulla regge al suo confronto, e anche se noi al principio ce ne estraniammo, è ad essa che come a nostro fine torniamo. Per cui sia sempre Alleluia.


Agostino Salmi 115