Sant'Agostino - La Trinità





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PROLOGO

Agostino invia cristiani saluti al vescovo Aurelio, signore beatissimo e degno d'esser venerato con la più sincera carità, santo fratello e collega nell'episcopato

I libri sulla Trinità, sommo e vero Dio, li cominciai da giovane e li ho pubblicati da vecchio. Avevo smesso quest'opera dopo aver scoperto che m'erano stati portati via anzitempo o trafugati i libri prima ancora ch'io avessi potuto condurli a termine e sottoporli a un'accurata revisione, com'era mia precisa volontà. Avevo infatti stabilito di pubblicare quei libri non già separatamente, ma tutti insieme secondo il suddetto criterio per il fatto che i seguenti sono connessi strettamente ai precedenti dal filo della progressiva indagine. Poiché dunque il mio piano non s'era potuto realizzare a causa di alcuni individui ai quali i libri erano potuti giungere prima che io lo volessi, avevo interrotto la dettatura, pensando di lamentarmene in qualcuno dei miei scritti perché sapessero quanti l'avessero potuto che i medesimi libri non erano stati pubblicati da me, ma che m'erano stati portati via prima ancora che mi sembrassero degni d'esser pubblicati. Tuttavia in seguito alle pressanti richieste di molti fratelli e soprattutto in seguito all'autorevole tuo invito ho procurato di terminare, con l'aiuto di Dio, un'opera così laboriosa. Dopo aver corretto i libri non come avrei voluto, ma solo come ho potuto, per non renderli troppo discordanti da quelli che m'erano stati trafugati ed erano già diffusi tra le mani della gente, li ho inviati alla tua Reverenza per mezzo di un carissimo nostro figlio e collega di diaconato, e ho permesso a chiunque di ascoltarli, di copiarli, di leggerli. Se avessi potuto attuare il mio piano, questi libri, pur contenendo le medesime idee, sarebbero stati tuttavia svolti più compiutamente e più chiaramente, nella misura permessa dalle difficoltà che presentano questioni sì profonde e dalle mie facoltà. Ci sono alcuni i quali hanno i primi quattro o meglio cinque libri mancanti dell'introduzione e il decimosecondo mancante dell'ultima parte che non è piccola; ma se verrà a loro conoscenza questa edizione, potranno eliminare tutte queste lacune, sempre che ne abbiano volontà e capacità. Per parte mia io ti chiedo di far aggiungere questa lettera, a parte bensì, ma come prologo ai medesimi libri. Prega per me.





LIBRO PRIMO

Scrive contro coloro che abusando della ragione corrompono la fede. Tre specie di errori su Dio

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Il lettore di questo nostro trattato sulla Trinità sappia, prima di tutto, che la nostra penna intende vigilare contro le false affermazioni di quelli che disprezzano di partire dalla fede 1 e sono tratti in inganno da uno sconsiderato quanto fuorviato amore della ragione. Di costoro, alcuni si sforzano di applicare alle sostanze incorporee e spirituali ciò che hanno percepito intorno alle sostanze corporee per mezzo dell'esperienza sensibile, o ciò che appresero intorno ad esse grazie alla natura stessa dell'ingegno umano, alla acutezza della riflessione e con l'aiuto della scienza, e vogliono misurare e rappresentarsi quelle sulla base di queste. Intorno a Dio altri hanno un'idea, se questo è averne un'idea, conforme alla natura e agli affetti dell'animo umano. Da questo errore consegue che nelle loro discussioni su Dio seguono regole non rette e fallaci 2. Ve ne sono altri poi che si sforzano di trascendere l'universo creato, evidentemente mutevole, per innalzare lo sguardo sulla sostanza immutabile che è Dio; ma, appesantiti dalla loro stessa natura mortale, volendo apparire sapienti in ciò che non sanno ed incapaci di sapere ciò che vogliono conoscere 3, insistono con troppa audacia nelle congetture e si precludono le vie dell'intelligenza, preferendo persistere nelle loro opinioni erronee, anziché mutare l'opinione che difendono. Questo è il vero male delle tre categorie di persone di cui si è parlato 4: di coloro cioè che pensano Dio alla maniera degli enti corporei, di quelli che lo concepiscono in modo conforme alla creatura spirituale, come l'anima; di quelli infine che, pur tenendosi lontani dalle cose corporee e spirituali, pensano Dio in maniera erronea 5, tanto più allontanandosi dalla verità in quanto la loro idea di Dio non è tratta né dall'esperienza sensibile né dalla creatura spirituale, né dallo stesso Creatore. Erra infatti chi si immagina Dio, per esempio, come bianco o rosso; ma tuttavia questi colori li troviamo negli enti corporei; non meno in errore è colui che invece si fa di Dio l'idea di un essere capace di dimenticanza e di memoria o di altri simili stati 6, ma tuttavia questi li ritroviamo realmente nell'animo umano. Ma coloro che pensano Dio così potente da generare se stesso, errano tanto più gravemente in quanto non solamente Dio ma nessuna creatura spirituale o corporea è concepibile a questo modo: non c'è assolutamente alcuna cosa che si generi per esistere 7.

La Scrittura non esitò ad usare i vocaboli di ogni genere di cose per elevare il nostro intelletto alle verità divine

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Per purificare l'animo umano da questi errori, la Sacra Scrittura, adeguandosi alla nostra piccolezza, non esitò ad usare i vocaboli di ogni genere di cose per far assurgere gradatamente il nostro intelletto, quasi nutrendolo, alle verità sublimi e divine. Parlando di Dio infatti usò espressioni desunte dalle cose corporee, come, per esempio, quando dice: Nascondimi all'ombra delle tue ali 8. Allo stesso modo traspose nel discorso su Dio molte espressioni proprie del mondo spirituale, per significare una realtà certamente diversa da questa, ma opportunamente esprimibile in modo analogo a questa, come: Io sono un Dio geloso 9; e: Mi pento di aver fatto l'uomo 10. Ma, da ciò che non esiste, la Scrittura non trasse nessun termine con cui creare allegorie o intrecciare degli enigmi. Pertanto più perniciosa e vana è la perdizione cui conduce, allontanando dalla verità, questo terzo genere di errore per il quale si suppone esistere in Dio ciò che non può essere in Dio stesso né in alcuna creatura 11. Con questi riferimenti alle cose create la Sacra Scrittura ama quasi divertire innocentemente per incamminare lo sguardo delle deboli creature, secondo le loro capacità, alla ricerca delle realtà superiori e a rinunciare alle inferiori. Ma troviamo assai raramente che la Sacra Scrittura usi delle espressioni in senso esclusivo di Dio senza alcun riscontro nelle creature, come quella rivolta a Mosè: Io sono colui che sono; e: Colui che è, mi mandò a Voi 12. Infatti non si esprimerebbe così, se non mirasse ad un senso esclusivo, dato che l'essere si predica e dei corpi e delle anime. Similmente l'Apostolo che usa l'espressione: Il solo che possiede l'immortalità 13, dal momento che anche l'anima in un certo senso si dice ed è immortale, non affermerebbe: Il solo che possiede, se la vera immortalità non fosse quella immutabilità che nessuna creatura può avere in quanto è del solo Creatore. Lo afferma pure Giacomo: Ogni grazia eccellente, ogni dono perfetto è largito dall'alto, dal Padre della luce, in cui non c'è né mutamento né ombra di variazione 14. Ugualmente Davide: Li cambierai ed essi muteranno, ma tu rimani il medesimo 15.

Nutriti dalla fede siamo resi capaci di attingere le realtà divine

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Da ciò scaturisce la difficoltà di penetrare e conoscere pienamente la sostanza divina che senza mutamento fa le cose mutevoli 16 e, al di fuori di ogni successione temporale, crea le cose temporali. Per vedere ineffabilmente quella realtà ineffabile è pertanto necessario purificare il nostro spirito 17; fino a quando ciò non avvenga, nostro nutrimento è la fede, affinché attraverso più agevoli sentieri diveniamo atti e idonei all'intelligenza di quel mistero. Perciò l'Apostolo, pur affermando che in Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza 18, tuttavia a persone già rigenerate dalla sua grazia ma ancora carnali e come bambini in Cristo, non presentò il Cristo nella sua potenza divina, che ha comune con il Padre, ma nella sua debolezza umana per la quale fu crocifisso 19. Dice dunque l'Apostolo: Infatti non volli sapere in mezzo a voi altro che Gesù Cristo e questi crocifisso. Aggiunge poi: Ed io fui tra voi debole, timoroso, tutto tremante 20. E più avanti dice loro: Né io, fratelli, potei parlare a voi come a persone spirituali, ma come a persone carnali, come a fanciulli in Cristo. Vi diedi da bere del latte, non cibo solido, perché ancora non lo potevate digerire, ma nemmeno ora lo potete 21. Quando lo si dice a certuni, ciò li irrita e li offende. Regolarmente essi, piuttosto che sentirsi incapaci d'intendere quanto si dice loro, preferiscono giudicare sprovvisti di argomenti coloro che parlano così. E talvolta nel discutere con essi non trattiamo quello che chiedono su Dio sia perché non è alla loro portata, sia perché nemmeno noi lo sappiamo cogliere o spiegare, e ci limitiamo a mostrare quanto siano lontani dal poter intendere quello che pretendono. Allora, insoddisfatti nelle loro richieste, o ci accusano di coprire astutamente la nostra stessa ignoranza o di rifiutare loro maliziosamente la scienza. Così se ne vanno sdegnati e sconvolti.

Scopo e piano dell'opera

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Per questo motivo con l'aiuto del Signore Dio nostro prenderemo la parola per spiegare, per quanto possiamo, come ci chiedono anche i nostri avversari, in qual modo la Trinità sia un solo unico e vero Dio e come sia pienamente esatto dire, credere e pensare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono di un'unica e medesima sostanza o essenza 22, in modo che gli avversari non abbiano a pensare di essere tratti in inganno dai nostri giri di parole 23, ma sperimentino direttamente che quel bene sommo che si manifesta solo agli spiriti pienamente purificati, esiste e non può essere da loro conosciuto e compreso, perché il debole acume dello spirito umano non può penetrare in quella luce tanto sublime, se non si alimenta e rinvigorisce con la giustizia della fede 24. Ma occorre per prima cosa dimostrare, fondandosi sull'autorità delle Sacre Scritture, se tale è l'insegnamento della fede. Solo in un secondo tempo, se Dio vorrà e ci verrà in aiuto, aiuteremo forse codesti loquaci ragionatori, più arroganti che competenti e proprio per questo colpiti da un morbo tanto più grave, a trovare qualcosa di cui non possano dubitare e a incolpare così la propria intelligenza in quello che non sono riusciti a trovare, invece che incolpare la verità stessa o le nostre spiegazioni 25. Se rimane loro un minimo di amore e di timore di Dio, per questa via ritornino alla fede come principio e metodo di conoscenza, ormai convinti di quale rimedio di salvezza abbiano i fedeli nella santa Chiesa: una pietà guardinga risana la nostra debole intelligenza 26 perché sia in grado di apprendere la verità immutabile e non precipiti in dannosi errori per una temerarietà sconsiderata 27. Da parte mia poi se mi troverò nel dubbio non esiterò a cercare né, se mi troverò nell'errore, mi vergognerò di apprendere.

Disposizione di animo che il Santo richiede ai suoi lettori

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Chiunque legge quest'opera, dunque, prosegua con me se avrà la mia stessa certezza, ricerchi con me se condividerà i miei dubbi; ritorni a me se riconoscerà il suo errore, mi richiami se si avvedrà del mio. Insieme ci metteremo così sui sentieri della carità, in cerca di Colui del quale è detto: Cercate sempre il suo volto 28. In questa disposizione d'animo pia e serena vorrei trovarmi unito, davanti al Signore Dio nostro, con tutti i miei lettori di tutti i miei libri ma soprattutto di questo che indaga l'unità della Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, poiché non c'è altro argomento a proposito del quale l'errore sia più pericoloso, la ricerca più ardua, la scoperta più feconda 29. Se poi, leggendo, qualcuno dirà: "Ciò non è stato bene spiegato, perché io non capisco", se la prenda con il mio modo di esporre, ma non con la fede. Certamente la spiegazione avrebbe potuto essere più facile, ma nessun uomo parlò mai in modo che tutti lo intendessero su ogni cosa. Pertanto colui che troverà questa lacuna nel mio trattato, veda se, mentre non comprende me, è invece in grado di comprendere gli scritti di altri, competenti in questi argomenti e questioni. Se sarà così, lasci il mio libro, magari lo butti, se gli pare, e dedichi piuttosto fatica e tempo a coloro che è in grado di capire. Non pensi tuttavia che io avrei dovuto tacere perché non ho potuto esprimermi con tutta la facilità e chiarezza di quelli che egli capisce. Infatti non tutti gli scritti di tutti gli autori cadono nelle mani di tutti; e può accadere che alcuni che sono in grado di comprendere questo nostro lavoro non abbiano l'occasione di trovarne di più facili, ma trovino soltanto questo. È dunque utile che vengano scritti anche intorno alle stesse questioni da autori diversi molti libri con stile differente ma con identica fede, affinché la stessa cosa giunga a quanti più lettori è possibile, agli uni in un modo, agli altri in un altro 30. Ma se chi deplorasse di non aver capito questo mio scritto non fosse mai riuscito a capire nessun'altra spiegazione del genere, per quanto diligente e penetrante, costui se la prenda con se stesso, faccia propositi e sforzi per progredire, e non se la prenda con me per farmi tacere con le sue lamentele ed invettive. Chi infine leggendo dicesse: "Comprendo bene quanto qui si dice, ma tutto ciò non risponde a verità", sostenga se crede la sua tesi e, se può, confuti la mia. Se farà questo, spinto dalla carità e dalla verità, e si prenderà cura di farmene partecipe, se sarò ancora in vita, trarrò da questo mio lavoro abbondantissimo frutto. E se poi non potrà comunicare con me, lo farà con quanti potrà, ed io sarò consenziente e contento. Per quanto mi riguarda mediterò sulla legge del Signore 31, se non giorno e notte 32, almeno ogni volta che posso e affido alla penna le mie meditazioni, perché la memoria non mi tradisca, e spero che la misericordia di Dio mi darà perseveranza in tutte quelle verità di cui ho certezza. Se il mio sentire sarà diverso dal vero, Egli me lo manifesterà 33 mediante ispirazioni e ammonimenti interiori o con l'aperta testimonianza della sua parola, oppure attraverso i colloqui con i fratelli. Di questo lo prego e affido il mio impegno ed il mio desiderio a Colui che so capace di custodire ciò che ha donato e di dare ciò che ha promesso 34.

Agostino preferisce essere criticato da chi critica l'errore, piuttosto che essere lodato da chi loda l'errore

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Non mancherà certamente qualche lettore così ottuso da trovare in alcuni passi dei miei libri ciò che io non ho pensato e da non vedere invece ciò che ho pensato davvero. L'errore di costui, com'è chiaro, non deve essermi imputato, se, mentre mi segue senza capirmi, cade nel falso, mentre io sono costretto a farmi strada attraverso sentieri intricati ed oscuri; come del resto all'autorità delle Sacre Scritture nessuno può imputare ragionevolmente il gran numero e la varietà degli errori degli eretici, sebbene tutti si sforzino di difendere le loro opinioni false e fallaci ricorrendo alla Scrittura medesima 35. E tuttavia la legge di Cristo, cioè la carità 36, chiaramente mi ammonisce e con dolcissimo comando mi ordina che, se gli uomini ritengono che nei miei scritti ho difeso qualche errore che io non vi posi e questo piace ad alcuni e dispiace ad altri 37, io scelga di essere ripreso da chi combatte l'errore piuttosto che lodato da chi lo approva. Dal primo posso essere ingiustamente accusato per un'idea che non è mia, ma l'errore medesimo è biasimato a ragione, il secondo invece attribuendomi ciò che offende la verità non loda rettamente né me né l'opinione che mi attribuisce. Ed ora, in nome del Signore, poniamo mano all'opera intrapresa.

La dottrina cattolica sulla Trinità

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Tutti gli interpreti cattolici dei Libri sacri dell'Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità in una sola e medesima sostanza mostrano l'unità divina e pertanto non sono tre dèi, ma un Dio solo 38, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch'egli al Padre e al Figlio, appartenente con essi all'unità della Trinità 39. Tuttavia non la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo 40, ma il Figlio solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel giorno del suo battesimo 41 o nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del Signore, si posò su ciascuno degli Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo come fragore di vento impetuoso e mediante distinte lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo solamente 42. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: Tu sei il Figlio mio 43, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano con lui i tre discepoli 44, oppure quando risuonò la voce dicendo: L'ho glorificato e ancora lo glorificherò 45, ma era la voce del Padre solamente che si rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo operino inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere 46. Questa è la mia fede, perché questa è la fede cattolica.

Le tre questioni che turbano alcuni

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Ma alcuni restano fortemente turbati nella loro fede al sentire che si parla di un Dio Padre e di un Dio Figlio e di un Dio Spirito Santo e che tuttavia questa Trinità non è tre dèi, ma un solo Dio. Chiedono come intendere ciò, dato soprattutto che i Tre, si dice, operano inseparabilmente in ogni attività divina e tuttavia è stata udita la voce del Padre 47 che non è la voce del Figlio; il Figlio solo si incarnò, patì, risorse ed ascese al cielo; solo lo Spirito Santo discese in forma di colomba 48. Essi vogliono capire in che modo quella voce in cui il Padre solo parlò sia opera della Trinità, quella carne in cui il Figlio solo nacque dalla Vergine 49 sia stata creata dalla Trinità, quella forma di colomba in cui solamente lo Spirito Santo apparve sia opera della Trinità medesima. In caso contrario la Trinità non opera inseparabilmente, ma alcune cose opera il Padre, altre il Figlio, altre lo Spirito Santo; oppure, se operano insieme solo alcune cose ed altre separatamente, la Trinità non può dirsi inseparabile. Ma c'è un'altra difficoltà: come nella Trinità vi è uno Spirito Santo non generato dal Padre né dal Figlio né da entrambi insieme, sebbene sia lo Spirito del Padre e del Figlio?. Poiché sono queste le domande che ci rivolgono, e lo fanno fino a tediarci, così, se la nostra piccolezza approda a qualche conoscenza con la grazia di Dio, la esponiamo loro come meglio possiamo e senza imitare colui che è roso dall'invidia 50. Mentiamo se diciamo che non siamo soliti pensare a questi argomenti; ma, se confessiamo che questi ci stanno fissi in mente perché siamo trascinati dal desiderio di cercare la verità, essi vogliono sapere in nome della carità i risultati della nostra ricerca. Non che abbia già conseguito il premio e raggiunto ormai la perfezione 51 (se osò dirlo l'apostolo Paolo, quanto più lo potrei io che sono tanto lontano da lui, sotto i suoi piedi?) 52, ma, secondo le mie capacità, dimentico ciò che mi sta alle spalle e mi slancio in avanti e con tutte le mie forze corro verso il premio della vocazione celeste 53. Così mi si chiede quanta strada abbia percorso e a che punto dalla fine io sia arrivato. Desiderano saperlo certe persone che la libera carità mi costringe a servire. Ma bisogna anche, e Dio me lo concederà, che giovi a me stesso, mentre preparo questi scritti per loro perché li possano leggere, e che il desiderio di rispondere a chi mi interroga, mi aiuti a trovare ciò che ho continuato a cercare 54. Ho intrapreso questo lavoro per ordine e con l'aiuto del Signore Dio nostro non per ragionare con autorità delle cose che conosco, ma per conoscerle più a fondo, parlandone con pietà.

Il Figlio è vero Dio, della stessa sostanza del Padre

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Chi disse che il Signore Dio nostro Gesù Cristo non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è veramente immortale perché mutevole, fu convinto d'errore dalla evidentissima e unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 55. È chiaro che nel Verbo di Dio noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi 56, perché si è incarnato nascendo nel tempo dalla Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il Verbo era Dio, aggiunge: Questi era in principio presso Dio e tutte le cose per mezzo di lui furono fatte e niente fu fatto senza di lui 57. E poiché quando dice: tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma, se il Figlio non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata; ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di lui. Se però ogni cosa per mezzo di lui fu fatta, allora egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio ma anche vero Dio. È quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna 58.

Tutta la Trinità è immortale

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Da ciò consegue che l'apostolo Paolo non si riferiva solo al Padre quando disse: Il solo che possiede l'immortalità 59, ma parlava dell'unico e solo Dio, che è la Trinità stessa. Infatti la vita eterna non può essere mortale per mutazione, ma il Figlio di Dio è la vita eterna; perciò anch'egli è compreso con il Padre nelle parole: Il solo che possiede l'immortalità 60. E noi stessi, fatti partecipi 61 della sua vita eterna, diventiamo immortali nel modo a noi concesso. Ma una cosa è la vita eterna di cui diventiamo partecipi, altra cosa siamo noi che, per quella partecipazione, vivremo in eterno. Nemmeno se l'apostolo Paolo avesse scritto: "Nei tempi stabiliti lo manifesterà il Padre, beato e solo sovrano, Re dei re, Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità", dovremmo escludere il Figlio. Infatti il Figlio dicendo in veste di Sapienza (egli è infatti la Sapienza di Dio 62): Da sola ho percorso la volta del cielo 63, non ha escluso il Padre. Quanto meno è dunque necessario intendere come dette solo del Padre e non anche del Figlio le parole: Il solo che possiede l'immortalità, parole che fanno parte del seguente passo: Osserva questi precetti senza macchia e senza rimprovero fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo che nei tempi stabiliti sarà manifestato dal beato ed unico sovrano, Re dei re, il Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità ed abita in una luce inaccessibile, che nessun uomo ha visto né mai può vedere. A lui onore e gloria nei secoli dei secoli 64. In questo passo non si nomina propriamente né il Padre né il Figlio né lo Spirito Santo, ma il beato ed unico sovrano, il Re dei re, il Signore dei signori, cioè l'uno e solo vero Dio, la Trinità medesima.

Invisibilità del Figlio e di tutta la Trinità

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Tuttavia ciò che segue farà forse nascere difficoltà contro questa interpretazione. L'Apostolo infatti aggiunge: Colui che nessun uomo vide né può vedere 65. Ma anche queste parole vanno riferite a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai Giudei, sebbene essi abbiano visto e crocifisso la sua carne. La divinità infatti da nessun occhio umano può essere vista. La vede solo l'occhio che si possiede quando non si è più uomini ma superiori agli uomini. Giustamente dunque si riconosce il Dio Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti. Dice infatti l'Apostolo: Il solo che possiede l'immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi: Colui che solo opera meraviglie 66. Vorrei sapere a chi riferiscano i miei avversari questa affermazione. Se infatti si tratta solamente del Padre, in che modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa similmente anche il Figlio 67? Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa che risuscitare e vivificare i morti? E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole 68. In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all'unico solo vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?

Il Figlio creatore di tutte le cose

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Così, quando il medesimo Apostolo dice: Per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale provengono tutte le cose e noi siamo in lui, e un solo Signore Gesù Cristo per mezzo del quale tutte le cose sono state create, e noi siamo per mezzo di lui 69, chi potrebbe dubitare che si riferisce a tutte le cose create nello stesso senso in cui Giovanni dice: Tutte le cose per mezzo di lui sono state fatte 70? Domando dunque di chi parli l'Apostolo in un altro passo: Poiché da lui, per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose: a lui la gloria nei secoli dei secoli 71. Se infatti egli vuol parlare del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo in modo che le singole parole si riferiscano alle singole Persone: cioè da lui, dal Padre, per mezzo di lui, per mezzo del Figlio, in lui, nello Spirito Santo, è chiaro che Padre, Figlio e Spirito Santo sono un Dio solo, giacché conclude al singolare: a lui gloria nei secoli dei secoli. E all'inizio di questo passo non dice: O abisso della ricchezza, della sapienza e della scienza, riferendosi al Padre o al Figlio o allo Spirito Santo, ma della sapienza e della scienza di Dio! E quanto imperscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! Chi conobbe il pensiero del Signore? E chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per primo per aver diritto ad essere retribuito? Poiché da lui e per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose: a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen 72. Se pretendono di intendere questo testo come se parlasse unicamente del Padre, come mai allora secondo queste parole le cose sono state create dal Padre, mentre secondo l'Epistola ai Corinti furono create dal Figlio: Un solo Signore Gesù Cristo per mezzo del quale tutte le cose sono 73, e come dice Giovanni nel suo Vangelo: Tutte le cose per mezzo di lui furono fatte 74? Se infatti alcune cose sono state fatte per mezzo del Padre ed altre per mezzo del Figlio, non si può affermare che tutte sono state fatte per mezzo del Padre né tutte per mezzo del Figlio. Ma se tutte sono state fatte per mezzo del Padre e tutte per mezzo del Figlio, le stesse cose sono state fatte per mezzo del Padre e per mezzo del Figlio. Il Figlio è dunque uguale al Padre e l'operare del Padre è inseparabile da quello del Figlio: perché, se il Padre ha fatto perfino il Figlio dal quale non è stato fatto il Padre, non tutte le cose sono state fatte per mezzo del Figlio, ma è attestato invece che tutte le cose sono state fatte per mezzo del Figlio. Egli dunque non è stato fatto, ed ha fatto insieme al Padre tutte le cose che sono state fatte. In verità l'Apostolo non tacque queste parole decisive, poiché disse nel modo più aperto: Colui che, sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio 75. E qui con il termine Dio designa propriamente il Padre, nel senso in cui altrove dice: Il Capo di Cristo è Dio 76.

Anche lo Spirito Santo è vero Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio

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Anche per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura. E se non è una creatura, non soltanto è Dio (anche gli uomini furono detti dèi 77) ma anche vero Dio. Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e coeterno ad essi nell'unità della Trinità 78. Che lo Spirito Santo non sia una creatura risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene comandato di servire non alla creatura ma al Creatore 79. Non si tratta di un servizio come quello che la carità ci impone gli uni verso gli altri 80 - in greco - ma di quello che è dovuto al solo Dio e che in greco si esprime con , vocabolo da cui deriva il nome idolatra, attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio. A questo culto si riferisce il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai 81. Il testo greco è più espressivo ed usa . Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai - di qui l'esecrazione dell'Apostolo per coloro che adorano e servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio, come attesta l'Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio 82, dove il testo greco usa . Anche molti codici latini hanno: Noi che serviamo lo Spirito di Dio; quelli greci tutti o quasi. Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo spirito. Ma coloro che qui cadono in errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo di dar credito ad una lezione più autorevole trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che voi ricevete da Dio 83? Ora che cosa di più insensato e sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo? Infatti in un altro passo l'Apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo 84. Se dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito Santo, lo Spirito Santo non è una creatura, perché colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere necessariamente quell'adorazione che si deve solo a Dio, e che è precisata dalla lingua greca con il vocabolo . Per questo motivo l'apostolo Paolo conclude: Glorificate dunque Dio nel vostro corpo 85.

Il Figlio come uomo inferiore al Padre ed anche a se stesso

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Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l'unità e l'uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a motivo dell'incarnazione del Verbo di Dio - incarnazione avvenuta per la nostra salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l'uomo Gesù Cristo 86 - passi che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il senso e nell'afferrare l'insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima dell'incarnazione e che è sempre eterna. Su questa base essi pretendono che il Figlio sia inferiore al Padre, poiché il Signore stesso ha detto: Il Padre è più grande di me 87. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo la natura di servo 88? Infatti non assunse la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre 89 nella sua natura divina, e mediatore di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l'uomo Gesù Cristo 90 - è chiaro che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso, mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che il Figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio. Nel primo caso riconosce una conseguenza della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo, fuori d'ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell'apostolo Paolo fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio, ma si esinanì prendendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini, ritrovato in stato d'uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è uguale al Padre, per stato inferiore a lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è uguale al Padre. Nella natura di Dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte 91, nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge 92. Perciò nella natura di Dio ha fatto l'uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre solamente e non anche il Figlio avesse fatto l'uomo, non sarebbe scritto: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 93. Poiché dunque la natura di Dio ha assunto la natura di servo, Dio è l'uno e l'altro, come l'uomo è l'uno e l'altro. Ma Dio lo è, perché ha assunto l'uomo; l'uomo lo è perché è stato assunto da Dio. Infatti nell'incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell'altra: la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne divinità, cessando di essere creatura 94.

Il Figlio come uomo è sottomesso al Padre

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Le parole dello stesso Apostolo: Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 95, possono servire contro l'opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e coeterna con se stessa, della Trinità; oppure se qualcuno pretende che le parole: allora il Figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 96 possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 97 significhino: Allora lo stesso Figlio dell'uomo e la natura umana assunta dal Verbo di Dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise, suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il regno a Dio Padre 98. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo che il Padre è superiore alla natura di servo, che il Figlio ha ricevuto dalla Vergine 99. Anche se alcuni sostengono che l'uomo Gesù Cristo si è già mutato nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura umana sussisteva ancora, prima della passione, quando diceva: Il Padre è più grande di me 100, per cui ci pare non ci sia più alcun motivo di esitazione circa il senso di quelle parole: il Padre è superiore alla natura di servo del Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole dell'Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve eccettuare colui che tutto gli ha sottomesso 101, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia sottomesso tutte le cose al Figlio, come se anche lo stesso Figlio non avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l'Apostolo ai Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l'operazione con cui può rendere a sé soggette tutte le cose 102. L'operare del padre e l'operare del Figlio sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù 103. Proprio del Figlio fu detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni principato, ogni potestà, ogni virtù 104. Colui che sottomette è lo stesso che distrugge.

Il Figlio non consegnerà il regno al Padre, privandosene lui stesso

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Non cadremo nell'errore di credere che Cristo consegnerà il regno a Dio Padre per privarsene lui stesso, anche se alcuni sciocchi l'hanno creduto. La Scrittura che dice: Consegnerà il regno a Dio Padre, non indica una separazione del Figlio dal Padre, perché il Figlio è un solo Dio con il Padre. Ma a trarre in inganno chi è indifferente alle Scritture ma per contro è amico delle dispute, c'è l'espressione: fino a che. Infatti il testo continua così: È necessario che egli regni fino a che ponga tutti i nemici sotto i suoi piedi 105, quasi che il suo regno dovesse aver fine quando ciò sarà accaduto. Questi non vedono che questa frase ha lo stesso senso di quest'altra: Il suo cuore è stabile e non temerà finché vedrà abbattuti i suoi nemici 106, dove non si vuol dire evidentemente che da quel momento egli dovrà incominciare a temere. Che significa dunque: Quando consegnerà il regno a Dio Padre? Che questi ancora non lo possiede? No, di certo. Significa invece che l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, condurrà tutti i giusti, sui quali ora regna, per la loro vita nella fede, a quella contemplazione che lo stesso Apostolo chiama visione a faccia a faccia. Perciò l'espressione: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, equivale a quest'altra: "Quando condurrà i credenti a contemplare Dio Padre". Come infatti dice il Signore: Ogni cosa mi fu consegnata dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo vorrà rivelare 107; allora il Figlio rivelerà il Padre, quando avrà abbattuto ogni principato, ogni potestà e virtù 108, quando cioè non sarà più necessario distribuire i simboli per mezzo degli ordini angelici, dei principati, delle potestà, delle virtù. È di essi che si può convenientemente intendere questo testo del Cantico dei cantici: Ti faremo ornamenti d'oro ageminati d'argento, fino a che il re è nel suo convito 109, cioè finché Cristo rimane nascosto perché la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio; quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi pure apparirete con lui nella gloria 110. Prima che ciò avvenga, noi vediamo per specchio, in enigma, cioè per mezzo di simboli, ma allora vedremo a faccia a faccia 111.

La contemplazione di Dio ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni

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Questa contemplazione ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio. Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo. Ma sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è veramente 112. Ciò che ha dichiarato al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai questo ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a Voi 113, questo contempleremo quando vivremo eternamente. Similmente disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo 114. Questo avverrà quando il Signore sarà venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre 115, quando sarà dissipata l'oscurità di questo stato mortale e corruttibile 116. Sarà il nostro mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e ti contemplerò 117. Le parole dell'Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i giusti, sui quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione di Dio Padre 118. Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso. A me non sembra che ci siano altre interpretazioni. Tuttavia non cercheremo altro quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la nostra gioia è tutta riposta nella speranza. Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno scorge può anche sperarlo? Ma se speriamo in ciò che non vediamo è per mezzo della pazienza che noi l'aspettiamo 119, finché il re si trova nel suo convito 120. Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza 121. Dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà. È ciò che aveva ben capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà 122. Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire allo stesso modo: "Signore, mostraci te stesso e questo ci basterà". E perché capisse questo il Signore gli rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre 123. Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre in me? 124.Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal Signore, perché camminiamo per fede, non per visione 125. La contemplazione è certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per mezzo della fede 126. Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 127. E poiché questa è la vita eterna, Dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza 128. Pertanto allorché ascoltiamo: "Mostraci il Figlio", ascoltiamo: Mostraci il Padre 129. È la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza l'altro. Sono appunto una sola cosa, così come ha detto anche il Signore: Io e il Padre siamo una sola cosa 130. Per questa inseparabilità può essere sufficiente attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della nostra felicità 131.

Lo Spirito Santo basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio

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Da questa unità non può essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio. È questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di verità che il mondo non può ricevere 132. Ora la nostra gioia perfetta della quale nulla c'è di più alto, è godere di Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine 133. Per questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo. Che senso hanno queste parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo Spirito di verità che questo mondo (cioè chi ama questo mondo) non può ricevere 134? L'uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio 135. Ma ancora può sembrare che in base all'espressione: Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore 136 il Figlio solo non basti per la nostra felicità. In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la verità 137. Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse colmare le lacune dell'insegnamento del Figlio? I nostri avversari sostengano pure, allora, se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio, mentre sono soliti considerarlo inferiore. Forse concedono che si debba credere che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la Scrittura non dice: "Lo Spirito solamente", oppure: "Nessuno all'infuori di lui vi insegnerà la verità"? L'Apostolo ha dunque escluso il Figlio dalla conoscenza di queste cose di Dio quando disse: Così nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio 138, cosicché a questo punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo da uno più grande. Il Figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito Santo fino a dire: Perché vi ho detto queste cose la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi che io me ne vada; se non me ne andrò il difensore non verrà a voi 139.

A volte quando si parla di una Persona divina si intendono implicitamente anche le altre

Ma il Signore ha detto questo non a motivo dell'ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la presenza del Figlio dell'uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la venuta di Colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo la natura di servo 140, come ha fatto invece il Figlio. Era necessario dunque che fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro credere che Cristo non fosse nient'altro che quello che vedevano. Ecco perché Gesù dice: Se mi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il Padre è più grande di me 141, che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre perché fino a quando mi vedete in questa condizione e, basandovi su ciò che vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che sono e dall'aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia uguaglianza con il Padre. È per questo che il Signore dice: Non mi toccare, ancora non sono salito al Padre mio 142. Infatti il tatto in un certo modo segna il limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che si vedeva. Invece l'ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al Padre, così com'è, per divenire in cielo l'oggetto di quella visione che ci basta. A volte la Scrittura si esprime come se il Figlio solo bastasse e tutta la ricompensa del nostro amore e del nostro desiderio consistesse nella visione di lui. Così egli dice infatti: Chi accoglie ed osserva i miei comandamenti, questi mi ama. E chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo amerò e gli manifesterò me stesso 143. E forse, perché non ha detto: "Gli mostrerò anche il Padre", ha separato il Padre da sé? Ma poiché è vero che: Io e il Padre siamo una cosa sola 144, allorché si manifesta il Padre è manifestato anche il Figlio che è in lui, e quando si manifesta il Figlio è manifestato anche il Padre che è nel Figlio. Perciò, come quando dice: Gli manifesterò me stesso, intendiamo che manifesta anche il Padre, così quando è scritto altrove: Quando consegnerà il regno a Dio Padre 145, si intende che Cristo non si priva del regno perché quando condurrà i fedeli alla contemplazione di Dio Padre li condurrà certamente anche alla contemplazione di se stesso, egli che dice: Gli manifesterò me stesso. È per questo che alla domanda di Giuda: Come mai ti manifesti a noi e non al mondo? Gesù rispose: Se uno mi ama, osserverà le mie parole ed il Padre mio lo amerà ed a lui verremo e dimoreremo in lui 146. Ecco che non mostra solo se stesso a chi lo ama, perché viene a lui e vi prende dimora con il Padre.

Tutta la Trinità abita in noi

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Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del Padre e del Figlio in chi lo ama? In questo caso che significa ciò che il Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: Quello che il mondo non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed è in voi 147? Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita con voi ed è in voi, a meno di non toccare l'assurdo pensando che quando il Padre ed il Figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo Spirito Santo se ne vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui. Ma la stessa Scrittura previene questa concezione così grossolana, perché poco prima il Signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti con voi in eterno 148. Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del Padre e del Figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché non venne senza di quelli né quelli senza di lui. Per indicare la Trinità si fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l'unità della medesima Trinità e l'unicità della sostanza e della deità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

La contemplazione di Dio

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Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque il regno a Dio Padre 149 e non sarà separato né lui né lo Spirito Santo, quando condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta. Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia 150. Un'immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del Signore e intenta alla sua parola 151, cioè libera da ogni attività e tutta intenta alla verità nel modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare quello che si avrà in futuro per l'eternità. Sua sorella Marta era tutta presa da un'azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è destinata a finire quando verrà l'ora del riposo; Maria invece riposava nella parola del Signore. Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si lamentava con lui che la sorella non l'aiutasse: Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta 152. Non disse che ciò che faceva Marta era una parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta. La parte destinata al servizio del bisogno infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l'opera buona che passa ha come ricompensa la pace che non passerà. In quella contemplazione perciò Dio sarà tutto in tutti 153, perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci basterà partecipare della sua luce e di lui godere. È ciò che implora colui nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili 154. Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le delizie del Signore 155. E contempleremo Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre 156. Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote 157, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre 158. Perciò, essendo il Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana e questa è nel Figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il Figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa dalla mia anima, sebbene si tratti di un unico uomo, più dell'anima di un altro uomo.

Quando avrà condotto i credenti alla contemplazione, il Figlio non intercederà più per noi

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Quando Cristo avrà consegnato il regno a Dio Padre, cioè quando avrà condotto coloro che credono e vivono di fede, e per i quali ora intercede come mediatore 159, a quella contemplazione che è oggetto dei nostri sospiri e dei nostri gemiti, e sarà passato il faticare e il gemere 160, egli non intercederà più per noi, essendo ormai il regno affidato nelle mani di Dio Padre. Questo voleva significare il Signore quando diceva: Vi ho parlato di queste cose in parabole ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in parabole ma vi parlerò del Padre apertamente 161, ossia non saranno più necessarie le similitudini quando ci sarà data la visione a faccia a faccia. È questo il senso dell'espressione: Vi parlerò del Padre apertamente, come a dire: "Apertamente vi mostrerò il Padre". E dice: Vi parlerò, perché egli è la Parola del Padre. Il Signore continua: In quel giorno chiederete in mio nome e non vi dico che pregherò il Padre, poiché il Padre stesso vi ama per il fatto che voi mi amate e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre per venire in questo mondo; ora lascio il mondo e ritorno al Padre 162. Che significa: sono uscito dal Padre se non questo: sono apparso inferiore a lui non nella natura per la quale sono uguale al Padre ma in un'altra maniera, cioè nella creatura assunta? Che significa l'espressione: sono venuto in questo mondo, se non questo: ho messo sotto lo sguardo, anche dei peccatori che amano questo mondo, la natura di servo che presi esinanendomi? E che vuol dire con le parole: ora lascio il mondo se non: tolgo agli sguardi di chi ama il mondo ciò che essi hanno visto? E le parole: ritorno al Padre, significano: insegno ai miei fedeli a considerarmi, come lo sono in realtà, uguale al Padre. Coloro che hanno questa fede saranno ritenuti degni di essere condotti dalla fede alla visione, cioè alla contemplazione ed è perché ci conduce ad essa che la Scrittura ha detto di lui: Consegnerà il regno a Dio Padre. Suo regno infatti sono i suoi fedeli che egli ha redento col suo sangue e per i quali attualmente intercede, mentre non pregherà più per loro il Padre quando li unirà a sé là dove egli è uguale al Padre. Il Padre stesso infatti - egli dice - vi ama. Perché in quanto inferiore al Padre prega il Padre, ma in quanto è uguale al Padre, insieme con lui ci esaudisce. Perciò non si separa da lui dicendo: Il Padre vi ama, ma con quella frase fa capire quello che ho già ricordato e sufficientemente spiegato, cioè che di solito ogni persona della Trinità è nominata in modo che siano sottintese anche le altre. Perciò è stato detto: Anche il Padre vi ama, affinché si pensi anche al Figlio e allo Spirito Santo; non che attualmente non ci ami, lui, che non risparmiò il proprio Figlio, anzi lo consegnò per noi tutti 163. Ma ci ama non per quello che siamo, bensì per quello che saremo, perché ci ama quali ci conserva in eterno. È quello che accadrà quando avrà consegnato il regno a Dio Padre colui che ora intercede per noi per non avere più da intercedere un giorno, poiché anche il Padre ci ama. Ma ciò a quale titolo, se non per la fede per la quale noi crediamo, prima di vederlo, quanto ci è promesso? Per questa fede, infatti, giungeremo alla visione. Allora egli amerà in noi quello che ora vuole in noi. Allora non avrà più da odiare in noi quello che ora siamo, quello che ci esorta e ci aiuta a non essere in eterno.

Le due nature in Cristo

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Perciò una volta trovata la regola per interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero contraddittorie e opposte tra loro. Infatti il Figlio secondo la natura divina è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura, come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me 164. È inferiore anche a se stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso 165; è inferiore allo Spirito Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo 166. È nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi 167. E in un passo di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione 168, e tutte le altre cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del Signore è sopra di lui 169. In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono fatte 170, in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge; come Dio lui e il Padre sono tutt'uno 171, come servo non venne per compiere la propria volontà ma quella di colui che lo mandò 172. In quanto Dio, come il Padre ha la vita in se stesso, così diede anche al Figlio di avere la vita in se stesso 173; come servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice 174. Come Dio egli è il vero Dio e la vita eterna 175, come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di croce 176.

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In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene 177 ed egli lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua 178. In quanto uomo la sua dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato 179.

Il Figlio ignora il giorno del giudizio, perché non lo sapeva per farlo conoscere allora ai discepoli

Ecco


un'altra affermazione di Cristo: Quanto poi a quel giorno e a quell'ora nessuno ne sa nulla, neppure gli Angeli in cielo né il Figlio, ma solo il Padre 180. Egli infatti ignora ciò che fa ignorare, cioè ignorava quanto non poteva in quel momento insegnare ai suoi discepoli, nel senso in cui fu detto ad Abramo: Ora so che tu temi Dio 181. Cioè: ora ho fatto in modo che tu sapessi, perché Abramo ha imparato a conoscersi da quella prova 182. Infatti anche il Signore avrebbe rivelato ai discepoli quel giorno e quell'ora al momento opportuno e parlando di questo momento futuro come se già fosse passato dice: Non vi chiamerò più servi ma amici. Il servo infatti ignora la volontà del suo padrone; ma io vi ho chiamati amici perché resi noto a voi tutto ciò che udii dal Padre mio 183. Egli non l'aveva ancora fatto, ma poiché l'avrebbe fatto di certo, parlò come se lo avesse già fatto. Dice infatti loro: Ho da dirvi molte cose ma per ora non siete capaci di sopportarle 184. E fra le altre cose si tratta anche del giorno e dell'ora 185. Anche l'Apostolo dichiara: Io non volli sapere altra cosa in mezzo a voi che Gesù Cristo e questi crocifisso 186. Parlava infatti a gente che non poteva capire la sublimità della divinità di Cristo e rivolgendosi agli stessi poco più avanti dice: Non potei parlare a voi come a uomini spirituali ma come a persone carnali 187 (
1Co 2,2 1Co 3,1). Così l'Apostolo ignorava tra di loro proprio ciò che essi non potevano apprendere per suo mezzo e dichiarava di conoscere ciò che essi avevano bisogno di imparare per mezzo di lui, ma poi sapeva tra i perfetti ciò che ignorava tra i semplici perché disse: Predichiamo la sapienza tra i perfetti 188. Infatti noi diciamo che si ignora ciò che si nasconde con lo stesso genere di espressione con cui diciamo cieca una fossa che è nascosta 189. Così la Scrittura non si esprime in modo diverso da quello che è proprio alla consuetudine umana, perché è proprio agli uomini che si rivolge 190.

Alcune affermazioni della Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana

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Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline 191, cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del mattino 192, cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali. Invece di lui in quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie 193 (
Pr 8,22); perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via 194. Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti 195, aprì la strada verso il regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per l'immortalità anche del corpo. Infatti come Dio è il principio che ci parla 196, quel principio in cui Dio fece cielo e terra 197 (Gn 1,1); in quanto servo è lo sposo che esce dal suo talamo 198. In quanto Dio è primogenito di tutte le creature, colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono; nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa 199. Come Dio è il Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi; infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati 200; di lui è stato detto che giustifica l'empio 201, di lui che è giusto e fonte di giustizia 202. Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi, lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho detto, il Signore della gloria. Ma, come servo, ai discepoli che si preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla sinistra non sta a me concederlo, ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio 203.

Il Figlio prepara la gloria agli eletti

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Ma ciò che è stato preparato dal Padre è stato preparato anche dal Figlio, perché Padre e Figlio sono tutt'uno 204. Abbiamo già dimostrato infatti con molti esempi tratti dalla Sacra Scrittura che in questa Trinità alle singole persone si attribuisce ciò che appartiene a tutte, per l'operare inseparabile della loro unica e identica sostanza 205. Così quando il Signore parla dello Spirito Santo dice: Quando me ne andrò lo manderò a voi 206 (
Jn 16,7); non dice: "manderemo", ma come se fosse il Figlio in procinto di mandare e non anche il Padre; mentre altrove afferma: Vi ho detto queste cose mentre sono con voi, ma quel difensore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà in mio nome, vi chiarirà tutto 207. Qui sembra dire che lo Spirito Santo deve essere mandato solo dal Padre e non anche dal Figlio. È dunque nello stesso senso che parla di coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio 208. Egli vuole farci intendere che lui stesso insieme al Padre prepara i troni della gloria ai suoi eletti. Ma qualcuno obietterà: "Dove egli parla dello Spirito Santo dice che lui stesso lo manderà senza negare che lo manderà anche il Padre e nell'altro passo dice che il Padre lo manderà senza negare che lui stesso lo manderà, ma qui apertamente dichiara: Non sta a me concederlo, aggiungendo che il Padre ha preparato questo". Ma noi abbiamo precisato che questa espressione si riferisce alla sua natura di servo e che: Non sta a me concederlo, si deve intendere come se fosse: "Non è in potere dell'uomo concedere questo"; e occorre concludere che questo potere di concederlo gli appartiene in quanto è Dio e uguale al Padre. Non sta a me concederlo, cioè non per umano potere concedo questo; ma a coloro ai quali è preparato dal Padre mio: si deve subito capire che se ogni cosa che è del Padre è anche mia 209, questo pure appartiene anche a me, ed è con il Padre che l'ho preparato.

In che senso il Figlio non giudicherà e nello stesso tempo giudicherà

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Mi chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io non lo giudicherò 210. Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non sta a me concederlo. Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non accoglie la mia parola ha chi lo giudica 211? A questo punto noi penseremmo subito al Padre, se non trovassimo subito dopo: La parola che io ho annunciato, questa lo giudicherà nell'ultimo giorno 212. Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre ma la Parola detta dal Figlio? Ma ascolta quello che dice ancora: Giacché non ho parlato di mia iniziativa ma il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è vita eterna. Le cose che dico le dico tali e quali il Padre le ha dette a me 213. Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del Padre è lo stesso Figlio. Il comando del Padre infatti non è altro che la Parola del Padre, perché il Signore lo ha chiamato indifferentemente parola e comando. Io non ho parlato da me stesso. Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si intenda: Non sono nato da me. Infatti se il Signore annuncia la parola del Padre, poiché egli è la Parola del Padre, egli annuncia se stesso. Spesso infatti dice: Il Padre mi ha dato 214. Intende che il Padre lo ha generato, non che esistesse già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di avere, in quanto lo ha generato all'esistenza; infatti non avviene anche nel Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell'incarnazione nell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 215, l'essere e l'avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha. Questo è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente: Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in se stesso 216. Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa esistenza. L'espressione: dette al Figlio di avere la vita significa dunque: il Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna. Se dunque la Parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera 217, perché dare un altro senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà nell'ultimo giorno 218, dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso comando è la vita eterna? So - egli dice - che il tuo comando è la vita eterna 219.

Senso delle parole: La mia dottrina non è mia

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A questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la parola che vi ho detto giudicherà 220. Dal seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: "Non giudicherò io, ma giudicherà la Parola del Padre". Ora la Parola del Padre è lo stesso Figlio di Dio. Bisognerà dunque intendere: non giudicherò io, ma io giudicherò? Questo può essere vero solo in questo senso: "Io non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell'uomo, ma giudicherò con l'autorità del Verbo, perché sono Figlio di Dio". Se si trova che le affermazioni: "Io non giudicherò, ma io giudicherò", si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La mia dottrina non è mia? Come mai mia e non mia? Infatti non disse: "Questa dottrina non è mia", ma proprio: La mia dottrina non è mia 221; dice cioè "sua" la medesima dottrina che dichiara "non sua". In quale modo ciò sarà vero se non in quanto egli disse "sua" da un punto di vista e "non sua" da un altro punto di vista? Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo? Quando dice: Non è mia ma di Colui che mi ha mandato 222, ci fa risalire al Verbo. La dottrina del Padre infatti è il Verbo del Padre e dunque è il Figlio unigenito. E che significa ancora questo: Chi crede in me, non crede in me 223? Come "in lui", come "non in lui"? Come comprendere un'espressione così contraddittoria e così paradossale: Colui che crede in me, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assunse la creatura per mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo? Perciò quando per volgere l'intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo in cui si crede al Padre al quale egli è uguale. Altrove dice questo apertamente: Credete in Dio e credete in me 224, cioè come credete in Dio così credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio solo 225. Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli uomini per volgerla al Padre, dicendo: Non credete in me ma in Colui che mi ha mandato 226, senza tuttavia separare assolutamente sé dal Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio 227 è chiaro, mi sembra, in che senso debbano essere accolte entrambe le affermazioni. Così anche quando dice: Io non giudicherò 228, mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti 229.

Ma perché ciò non sarà per l'autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.

È esatto dire: Dio crocifisso

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Tuttavia se un solo e medesimo soggetto non fosse insieme Figlio dell'uomo per la sua natura di servo da lui assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l'apostolo Paolo non direbbe dei prìncipi di questo mondo: Se l'avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria 230. Fu crocifisso infatti nella natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria. Quell'assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l'uomo Dio 231. Con l'aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il perché e il come di quanto viene detto. Infatti noi abbiamo affermato, per esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è Signore della gloria, e tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della carne 232. Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere divino, non in forza dell'autorità umana, tuttavia è l'uomo stesso che giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria. Così egli infatti dice con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti 233, e tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino all'ultima sentenza. Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti, perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a colui che hanno trafitto 234. Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il giudice dei vivi e dei morti 235, i cattivi non lo potranno certamente vedere se non nella natura per la quale è Figlio dell'uomo, tuttavia nello splendore in cui giudicherà, non nell'umiliazione in cui fu giudicato. Del resto senza dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre; infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 236. E questa visione è a faccia a faccia 237; promessa come sommo premio ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a Dio Padre; in questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta sottomessa a Dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di Dio è divenuto uomo. Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia tutto in tutti 238. D'altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando starà per giudicare apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e mostrerò me stesso a lui 239? Perciò il Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell'autorità umana, bensì in forza di quel potere che lo fa Figlio di Dio. D'altra parte il Figlio di Dio giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell'uomo 240.

In che senso il Figlio dell'uomo giudicherà e non giudicherà

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Abbiamo visto così che si può affermare l'una e l'altra cosa: sia che il Figlio dell'uomo giudicherà sia che non giudicherà; infatti il Figlio dell'uomo giudicherà, affinché si adempia l'affermazione: Quando verrà il Figlio dell'uomo, allora saranno radunate tutte le genti al suo cospetto 241, e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io non giudicherò 242; e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che giudica 243. Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma la natura del Figlio dell'uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio 244. C'è da decidere se questo si debba intendere nel senso dell'affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se stesso 245, per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo quest'altra in cui l'Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un nome che è sopra ogni altro nome 246. E qui si riferiva al Figlio dell'uomo, perché come tale il Figlio di Dio fu risuscitato dai morti. Egli è uguale al Padre nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che l'Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre 247. Appare dunque ben chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al Figlio ogni giudizio, secondo il senso di quella prima o di quest'ultima espressione. Se l'avesse detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso la vita, non direbbe: Il Padre non giudica alcuno. È secondo la natura divina nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre giudica insieme al Figlio. Si dice dunque che il Padre non giudica per dire che nel giudizio non apparirà la natura di Dio ma la natura del Figlio dell'uomo. Non che colui che ha affidato ogni giudizio al Figlio non abbia a giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia gloria e che giudicherà. Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio, come se avesse detto: "Nessuno vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il Figlio", perché egli è anche Figlio dell'uomo, affinché appunto anche i malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.

Nel giorno del giudizio solo i buoni vedranno Cristo nella sua divinità, i cattivi solo nella sua umanità

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Affinché non sembri che noi più che dimostrare in maniera evidente facciamo delle congetture, riportiamo la chiara e aperta dichiarazione del Signore nella quale appare che il motivo per cui disse le parole: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio sta nel fatto che il giudice apparirà con la natura umana di Figlio dell'uomo che non è la natura del Padre, ma del Figlio e non del Figlio in quanto uguale al Padre, ma in quanto inferiore al Padre, cosicché nel giudizio stesso possa essere visibile ai giusti e ai malvagi. Dunque poco più avanti il Signore dice: In verità, in verità vi dico che chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non sarà chiamato a giudizio ma passerà dalla morte alla vita 248. Questa vita eterna è quella visione che non spetta ai malvagi. E prosegue: In verità, in verità vi dico che verrà l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che lo avranno ascoltato vivranno 249. Ciò è proprio dei giusti che, sentendo parlare dell'incarnazione di lui, credono che egli è il Figlio di Dio, ossia ammettono che egli per loro è divenuto inferiore al Padre nella natura di servo, ma credono che è uguale al Padre nella natura divina. Perciò prosegue sottolineando la stessa verità: Come il Padre infatti ha la vita in se stesso, così diede al Figlio di avere la vita in se stesso 250; poi giunge a parlare della visione della sua gloria nella quale verrà a giudicare, visione che sarà comune ai malvagi e ai giusti. Dice infatti continuando: E gli diede il potere di giudicare perché è il Figlio dell'uomo 251. Credo che nulla vi sia di più chiaro. Infatti poiché è Figlio di Dio ed è uguale al Padre non riceve questo potere di giudicare, ma lo possiede con il Padre indivisibilmente. Lo riceve invece come Figlio dell'uomo affinché buoni e cattivi lo vedano in funzione di giudice. Infatti la visione del Figlio dell'uomo sarà offerta anche ai cattivi, mentre la visione della natura divina sarà data soltanto ai puri di cuore, perché sono essi che vedranno Dio, ossia ai buoni solamente, al cui amore ha promesso di manifestarsi. Perciò si osservi quello che segue: Non vi meravigliate 252. Di che cosa ci proibisce di meravigliarci se non di ciò che suscita meraviglia in chiunque non comprende che il Signore ha detto che il Padre gli ha dato potere di giudicare perché egli è Figlio dell'uomo, mentre ci si sarebbe aspettato che dicesse piuttosto: Poiché è il Figlio di Dio? Ma i cattivi non possono vedere il Figlio di Dio in quanto nella natura divina è uguale al Padre e tuttavia è necessario che in qualità di giudice dei vivi e dei morti lo vedano sia i buoni che i cattivi, quando saranno giudicati al suo cospetto. Per questo egli dice: Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti quelli che giacciono nelle tombe udranno la sua voce e ne usciranno quelli che hanno fatto il bene nella risurrezione di vita, quelli che hanno fatto il male per udire la condanna 253. Occorreva dunque che egli ricevesse quel potere in quanto Figlio dell'uomo affinché i risorti lo vedessero nella natura in cui è visibile a tutti, ma gli uni per la dannazione, gli altri per la vita eterna 254. Che è infatti la vita eterna, se non quella visione che non è concessa ai cattivi? Egli disse: Affinché conoscano te come il solo vero Dio e colui che tu hai mandato 255. E come conosceranno lo stesso Gesù Cristo se non nel medesimo modo dell'unico vero Dio? Egli si mostrerà a loro, ma non nel modo in cui si mostrerà con la sua natura di Figlio dell'uomo a coloro che riceveranno la condanna.

Solo Dio è buono

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Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà, perché: Quanto è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore 256! Ma quando i cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti della terra 257. Cioè tutti i cattivi e i non credenti. Per questo anche a chi lo aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo 258. E tuttavia in un altro passo il Signore dice buono anche l'uomo: L'uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive 259. Ma quello gli chiedeva della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e non capiva l'interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un Figlio dell'uomo. Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse; cioè: "Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è buono? Perché da quel che vedi mi chiami Buon Maestro? Questa natura è quella del Figlio dell'uomo, quella creatura che è stata assunta, quella che apparirà nel giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà in bene per quelli che compiono il male. Ma vi è una visione della natura a me propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi sono esinanito per assumere questa. È dunque lui questo unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore 260. È l'unico Dio dunque che solo è buono perché nessuno lo vede per affliggersi e lamentarsi, ma solo per la propria salvezza e felicità vera. Se tu dunque mi consideri dal punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto 261? Questa visione sarà a loro infelicità perché sarà di castigo". I testi che ho citato sembrano provare che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo 262. Infatti quella visione di Dio nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono vedere, visione che è promessa solo ai santi e che Paolo chiama a faccia a faccia 263, di cui l'apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo vedremo come egli è 264, della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al Signore, che io possa contemplare le sue delizie 265, e di cui il Signore stesso afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui 266, questa sola visione per la quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati dal cuore puro perché vedranno Dio 267, la visione circa la quale altri testi sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla tende gli occhi dell'amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene. Ma la visione, già preannunciata del Figlio dell'uomo, quando tutte le genti saranno radunate al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e assetato? 268, e quel che segue, non sarà di gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno 269 né di sommo bene per i buoni perché egli li invita inoltre al regno che è stato preparato loro fin dall'inizio del mondo 270. Se a quelli comanderà: Andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi. Come quelli andranno nel fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna 271. Ma che cos'è la vita eterna? Che conoscano te - egli dice - come l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo 272 e lo conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre: Quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse 273. Allora consegnerà il regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo Signore 274, e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto, lontani dal turbamento degli uomini 275, di quelli cioè che nell'udire quella sentenza saranno agitati. Il giusto non temerà nell'udire quella condanna 276, se fin d'ora nel tabernacolo, cioè nella fede della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue, ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici. Ma se è possibile un'altra interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo 277, purché non sì ritenga che la sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte 278, e purché non ci si allontani in nulla dalla retta dottrina, noi l'accetteremo serenamente e non solo quella, ma ogni altra che si potrà trovare. Perché avremo ragione degli eretici tanto più saldamente quanto più numerose si aprono le vie d'uscita per sfuggire ai loro inganni. In quanto agli altri argomenti che ancora dobbiamo prendere in considerazione, li affronteremo in un'altra parte della nostra ricerca.





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Sant'Agostino - La Trinità