Sant'Agostino - La Trinità 200

LIBRO SECONDO

Proemio

Due cose difficilmente sopportabili nell'errore umano

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Quando gli uomini cercano Dio e tendono lo spirito per attingere la Trinità, per quanto lo permette la debolezza umana, dopo aver fatto esperienza delle difficoltà estenuanti che si trova di fronte lo sguardo dello spirito che si sforza di contemplare una luce inaccessibile 1, e di quelle che scaturiscono dal linguaggio complicato e vario della Scrittura (di fronte a ciò, ritengo, l'uomo della stirpe di Adamo non può che sentirsi oppresso perché risplenda nella sua gloria la grazia di Cristo) una volta che, dissipate tutte le ombre, abbiano raggiunto qualche certezza, debbono con grande facilità essere indulgenti con quelli che errano nell'investigazione di un così grande mistero. Ma nell'errore umano vi sono due cose che molto difficilmente si tollerano: prendere partito prima che appaia la verità e, una volta che la verità sia apparsa evidente, difendere ostinatamente la falsa opinione accolta prematuramente 2. Se Dio, come prego e spero, mi difenderà e proteggerà sotto lo scudo della sua benevolenza 3 e con la grazia della sua misericordia, da queste due colpe così incompatibili con la scoperta della verità e con lo studio delle divine e sante Scritture, non mi mostrerò pigro nell'indagine della sua sostanza, sia per mezzo della Scrittura, sia per mezzo della creatura. L'una e l'altra è offerta alla nostra riflessione precisamente per spingerci a cercare e amare Colui che ha ispirato l'una e creato l'altra 4. Nemmeno esiterò ad esprimere la mia opinione, perché avrò più piacere che essa venga a conoscenza degli onesti, che timore che essa venga dilaniata dai malvagi 5. È con gioia infatti che la meravigliosa e umilissima carità si sente sotto lo sguardo della colomba; quanto al dente dei cani l'umiltà è sempre attentissima ad evitarlo e per smussarlo vi è tutto il vigore della verità; e preferirò essere criticato dal primo venuto piuttosto che essere lodato da chi è in errore e da chi adula. Chi ama la verità infatti non deve temere nessuno che lo critichi, perché chi criticherà sarà un amico o un nemico. Se è un nemico che ti attacca bisogna sopportarlo; se è un amico, bisogna istruirlo se è in errore, ascoltarlo se ci istruisce. Invece chi ci loda, ci conferma nell'errore se è in errore, ci induce all'errore se agisce per adulazione 6. Dunque il giusto mi critichi e mi corregga con carità, ma l'olio del peccatore non ungerà il mio capo 7.

Regola canonica per intendere le espressioni della Scrittura riguardanti Cristo

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Perciò noi teniamo come assolutamente certo il principio, riscontrabile ovunque nella Scrittura e dimostrato dai dotti esegeti cattolici come regola di fede, che ci permette di concepire nostro Signore Gesù Cristo come Figlio di Dio ed uguale al Padre secondo la natura divina nella quale sussiste, ed inferiore al Padre secondo la natura di servo che assunse; nella quale natura è divenuto inferiore non solo al Padre, ma anche allo Spirito Santo e perfino a se stesso, tenuto conto che è uomo; non però inferiore a se stesso per quello che era prima, cioè per quella natura di Dio che ha conservato anche nell'assumere la natura di servo, come ci insegnano le testimonianze della Scrittura che abbiamo ricordato nel libro primo 8. Troviamo tuttavia nelle parole di Dio enunciazioni di tal sorta che resta dubbio con quale criterio giudicarle: se con il criterio della natura assunta per la quale consideriamo il Figlio come inferiore, oppure con il criterio della natura divina per la quale il Figlio non è inferiore ma uguale al Padre, benché abbia origine dal Padre come Dio da Dio, luce da luce. Infatti noi chiamiamo il Figlio, Dio da Dio; il Padre, solamente Dio, non Dio da Dio. Perciò appare chiaro che per il Figlio c'è un'altra persona da cui è e di cui è Figlio; per il Padre non c'è un Figlio da cui abbia origine, ma soltanto un Figlio di cui è Padre. Infatti ogni figlio è quello che è per origine da suo padre, ed è figlio di suo padre; viceversa nessun padre è quello che è per origine da suo figlio, ma è semplicemente padre di suo figlio.

Dette espressioni sono di tre generi

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Vi sono dunque nella Scrittura alcuni testi sul Padre e il Figlio che indicano l'unità e l'uguaglianza della natura, come: Io e il Padre siamo una sola cosa 9, e: Sussistendo in natura di Dio, non considerò questa uguaglianza con Dio come una rapina 10, e tutti gli altri testi di questo genere. Ve ne sono alcuni invece che presentano il Figlio come inferiore al Padre per la natura di servo, cioè per la creatura da lui assunta nella natura umana mutevole, come quando è detto: perché il Padre è più grande di me 11; e: il Padre non giudica alcuno, ma ha rimesso ogni giudizio nelle mani del Figlio 12; poco dopo aggiunge: E gli ha dato il potere di giudicare perché è il Figlio dell'uomo 13. In altri testi ancora il Figlio non viene presentato né come inferiore né come uguale al Padre, ma vi si afferma solamente che il Figlio ha origine dal Padre, come quello che dice: Perché, come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di averla in sé 14, e l'altro: il Figlio non può fare nulla da sé ma solo quello che vede fare dal Padre 15. Se noi interpreteremo questa espressione nel senso che il Figlio è inferiore al Padre, per la natura assunta dalla creatura, ne conseguirà che il Padre camminò prima sulle acque o che aprì con la saliva e il fango gli occhi di un altro cieco nato e ha fatto le altre cose che il Figlio incarnato ha fatto tra gli uomini 16, affinché possa farle colui che disse che il Figlio non può fare nulla da sé, eccetto ciò che abbia visto fare dal Padre 17. Ma chi, per quanto stolto, penserà così? Non rimane dunque da intendere, che queste espressioni indichino che la vita del Figlio è immutabile come quella del Padre, ma che in lui ha origine dal Padre, e che l'azione del Padre e del Figlio, è inseparabile, ma che per il Figlio ha origine da colui da cui ha origine il suo essere, cioè dal Padre, e che il Figlio vede il Padre in modo che il vederlo sia per lui la stessa cosa che essere Figlio 18. Infatti per lui aver origine dal Padre, cioè nascere dal Padre, non è altra cosa che vedere il Padre; come il vederlo agire non è altra cosa che agire con lui; ma non agisce da sé perché non ha l'essere da se stesso, e perciò fa quello che vede fare dal Padre, perché ha origine dal Padre. Né fa altre cose in modo simile, come il pittore che dipinge altri quadri copiando quelli dipinti da un altro pittore, né le cose medesime in maniera diversa, come la bocca esprime le medesime lettere che la mente ha pensato; ma tutto ciò che fa il Padre - afferma il Signore - il Figlio lo fa allo stesso modo 19. Ha detto il Signore: Le stesse cose, e allo stesso modo; e per questo il Padre e il Figlio hanno in comune la medesima attività, ma il Figlio l'ha dal Padre. Perciò il Figlio non può far nulla da sé, se non quello che avrà visto fare dal Padre 20. Da questo principio secondo il quale la Scrittura non vuole indicare che uno è inferiore all'altro, ma chi abbia origine e chi ne sia il principio, alcuni hanno concluso che la Scrittura afferma che il Figlio è inferiore al Padre. Ma alcuni dei nostri, troppo ignoranti e privi di qualsiasi competenza in questa materia, mentre tentano di intendere queste affermazioni come riguardanti la natura di servo 21, poiché ne viene fuori un senso errato, rimangono turbati. Ma perché questo non accada si segua anche questa regola: il Figlio non è inferiore al Padre ma è dal Padre. Così si esprime non la sua ineguaglianza, ma la sua nascita 22.

Alcune espressioni della Scrittura riguardanti il Figlio non si sa a quale regola riferirle

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Vi sono dunque nei Libri santi alcune espressioni, come avevo iniziato a dire, che non si sa in che senso vadano interpretate: se in riferimento all'inferiorità del Figlio conseguente all'unione con la creatura o in riferimento, nonostante l'uguaglianza, alla sua origine dal Padre. E in verità mi pare che, se ci si trova davanti a un testo talmente ambiguo da non poter essere spiegato e chiarito, esso possa venire interpretato senza pericolo in base alla duplice regola di cui si è parlato. È il caso di questa affermazione: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato 23. Infatti la si può intendere in riferimento alla natura di servo, come si è spiegato nel libro primo, e in riferimento alla natura divina nella quale è uguale al Padre ma avendo origine dal Padre. Perché, secondo la natura divina, come il Figlio e la vita divina non sono due cose diverse, ma il Figlio è la vita stessa, così non sono due cose diverse il Figlio e la sua dottrina ma il Figlio è la stessa dottrina 24. E come per questo l'espressione: Diede la vita al Figlio 25 non significa nient'altro che "generò il Figlio che è la vita", così anche quando è detto: "diede al Figlio la dottrina" tale espressione viene intesa nel giusto senso se si interpreta: "generò il Figlio che è la dottrina". Cosicché l'affermazione: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato, va intesa come se il Signore avesse detto: "Io non ho l'essere da me stesso, ma lo ho da Colui che mi ha mandato".

Lo Spirito Santo non parla da sé, perché procede dal Padre

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Infatti anche dello Spirito Santo, sebbene di lui la Scrittura non abbia detto: Si esinanì assumendo la natura di servo 26, il Signore stesso ha affermato: Quando sarà venuto lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la verità, giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà e vi annunzierà le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà. Se dopo queste parole non avesse immediatamente aggiunto: Tutto ciò che ha il Padre è mio; perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà 27, si potrebbe forse credere che lo Spirito Santo è nato da Cristo come questi dal Padre. Infatti di se stesso Cristo aveva detto: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato 28; dello Spirito Santo dice: Giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà 29; e poi: perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà 30. Ma, poiché spiega l'affermazione prenderà dal mio (dicendo: Tutto ciò che ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà 31), non resta se non intendere che anche lo Spirito Santo riceve dal Padre come il Figlio. E questo come può avvenire se non nel senso già sopra indicato: Quando poi sarà venuto il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza di me 32? Per questo è detto che non parla da sé, in quanto procede dal Padre. E come il Figlio non è inferiore al Padre, sebbene abbia detto: Il Figlio non può fare nulla da sé, se non quanto avrà visto fare dal Padre 33 (infatti non ha detto questo in quanto servo ma in quanto Dio, come abbiamo già dimostrato, e queste parole non indicano che egli è inferiore al Padre ma che ha origine da lui), allo stesso modo non consegue che lo Spirito Santo sia inferiore al Padre, perché il Figlio ha detto di lui: infatti non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà 34. Con queste parole il Figlio voleva significare che lo Spirito procede dal Padre. Ma poiché il Figlio ha origine dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre, perché non li chiamiamo ambedue "figli" né li chiamiamo ambedue "generati" ma chiamiamo Figlio Unigenito solamente il primo, mentre chiamiamo l'altro Spirito Santo e non "figlio" o "generato", espressioni queste equivalenti? È quello che spiegherò, se Dio lo concederà e nella misura in cui lo concederà 35.

Il Figlio non è inferiore al Padre, perché questi lo glorifica

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Ma a questo punto stiano bene attenti, se lo possono, quanti hanno creduto di potersi valere, per dimostrare la superiorità del Padre sul Figlio, anche di queste parole del Figlio: Padre, glorificami 36. Si badi bene che anche lo Spirito Santo lo glorifica. Allora anche lui è superiore al Figlio? Si osservi però che, se lo Spirito Santo glorifica il Figlio in quanto riceverà dal Figlio, e riceverà dal Figlio perché tutto ciò che ha il Padre 37 è del Figlio, appare chiaro che, quando lo Spirito Santo glorifica il Figlio, è il Padre che glorifica il Figlio. Da questo si vede che tutto ciò che ha il Padre appartiene non solo al Figlio ma anche allo Spirito Santo, perché lo Spirito Santo ha il potere di glorificare il Figlio che il Padre glorifica. Se colui che glorifica è superiore a chi da lui viene glorificato, si conceda almeno che sono uguali quelli che si glorificano vicendevolmente. Ora la Scrittura afferma che anche il Figlio glorifica il Padre: Io - afferma il Figlio - ti ho glorificato sopra la terra 38. Ci si guardi bene dal considerare lo Spirito Santo superiore al Padre e al Figlio perché glorifica il Figlio che il Padre glorifica, mentre non si afferma nella Scrittura che egli sia glorificato né dal Padre né dal Figlio 39.

Il Figlio e lo Spirito Santo non sono inferiori al Padre, perché questi li manda

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Quelli però, così confutati, ricorrono a quest'altro argomento: "Chi manda è superiore a chi è mandato"; perciò il Padre è superiore al Figlio, perché il Figlio afferma costantemente di essere mandato dal Padre 40; è anche superiore allo Spirito Santo, perché Gesù disse di lui: Colui che il Padre manderà in mio nome 41. Lo Spirito Santo da parte sua è inferiore al Padre e al Figlio perché lo manda il Padre, come abbiamo detto, e lo manda anche il Figlio, come testimonia la sua parola: Ma se me ne andrò, ve lo manderò 42. Circa questa questione chiedo anzitutto da dove sia stato mandato il Figlio e dove sia stato mandato. Io - egli ha detto - sono uscito dal Padre e sono venuto in questo mondo 43. Dunque uscire dal Padre e venire in questo mondo, questo significa essere mandato. Che cosa significa l'affermazione che fa su di lui lo stesso Evangelista: Egli era nel mondo e il mondo per mezzo di lui è stato fatto e il mondo non l'ha conosciuto? E subito aggiunge: è venuto nella sua proprietà 44. Certo egli è stato mandato là dove è venuto, ma se è stato mandato in questo mondo, perché è uscito dal Padre ed è venuto in questo mondo, ed era in questo mondo, allora è stato mandato là dov'era. D'altra parte quando il Profeta fa dire a Dio: Io riempio il cielo e la terra 45, se si riferisce al Figlio (alcuni infatti vogliono che sia lui che ha parlato ai Profeti o per bocca dei Profeti), dove è stato mandato se non là dov'era? Infatti era dovunque Colui che dice: Riempio il cielo e la terra. Se l'affermazione riguarda invece il Padre, dove ha mai potuto essere il Padre senza il Verbo suo e senza la sua Sapienza che si estende con potenza da un'estremità all'altra e tutto governa con bontà 46? Ma nemmeno poté essere in alcun luogo senza il suo Spirito. Perciò, se Dio è dovunque, dovunque è anche il suo Spirito. Dunque anche lo Spirito Santo è stato mandato là dov'era. È per questo che colui che non trovava luogo per sfuggire dallo sguardo di Dio e dice: Se salirò nel cielo, là sei tu; se scenderò negli inferi, tu sei presente 47, volendo significare che Dio è presente ovunque, prima aveva nominato il suo Spirito dicendo: Dove me ne andrò lontano dal tuo Spirito? e dove fuggirò al tuo sguardo? 48.

La missione del Figlio consiste nella sua incarnazione

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Se dunque tanto il Figlio quanto lo Spirito Santo sono inviati là dov'erano, bisogna domandarsi di che genere sia tale missione del Figlio e dello Spirito Santo. Infatti solo del Padre non si dice in alcun luogo della Scrittura che sia stato mandato. Del Figlio così scrive l'Apostolo: Ma quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge 49. Ha mandato - dice - il suo Figlio formato da donna. Quale cattolico ignora che con questa parola "donna" l'Apostolo non ha voluto indicare la perdita della verginità ma, secondo il modo di esprimersi ebraico, la differenza di sesso? Dicendo dunque: Dio ha mandato il Figlio suo formato da donna, egli dimostra a sufficienza che la missione del Figlio è precisamente la nascita da donna. Dunque in quanto nato da Dio era in questo mondo 50, in quanto invece è nato da Maria, è venuto come mandato in questo mondo 51. Tuttavia non ha potuto essere mandato dal Padre senza lo Spirito Santo, non solo perché il Padre quando lo mandò, ossia quando lo formò dal seno della donna, non lo formò affatto senza il concorso del suo Spirito, ma anche perché nel Vangelo, alla domanda della vergine Maria: Come avverrà questo? si trovano in risposta le seguenti parole assolutamente chiare ed evidenti: Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenze dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra 52, e Matteo dice: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo 53. Ma presso il profeta Isaia è proprio Cristo che si intende affermare della sua futura venuta: Ed ora il Signore Dio mi ha mandato, lui e il suo Spirito 54.

Il Figlio è mandato anche da se stesso

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Forse qualcuno ci spingerà persino ad affermare che il Figlio è stato mandato da se stesso, perché quella concezione e quel parto di Maria sono opera della Trinità che crea tutto ciò che è creato. "Ma allora, mi si obietterà, come poté mandarlo il Padre se lui stesso si è mandato?". A costui risponderò anzitutto chiedendogli di dire, se può, come il Padre santificò il Figlio, se il Figlio stesso si è santificato. Infatti lo stesso Signore fa queste due affermazioni: Colui che il Padre santificò ed inviò nel mondo, a questi voi dite: "Bestemmi!", perché ho detto: Sono Figlio di Dio 55; ed altrove: E per essi io santifico me stesso 56. Così pure domando come il Padre lo consegnò, se egli stesso si è consegnato. L'apostolo Paolo infatti afferma l'una e l'altra cosa: Colui - dice - che non risparmiò il proprio Figlio, ma per tutti noi lo consegnò 57; altrove dello stesso Salvatore afferma: Colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me 58. Credo che mi risponderà, se ben conosce questa materia, che unica è la volontà del Padre e del Figlio e indivisibile la loro azione. Intenda dunque quella incarnazione e quella nascita dalla Vergine, in cui consiste la sua missione, come operata indivisibilmente da una unica ed identica azione del Figlio e del Padre, senza ben inteso escluderne lo Spirito Santo, del quale è chiaramente detto: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo 59. Se continueremo la nostra indagine per questa via forse vedremo più chiaramente nella questione: come mandò Dio il Figlio suo 60? Gli comandò di venire ed egli venne obbedendo a lui che comandava, o lo pregò di venire ovvero soltanto lo esortò a venire? In qualsiasi di queste tre alternative la missione si è realizzata per intervento della Parola, ma la Parola di Dio è proprio il Figlio di Dio. Perciò, dato che il Padre lo mandò per mezzo della Parola, egli è stato mandato per opera del Padre e del Figlio. Dunque ad opera del Padre e del Figlio è stato mandato il Figlio medesimo, perché la Parola del Padre è il Figlio stesso. Chi infatti accoglierà un'ipotesi così sacrilega da credere che il Padre abbia pronunciato una parola temporale per mandare il suo Figlio eterno e manifestarlo corporalmente nel tempo? Ma al contrario nello stesso Verbo di Dio, che era fin dal principio presso Dio ed era Dio, cioè nella stessa Sapienza di Dio, al di fuori del tempo era stabilito il tempo in cui la Sapienza doveva apparire nella carne 61. Perciò essendo il Verbo al principio, al di fuori di ogni inizio temporale, ed essendo il Verbo presso Dio ed essendo il Verbo Dio, al di fuori del tempo era stabilito nello stesso Verbo in quale tempo il Verbo si incarnasse ed abitasse tra noi 62. Essendo venuta tale pienezza dei tempi Dio mandò il Figlio suo formato da una donna 63, cioè formato nel tempo, affinché, incarnato, il Verbo apparisse agli uomini, poiché era stabilito nel Verbo al di fuori del tempo in quale tempo ciò accadesse. Infatti la successione dei tempi si trova senza temporalità nella Sapienza eterna di Dio. Essendo dunque il Padre e il Figlio la causa della manifestazione del Figlio nella carne, si dice giustamente che è stato mandato colui che apparve nella carne, che invece ha mandato Colui che nella carne non si è manifestato. Perché è giusto considerare come oggetto di missione i fatti che accadono visibilmente sotto i nostri occhi per intervento invisibile di un essere spirituale. Ora la natura umana che fu assunta appartiene alla persona del Figlio, non anche alla persona del Padre. Perciò il Padre invisibile insieme col Figlio anch'esso invisibile, ha fatto che lo stesso Figlio fosse visibile, cioè, com'è stato detto, lo ha mandato 64. Se il Figlio si rendesse visibile, cessando di essere invisibile al pari del Padre, cioè se la natura invisibile del Verbo si convertisse per cambiamento in una creatura visibile, allora dovremmo considerare il Figlio come semplicemente mandato dal Padre e non anche come mandante insieme con il Padre 65. Ma poiché la natura di servo fu assunta in modo che la natura divina non subisse alcun cambiamento, ne consegue che il Padre e il Figlio, senza apparire, produssero quello che doveva apparire nel Figlio, ossia che l'invisibile Padre e l'invisibile Figlio mandarono il Figlio stesso in forma visibile. Perché allora ha detto: Non sono venuto da me stesso? Questa espressione si spiega riferendola alla natura di servo, in rapporto alla quale è stato anche detto: Io non giudico alcuno 66.

La missione dello Spirito Santo è un intervento manifestato visibilmente

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Se dunque si afferma che è stato mandato il Figlio in quanto si manifestò esteriormente in una creatura corporea, lui che interiormente nella sua natura spirituale è sempre nascosto agli occhi degli uomini, si comprende facilmente perché si parli pure di missione a proposito dello Spirito Santo. Una forma creata è stata prodotta nel tempo per manifestare visibilmente lo Spirito Santo, sia quando discese sul Signore stesso, sotto l'apparenza corporea di una colomba 67 sia quando, trascorsi dieci giorni dall'ascensione di lui, nel giorno della Pentecoste improvvisamente venne dal cielo un suono come di vento che soffi impetuoso, ed apparvero ad essi delle lingue separate come di fuoco che si posò sopra ciascuno di loro 68. È questa azione manifestatasi visibilmente ed offertasi agli occhi dei mortali che è stata chiamata missione dello Spirito Santo. Non si trattava d'una manifestazione della sua stessa sostanza per la quale anche lui è invisibile ed immutabile come il Padre ed il Figlio, ma si trattava di toccare il cuore degli uomini con una dimostrazione esteriore per condurli dalla manifestazione temporale di colui che veniva alla misteriosa eternità di Colui che è sempre presente.

La creatura in cui lo Spirito Santo si è manifestato non è stata da lui assunta come la natura umana dal Figlio

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Tuttavia in nessun passo della Scrittura è affermato che Dio Padre è superiore allo Spirito Santo, o lo Spirito Santo inferiore a Dio Padre, perché la creatura che servì allo Spirito Santo per apparire non fu da lui assunta, come la persona del Verbo di Dio assunse la natura umana per presentarsi in forma di uomo. Quell'uomo non era in possesso del Verbo di Dio alla pari di altri uomini dotati di santità e di sapienza, bensì al di sopra di essi 69, non certo nel senso che avesse in misura più larga il Verbo di Dio in modo da eccellere su di essi per sapienza, ma nel senso che era lo stesso Verbo. Una cosa infatti è il Verbo nella carne, ed altra cosa il Verbo fatto carne. Cioè una cosa è il Verbo nell'uomo, un'altra il Verbo uomo. Infatti carne è sinonimo di "uomo" nell'affermazione: il Verbo si è fatto carne 70, come nell'altra: E vedrà ogni carne ugualmente la salvezza di Dio 71. Non si tratta di carne senza anima o senza spirito, ma ogni carne significa "ogni uomo". Perciò la creatura in cui si doveva manifestare lo Spirito Santo non è stata assunta come è stata assunta quella carne umana e quella natura umana dalla vergine Maria 72. Infatti lo Spirito Santo non ha beatificato quella colomba o quel vento o quel fuoco, né li unì a sé ed alla propria persona in un medesimo stato per sempre. Altrimenti sarebbe variabile e convertibile la natura dello Spirito Santo, se quei fenomeni non si fossero compiuti per cambiamento delle creature, ma lo stesso Spirito Santo si fosse in maniera mutevole cambiato in una cosa ed in un'altra, come l'acqua si muta in ghiaccio. Quelle creature invece apparvero quando era opportuno che apparissero, perché la creatura serve al Creatore 73 e si è mutata e trasformata 74, secondo la volontà di Colui che resta immutabile in se stesso, per significarlo e rivelarlo come era necessario significarlo e rivelarlo ai mortali. Pertanto, sebbene la Scrittura chiami quella colomba Spirito e di quel fuoco dica: e apparvero distinte l'una dall'altra delle lingue che parevano di fuoco, che si posò sopra ciascuno di loro, e cominciarono a parlare in varie lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi 75, per indicare che lo Spirito era stato manifestato attraverso quel fuoco come attraverso la colomba, tuttavia non possiamo dire che lo Spirito Santo è Dio e colomba, è Dio e fuoco, come diciamo che il Figlio è Dio e uomo. Nemmeno possiamo dirlo alla stessa maniera che diciamo che il Figlio è l'Agnello di Dio, sia con Giovanni Battista che dice: Ecco l'Agnello di Dio 76, sia con Giovanni Evangelista, quando nell'Apocalisse vede l'Agnello ucciso 77, poiché questa visione profetica non è stata offerta agli occhi corporei attraverso forme corporee 78, ma si è manifestata nello spirito attraverso immagini spirituali dei corpi. Invece, tutti coloro che li videro, hanno visto quella colomba e quel fuoco con gli occhi. Veramente si può discutere, circa il fuoco, (a causa della costruzione della frase) se si tratti di una visione corporea o spirituale. Il testo non dice infatti: "videro dividersi delle lingue di fuoco" ma: apparvero delle lingue di fuoco 79. Ora non siamo soliti dire "mi è apparso" allo stesso modo in cui diciamo "ho visto". E precisamente per le apparizioni spirituali di immagini sensibili c'è l'uso di dire "mi è apparso" e "ho visto", invece per le cose che cadono materialmente sotto i nostri occhi non diciamo "mi è apparso" ma "ho visto". Circa quel fuoco si può dunque chiedersi come sia stato visto, se attraverso una visione interna spirituale ma in maniera che apparisse in modo veramente esterno, oppure in modo realmente oggettivo con gli occhi della carne. Per quanto riguarda quella colomba della quale è stato detto che è discesa corporalmente, nessuno ha mai dubitato che non la si sia vista con gli occhi. Non possiamo nemmeno dire che lo Spirito Santo è colomba e fuoco, come diciamo che il Figlio è pietra (infatti la Scrittura dice: e la roccia era Cristo 80). Perché quella pietra esisteva già in natura e fu chiamata Cristo in funzione di simbolo per un nuovo intervento divino. Come la pietra sulla quale Giacobbe posò la testa e che poi egli assunse anche con l'unzione a figura del Signore 81. Così era il Cristo Isacco in atto di portare la legna per il sacrificio di se stesso 82. A queste cose già esistenti venne ad aggiungersi una destinazione simbolica; non comparvero invece istantaneamente, come quella colomba e quel fuoco, solo per essere dei simboli. La colomba e il fuoco mi sembrano più simili a quella fiamma che apparve a Mosè nel roveto 83, a quella colonna che il popolo seguiva nel deserto 84, ed alle folgori ed ai tuoni che si verificarono quando la Legge fu data sul monte 85. Infatti quei fenomeni sensibili esistettero solo per significare qualcosa e subito scomparire.

Il Padre non è mandato

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È dunque per queste forme corporee che esistettero momentaneamente per significarlo e rivelarlo ai sensi degli uomini, secondo i loro bisogni, che si parla anche di missione dello Spirito Santo. Tuttavia non fu detto inferiore al Padre, come il Figlio per la natura di servo, perché quella natura di servo è stata assunta in unità di persona, invece quei fenomeni sensibili apparvero temporaneamente per far conoscere ciò che era necessario e poi cessare di esistere. Perché dunque non si dice che anche il Padre è stato mandato attraverso quei fenomeni sensibili: la fiamma del roveto, la colonna di nube e di fuoco, i fulmini sul monte ed altri che forse apparvero quando, secondo la Scrittura, ha parlato ai Patriarchi, se attraverso quelle forme create e quei fenomeni sensibili che si offrirono agli sguardi umani lui stesso veniva manifestato? Se invece attraverso di essi si manifestava il Figlio, perché si parla della sua missione tanto tempo dopo e cioè quando nacque da donna come afferma l'Apostolo: Quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il Figlio suo formato da donna 86, se veniva mandato anche prima, quando si manifestava ai Patriarchi attraverso quelle effimere forme create? E se non si può dire con esattezza che sia stato mandato se non quando il Verbo si è fatto carne 87, come si può dire che lo Spirito Santo è stato mandato, se egli non si è mai incarnato? Se attraverso quei fenomeni visibili che vengono celebrati nella Legge e nei Profeti, non il Padre né il Figlio ma lo Spirito Santo si rivelava, perché anche di lui si dice che è stato mandato ora, quando veniva mandato già prima in quelle maniere?

Tre problemi

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In questa questione così difficile il primo problema da risolvere, con l'aiuto del Signore, è se attraverso quei fenomeni creati si sia manifestato il Padre o il Figlio oppure lo Spirito Santo; se talvolta il Padre, talvolta il Figlio, talvolta lo Spirito Santo; ovvero, senza alcuna distinzione di Persone ma in quanto Dio uno ed unico 88, la Trinità stessa si sia manifestata. In secondo luogo, qualunque sia la soluzione raggiunta o il punto di vista accolto, occorre chiedersi se siano stati creati degli esseri solo perché si manifestasse Dio agli sguardi umani, come lo credeva necessario in quel momento, oppure se venivano inviati gli Angeli, che già esistevano, perché parlassero in nome di Dio prendendo forma corporea dalla natura sensibile per assolvere il compito particolare affidato a ciascuno, ovvero mutando e trasformando 89, in forza del potere ad essi concesso dal Creatore, il loro stesso corpo (infatti non ne subiscono le leggi ma le dominano secondo il loro volere), in forme che ritenessero appropriate e adatte ai loro compiti. Infine vedremo ciò che avevamo deciso di indagare, se il Figlio e lo Spirito Santo fossero mandati anche prima e, se lo erano, che differenza ci sia tra quella missione e quella di cui parla il Vangelo 90; ovvero se nessuno di loro sia stato mandato se non quando o il Figlio nacque da Maria vergine, o lo Spirito Santo apparve in forma visibile sia nella colomba sia nelle lingue di fuoco 91.

Primo problema: se una sola persona o tutta la Trinità, che è invisibile, è apparsa nell'Antico Testamento

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Lasciamo dunque da parte coloro che in maniera grossolana hanno immaginato la natura del Verbo e la Sapienza (che, rimanendo identica in se stessa, rinnova tutte le cose 92, e che noi chiamiamo Figlio unico di Dio) come un essere mutevole, anzi addirittura visibile. Costoro si sono accostati all'indagine, in verità più pretenziosa che religiosa, delle cose divine, con uno spirito veramente troppo grossolano 93. Infatti l'anima stessa, in quanto sostanza spirituale, pur essendo inoltre creata e non avendo potuto essere creata che per mezzo di Colui per mezzo del quale sono state create tutte le cose e senza del quale nulla è stato fatto 94, sebbene sia mutevole, tuttavia non è visibile, essi invece hanno ritenuto visibile il Verbo stesso e la stessa Sapienza divina, per mezzo della quale sono state fatte tutte le cose, mentre la Sapienza non è soltanto invisibile come lo è anche l'anima ma anche immutabile, mentre l'anima non lo è; è questa sua immutabilità che ci è stata ricordata nell'affermazione della Scrittura: rimanendo in se stessa, rinnova ogni cosa 95. E costoro, come sforzandosi di sostenere il loro errore traballante con le testimonianze delle divine Scritture, si servono delle affermazioni dell'apostolo Paolo e quanto viene affermato dell'unico e solo Dio, in cui riconosciamo la Trinità stessa, lo interpretano come affermato soltanto del Padre, non anche del Figlio e dello Spirito Santo. L'Apostolo afferma: Al re dei secoli, immortale, invisibile, unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli 96. Egli dice anche: Beato e solo potente, re dei re e dominatore dei dominanti, il solo che possiede l'immortalità ed abita una luce inaccessibile che nessun uomo ha mai veduto né può vedere 97. Ci pare di esserci già sufficientemente intrattenuti sul modo in cui vanno interpretate tali affermazioni.

Confutazione di coloro che credevano solo il Padre immortale ed invisibile

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Coloro che vogliono che queste parole vadano intese come dette non del Figlio né dello Spirito Santo ma soltanto del Padre, affermano che il Figlio è visibile non per la carne assunta dalla Vergine ma già prima, per se stesso. Infatti affermano: "Egli è apparso agli occhi dei Patriarchi". Fate loro questa obiezione: "Se il Figlio è visibile per se stesso è anche mortale per se stesso, e questo perché possiate essere coerenti con voi stessi, dato che volete intendere come dette solo del Padre le parole: Colui che solo ha l'immortalità; infatti se il Figlio è mortale soltanto dopo l'incarnazione, ammettete che il Figlio non sia ugualmente visibile che per l'incarnazione". Essi vi rispondono che secondo la loro opinione il Figlio non è mortale per l'incarnazione ma che era mortale, come era visibile, già prima dell'incarnazione. Infatti se si ammette che il Figlio è mortale solo per l'incarnazione, allora non è soltanto il Padre, con l'esclusione del Figlio, ad avere l'immortalità, perché anche il Verbo di lui, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, ha l'immortalità. D'altra parte il Figlio, assumendo la carne mortale, non ha per questo perduto la sua immortalità, dato che nemmeno all'anima umana accade di morire con il corpo, secondo la testimonianza del Signore stesso: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima 98. Ovvero anche lo Spirito Santo avrebbe dovuto incarnarsi. Ecco ciò che metterà certamente in imbarazzo i nostri contraddittori se il Figlio è mortale per l'incarnazione: spiegare come il Padre soltanto abbia l'immortalità con l'esclusione del Figlio e dello Spirito Santo. Ma lo Spirito Santo non si è incarnato. Allora nel caso che lo Spirito Santo, sebbene non si sia incarnato, sia tuttavia mortale, è chiaro che nemmeno il Figlio è mortale per l'incarnazione; se invece lo Spirito Santo è immortale, allora l'affermazione: egli solo ha l'immortalità, non va intesa solo del Padre. L'argomento con il quale costoro credono di poter dimostrare che il Figlio era per se stesso mortale anche prima dell'incarnazione è tutto qui: si può chiamare giustamente mortalità la stessa mutabilità 99. In tal senso si dice che muore anche l'anima, non perché essa si cambi in un corpo o in un'altra sostanza ma perché ogni cosa che adesso si trova ad esistere diversamente da prima, pur conservando la propria sostanza, si rivela mortale nella misura in cui ha cessato di essere ciò che era prima. "Ebbene, dicono, poiché il Figlio di Dio prima di nascere dalla vergine Maria è apparso, proprio lui in persona, ai Padri nostri, non sempre sotto un'unica e identica forma, ma in diverse forme ora in un modo ora in un altro, egli è sia visibile di per se stesso, perché, non essendosi ancora incarnato, si è manifestato nella sua sostanza immortale, sia mortale in quanto soggetto a mutamento. Così pure lo Spirito Santo che apparve una volta sotto forma di colomba, altra volta sotto forma di fuoco" 100. "Perciò, essi concludono, non concerne la Trinità ma singolarmente e propriamente il Padre l'affermazione: All'immortale, all'invisibile, all'unico Dio 101; e l'altra: Colui che solo ha l'immortalità ed abita in una luce inaccessibile, Colui che nessun uomo vide mai, né può vedere 102".

La verità si deve cercare con zelo pacifico

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Ma lasciamo dunque da parte costoro che, incapaci di farsi un'idea della natura invisibile dell'anima, erano ben lungi dal riconoscere che la sostanza di Dio solo ed unico, ossia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non solo rimane invisibile ma anche immutabile e perciò fissa in una vera ed autentica immortalità. In quanto a noi che affermiamo che mai Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo è apparso agli occhi degli uomini se non per mezzo di una creatura materiale sottomessa alla sua potenza, con impegno pacifico e nella pace cattolica sforziamoci di indagare, pronti a tener conto di ogni critica fraterna e giusta e perfino degli attacchi di un nemico, nel caso che abbia ragione, se, prima che Cristo si incarnasse, sia apparso ai nostri padri Dio nella sua indivisibile unità o una delle Persone della Trinità ovvero ciascuna di esse, quasi avvicendandosi.

Era una persona della Trinità, o tutta la Trinità che parlava con Adamo?

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Incominciamo con il colloquio raccontato nel Genesi tra Dio e l'uomo, che Dio stesso aveva formato dal fango 103. Se lasciamo da parte il senso figurato per attenerci letteralmente all'autorità storica dell'episodio, sembra che Dio abbia parlato sotto forma umana con l'uomo. Questo certamente non è detto in maniera espressa nel testo ma il contesto della narrazione lo lascia intendere, soprattutto per questo particolare del racconto: Adamo udì la voce di Dio che passeggiava di sera in Paradiso e si nascose in mezzo al giardino che era nel Paradiso e a Dio che gli chiedeva: Adamo, dove sei?, rispose: Ho udito la tua voce e mi sono nascosto da te, perché sono nudo 104. Non vedo come si possa intendere alla lettera tale passeggiata di Dio e questa conversazione, se Dio non apparve in forma umana. Infatti non si può dire che si tratti soltanto di un fenomeno uditivo prodotto da Dio, perché si afferma che Dio ha passeggiato, né si può asserire che colui che camminava in quel luogo non fosse visibile, dato che Adamo stesso dice di essersi nascosto dallo sguardo di Dio. Chi era dunque colui che passeggiava: era il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo? Ovvero era semplicemente il Dio Trinità senza distinzione di Persone che parlava all'uomo sotto forma umana? In verità la sintassi del racconto biblico non sembra mai passare da un soggetto ad un altro e sembra che a rivolgersi al primo uomo sia proprio Colui che diceva: Sia la luce 105, e: Ci sia il firmamento 106, e le altre espressioni durante i giorni della creazione. Ora si è soliti ammettere che fu Dio Padre che comandò che esistesse tutto ciò che volle fare. Infatti egli fece tutte le cose per mezzo del suo Verbo, quel Verbo che noi riconosciamo come unico suo Figlio, secondo la norma ortodossa della fede. Se fu dunque Dio Padre che parlò al primo uomo, lui che passeggiava alla sera nel Paradiso, se da lui fuggiva Adamo peccatore inoltrandosi nel giardino 107, perché non si può intendere che fu ancora lui che apparve ad Abramo e a Mosè e a tutti coloro cui volle apparire nel modo in cui gli piacque, servendosi di una creatura mutevole e visibile a lui docile, pur rimanendo in se stesso e nella sua sostanza per la quale è immutabile e invisibile? Ma può darsi che la Scrittura sia passata, senza farlo rilevare esplicitamente, da un soggetto ad un altro e che, mentre ha narrato che fu il Padre a dire: Sia la luce e tutto ciò che il Genesi dice che il Padre ha fatto per mezzo del Verbo 108, già indicasse ora che è il Figlio a parlare al primo uomo, senza dirlo chiaramente, ma lasciandolo intendere a coloro che lo possono capire.

Si tratta di un problema difficile da risolvere

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Chi dunque possiede la forza di penetrare con l'acume dello spirito questo enigma, così che chiaramente comprenda che anche il Padre, ovvero solo il Figlio e lo Spirito Santo possano manifestarsi agli occhi degli uomini per mezzo delle creature visibili, continui nelle sue riflessioni e, se può, ne prepari l'esposizione e l'analisi. Tuttavia la cosa, per quanto riguarda questo passo della Scrittura in cui è detto che Dio ha parlato all'uomo, mi pare misteriosa. Tanto più che non appare con chiarezza se Adamo fosse solito vedere Dio con gli occhi corporei, dato che è una grossa questione, particolarmente, il sapere quali occhi si aprirono ad Adamo ed Eva quand'ebbero gustato il frutto proibito 109; questi occhi infatti, prima che essi gustassero il frutto, erano chiusi. Non mi pare di dire cosa troppo azzardata se affermo soltanto che Dio non ha potuto camminare in altro modo che sotto forma corporea, se la Scrittura rappresenta il Paradiso come un luogo terrestre. Certo è possibile dire che Adamo udisse il suono delle parole senza vedere alcuna forma sensibile, perché, dal fatto che la Scrittura affermi che Adamo si nascose dal suo sguardo 110, non si deve necessariamente concludere che Adamo vedesse abitualmente Dio. E se intendessimo non che Adamo potesse vedere Dio, ma che temeva di essere visto da lui, perché ne aveva sentito la voce e i passi? Infatti anche Caino disse a Dio: Mi nasconderò dal tuo cospetto 111, e tuttavia noi non siamo costretti a pensare che egli vedesse abitualmente Dio con gli occhi corporei, sotto una forma visibile, sebbene sentisse la sua voce che lo interrogava circa il suo delitto e parlava con lui. È difficile sapere quale specie di linguaggio Dio usasse allora per farsi sentire agli orecchi sensibili degli uomini 112, specialmente quando parlava col primo uomo; ed è una questione che non intendiamo esaminare in quest'opera. Tuttavia se non c'erano che voci e suoni per cui una certa presenza sensibile di Dio era offerta ai primi uomini, non vedo perché non dovrei riconoscervi la persona di Dio Padre, tanto più che è lui che si è manifestato nella voce udita quando Gesù sul monte, alla presenza dei tre discepoli si trasfigurò 113, in quella quando la colomba discese su di lui appena battezzato 114, e nella risposta che ricevette quando pregò il Padre di glorificarlo: Io l'ho glorificato e lo glorificherò ancora 115. Non che la voce abbia potuto echeggiare senza l'intervento del Figlio e dello Spirito Santo, perché la Trinità è indivisibile nel suo operare, ma quella voce è echeggiata per manifestare la persona del Padre soltanto, come la natura umana tratta dal seno della vergine Maria è opera della Trinità, ma unita personalmente al Figlio soltanto; infatti la Trinità invisibile ha prodotto il personaggio visibile del Figlio soltanto. E nulla ci impedisce di riconoscere, in quelle voci udite da Adamo, non solo l'opera della Trinità, ma anche di intenderle come manifestazione della medesima Trinità. Siamo infatti obbligati ad attribuire solo al Padre l'espressione: Questo è il mio Figlio diletto 116. Né la fede né la ragione ci permettono di considerare Gesù come figlio dello Spirito Santo, né Figlio in rapporto a se stesso. E quando si udì l'espressione: L'ho glorificato e ancora lo glorificherò, noi non vi riconosciamo che la persona del Padre. È infatti la risposta a quell'invocazione del Signore: Padre, glorifica il tuo Figlio, preghiera che non poté rivolgere che a Dio Padre, in nessun modo allo Spirito Santo del quale non è figlio. Ma qui, dove si afferma: Ed il Signore Dio disse ad Adamo 117, non si può dire per quale motivo non possa trattarsi della Trinità medesima.

La visione di Abramo

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Così quando leggiamo: E disse Dio ad Abramo: esci dalla tua terra, dalla tua famiglia e dalla casa di tuo padre 118, non appare chiaro se Abramo abbia soltanto udito una voce o se abbia anche visto qualcosa con i suoi occhi. Ma poco dopo, è vero, c'è un testo un po' più chiaro: Il Signore apparve ad Abramo, e gli disse: Darò questo territorio alla tua discendenza 119. Ma nemmeno qui è detto chiaramente sotto quale forma gli sia apparso il Signore, e se sia apparso il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo. Forse si potrà pensare che sia apparso ad Abramo il Figlio, perché non è detto "gli apparve Dio", ma: gli apparve il Signore 120; e Signore sembra un nome proprio al Figlio per testimonianza dell'Apostolo: E sebbene ci siano dei cosiddetti dèi sia in cielo che sulla terra, come ci sono molti dèi e molti signori, tuttavia per noi c'è un Dio solo, il Padre, dal quale provengono tutte le cose e noi siamo in lui, e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono state create tutte le cose e noi siamo per mezzo di lui 121. Ma in molti passi della Scrittura anche il Padre è detto Signore, come: Il Signore disse a me: Tu sei il mio Figlio, oggi ti ho generato 122; ed inoltre: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra 123. E vi sono dei passi in cui anche lo Spirito Santo è detto Signore, come quando l'Apostolo dice: Il Signore è Spirito 124 ; e, per impedire che qualcuno pensasse trattarsi del Figlio che sarebbe stato chiamato Spirito per la sua natura immateriale, proseguendo aggiunge: Dove c'è lo Spirito del Signore c'è la libertà 125. Ora nessuno dubiterà che lo Spirito del Signore sia lo Spirito Santo. Pertanto, ritornando al passo di cui si parlava, non appare chiaro che sia apparsa ad Abramo una Persona della Trinità o lo stesso Dio Trinità, ossia il Dio unico di cui è stato detto: Adorerai il Signore Dio tuo ed a lui solo servirai 126. Certo sotto la quercia di Mambre 127 Abramo vide tre uomini, ai quali offrì ospitalità, che ricevette sotto il suo tetto e servì alla sua tavola 128. Ma la Scrittura, iniziando a narrare quell'episodio, non dice "Gli apparvero tre uomini" ma: Gli apparve il Signore. Solo poi, continuando a descrivere come gli sia apparso il Signore, aggiunse la narrazione riguardante i tre uomini che Abramo invita, al plurale, in casa sua. Più avanti si rivolge loro al singolare come se ci fosse un solo uomo. Così pure uno solo gli promette un figlio da Sara e la Scrittura chiama questi "Signore", come all'inizio del racconto ha detto: Apparve il Signore ad Abramo 129. Dunque Abramo li invita, lava loro i piedi, alla loro partenza li accompagna come fossero uomini, ma parla loro come rivolgendosi al Signore Dio, sia quando gli viene promesso un figlio, sia quando gli è annunciata l'imminente distruzione di Sodoma.

Appaiono tre uomini: perché non riconoscere rivelata visibilmente l'uguaglianza della Trinità?

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Questo passo della Scrittura richiede un'analisi non sommaria né frettolosa. Se fosse infatti apparso un solo uomo, coloro che affermano che il Figlio di Dio era visibile per la sua natura già prima di nascere dalla Vergine, chi direbbero che fosse se non lui stesso? Certamente, dato che secondo loro è del Padre che è detto: Al solo Dio invisibile 130. Tuttavia potrei chiedere loro ancora come, prima dell'incarnazione, il Figlio sia stato trovato nel sembiante come uomo, perché gli sono stati lavati i piedi ed egli ha mangiato ad una tavola umana. Come poteva accadere questo mentre ancora sussisteva soltanto in natura di Dio, senza ritenere rapina la sua uguaglianza con Dio? Forse che si era già esinanito, prendendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini e ritrovato nel sembiante come uomo 131? Ma noi sappiamo che ha fatto questo venendo alla luce dalla Vergine. In che modo dunque prima di aver fatto questo apparve ad Abramo sotto le sembianze di quest'unico uomo? Era forse questa forma umana soltanto un fantasma? Potrei fare queste domande se ad Abramo fosse apparso un solo uomo e lo si considerasse il Figlio di Dio. Ma, poiché apparvero tre, senza che di alcuno di essi si dica che aveva preminenza sugli altri per natura o per l'età o per la forza, perché non dovremmo riconoscere qui manifestata in maniera visibile, attraverso una creatura visibile, l'uguaglianza della Trinità e l'unità e l'identità della sostanza nelle tre Persone?

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Qualcuno potrebbe credere in realtà che la Scrittura faccia intendere la superiorità di uno di quei tre uomini e faccia vedere in lui il Signore, il Figlio di Dio, mentre quei due sarebbero i suoi Angeli, in quanto Abramo, pur essendo apparsi in tre, rivolge la parola ad uno solo chiamandolo "Signore". La Scrittura non ha tralasciato di prevenire e contraddire tali future speculazioni e opinioni. E lo fa poco dopo quando narra che due Angeli visitarono Lot. Quel sant'uomo che meritò di sfuggire alla distruzione di Sodoma, rivolge al singolare il titolo "Signore" 132. La Scrittura infatti continua così: Il Signore se ne andò, quand'ebbe finito di parlare ad Abramo, ed Abramo ritornò a casa sua 133.

La visione di Lot

Vennero


due Angeli a Sodoma sul far della sera 134. A questo punto va studiato più attentamente il problema che mi sono proposto di chiarire. È certo che Abramo parlava con tre uomini, eppure egli rivolge al singolare l'appellativo di "Signore". Qualcuno forse dirà che in uno solo fra i tre riconosceva il Signore, negli altri due riconosceva gli Angeli di lui. Ma in questo caso che significa il seguito del testo: Partì il Signore dopo che ebbe finito di parlare ad Abramo ed Abramo ritornò a casa sua 135. Due Angeli giunsero allora a Sodoma sul far della sera 136? Forse che se ne era andato quello solo che fra i tre era riconosciuto come il Signore ed aveva mandato i due Angeli che erano con lui a distruggere Sodoma? Vediamo dunque il seguito del testo: Vennero - dice la Scrittura - due Angeli a Sodoma sul far della sera. Lot sedeva alla porta di Sodoma. Appena li vide, Lot andò loro incontro e si prostrò fino a terra dicendo: Vi prego, signori, degnatevi di venire in casa del vostro servo 137. Qui appare chiaro che gli Angeli erano due, che essi al plurale furono invitati in casa, che sono stati rispettosamente chiamati signori, perché forse erano stati presi per uomini.

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V'è però un'altra difficoltà: se non avesse riconosciuto in essi degli Angeli di Dio, Lot non si sarebbe prostrato dinanzi a loro fino a terra. Ma perché allora offre alloggio e vitto a loro, come se avessero bisogno di tale cortesia? Ma qualunque sia il segreto che qui si cela, continuiamo a trattare il tema che avevamo iniziato. Appaiono in due, ambedue sono detti Angeli, sono invitati al plurale, Lot parla con loro al plurale fino all'uscita da Sodoma. Poi la Scrittura continua e dice: E dopo averli fatti uscire, essi gli dissero: Mettiti in salvo, ne va della vita! Non guardare indietro e non fermarti in nessun luogo della pianura, va' al monte, là sarai salvo, che per caso non perisca. Ma Lot rispose loro: Te ne prego, Signore, ecco il tuo servo ha trovato grazia agli occhi tuoi 138. Che significa ciò: Disse loro: Te ne prego, Signore..., se era già partito colui che era il Signore e che aveva mandato gli Angeli? Perché è detto: Te ne prego, Signore, e non: "Ve ne prego, Signori"? Se Lot volle interpellare uno di loro, perché la Scrittura dice: Disse Lot a loro: Te ne prego, Signore, ecco il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi? Dobbiamo vedere anche qui nel plurale due persone? E poi l'unico Dio Signore nell'unità della sua natura, per il fatto che ai due ci si rivolge come ad uno solo? Ma di quali due persone si tratta? Del Padre e del Figlio, o del Padre e dello Spirito Santo, oppure del Figlio e dello Spirito Santo? Forse l'ultima ipotesi è la più convincente. Infatti essi dicono di essere stati mandati, ciò che noi affermiamo del Figlio e dello Spirito Santo, mentre in nessun luogo della Scrittura noi troviamo che il Padre sia stato mandato.

Il roveto ardente

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Quando Mosè fu mandato per liberare il popolo d'Israele dall'Egitto 139, ecco come, secondo la Scrittura, Dio gli apparve: Stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e nel guidare il gregge oltre il deserto giunse al monte di Dio, Horeb. E l'Angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un roveto. Ed egli osservò che il roveto era tutto una fiamma di fuoco e non si consumava. E Mosè disse: Voglio andar là a vedere questa grande visione: per quale ragione il roveto non si consuma! E il Signore vide che egli si era avvicinato da una parte ad osservare e lo chiamò di mezzo al roveto dicendo: Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe 140. Anche qui si parla prima di un Angelo del Signore, poi di Dio. L'Angelo è dunque forse il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe? Si può allora giustamente pensare che si tratti del Salvatore stesso, del quale l'Apostolo dice: Coloro ai quali appartengono i Patriarchi e dai quali è uscito il Cristo secondo la carne, Colui che è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli 141. Com'è dunque il Dio benedetto nei secoli al di sopra di tutte le cose, non irragionevolmente si pensa che sia anche qui egli stesso il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Ma perché prima è chiamato Angelo del Signore, quando appare nella fiamma di fuoco in mezzo al roveto 142? Forse perché era uno degli innumerevoli Angeli ma incaricato di rappresentare la persona del suo Signore? Oppure era stata assunta qualche creatura che si manifestasse visibilmente per compiere quella funzione e a cui far pronunciare le parole sensibili con le quali fosse segnalata la presenza del Signore anche ai sensi umani, in maniera adatta per mezzo di una creatura sottomessa a Dio? Se era qualcuno degli Angeli, chi può dire incontestabilmente se sia stato incaricato di rappresentare la persona del Figlio o dello Spirito Santo o di Dio Padre o semplicemente la stessa Trinità, Dio unico e solo, cosicché l'Angelo poté dire: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe 143? Infatti non si può affermare che il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe sia il Figlio di Dio e non il Padre, e nessuno oserà dire che lo Spirito Santo o la stessa Trinità che è, come crediamo e pensiamo, il Dio unico, non sia il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Poiché non è il Dio di quei Patriarchi chi non è Dio. Ora se non solamente il Padre è Dio, come lo riconoscono anche tutti gli eretici, se è Dio anche il Figlio, come essi debbono ammettere, sia pur contro voglia, in forza delle parole dell'Apostolo: Egli è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli 144, se è Dio anche lo Spirito Santo, secondo quanto dice l'Apostolo: Glorificate Dio nel vostro corpo 145, mentre prima aveva detto: Non sapete che i vostri corpi sono templi dello Spirito Santo che è in voi e che voi avete ricevuto da Dio? 146 se tutti e tre sono un solo Dio 147, come crede l'ortodossia cattolica, non appare sufficientemente chiaro quale persona della Trinità rappresentasse quell'Angelo, nel caso fosse uno degli Angeli, né se rappresentasse una Persona ovvero la Trinità stessa. Se invece una cosa già esistente fu presa in uso e perché apparisse agli occhi umani e perché si facesse sentire agli orecchi e fu chiamata e Angelo del Signore e Signore e Dio, allora in questo caso Dio non si può intendere come Padre ma o come Figlio o come Spirito Santo. Certo a proposito dello Spirito Santo non ricordo alcun testo in cui sia chiamato "angelo", ma la sua azione potrebbe permetterci di attribuirgli questo appellativo. Infatti è detto di lui: Vi annunzierà le cose che accadranno 148. Ora è noto che il termine greco "angelo" tradotto in latino significa "nunzio". Quanto al Signor Gesù Cristo si legge in maniera chiarissima presso il Profeta l'appellativo che gli è attribuito di Angelo del gran consiglio 149. Le altre due denominazioni di Dio e di Signore degli Angeli competono e allo Spirito Santo e al Figlio di Dio.

La colonna di nube e di fuoco

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Similmente la Scrittura racconta a proposito dell'esodo dei figli d'Israele dall'Egitto 150: Dio li precedeva, di giorno in forma di colonna di nube per guidarli nel cammino; di notte in forma di fuoco; e non si rimosse mai dal cospetto del popolo la colonna di nube di giorno né la colonna di fuoco di notte 151. Chi può dubitare in questo caso che Dio si manifestò agli occhi degli uomini per mezzo di una creatura, una creatura corporea, sottomessa alla sua volontà e non nella sua stessa sostanza? Ma non appare altrettanto chiaro se si sia manifestato il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo ovvero la Trinità medesima, Dio unico. Né ritengo che questo venga precisato nel passo seguente: La gloria del Signore apparve nella nube. E il Signore parlò a Mosè dicendo: Ho inteso le mormorazioni dei figli d'Israele 152.

La visione sul Sinai

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Parliamo ora delle nubi, delle voci, delle folgori, della tromba, del fumo del monte Sinai: Il monte Sinai fumava tutto, perché il Signore vi era disceso in mezzo al fuoco; e il fumo saliva come fumo di fornace. Tutto il popolo era tremendamente spaventato. Il suono della tromba si faceva sempre più forte. Mosè parlava e Dio gli rispondeva con un tuono 153. E poco più avanti, dopo che era stata data la Legge espressa nei dieci comandamenti, la Scrittura prosegue: E tutto il popolo era spettatore dei tuoni, dei lampi, del suono della tromba e del monte che fumava 154, e poco dopo: Il popolo se ne stette in distanza, mentre Mosè si accostò alla caligine dov'era Iddio e il Signore disse a Mosè... 155. Che dire qui se non che non c'è alcuno così sciocco da credere che il fumo, il fuoco, le nubi, la caligine e le altre cose simili sono la sostanza del Verbo e della Sapienza di Dio, che è il Cristo, oppure la sostanza dello Spirito Santo? Nemmeno gli Ariani sono mai giunti a tal punto da affermare questo di Dio Padre. Perciò quei prodigi sono stati compiuti per mezzo della creatura che è docile al Creatore 156, e furono presentati ai sensi degli uomini in maniera ad essi conveniente; altrimenti basandosi sull'affermazione: Mosè entrò nella caligine dov'era Dio 157, secondo un modo di pensare grossolano, qualcuno crederà che il popolo abbia visto la caligine ma Mosè dentro la caligine abbia visto con gli occhi corporei il Figlio di Dio che i folli eretici vogliono sia apparso nel suo stesso essere. Si può ammettere che Mosè l'abbia visto con gli occhi corporei se è possibile contemplare con gli occhi corporei, non dico la Sapienza di Dio, ossia il Cristo, ma anche soltanto la stessa sapienza d'un uomo qualunque e di qualsiasi saggio. Ovvero perché la Scrittura dice degli antenati di Israele che essi videro il luogo ove s'era posato il Dio d'Israele, e che sotto i suoi piedi vi era come una lastra lavorata di zaffiro e per chiarezza somigliante al cielo 158, si deve ammettere che Colui che è il Verbo e la Sapienza di Dio si sia posato nel suo essere in un punto dello spazio terrestre, lui che tende la sua potenza da una estremità all'altra e tutto amministra con bontà 159; e il Verbo di Dio per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, sia così mutevole che talora si contrae, talaltra si distende? (Il Signore conservi puri da tali pensieri gli spiriti dei suoi fedeli). Invece, come spesso abbiamo detto, è per mezzo della creatura sottomessa a Dio che tali fenomeni visibili e sensibili vengono presentati per significare Dio invisibile e intelligibile (cioè non solo il Padre ma anche il Figlio e lo Spirito Santo), dal quale provengono, per mezzo del quale o nel quale sono tutte le cose 160; sebbene rimanga vero che le invisibili perfezioni di Dio, fin dalla creazione del mondo, sono rese intelligibili, se ben considerate, dalle opere sue, sia la sua eterna potenza sia la sua divinità 161.

Forse questi fenomeni rivelavano lo Spirito Santo

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Tuttavia per quanto riguarda il problema che abbiamo cominciato a trattare, non vedo come riconoscere chi, anche sul monte Sinai, per mezzo di tutti quei prodigi terrificanti, presentati ai sensi degli uomini, propriamente parlava, se il Dio Trinità o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo. Ma se è permesso avanzare qui un'ipotesi con riserva e circospezione, senza azzardarsi a fare una vera affermazione, perché, dato che possa trattarsi di una Persona della Trinità, non pensare piuttosto allo Spirito Santo? La Legge che fu data in quel momento, secondo l'affermazione della Scrittura, è stata scritta sulle tavole di pietra dal dito di Dio 162, appellativo che, come sappiamo dal Vangelo, designa lo Spirito Santo 163. D'altra parte c'è un intervallo di cinquanta giorni dall'uccisione dell'agnello e dalla celebrazione della Pasqua al giorno in cui cominciarono ad accadere queste cose sul monte Sinai, come dopo la passione del Signore c'è un intervallo di cinquanta giorni dalla risurrezione di lui al giorno in cui venne lo Spirito Santo promesso dal Figlio di Dio. Inoltre quando venne, secondo quanto si legge negli Atti degli Apostoli, apparve sotto forma di lingue separate di fuoco, che si posò su ciascuno degli Apostoli 164, e questo concorda con l'Esodo in cui è scritto: Il monte Sinai fumava tutto, perché vi era disceso Dio nel fuoco 165, e un poco più avanti: La maestà del Signore si presentò sotto l'aspetto di un fuoco ardente sulla vetta del monte davanti ai figli d'Israele 166. Nell'ipotesi che questi prodigi siano accaduti in tal modo perché né il Padre né il Figlio potevano manifestarsi in quel luogo a quella maniera senza lo Spirito Santo, per mezzo del quale la Legge doveva essere scritta, allora abbiamo la certezza che in quel luogo apparve Dio, non nella sua sostanza che rimane invisibile ed immutabile, ma per mezzo di quella cosa creata. Però nessun segno particolare indica, per quanto io possa comprendere, che si trattasse di una determinata Persona della Trinità.

Mosè non vide Dio nella sua essenza

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Ordinariamente i più rimangono perplessi anche di fronte a queste parole: E il Signore parlò a Mosè a faccia a faccia come uno parla al suo amico 167. Tuttavia poco dopo lo stesso Mosè dice: Ordunque, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, mostrati a me chiaramente, affinché ti veda e trovi grazia agli occhi tuoi e sappia che questo popolo è veramente il tuo popolo 168. E poco dopo ancora: E disse Mosè al Signore: Fammi vedere la tua maestà 169. Com'è che si riteneva da alcuni che nelle apparizioni di cui si è detto prima fosse Dio a farsi vedere nella sua sostanza, tanto che qualche incompetente ha considerato il Figlio di Dio visibile in se stesso e non attraverso le creature e si riteneva che Mosè fosse entrato in mezzo alla caligine, nel senso che agli occhi del popolo si presentava una cortina di nubi 170 mentre dentro le nubi egli contemplava la faccia di Dio e ascoltava le sue parole? Ed in che senso è detto: Il Signore parlò a Mosè a faccia a faccia come chi parla al suo amico 171? Ecco, lo stesso Mosè dice: Se ho trovato grazia al tuo cospetto, mostrati a me chiaramente 172. Evidentemente Mosè si rendeva ben conto di quello che gli appariva in modo materiale e domandava la vera visione di Dio in modo spirituale. Quella conversazione che si manifestava attraverso delle voci, evidentemente era modulata come quella di un amico che parla ad un amico. Ma Dio Padre chi lo vede con gli occhi corporei? Il Verbo, che era al principio ed era Dio e per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 173, chi lo vede con gli occhi corporei? E lo Spirito di sapienza chi lo vede con gli occhi corporei? Che significa poi: Mostrati a me chiaramente 174, se non: "Mostra a me la tua sostanza"? Se Mosè non avesse fatto questa domanda, si sarebbe certo obbligati a sopportare gli sciocchi che ritengono che, attraverso i fatti e le parole sopra raccontati, fosse apparsa visibile la sostanza di Dio agli occhi di Mosè, mentre ci è rivelato in modo evidentissimo che Mosè non poté ottenere tale visione, sebbene ne avesse manifestato il desiderio. Chi oserà dunque affermare che attraverso tali fenomeni, simili a quelli che apparvero in forma visibile anche a Mosè, sia apparso il vero essere di Dio agli occhi di qualche mortale e non invece una creatura docile al volere di Dio?

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Ed ecco ancora ciò che il Signore dice a Mosè nel seguito del testo: Non potrai vedere la mia faccia e vivere, perché nessun uomo può vedere la mia faccia e vivere. Poi disse: Ecco qui un luogo vicino a me; mettiti su quella roccia, mentre passerà la mia maestà. Io ti porrò al sommo della roccia e ti coprirò con la mia mano finché io non sia passato. Poi ritirerò la mano e vedrai il mio dorso, ma la mia faccia non ti apparirà 175.

Il dorso di Dio significa la carne di Cristo

Non


senza ragione abitualmente s'intende il dorso di Dio come un'immagine del Signore nostro Gesù Cristo nel senso della carne secondo la quale nacque dalla Vergine, morì, risorse. Dorso di Dio può dirsi la carne di Cristo perché la mortalità è molto inferiore alla divinità, oppure perché egli si è degnato assumerla posteriormente 176, quasi alla fine del mondo; mentre la sua faccia significa quella natura divina nella quale non considerò una rapina la sua somiglianza con Dio Padre 177, natura che nessuno può vedere senza morire 178, oppure perché dopo questa vita, nella quale siamo pellegrini lontani dal Signore 179 e dove il corpo corruttibile pesa sull'anima 180, vedremo Cristo a faccia a faccia 181, come dice l'Apostolo; di questa vita un Salmo dice: Sì, tutta parvenza è ogni uomo che vive 182; ed un altro: perché nessun vivente può giustificarsi davanti a te 183. In questa vita, come afferma Giovanni, non è ancora stato mostrato quello che saremo. Sappiamo - dice - che quando ciò sarà manifesto saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è 184, intendendo evidentemente che ciò fosse riferito all'aldilà, dopo questa vita, quando avremo pagato il debito della morte e ricevuto la promessa della risurrezione. Oppure, perché anche adesso nella misura in cui conosciamo spiritualmente la Sapienza di Dio per mezzo della quale sono state fatte tutte le cose 185 nella stessa misura noi moriamo agli affetti carnali cosicché consideriamo questo mondo come morto a noi, anche noi moriamo a questo mondo e diciamo con l'Apostolo: Il mondo per me è crocifisso ed io per il mondo 186. Infatti di questa morte l'Apostolo dice anche: Se dunque siete morti con Cristo, perché, come viventi nel mondo, vi lasciate imporre i precetti? 187. Non è dunque senza motivo che nessuno potrà, senza morire, vedere la faccia 188, cioè la stessa manifestazione della Sapienza di Dio. Essa è infatti quello splendore verso cui sospira, per contemplarlo, ogni uomo che desidera amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutto il suo spirito 189. Per fargli raggiungere tale contemplazione chi ama il suo prossimo come se stesso edifica quanto più può anche il suo prossimo; da questi due precetti dipende tutta la Legge e i Profeti 190. Questa idea esprime anche lo stesso Mosè che, dopo aver detto, spinto dall'amore di Dio che più di tutto lo bruciava: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mostrati a me chiaramente perché trovi grazia al tuo cospetto 191, subito per amore anche del prossimo aggiunse: E perché sappia che questo popolo è il tuo popolo 192. Essa dunque è la bellezza il cui desiderio rapisce ogni anima razionale, anima tanto più ardente quanto più pura, tanto più pura quanto più si eleva alle realtà spirituali, tanto più si eleva alle realtà spirituali quanto più muore alle realtà carnali. Ma fino a che siamo pellegrini lontano dal Signore e camminiamo per fede e non per visione 193, è il dorso di Cristo, cioè la sua carne, che dobbiamo guardare per mezzo della stessa fede, ossia fermi sul solido fondamento della fede che la pietra simboleggia: essa dobbiamo contemplare da tale osservatorio perfettamente sicuro, cioè all'interno della Chiesa cattolica, della quale è stato detto: E sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa 194. Infatti con tanta maggior certezza amiamo la faccia di Cristo, che desideriamo vedere, quanto più scopriamo nel suo "dorso" la grandezza dell'amore con cui Cristo per primo ci ha amati 195.

La fede nella risurrezione di Cristo ci salva

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Tuttavia è la fede della sua risurrezione in quella stessa carne che salva e giustifica: Se infatti - dice l'Apostolo - credi in cuor tuo che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo 196. Il quale - dice ancora l'Apostolo - fu consegnato per i peccati nostri e fu risuscitato per la nostra giustificazione 197. Dunque è la risurrezione del corpo del Signore che è il merito della nostra fede. Che il suo corpo sia morto sulla croce della passione, anche i suoi nemici l'hanno creduto, ma non credono che sia risorto. Ciò credendo con assoluta certezza, noi lo contempliamo, per così dire, da una pietra incrollabile: è per questo che noi attendiamo con confidente speranza l'adozione, il riscatto del nostro corpo 198. Perciò speriamo di vedere nelle membra di Cristo (e queste membra siamo noi) ciò che l'ortodossia della fede ci rivela realizzato in lui, come nel nostro capo. Da quella pietra non vuole essere visto se non nel suo "dorso" dopo che è passato: vuole che noi crediamo nella sua risurrezione. Pasqua infatti è un termine ebraico che significa passaggio. Per questo Giovanni Evangelista afferma: Ma prima della festa di Pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre 199.

Solo nella Chiesa cattolica vede il dorso di Dio chi crede nella risurrezione di Cristo

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Quelli che credono questo ma al di fuori della Chiesa cattolica, in qualche scisma o eresia, non vedono il "dorso" del Signore dal luogo posto vicino a lui. Che significa infatti l'espressione del Signore: Ecco un posto vicino a me e tu starai sulla pietra 200? Quale luogo sulla terra è vicino al Signore, se essere vicino a lui non è attingerlo spiritualmente? Infatti quale luogo non è vicino al Signore, che estende la sua potenza da un'estremità all'altra del mondo, e tutto amministra con bontà 201, di cui è stato detto che il cielo è il suo trono e la terra lo sgabello dei suoi piedi; che disse: Qual è la casa che mi costruirete? Dov'è il luogo del mio riposo? Forse che tutte queste cose non sono state fatte dalla mia mano 202? Ma certamente il posto vicino a lui, in cui si sta sulla pietra, è la Chiesa cattolica stessa, nella quale vede con profitto la Pasqua, ossia il passaggio del Signore 203, e il suo "dorso", cioè il suo corpo, chi crede nella risurrezione. È detto: Mettiti sulla roccia, mentre passerà la mia maestà 204. Certo, perché appena è passata la maestà del Signore nella glorificazione di Gesù Cristo che risorge e ascende al Padre, noi siamo stati consolidati sulla pietra 205. E Pietro stesso è stato consolidato allora in modo da poter predicare con coraggio colui che prima di essere stato consolidato aveva negato tre volte per timore 206. Pietro senza dubbio per predestinazione era stato posto al sommo della roccia ma il Signore lo copriva ancora con la mano perché non vedesse. Pietro avrebbe visto più tardi il dorso di Cristo; ma questi non era ancora passato, passato s'intende dalla morte alla vita 207, non era stato ancora glorificato con la risurrezione.

La fede dei Giudei in Cristo risuscitato

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Più avanti, nell'Esodo, la Scrittura dice: Ti coprirò con la mano finché io non sia passato. Poi ritirerò la mia mano e vedrai il mio dorso 208. Ora molti Israeliti, che in quel momento Mosè prefigurava, dopo la risurrezione del Signore, credettero in lui, come se già ne vedessero il "dorso" e non avessero più la sua mano sui loro occhi. Perciò l'Evangelista ricorda questa profezia di Isaia: Rendi ottuso il cuore di questo popolo e ottura le sue orecchie e i suoi occhi accieca 209. Infine non è assurdo intendere che si parli di loro nel Salmo: Poiché di giorno e di notte si è appesantita su di me la tua mano 210; di giorno, cioè quando forse faceva i miracoli evidenti e tuttavia non era riconosciuto da essi; di notte, invece, quando egli moriva nella sua passione ed essi erano certi della sua morte e della sua scomparsa come di quelle di qualsiasi altro uomo. Ma quando fu passato in modo che non potessero vederne che il "dorso", per la predicazione loro rivolta dall'apostolo Pietro sulla necessità che Cristo patisse e risorgesse 211, furono compenetrati dal dolore e dal pentimento 212. Cosicché si realizzò in loro, dopo che furono battezzati, quant'è scritto all'inizio del Salmo citato: Beati coloro ai quali sono state rimesse le iniquità e sono stati cancellati i peccati 213. Per questo il Salmo aveva detto: la tua mano si è appesantita su di me 214, come se il Signore passasse per togliere subito la sua mano e lasciar vedere il suo "dorso"; ma a questo segue la voce di uno che è addolorato e che si accusa, che riceve dalla fede nella risurrezione del Signore la remissione dei peccati: Giacqui in uno stato di tribolazione, mentre sempre più si conficcava la spina. Ho riconosciuto il mio peccato e non ho nascosto la mia iniquità. Ho detto: Voglio confessare contro di me le mie colpe al Signore e tu hai perdonato le iniquità del mio cuore 215. Non dobbiamo infatti lasciarci avvolgere tanto dalla caligine della carne da credere che la faccia del Signore sia invisibile ma che sia visibile il suo dorso, dato che nella forma di servo apparve visibile sotto entrambi gli aspetti. Ma ci si guardi bene dal pensare alcunché di simile in riferimento alla natura divina; sia lungi da noi il pensare che il Verbo di Dio e la Sapienza divina abbia da una parte la faccia e dall'altra il dorso come il corpo umano, o il pensare che in qualsiasi maniera muti d'aspetto o di posto nello spazio o nel tempo.

È temerario affermare che il Padre non sia mai apparso ai Padri in forma visibile

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Perciò, se in quelle conversazioni che avvenivano al momento dell'Esodo o in tutte quelle manifestazioni corporee si mostrava il Signore Gesù Cristo, ovvero talora Cristo, come induce a pensare l'analisi di questo passo, talaltra lo Spirito Santo, come ci ricordano le osservazioni fatte precedentemente, non ne consegue che Dio Padre non si sia mai manifestato in quei fenomeni. In quei tempi infatti molte apparizioni di questo genere avvennero senza che in esse fossero nominati o designati o il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, ma furono accompagnate da indicazioni abbastanza chiare, grazie a numerosi indizi, da farci apparire troppo temerario affermare che Dio Padre non si sia mai manifestato ai Patriarchi o ai Profeti sotto forme visibili. Questa opinione è nata da coloro che si sono mostrati incapaci di riconoscere l'unità della Trinità in quelle parole: Al re immortale dei secoli, all'invisibile e unico Dio 216; e: Colui che nessun uomo vide mai, né può vedere 217. Questo la vera fede lo intende come detto della stessa sostanza altissima, supremamente divina e immutabile, nella quale un solo e medesimo Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Mentre quelle apparizioni si sono realizzate per mezzo della creatura mutevole che obbedisce al Dio immutabile ed hanno manifestato Dio non esattamente com'è ma attraverso dei segni, come richiedevano le circostanze e i momenti.

La visione di Daniele

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Tuttavia non so proprio come questa brava gente spieghi l'apparizione a Daniele dell'Antico dei giorni; dal quale ha ricevuto il regno 218 il Figlio dell'uomo, che si è degnato di farsi tale per noi, cioè da Colui che gli dice secondo i Salmi: Tu sei il mio Figlio, oggi ti ho generato: chiedi a me e ti darò le nazioni per tua eredità; da Colui che tutto ha messo sotto i suoi piedi 219. Se dunque il Padre nell'atto di dare il regno e il Figlio nell'atto di riceverlo apparvero a Daniele sotto forma sensibile, come fanno costoro ad affermare che il Padre non si manifestò mai ai Profeti cosicché egli solo deve intendersi come l'invisibile, che nessuno vide mai, né può vedere 220? Ecco infatti il tenore della narrazione di Daniele: Io continuavo a guardare, quand'ecco furono posti dei troni e l'Antico dei giorni si pose a sedere. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo simili a lana pura; il suo trono era come vampa di fuoco e le sue ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva davanti a lui; mille migliaia lo servivano e dieci mila miriadi lo assistevano. La corte si assise e furono aperti i libri 221. E poco dopo: Guardando ancora nelle visioni notturne ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno simile ad un figliolo dell'uomo; giunse fino all'Antico dei giorni e fu presentato a lui che gli dette potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni, lingue lo dovranno servire: il suo potere è un potere eterno che mai tramonta e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto 222. Ecco il Padre che dà e il Figlio che riceve il regno eterno e sono ambedue presenti in forma visibile al Profeta. Dunque si ha il diritto di credere che anche Dio Padre apparisse abitualmente in quel modo ai mortali.

Obiezione

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Ma forse qualcuno insisterà nel dire che il Padre non è visibile perché apparve in sogno a Daniele, mentre il Figlio è visibile come anche lo Spirito Santo, perché Mosè ha ricevuto tutte quelle visioni in stato di veglia. Proprio come se Mosè avesse visto il Verbo e la Sapienza divina con gli occhi del corpo, o come se noi potessimo vedere anche soltanto quel soffio umano che anima questo nostro corpo o lo stesso soffio materiale che si chiama vento 223. Se non sono visibili questi ultimi, tanto meno quel soffio divino che supera gli spiriti di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli per l'inesprimibile sublimità della divina natura. Ci sarà chi cadrà in un errore così grave da affermare che il Figlio e lo Spirito Santo sono visibili anche agli uomini in stato di veglia, mentre il Padre è ad essi visibile solo in sogno? Come possono allora intendere come dette solo del Padre le parole: Colui che nessuno vide mai, né può vedere 224? Forse che gli uomini quando dormono non sono uomini? Ovvero Colui che può produrre delle immagini corporee onde manifestarsi per mezzo di visioni apparse a uomini che sognano, sarebbe incapace di costruire la stessa realtà materiale per manifestarsi alla vista di uomini svegli? La sua essenza per la quale è ciò che è, non può essere manifestata per mezzo di alcuna immagine corporea all'uomo che dorme, con nessuna forma sensibile all'uomo sveglio. Non solo l'essenza del Padre ma anche quella del Figlio e dello Spirito Santo. In ogni caso coloro che dalle visioni in stato di veglia sono messi in tanto imbarazzo da pensare che non il Padre ma solo il Figlio e lo Spirito Santo sono apparsi agli occhi corporei degli uomini (per tacere del grandissimo numero di testi della Scrittura e dell'estrema varietà delle loro interpretazioni che impediscono a chiunque sia sano di mente di affermare che la persona del Padre in nessun luogo si sia manifestata attraverso qualche forma corporea agli occhi di uomini svegli), per tacere dunque di queste, come ho affermato, che dicono costoro del caso del nostro padre Abramo? Egli era certamente sveglio e occupato quando, secondo il passo della Scrittura che inizia dicendo che il Signore apparve ad Abramo, gli apparvero non uno né due ma tre uomini 225, di nessuno dei quali si dice che si distinguesse dagli altri per maggior dignità, più degli altri rifulgesse per maggior onore, che fosse superiore agli altri per maggior potere.

La natura di Dio è invisibile, ma le tre Persone possono manifestarsi attraverso simboli sensibili

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Quando abbiamo diviso in tre parti la nostra trattazione, avevamo deciso di indagare per prima cosa se il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo o invece se talora il Padre, talvolta il Figlio, altre volte lo Spirito Santo, ovvero, senza alcuna distinzione tra le Persone, l'unico e solo Dio, come si dice, cioè la stessa Trinità sia apparsa ai Patriarchi per mezzo di quelle forme tratte dalla creatura. Orbene, dopo aver esaminato i testi della Scrittura che ci è stato possibile 226, tanto quanto ci è parso sufficiente, niente altro ritengo che una indagine umile e prudente dei misteri divini ci inviti a fare se non questo: non affermare recisamente quale Persona della Trinità si sia manifestata ad un determinato Patriarca o Profeta, sotto una determinata cosa o sotto un'immagine sensibile, eccetto nel caso in cui il tenore del testo comprenda alcuni indizi probabili. La natura stessa infatti o la sostanza o l'essenza o con qualunque altro nome si debba chiamare l'essere stesso di Dio, qualunque esso sia, non si può vedere sensibilmente. Si deve invece ammettere che per mezzo della creatura docile a Dio non solo il Figlio o lo Spirito Santo, ma anche il Padre abbia potuto manifestarsi ai sensi degli uomini sotto una forma o un'immagine corporea. Stando così le cose 227, per non allungare oltre misura questo secondo volume, tratteremo le questioni che restano nei seguenti.





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Sant'Agostino - La Trinità 200