Sant'Agostino - La Trinità 300

LIBRO TERZO

Proemio

Motivo per cui Agostino ha deciso di scrivere sulla Trinità

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Coloro che lo vogliono mi credano: preferisco occuparmi a leggere che a scrivere libri. Quelli che non credono ciò ma possono e vogliono sperimentarlo, mi diano da leggere dei libri con cui si risponda alle mie ricerche e alle domande degli altri, domande che debbo subire per l'incarico che svolgo al servizio di Cristo e perché mi brucia l'ardente desiderio di difendere la nostra fede contro gli errori di uomini carnali e grossolani 1. Vedranno allora con quale facilità mi asterrò da questa fatica e con quanta gioia io lascerò in ozio la mia penna. Ma se delle opere che dobbiamo leggere su questi argomenti non esistono sufficienti edizioni in lingua latina, o non se ne trovano affatto, o in ogni caso possiamo trovarne difficilmente; se d'altra parte non abbiamo tanta pratica della lingua greca da essere capaci di leggere e capire libri che trattano di queste cose (in questo campo, da quel poco che è stato tradotto, non dubito si possa trovare tutto ciò che possiamo utilmente cercare); se d'altra parte non posso resistere ai fratelli che, in forza del loro diritto su di me, divenuto loro servitore, mi chiedono insistentemente di pormi soprattutto al servizio dei loro lodevoli desideri in Cristo con la mia lingua e la mia penna, che sono in me come una biga spronata dalla carità; e se confesso che io stesso scrivendo quest'opera ho imparato molte cose che non sapevo, questo mio lavoro non deve apparire superfluo a chiunque, sia egli un fannullone o una persona molto dotta, dato che a molti che non sono né pigri né dotti, e fra questi anche a me, esso è non poco necessario. Quindi, fortemente sostenuti e aiutati da ciò che abbiamo letto di quanto altri hanno scritto su questo argomento, ho deciso, spintovi da Dio, di studiare e con il suo aiuto di esporre, ciò che ritengo si possa piamente 2 studiare ed esporre sulla Trinità, Dio uno, supremo e supremamente buono. Cosicché, se non esistono altri libri di questo genere, ce ne sia uno da leggere per coloro che abbiano volontà e capacità di farlo; se già ve ne sono, se ne troveranno tanto più facilmente, quanto più ve ne saranno 3.

Attende, più che un lettore benevolo, un critico indipendente

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Certo, se in tutte le mie opere io desidero non soltanto un lettore benevolo ma anche un critico indipendente, tanto più in questi scritti, in cui volesse Iddio che la stessa importanza dell'argomento spingesse a proporre delle soluzioni tante persone, quante ve ne sono che fanno obiezioni. Ma come non voglio che il mio lettore sia compiacente con me, così non voglio che chi mi critica sia compiacente con sé. Quello non ami me più della fede cattolica, questi non ami se stesso più della verità cattolica. A quello dico: "Non devi sottometterti ai miei scritti come alle Scritture canoniche; in queste anche ciò che non credevi, appena l'avrai scoperto, credilo immediatamente; in quelli invece ciò che non vedi come certo non accettarlo con fermezza, se non l'avrai compreso come certo". Così a questo dico: "Criticherai i miei scritti non in base al tuo modo di vedere o alla tua animosità, ma secondo la Scrittura, o in base ad argomenti indiscutibili. Se vi scoprirai alcunché di vero, la sua presenza non è cosa mia ma deve diventare, per mezzo della comprensione e dell'amore, cosa tua e mia; se invece vi avrai costatato qualcosa di falso, in quanto errore è cosa mia, ma per mezzo della vigilanza bisogna far sì che non sia più né tuo né mio".

Riassunto del libro precedente

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Questo terzo libro, dunque, inizia dal punto in cui era giunto il secondo. Eravamo pervenuti al punto in cui si voleva mostrare che il Figlio non è inferiore al Padre, perché questi ha mandato, quello è stato mandato, e che lo Spirito Santo non è inferiore né all'uno né all'altro, per il fatto che nel Vangelo si legge 4 che egli è stato mandato dall'uno e dall'altro. Poiché il Figlio è stato mandato dov'era, dato che venne in questo mondo 5, ed era già in questo mondo 6, e poiché anche lo Spirito Santo è stato mandato là dove egli era, dato che lo Spirito del Signore riempie l'universo e tutto abbraccia e sa tutto ciò che si dice 7, avevamo iniziato a studiare questa questione: se il Signore sia stato mandato dalle profondità dell'invisibile in quanto è nato nella carne e, come se fosse uscito dal seno del Padre, apparve agli occhi degli uomini in natura di servo 8; se perciò anche lo Spirito Santo sia stato mandato in quanto anch'egli apparve sotto l'apparenza corporea di una colomba 9, e di fuoco diviso in forma di lingue 10, cosicché l'essere mandati abbia significato per essi uscire, agli occhi dei mortali, dalle segrete profondità spirituali, sotto qualche forma corporea, e così, poiché il Padre non ha fatto ciò, la Scrittura dica di lui che ha mandato soltanto, non che sia stato anche mandato. Ci si è poi domandato per quale motivo la Scrittura non dica qualche volta che il Padre è stato mandato, se era lui che si manifestava per mezzo di quelle forme corporee che apparvero agli occhi degli antichi. Se invece allora era il Figlio che si manifestava, per quale motivo sarebbe detto "inviato" tanto tempo dopo, ossia quando era venuta la pienezza dei tempi 11, perché nascesse da donna, dato che era mandato anche prima, quando cioè appariva sensibilmente in quei fenomeni? E se è esatto che lo si dica "inviato" solo quando il Verbo si è fatto carne 12, perché allora si legge nella Scrittura che lo Spirito Santo è stato mandato, se di lui non si ebbe una simile incarnazione? Se invece in quelle antiche apparizioni non si manifestava né il Padre, né il Figlio, ma lo Spirito Santo, perché anch'egli soltanto ora è detto "inviato", se già prima era mandato in queste diverse maniere? Poi abbiamo fatto una suddivisione affinché queste cose venissero trattate con la più grande diligenza, e abbiamo posto tre questioni. La prima è stata risolta nel secondo libro; ne restano due, e di esse inizierò a trattare ora 13. Infatti si è già indagato e dimostrato che, sotto quelle antiche forme sensibili e sotto quelle apparizioni, non si è solo manifestato il Padre né solo il Figlio, né solo lo Spirito Santo ma, senza restrizione alcuna, il Signore Dio in cui riconosciamo la Trinità stessa, ovvero una qualunque delle Persone della Trinità, che il testo della narrazione indicava attraverso alcune circostanze.

Secondo problema: Dio per manifestarsi ha creato un nuovo essere, o ha fatto ricorso agli Angeli?

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Ora anzitutto esaminiamo quanto segue. Al secondo posto nella nostra suddivisione c'era questa domanda: è stato creato appositamente un essere, solo per svolgere questa funzione, un essere in cui Dio si manifestasse agli sguardi degli uomini secondo che egli riteneva opportuno in quel momento, oppure venivano mandati degli Angeli che già esistevano, perché parlassero in nome di Dio, assumendo un'apparenza corporea, tratta dal mondo sensibile, secondo le esigenze della loro missione, ovvero modificando e trasformando 14, secondo il loro volere, lo stesso loro corpo (al quale non obbediscono, ma che, sottomesso, obbedisce loro) in apparenze appropriate e adatte ai loro compiti, in forza del potere loro concesso dal Creatore? Trattata questa parte della questione, nella misura che il Signore concederà, si dovrà infine vedere la questione che ci eravamo proposti di studiare: il Figlio e lo Spirito Santo erano già stati mandati anche prima e, se è così, che differenza esiste tra questa missione e quella di cui si legge nel Vangelo 15? Oppure nessuno dei due è stato mandato prima che il Figlio nascesse da Maria vergine o che lo Spirito Santo apparisse visibilmente nella colomba e nelle lingue di fuoco 16?

Natura dell'azione degli Angeli

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Ma confesso che supera le forze del mio spirito decidere se gli Angeli, conservando la spiritualità del loro corpo, operando con questa in maniera più segreta, assumano dagli esseri inferiori più corpulenti un qualcosa che, adattato a loro, mutino come se fosse una veste e lo trasformino in ogni sorta di forme sensibili anch'esse vere, come vera acqua fu mutata dal Signore in vero vino 17; ovvero se trasformino proprio i loro stessi corpi, come vogliono, in maniera adatta a ciò che fanno. Ma qualunque di queste due ipotesi sia vera, non è cosa che importi per la presente questione. Sono un uomo e nessuna esperienza può permettermi di comprendere queste cose, come le comprendono gli Angeli che fanno tutto questo e lo conoscono molto meglio di quanto io sappia come il mio corpo è modificato dalla disposizione della mia volontà, esperienza che ho fatto sia in me, sia negli altri. Ma non è opportuno dire ora che cosa m'inclini a credere su questo problema l'autorità della divina Scrittura, perché sarei costretto a provarlo e ne deriverebbe un discorso troppo lungo su di un argomento che non è necessario alla presente questione.

Compito degli Angeli nelle teofanie

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Ora dobbiamo vedere questo: erano opere degli Angeli quelle forme corporee che apparivano agli occhi degli uomini e quelle voci che risuonavano ai loro orecchi, quando le creature sensibili, docili al volere del Creatore, prendevano le forme adatte alle circostanze? Di tale docilità nel libro della Sapienza è scritto: La creatura infatti che obbedisce a te che l'hai fatta, esplica la sua energia per castigare gli ingiusti e si modera per beneficare quelli che confidano in te. Perciò anche allora adattandosi a tutti questi cambiamenti serviva la tua benignità che tutto nutre, secondo il volere di coloro che aspiravano a te 18. La potenza della volontà divina, per mezzo delle creature spirituali, giunge fino agli effetti visibili e sensibili delle creature corporee. Dove infatti non opera ciò che vuole la Sapienza di Dio 19 onnipotente, la quale estende la sua forza da un'estremità all'altra del mondo e tutto amministra con bontà 20?

La volontà divina causa suprema di tutto

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Ma una cosa è l'ordine naturale nelle trasformazioni o variazioni dei corpi, il quale sebbene sia sottoposto a Dio 21, tuttavia per la sua abituale costanza ha perduto ogni fascino; così sono tutti i fenomeni di nascita, di morte, di mutazione, che si ripetono in cielo, in terra, in mare a intervalli brevissimi o certo non lunghi. Altra cosa è lo stesso ordine naturale dei fenomeni meno comuni che accadono a lunghi intervalli di tempo. Anche questi però, benché lascino stupita molta gente, sono fenomeni che gli studiosi di scienze naturali hanno ormai spiegato, e sono diventati nel volgere delle generazioni tanto meno meravigliosi quanto più ripetuti e noti. Tali sono le eclissi di sole o di luna, certi fenomeni siderali rari, i terremoti, i parti mostruosi degli animali ed altri fatti consimili, nessuno dei quali si compie senza la volontà di Dio, sebbene ciò non appaia ai più. E così, nella loro vanità, i filosofi, incapaci di scorgere la causa superiore a tutte le altre, ossia la volontà di Dio, hanno potuto attribuire quei fenomeni ad altre cause, o vere, ma prossime, o false e non suggerite affatto dalle loro ricerche sugli esseri corporei ed i loro ritmi, ma solo dai loro pregiudizi ed errori.

Esempi

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Farò, se possibile, qualche esempio che renda più chiare queste cose. Certo il corpo umano presenta una massa di carne, una forma elegante, membra tra loro armonizzate e differenziate, un certo equilibrio della salute. In esso è stata ispirata un'anima che lo governa ed essa è un'anima razionale, tale cioè che, sebbene mutevole, possa partecipare alla sapienza immutabile, così da essere compartecipe di una medesima realtà, come in un Salmo si legge di tutti i santi, con il concorso dei quali, quasi fossero pietre vive, si va edificando nei cieli la Gerusalemme di lassù, la nostra Madre eterna 22. Dice infatti il Salmo: Si edifica Gerusalemme come città di compartecipanti ad una stessa realtà 23. Questa stessa realtà indica qui il Bene sommo ed immutabile che è Dio, la sua sapienza e la sua volontà. Di lui si canta in altro Salmo: Tu li muterai ed essi muteranno, ma tu rimarrai lo stesso 24.

La volontà di Dio causa suprema agisce per mezzo dell'anima del giusto

Rappresentiamoci


dunque con il pensiero un saggio la cui anima ragionevole sia già partecipe della immutabile ed eterna verità, che la consulti circa tutte le azioni e non faccia assolutamente nulla che in essa non abbia visto doversi fare, per agire virtuosamente nella sottomissione e nell'obbedienza ad essa. Supponiamo che quest'uomo, dopo aver interrogato la legge suprema della giustizia divina, udita misteriosamente con l'orecchio del suo cuore, e per comando di essa, spossi il suo corpo in qualche opera di misericordia e contragga una malattia e, consultati i medici, senta l'uno diagnosticare come causa della malattia la mancanza di umore nel corpo, l'altro l'eccesso di umori; l'uno di essi indicherebbe la vera causa, l'altro sbaglierebbe, ma sia l'uno che l'altro si pronuncerebbe circa le cause prossime, ossia circa quelle corporee. Ma se si cercasse la causa di quell'essiccamento e si trovasse che è la fatica volontaria, si sarebbe giunti già ad una causa superiore, proveniente dall'anima che governa il corpo e influisce su di esso. Ma nemmeno questa sarebbe la causa prima. Questa causa prima era da identificarsi senza dubbio nella stessa sapienza immutabile, che l'anima di questo saggio aveva servito per amore, ed ai cui comandi misteriosi aveva obbedito nell'intraprendere la fatica volontaria; perciò si scoprirebbe con assoluta esattezza che la causa prima di quella malattia non sarebbe che la volontà di Dio. Supponiamo ora che quel saggio nel compiere quel lavoro, intrapreso per dovere e per pietà, si sia servito di aiutanti che abbiano collaborato alla sua opera buona, ma senza servire Dio con la medesima volontà, bensì unicamente per venire in possesso di una ricompensa, oggetto delle loro cupidigie carnali, oppure per evitare delle noie materiali. Supponiamo che abbia anche fatto uso, se lo esigeva il compimento dell'opera intrapresa, di animali da soma; questi sono esseri animati privi di ragione e perciò non muoverebbero le loro membra sotto i carichi, perché convinti di fare un'opera buona, ma solo spinti dall'istinto del loro godimento e per evitare i maltrattamenti. Supponiamo infine che abbia usato anche di cose corporee sprovviste di sensibilità, necessarie alla sua opera, cioè frumento, vino, olio, vestiti, denaro, libri e qualsiasi altra cosa simile. Tutti i corpi usati in questo lavoro, corpi animati o inanimati, sarebbero mossi, consumati, riparati, distrutti, di nuovo prodotti e sotto l'azione dello spazio e del tempo subirebbero trasformazioni sempre nuove. Ebbene la causa di tutti questi fatti visibili e mutevoli sarebbe forse diversa dalla invisibile e immutabile volontà di Dio, che per mezzo dell'anima pia, divenuta quasi sede della sapienza, si serve di tutte le cose, sia delle anime cattive e irragionevoli, sia di corpi da esse animati e vivificati, sia di corpi inerti, prendendo a proprio servizio prima di ogni altra cosa la stessa anima buona e santa, dopo averla indotta ad una devota e sincera sottomissione?

La volontà di Dio dispone di tutti gli esseri secondo le sue irrevocabili decisioni

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L'ipotesi che noi abbiamo fatto in forma di esempio, circa un solo uomo saggio, sebbene ancora vivente in corpo mortale, ed in possesso di una visione parziale 25, è possibile estenderla ad una casa in cui abita una comunità di tali saggi, ad una città o anche alla terra intera, nel caso che l'impero e il governo delle cose umane 26 sia nelle mani di uomini saggi, religiosamente e pienamente sottomessi a Dio. Ma, poiché questo non si è ancora avverato (prima infatti occorre che, in questo pellegrinaggio durante la vita mortale, ci esercitiamo e ci educhiamo tra i flagelli con la forza della mansuetudine e della dolcezza), raffiguriamoci proprio quella patria superiore e celeste dalla quale siamo lontani. Lassù la volontà di Dio, che ha i venti per suoi messaggeri, i lampi di fuoco per suoi ministri 27, presiede sul suo trono alto, santo, segreto, nella sua casa, nel suo tempio, tra gli spiriti che unisce tra loro una suprema pace ed amicizia, e fonde in un solo cuore l'ardore della carità. Di là si diffonde dappertutto, movendo con ordine perfettissimo prima le creature spirituali, poi quelle materiali. Di tutte le cose si serve secondo le sue irrevocabili decisioni; delle immateriali e delle materiali, degli spiriti ragionevoli e irragionevoli, di coloro che per la sua grazia sono buoni e di coloro che per la loro propria volontà sono cattivi. Ma come i corpi più pesanti e più deboli sono governati secondo un ordine determinato da corpi più sottili e più potenti, così tutti i corpi sono governati da un essere vivente ed il vivente privo di ragione da un vivente ragionevole, il vivente ragionevole che si è fatto disertore e peccatore da un vivente ragionevole, pio e giusto, e questo da Dio stesso; così tutta la creazione è governata dal suo Creatore, dal quale, per mezzo del quale e nel quale è stata anche creata e ordinata 28. Di conseguenza la volontà di Dio è la causa prima e suprema di tutte le forme e i movimenti sensibili. Niente infatti di visibile e sensibile accade senza che dal profondo del suo palazzo invisibile ed intelligibile il supremo Sovrano l'abbia comandato o l'abbia permesso, in conformità alla ineffabile ripartizione dei premi e delle pene, delle grazie e delle ricompense in questo vastissimo e immenso Stato, che è l'intera creazione.

L'azione di Dio nella consacrazione dell'Eucaristia

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L'apostolo Paolo, benché portasse ancora il fardello del corpo che si corrompe e pesa sull'anima 29, benché vedesse ancora in maniera imperfetta ed enigmatica 30, desideroso di sciogliersi dal corpo e di stare con Cristo 31, dolente nell'attendere come diritto di adozione la redenzione del proprio corpo 32, nondimeno poté predicare il Signore Gesù Cristo 33, presentandolo in modi diversi con la sua voce, le sue lettere, con il Sacramento del corpo e del sangue di lui; corpo e sangue di Cristo non chiamiamo né la voce di Paolo, né le sue pergamene e il suo inchiostro, né le sue parole, né i caratteri tracciati nei suoi volumi, bensì solo quanto noi preleviamo dai frutti della terra, consacriamo con la preghiera mistica e consumiamo ritualmente per la nostra salvezza spirituale, commemorando la passione per noi sofferta dal Signore 34. Tutto ciò acquista le sue apparenze visibili attraverso il lavoro degli uomini, ma solo attraverso l'intervento invisibile dello Spirito di Dio la santità lo fa così grande Sacramento, perché tutti i cambiamenti che si producono in quel rito li compie Dio muovendo primieramente le parti invisibili dei suoi ministri, cioè le anime degli uomini e le prestazioni a lui dovute dagli spiriti occulti. Ora, dopo tutto questo, come meravigliarci che anche nelle creature del cielo, della terra, del mare e dell'aria Dio produca a suo piacimento fenomeni sensibili e visibili per presentarsi e mostrarsi in essi nelle maniere da lui giudicate opportune, non potendo apparire nella sua sostanza che è assolutamente immutabile, troppo più alta, segreta e inaccessibile di tutti gli spiriti da lui creati?

L'azione di Dio nei miracoli

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La potenza divina che governa le creature spirituali e materiali, tutti gli anni in giorni fissati, chiama a raccolta le acque del mare e le effonde sulla superficie della terra. Ma quando ciò accadde per la preghiera del santo Elia, poiché vi era stata prima una siccità così continua e lunga che gli uomini morivano di fame e, nemmeno al momento in cui quel servo di Dio pregò, l'atmosfera con qualche traccia di umidità aveva preannunciato una pioggia imminente, allora, per il dono di una pioggia così abbondante e rapida, si manifestò, a coloro ai quali veniva destinato e concesso il miracolo, la potenza divina 35. Così pure è Dio l'autore di quei fulmini e di quei tuoni ai quali siamo abituati, ma poiché essi sul monte Sinai assunsero un aspetto inconsueto e quei suoni echeggiavano senza fare un rumore disordinato, ma invece si capiva da indizi assolutamente certi che essi avevano un significato, erano dei miracoli 36. Chi fa salire la linfa attraverso le radici fino al grappolo e produce il vino, se non Dio che fa crescere quanto l'uomo pianta e innaffia 37? Ma quando, per comando del Signore, l'acqua con inusitata rapidità fu trasformata in vino 38, si rivelò chiaramente la potenza divina, per ammissione degli stessi stolti. Chi, se non Dio, ammanta con solennità gli alberi di fronde e di fiori? Ma il fiorire della verga del sacerdote Aronne fu come un colloquio della divinità con l'umanità, assillata dal dubbio 39. C'è certamente una materia terrestre comune a tutti gli alberi ed ai corpi di tutti gli animali, materia dalla quale essi nascono e si sviluppano; e chi la produce se non Colui che ordinò alla terra di produrre questi esseri e con la stessa sua parola governa e muove le cose che ha creato 40? Ma quando mutò immediatamente e rapidamente quella stessa materia, che costituiva la verga di Mosè, nella carne di un serpente, fu un miracolo 41; mutazione di una cosa mutevole, ma pur mutazione straordinaria. Chi ancora anima tutti i viventi quando nascono, se non Colui che animò momentaneamente anche quel serpente, come era richiesto dalle circostanze?

E


chi restituiva le anime ai cadaveri per la risurrezione dei morti 42, se non Colui che dona le anime ai feti nel seno delle madri per la nascita di coloro che poi moriranno? Ma finché questi fatti continuano ad accadere come un fiume di cose che appaiono e scompaiono, passando dall'occulto allo scoperto, e dallo scoperto all'occulto, li diciamo fatti naturali. Quando invece si improvvisano per cambiamenti insoliti ad ammonimento degli uomini, allora li chiamiamo prodigi.

Le arti magiche non possono produrre nulla, se non per permissione divina

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A questo punto prevedo quale difficoltà possa presentarsi ad uno spirito debole: come mai questi miracoli vengono compiuti anche con le arti magiche? Infatti anche i magi del Faraone hanno in modo simile prodotto dei serpenti ed altri fenomeni dello stesso genere 43. Ma vi è una cosa ancor più straordinaria: come mai quella potenza dei magi, che ebbe la capacità di produrre i serpenti, si mostrò del tutto insufficiente, quando si trattò di produrre delle mosche minutissime? Quelle infatti che la Scrittura chiama "scinifi" sono mosche minutissime e costituirono la terza piaga che colpì l'orgoglioso popolo egiziano 44. È proprio allora che i magi, rimasti impotenti, dissero: Questo è il dito di Dio 45. Questo fatto induce a pensare che nemmeno gli angeli prevaricatori e le potenze dell'aria, precipitate dall'alto del loro soggiorno di celeste purità 46 nel fondo di queste tenebre come nel carcere che è loro adatto, esse che danno alla magia tutto il potere che ha, siano capaci di qualcosa senza un potere che è dato dall'alto 47. Tale potere viene dato o per ingannare gli ingannatori, come è stato dato contro gli Egiziani ed anche contro gli stessi magi perché fossero oggetto di ammirazione in quello che facevano per seduzione diabolica, e oggetto di condanna per il giusto giudizio di Dio; oppure viene dato per distogliere i fedeli dal desiderio di fare cose simili, come se il farle avesse grande importanza; è per questo che la Scrittura ce le ha narrate con la sua autorità. Viene anche data per esercitare, mettere alla prova e manifestare chiaramente la pazienza dei giusti. Infatti per miracoli visibili di non piccola potenza Giobbe venne a perdere tutte le sue ricchezze e i figli e la stessa salute fisica 48.

Solo Dio crea, gli angeli cattivi non sono creatori nella magia

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Tuttavia non si deve ritenere che questa materia delle cose visibili sia incondizionatamente soggetta alla volontà di questi angeli prevaricatori e che essi la dominino a loro piacimento, ma è invece soggetta a Dio che concede ad essi questa potenza, come l'Immutabile lo giudica conveniente dal suo trono sublime e spirituale. Infatti anche i criminali condannati alle miniere hanno a disposizione dell'acqua, del fuoco e della terra per farne ciò che vogliono, ma nella misura che è loro concesso. Non è certamente ragionevole chiamare creatori quegli angeli cattivi, per il solo fatto che, grazie a loro, i magi, che resistevano al servitore di Dio, fecero delle rane e dei serpenti 49; infatti non furono loro a crearli. Poiché di tutte le cose che nascono materialmente e visibilmente sono presenti negli elementi materiali di questo mondo certi misteriosi semi. Una cosa infatti sono i semi già visibili ai nostri occhi, nei frutti e negli animali, un'altra cosa sono i misteriosi semi con i quali, al comando del Creatore, l'acqua ha prodotto i primi pesci e i primi volatili, la terra i primi suoi germogli ed i suoi primi animali secondo la loro specie 50. E nella realizzazione di queste prime nascite non si esaurì la forza vitale di quei semi, soltanto che ad essi spesso vengono meno le condizioni favorevoli per svilupparsi e produrre la loro specie. Per esempio: un piccolissimo virgulto è un seme. Infatti convenientemente affidato al terreno diviene albero. Ma di questo ramoscello c'è un seme più piccolo della stessa specie: un grano, e fino a questo punto si tratta sempre di qualcosa che possiamo vedere. Anche di questo granello poi la ragione esige che ci sia un seme, per quanto invisibile ai nostri occhi, perché se tali semi non si trovassero in questi elementi terreni, non vedremmo così spesso spuntare dalla terra piante mai seminate, o sia in terra che nell'acqua nascere senza congiungimento tra maschi e femmine tanti animali che crescono e ne riproducono altri per congiungimento, sebbene siano nati senza di esso. Ed è fuori dubbio che le api non concepiscono i semi dei loro figli mediante l'accoppiamento, ma raccolgono con la bocca questi germi disseminati in qualche modo per il suolo 51. Dunque il Creatore dei germi invisibili è il vero Creatore di tutte le cose 52, perché tutte le cose che nascendo appaiono ai nostri occhi, prendono dai semi nascosti il punto di partenza della loro crescita; e lo sviluppo della loro statura normale e la differenziazione delle loro forme provengono, per così dire, dalle leggi delle loro origini. Perciò come noi non chiamiamo i nostri genitori creatori di uomini né gli agricoltori creatori di messi, sebbene sia con il concorso esterno della loro attività che la potenza di Dio interiormente opera la creazione di queste cose, allo stesso modo non è permesso ritenere creatori non soltanto gli angeli cattivi ma nemmeno quelli buoni, anche se la sottigliezza della loro sensibilità e del loro corpo ha loro permesso di scoprire i semi di queste cose, germi a noi più sconosciuti, e che essi segretamente spargono, con il favore di adatte combinazioni di elementi, provocando così le condizioni favorevoli e allo sbocciare e allo svilupparsi rapido degli esseri. Ma né i buoni fanno questo se non nella misura in cui Dio lo comanda, né i cattivi lo fanno ingiustamente, se non nella misura in cui egli giustamente lo permette. Ingiusta è infatti la volontà dei cattivi che è loro fornita a causa della loro malizia, ma giusto è il potere che viene loro concesso sia a loro castigo sia nei riguardi degli altri a castigo dei cattivi o a premio dei buoni.

Anche il nostro spirito non può essere formato con la giustificazione se non da Dio

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È per questo che l'apostolo Paolo, distinguendo l'azione di Dio, che crea e plasma all'interno, da quella della creatura che agisce all'esterno, e prendendo un'immagine dall'agricoltura, dice: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere 53. Come dunque nella nostra stessa vita solo Dio può formare il nostro spirito giustificandolo, mentre predicare esteriormente il Vangelo lo possono anche gli uomini, non solo quelli veramente buoni, ma anche, all'occasione, i cattivi 54, così la creazione delle cose visibili la compie Dio segretamente, mentre le attività esterne dei buoni e dei cattivi, degli Angeli e degli uomini e di ogni specie di animali egli le applica alla natura dove tutto crea, come applica l'agricoltura al terreno, secondo la propria volontà e la distribuzione che ha fatto dei poteri e degli istinti. Perciò non posso dire che gli angeli cattivi, evocati con le arti magiche, siano stati i creatori delle rane e dei serpenti 55, come non posso chiamare gli uomini cattivi creatori di una messe che avrò visto crescere per loro opera 56.

Nemmeno Giacobbe è stato il creatore dei colori delle sue pecore

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Così nemmeno Giacobbe fu il creatore dei colori delle sue pecore per aver messo davanti agli occhi delle femmine nel periodo della concezione verghe variopinte, mentre esse bevevano. E neppure le pecore crearono i colori variegati della loro prole, in quanto la loro anima aveva ritenuto l'immagine variopinta impressavi per mezzo degli occhi che avevano visto le verghe di vari colori. Questa immagine non poté influire, per l'emozione dell'accoppiamento, che su un corpo animato da uno spirito così impressionato da rendere maculati i teneri embrioni dei piccoli 57. L'influsso reciproco, dell'anima sul corpo e del corpo sull'anima, si fonda su corrispondenze razionali immutabilmente viventi nella stessa Sapienza di Dio 58, quella Sapienza che nessuno spazio racchiude. Essa, pur essendo immutabile, non abbandona nessun essere anche mutevole, perché nessuno di essi è stato creato se non per mezzo di essa 59. È stata la norma dell'immutabile e invisibile Sapienza di Dio, per mezzo della quale tutte le cose sono state create, a far sì che dalle pecore nascessero non delle verghe ma delle pecore 60; ma è stata l'anima della pecora gravida, impressionata dall'esterno per mezzo della vista, e che interiormente seguiva in sé, a suo modo, la legge della generazione ricevuta dalla segreta potenza del suo Creatore, a far sì che l'iridescenza delle verghe avesse un qualche influsso sul colore delle pecore concepite. Circa la potenza che ha l'anima nell'influire sulla materia corporea e nel trasformarla, molto si potrebbe dire, ma non è un discorso necessario al nostro assunto. In ogni caso non si può affermare che l'anima crei il corpo perché ogni causa di una sostanza mutevole e sensibile, la misura, il numero, il peso che la fanno essere, la natura che la fa questa o quella, derivano da quella vita spirituale e immutabile che esiste e sussiste al di sopra di tutte le cose e si diffonde fino alle cose ultime e terrene. Ho ritenuto di dover ricordare senz'altro quanto ha fatto Giacobbe con le sue pecore perché si comprendesse che, se non si può chiamare creatore dei colori degli agnelli e dei capretti un uomo che ha così disposto le verghe, né le stesse anime delle femmine che, nei limiti posti dalla natura, impressero sui piccoli corpi concepiti nella carne l'immagine variegata concepita per mezzo degli occhi del corpo, tanto meno possono essere detti creatori delle rane e dei serpenti gli angeli cattivi per intervento dei quali i magi del Faraone compirono quei prodigi 61.

Solo Dio crea e governa le cose, le creature possono intervenire solo dall'esterno

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Infatti altra cosa è costruire e governare la creazione dal centro e dalla sommità del cardine delle cose, chi fa questo è l'unico Creatore, Dio 62, altra cosa intervenire dal di fuori secondo le forze e le possibilità da lui distribuite per portare alla luce ciò che viene da lui creato in questo o in quel momento, in questa o quella maniera. Senza dubbio tutte le cose che noi vediamo sono già state create originariamente e fondamentalmente in una specie di trama degli elementi, ma solo quando ci sono le occasioni favorevoli vengono fuori. Infatti, come le madri sono gravide della loro prole, così il mondo stesso è gravido dei princìpi delle cose che nascono; princìpi che non vengono creati nel mondo se non da quella suprema Essenza, nella quale nulla nasce, nulla muore. Invece applicare esternamente le cause contingenti, che sebbene non naturali, tuttavia si applicano in armonia con la natura, per trarne fuori in qualche modo dal profondo seno della natura gli esseri che esso tiene nascosti e in qualche modo crearli esteriormente con il dispiegamento delle loro misure, numeri e pesi che essi hanno ricevuto segretamente da Colui che ha ordinato ogni cosa con misura ordine e peso 63, è possibile non solo agli angeli cattivi ma anche agli uomini cattivi, come ho dimostrato sopra con l'esempio dell'agricoltura 64.

La rapidità di sviluppo di alcuni germi desta meraviglia

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Ma perché non si pensi diversamente degli animali per il fatto che hanno la vita con l'istinto di cercare quanto è secondo la loro natura e di evitare quanto le è contrario, dobbiamo osservare pure che molti uomini sanno da quali erbe o carni o succhi e umori di ogni sorta, lasciati come si presentano o posti al coperto o triturati e mescolati siano soliti nascere determinati animali. Ora, chi di costoro è tanto stolto da dirsi creatore di questi animali? Se dunque qualsiasi uomo, anche il più cattivo, può sapere da dove nascono quei vermi e quelle mosche, come può destare meraviglia che gli angeli cattivi con la sottigliezza della loro sensibilità conoscano nei semi più segreti degli elementi la possibilità di far nascere rane e serpenti 65 e, senza crearli, li facciano nascere attraverso trasformazioni occulte suscitando certe condizioni favorevoli a loro note? Ma gli uomini non si meravigliano di quelle cose che gli uomini sono soliti fare. Che se qualcuno eventualmente si stupisce della rapidità degli sviluppi, in quanto quegli animali si produssero all'improvviso, avverta che gli uomini, proporzionalmente, ottengono cose simili. Come avviene infatti che i medesimi corpi inverminiscano più rapidamente nell'estate che nell'inverno, più rapidamente in luoghi caldi che in luoghi freddi? Ma queste forze naturali vengono applicate dagli uomini con tanta maggior difficoltà quanto più manca alle loro membra terrene e lente l'acutezza sensitiva e l'agilità fisica. Perciò quanto più è agevole a tutti gli Angeli trarre dagli elementi le loro risorse immediate, tanto più sorprendenti appaiono le loro agilità in tali operazioni.

Solo Dio crea

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Creatore è solamente colui che produce queste cose come causa prima. E nessuno lo può all'infuori di colui presso il quale sono originariamente le misure, i numeri, i pesi di tutte le cose che esistono: e questi è soltanto Dio creatore 66, dalla cui ineffabile sovranità dipende che quanto gli angeli cattivi potrebbero fare, se fosse loro permesso, non lo possano invece fare perché egli non lo permette loro. Infatti non si potrebbe trovare altro motivo per cui non poterono produrre delle mosche piccolissime, quelli che avevano prodotto rane e serpenti, se non questo: c'era un potere più alto, quello di Dio, che lo impediva per mezzo dello Spirito Santo, come lo riconobbero gli stessi magi dicendo: Questo è il dito di Dio 67. Che cosa poi possano per loro natura, che cosa non possano per proibizione, che cosa non sia loro permesso dalle loro condizioni naturali, è difficile all'uomo chiarire, anzi impossibile, se non in virtù di quel dono divino 68 che l'Apostolo ricorda quando dice: ad un altro il discernimento degli spiriti 69. Sappiamo infatti che un uomo può camminare e che non può nemmeno questo, se gli è impedito, ma sappiamo che non può volare anche se gli viene dato il permesso. Gli angeli cattivi possono fare alcune cose se per volere di Dio gli angeli superiori li lasciano liberi; altre cose invece non le potrebbero fare anche se gli angeli superiori li lasciassero liberi; perché non lo concede Colui che ha dato loro la natura angelica. Anzi il più delle volte per mezzo dei suoi angeli impedisce loro di esercitare anche le loro capacità naturali.

Dio non interviene personalmente in tutti i miracoli

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Ebbene lasciamo da parte quei fenomeni materiali che nell'ordine naturale delle cose accadono secondo il corso più normale dei tempi, come il sorgere e il tramontare degli astri, le nascite e le morti degli animali, le varietà innumerevoli dei semi e dei germi, le nuvole e le nubi, le nevi e le piogge, le folgori e i tuoni, i fulmini e le grandini, i venti e il fuoco, il freddo e il caldo e tutti i fenomeni come questi; lasciamo da parte anche quelli che nel medesimo ordine di realtà sono insoliti come: eclissi, apparizioni straordinarie degli astri, esseri mostruosi, terremoti e simili; lasciamo dunque da parte tutti questi fenomeni la cui causa prima e suprema è solo la volontà di Dio. Per questo un Salmo, dopo che sono stati ricordati alcuni fenomeni di questo genere: il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio, la tempesta, il vento procelloso 70, perché non venissero attribuiti al caso o solo a cause corporee o anche spirituali, ma sempre indipendenti dalla volontà di Dio, subito aggiunge: che obbediscono alla sua parola 71.

Ma


, come avevo incominciato a dire, lasciati da parte questi fenomeni, differenti sono quelli che, sebbene appartenenti al mondo corporeo, vengono a cadere sotto i nostri sensi per farci conoscere qualcosa da parte di Dio. Questi sono detti propriamente miracoli e segni. Ma non tutte le volte che ci viene data una comunicazione divina, appare la stessa persona di Dio. Quando appare, talvolta si manifesta per mezzo di un Angelo, talaltra sotto una forma che non è quella di un angelo, sebbene venga utilizzata dopo che è stata preparata per opera di un Angelo; anche quando appare per mezzo di una forma che non è quella di un angelo, talvolta questa forma esisteva allo stato di corpo che viene sottoposto a qualche trasformazione per divenire atto a questa determinata rivelazione, altre volte essa viene prodotta soltanto per questo compito e, svolto questo compito, scompare. Così per esempio quando gli uomini annunziano la parola di Dio, a volte la ripetono a suo nome, come quando a tale annuncio sono premesse le parole: Il Signore ha detto 72, oppure: Questo dice il Signore 73, ed espressioni di questo genere; altre volte invece senza alcun preambolo simile si mettono al posto di Dio stesso, come quando è detto: Io ti istruirò e ti porrò su questa via nella quale dovrai camminare 74. A questo modo ad un Profeta viene dato il compito di simboleggiare non solo nelle parole ma anche nei suoi atti la persona di Dio per rappresentarla nel suo ministero di profeta. Così rappresentava la persona di Dio il Profeta che divise la sua veste in dodici parti e ne dette dieci al servo del re Salomone, al futuro re d'Israele 75. Talvolta ancora è una cosa diversa dal profeta ma già esistente tra le realtà di questa terra che è stata assunta quale simbolo, come ha fatto Giacobbe, risvegliato dal suo sonno, con la pietra che, mentre dormiva, teneva sotto il suo capo 76; qualche volta la forma simbolica è prodotta proprio per questo scopo ed è destinata ad esistere qualche tempo, come fu possibile per il famoso serpente di bronzo innalzato nel deserto 77 e come è possibile per uno scritto; oppure essa è destinata a scomparire, una volta svolto il suo compito, come il pane che, preparato a questo scopo, è consumato quando è ricevuto il sacramento.

Non tutti i miracoli sono fenomeni straordinari

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Ma queste cose, note agli uomini perché fatte dagli uomini, se possono conciliarsi rispetto al loro carattere religioso, tuttavia non possono suscitare stupore perché sono prive di carattere miracoloso. Perciò le opere degli Angeli sono per noi tanto più mirabili quanto più difficili e misteriose; per essi invece sono chiare e facili essendo di loro competenza. Parla in nome di Dio l'angelo che, indirizzandosi all'uomo dice: Io sono il Dio d'Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe 78, poiché la Scrittura aveva iniziato col dire: Un Angelo del Signore gli apparve 79. Anche l'uomo parla in nome di Dio quando dice: Ascolta, popolo mio, e parlerò; o Israele, ascoltami e ti dichiarerò la mia volontà: io sono Dio, il tuo Dio sono io 80. La verga è stata assunta a simbolo, tuttavia è stata la potenza angelica che l'ha mutata in serpente 81; ma sebbene questa potenza manchi all'uomo, tuttavia egli ha scelto una pietra per significare qualcosa dello stesso ordine 82. C'è grandissima differenza tra l'atto dell'Angelo e quello dell'uomo: l'uno provoca ammirazione e riflessione, l'altro solo riflessione. Ciò che c'è da capire nell'uno e nell'altro caso è forse la stessa cosa, ma i fatti che ce la fanno capire sono diversi. Come se il nome del Signore venga scritto in oro o in inchiostro: l'uno è più prezioso, l'altro meno, ma ciò che viene espresso con l'una e con l'altra cosa è identico. E sebbene il serpente tratto dalla verga di Mosè significasse la stessa cosa che significava la pietra di Giacobbe, tuttavia la pietra di Giacobbe significava qualcosa di meglio che i serpenti dei magi 83. Infatti, come l'unzione della pietra significava Cristo, nella carne umana, nella quale fu unto con l'olio dell'esultanza sopra i suoi compagni 84, così la verga di Mosè mutata in serpente 85 significava il Cristo stesso, divenuto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce 86. Per questo il Vangelo dice: E come Mosè innalzò nel deserto il serpente, così è necessario che sia innalzato il Figlio dell'uomo, affinché chi crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna 87, a somiglianza di coloro che fissando il serpente innalzato nel deserto non morivano per i morsi dei serpenti 88. Il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, affinché venga distrutto il corpo del peccato 89. Il serpente rappresentava la morte causata dal serpente nel Paradiso: figura retorica che designa l'effetto per la causa 90. Il tramutarsi della verga in un serpente 91 è il passare di Cristo alla morte, il ritornare del serpente a verga è il ritornare alla risurrezione del Cristo tutto intero, cioè insieme al suo corpo, che è la Chiesa 92. Come avverrà alla fine dei tempi, indicata dalla coda del serpente, che Mosè afferrò con la mano perché ritornasse verga 93. I serpenti dei magi raffigurano i morti del secolo che non potranno risorgere nel Cristo 94 se non saranno prima entrati nel suo corpo credendo in lui, quasi da lui divorati. Dunque la pietra di Giacobbe, dicevo, indicava qualcosa di meglio che i serpenti dei magi 95, ma il fatto compiuto dai magi fu molto più meraviglioso. Quanto però alla comprensione delle cose la differenza conta così poco come se si scrivesse il nome di un uomo con l'oro e il nome di Dio con l'inchiostro.

Carattere misterioso dell'azione angelica nei miracoli

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Quale uomo sa come gli Angeli abbiano prodotto quelle nubi o quella fiamma o come le abbiano utilizzate per annunciare ciò che annunciavano, pur ammettendo che sotto quelle forme corporee si rivelasse il Signore o lo Spirito Santo? Similmente non conoscono i neofiti quello che si offre sull'altare e si consuma al termine della sacra celebrazione: donde venga, come si appresta, perché mai abbia significato religioso. E se non lo imparano mai per esperienza propria o altrui, se non osservano mai quelle cose stesse se non durante la celebrazione sacramentale, dove si offrono e si distribuiscono, e se non si dica mai loro con la più grande autorità di chi siano il corpo e il sangue, null'altro crederanno se non questo: che il Signore sia apparso agli occhi dei mortali proprio in quella forma e che proprio quel liquido sia sgorgato dal suo fianco ferito 96. Ma a me è utile ricordarmi delle mie forze ed invitare i miei fratelli a ricordarsi delle loro, per evitare che la debolezza umana vada oltre i limiti di ciò che si può affermare con sicurezza. In qual modo infatti gli Angeli compiano questi prodigi, o meglio, come Dio li compia per mezzo dei suoi Angeli 97, fino a che punto li voglia compiere per mezzo degli stessi angeli cattivi, a volte tollerando, altre comandando, altre ancora costringendo, dal trono misterioso della sua onnipotenza, non ho lo sguardo così acuto per discernere, non la ragione così ardita per spiegare, non lo spirito così elevato per attingere e così non posso rispondere a tutte le domande che si possono porre su questo argomento con la sicurezza che avrebbe un angelo o un profeta o un apostolo. Timidi sono i pensieri dei mortali e incerte le nostre previsioni, perché un corpo corruttibile pesa sull'anima e questa tenda di creta opprime la mente dai molti pensieri. A fatica sappiamo valutare le cose che sono sulla terra, persino le cose che abbiamo tra mano non sappiamo ben conoscere; chi poi è mai riuscito a capire le cose celesti? 98. Ma poiché il testo continua e dice: E chi avrebbe potuto conoscere il tuo pensiero, se tu non gli avessi dato la sapienza e mandato il tuo Santo Spirito dal più alto dei cieli? 99, noi non investighiamo le cose del cielo, tra le quali cose sono compresi anche i corpi degli Angeli secondo la loro propria dignità e certe loro attitudini sensibili; tuttavia in virtù dello Spirito di Dio a noi inviato dal più alto dei cieli e della sua grazia partecipata alle nostre anime, oso dire con libertà che né Dio Padre né il suo Verbo né il suo Spirito, ossia l'unico Dio 100, in virtù della sua essenza e del suo stesso essere è mutevole e tanto meno visibile. È vero che ci sono delle cose mutevoli che pur non sono visibili, come i nostri pensieri, ricordi e volontà ed ogni creatura spirituale: ma nessuna cosa è visibile senza essere mutevole.

Invisibilità dell'essenza divina

Perciò


la sostanza, o, se è meglio dire così, l'essenza di Dio, nella quale intendiamo a modo nostro, quanto mai imperfetto, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, non essendo assolutamente mutevole, è radicalmente impossibile che sia per se stessa visibile.

Intervento degli Angeli nelle teofanie

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È dunque chiaro che tutte le apparizioni fatte ai Patriarchi quando Dio si rivelava ad essi secondo il suo piano stabilito per quei tempi, sono avvenute per mezzo di una creatura. Se noi ignoriamo come abbia compiuto quelle cose servendosi degli Angeli come ministri suoi, in ogni caso non è in base ad un'idea personale che affermiamo l'intervento degli Angeli, e questo perché nessuno ci creda più saggi di quello che siamo; ora le nostre pretese sono modeste, conformi alla misura di fede che Dio ci ha dispensato 101, e crediamo, per questo parliamo 102. C'è infatti l'autorità della divina Scrittura, che il nostro spirito non deve abbandonare per cadere a capofitto, una volta abbandonato il valido sostegno della parola divina, nei precipizi delle congetture personali dove né i sensi del corpo guidano, né la luce della verità brilla. Ora è scritto in modo chiarissimo nell'Epistola agli Ebrei, quando vien fatta la distinzione tra l'economia del Nuovo Testamento e l'economia dell'Antico Testamento, secondo l'opportunità dei tempi e dei momenti, che gli Angeli sono intervenuti non soltanto nei prodigi visibili ma anche nella manifestazione della parola di Dio. Ecco il testo: Di quale degli Angeli ha detto mai: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi? Non sono essi invece tutti spiriti destinati a servire, inviati per esercitare un ufficio in favore di coloro che devono ereditare la salvezza? 103. L'autore dimostra con queste parole che quei prodigi non soltanto sono stati compiuti per mezzo degli Angeli ma anche che sono stati fatti per noi, cioè per il popolo di Dio al quale è promessa l'eredità della vita eterna 104. Così l'Apostolo scrive ai Corinti: Ma tutte queste cose accaddero loro come in figura e sono state scritte per ammonire noi, che siamo giunti alla fine dei tempi 105. L'Apostolo dimostra poi logicamente e chiaramente che allora Dio parlava per mezzo degli Angeli, ora per mezzo del suo Figlio: Per questo noi dobbiamo attendere con il massimo impegno alle cose udite per non venir trascinati fuori strada. Se infatti la Legge promulgata per mezzo degli Angeli si rivelò efficace al punto che ogni trasgressione o disobbedienza ricevette la sua giusta pena, come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza? 106. Poi, come se gli si domandasse di quale salvezza si tratta, per precisare che egli parla ora del Nuovo Testamento, cioè della parola che è stata pronunciata non per mezzo degli Angeli ma per mezzo di nostro Signore, prosegue: La quale fu annunziata prima dal Signore, poi ci è stata confermata da coloro che lo avevano udito, mentre Dio aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e prodigi e ogni sorta di miracoli e con i doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà 107.

Dio parla per mezzo degli Angeli

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Ma, si dirà, perché è stato allora scritto: Il Signore disse a Mosè, e non piuttosto: "Disse l'Angelo a Mosè"? È lo stesso motivo per cui quando l'araldo proclama la sentenza del giudice, non si registra negli atti: "L'araldo ha detto" ma: "Il giudice ha detto". Così allo stesso modo quando un santo Profeta parla, sebbene diciamo: "Il profeta ha detto", non vogliamo far comprendere nient'altro che: "Il Signore ha detto". Se diciamo: Il Signore ha detto, non mettiamo da parte il Profeta ma facciamo presente chi abbia parlato per suo mezzo. D'altra parte la Scrittura svela spesso che l'Angelo è il Signore e, quando l'Angelo parla, essa dice frequentemente: Il Signore ha detto, come abbiamo già mostrato 108. Ma ci sono alcuni che nei passi in cui la Scrittura usa il nome "Angelo" ritengono che si tratti del Figlio stesso di Dio in persona, perché un profeta l'ha chiamato "Angelo" in quanto ha annunciato la volontà del Padre e la sua propria. Per questo ho voluto ricavare una prova più decisiva da questa Epistola in cui non è scritto: "per mezzo di un Angelo" ma per mezzo degli Angeli 109.

Il Signore apparve a Mosè per mezzo di un Angelo

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Anche Stefano infatti negli Atti degli Apostoli racconta le cose alla stessa maniera in cui sono state raccontate anche nei libri dell'Antico Testamento 110: Uomini, fratelli, padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve a nostro padre Abramo mentre era nella Mesopotamia 111. Ma perché nessuno pensasse che il Dio della gloria fosse apparso allora nella sua essenza agli occhi degli uomini, Stefano dice più avanti che fu un Angelo che apparve a Mosè: A queste parole Mosè fuggì ed andò ad abitare nella terra di Madian dove generò due figli. Al compiersi poi dei quarant'anni un Angelo apparve a lui nel deserto del Sinai in mezzo alla fiamma del roveto ardente. A questa vista Mosè rimase stupito dalla visione e, mentre si avvicinava per osservare, la voce del Signore si fece udire: Io sono il Dio dei padri tuoi, il Dio d'Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe. Tremante Mosè non ardiva guardare. Ma il Signore gli disse: Levati i calzari dai piedi 112. Qui certamente egli chiama Angelo e Signore lo stesso Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, come dice il Genesi 113.

Anche ad Abramo apparve per mezzo di un Angelo

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Forse qualcuno dirà che il Signore è apparso a Mosè per mezzo di un Angelo ma ad Abramo direttamente? Non chiediamo una risposta su questo a Stefano ma interroghiamo lo stesso libro da cui egli ha tratto questa narrazione. Perché c'è scritto: E disse il Signore Dio ad Abramo 114, e poco dopo: E apparve il Signore Dio ad Abramo 115, significa forse che qui non sono intervenuti gli Angeli? Ma in altro passo si trova la stessa maniera di esprimersi: Il Signore gli apparve poi presso il querceto di Mambre, mentre egli sul caldo del giorno era seduto davanti alla sua tenda 116, e poi il testo continua: Alzati gli occhi guardò, ed ecco tre uomini in piedi gli stavano davanti 117. Noi abbiamo già parlato di essi 118. Ebbene, come potranno costoro, che dalle parole non vogliono assurgere alle idee o ricadono facilmente dalle idee alle parole, spiegare che Dio è apparso in questi tre uomini senza riconoscere, come lo insegna il seguito del testo, che essi erano degli Angeli 119? Forse perché non è detto "un Angelo gli parlò" o "gli apparve", oseranno per questo affermare che per quanto riguarda Mosè quella visione e quella voce furono prodotte per mezzo di un Angelo, perché così dice il testo, mentre ad Abramo, perché non si fa parola di un Angelo, fu Dio nella sua essenza che apparve e parlò? Ma perché, se anche a proposito di Abramo si parla di un angelo? Infatti ecco che cosa si legge quando si esigeva che venisse immolato suo figlio: Dopo questi fatti Dio volle provare Abramo e gli disse: Abramo! Abramo! Ed egli rispose: Eccomi! E gli disse: Orsù, prendi il tuo figlio, l'unico che hai e che tanto ami, Isacco, e va' nella regione di Moria e là lo offrirai in olocausto sopra quel monte che io ti mostrerò 120. Certo qui si parla di Dio, non di un Angelo. Ma un po' più avanti la Scrittura così aggiunge: Stese quindi Abramo la mano e prese un coltello per uccidere suo figlio. Ma l'Angelo del Signore gli gridò dal cielo dicendo: Abramo! Abramo! Ed egli rispose: Eccomi! E l'Angelo gli disse: Non mettere le mano addosso al fanciullo e non gli fare alcun male 121. Che cosa si può replicare di fronte a queste affermazioni? Affermeranno che Dio ha comandato l'uccisione di Isacco e che l'Angelo l'ha proibita 122? Allora il padre di Isacco, contro il comando divino di immolare suo figlio, avrebbe obbedito all'ingiunzione dell'Angelo di risparmiarlo? Bisogna ridere di tale interpretazione e respingerla. Ma la Scrittura non offre la possibilità di attardarsi in una sciocchezza così grossolana, perché immediatamente aggiunge: Poiché ora conosco che tu temi Iddio e non hai risparmiato il tuo figlio unico per me 123. Che significa per me, se non per Colui che aveva comandato che fosse ucciso? Il Dio d'Abramo e l'Angelo sono dunque lo stesso personaggio o piuttosto è Iddio che parla attraverso l'Angelo? Ma ascoltiamo il seguito; è del tutto evidente che qui si parla di un angelo. Tuttavia osserva il contesto: Ed Abramo, alzati gli occhi, vide dietro di sé che un montone era rimasto con le corna intricate in un cespuglio. Abramo andò, prese quel montone e lo offrì in olocausto in luogo del figlio. Ed Abramo pose nome a quel luogo "Il Signore ha visto" e perciò anche oggi si dice: Sul monte il Signore è apparso 124. Ora un po' prima Dio aveva detto similmente per mezzo dell'Angelo: Ora conosco che tu temi Dio 125. Ciò non significa che Dio sia venuto a conoscere in quel momento il timore di Abramo ma che si è comportato in modo che Abramo scoprisse per mezzo di Dio quanta forza d'animo avesse per obbedire a Dio fino all'immolazione del figlio unico: è una figura retorica che esprime l'effetto per la causa, come quando si dice: "un inverno pigro", perché rende pigri. Allo stesso modo la Scrittura dice che Dio aveva conosciuto i sentimenti di Abramo perché aveva fatto conoscere ad Abramo la fermezza della sua fede che egli avrebbe potuto ignorare senza tale prova. Ebbene allo stesso modo qui Abramo chiamò il luogo di quell'avvenimento "Dio ha visto" 126, perché Dio ha fatto vedere se stesso. Infatti aggiunge immediatamente: Si dice ancora oggi: Sul monte Dio è apparso 127. Dunque lo stesso Angelo è chiamato Signore. Perché? In quanto per mezzo dell'Angelo si rivelò il Signore. Del resto nel seguito del testo l'angelo si esprime in una maniera che è nettamente quella di un profeta e lascia chiaramente intendere che è Dio che parla per mezzo dell'Angelo: Poi l'Angelo del Signore chiamò Abramo dal cielo una seconda volta e gli disse: Io giuro per me stesso, dice il Signore, che siccome hai fatto questo e non hai risparmiato il tuo figlio per me 128. Questa espressione Il Signore dice, che usa colui che parla in nome di Dio, la si trova abitualmente anche presso i Profeti. Sarebbe forse il Figlio di Dio a usare, parlando del Padre, l'espressione: Il Signore dice, e sarebbe lui quest'Angelo del Padre? Che dire dunque? Coloro che ci contraddicono osservino come vengono incalzati a riguardo di quei tre uomini che apparvero ad Abramo quando il testo ulteriormente afferma: Gli apparve il Signore 129. Forse che non erano Angeli perché sono detti uomini? Allora leggano Daniele che dice: Ed ecco l'uomo Gabriele 130.

Gli Angeli hanno promulgato la Legge

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Ma perché tardiamo ulteriormente a chiudere la bocca a costoro con un altro testo che è di una evidenza assoluta e di grandissima importanza? In esso non si parla di un Angelo al singolare né di uomini al plurale; si parla solamente di Angeli e in esso appare con tutta chiarezza che essi non hanno trasmesso un discorso qualunque ma hanno dato la Legge stessa 131. Certamente nessun fedele dubita che è stato Dio a darla a Mosè per sottomettere il popolo d'Israele, ma l'ha data per mezzo degli Angeli. Ecco come si esprime Stefano: Duri di cervice e incirconcisi di cuore e di orecchi, voi sempre avete resistito allo Spirito Santo: come furono i vostri padri, così siete voi. Quale dei Profeti non perseguitarono i vostri padri? Essi uccisero coloro che predicavano la venuta del Giusto di cui voi in questi giorni siete stati traditori e omicidi, voi che avete ricevuto la Legge per il ministero degli Angeli e non l'avete osservata 132. Che vi può essere di più evidente di questo, di più fermo di tale autorità? È per mezzo degli Angeli che è stata promulgata la Legge a quel popolo, ma è del Signore nostro Gesù Cristo che essa preparava e preannunciava la venuta, e lui come Verbo di Dio era in maniera incomparabile ed inesprimibile negli Angeli che promulgavano la Legge 133. Perciò egli dice nel Vangelo: Se credeste a Mosè, a me pure credereste; di me egli infatti ha scritto 134. Per mezzo degli Angeli era dunque il Signore che parlava allora, è per mezzo degli Angeli che il Figlio di Dio, il Mediatore di Dio e degli uomini 135, che sarebbe nato dalla stirpe di Abramo, preparava la sua venuta per trovare accoglienza presso uomini che si riconoscessero colpevoli perché la Legge da essi non attuata ne aveva fatto dei trasgressori. Per questo anche l'Apostolo dice ai Galati: Perché dunque la Legge? In vista delle trasgressioni fu bandita, finché non fosse venuto il Discendente a cui era stata fatta la promessa; essa fu promulgata per mezzo degli Angeli, tramite un Mediatore 136, ossia promulgata per mezzo degli Angeli, tramite lui. Infatti la sua nascita non è frutto della condizione umana ma della potenza divina. Che l'Apostolo non chiami Mediatore un angelo, ma lo stesso Signore Gesù Cristo, in quanto si è degnato di diventare uomo, lo si può vedere in un altro passo: Un solo Dio - egli dice - uno solo anche il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù 137. Ecco il senso dell'immolazione dell'Agnello pasquale 138, il senso di tutti i simboli riguardanti il Cristo che si sarebbe incarnato 139 e che avrebbe patito ma che sarebbe anche risorto, simboli contenuti nella Legge promulgata dagli Angeli 140. In questi Angeli erano certamente presenti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Talvolta gli Angeli rappresentavano il Padre, talvolta il Figlio, altre volte lo Spirito Santo, talvolta Dio senza distinzione di persone. Dio appariva sotto forme visibili e sensibili ma per mezzo della sua creatura, non nella sua stessa sostanza, per vedere la quale i cuori vengono purificati da tutti questi simboli offerti ai nostri occhi ed alle nostre orecchie.

Dio si è manifestato nell'Antico Testamento per mezzo degli Angeli

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Ma ritengo che ormai sia stato sufficientemente discusso e provato, secondo le nostre capacità, l'argomento che avevamo incominciato a dimostrare in questo libro 141. In base a motivi razionali dotati di quella probabilità che è possibile raggiungere ad un uomo, o meglio a me, ed in base ad un'autorità dotata di quella forza che la chiarezza delle parole divine della Scrittura santa permette, resta dunque stabilito questo: quelle voci sono state dette e quelle forme corporee suscitate ai nostri padri dell'antichità prima dell'incarnazione del Salvatore, nei tempi in cui avevano luogo le apparizioni divine, dagli Angeli; sia parlando essi stessi o facendo qualcosa in nome di Dio, abitudine propria anche ai Profeti, come abbiamo dimostrato, o assumendo dalla creatura ciò che essi non erano per mostrare, per mezzo di figure, Dio agli uomini. Nemmeno i Profeti hanno trascurato questo tipo di simboli, come ci insegna la Scrittura con molti esempi. Ora non ci rimane da vedere che una cosa. Il Signore è nato dalla Vergine, lo Spirito Santo è disceso sotto la forma corporea di una colomba 142, sono state viste le lingue di fuoco ed è stato udito un fragore dal cielo nel giorno della Pentecoste, dopo l'ascensione del Signore 143. Ebbene il Verbo stesso di Dio non è apparso nella sostanza per la quale è uguale e coeterno al Padre. Nemmeno lo Spirito del Padre e del Figlio è apparso nella sua sostanza per la quale è insieme uguale e coeterno all'uno e all'altro. Ma certamente una creatura capace di rivestire quelle forme e di restarvi apparve ai sensi corporei e mortali. Si tratta dunque di vedere quale differenza ci sia tra le manifestazioni di cui si è detto e queste che sono proprietà del Figlio e dello Spirito Santo, nonostante l'intervento della creatura visibile. Inizieremo a trattare di questo con un altro volume: sarà più comodo.





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Sant'Agostino - La Trinità 300