Sant'Agostino - La Trinità 600

LIBRO SESTO

Alcuni argomentavano contro gli Ariani partendo dalle parole della Scrittura: Cristo è la forza e la sapienza di Dio

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Alcuni ritengono che l'uguaglianza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sia difficilmente concepibile in quanto la Scrittura dice: Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio 1. Non sembra vi sia uguaglianza perché il Padre non è personalmente la forza e la sapienza, ma il genitore della forza e della sapienza. E certamente indagare in che senso il Padre si chiami Dio della forza e della sapienza è cosa che ordinariamente esige una riflessione tutt'altro che superficiale. Ora l'Apostolo afferma: Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio. Partendo da questo testo alcuni dei nostri hanno argomentato contro gli Ariani, contro quelli precisamente che per primi si ribellarono alla fede cattolica, contrapponendo il seguente ragionamento. Si attribuisce allo stesso Ario questa argomentazione: Se Cristo è figlio, è nato. Se è nato vi fu un tempo in cui il figlio non esisteva 2. Ario dunque non comprendeva che anche l'essere nato, in Dio, è eterno, cosicché il Figlio è coeterno al Padre, come lo splendore che il fuoco genera e diffonde è coevo al fuoco e sarebbe coeterno se il fuoco fosse eterno. Perciò alcuni Ariani più tardi hanno respinto questa opinione ed ammesso che il Figlio di Dio non ha avuto inizio nel tempo. Ma nelle controversie che i nostri sostennero con coloro che affermavano: Vi fu un tempo in cui il Figlio non esisteva, alcuni inserivano anche questo ragionamento: "Se il Figlio di Dio è la forza e la sapienza di Dio, e se Dio non è mai stato senza la forza e la sapienza, il Figlio è coeterno a Dio Padre. Ora l'Apostolo afferma: Cristo è la forza e la sapienza di Dio, ed è stolto pretendere che Dio in qualsiasi momento non abbia avuto la forza e la sapienza; dunque non vi fu alcun momento in cui non esistesse il Figlio 3".

Inconvenienti di questo modo di argomentare

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Questo ragionamento ci obbliga ad ammettere che Dio Padre non è sapiente se non in quanto possiede la sapienza da lui generata 4, non in quanto è da sé la stessa sapienza. Inoltre, se le cose stanno così, bisogna vedere se anche lo stesso Figlio possa essere chiamato "Sapienza da sapienza", come è chiamato "Dio da Dio", "Luce da luce", nel caso che il Padre non sia la sapienza stessa, ma il genitore della sapienza. In questa ipotesi, perché il Padre non sarebbe anche il genitore della sua grandezza e della sua bontà, della sua eternità, della sua onnipotenza, in modo da non essere lui stesso la sua grandezza e la sua bontà e la sua eternità e la sua onnipotenza, ma grande per la grandezza che ha generato e buono per la bontà, eterno per l'eternità, onnipotente per l'onnipotenza nata da lui, allo stesso modo che egli non è lui stesso la sua sapienza, ma sapiente per la sapienza che è nata da lui 5? Infatti non c'è da pensare di sentirci costretti ad ammettere l'esistenza di molti figli di Dio - lasciando da parte l'adozione della creatura - figli coeterni al Padre, se il Padre è genitore della sua grandezza e della sua bontà e della sua eternità e della sua onnipotenza. A questo sofisma infatti è facile rispondere: sebbene siano nominate molte cose, non ne consegue che egli sia padre di molti figli coeterni, alla stessa maniera che dal fatto che Cristo è detto forza di Dio e sapienza di Dio 6, non consegue che egli sia padre di due figli. Infatti in lui la forza si identifica con la sapienza e la sapienza con la forza. E lo stesso vale per tutte le altre denominazioni, cosicché la grandezza è identica alla forza e così anche si dica per tutti gli attributi già enumerati e per gli altri che si potrebbero enumerare.

Ogni attributo che designa la loro essenza concerne il Padre e il Figlio insieme

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Ma se al Padre in se stesso non si riconosce altro che quanto di lui si dice rispetto al Figlio, cioè padre, genitore, principio, essendo logicamente colui che genera principio per colui che viene generato; se poi qualunque altro attributo gli è dato con il Figlio, o piuttosto nel Figlio: grande per la grandezza da lui generata, giusto per la giustizia da lui generata, buono per la bontà da lui generata, potente per la potenza, o per la forza da lui generata, sapiente per la sapienza da lui generata, mentre il Padre non è detto la grandezza stessa, ma il generatore della grandezza; se, d'altra parte, l'attributo di Figlio è proprio del Figlio e non comune con il Padre, sebbene relativo al Padre, e tuttavia il Figlio non è grande da se stesso, bensì con il Padre di cui egli è la grandezza, ed ugualmente sapiente con il Padre di cui egli è la sapienza, come il Padre è sapiente con il Figlio, essendo sapiente per la sapienza da lui generata 7, ne consegue che tutti gli attributi che competono a ciascuna delle due Persone in senso assoluto non le competono con esclusione dell'altra, ossia ogni attributo che si riferisce alla loro sostanza li include entrambi. Ne segue che né il Padre è Dio senza il Figlio, né il Figlio è Dio senza il Padre. Ma ambedue insieme sono Dio. E l'espressione: In principio era il Verbo, si ha da intendere: "Nel Padre era il Verbo". Oppure se "in principio" equivale a prima di tutte le cose, nelle parole seguenti: E il Verbo era presso Dio 8, s'intende per Verbo solo il Figlio, non il Padre e il Figlio insieme come un unico Verbo. (Si corrispondono infatti Verbo ed Immagine 9; ma il Padre e il Figlio non sono insieme una Immagine, bensì solo il Figlio è Immagine del Padre come è suo Figlio; non sono ambedue insieme un unico Figlio). Nell'affermazione successiva: E il Verbo era presso Dio 10, interessa intendere il Verbo per il solo Figlio, era presso Dio non per il solo Padre, ma Dio come Padre e Figlio insieme. Che c'è di strano se in questo modo possiamo esprimerci a proposito di certe cose molto diverse tra loro? Infatti quali cose più differenti dell'anima e il corpo? Eppure si può dire: L'anima era presso l'uomo, cioè nell'uomo, perché l'anima non è il corpo e l'uomo è insieme anima e corpo 11. Di modo che le parole che seguono: Il Verbo era Dio, s'intendono così: Il Verbo che non è il Padre, era Dio insieme con il Padre. Qual è, dunque, la conclusione? Diciamo così nel senso che il Padre è il generatore della grandezza, ossia il generatore della propria forza, il generatore della propria sapienza; il Figlio è la grandezza, la forza e la sapienza 12; Dio invece, grande, onnipotente, sono ambedue insieme? Come allora Dio da Dio, luce da luce? Non infatti ambedue insieme Dio da Dio, ma solo il Figlio da Dio, cioè dal Padre; né ambedue luce da luce, ma solo il Figlio dalla luce, che è il Padre. A meno che, forse, per suggerire ed inculcare sinteticamente la coeternità del Figlio con il Padre non sia stata usata l'espressione: "Dio da Dio" o "luce da luce", ed ogni altra espressione di questo genere, per dire: ciò che il Figlio non è senza il Padre, gli viene da ciò che il Padre non è senza il Figlio, cioè questa luce, che non è luce senza il Padre, da quella luce che è il Padre, il quale non è luce senza il Figlio; così nell'espressione: Dio - ciò che il Figlio non è senza il Padre - e da Dio - ciò che il Padre non è senza il Figlio - si comprende perfettamente che il genitore non è anteriore a ciò che ha generato. Se è così, solo ciò che non sono tutti e due insieme, non si può dire di essi "questo da quello". Come non si può dire "Verbo da Verbo", perché non sono Verbo tutti e due insieme, ma solo il Figlio; né "Immagine da Immagine", perché non sono ambedue insieme immagine, né "Figlio da Figlio", perché non sono ambedue insieme Figlio, secondo l'espressione: Io e il Padre siamo una sola cosa 13. Siamo una sola cosa è detto. Ciò che Egli è, lo sono anch'io secondo l'essenza, non secondo la relazione.

Il Padre e il Figlio sono una sola cosa, in quanto una sola sostanza

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Ed ignoro se si trovi nella Scrittura l'espressione: "sono una sola cosa" a proposito di esseri di natura differente. Ma se anche vi sono esseri della stessa natura, ma di sentimenti diversi non sono una sola cosa certo, in quanto hanno sentimenti diversi. Quando raccomandò i suoi discepoli al Padre, Cristo, se già fossero stati una cosa sola per il fatto che erano uomini, non avrebbe detto: Che siano una sola cosa, come anche noi siamo una sola cosa 14. Ma Paolo ed Apollo erano tutti e due uomini e pensavano allo stesso modo, e così l'Apostolo disse: Colui che pianta e colui che irriga sono una stessa cosa 15. Dunque l'espressione "una sola cosa" quando non si specifica di che unità si tratti, e si dice che sono una sola varie cose, significa che sono di una identica natura ed essenza, senza dissomiglianza e dissentimento. Se al contrario si precisa di che unità si tratta, l'espressione può applicarsi ad una cosa composta di molti elementi, anche di diversa natura. Per esempio l'anima ed il corpo non sono evidentemente una sola cosa - che c'è infatti di più diverso? - a meno che non si precisi o sottintenda di che unità si tratti: un uomo o un animale. Perciò l'Apostolo dice: Colui che si unisce ad una meretrice, è un solo corpo con essa 16. Non disse "sono una sola cosa", oppure "è una sola cosa", ma aggiunse la parola "corpo", quasi si trattasse di un solo corpo, composto dal contatto dei due differenti corpi dell'uomo e della donna. E ancora: Colui che si unisce al Signore è un solo spirito 17. Non disse: "Colui che si unisce al Signore è uno solo, o sono una cosa sola", ma aggiunse la parola: spirito. Infatti lo spirito di Dio e lo spirito dell'uomo sono una cosa diversa per natura, ma per l'unione si forma un solo spirito da due spiriti diversi, in modo tale che lo spirito di Dio è beato e perfetto senza lo spirito dell'uomo, ma lo spirito dell'uomo non è beato che con Dio 18. Né è casuale il fatto, credo, che nel Vangelo di San Giovanni il Signore, pur parlando tante volte e con tanto vigore dell'unità, della sua unità con il Padre, o della mutua unità tra noi, non abbia mai detto: "Che noi ed essi siamo una cosa sola", ma: Che siano una sola cosa, come anche noi siamo una sola cosa 19. Dunque il Padre ed il Figlio sono una sola cosa, beninteso, di un'unità di sostanza e un solo Dio, un solo grande, un solo sapiente, come si è dimostrato.

Uguaglianza totale del Figlio col Padre per quanto concerne la sostanza

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Ma allora, in che cosa è più grande il Padre 20? Se è più grande, è più grande per la grandezza. Ma perché la sua grandezza è suo Figlio e questo non è certo più grande di colui che lo ha generato, né quest'ultimo più grande della grandezza per la quale è grande, ne consegue che è uguale, ma come uguale se non per quello che è, non distinguendosi in lui l'essere dall'essere grande? Se fosse per l'eternità che il Padre è più grande, il Figlio non è uguale a lui sotto ogni aspetto. Da che cosa proviene infatti la sua uguaglianza? Se si risponde che proviene dalla grandezza, è facile controbattere che non è uguale una grandezza che è meno eterna dell'altra e così di seguito. O forse è uguale per la forza, ma ineguale in sapienza? Ma come può essere uguale una forza che ha meno sapienza dell'altra? O è forse uguale in sapienza, ma non in forza? Ma come può essere uguale una sapienza che ha meno potenza dell'altra? Non resta dunque che concludere che, se in una cosa non è uguale, non è uguale da nessun punto di vista. Ma la Scrittura proclama: Non giudicò rapina l'essere uguale a Dio 21. Perciò, per quanto nemico della verità uno sia, purché rispetti l'autorità dell'Apostolo, è costretto a riconoscere l'uguaglianza del Figlio con Dio, sotto ogni aspetto, come in uno solo. Scelga quello che vorrà: sarà sufficiente per provargli l'uguaglianza del Figlio in tutto ciò che si predica della sua sostanza.

Analogia tratta dalla virtù umana

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Succede la stessa cosa con le virtù dell'anima umana. Le une rispondono ad una nozione, le altre ad un'altra, ma non sono affatto separate le une dalle altre, di modo che coloro che sono uguali, per esempio, in fortezza, lo saranno pure e in prudenza, e giustizia e temperanza. Se infatti affermerai che costoro sono uguali in fortezza, ma che uno è superiore in prudenza, ne consegue che la fortezza degli altri è meno prudente e perciò non sono uguali nemmeno in fortezza, essendo più prudente la fortezza di uno di essi. Ed osserverai la stessa cosa delle altre virtù, se le passerai in rivista alla stessa maniera. Infatti non si tratta del vigore del corpo, ma della fortezza dell'anima. Con quanta maggiore perfezione si verificherà questa stessa cosa in quella immutabile ed eterna sostanza, incomparabilmente più semplice dell'anima umana? Perché, per l'anima umana, essere non è la stessa cosa che essere forte, o prudente, o giusta, o temperante; infatti può esistere l'anima senza possedere nessuna di queste virtù; ma per Dio essere è la stessa cosa che essere potente, o giusto, o sapiente e tutto ciò che attribuirai a quella semplice molteplicità o molteplice semplicità per designare la sua sostanza. Perciò, sia che l'espressione "Dio da Dio" si adoperi in modo che il nome Dio convenga a ciascuno di essi in particolare non tuttavia nel senso che ambedue insieme siano due dèi, ma un solo Dio (essi infatti sono tanto uniti tra loro come l'Apostolo afferma anche di sostanze distanti e differenti tra loro. Per esempio il Signore da solo è Spirito 22 e da solo lo spirito dell'uomo è spirito. Tuttavia se lo spirito umano aderisce al Signore fa un solo spirito 23, quanto più allora l'unità non sarà da affermarsi là dove vige un vincolo così indistruttibile ed eterno, affinché non si abbia l'aria di pensare in maniera assurda ad un figlio di due persone quando si parla di Figlio di Dio 24, se il nome di Dio non si applica ad ambedue insieme), sia che tutto ciò che si dice di Dio come indicante la sua sostanza non si predichi che di ambedue, anzi della stessa Trinità insieme; sia dunque vera la prima ipotesi o la seconda - il problema è da discutersi più a fondo - per l'argomento di cui ora trattiamo ci basta sapere che il Figlio non è uguale al Padre in nessuna maniera se si rivela ineguale a lui in qualche cosa che concerna la sua sostanza, come già abbiamo mostrato. Ma l'Apostolo ha detto che è uguale, perciò il Figlio è uguale al Padre sotto ogni aspetto 25, ed è di una medesima ed unica sostanza.

Lo Spirito Santo è la "carità" del Padre e del Figlio, ad essi consustanziale

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Per questo anche lo Spirito Santo sussiste insieme in questa medesima unità e uguaglianza di sostanza. Sia egli infatti l'unità delle due altre Persone, o la loro santità, o il loro amore, sia la loro unità perché è il loro amore, e sia il loro amore perché è la loro santità, è chiaro che non è affatto una delle due prime Persone, in cui si attua il vincolo della loro mutua unione, in cui il generato sia amato dal suo generante ed ami il suo generatore, in cui tutti e due conservino, non per partecipazione, ma per loro essenza, non per il dono di un essere superiore, ma per il dono di sé, l'unità di spirito nel vincolo della pace 26. E ciò che ci viene comandato di imitare, aiutati dalla grazia 27, sia nei riguardi di Dio, sia tra noi stessi; in questi due precetti è contenuta tutta la Legge ed i Profeti 28. E così questi Tre sono un solo Dio unico, grande, sapiente, santo, beato. Noi invece siamo beati da lui, per mezzo di lui, in lui 29, perché per grazia sua siamo una sola cosa tra noi ed un solo spirito 30 con lui, sempre che la nostra anima si unisca a lui. Aderire a Dio è il nostro bene 31, perché egli perderà chiunque gli è infedele 32. Lo Spirito Santo è dunque qualcosa di comune al Padre e al Figlio, qualsiasi cosa sia, o più precisamente la stessa comunione consustanziale ed eterna; se il nome di amicizia le si addice, la si chiami così, ma è più esatto chiamarla carità. Ed anche questa carità è sostanza, perché Dio è sostanza e Dio è carità 33, secondo la Scrittura. D'altra parte, come la carità è sostanza insieme con il Padre e con il Figlio così anche insieme è grande, buona, santa e tutto ciò che di Dio si dice in senso assoluto, perché per Dio è la stessa cosa essere ed essere grande o buono o gli altri attributi, come sopra abbiamo mostrato. Infatti se in lui la carità è meno grande della sapienza, la sapienza non è amata, tale quale è, ma la sapienza è uguale al Padre 34, come sopra abbiamo indagato; perciò è uguale anche lo Spirito Santo e, se è uguale, è uguale sotto ogni aspetto per la somma semplicità di quella sostanza divina. Di conseguenza non sono più di tre: uno che ama colui che ha origine da lui, uno che ama colui dal quale ha origine, e l'amore stesso. E se questo è niente, in che modo Dio è carità 35? E se questo non è sostanza, in che modo Dio è sostanza?

In che senso la sostanza divina è semplice e molteplice

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Se ci si chiede come questa sostanza è semplice e molteplice, bisogna prima osservare perché la creatura è composta e in nessun modo veramente semplice. Anzitutto l'universo corporeo si compone, beninteso, di parti in modo che vi è una parte più grande, un'altra più piccola, e l'universo è più grande di qualsiasi sua parte, per quanto grande essa sia. Infatti il cielo e la terra sono parti della massa dell'universo e la terra sola o il cielo solo a loro volta si compongono di innumerevoli parti e la terza parte è minore del resto e la metà minore del tutto. L'insieme del mondo che si è soliti chiamare con i nomi delle sue due parti, il cielo e la terra, è più grande certo che il cielo e la terra presi separatamente. Inoltre in ogni corpo altra cosa è la grandezza, altra il colore, altra la forma. Infatti può diminuire la grandezza, pur restando immutati il colore e la forma; può mutare il colore, restando identica la forma e la grandezza; può cambiare la forma, pur conservando il corpo la sua grandezza e il suo colore. Tutte le proprietà fisiche attribuite al corpo possono trasformarsi tutte insieme o alcune senza le altre. Di qui si ha la prova che la natura corporea è composta e manca assolutamente di semplicità. La stessa creatura spirituale, l'anima per esempio, paragonata al corpo è molto più semplice, ma al di fuori di questo paragone, è composta; anch'essa è priva di semplicità. Certo è più semplice del corpo, perché non espande la sua mole nello spazio, ma in ogni corpo è tutta intera nel tutto, tutta intera in ogni parte e per questo, quando accade nella più piccola particella del corpo un qualcosa che l'anima possa sentire, sebbene ciò non accada nel corpo intero, l'anima lo sente tutta intera, perché ad essa tutta intera non sfugge. Tuttavia anche per l'anima una cosa è essere attiva, altra essere inerte; una cosa aver lo spirito penetrante, altra la memoria fedele; una cosa è il desiderio, altra il timore; una cosa è la gioia, altra la tristezza, e queste disposizioni possono trovarsi nella natura dell'anima le une senza le altre, alcune con maggiore intensità, altre con minore, in maniera infinita, incalcolabile. È perciò evidente che l'anima non è una natura semplice, ma molteplice. Infatti nulla di ciò che è semplice è mutevole, ma qualsiasi creatura è mutevole.

Dio è Trinità, ma non per questo è triplice

Dio


invece riceve molti attributi: grande, buono, sapiente, beato, verace e ogni altro non indegno di lui. Ma la sua grandezza s'identifica con la sua sapienza (infatti non è grande per la sua mole, ma per la sua potenza), e la sua bontà è la stessa cosa che la sua sapienza e grandezza, e la stessa verità è la identica cosa che tutto questo. Ed in lui non è altra cosa l'essere beato e l'essere grande e sapiente, o vero, o buono, o semplicemente l'essere.

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Né perché è Trinità ne consegue che si debba ritenerlo triplice: altrimenti il Padre solo, o il Figlio solo sarebbero minori del Padre e Figlio insieme. Sebbene d'altra parte non si veda come si possa parlare di Padre solo e di Figlio solo, perché l'uno è sempre inseparabilmente con il Figlio, l'altro con il Padre; non che siano tutti e due Padre o tutti e due Figlio, ma perché sono sempre l'uno con l'altro, mai solo né l'uno né l'altro. Allo stesso modo noi diciamo un Dio "solo" la stessa Trinità, benché sia sempre in compagnia degli spiriti e delle anime sante, ma noi lo chiamiamo "solo" in quanto è Dio, perché questi non sono Dio con lui, altrettanto diciamo del Padre che è "solo", non perché sia separato dal Figlio, ma perché non sono Padre tutti e due insieme.

Nessun accrescimento in Dio per il numero

Poiché


dunque tanto grande è il Padre da solo o il Figlio da solo o lo Spirito Santo da solo, quanto il Padre il Figlio e lo Spirito Santo insieme, in nessun modo si deve dire triplice. I corpi crescono per addizione. Sebbene colui che si unisce alla sua sposa non faccia che un solo corpo 36, tuttavia questo è un corpo più grande che se fosse il corpo dell'uomo solo o della donna sola. Ma nelle cose spirituali, quando il più piccolo si unisce al più grande, come la creatura al Creatore, il primo diventa più grande di quello che era, non il secondo. Infatti in queste realtà la cui grandezza non è quantitativa, divenir più grande equivale a divenire migliore. Ora migliore si fa lo spirito creato aderendo al Creatore cui prima non aderiva, e in tanto anche più grande in quanto migliore. Chi dunque si unisce al Signore è un solo spirito 37, ma il Signore non diventa per questo più grande, sebbene lo diventi colui che al Signore si unisce. Ebbene in Dio stesso quando il Figlio, che è uguale al Padre, aderisce al Padre, che è uguale al Figlio, e lo Spirito Santo, che è loro uguale, aderisce al Padre e al Figlio, Dio non diviene più grande di ciascuno di loro, perché quella perfezione non può crescere in alcun modo. Perfetto tanto il Padre, tanto il Figlio, tanto lo Spirito Santo e perfetto Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, e perciò Trinità piuttosto che triplicità.

La Trinità è un solo vero Dio

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Poiché abbiamo mostrato in che modo il Padre possa dirsi solo, cioè nel senso che nella Trinità egli soltanto è Padre, dobbiamo esaminare l'affermazione che il solo vero Dio non è il Padre soltanto, ma il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Se qualcuno chiede: "Il Padre solo è Dio?" come rispondere che non lo è, a meno forse di dire: "Il Padre è Dio, ma non il solo Dio, perché il solo Dio è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo". Ma come interpreteremo allora la testimonianza del Signore? Egli parlava al Padre - e "Padre" era il nome che dava a colui al quale si rivolgeva - quando esclamò: Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio 38. Gli Ariani sono soliti interpretare quella affermazione nel senso che il Figlio non è vero Dio 39. Lasciando da parte costoro, occorre vedere se siamo obbligati a intendere questa espressione del Signore, rivolta al Padre: Che conoscano te solo Dio vero 40, nel senso che abbia voluto far intendere che il solo Padre è il vero Dio e metterci in guardia dal pensare che sono un solo Dio i Tre insieme: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non è forse dunque basandoci sulla testimonianza del Signore che noi chiamiamo il Padre solo vero Dio, il Figlio solo vero Dio, lo Spirito Santo solo vero Dio e il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme, cioè tutta la Trinità insieme, non tre veri dèi, ma l'unico vero Dio 41? O perché ha aggiunto: E colui che hai mandato, Gesù Cristo 42, si debbono sottintendere le parole: "unico vero Dio" e ordinare così la frase: "che conoscano te e colui che hai mandato Gesù Cristo, come l'unico vero Dio"? Perché allora non parla dello Spirito Santo? Forse perché ovunque si nomina una realtà unita ad un'altra con una pace così profonda che di queste due cose se ne fa una, si deve di conseguenza pensare a questa stessa pace, sebbene non sia menzionata? Infatti l'Apostolo sembra quasi passare sotto silenzio lo Spirito Santo, e tuttavia pensa a lui nel passo: Tutto è vostro, voi siete di Cristo e Cristo è di Dio 43; e altrove: Il capo della donna è l'uomo; il capo dell'uomo è Cristo; il capo di Cristo è Dio 44. Ma d'altra parte, se non sono Dio che queste tre Persone insieme, come può essere Dio il capo di Cristo, cioè come può essere la Trinità il capo di Cristo, dato che Cristo appartiene alla Trinità, perché vi sia la Trinità? Forse ciò che è il Padre congiuntamente con il Figlio, è capo di ciò che è il Figlio solo? Infatti il Padre è Dio in unione con il Figlio, ma il Figlio solo è Cristo, considerato soprattutto che è il Verbo fatto carne 45 che parla. È anche per questo suo umile stato che il Padre è più grande di lui, come lo afferma: Perché il Padre è più grande di me 46. Così lo stesso essere Dio, che il Verbo ha in comune con il Padre, è capo dell'uomo mediatore, che il Verbo solo è. Infatti se noi siamo nel giusto quando affermiamo che lo spirito è l'elemento principale dell'uomo, ossia, se così si può dire, che è il capo della sostanza umana pur essendo, l'uomo, uomo per il suo spirito; perché non è più esatto e molto preferibile affermare che il Verbo è, con il Padre, Dio insieme con lui, capo di Cristo, sebbene sia impossibile pensare il Cristo uomo 47, senza la presenza del Verbo fatto carne 48? Ma, come si è già detto, considereremo più attentamente questo punto più avanti. Per il momento abbiamo dimostrato, quanto più brevemente l'abbiamo potuto, l'uguaglianza, l'unità e l'identità sostanziale della Trinità affinché in qualunque modo si presenti la questione di cui si è appena parlato, e la cui discussione abbiamo rimandato per sottoporla ad un esame più attento, niente ci impedisca di riconoscere la suprema uguaglianza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Le proprietà delle Persone secondo Ilario

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Uno scrittore, volendo far comprendere in poche parole le proprietà di ciascuna delle Persone della Trinità disse: L'eternità è nel Padre, la forma nell'Immagine, la fruizione nel Dono 49. Si tratta di un uomo la cui autorità è grande nell'interpretazione delle Scritture e nella difesa della fede. È Ilario che ha scritto ciò nei suoi libri. Di questi termini: Padre, Immagine, Dono, eternità, forma, fruizione, ho scrutato, per quanto ne sono capace, il senso nascosto e non credo di essermi discostato dal suo pensiero a proposito della parola "eternità" intendendola così: Il Padre non ha un Padre da cui procede, il Figlio invece riceve dal Padre e la sua esistenza e la sua coeternità con lui. Se l'immagine infatti riproduce perfettamente la realtà di cui è immagine, è essa che si eguaglia alla realtà e non questa all'immagine. In questa immagine egli pone in risalto la forma, a causa, penso, della bellezza. In essa vi è una così perfetta proporzione, la suprema uguaglianza, la suprema rassomiglianza, senza alcuna differenza, senza nessuna specie di ineguaglianza, senza la minima dissomiglianza, ma una corrispondenza fino all'identità con la realtà di cui è immagine. In essa c'è la vita primale e suprema, per la quale vivere non è diverso dall'essere, ma la stessa cosa è l'essere e il vivere. In essa vi è l'intelligenza prima e suprema per la quale non è diverso vivere e intendere, ma intendere è vivere, è essere tutt'uno 50. Essa è come un verbo perfetto, cui nulla manchi, una specie di arte di Dio onnipotente e sapiente, piena di tutte le ragioni immutabili degli esseri viventi: tutte in essa sono un'unica cosa, come essa è qualcosa d'uno che ha origine dall'Uno con il quale è una sola cosa. In essa Dio conosce tutto ciò che ha fatto per mezzo di essa e così, mentre i tempi passano e si succedono, niente passa e niente si succede nella scienza di Dio. Infatti gli esseri creati, non sono conosciuti da Dio perché sono stati creati, ma piuttosto sono stati creati, anche se mutevoli, perché immutabilmente conosciuti da lui. Così quell'ineffabile amplesso del Padre e dell'Immagine non è senza fruizione, senza carità, senza gioia. Questa dilezione, questo diletto, questa felicità, o, diciamo, beatitudine, se tuttavia una parola umana può esprimerla adeguatamente, Ilario chiama in maniera concisa "fruizione" ed è nella Trinità lo Spirito Santo che non è generato, ma è la soavità del genitore e del generato e inonda con la sua liberalità, con la sua abbondanza immensa tutte le creature secondo la loro capacità, affinché conservino il loro ordine e riposino nei loro luoghi.

Vestigia della Trinità nelle creature

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Dunque tutte queste opere dell'arte divina presentano in sé una certa unità, forma ed ordine. Ognuna di queste costituisce qualcosa di uno, come le nature corporee e i caratteri delle anime; è costituita secondo una certa forma, come le figure e le qualità dei corpi, le teorie e le tecniche delle anime; persegue o tiene un determinato ordine, come i pesi e le posizioni dei corpi, gli amori ed i piaceri delle anime. È dunque necessario che, conoscendo il Creatore per mezzo delle sue opere 51, ci eleviamo alla Trinità, di cui la creazione, in una certa e giusta proporzione, porta la traccia 52. È nella Trinità infatti che si trova la fonte suprema di tutte le cose, la bellezza perfetta, il gaudio completo. Così queste tre cose sembrano determinarsi da sé vicendevolmente e sono in se stesse infinite. Però quaggiù nelle cose corporee una cosa sola non è uguale a tre cose insieme e due cose sono più di una sola, mentre nella suprema Trinità una cosa sola è tanto grande quanto tre cose insieme, e due non sono maggiori di una. Inoltre sono in se stesse infinite. Così ciascuna di esse è in ciascuna delle altre, tutte sono in ciascuna, ciascuna in tutte, tutte in tutte e tutte sono una sola cosa. Colui che vede ciò anche parzialmente, anche per specchio, in enigma 53, goda di conoscere Dio, l'onori come Dio e gli renda grazie. Colui che non lo vede, si sforzi di vederlo per mezzo della pietà non di calunniare per la sua cecità. Perché c'è un solo Dio, ma è Trinità. Dunque non bisogna intendere come dette alla rinfusa queste parole: Dal quale, per mezzo del quale, nel quale sono tutte le cose 54, e non a molti dèi ma: a lui è la gloria nei secoli dei secoli. Amen 55.





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LIBRO SETTIMO

Agostino riprende il problema: Ciascuna persona è per se stessa sapienza?

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Ed ora investighiamo con maggior diligenza, nella misura in cui Dio lo concederà, il problema che poco fa abbiamo lasciato in sospeso: nella Trinità ciascuna Persona può essere - per se stessa e indipendentemente dalle altre due - chiamata Dio, o grande, o sapiente, o verace, o onnipotente, o giusto, o qualsiasi altro appellativo applicabile a Dio, non in senso relativo ma in senso assoluto? Oppure queste espressioni si debbono usare soltanto quando si pensa alla Trinità? La difficoltà nasce dal testo: Cristo è forza di Dio e sapienza di Dio 1. Ci si chiede se Dio è padre della sua sapienza e della sua forza in modo che egli sia sapiente per la sapienza che ha generato e potente per la forza che ha generato e se, poiché è sempre potente e sapiente 2, sempre abbia generato la forza e la sapienza. Se le cose stanno così, dicevamo, perché non sarebbe padre anche della sua grandezza per la quale è grande, della sua bontà per la quale è buono, della giustizia per la quale è giusto, e così degli altri attributi, se ve ne sono? E se tutto ciò, sotto nomi diversi, è compreso nella stessa sapienza e forza in modo che la grandezza sia la stessa cosa che la forza, la bontà la stessa cosa che la sapienza, ed ancora la sapienza la stessa cosa che la forza, come abbiamo già mostrato nella nostra trattazione, ci ricorderemo, quando nomino uno di questi attributi, di prenderlo come se li nominassi tutti. Ci si chiede dunque se il Padre, anche considerato come persona singola, sia sapiente e se è per se stesso la propria sapienza, ovvero se è sapiente come "dicente". Infatti è dicente con il Verbo che ha generato 3, ma non con il verbo che si pronuncia, risuona e passa, bensì con il Verbo che era presso Dio, e il Verbo era Dio 4, e tutte le cose furono fatte per mezzo di lui 5. Con il Verbo uguale a lui, con il quale sempre e immutabilmente dice se stesso. Il Padre infatti non è Verbo, come non è nemmeno Figlio, né Immagine. Egli è invece "dicente" (escludiamo le parole passeggere che Dio fa udire alle creature; infatti queste risuonano e passano) "dicente", ripeto, con quel Verbo che è a lui coeterno e, come tale, non si considera a parte ma in unione con lo stesso Verbo, senza il quale evidentemente non è "dicente". È dunque sapiente allo stesso modo che "dicente", così che sia sapienza come Verbo ed essere Verbo equivalga ad essere sapienza, e altresì ad essere forza e s'identifichino forza, sapienza e Verbo e tutto ciò si predichi relativamente come Figlio e Immagine? Così il Padre non sarebbe né sapiente né potente considerato singolarmente, ma solo in unione con la forza e la sapienza che ha generato, come non è "dicente" considerato a parte, ma per quel Verbo e con quel Verbo che ha generato, e così pure grande per quella grandezza e con quella grandezza che ha generato? Se ciò per cui il Padre è grande non è diverso da ciò per cui è Dio, ma è grande per ciò per cui è Dio, perché per lui essere grande ed essere Dio è la stessa cosa, ne consegue che non è nemmeno Dio da solo, ma per quella deità e con quella deità che ha generato. Allora il Figlio sarebbe la deità del Padre, come è la forza e la sapienza del Padre, come anche è il Verbo e l'Immagine del Padre 6. E poiché per lui non è cosa diversa essere ed essere Dio, il Figlio sarebbe anche l'essenza del Padre, come è il suo Verbo e la sua Immagine. E perciò il Padre non soltanto non sarebbe Padre, ma non sarebbe nulla affatto, se non a condizione di avere un Figlio, e così non solo la sua paternità, che evidentemente non ha significato assoluto bensì relativo al Figlio, essendo Padre precisamente perché ha un Figlio, ma anche ciò che egli è per se stesso assolutamente dipende dall'aver egli generato la sua essenza. Come egli non è grande che per la grandezza che ha generato, così non è che per l'essenza che ha generato, perché essere ed essere grande è per lui una stessa cosa. Ma allora è padre della sua essenza, come è padre della sua grandezza, come è padre della sua forza e della sua sapienza, dato che la sua grandezza è la stessa cosa che la sua forza e la sua essenza è la stessa cosa che la sua grandezza?

Soluzione del problema: il Figlio è sapienza da sapienza come luce da luce

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Questa discussione è nata dall'affermazione della Scrittura: Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio 7. Il nostro modo di esprimerci è per questo fatto come chiuso nella morsa di precise alternative, quando intendiamo esprimere l'ineffabile: o negare che Cristo sia la forza di Dio e la sapienza di Dio, e così metterci in opposizione con l'affermazione dell'Apostolo, ciò che costituisce un'impudenza e un'empietà; oppure ammettere che Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio, ma senza affermare che il Padre sia padre della sua forza e della sua sapienza, cosa non meno empia, perché allora egli non sarebbe padre nemmeno di Cristo, poiché Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio; o riconoscere che il Padre non è potente per la sua forza, né sapiente per la sua sapienza (ma chi oserà dirlo?); ovvero pensare che nel Padre essere ed essere sapiente siano cose diverse in modo che sia diverso ciò per cui egli è e ciò per cui è sapiente, come si pensa comunemente dell'anima che è talvolta insensata, altra volta sapiente alla maniera di una sostanza mutevole e non sommamente e perfettamente semplice; oppure ammettere che il Padre non è una realtà assoluta e che non solo in quanto è Padre, ma in quanto semplicemente esiste è relativo al Figlio. Come allora il Figlio è della stessa essenza del Padre, se questi in senso assoluto non è essenza, né in sé esiste in alcun modo, essendo per lui l'esistenza stessa relativa al Figlio? Al contrario, invece: il Figlio è tanto più di una medesima essenza con il Padre, perché il Padre e il Figlio sono una sola e medesima essenza. Il Padre non esiste in senso assoluto, ma relativamente al Figlio come essenza che egli ha generato e per la quale egli è tutto ciò che è. Nessuno dei due, dunque, è per se stesso e ciascuno dei due si dice relativamente all'altro, oppure solo per il Padre è vero che non soltanto la sua paternità, ma semplicemente tutto ciò che si predica di lui, gli si attribuisce relativamente al Figlio, mentre questi avrebbe anche attributi assoluti? Se fosse così, quali gli attributi assoluti? Forse la stessa essenza? Ma il Figlio è l'essenza del Padre, come egli è la forza e la sapienza del Padre, come è il Verbo e l'Immagine del Padre 8. Se, al contrario, il Figlio è detto essenza in senso assoluto, allora il Padre non è l'essenza, ma il genitore dell'essenza ed egli non esiste di per se stesso, ma per quella stessa essenza che ha generato, alla stessa maniera che è grande per quella stessa grandezza che ha generato. Allora però il Figlio sarebbe chiamato in senso assoluto anche grandezza, e dunque forza, sapienza, Verbo ed Immagine. Ma che cosa vi è di più assurdo che parlare di una immagine assoluta? Se Immagine e Verbo non sono la stessa cosa che forza e sapienza, perché i primi due termini hanno un significato relativo, i secondi due assoluto, senza rapporto ad un'altra cosa, il Padre non inizia ad essere sapiente per la sapienza che ha generato, perché non si può affermare che il Padre dica relazione alla sapienza, mentre questa non direbbe relazione a lui. Infatti tutti i termini correlativi si predicano scambievolmente. Non resta altra alternativa che anche per la sua essenza il Figlio si dica relativamente al Padre e si giunge così a questo senso del tutto inaspettato che l'essenza non è essenza o, almeno, che quando si parla di essenza è la relazione e non l'essenza che si designa. Come quando, per esempio, si dice "padrone" non si indica l'essenza, ma la relazione in rapporto allo "schiavo"; al contrario quando si dice "uomo", o qualcosa di simile, il cui significato è assoluto, non relativo, allora si designa l'essenza. Quando perciò un uomo si dice "padrone", essenza è l'uomo stesso, padrone s'intende quindi relativamente: uomo infatti ha senso assoluto, padrone senso relativo allo schiavo. Ora, per tornare al nostro problema, se l'essenza stessa si prende in un senso relativo, la stessa essenza non è più essenza. Inoltre ogni essenza designata in senso relativo è pure qualcosa indipendentemente dalla relazione. Per esempio, nelle espressioni "uomo padrone", "uomo schiavo", "cavallo da tiro", "moneta caparra": "uomo", "cavallo", "moneta" sono termini assoluti, sono sostanze od essenze; invece "padrone", "schiavo", "da tiro", "caparra" sono termini che hanno un senso relativo. Ma se non ci fosse l'uomo, cioè una sostanza, non ci sarebbe alcuno che potesse venir chiamato "padrone" in senso relativo; se il cavallo non fosse un'essenza, non vi sarebbe nulla che si possa chiamare "da tiro" in senso relativo; così pure se la moneta non fosse una sostanza non potrebbe chiamarsi nemmeno "caparra" in senso relativo. Perciò anche il Padre, se non è nulla di assoluto, non può essere nemmeno alcunché di relativo 9. Non succede qui come per il colore che è relativo all'oggetto colorato. Non esiste assolutamente un colore assoluto; il colore è sempre il colore di qualcosa di colorato. Mentre l'oggetto al quale appartiene il colore, anche se in quanto oggetto colorato dice relazione al colore, in quanto corpo è qualcosa di assoluto. In nessun modo possiamo pensare così il Padre: che egli non sia nulla di assoluto, ma che tutto si dica di lui in senso relativo al Figlio; che il Figlio invece sia e qualcosa di assoluto in se stesso e qualcosa di relativo al Padre; assoluto evidentemente quando si dice grandezza grande e forte potenza; relativo al Padre, quando si dice grandezza e forza del Padre grande e potente; grandezza e forza cioè per cui il Padre è grande e potente. Questo non è dunque vero; ma l'uno e l'altro sono sostanza, e l'uno e l'altro sono la stessa sostanza. Ma come è assurdo affermare che la bianchezza non è bianca, così è assurdo affermare che la sapienza non è sapiente; e come la bianchezza è bianca in senso assoluto, così la sapienza è sapiente in senso assoluto. La bianchezza del corpo però non è un'essenza, perché è il corpo che è l'essenza e la bianchezza ne è la qualità. Perciò è per la bianchezza che il corpo è bianco, perché per il corpo essere non è la stessa cosa che essere bianco. Qui infatti una cosa è la forma, un'altra il colore e né l'una, né l'altra sono in se stesse, ma in una certa massa, massa che non è né la forma né il colore, ma è formata e colorata. La sapienza al contrario è sapiente, e sapiente di per se stessa, e poiché ogni anima diventa sapiente solo per partecipazione alla sapienza, se ridiventa insensata, nondimeno la sapienza rimane in se stessa, e quando anche l'anima dovesse mutare nel senso dell'insipienza, essa non muta. Non succede per colui che essa rende sapiente la stessa cosa che per la bianchezza nel corpo che essa fa bianco. Quando il corpo sarà stato mutato da un colore in un altro, non rimane quella bianchezza ma scompare totalmente. Ora, se il Padre che ha generato la sapienza è sapiente 10 per essa, se per lui essere, ed essere sapiente non è la stessa cosa, il Figlio è una sua qualità, non la sua prole e non vi sarà più qui una suprema semplicità. Ma non sia mai che si pensi che sia così: là vi è l'essenza supremamente semplice e là dunque essere ed essere sapiente si identificano. Ma se là essere ed essere sapiente sono la stessa cosa, non è la sapienza che egli ha generato che fa il Padre sapiente, altrimenti non lui avrebbe generato essa, ma essa lui. Che altro infatti diciamo, quando diciamo: per lui essere è essere sapiente, se non: è sapiente per ciò per cui è? Di conseguenza la causa che fa sì che sia sapiente è la stessa causa che fa sì che egli sia. Pertanto se la sapienza che il Padre ha generato è la causa che fa sì che egli sia sapiente, essa è anche la causa che fa sì che egli sia. E questo non è possibile se non in quanto lo genera e lo crea. Ma nessuno chiamerà mai la sapienza né generatrice, né creatrice del Padre. Che vi è infatti di più insensato? Dunque il Padre stesso è la sapienza e si chiama il Figlio sapienza del Padre come lo si chiama luce del Padre 11. Cioè allo stesso modo che si chiama il Figlio "luce da luce", e l'uno e l'altro sono una sola luce, così si ha da intendere "sapienza da sapienza" e l'uno e l'altro sono una sola sapienza. Perciò sono pure una sola essenza, perché qui essere è la stessa cosa che essere sapiente. Infatti ciò che essere sapiente è in rapporto alla sapienza, e il potere alla potenza, l'essere eterno all'eternità, l'essere giusto alla giustizia, l'essere grande alla grandezza, l'essere stesso lo è all'essenza. E poiché in quella semplicità essere sapiente non è cosa diversa dall'essere, ivi la sapienza è la stessa cosa che l'essenza.

Identità del Padre e del Figlio negli attributi essenziali, non nelle proprietà personali

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Dunque il Padre e il Figlio sono insieme una sola essenza, una sola grandezza, una sola verità, una sola sapienza. Tuttavia il Padre e il Figlio non sono entrambi insieme un solo Verbo, perché non sono entrambi insieme un solo Figlio. Infatti allo stesso modo che "Figlio" dice relazione al Padre e non ha un senso assoluto, così pure, quando si parla di Verbo, Verbo dice relazione a Colui di cui è Verbo. Egli è Figlio per ciò per cui è Verbo, ed è Verbo per ciò per cui è Figlio. Poiché dunque il Padre e il Figlio non sono evidentemente entrambi insieme un solo Figlio, ne consegue che il Padre e il Figlio non sono tutti e due insieme un solo Verbo. E perciò non vi è Verbo per il fatto che c'è sapienza, perché "verbo" non è termine assoluto, ma soltanto relativo a colui di cui è verbo, come Figlio a Padre, mentre invece vi è sapienza per il fatto stesso per cui vi è essenza. Perciò in quanto vi è un'essenza, vi è una sapienza. Tuttavia, poiché anche il Verbo è sapienza, ma non Verbo, per la stessa ragione che è sapienza - Verbo infatti s'intende relativamente, sapienza essenzialmente - quando si dice Verbo lo dobbiamo prendere come equivalente a sapienza nata 12, nello stesso senso di Figlio ed Immagine 13. E nell'espressione sapienza nata, il termine nata lo indica come Verbo, come Immagine, come Figlio; tutti vocaboli non assoluti, ma relativi, mentre il termine "sapienza" che è anche assoluto, essendo sapienza per se stessa, indica pure l'essenza e l'identità tra l'essenza e la sapienza 14. Presi dunque insieme il Padre e il Figlio sono una stessa sapienza, perché una stessa essenza, e presi singolarmente il Figlio è sapienza da sapienza, come essenza da essenza. Non si deve dunque pensare che, perché il Padre non è il Figlio, e il Figlio non è il Padre, o perché l'uno non è generato e l'altro è generato, per questo essi non sono una stessa essenza: i nomi di Padre e di Figlio indicano le loro relazioni, ma ambedue sono insieme una sola sapienza, una sola essenza, perché in essi si identificano essere ed essere sapiente. Tuttavia non sono entrambi insieme Verbo o Figlio perché non è la stessa cosa essere ed essere Verbo o Figlio, in quanto già abbiamo sufficientemente mostrato il senso relativo di questi termini.

Nella Scrittura "Sapienza" designa il Verbo

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Perché dunque nella Scrittura quasi in nessun luogo si parla della sapienza, se non per indicare che è generata o creata da Dio 15? Generata, quando si tratta della sapienza per mezzo della quale tutte le cose sono state fatte 16; creata o fatta, per esempio, negli uomini, quando si volgono verso la sapienza che non è stata creata né fatta, ma generata, e ne sono illuminati; in essi infatti diviene allora ciò che si chiama la loro sapienza; o ancora quando le Scritture preannunciano o raccontano che il Verbo si è fatto carne ed abitò fra noi 17. Infatti in questo modo Cristo è la sapienza fatta 18, perché si è fatto uomo. O forse nei Libri santi la sapienza non parla o non se ne tratta che per mostrarla come nata da Dio o fatta da Dio, sebbene anche il Padre sia la stessa sapienza, per raccomandarci ed invitarci ad imitare questa sapienza, ad imitazione della quale noi siamo formati 19? Il Padre infatti la dice, perché sia il suo Verbo, ma non alla maniera in cui si proferisce con la bocca il verbo sonoro o come questo è concepito prima di venir proferito, perché questo verbo per realizzarsi richiede periodi di tempo; quello invece è eterno e, illuminandoci, ci dice di sé e del Padre ciò che occorre dire agli uomini. Perciò afferma: Nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo 20, perché è per mezzo del Figlio, cioè per mezzo del suo Verbo, che il Padre rivela. Se infatti il verbo che noi proferiamo è temporale e transitorio, e tuttavia manifesta se stesso e ciò di cui parliamo, quanto più il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 21? E manifesta il Padre proprio come il Padre è, perché anche lui è come è il Padre e ciò che è il Padre, in quanto è sapienza ed anche essenza. Infatti in quanto Verbo, non è ciò che è il Padre, perché il Verbo non è il Padre, e il Verbo è un termine relativo, come Figlio, ciò che il Padre evidentemente non è. Cristo è la potenza e la sapienza di Dio 22, proprio perché anche lui potenza e sapienza, ma dalla potenza e dalla sapienza che è il Padre, come è luce dalla luce che è il Padre, e fonte di vita 23 presso Dio Padre, che certo è fonte di vita. Poiché presso di te, dice la Scrittura, è la fonte della vita, nella tua luce vedremo la luce 24, perché come il Padre ha in se stesso la vita, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso 25; ed egli era la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo 26. Ora questa luce era il Verbo presso Dio, ma anche il Verbo era Dio 27; ma Dio è luce e tenebra alcuna non è in lui 28; luce non materiale, ma spirituale e non una luce spirituale ottenuta attraverso un'illuminazione come il Signore dice agli Apostoli: Voi siete la luce del mondo 29; ma la luce che illumina ogni uomo 30, la sapienza stessa che è Dio, la sapienza suprema, di cui ora trattiamo 31. Dunque il Figlio è sapienza dalla sapienza che è il Padre, come è "luce da luce", "Dio da Dio", in modo tale che il Padre è luce preso singolarmente, ed anche il Figlio è luce preso singolarmente; il Padre è Dio individualmente, ed anche il Figlio è Dio individualmente, e di conseguenza il Padre è sapienza individualmente ed anche il Figlio è sapienza individualmente. E come entrambi sono insieme una sola luce, ed un solo Dio, così sono entrambi una sola sapienza. Ma il Figlio è diventato per noi sapienza da parte di Dio, e giustizia e santificazione 32, perché è nel tempo, cioè a partire da un certo tempo, che noi ci convertiamo a lui, per restare con lui eternamente. E d'altra parte anche lui ad un certo momento del tempo Verbo, si è fatto carne ed abitò fra noi 33.

Il Verbo, Sapienza di Dio, senza modello per sé, è modello per noi

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Perciò, allorquando la Scrittura annuncia o narra qualcosa intorno alla sapienza, sia che la sapienza stessa parli, sia che si parli di essa, è il Figlio soprattutto che ci viene manifestato. Ad imitazione di questa immagine non allontaniamoci nemmeno noi da Dio, perché anche noi siamo immagine di Dio 34, ineguale certo, perché creata dal Padre per mezzo del Figlio, non nata dal Padre come quella sapienza; anche noi siamo immagine, perché illuminati dalla luce, mentre quella, perché è luce che illumina e perciò, senza modello per sé, è modello per noi. Essa infatti non è modellata su qualcuno che la precede guidandola al Padre, dal quale non è mai assolutamente separabile, perché è identica nell'essere a Colui dal quale ha origine. Noi, al contrario, con sforzo imitiamo un modello che non muta, seguiamo una guida che non si muove e camminando in lui tendiamo a lui, perché è divenuto per noi, nella sua umiltà, una via attraverso il tempo, lui che nella sua divinità è per noi una dimora eterna 35. Agli spiriti immateriali rimasti puri e che la superbia non ha fatto cadere, egli offre un modello nella sua natura divina, in quanto uguale a Dio 36, e come Dio, ma per offrirsi anche come modello del ritorno all'uomo caduto, incapace di vedere Dio per l'immondizia dei peccati e la condanna alla mortalità si è esinanito 37, non mutando la sua divinità, ma assumendo la nostra mutabilità e prendendo la natura di servo, venne in questo mondo 38, verso di noi, lui che era in questo mondo, perché il mondo è stato fatto per mezzo di lui 39, per essere d'esempio a quelli che lassù contemplano in lui Dio, esempio a quelli che quaggiù ammirano in lui l'uomo, esempio di perseveranza per i sani, esempio di guarigione per gli infermi, esempio di coraggio per i morituri, esempio di risurrezione per i morti, avendo il primato in tutte le cose 40. Poiché per raggiungere la beatitudine l'uomo doveva seguire solo Dio, ma non era in suo potere vedere Dio, mettendosi al seguito di Dio fatto uomo, l'uomo avrebbe seguito nello stesso tempo uno che aveva la capacità di vedere ed uno che aveva il dovere di seguire. Amiamolo dunque ed uniamoci a lui con la carità che è stata diffusa nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo, che ci è stato dato 41. Niente di strano dunque se per l'esempio che, per riformarci ad immagine di Dio, ci offre l'immagine uguale al Padre 42, la Scrittura, quando parla della Sapienza, parla del Figlio, che noi seguiamo vivendo con sapienza, sebbene anche il Padre sia sapienza, come è luce e Dio.

Lo Spirito Santo è col Padre ed il Figlio una sola Sapienza

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Non conta che consideriamo lo Spirito Santo come la carità somma che congiunge tra loro il Padre e il Figlio e soggioga noi - non è una considerazione indegna di lui perché è scritto che Dio è carità 43 -, dunque non è sapienza anche lo Spirito Santo, essendo egli la luce, se Dio è Luce 44? Oppure che indichiamo l'essenza dello Spirito Santo in senso personale e proprio in altro modo. Questo è certo: essendo egli Dio, è la Luce, essendo la Luce è la Sapienza. Ora che lo Spirito Santo sia Dio la Scrittura lo proclama per bocca dell'Apostolo: Non sapete che siete tempio di Dio? e subito aggiunge: E lo Spirito di Dio abita in voi 45. Dio infatti abita nel suo tempio 46. Infatti lo Spirito di Dio non abita nel tempio di Dio come ministro, perché in un altro passo l'Apostolo dice più chiaramente: Non sapete che i vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, che è in voi e che avete ricevuto da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? Infatti voi siete stati comprati a gran prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo 47. Ma che cos'è la sapienza se non una luce spirituale ed immutabile? Certo anche il nostro sole è una luce, ma corporea; anche la creatura spirituale è luce, ma non immutabile. Dunque il Padre è luce, il Figlio è luce, lo Spirito Santo è luce; ma tutti e tre insieme non costituiscono tre luci, ma una sola Luce. Di conseguenza il Padre è sapienza, il Figlio è sapienza e lo Spirito Santo è sapienza, ed insieme non fanno tre sapienze, ma una sola Sapienza. E poiché qui essere è la stessa cosa che essere sapiente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono una sola essenza. Né qui essere è altra cosa che essere Dio: perciò il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio 48.

Un'essenza, tre Persone

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Per parlare dell'ineffabile, affinché potessimo esprimere in qualche modo ciò che in nessun modo si può spiegare, i nostri Greci hanno usato questa espressione: una essenza, tre sostanze; i Latini invece: una essenza o sostanza, tre Persone 49, perché, come abbiamo già detto, nella nostra lingua, cioè in latino, "essenza" e "sostanza" sono correntemente considerate sinonimi. E purché si intenda almeno in enigma 50 ciò che si dice, ci si è accontentati di queste espressioni per rispondere qualcosa quando si chiede che cosa sono i Tre; questi Tre di cui la fede ortodossa afferma l'esistenza, quando dichiara che il Padre non è il Figlio e lo Spirito Santo, che è il dono di Dio 51, non è né il Padre né il Figlio. Quando si chiede dunque che cosa sono queste tre cose o questi Tre, ci affanniamo a trovare un nome specifico o generico che abbracci queste tre cose, ma non si presenta allo spirito, perché l'eccellenza sopraeminente della divinità trascende la capacità del linguaggio abituale 52. Quando si tratta di Dio il pensiero è più vero della parola e la realtà più vera del pensiero. Infatti, quando diciamo che Giacobbe non è Abramo, ed Isacco non è né Abramo né Giacobbe, riconosciamo che sono tre: Abramo, Isacco e Giacobbe. Ma quando si chiede che cosa siano questi tre rispondiamo tre uomini, e diamo loro un nome specifico al plurale, mentre è un nome generico se diciamo tre animali. L'uomo infatti è, secondo la definizione degli antichi, un animale ragionevole, mortale 53. Lo stesso quando con il linguaggio abituale delle nostre Scritture diciamo: tre anime, se si preferisce esprimere il tutto per mezzo della parte migliore, cioè, per mezzo dell'anima, sia il corpo sia l'anima, che sono l'uomo intero. È in questo senso che la Scrittura dice che scesero in Egitto con Giacobbe settantacinque anime, cioè settantacinque uomini 54. Così quando diciamo: "Il tuo cavallo non è lo stesso che il mio", e "un terzo cavallo, che appartiene a qualche altro, non è né il mio né il tuo", riconosciamo che sono tre e, se ci si domanda che cosa sono questi tre rispondiamo con un termine specifico: "tre cavalli"; con un termine generico: "tre animali". Così pure quando diciamo che un bue non è un cavallo, che un cane non è né un bue né un cavallo, parliamo di tre esseri. Ed a coloro che ci chiedono che cosa sono questi tre esseri, non rispondiamo con il nome specifico: tre cavalli, o tre buoi, o tre cani, perché questi tre esseri non sono della stessa specie, ma con un nome generico: tre animali, o con un termine generico più ampio: tre sostanze, tre creature, tre nature. Ora tutto ciò che si può designare con un termine specifico al plurale, si può pure esprimere con un solo termine generico ma non possiamo esprimere con un solo termine specifico tutto ciò che si può designare con un solo termine generico. Per esempio tre cavalli - che è un termine specifico - li chiamiamo anche tre animali, ma il cavallo, il bue e il cane li chiamiamo soltanto tre animali o tre sostanze - che sono termini generici - o con qualche altro nome generico che si può loro attribuire, ma non possiamo chiamarli tre cavalli, o tre buoi, o tre cani, che sono tutti termini specifici. Ossia chiamiamo con un solo nome, sebbene sia al plurale, le realtà che hanno in comune ciò che questo nome significa. Così Abramo, Isacco, Giacobbe hanno in comune l'umanità, perciò sono chiamati tre uomini; il cavallo, il bue e il cane hanno in comune l'animalità, perciò sono chiamati tre animali. Allo stesso modo tre lauri li chiamiamo anche tre alberi, ma un lauro, un mirto e un olivo li chiamiamo soltanto tre alberi, o tre sostanze o tre nature. Ancora, tre pietre le chiamiamo anche tre corpi; ma la pietra, il legno e il ferro li chiamiamo soltanto tre corpi o con qualche altro appellativo più ampio che si potrà loro attribuire. Ora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, dato che sono tre 55, investighiamo che cosa siano, che cosa abbiano in comune. Infatti ciò che è loro comune non è ciò che costituisce il Padre, in maniera che reciprocamente siano padri, come alcuni amici - appellativo di relazione reciproca - possono essere chiamati tre amici, perché sono amici vicendevolmente. Questo non può verificarsi qui, perché soltanto il Padre è padre, né è padre di due, ma di un Figlio unico. Né vi sono tre figli, perché qui il Padre non è il Figlio, né lo Spirito Santo. Né vi sono tre spiriti santi, perché né il Padre, né il Figlio sono Spirito Santo nel senso proprio in cui lo si chiama dono di Dio 56. Che cosa sono dunque questi Tre? Se sono tre Persone 57, essi hanno in comune ciò che caratterizza la persona; dunque hanno un nome specifico o generico, se ci atteniamo al linguaggio abituale. Ma dove non c'è alcuna differenza di natura, diverse realtà possono essere espresse con un nome generico, in maniera che possono essere espresse anche con nome specifico. È una differenza di natura che impedisce di chiamare il lauro, il mirto, l'olivo, il cavallo, il bue, il cane con nome specifico: tre lauri nel primo caso, tre buoi nel secondo, ma con nome generico tre alberi i primi, tre animali i secondi. Ma qui, dove non c'è alcuna differenza di essenza, occorre anche che queste tre realtà abbiano un nome specifico, nome che tuttavia non si trova. Perché persona è un nome generico, tanto che lo si può applicare anche all'uomo, sebbene sia così grande la distanza tra l'uomo e Dio.

La Scrittura non parla di tre persone in Dio

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Inoltre insistendo nell'usare un nome generico, se noi parliamo di tre Persone in quanto i Tre hanno in comune ciò che caratterizza la persona (altrimenti non potrebbero in nessun modo essere chiamati così, come non sono chiamati tre figli, perché essi non hanno in comune ciò che caratterizza il Figlio) perché non possiamo chiamarli anche tre dèi? Senza dubbio infatti, poiché il Padre è una persona, il Figlio è una persona, lo Spirito Santo è una persona, vi sono tre persone: ma allora, poiché il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, perché non vi sono tre dèi? E se in virtù di una unione ineffabile queste tre realtà insieme sono un Dio solo, perché non sono una sola persona, cosicché non possiamo chiamarli tre persone, sebbene chiamiamo Persona ciascuna delle tre persone, come non possiamo parlare di tre dèi, sebbene noi chiamiamo Dio ciascuno di essi: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo? Forse perché la Scrittura non parla di tre dèi? Ma non troviamo nemmeno che la Scrittura parli di tre persone. O forse perché la Scrittura non parla né di tre né di una persona a proposito di queste tre realtà (vi leggiamo infatti della persona del Signore, ma non della persona che è il Signore), perciò siamo autorizzati per le necessità del linguaggio e della disputa a parlare di tre persone, non perché la Scrittura lo dica, ma perché non lo contraddice; mentre se parlassimo di tre dèi, sarebbe contrario alla Scrittura, che afferma: Ascolta, Israele: Il Signore Dio tuo è un unico Dio 58? Ma allora perché non è lecito parlare anche di tre essenze, perché allo stesso modo la Scrittura, se non lo dice, nemmeno lo contraddice? Infatti, se essenza è un termine specifico comune ai Tre, perché non dire tre essenze, come Abramo, Isacco e Giacobbe sono detti tre uomini, perché uomo è un termine specifico, comune a tutti gli uomini? Se invece essenza è un termine non specifico, ma generico, perché l'uomo, le bestie, l'albero, l'astro, l'angelo sono delle essenze, perché non chiamarli tre essenze, come tre cavalli sono chiamati tre animali, tre lauri sono chiamati tre alberi, tre pietre, tre corpi? O, se non sono dette tre essenze, ma una sola essenza 59 per l'unità della Trinità, perché, per questa stessa unità della Trinità, non si dicono una sostanza ed una persona invece che tre sostanze o tre persone? Il termine essenza è loro comune, in modo che ciascuno di essi si chiami essenza, nella stessa misura in cui è loro comune il termine "sostanza" o "persona". Infatti ciò che abbiamo detto delle persone, secondo il nostro modo abituale di parlare, occorre intenderlo delle sostanze secondo quello dei Greci, in quanto essi dicono: "tre sostanze, una essenza", come noi diciamo: "tre persone, una essenza o sostanza".

Questi termini hanno origine dalla esigenza del linguaggio

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Che ci resta dunque? Ci resta forse da riconoscere che queste espressioni sono state originate dall'indigenza del linguaggio, quando erano necessarie delle lunghe dispute contro le insidie e gli errori degli eretici 60? Infatti, quando la povertà umana tentava di esprimere con parole adatte ai sensi degli uomini, ciò che nel segreto dello spirito sa, secondo la sua capacità, del Signore Dio suo Creatore, sia per la fede religiosa sia per qualsiasi altra conoscenza, essa ha temuto di parlare di tre essenze, perché non si sospettasse una qualche diversità in quella suprema uguaglianza. D'altra parte non poteva negare l'esistenza di tre realtà perché, per averla negata, Sabellio cadde nell'eresia 61. E dalla Scrittura risulta, con assoluta certezza, ciò che si deve credere con fedeltà, e l'occhio dello spirito percepisce con piena chiarezza: che esiste il Padre, esiste il Figlio, esiste lo Spirito Santo, ma che il Figlio non è lo stesso che il Padre, e lo Spirito Santo non è lo stesso che il Padre o il Figlio. La povertà umana si è chiesta come designare queste tre realtà e le ha chiamate sostanze o Persone, con i quali termini volle escludere tanto la diversità di essenza quanto l'unicità delle Persone, in modo da suggerire non solo l'idea di unità con l'espressione "una essenza", ma anche l'idea di Trinità con l'espressione "tre sostanze o Persone". Infatti se in Dio essere è la stessa cosa che sussistere, non bisogna parlare di tre sostanze, come non si parla di tre essenze, come - dato che in Dio essere è la stessa cosa che essere sapiente - non si parla di tre sapienze allo stesso modo che non si parla di tre essenze. Così dunque, poiché in Dio essere Dio è la stessa cosa che essere, non è permesso dire tre essenze, come non è permesso dire tre dèi. Se, al contrario, in Dio essere e sussistere si oppongono tra loro, come essere Dio ed essere Padre ed essere Padrone - essere si dice in senso assoluto, essere Padre in senso relativo al Figlio, essere Padrone in senso relativo alla creatura, che è suddita - allora Dio sussiste sotto forma di relazione, come sotto forma di relazione genera e come sotto forma di relazione domina. Allora la sostanza non sarà più sostanza, perché sarà una relazione. Come infatti la parola "essenza" deriva da "essere", così da "sussistere" deriva la parola "sostanza". Ma è un'assurdità dare alla parola "sostanza" un senso relativo, perché ogni cosa sussiste in rapporto a se stessa; con quanta maggior ragione Dio?

Sostanza ed essenza in Dio

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Ma sostanza è una parola degna di Dio? Esattamente si usa il nome "sostanza" per indicare il soggetto di cui hanno bisogno certe cose per esistere; per esempio il colore o la forma di un corpo. Il corpo sussiste e perciò è sostanza, le altre cose invece esistono nel corpo sussistente e sottostante, non sono sostanze, ma nella sostanza. Dunque se quel colore o quella forma cessano d'esistere non privano il corpo del suo essere corpo, perché per il corpo essere non è la stessa cosa che conservare questa o quella forma. Sono dunque le cose mutevoli e composte che si chiamano propriamente sostanze. Ma, se Dio sussiste in modo da poter essere detto propriamente sostanza, qualcosa esiste in lui come in soggetto, e non è l'essere semplice per il quale essere è identico a qualsiasi altro attributo che si applica a lui in senso assoluto, come grande, onnipotente, buono ed ogni altro attributo degno di lui. Ora è proibito affermare che Dio sussista e sia soggetto della sua bontà; è proibito affermare che questa bontà non sia sostanza, o piuttosto essenza, e che Dio non sia la sua bontà, ma che al contrario la bontà esista in lui come in un soggetto. Perciò è chiaro che Dio si chiama sostanza in senso improprio, per far intendere con un nome più corrente che è essenza, termine giusto e proprio, al punto che forse solo Dio si deve chiamare essenza. Infatti lui solo "è" veramente, perché è immutabile, e con questo nome ha designato se stesso al suo servitore Mosè, quando gli disse: lo sono colui che sono, e: Dirai a loro: Colui che è mi ha mandato a voi 62. Tuttavia lo si chiami essenza 63, termine proprio, o sostanza 64, termine improprio, ambedue questi termini sono assoluti, non relativi 65. Perciò per Dio essere è la stessa cosa che sussistere, e dunque se la Trinità è una sola essenza, essa è anche una sola sostanza. Allora è forse più esatto parlare di tre Persone che di tre sostanze 66.

Perché non si dice che nella Trinità c'è una sola persona e tre essenze

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Ma perché non sembri che io usi parzialità in favore dei nostri, spingiamo più a fondo la nostra ricerca su questo punto. I Greci, è vero, se volessero, potrebbero chiamare i Tre prosopa: tre persone, come chiamano le tre ipostasi: tre sostanze. Ma hanno preferito questa espressione, che forse è più conforme alla natura della loro lingua. D'altra parte per le "persone" le cose stanno allo stesso modo che per la "sostanza", perché per Dio essere ed essere persona non sono cose diverse, ma assolutamente la stessa cosa. Se essere è un termine assoluto, persona invece relativo, chiameremo allora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo tre Persone, allo stesso modo che chiamiamo certi uomini tre amici, o tre parenti, o tre vicini per le loro mutue relazioni, non per quello che ognuno è in senso assoluto. Dunque ognuno di loro è amico degli altri due, o parente o vicino, perché queste parole esprimono una relazione. Che dire dunque? Ci si concederà di affermare che il Padre è la persona del Figlio e dello Spirito Santo, ovvero che lo Spirito Santo è la persona del Padre e del Figlio? Il termine "persona" non si usa mai in questo senso, e quando nella Trinità nominiamo la persona del Padre, non intendiamo significare altra cosa che la sostanza del Padre. Di conseguenza, come la sostanza del Padre è il Padre stesso, non ciò per cui è Padre, ma ciò per cui è; così la persona del Padre non è una cosa diversa dal Padre stesso, perché si dice persona in senso assoluto, non in senso relativo al Figlio o allo Spirito Santo, come Dio è detto in senso assoluto grande, buono, giusto ed ogni altro attributo di questo genere. E come per lui è la stessa cosa essere ed essere Dio, essere grande, essere buono, così per lui è la stessa cosa essere ed essere persona. Perché dunque non chiamiamo questi Tre insieme una sola Persona, come li chiamiamo una sola essenza e un solo Dio, ma li chiamiamo tre Persone, mentre non parliamo di tre dèi o di tre essenze, se non perché vogliamo avere una parola che esprima in che senso si debba concepire la Trinità e non restare senza dire proprio nulla quando ci viene domandato che cosa sono questi Tre, dato che noi stessi abbiamo ammesso che sono tre? Perché se, come alcuni ritengono, l'essenza è il genere, la sostanza (o la persona), la specie - lasciando da parte ciò che ho detto prima - si parlerà inevitabilmente di tre essenze, come si parla di tre sostanze o tre persone, allo stesso modo che tre cavalli sono anche chiamati tre animali, perché "cavallo" è la specie, "animale" il genere. Infatti in questo caso la specie non è al plurale ed il genere al singolare, come se si dicesse: "tre cavalli sono un animale", ma come diciamo: "tre cavalli" con nome specifico, così diciamo: "tre animali" con nome generico. Se affermiamo invece che il termine "sostanza" o "persona" non designa la specie, ma un qualcosa di singolare ed individuale, cosicché il termine "sostanza" o "persona" non abbia un senso equivalente a quello del termine "uomo" preso come termine comune a tutti gli uomini, ma nel senso di questa parola applicata a "questo uomo", per esempio Isacco, Abramo, Giacobbe o a ciascun individuo la cui presenza si possa indicare con il dito, anche in questo caso avrebbe valore contro di essi lo stesso ragionamento. Infatti Abramo, Isacco e Giacobbe sono tre individui e sono anche tre uomini e tre anime. Perché allora anche il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, se applichiamo loro le categorie di genere, specie ed individuo, non sono detti tre essenze, come sono detti tre sostanze o persone? Ma, come ho detto, lascio da parte questo; affermo invece: se l'essenza è un genere, un'essenza che sia unica non ha specie, come, ad esempio, poiché animale è un genere, se c'è un solo animale è senza specie. Allora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono le tre specie di un'essenza unica. Se invece l'essenza è una specie, nello stesso modo in cui l'uomo è una specie, allora i Tre che chiamiamo sostanze o persone hanno in comune la stessa specie, come Abramo, Isacco e Giacobbe hanno in comune la specie umana. La specie umana si suddivide in Abramo, Isacco, Giacobbe, ma un uomo non si può suddividere allo stesso modo in vari individui umani; questo è assolutamente impossibile, perché un uomo è già un individuo umano. Perché dunque l'unica essenza (divina) si suddivide in tre sostanze o persone? Se infatti l'essenza è una specie, come "uomo", vale per una essenza unica ciò che vale per un uomo singolo. Quando abbiamo tre uomini dello stesso sesso, della stessa costituzione, dello stesso temperamento, dello stesso carattere, diciamo che sono di una stessa natura, perché vi sono tre uomini, ma una sola natura; è dunque nello stesso senso che parliamo qui di tre sostanze e una sola essenza, o di tre persone e una sola sostanza o essenza? Senza dubbio si tratta di una cosa del tutto simile, perché gli antichi che parlavano in latino, prima di conoscere i termini di "sostanza" o "essenza", che sono venuti in uso di recente, usavano al loro posto quello di "natura". Dunque noi usiamo questi termini non nel senso del genere o della specie, ma per indicare, per così dire, una materia comune ed identica. Così, se venissero formate dallo stesso lingotto d'oro tre statue, diremmo tre statue un solo lingotto d'oro, ma non diremmo che l'oro è il genere, le statue la specie, né che l'oro è la specie, le statue gli individui. Non esiste alcuna specie che vada oltre i suoi individui ed abbracci un elemento estraneo. Infatti, quando avrò definito l'uomo, che è un termine specifico, tutti i singoli uomini che sono individui sono contenuti nella stessa definizione, e non entra in essa alcun elemento specifico che non s'incontri nell'uomo. Invece se definisco l'oro, apparterranno all'oro non solo le statue, supponendo che siano d'oro, ma anche gli anelli e tutto ciò che è formato da questo metallo. Anche se non si costruisce nulla con esso, rimane oro, perché le statue si possono fare anche senza l'oro. Allo stesso modo nessuna specie va oltre i limiti della definizione del suo genere. Infatti quando definisco l'animale, poiché il cavallo è una specie di questo genere, ogni cavallo è animale, ma non ogni statua è d'oro. Perciò, sebbene a proposito di tre statue d'oro, sia esatto parlare di tre statue e di un solo lingotto d'oro, non diciamo questo per fare intendere che l'oro è il genere, le statue la specie. Non è dunque in questo senso che noi chiamiamo la Trinità tre Persone o sostanze, una essenza ed un solo Dio, come se vi fossero tre realtà che sussistono formate dalla stessa materia, sebbene questa materia - qualunque cosa essa sia - sia suddivisa tra questi Tre. Infatti non c'è qualche altra cosa che appartenga alla essenza divina in aggiunta alla Trinità. Tuttavia diciamo: le tre Persone sono della stessa essenza, o le tre Persone sono una sola essenza, ma non diciamo: le tre Persone sono state formate dalla stessa essenza - come se qui una cosa fosse l'essenza, altra cosa la persona - come possiamo parlare di tre statue formate dallo stesso oro, perché in questo caso una cosa è essere oro, altra cosa essere statue. E quando diciamo: tre uomini sono una sola natura, o: tre uomini sono di una stessa natura, possiamo anche dire: tre uomini provengono da una stessa natura, perché anche altri tre uomini possono aver origine dalla stessa natura. Nell'essenza della Trinità, invece, è assolutamente impossibile che qualsiasi altra persona possa aver origine da questa stessa essenza. Inoltre nelle cose di questo mondo, un uomo solo non è tanto, quanto tre uomini insieme, e due uomini sono più che un uomo solo; e se sono della stessa dimensione c'è più oro in tre statue insieme che in una sola e c'è meno oro in una che in due. Ma in Dio le cose non stanno così; il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme non costituiscono un'essenza più grande che il Padre solo o il Figlio solo, ma insieme queste tre sostanze o Persone (se si deve chiamarle così), sono uguali a ciascuna di esse. È ciò che l'uomo carnale non comprende 67, perché i fantasmi che volteggiano nella sua anima rappresentandogli i corpi, gli permettono di concepire soltanto masse ed estensioni, piccole o grandi.

Ciò che deve credere chi non comprende; l'uomo ad immagine e immagine di Dio

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Fino a che non sia purificato da questa impurità l'uomo carnale creda nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, in un solo Dio, unico, grande, onnipotente, buono, giusto, misericordioso, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili 68 e tutto ciò che secondo le capacità umane si può affermare essere degno di lui e vero. Quando sente dire che il Padre è il solo Dio, non ne separi il Figlio o lo Spirito Santo 69, perché il Padre è un solo Dio soltanto in unione con Colui con il quale è Dio unico, perché anche quando sentiamo dire che il Figlio è il solo Dio, bisogna intenderlo senza esclusione del Padre e dello Spirito Santo. Se parla di un'unica essenza lo faccia senza pensare ad una superiorità di grandezza o di valore dell'uno o ad una qualsiasi sua diversità nei riguardi dell'altro. Ma tuttavia non pensi che il Padre è il Figlio e lo Spirito Santo e che ogni persona abbia qualsiasi attributo che esprima la relazione delle singole Persone. Per esempio "Verbo" designa solo il Figlio, "Dono" lo Spirito Santo 70. Per questo d'altra parte le persone ammettono il numero plurale come nel passo del Vangelo in cui è scritto: Io e il Padre siamo una sola cosa 71. Da una parte il Signore dice: una sola cosa, dall'altra siamo; una sola cosa, secondo l'essenza, perché sono un unico Dio; siamo secondo la relazione perché il primo è Padre, l'altro Figlio. A volte è passata sotto silenzio l'unità dell'essenza e sono menzionate solo le relazioni al plurale: Io e il Padre verremo a lui e dimoreremo presso di lui 72. Verremo e dimoreremo sono al plurale perché prima aveva detto: Io e il Padre, cioè il Figlio e il Padre, termini indicanti mutua relazione. A volte le relazioni sono designate in maniera del tutto velata, come nel Genesi: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza 73. Facciamo e nostra è un plurale che si deve intendere soltanto nel senso delle relazioni. Non ha da intendersi infatti nel senso che a fare l'uomo sarebbero stati degli dèi o che lo avrebbero fatto ad immagine e somiglianza degli dèi, ma nel senso che erano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che lo facevano, ad immagine dunque del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, affinché l'uomo esistesse come immagine di Dio. Ora Dio è Trinità 74. Ma poiché questa immagine di Dio 75 non era del tutto uguale al suo modello, perché non è nata da Dio ma è stata creata da Lui, per significare questo è un'immagine che è "ad immagine di...", ossia è un'immagine che non raggiunge il modello per l'uguaglianza, ma gli si accosta per una certa rassomiglianza 76. Infatti non ci si avvicina a Dio superando delle distanze spaziali, ma con la rassomiglianza ed è con la dissomiglianza che ci si allontana da lui. Vi sono alcuni che fanno questa distinzione: l'Immagine è il Figlio, mentre l'uomo non è immagine, ma ad immagine 77. Ma li confuta l'Apostolo che dice: L'uomo invece non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio 78. Non ha detto: ad immagine, ma: l'immagine; questa immagine tuttavia, poiché altrove è detta ad immagine, non si riferisce al Figlio che è immagine perfetta del Padre 79; diversamente Dio non direbbe: a nostra immagine 80. In che senso nostra infatti, dato che il Figlio è immagine soltanto del Padre? È a motivo, come abbiamo detto, di una rassomiglianza imperfetta, che l'uomo è detto a immagine e si aggiunge nostra perché l'uomo fosse immagine della Trinità; non uguale alla Trinità, come il Figlio al Padre, ma accostandosene per una certa rassomiglianza, come abbiamo detto, nel modo in cui degli esseri lontani sono vicini non per contatto spaziale, ma per imitazione. È questo che intendono significare le parole seguenti: Trasformatevi rinnovando il vostro spirito 81, ed ai suoi destinatari l'Apostolo dice anche: Siate dunque imitatori di Dio, come figli dilettissimi 82. È all'uomo nuovo infatti che è detto: Si va rinnovando in proporzione della conoscenza di Dio, conformandosi all'immagine di colui che l'ha creato 83. Ora, se per le esigenze della controversia si preferisce, pur lasciando da parte i nomi relativi, accettare il plurale, per poter rispondere con una sola parola alla domanda: "che cosa sono i Tre?", e dire "tre sostanze o tre Persone", si badi a tener lontana ogni idea di massa o di estensione, ogni carattere, per quanto piccolo, di dissomiglianza che ci faccia pensare che vi sia qui una cosa inferiore ad un'altra, qualunque sia la maniera in cui uno può essere inferiore ad un altro, cosicché venga esclusa la confusione delle persone e una distinzione che implichi ineguaglianza. Se l'intelligenza è incapace di comprenderlo, lo si tenga per fede, fino a quando brilli nei nostri cuori Colui che ha detto per bocca del Profeta: Se non crederete, non comprenderete 84.





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Sant'Agostino - La Trinità 600