Discorsi 2005-13 12215

AL PATRIARCA DI BABILONIA DEI CALDEI (IRAQ) E AI PRESULI PARTECIPANTI AL SINODO SPECIALE DELLA CHIESA CALDEA Sabato, 12 novembre 2005

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Beatitudine,
venerati e cari Fratelli,

nel porgervi un saluto cordiale, vi ringrazio per la vostra visita, che mi permette di far giungere, attraverso di voi, una parola di fervido incoraggiamento alle vostre comunità e a tutti i cittadini dell'Iraq. Alla parola di solidarietà si accompagna l’assicurazione del mio ricordo nella preghiera, affinché il vostro amato Paese, pur nell’attuale difficile situazione, sappia non perdersi d'animo e proseguire nella strada verso la riconciliazione e la pace.

In questa vostra permanenza a Roma, voi avete celebrato un Sinodo Speciale, nel quale avete portato a termine il progetto di revisione dei testi della Divina Liturgia in rito siro-orientale, preparando una riforma che dovrebbe permettere un nuovo slancio di devozione nelle vostre comunità. Questo lavoro ha comportato anni di studio e di non sempre facili decisioni, ma è stato un periodo durante il quale la Chiesa Caldea ha potuto riflettere più a fondo sul grande dono dell'Eucaristia.

Un altro importante ambito sul quale si è concentrata la vostra attenzione è stata l'analisi della bozza del Diritto Particolare, che dovrebbe regolare la vita interna della vostra comunità. Un’appropriata disciplina canonica propria è necessaria per l’ordinato svolgersi della missione affidatavi da Cristo. Nello spirito sinodale che caratterizza il governo della Chiesa Caldea, avete sperimentato un periodo di intensa comunione, avendo sempre davanti a voi il bene supremo della salus animarum.

Ora, nel tornare alle vostre rispettive sedi, siete rinfrancati da questa esperienza di comunione vissuta presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. E’ una comunione che trova una particolare espressione qui, oggi, nell'elevare al Signore insieme al Successore di Pietro la comune preghiera di gratitudine.

Vi esorto, carissimi, a proseguire nel vostro impegno pastorale e nel vostro ministero di speranza per l'intera Nazione irachena. Nell'affidare ciascuna delle vostre comunità alla dolce protezione della Madre di Dio, ben volentieri imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose e a tutti i fedeli la Benedizione Apostolica, pegno di pace e di consolazione dal Cielo.





BEATIFICAZIONE DEI SERVI DI DIO: CHARLES DE FOUCAULD, MARIA PIA MASTENA, MARIA CROCIFISSA CURCIO

PAROLE DI SALUTO AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE Altare della Confessione, Basilica Vaticana Domenica, 13 novembre 2005

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Cari fratelli e sorelle,

nell’odierna XXXIII domenica del tempo ordinario abbiamo la gioia di venerare tre nuovi Beati: il sacerdote Charles De Foucauld, Maria Pia Mastena, Fondatrice della Congregazione delle Suore del Santo Volto e Maria Crocifissa Curcio, Fondatrice delle Suore Carmelitane di Santa Teresa del Bambino Gesù, tre persone che, in forme diverse, hanno consacrato l’esistenza a Cristo e ripropongono ad ogni cristiano l’ideale sublime della santità. Saluto cordialmente tutti voi, cari amici, venuti da varie parti del mondo per prendere parte a questa solenne manifestazione di fede. Saluto in modo speciale il Cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e lo ringrazio per aver presieduto la Celebrazione eucaristica, durante la quale ha dato lettura della Lettera Apostolica con cui ho iscritto questi Servi di Dio nell’Albo dei Beati.

Chers frères et soeurs dans le Christ,

Rendons grâce pour le témoignage donné par Charles de Foucauld. Par sa vie contemplative et cachée à Nazareth, il a rencontré la vérité de l’humanité de Jésus, nous invitant à contempler le mystère de l’Incarnation; en ce lieu, il a appris beaucoup sur le Seigneur, qu’il voulait suivre avec humilité et pauvreté. Il a découvert que Jésus, venu nous rejoindre dans notre humanité, nous invite à la fraternité universelle, qu’il a vécue plus tard au Sahara, à l’amour dont le Christ nous a donné l’exemple. Comme prêtre, il a mis l’Eucharistie et l’Évangile au centre de son existence, les deux tables de la Parole et du Pain, source de la vie chrétienne et de la mission.

Un saluto cordiale rivolgo a quanti sono qui convenuti per rendere omaggio alla Beata Maria Pia Mastena. Saluto in modo speciale i pellegrini del suo paese natale, Bovolone, e della cittadina San Fior, dove sono conservati i suoi resti mortali, come i fedeli provenienti da varie Diocesi italiane, dal Brasile e dall’Indonesia. Quanto mai attuale è il carisma della Beata Maria Pia che, conquistata dal Volto di Cristo, ha assimilato i sentimenti di dolce premura del Figlio di Dio verso l’umanità sfigurata dal peccato, ne ha concretizzato i gesti di compassione ed ha poi progettato un Istituto con la finalità di "propagare, riparare, restituire l’immagine del dolce Gesù nelle anime". Questa nuova Beata ottenga per tutti coloro che la venerano con affetto e devozione il dono d’un costante anelito alla santità.

Saluto ora i pellegrini che da varie regioni d’Italia e del mondo sono venuti per onorare la Beata Maria Crocifissa Curcio. A tutti e a ciascuno il mio cordiale pensiero, specialmente a quanti fanno parte della Famiglia spirituale delle Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa del Bambino Gesù. Al centro della sua vita questa nuova Beata ha posto la presenza di Gesù misericordioso, incontrato e adorato nel Sacramento dell’Eucaristia. Un’autentica passione per le anime ha caratterizzato l’esistenza di Madre Maria Crocifissa che coltivava con slancio la "riparazione spirituale" per ricambiare l’amore di Gesù per noi. La sua esistenza fu un continuo pregare anche quando si recava a servire la gente, specialmente le ragazze povere e bisognose. Continui dal cielo la Beata Maria Crocifissa Curcio a vegliare sulla Congregazione da lei fondata e su tutti i suoi devoti.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono di questi nuovi Beati e sforziamoci di imitarne gli esempi di santità. La loro intercessione ci ottenga di vivere nella fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Accompagno questi voti con l’assicurazione d’un cordiale ricordo nella preghiera, mentre imparto a voi tutti qui presenti e alle persone a voi care la Benedizione Apostolica.


AD UNA DELEGAZIONE DEL "SIMON WIESENTHAL CENTER" DEGLI STATI UNITI D'AMERICA Lunedì, 14 novembre 2005

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Cari amici,

vi porgo il benvenuto, rappresentanti del Simon Wiesenthal Center in Vaticano.

Quest'anno cade il quarantesimo anniversario della Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra Aetate, che ha formulato i principi che hanno guidato gli sforzi della Chiesa volti a promuovere una migliore comprensione fra Ebrei e Cattolici. Dopo una storia difficile e dolorosa, i rapporti fra le nostre due comunità stanno attualmente prendendo una direzione nuova e positiva. Dobbiamo continuare a percorrere il cammino del rispetto reciproco e del dialogo, ispirati dalla nostra eredità spirituale comune e impegnati in una cooperazione sempre più efficace al servizio della famiglia umana.

I cristiani e gli ebrei possono fare molto per permettere alle generazioni future di vivere in armonia e rispetto per la dignità che il Creatore ha donato a ogni essere umano: esprimo la speranza, condivisa da uomini e donne di buona volontà ovunque, che questo secolo veda il nostro mondo emergere dalla rete di conflitto e di violenza e piantare i semi di un futuro di riconciliazione, di giustizia e di pace. Su tutti voi invoco l'abbondanza delle benedizioni divine.


IN OCCASIONE DELLA PROIEZIONE DEL FILM "GIOVANNI PAOLO II" Giovedì, 17 novembre 2005

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Signori Cardinali,
cari Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
illustri Signori e Signore!

Sono lieto di rivolgere a tutti il mio affettuoso pensiero, al termine dell’anteprima mondiale del film su Papa Giovanni Paolo II, realizzato dalla “Lux Vide” e dalla RAI con la collaborazione di altre televisioni europee e della CBS degli Stati Uniti d’America. Ringrazio il Direttore della RAI e il Presidente della “Lux Vide”, come pure i responsabili degli altri Enti di produzione, che ci hanno offerto l’opportunità dell’odierna visione. Estendo la mia gratitudine agli interpreti ed a quanti hanno in vario modo collaborato alla realizzazione di questo lungometraggio che onora la memoria del mio illustre ed amato Predecessore. Un saluto cordiale indirizzo anche a coloro che hanno voluto prendere parte a questa serata.

Nell’odierno contesto mediatico, l’opera che abbiamo visto rende un servizio importante, coniugando le esigenze della divulgazione con quelle dell’approfondimento. Mentre, infatti, viene incontro a una domanda diffusa nell’opinione pubblica, offre una ricostruzione storico-biografica che, pur nei limiti del canale di comunicazione, contribuisce ad offrire alle persone maggiore conoscenza e consapevolezza, stimolando altresì riflessioni e talvolta interrogativi profondi. La sceneggiatura del film parte dall’attentato in Piazza San Pietro e, dopo un’ampia retrospettiva sugli anni della Polonia, prosegue con il lungo pontificato. Questo mi ha fatto pensare a ciò che Giovanni Paolo II scrisse nel suo testamento, a proposito dell’attentato del 13 maggio 1981: “La Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte, Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo senso me l’ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui” (Testamento del Santo Padre Giovanni Paolo II, 17.III.2000, 2). La visione di questo film ha rinnovato in me e penso in quanti hanno avuto il dono di conoscerlo il senso di profonda gratitudine a Dio per aver donato alla Chiesa e al mondo un Papa di così elevata statura umana e spirituale.

Al di là, tuttavia, di ogni valutazione particolare, ritengo che questo film costituisca un ulteriore attestato, l’ennesimo, dell’amore che la gente nutre per Papa Wojtyla e del suo grande desiderio di ricordarlo, di rivederlo, di sentirlo vicino. Al di là degli aspetti più superficiali ed emotivi di tale fenomeno, vi è certamente un’intima dimensione spirituale, che noi qui in Vaticano constatiamo ogni giorno, vedendo la schiera di pellegrini che si recano a pregare, o anche solo a rendere un rapido omaggio alla sua tomba nelle Grotte Vaticane. Quel legame affettivo e spirituale con Giovanni Paolo II, che si è fatto strettissimo nei giorni della sua agonia e della sua morte, non si è interrotto. Non si è più sciolto, perché è un legame tra anime: tra la grande anima del Papa e quelle di innumerevoli credenti; tra il suo cuore di padre e i cuori di innumerevoli uomini e donne di buona volontà, che in lui hanno riconosciuto l’amico, il difensore dell’uomo, della verità, della giustizia, della libertà, della pace. In ogni parte del mondo moltissime persone hanno soprattutto ammirato in lui il coerente e generoso testimone di Dio.

Con questi sentimenti, formulo ogni miglior augurio per la diffusione del film e di cuore imparto a ciascuno di voi qui presenti e alle persone a voi care la Benedizione Apostolica.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA REPUBBLICA CECA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 18 novembre 2005

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli!

Uno dei momenti più intensi di comunione ecclesiale e di fraterna condivisione del ministero episcopale è la visita ad Limina Apostolorum. In questa occasione ciascuno può, davanti al Signore, soffermarsi a riflettere insieme con gli altri Confratelli sulla vita della propria comunità, nella prospettiva dell’intimo rapporto che lega le Chiese particolari alla Chiesa universale. Insieme con il Successore di Pietro, voi volete rendere testimonianza di piena adesione a Cristo e di generosa disponibilità verso i fedeli del gregge a voi affidato. Siate i benvenuti, carissimi, in questa Sede romana, che è anche spirituale punto di riferimento per i cattolici di ogni parte del mondo.

Negli incontri con ciascuno di voi mi è stato dato di conoscere una Chiesa molto vivace, che si sente chiamata ad essere lievito in una società secolarizzata, ma al contempo interessata, e spesso con nostalgia, al messaggio liberante, anche se esigente, del Vangelo. Avete posto in rilievo il numero crescente di vostri concittadini che si dichiarano non appartenenti ad alcuna Chiesa, ma avete notato, al tempo stesso, l’interesse con cui la società civile segue l’attività della Chiesa cattolica e i suoi programmi. Penso che le devastazioni materiali e spirituali del precedente regime abbiano lasciato nei vostri concittadini, ora che hanno riacquistato la piena libertà, l’ansia di recuperare il tempo perduto, proiettandosi in avanti, senza riservare forse una sufficiente attenzione all’importanza dei valori spirituali che danno nerbo e consistenza alle conquiste civili e materiali. Ciò tuttavia apre un vasto ambito alla missione della comunità cristiana. Come il piccolo granello di senape, una volta sviluppato, diventa un grande arbusto che offre ospitalità agli uccelli del cielo, così le vostre Chiese possono offrire accoglienza a coloro che cercano motivazioni valide per la propria vita e le proprie scelte esistenziali. Le vostre comunità, molto unite e fervorose, nonché sensibili al tema della carità universale, già offrono una solida testimonianza che attira non poche persone anche nel mondo della cultura. E’ un segno di speranza per la formazione di un laicato maturo, che sappia farsi giusto carico delle proprie responsabilità ecclesiali.

So che vi impegnate, cari Fratelli, a seguire con paterno affetto i vostri sacerdoti e le comunità consacrate. Essi sono i doni che Cristo Buon Pastore, attraverso il vostro ministero, offre al Popolo ceco. Mi avete descritto con favore il clero e i religiosi, presentandone i componenti come persone attive e laboriose, disciplinate ed unite. Con voi esprimo viva gratitudine al Signore per questa presenza tanto significativa per la Chiesa. Questo quadro che offre motivi di consolazione non deve, però, far dimenticare altri aspetti che suscitano comprensibile preoccupazione. Anzitutto la scarsità di sacerdoti: è un dato, questo, che giustamente vi induce a dedicare una speciale premura alla pastorale vocazionale. Anche da questo punto di vista, l’impegno per la formazione di solide famiglie cristiane si rivela di particolare importanza per la vita della Chiesa, perché proprio dalla famiglia dipende la possibilità sia di contare su nuove generazioni sane e generose, come anche di prospettare loro la bellezza di una vita interamente consacrata a Cristo e ai fratelli. Giustamente pertanto avete assunto come punto prioritario del vostro impegno la cura delle famiglie, sia di quelle in formazione come di quelle già formate, e forse in difficoltà. La famiglia, che sul piano naturale è la cellula della società, su quello soprannaturale è scuola fondamentale di formazione cristiana. A ragione il Concilio Vaticano II l’ha presentata come "chiesa domestica", annotando che in essa "i genitori devono essere per i loro figli i primi annunciatori della fede, assecondando la vocazione propria di ognuno e quella sacra in modo speciale" (Lumen gentium
LG 11).

Correlativamente a questo punto programmatico del vostro impegno pastorale voi avete portato la vostra attenzione su quella "famiglia allargata" che è la parrocchia, essendo ben consapevoli che è in questo ambito che il credente fa esperienza della Chiesa come Corpo mistico di Cristo e impara a vivere la dimensione sociale della fede. Molto importante, da questo punto di vista, è l’inserimento dei laici nell’attività parrocchiale e la loro introduzione ad una sana e ricca vita liturgica. La comunità cristiana è una realtà di persone con le proprie regole, un corpo vivente che, in Gesù, è nel mondo per testimoniare la forza del Vangelo. Si tratta, quindi, di un insieme di fratelli e sorelle che non hanno obiettivi di potere o di interesse egoistico, ma vivono nella gioia la carità di Dio, che è Amore.

In tale contesto, lo Stato non dovrebbe avere difficoltà a riconoscere nella Chiesa una controparte che non reca alcun pregiudizio alle sue funzioni a servizio dei cittadini. La Chiesa infatti sviluppa la sua azione nell’ambito religioso, per consentire ai credenti di esprimere la loro fede, senza tuttavia invadere la sfera di competenza dell’autorità civile. Con il suo impegno apostolico e poi con il suo contributo caritativo, sanitario e scolastico essa promuove il progresso della società in un clima di grande libertà religiosa. Com’è noto, la Chiesa non cerca privilegi ma solo di poter svolgere la sua missione. Quando ad essa viene riconosciuto questo diritto, in realtà è l'intera società che ne trae vantaggio.

Venerati Fratelli, ecco alcune riflessioni che volevo condividere con voi, in questo primo incontro. Vi sono spiritualmente vicino nell’esercizio del vostro ministero pastorale, e vi esorto in particolare a proseguire con fiducia nel dialogo ecumenico. So che esso è intenso, come intenso è pure con tutti i concittadini il dialogo in campo culturale sui fondamentali valori sui quali si regge ogni civile convivenza. Il Signore sostenga con la sua grazia, per intercessione della sua Immacolata Madre, i vostri sforzi pastorali. Io li accompagno con una cordiale Benedizione Apostolica, che imparto a voi, ai vostri sacerdoti, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici che fanno parte del gregge a voi affidato dalla Divina Provvidenza.





AI PARTECIPANTI ALLA XX CONFERENZA INTERNAZIONALE PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE SUL TEMA "IL GENOMA UMANO" Sabato, 19 novembre 2005

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
illustri Signori e Signore!

A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, con un particolare pensiero di gratitudine al Signor Cardinale Javier Lozano Barragán per le gentili parole di saluto espresse a nome dei presenti. Saluto in special modo i Vescovi ed i sacerdoti che prendono parte a questa Conferenza, come pure i relatori, i quali hanno offerto in questi giorni un contributo certamente qualificato sui problemi affrontati: le loro riflessioni ed i loro suggerimenti saranno oggetto di attenta valutazione da parte delle competenti istanze ecclesiali.

Ponendomi nell'ottica pastorale propria del Pontificio Consiglio che ha promosso questa Conferenza, mi piace rilevare come oggi, soprattutto nell'ambito dei nuovi apporti della scienza medica, è offerta alla Chiesa un'ulteriore possibilità di svolgere una preziosa opera di illuminazione delle coscienze, per far sì che ogni nuova scoperta scientifica possa servire al bene integrale della persona, nel costante rispetto della sua dignità. Nel sottolineare l'importanza di questo compito pastorale, vorrei anzitutto dire una parola di incoraggiamento a chi è incaricato di promuoverlo. Il mondo attuale è segnato dal processo di secolarizzazione che, attraverso complesse vicende culturali e sociali, ha non soltanto rivendicato una giusta autonomia della scienza e dell’organizzazione sociale, ma spesso ha anche obliterato il legame delle realtà temporali con il loro Creatore, giungendo anche a trascurare la salvaguardia della dignità trascendente dell'uomo ed il rispetto della sua stessa vita. Oggi tuttavia la secolarizzazione, nella forma del secolarismo radicale, non soddisfa più gli spiriti maggiormente consapevoli ed attenti. Ciò vuol dire che si aprono spazi possibili e forse nuovi per un dialogo proficuo con la società e non soltanto con i fedeli, specialmente su temi importanti come quelli attinenti la vita.

Questo è possibile perché nelle popolazioni di lunga tradizione cristiana rimangono presenti semi di umanesimo non raggiunti dalle dispute della filosofia nichilista, semi che tendono, in realtà, a rafforzarsi quanto più gravi diventano le sfide. Il credente, del resto, sa bene che il Vangelo ha una sintonia intrinseca con i valori inscritti nella natura umana. L'immagine di Dio è così profondamente impressa nell'animo dell’uomo che difficilmente la voce della coscienza può essere messa del tutto a tacere. Con la parabola del seminatore Gesù nel Vangelo ci ricorda che c'è sempre del terreno buono in cui il seme attecchisce, germoglia e fa frutto. Anche uomini che non si riconoscono più come membri della Chiesa o che hanno perduto addirittura la luce della fede restano comunque attenti ai valori umani ed ai contributi positivi che il Vangelo può apportare al bene personale e sociale.

E’ facile rendersene conto soprattutto riflettendo su ciò che costituisce l’oggetto della vostra Conferenza: gli uomini del nostro tempo, resi anche più sensibili dalle vicende terribili che hanno funestato il ventesimo secolo e l’inizio stesso dell’attuale, sono in grado di ben comprendere come la dignità dell'uomo non si identifichi con i geni del suo DNA e non diminuisca per l'eventuale presenza di diversità fisiche o di difetti genetici. Il principio di "non discriminazione" sulla base di fattori fisici o genetici è profondamente entrato nelle coscienze ed è formalmente enunciato nelle Carte sui diritti dell'uomo. Tale principio ha la sua fondazione più vera nella dignità insita in ogni uomo per il fatto di essere creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr
Gn 1,26). L’analisi serena dei dati scientifici, peraltro, porta a riconoscere la presenza di tale dignità in ogni fase della vita umana, a cominciare dal primo momento della fecondazione. La Chiesa annuncia e propone queste verità non soltanto con l'autorità del Vangelo, ma anche con la forza derivante dalla ragione, e proprio per questo sente il dovere di fare appello ad ogni uomo di buona volontà, nella certezza che l’accoglienza di queste verità non può che giovare ai singoli ed alla società. Occorre infatti guardarsi dai rischi di una scienza e di una tecnologia che si pretendano completamente autonome nei confronti delle norme morali inscritte nella natura dell’essere umano.

Non mancano nella Chiesa gli Organismi professionali e le Accademie capaci di valutare le novità in ambito scientifico, in particolare nel mondo della biomedicina; vi sono poi gli Organismi dottrinali specificamente deputati a definire i valori morali da salvaguardare e a formulare le norme richieste per la loro efficace tutela; vi sono infine i Dicasteri pastorali, come il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ai quali spetta di elaborare le metodologie opportune per assicurare un’incisiva presenza della Chiesa sul piano pastorale. Questo terzo momento è prezioso non soltanto in ordine ad una sempre più adeguata umanizzazione della medicina, ma anche per assicurare una tempestiva risposta alle attese, da parte delle singole persone, di un efficace aiuto spirituale. Occorre dunque dare nuovo slancio alla pastorale della salute. Ciò comporta un rinnovamento e un approfondimento della proposta pastorale stessa, che tenga conto dell’aumentata mole di conoscenze diffuse dai media nella società e del più alto livello d’istruzione delle persone a cui ci si rivolge. Non si può trascurare il fatto che, sempre più spesso, su problemi anche scientificamente qualificati e difficili, non soltanto i legislatori, ma gli stessi cittadini sono chiamati ad esprimere il loro pensiero. Se manca un’istruzione adeguata, anzi una formazione adeguata delle coscienze, facilmente possono prevalere, nell’orientamento dell’opinione pubblica, falsi valori o informazioni deviate.

Adeguare la formazione dei pastori e degli educatori, per renderli capaci di assumere le proprie responsabilità in coerenza con la propria fede e, insieme, in dialogo rispettoso e leale con i non credenti, ecco il compito imprescindibile di una pastorale aggiornata della salute. Nel campo, in particolare, delle applicazioni della genetica, le famiglie oggi possono mancare delle informazioni adeguate ed avere difficoltà a mantenere l'autonomia morale necessaria per restare fedeli alle proprie scelte di vita. In questo settore, pertanto, si richiede una formazione delle coscienze approfondita e chiara. Le odierne scoperte scientifiche toccano la vita delle famiglie, impegnandole in scelte impreviste e delicate, che occorre affrontare con responsabilità. La pastorale nel campo della salute ha quindi bisogno di consulenti formati e competenti. Ciò lascia intravedere quanto la gestione di questo settore di impegno sia oggi complessa ed esigente.

Di fronte a queste aumentate esigenze della pastorale, la Chiesa, mentre continua a confidare nella luce del Vangelo e nella forza della Grazia, esorta i responsabili a studiare la metodologia adeguata per portare aiuto alle persone, alle famiglie ed alla società, coniugando fedeltà e dialogo, approfondimento teologico e capacità di mediazione. In ciò essa conta, in particolare, sull’apporto di quanti come voi, qui raccolti per prendere parte a questa Conferenza Internazionale, hanno a cuore i fondamentali valori su cui si regge l’umana convivenza. Profitto volentieri di questa circostanza per esprimere a tutti grato apprezzamento per il contributo in un settore tanto importante per il futuro dell’umanità. Con questi sentimenti, invoco dal Signore copiosi lumi sul vostro lavoro e, quale testimonianza di stima e di affetto, a tutti imparto una speciale Benedizione.



AI MEMBRI DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE DELLE SCIENZE E DELLE SCIENZE SOCIALI Lunedì, 21 Novembre 2005

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Signore e Signori,

desidero estendere i miei affettuosi saluti a quanti partecipano a questo importante incontro. In particolare, desidero ringraziare il Professor Nicola Cabibbo, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, e la professoressa Mary Ann Glendon, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Sono anche lieto di salutare il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, il Cardinale Carlo Maria Martini e il Cardinale Georges Cottier che si è sempre dedicato alacremente all'opera delle Accademie Pontificie.

Sono particolarmente lieto del fatto che la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali abbia scelto "il concetto della persona nelle scienze sociali" quale tema di studio per quest'anno. La persona umana è al centro di tutto l'ordine sociale e, di conseguenza, al centro del vostro ambito di studio. Come afferma san Tommaso d'Aquino, la persona umana "è ciò che è più perfetto in natura" (S. Th, I, 29, 3). Gli esseri umani fanno parte della natura e, tuttavia, quali liberi soggetti con valori morali e spirituali, la trascendono. Questa realtà antropologica è parte integrante del pensiero cristiano e risponde direttamente ai tentativi di abolire il confine fra scienze sociali e scienze naturali, spesso proposti nella società contemporanea.

Compresa in maniera corretta, questa realtà offre una risposta profonda alle questioni poste oggi sullo status dell'essere umano. È un tema che deve continuare a far parte del dialogo con la scienza. L'insegnamento della Chiesa si basa sul fatto che Dio ha creato l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza e ha concesso loro una dignità superiore e una missione condivisa verso tutto il Creato (cfr ).

Secondo il disegno di Dio, le persone non possono essere separate dalle dimensioni fisiche, psicologiche e spirituali della natura umana. Anche se le culture mutano nel tempo, sopprimere o ignorare la natura che esse sostengono di "coltivare" può avere conseguenze gravi. Parimenti, i singoli individui troveranno la propria realizzazione autentica solo quando accetteranno quegli elementi genuini della natura che li costituiscono come persone. Il concetto di persona continua a offrire una comprensione profonda del carattere unico e della dimensione sociale di ogni essere umano. Ciò è particolarmente vero negli istituti legali e sociali, in cui la nozione di "persona" è fondamentale. A volte, tuttavia, anche se ciò è riconosciuto da dichiarazioni internazionali e statuti legali, alcune culture, in particolare quando non toccate profondamente dal Vangelo, vengono fortemente influenzate da ideologie gruppo-centriche o da una visione della società secolare e individualistica.

La Dottrina sociale della Chiesa cattolica, che pone la persona umana al centro e alla base dell'ordine sociale, può offrire molto alla riflessione contemporanea sui temi sociali.

È provvidenziale il fatto che stiamo discutendo del tema della persona mentre tributiamo particolare onore al mio venerato predecessore Papa Giovanni Paolo II. In un certo qual modo, il suo contributo indiscusso al pensiero cristiano può essere compreso quale meditazione profonda sulla persona. Ha arricchito e ampliato tale concetto nelle sue Encicliche e in altri scritti. Questi testi sono un patrimonio da accogliere, serbare e assimilare con cura, in particolare da parte delle Pontificie Accademie.

È, quindi, con gratitudine che colgo questa occasione per scoprire questa scultura di Papa Giovanni Paolo II, affiancata da due iscrizioni commemorative. Esse ci ricordano l'interesse speciale del Servo di Dio per l'opera delle vostre Accademie, in particolare della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, da lui fondata nel 1994. Esse sottolineano anche la sua disponibilità illuminata a raggiungere in un dialogo di salvezza il mondo della scienza e della cultura, un desiderio affidato in particolare alle Pontificie Accademie. Prego affinché le vostre attività continuino a produrre un interscambio fecondo fra l'insegnamento della Chiesa sulla persona umana e le scienze e le scienze sociali che rappresentate. Su tutti i presenti a questa importante occasione, invoco abbondanti benedizioni divine.



AI PARTECIPANTI ALLA 33ª CONFERENZA DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER L’ALIMENTAZIONE E L’AGRICOLTURA (F.A.O.) Giovedì, 24 novembre 2005

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Signori Primi Ministri,
Signor Presidente,
Signor Direttore Generale,
Illustri Signori, Gentili Signore!

Sono lieto di porgere un cordiale benvenuto a tutti voi, Rappresentanti degli Stati membri della FAO, che partecipate ai lavori della 33ª Conferenza dell’Organizzazione. E’ la prima volta che vi incontro ed è per me l’occasione di conoscere da vicino il vostro lavoro a servizio di un grande ideale: liberare l’umanità dalla fame. A tutti il mio deferente pensiero. Saluto poi il Direttore Generale, Signor Jacques Diouf. Porgo un sincero augurio per l’inizio del suo nuovo mandato.

L’odierna circostanza mi è particolarmente propizia per esprimere sincero apprezzamento per le iniziative che la FAO, nelle sue diverse componenti, svolge da sessant’anni, difendendo con competenza e professionalità la causa dell’uomo a partire proprio dal basilare diritto di ogni persona ad essere "libera dalla fame". L’umanità vive in questo tempo uno dei paradossi più preoccupanti: da una parte si raggiungono sempre nuovi e positivi traguardi in campo economico, scientifico e tecnologico, ma dall’altra si constata la crescita continua della povertà. Sono certo che l’esperienza da voi sinora accumulata può aiutare a far emergere una metodologia atta ad affrontare con successo la lotta alla fame e alla povertà con quel concreto realismo che ispira gli interventi della vostra benemerita Organizzazione. Essa, in questi anni, ha scelto di aprire nuovi orizzonti all’attività di cooperazione individuando nel "dialogo tra le culture" un mezzo capace di favorire migliori condizioni di sviluppo e di sicurezza alimentare. Oggi più che mai c’è bisogno di strumenti in grado di vincere le ricorrenti tentazioni di conflitto tra diverse visioni culturali, etniche e religiose. Occorre fondare i rapporti internazionali sul rispetto della persona e dei principi cardine della convivenza, sulla fedeltà ai patti e sul reciproco accogliersi dei popoli come membra dell’unica famiglia umana. Occorre riconoscere che il progresso tecnico, pur necessario, non è tutto; vero progresso è solo quello che salvaguarda la dignità dell’essere umano nella sua interezza e consente ad ogni popolo di condividere le proprie risorse spirituali e materiali, a beneficio di tutti.

In questo contesto, vorrei ricordare quanto sia importante aiutare le comunità indigene, troppo spesso oggetto di indebite appropriazioni finalizzate al profitto, come ha di recente sottolineato la vostra Organizzazione nel delineare le Direttive sul diritto all’alimentazione (Guidelines on the Right to Food). Non va poi dimenticato che mentre alcune aree vengono sottoposte a misure e controlli internazionali, milioni di persone sono condannate alla fame, fino al rischio della vita, in zone dove sono in atto sanguinosi conflitti dimenticati dall’opinione pubblica perché ritenuti interni o etnici e tribali. Essi registrano sistematiche eliminazioni di vite umane, lo sradicamento di persone dalla loro terra, le quali sono talora costrette, per sfuggire ad una morte sicura, a lasciare le precarie dimore dei campi profughi.

Infonde poi rinnovata fiducia l’iniziativa della FAO di convocare i suoi Stati membri per discutere sul tema della riforma agraria e dello sviluppo rurale. Si tratta di un ambito non nuovo e verso il quale la Chiesa ha da sempre rivolto la sua attenzione preoccupandosi in particolare dei piccoli agricoltori rurali che rappresentano una parte rilevante della popolazione attiva, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. Forse una strada da percorrere potrebbe essere quella di assicurare alle popolazioni rurali le risorse e gli strumenti indispensabili, ad iniziare dai mezzi di formazione e di educazione insieme a strutture organizzative che tutelino la piccola azienda agricola familiare e le forme cooperative (cfr Gaudium et spes
GS 71).

Tra pochi giorni ad Hong Kong molti dei partecipanti ai vostri lavori saranno chiamati al tavolo dei negoziati riguardanti il commercio internazionale e, in particolare, dei prodotti agricoli. La Santa Sede auspica che a prevalere, responsabilmente, sia il senso di solidarietà verso chi è più svantaggiato e che si abbandonino interessi locali e logiche di potenza. Non si può dimenticare che la vulnerabilità del mondo rurale ha ripercussioni sulla sussistenza individuale e delle famiglie dei piccoli agricoltori, se è loro negato l’accesso al mercato. Operare coerentemente significa, pertanto, riconoscere il ruolo insostituibile della famiglia rurale, custode di valori e veicolo naturale di solidarietà nei rapporti tra generazioni. Per questo va anche sostenuto il ruolo della donna rurale, come pure vanno assicurati ai fanciulli, oltre alla nutrizione, gli elementi di base per la loro educazione.

Signore e Signori, queste riflessioni, che mi sono permesso di offrire alla vostra considerazione, pur tenendo ben presenti le tante difficoltà esistenti, scaturiscono dalla convinzione che nel cuore di tutti debba esserci una concreta disponibilità verso quanti nel mondo mancano del pane quotidiano. I vostri sforzi stanno a testimoniare quanto sia già forte la convinzione di dover coraggiosamente lottare contro la fame. Possa l’Onnipotente illuminare le vostre decisioni e farvi perseverare in questa insostituibile ricerca di servizio al bene comune. A tutti rinnovo il mio saluto augurando pieno successo ai lavori della vostra Conferenza.



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