Discorsi 2005-13 10125

AI RELIGIOSI, ALLE RELIGIOSE E AI MEMBRI DI ISTITUTI SECOLARI E DI SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA DELLA DIOCESI DI ROMA Aula Paolo VI Sabato, 10 dicembre 2005

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Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
cari fratelli e care sorelle!

E’ una grande gioia per me incontrarvi quest’oggi nel clima spirituale dell’Avvento, mentre ci prepariamo al Santo Natale. Saluto con affetto ciascuno di voi, religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e di nuove forme di vita consacrata, presenti nella Diocesi di Roma, dove svolgete un servizio quanto mai apprezzato, ben inserendovi nelle varie realtà sociali e pastorali. Un pensiero particolare rivolgo a quanti vivono nei monasteri di vita contemplativa e che sono a noi spiritualmente uniti, come pure alle persone di vita consacrata provenienti dall’Africa, dall’America Latina e dell’Asia che studiano a Roma o qui trascorrono un tratto della loro esistenza, partecipando essi pure attivamente alla missione della Chiesa che è nella Città.

Un saluto fraterno rivolgo al Cardinale Camillo Ruini, che ringrazio per le parole rivoltemi a nome di tutti. Da sempre i consacrati e le consacrate costituiscono nella Chiesa di Roma una preziosa presenza, anche perché offrono una peculiare testimonianza dell’unità e dell’universalità del Popolo di Dio. Vi ringrazio per il lavoro che svolgete nella vigna del Signore, per l’impegno che ponete nell’affrontare le sfide che l’odierna cultura pone all’evangelizzazione in una metropoli ormai cosmopolita com’è la nostra.

Il complesso contesto sociale e culturale della nostra Città nel quale vi trovate ad agire domanda da parte vostra, oltre una costante attenzione alle problematiche locali, una coraggiosa fedeltà al carisma che vi contraddistingue. Sin dalle origini, in effetti, la vita consacrata si è caratterizzata per la sua sete di Dio: quaerere Deum. Vostro primo e supremo anelito sia, pertanto, testimoniare che Dio va ascoltato e amato con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze, prima di ogni altra persona e cosa. Non abbiate paura di presentarvi, anche visibilmente, come persone consacrate, e cercate in ogni modo di manifestare la vostra appartenenza a Cristo, il tesoro nascosto per il quale avete lasciato tutto. Fate vostro il ben noto motto programmatico di San Benedetto: "Niente sia anteposto all'amore di Cristo".

Certo, tante sono le sfide e le difficoltà che voi oggi incontrate, impegnati come siete su vari fronti. Nelle vostre residenze e nelle opere apostoliche voi siete ben inseriti nei programmi della Diocesi collaborando nei vari rami dell’azione pastorale, grazie anche al collegamento che svolgono gli organismi di rappresentanza della vita consacrata come la Conferenza Italiana Superiori Maggiori e l’Unione delle Superiore Maggiori d’Italia, il Gruppo Istituti Secolari e l’Ordo Virginum. Proseguite su questo cammino rinsaldando la vostra fedeltà agli impegni assunti, al carisma di ogni vostro Istituto e agli orientamenti della Chiesa locale. Tale fedeltà, lo sapete, è possibile quando ci si mantiene fermi nelle piccole, ma insostituibili fedeltà quotidiane: anzitutto fedeltà alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio; fedeltà al servizio degli uomini e delle donne del nostro tempo, secondo il proprio carisma; fedeltà all'insegnamento della Chiesa, a partire da quello sulla vita consacrata; fedeltà ai sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia, che ci sostengono nelle situazioni difficili della vita.

Parte costitutiva della vostra missione è poi la vita comunitaria. Impegnandovi a realizzare comunità fraterne, voi mostrate che grazie al Vangelo anche i rapporti umani possono cambiare, che l’amore non è un'utopia, ma anzi il segreto per costruire un mondo più fraterno. Il Libro degli Atti degli Apostoli, dopo la descrizione della fraternità realizzata nella comunità dei cristiani, rileva, quasi come logica conseguenza, che "la Parola si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli" (
Ac 6,7). La diffusione della Parola è la benedizione che il Padrone della messe dà alla comunità che prende sul serio l'impegno di far crescere la carità nella fraternità.

Cari fratelli e sorelle, la Chiesa ha bisogno della vostra testimonianza, ha bisogno di una vita consacrata che affronti con coraggio e creatività le sfide del tempo presente. Di fronte all'avanzata dell'edonismo, a voi è richiesta la coraggiosa testimonianza della castità, come espressione di un cuore che conosce la bellezza e il prezzo dell'amore di Dio. Di fronte alla sete di denaro, la vostra vita sobria e pronta al servizio dei più bisognosi ricorda che Dio è la ricchezza vera che non perisce. Di fronte all'individualismo e al relativismo, che inducono le persone ad essere unica norma a se stesse, la vostra vita fraterna, capace di lasciarsi coordinare e quindi capace di obbedienza, conferma che voi ponete in Dio la vostra realizzazione. Come non auspicare che la cultura dei consigli evangelici, che è la cultura delle Beatitudini, possa crescere nella Chiesa, per sostenere la vita e la testimonianza del popolo cristiano?

Il Decreto conciliare Perfectae caritatis, di cui commemoriamo quest'anno il quarantesimo anniversario di promulgazione, afferma che le persone consacrate "davanti a tutti i fedeli sono un richiamo di quella mirabile unione operata da Dio e che si manifesterà nel secolo futuro, mediante la quale la Chiesa ha Cristo come unico suo Sposo" (n. 12). La persona consacrata vive nel tempo, ma il suo cuore è proiettato oltre il tempo e all’uomo contemporaneo spesso assorbito dalle cose del mondo testimonia che il suo vero destino è Dio stesso.

Grazie, cari fratelli e sorelle, per il servizio che rendete al Vangelo, per il vostro amore ai poveri e ai sofferenti, per il vostro sforzo nel campo dell'educazione e della cultura, per l'incessante preghiera che si innalza dai monasteri, per la multiforme attività che voi svolgete. La Vergine Santa, modello di vita consacrata, vi accompagni e vi sostenga perché possiate essere per tutti "segno profetico" del regno dei cieli. Io vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e di cuore tutti vi benedico.



SALUTO AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRE-NATALIZIA PER GLI UNIVERSITARI DEGLI ATENEI ROMANI Basilica Vaticana Giovedì, 15 dicembre 2005

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Venerati Fratelli,
distinte Autorità Accademiche,
cari studenti!

Con grande gioia rivolgo a tutti voi il mio cordiale saluto, al termine della tradizionale Celebrazione Eucaristica pre-natalizia per gli universitari degli Atenei romani, che tanto stava a cuore all'amato mio Predecessore Giovanni Paolo II. Saluto in primo luogo il Cardinale Vicario, che ha presieduto la Santa Messa, e con lui saluto gli altri ecclesiastici presenti. Ringrazio ciascuno di voi, cari amici, per aver accolto l'invito a prendere parte a questo incontro e, in particolare, esprimo la mia riconoscenza al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, come ai Rettori degli Atenei di Roma e d'Italia, ai Direttori dei Conservatori, ai Cappellani universitari e alle delegazioni di studenti provenienti da alcuni Paesi d'Europa e dell'Africa. Sono inoltre lieto di accogliere, in questa circostanza, anche i partecipanti al Congresso Mondiale di pastorale per gli studenti esteri, organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. A tutti rivolgo un'affettuosa parola di benvenuto.

Colgo volentieri l'occasione per esprimere vivo compiacimento per la crescente collaborazione che si va instaurando tra i vari Atenei romani. Continuate, cari amici, a portare avanti insieme la riflessione sul nuovo umanesimo, tenendo conto delle grandi sfide dell'epoca contemporanea e cercando di coniugare in modo armonioso fede e cultura. Quanto necessario è in questo momento storico coltivare un'attenta ricerca culturale e spirituale! Ho appreso inoltre con piacere che le cinque Facoltà di Medicina della Città hanno concordato di impegnarsi in alcuni campi a collaborare sui temi della vita. Sul piano, poi, più specificamente pastorale, ho apprezzato la scelta di approfondire il tema della trasmissione della fede, con un cammino formativo che coinvolga sia gli studenti che i docenti. A voi, cari giovani, che vedo numerosi, auguro di compiere con gioia il vostro itinerario di formazione cristiana, coniugandolo con lo sforzo quotidiano di approfondimento delle conoscenze proprie dei rispettivi percorsi accademici. Occorre riscoprire la bellezza di avere Cristo come Maestro di vita e giungere così a rinnovare in modo libero e consapevole la propria professione di fede.

Vorrei ora rivolgere la mia attenzione agli studenti esteri. La loro presenza costituisce un fenomeno in aumento e rappresenta per la Chiesa un importante campo di azione pastorale. Infatti, i giovani che lasciano il proprio Paese per motivi di studio vanno incontro a non pochi problemi e soprattutto al rischio di una crisi di identità, di uno smarrimento dei valori spirituali e morali. D'altra parte, la possibilità di studiare all'estero è per molti giovani un'opportunità unica per divenire capaci di meglio contribuire allo sviluppo dei propri Paesi, e anche di partecipare in modo attivo alla missione della Chiesa. È importante proseguire nel cammino intrapreso per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e sorelle.

Cari amici universitari, siamo vicini alla grande e suggestiva ricorrenza del Santo Natale. Il clima tipico di questa festa ci invita all'intimità e alla gioia. Mentre auguro a chi ne ha la possibilità di trascorrere le festività natalizie in famiglia con grande serenità, vi invito a cogliere in pienezza il messaggio spirituale che questa solennità ci ripropone. Dio si è fatto Uomo, ha posto la sua dimora tra noi. Prepariamo il nostro cuore ad accogliere Colui che viene a salvarci con il dono della sua vita, che si fa uno di noi, si fa vicino a noi e diventa fratello nostro. Vi guidi in questa attesa Maria Santissima, Sedes Sapientiae. La sua Icona, che sta visitando varie Nazioni, passa ora dalla delegazione della Polonia a quella della Bulgaria, per proseguire in quel Paese la sua peregrinatio nelle città universitarie. Sia Lei, la Vergine fedele, la Madre di Cristo, ad ottenere per ciascuno di voi e per i vostri ambienti accademici la luce della divina Sapienza, Cristo Signore. Buon Natale a tutti!



AI RAPPRESENTANTI DELLE FORZE ARMATE ITALIANE Venerdì, 16 dicembre 2005

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Venerati Fratelli,
distinte Autorità civili e militari,
cari Amici!

Con vero piacere sono venuto ad incontrarvi, al termine della Santa Messa celebrata qui, in questa Basilica, che conserva le vive memorie dell'Apostolo Pietro. Siamo ormai prossimi alla solennità del Santo Natale e questa è un'occasione quanto mai propizia per formulare fervidi voti augurali a tutti voi, che rappresentate le Forze Armate Italiane. A ciascuno rivolgo un affettuoso saluto. In particolare, saluto il vostro Pastore, l'Ordinario Militare Mons. Angelo Bagnasco, che ringrazio per le parole con le quali ha interpretato i comuni sentimenti. Con lui saluto i Cappellani militari, vostre guide spirituali, che hanno voluto accompagnarvi anche in questo momento di intensa comunione ecclesiale. Il mio deferente pensiero va, poi, al Ministro della Difesa, ai Sottosegretari, ai Capi di Stato Maggiore e ai Comandanti Generali, che con la loro adesione hanno reso anche più significativo questo incontro.

Colui che adoriamo nel Sacramento dell'Altare è l'Emmanuele, il Dio con noi, venuto nel mondo per la nostra redenzione. Nella Novena di Natale, che proprio oggi iniziamo, man mano che ci avviciniamo alla Notte Santa, la liturgia con crescente intensità spirituale ci fa ripetere: "Maranatha! - Vieni, Signore Gesù!". Quest'invocazione sale dal cuore dei credenti in tutti gli angoli della terra e risuona incessante in ogni Comunità ecclesiale. A Natale verrà l'atteso Messia, Colui che nella sinagoga di Nazareth applicherà a sé le antiche parole profetiche: "Il Signore mi ha mandato [...] per proclamare la liberazione ai prigionieri" (
Lc 4,18). Verrà a liberarci il Redentore dell'uomo e spezzerà i vincoli dell'errore, dell'egoismo, del peccato, che ci rendono prigionieri. Verrà Cristo a liberare con il suo amore il cuore dell'uomo. Quanto è importante prepararsi ad accoglierlo con umiltà e sincerità!

Nel mistero del Natale di Cristo, il Padre celeste manifesta all'umanità la sua misericordia. Egli non ha voluto abbandonare l'uomo a se stesso e al suo peccato, ma a lui è venuto incontro, offrendogli il perdono che libera dall'oppressione del peccato con la potenza della sua grazia. Possano allora questi ultimi giorni dell'Avvento rendere ancora più forte in ognuno di voi, cari militari, il desiderio dell'incontro con Cristo, il Principe della pace, sorgente della nostra autentica gioia.

Ogni giorno sperimentiamo la precarietà e la provvisorietà della vita terrena, ma, grazie all'incarnazione del Figlio unigenito del Padre, il nostro sguardo riesce a cogliere sempre l'amore provvidenziale di Dio che dà senso e valore a tutta la nostra esistenza. La liturgia di questo tempo di Avvento ci spinge alla fiducia, ci incoraggia ad affidarci a Colui che può dare pieno compimento alle attese del nostro cuore. Maria, con il suo "sì" all'Angelo Gabriele, ha aderito totalmente alla volontà di Dio ed ha dato inizio al grande mistero della redenzione. Sia Lei ad accompagnarci all'incontro con l'Emmanuele, il Dio-con-noi. Con questi sentimenti vi rinnovo i più cordiali auguri per il Santo Natale ormai vicino, cari militari, mentre volentieri imparto a tutti la mia Benedizione, che estendo alle vostre comunità di provenienza ed alle vostre famiglie.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA POLONIA (III GRUPPO) IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala Clementina Sabato, 17 dicembre 2005

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Cari Fratelli nel ministero episcopale!

Con gioia do il mio benvenuto a tutti voi, che costituite il terzo gruppo dei Vescovi della Polonia, giunti in visita ad limina Apostolorum.

Nei discorsi precedenti ho toccato numerosi temi connessi con l’impegno dell’evangelizzazione nel mondo moderno. Ho anche annunziato che nella terza parte del mio messaggio avrei centrato la riflessione sul ruolo dei fedeli laici nella Chiesa.

1. Parrocchia

Cominciamo dunque da quell’ambiente che nella struttura della Chiesa è il più fondamentale – l’ambiente della parrocchia. Nel Decreto conciliare sull’apostolato dei laici leggiamo: "La Parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato «comunitario», fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nell’universalità della Chiesa. Si abituino i laici ad agire, nella Parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti; apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo e le questioni spettanti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; diano, secondo le proprie possibilità, il loro contributo a ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiastica" (n. 10).

La prima e più importante esigenza è che la parrocchia costituisca una «comunità ecclesiale» e una «famiglia ecclesiale». Anche se si tratta di parrocchie molto numerose, occorre fare ogni sforzo possibile affinché esse non si riducano a una massa di fedeli anonimi. Naturalmente, nella realizzazione di tale compito è insostituibile il ruolo dei sacerdoti, e in modo particolare dei parroci. Essi per primi dovrebbero conoscere le pecorelle del proprio ovile, mantenere i contatti pastorali con ogni ambiente, cercare di conoscere le necessità spirituali e materiali dei parrocchiani.

E’ importante anche la partecipazione attiva dei laici nella formazione della comunità. Ho qui in mente prima di tutto i Consigli pastorali e i Consigli per gli affari economici (cfr Codice di Diritto Canonico,
CIC 537). Sebbene essi abbiano carattere soltanto consultivo e non decisionale, possono tuttavia aiutare efficacemente i Pastori nel discernimento delle necessità della comunità e nell’individuare le modalità per venire incontro ad esse. La collaborazione dei Consigli con i Pastori deve sempre svolgersi nello spirito di comune sollecitudine per il bene dei fedeli.

È necessario anche un vivo contatto dei Pastori con le diverse comunità di apostolato che operano nell’ambito della parrocchia. Non si può neppure dimenticare la necessità della collaborazione tra le comunità stesse. Mai dovrebbero esserci rivalità tra di esse; dovrebbe piuttosto aversi tra di esse un reciproco e cordiale completamento nell’affrontare i compiti apostolici. Specialmente i leaders di tali gruppi non dovrebbero dimenticare che, operando sul terreno e in una comunità parrocchiale, sono chiamati a realizzare un comune programma di pastorale, sotto la direzione dei Pastori responsabili.

In riferimento all’evangelizzazione, ho già parlato della necessità della catechesi degli adulti. Essa, sebbene basata sulla Sacra Scrittura e sul Magistero della Chiesa, deve poi concentrarsi sull’esperienza sacramentale, e particolarmente sull’impegno a vivere il mistero dell’Eucaristia. I Padri conciliari non esitarono a riconoscere che l’Eucaristia è "fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione" (cfr Presbyterorum ordinis PO 5 Sacrosanctum Concilium SC 10). Come scrisse il mio amato Predecessore Giovanni Paolo II, "la Chiesa ha ricevuto l’Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza" (Ecclesia de Eucharistia, EE 11). Perciò i Pastori della Chiesa devono fare ogni sforzo affinché il popolo loro affidato sia cosciente della grandezza di tale dono e si accosti con la maggiore frequenza possibile a questo Sacramento dell’amore sia nella Celebrazione eucaristica e nella comunione, che nell’adorazione.

Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte Giovanni Paolo II ha ricordato che l’Eucaristia domenicale è "il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata" (n. 36). So che nella Chiesa in Polonia la partecipazione dei fedeli alla S. Messa domenicale è numerosa. Tuttavia i Pastori, incoraggiati dai loro Vescovi, facciano il possibile, affinché il numero dei partecipanti alla Liturgia domenicale non diminuisca ma cresca.

Vi chiedo cordialmente, Fratelli, di incoraggiare i sacerdoti a prendersi cura dei bambini e dei giovani che si accostano all’altare del Signore come chierichetti e lettori. Abbiano sollecitudine pastorale anche per le ragazze che partecipano attivamente, nel loro ruolo, alla Liturgia. Questo servizio pastorale può portare molti frutti per le vocazioni sacerdotali e religiose.

2. I movimenti e gli ambienti apostolici

Nel secolo passato, specialmente dopo il Concilio, si sono sviluppati nella Chiesa vari movimenti aventi come fine l’evangelizzazione. Tali movimenti non possono esistere per così dire "accanto" alla comunità universale della Chiesa. Perciò fa parte dei compiti del Vescovo diocesano mantenere un contatto vivo con essi, incoraggiandoli ad operare conformemente al carisma riconosciuto dalla Chiesa e a guardarsi, nello stesso tempo, dalla chiusura verso la realtà che li circonda.

Molti di questi movimenti hanno stabilito un vivo contatto con le Chiese non cattoliche. Essi possono recare un importante contributo nel lavoro di costruzione dei legami ecumenici: la comune preghiera e le opere intraprese insieme alimentano la speranza che possa essere affrettato l’avvicinamento anche nel campo della dottrina e della vita della Chiesa. Occorre tuttavia che anche qui i Vescovi abbiano cura di fare interpretare correttamente l’ecumenismo. Esso deve sempre consistere nella ricerca della verità e non dei facili compromessi che possono portare i movimenti cattolici a perdere la propria identità.

Accanto ai movimenti ecclesiali esistono molteplici ambienti di laici che si associano su un dato terreno, oppure in base alla professione svolta e si rivolgono ai Vescovi, chiedendo l’introduzione di una pastorale specifica, corrispondente alla loro realtà. Cari Fratelli, vi incoraggio a sostenere tali iniziative, offrendo a ciascuno la possibilità di sviluppare la propria spiritualità in base alle sue sfide quotidiane.

Tra questi ambienti Giovanni Paolo II ha dedicato una particolare attenzione a coloro che "occupano posti di primo piano nella società" (Alzatevi, andiamo!, 91), ma che allo stesso tempo desiderano vivere la vita della fede e dare una testimonianza cristiana. Il Concilio li esortava: "Coloro che sono o possono diventare idonei per l’esercizio dell’arte politica, così difficile, ma insieme così nobile, si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale. Agiscano con integrità e saggezza contro l’ingiustizia e l’oppressione, il dominio arbitrario e l’intolleranza d’un solo uomo e d’un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti" (Gaudium et spes GS 75). Nella realizzazione di questo compito, i politici cristiani non possono rimanere privi di aiuto da parte della Chiesa. Si tratta qui, in modo particolare, dell’aiuto a prendere coscienza della loro identità cristiana e dei valori morali universali che si fondano nella natura dell’uomo, così da impregnarsi, in base a una retta coscienza, a trasfonderli negli ordinamenti civili, in vista dell’edificazione di una convivenza rispettosa dell’uomo in ogni sua dimensione. Occorre tuttavia mai dimenticare che è una questione "di grande importanza, soprattutto in una società pluralistica, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori" (Ibid., 76).

3. Il volontariato

Per concludere, vorrei far notare un’altra dimensione dell’impegno dei laici nella Chiesa. Nel mondo di oggi, insieme alla globalizzazione e al veloce passaggio delle informazioni, osserviamo in molti ambienti una maggiore sensibilità alle necessità altrui e la disponibilità a correre in aiuto ovunque capiti una sventura.

A fianco alle iniziative internazionali e nazionali si stanno sviluppando anche varie forme di volontariato, che si prefiggono come fine l’aiuto ai bisognosi presenti nel proprio ambiente. Negli ospizi, nei dormitori per i senzatetto, per le persone dipendenti, per le madri sole e vittime della violenza operano persone disposte a spendere il proprio tempo a servizio degli altri. Esse portano aiuto anche ai malati, alle persone sole, alle famiglie numerose e che vivono nell’indigenza, ai portatori di handicap fisico o mentale. Vengono organizzati centri di intervento in caso di crisi, unità operative a servizio delle persone che sperimentano l’una o l’altra difficoltà che la vita può riservare. Non si può non apprezzare l’opera di quanti si ispirano all’esempio del samaritano evangelico. Essa va sostenuta ed animata.

So che in Polonia si sta sviluppando anche il volontariato che si propone come scopo la difesa della vita umana. Si deve gratitudine a tutti coloro che intraprendono un’opera di educazione, di preparazione alla vita matrimoniale e familiare, e difendono il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale. Molti impegnano in tale attività i propri mezzi materiali, altri il proprio tempo, altri ancora offrono il dono della preghiera. Tutti costoro attendono l’incoraggiamento e il sostegno morale da parte dei Vescovi, dei sacerdoti e di tutta la comunità dei credenti. Che esso non manchi!

Le missioni sono un altro campo della vita della Chiesa, nel quale si impegnano i volontari. Sempre più numerosi laici partono per i paesi di missione, per lavorare lì secondo la loro preparazione professionale e i propri talenti, e allo stesso tempo per dare una testimonianza di amore cristiano agli abitanti delle più povere regioni del mondo. E’ un’attività degna di ammirazione e di riconoscimento. Vi esorto, cari Fratelli, ad accettare con apertura e benevolenza, anche se sempre con la dovuta prudenza, quei laici che sono disposti a lavorare nelle missioni. La grande opera missionaria di tutta la Chiesa sia sorretta spiritualmente e materialmente da tutti, secondo la vocazione cristiana di ciascuno, nella consapevolezza dell’impegno che scaturisce dal Battesimo, a portare a tutti i popoli l’evangelico messaggio dell’amore di Cristo.

Tanti altri, valorosi pensieri sul tema dell’attività dei laici nella Chiesa e nel mondo troverete, cari Fratelli, nei documenti del Concilio e dei miei Predecessori in questa Sede Apostolica. Vale la pena di tornare a riflettere su questo magistero. Voi, Fratelli diletti, ben sapete discernere le necessità delle comunità affidate alla vostra cura pastorale e creare le migliori condizioni per una buona collaborazione del laicato con il clero nella stessa opera d’evangelizzazione, di santificazione e di edificazione del Regno di Dio. Vi sostenga in quest’opera Maria, Madre della Chiesa. Il buon Dio vi benedica!



AI PELLEGRINI DELL’ALTA AUSTRIA IN OCCASIONE DEL DONO DELL’ALBERO DI NATALE IN PIAZZA SAN PIETRO Aula della Benedizione del Palazzo Apostolico Vaticano Sabato, 17 dicembre 2005

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Cari amici!

Benvenuti! Sono lieto di accogliervi con grande amicizia, in occasione della presentazione dell'abete posto in Piazza San Pietro, che proviene dai boschi di Eferding, nell'Alta Austria. Rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, ad incominciare dal Presidente dell'Alta Austria, il dott. Josef Pühringer, che ringrazio per le gentili parole poc'anzi rivoltemi a nome dei presenti. Saluto, inoltre, le Autorità civili della Regione, con un particolare pensiero per gli Amministratori del Comune di Eferding. Saluto poi con fraterno affetto il Vescovo di Linz, Mons. Ludwig Schwarz, e il Vescovo emerito, Mons. Maximilian Aichern. Un caro saluto rivolgo altresì ai membri del coro e della cappella (Stadtkapelle) di Eferding, come pure al gruppo folcloristico femminile "Goldhaubenfrauen".

Questa sera, al termine della cerimonia di consegna ufficiale, verranno accese le luci che abbelliscono l'albero di Natale. Questo maestoso abete resterà accanto al Presepe fino al termine delle festività natalizie, e sarà ammirato dai numerosi pellegrini che da ogni parte del mondo vengono in Vaticano. Grazie, cari amici, per questo grande albero e per gli altri più piccoli, che andranno ad ornare il Palazzo Apostolico e vari ambienti del Vaticano. Con questi vostri doni, tanto graditi, voi avete voluto manifestare la vicinanza spirituale e l'amicizia che da molto tempo legano l'Austria alla Santa Sede, nel solco della nobile tradizione cristiana, che ha fecondato con i suoi valori spirituali la cultura, la letteratura e l'arte della vostra Nazione e dell'Europa intera. Vorrei assicurarvi che il Papa vi è vicino e con la sua preghiera accompagna il cammino delle comunità cristiane e dell'intero popolo d'Austria.

Questa occasione mi è inoltre propizia per augurare di cuore a tutti voi qui presenti di trascorrere con serenità il Natale del Signore. Estendo questi voti augurali ai vostri concittadini rimasti in Patria e agli abitanti della vostra Regione, che per vari motivi si trovano a vivere fuori della loro terra. A Natale riecheggia in ogni parte del globo il lieto annunzio della nascita del Redentore: l'atteso Messia si è fatto uomo ed è venuto in mezzo a noi. Con la sua luminosa presenza, Gesù ha dissipato le tenebre dell'errore e del peccato, ed ha recato all'umanità la gioia della sfolgorante luce divina, di cui l'albero natalizio è segno e richiamo. Vi auguro di accogliere nel vostro cuore il dono della sua gioia, della sua pace e del suo amore. Credere a Cristo significa lasciarsi avvolgere dalla luce della sua verità che da pieno significato, valore e senso alla nostra esistenza, giacché proprio rivelandoci il mistero del Padre e del suo amore Egli svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione (cfr Gaudium et spes
GS 22).

Rinnovo di cuore a ciascuno di voi ogni più fervido augurio natalizio, e vi chiedo di farlo pervenire alle vostre famiglie e a tutti i vostri compatrioti. Vi assicuro la mia preghiera per voi e per i vostri cari e ben volentieri imparto a tutti una speciale Benedizione.



AI RAGAZZI E RAGAZZE DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA Lunedì, 19 dicembre 2005

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Carissimi ragazzi e ragazze dell'Azione Cattolica Italiana!

È da tanti anni che i bambini e i ragazzi dell'ACR vengono a fare gli auguri al Papa. È un incontro voluto a suo tempo da Papa Paolo VI e vissuto ogni anno con grande gioia dal mio Predecessore, Giovanni Paolo II, che avete conosciuto tutti. Con la stessa gioia anch'io vi accolgo. Saluto con affetto ciascuno di voi, insieme con il vostro Assistente Generale, Mons. Francesco Lambiasi, ed il Presidente, il prof. Luigi Alici, e vi ringrazio sentitamente per gli auguri che mi avete rivolto per il prossimo Santo Natale.

Nel Natale di Gesù celebriamo l'infinito amore di Dio per tutti gli uomini: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (
Jn 3,16) e si è così intimamente unito alla nostra umanità, da volerla condividere fino a diventare uomo tra gli uomini, uno di noi. Nel Bambino di Betlemme la piccolezza di Dio fatto uomo ci rivela la grandezza dell'uomo e la bellezza della nostra dignità di figli di Dio, di fratelli di Gesù. Contemplando questo Bambino, vediamo quanto sia grande la fiducia che Dio ripone in ciascuno di noi e quanto ampia sia la possibilità che ci viene offerta di fare cose belle e grandi nelle nostre giornate, vivendo con Gesù e come Gesù.

Quest'anno il vostro cammino formativo è accompagnato dallo slogan "Sei con noi". Cari ragazzi, il Signore Gesù è sempre con noi e cammina sempre con la sua Chiesa, la accompagna e la custodisce. Non dubitate mai della sua presenza! Colui che ci viene incontro come l'Emmanuele, il "Dio con noi", ci assicura di essere sempre in mezzo ai suoi: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Cercate sempre il Signore Gesù, crescete nell'amicizia con Lui, imparate ad ascoltare e a conoscere la sua parola e a riconoscerlo nei poveri presenti nelle vostre comunità. Vivete la vostra vita con gioia ed entusiasmo, certi della sua presenza e della sua amicizia gratuita, generosa, fedele fino alla morte di croce.

"Sei con noi": il Signore Gesù è veramente con noi. Testimoniate la gioia di questa sua presenza forte e dolce a tutti, a cominciare dai vostri coetanei. Dite loro che è bello essere amici di Gesù e che vale la pena seguirlo. Mostrate con il vostro entusiasmo che tra tanti modi di vivere che oggi il mondo sembra offrirci, tutti apparentemente sullo stesso piano, solo seguendo Gesù si trova il vero senso della vita e perciò la gioia vera e duratura. E così anche questo impegno per la pace, che assumete con i fratelli di Sarajevo, è veramente un segno della vostra amicizia con Gesù che dalle Scritture è chiamato "Principe della pace". I vostri gruppi dell'ACR siano il seme della gioia nelle vostre parrocchie, nelle vostre famiglie e nelle scuole che frequentate. Grazie ancora, carissimi, per la vostra visita. Vi benedico con affetto, insieme con i vostri cari, gli educatori, gli assistenti e tutti gli amici dell'ACR.

Buon Natale!



AI CANTORI DELLA CAPPELLA MUSICALE PONTIFICIA "SISTINA" Cappella Sistina Martedì, 20 dicembre 2005

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Caro Maestro, Mons. Liberto,
Cari ragazzi della Cappella Sistina,
Cari cantori, insegnanti, collaboratori e collaboratrici,

non ho trovato il tempo di preparare un discorso, anche se la mia idea era molto semplice: dire, in questi giorni prima di Natale, che si tratta di giorni di ringraziamento per i doni; dire, in questi giorni, grazie a voi, per quanto ci donate in tutto l'anno, per questo grande contributo per la gloria di Dio e per la gioia degli uomini sulla terra.

Nella notte della nascita del Salvatore gli angeli hanno annunciato ai pastori la nascita di Cristo con le parole: "Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus". La tradizione è da sempre convinta che gli angeli non abbiano semplicemente parlato come fanno gli uomini, ma che abbiano cantato e che fosse un canto di una bellezza celeste, il quale rivelava la bellezza del Cielo. La tradizione è anche convinta che i cori delle voci bianche possano farci sentire una risonanza del canto angelico. Ed è vero che nel canto della Cappella Sistina, nelle grandi liturgie, noi possiamo sentire la presenza della liturgia celeste, un po' della bellezza nella quale il Signore ci vuole comunicare la sua gioia.

In realtà, la lode di Dio esige il canto. Perciò in tutto l'Antico Testamento - con Mosè e con Davide - fino al Nuovo Testamento - nell'Apocalisse - sentiamo di nuovo i canti della liturgia celeste, la quale offre un insegnamento per la nostra liturgia nella Chiesa di Dio. Per questo, il vostro contributo è essenziale per la liturgia: non è un ornamento marginale, ma la liturgia come tale esige questa bellezza, esige il canto per lodare Dio e per dare gioia ai partecipanti.

Per questo grande contributo vi vorrei dire grazie con tutto il mio cuore. La liturgia del Papa, la liturgia in San Pietro, deve essere la liturgia esemplare per il mondo. Voi sapete che con la televisione, con la radio, oggi in tutte le parti del mondo tante persone seguono questa liturgia. Imparano da qui, o non imparano da qui, che cosa è liturgia, come si deve celebrare la liturgia. Perciò, è così importante, non solo che i nostri cerimonieri insegnino al Papa come celebrare bene la liturgia, ma anche che la Cappella Sistina sia un esempio di come si deve dare bellezza nel canto per la lode di Dio.

Io so - siccome mio fratello mi ha fatto un po' toccare con mano la bellezza di un coro di voci bianche - che questa bellezza esige molto impegno e anche molti sacrifici da parte vostra. Voi, ragazzi, dovete alzarvi presto per arrivare a scuola; conosco il traffico romano e posso quindi indovinare com'è difficile spesso arrivare in tempo. Poi, si deve lavorare duramente sino alla fine, affinché sia realizzata questa perfezione, con la competenza che adesso abbiamo di nuovo ascoltato.

Per tutto questo, vi dico grazie. Anche perché in queste feste, mentre i vostri compagni fanno grandi gite, voi dovete restare in Basilica per cantare e qualche volta anche aspettare un'ora senza poter cantare. E, tuttavia, siete sempre pronti a dare il vostro contributo.

Io sento questa gratitudine ogni volta, e, in questa occasione, volevo comunicarvela.

Natale è la festa dei doni. Dio stesso ci ha fatto il dono più grande. Ci ha donato sé stesso. Si è incarnato, si è fatto bambino. Dio ci ha dato il vero dono e così invita anche noi a donare, a donare con il cuore; a donare a Dio e al prossimo un po' di noi stessi. E a donare anche i segni di questa nostra bontà, della volontà di offrire gioia agli altri.

Così, anch'io, ho tentato di rendere visibile la mia gratitudine attraverso dei doni, che adesso saranno consegnati, come espressione della gratitudine per la quale mi mancano le parole.




Discorsi 2005-13 10125