Discorsi 2005-13 60206

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Lunedì, 6 febbraio 2006

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Cari Fratelli nell'Episcopato,

È con gioia che vi accolgo mentre venite in pellegrinaggio nei luoghi in cui gli Apostoli Pietro e Paolo hanno reso testimonianza a Cristo Salvatore fino al martirio. Auspico vivamente che i vostri incontri con il Papa e con i suoi collaboratori, espressione di comunione delle vostre Chiese locali con la Sede di Pietro, facciano crescere in voi lo slancio apostolico al servizio del popolo di Dio che vi è stato affidato. Vi ringrazio per tutto ciò di cui mi avete fatto partecipe nel corso dei nostri incontri. Assicurate i vostri diocesani della mia vicinanza spirituale, ora che sono invitati, con tutti gli abitanti del Paese, a mobilitarsi per ottenere la pace e la riconciliazione, dopo anni di guerra che hanno causato, soprattutto nella vostra regione, milioni di vittime. Che siano coraggiosi difensori della dignità di ogni essere umano e testimoni audaci della carità di Cristo, per edificare una società sempre più giusta e più fraterna!

L'impegno per la pace è una sfida lanciata alla missione evangelizzatrice del Vescovo. I vostri resoconti quinquennali descrivono le difficili condizioni in cui esercitate il vostro ministero. I conflitti del passato e i focolai di insicurezza che perdurano lasciano profonde ferite nella popolazione, provocando stanchezza e scoraggiamento. In questo anno che la vostra Chiesa locale dedica alla Beata Anuarite Nengapeta, auspico che l'imperativo della carità vi mobiliti e che, mediante la santità della vostra vita e il dinamismo missionario che vi anima, siate voi stessi profeti della giustizia e della pace. In effetti, "la carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza" (Lettera Enciclica Deus caritas est ). Mi rallegro del lavoro pastorale di vicinanza svolto nelle Comunità ecclesiali vive dai sacerdoti, dalle persone consacrate e anche dai diversi organismi caritativi, per condividere questa preoccupazione per la carità vissuta al servizio dei più piccoli, divenendo testimoni credibili dell'amore che Cristo nutre per loro. Adoperatevi per l'unità del popolo di Dio e donatevi senza riserve per costituirlo come popolo di fratelli, riuniti da Cristo e inviati da Lui!

È importante che proseguiate l'impegnativo compito di radicare il Vangelo nella vostra cultura, rispettando i ricchi e autentici valori africani ma al contempo purificandoli di tutto ciò che potrebbe renderli incompatibili con la verità del Vangelo. È parimenti auspicabile che nuova vitalità venga conferita al sacramento della Penitenza, con il quale Dio libera l'uomo dal peccato, permettendogli di essere sempre più fermento di riconciliazione e di pace nella Chiesa e nella società. I sacerdoti e i fedeli sono chiamati a riscoprire nell'Eucaristia il centro della loro esistenza, accogliendo in questa grande scuola di pace il senso profondo dei loro impegni e un appello potente a divenire artefici di dialogo e di comunione (cfr Mane nobiscum Domine, n. 27).

Edificare la Chiesa Famiglia di Dio nel vostro Paese, come altrove, è un compito impegnativo, ma io conosco il dinamismo apostolico che vi anima. È un bene che la Conferenza Episcopale nazionale del Congo, con i suoi molteplici interventi, non abbia lesinato sforzi per aprire nei cuori e nelle coscienze cammini di riconciliazione e di comunione fraterna. A tale proposito, si auspica che la campagna di sensibilizzazione lanciata, insieme ai Responsabili di altre confessioni religiose, al fine di proporre a tutti i cittadini un'educazione civica, rechi buoni frutti. La Chiesa è chiamata a partecipare a questa opera, nel posto che gli corrisponde e secondo la vocazione che le è propria, e ad apportare un contributo specifico al bene comune e al consolidamento dello Stato di diritto, mostrando il suo impegno quotidiano per il benessere materiale e spirituale di tutti i congolesi. Pertanto, è importante proporre ai responsabili politici del paese una formazione specifica. Approfondendo il ricco patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa, potranno riflettere sul loro impegno al servizio del bene comune e valutarne le esigenze morali, per lavorare alla messa in atto di istituzioni giuste, al servizio del rinnovamento della società.

Affinché la Parola del Vangelo venga udita in ogni punto del Paese e l'insegnamento della Chiesa influisca profondamente sulle coscienze, sulle mentalità e sui costumi, l'uso dei mezzi di comunicazione sociale, in particolare la radio e la televisione, si rivela più che mai necessario e resta per voi una preoccupazione costante. Grazie a questi mezzi, la Chiesa potrà così svolgere meglio il suo ministero profetico, in particolare per limitare l'azione delle sette che utilizzano abbondantemente le nuove tecnologie per attirare e confondere i fedeli. I mass media moderni permettono un'attività educativa, animata dalla passione per la verità, ma anche un'azione volta a difendere la libertà e il rispetto della dignità della persona, e a favorire la cultura autentica del vostro popolo (cfr Christifideles laici
CL 44).

L'evangelizzazione della famiglia costituisce a sua volta una priorità pastorale. I movimenti di persone rifugiate o dislocate, la pandemia dell'Aids, ma anche i mutamenti importanti della società contemporanea, hanno disgregato numerose famiglie, indebolendo l'istituzione familiare, con il rischio di nuocere alla coesione della società stessa. È importante, a tutti i livelli della vita diocesana e sociale, incoraggiare i cattolici a preservare e a promuovere i valori fondamentali della famiglia. In questo spirito, è opportuno prestare attenzione alla preparazione umana e spirituale delle coppie e all'accompagnamento pastorale delle famiglie, ricordando l'eminente dignità del matrimonio cristiano, unico e indissolubile, e proponendo una spiritualità coniugale salda, affinché le famiglie crescano in santità.

La vita consacrata è presente nella Repubblica Democratica del Congo nella ricca diversità delle sue forme. Saluto affettuosamente tutte le persone consacrate; esse si preoccupano di testimoniare l'amore di Cristo fra i loro fratelli. Rendo omaggio in particolare a coloro, uomini e donne che, in condizioni estreme, hanno scelto di restare fra le popolazioni provate per offrire loro l'assistenza, il conforto e il sostegno spirituale necessari. Invito tutte le persone consacrate, segno insostituibile del Regno che viene, a rendere una testimonianza profetica nella Chiesa e nella società congolese, esortandole in particolare, in una fedeltà perfetta ai consigli evangelici, a rifiutare qualsiasi tentazione di ripiegamento identitario e a diffondere un reale spirito di fraternità fra voi.

I giovani danno prova di grande vitalità; sono una vera ricchezza per la Chiesa e per tutto il Paese. Costituiscono tuttavia una popolazione resa fragile dall'insicurezza dinanzi al futuro, dall'esperienza della precarietà, dalle preoccupanti devastazioni dell'Aids. Spetta a voi nutrire la loro fede e la loro speranza, proponendo una formazione cristiana salda. Si pensi in particolare alle iniziative pastorali volte a permettere ai bambini di strada e ai bambini soldato di ricostruirsi dal punto di vista umano e spirituale. Esorto anche le scuole cattoliche, come pure tutte le persone che si preoccupano della formazione e dell'educazione dei giovani, a offrire loro i mezzi per crescere nella carità, per coltivare il piacere dell'impegno e per allenarsi al rispetto reciproco, all'apprendimento del dialogo e del servizio alla comunità, affinché siano membri attivi dell'evangelizzazione e del rinnovamento del tessuto sociale.

Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, come non ribadirvi la fondata speranza che condivido con voi di vedere la riconciliazione e la pace trionfare nel vostro Paese e in tutta la Regione dei Grandi Laghi! Che tutti coloro che presiedono al destino della nazione agiscano in modo concertato e responsabile per giungere a una pace duratura! Faccio anche appello alla Comunità internazionale affinché non dimentichi l'Africa, portando avanti in particolare azioni coraggiose e determinate per consolidare la stabilità politica ed economica del vostro Paese. Esorto infine le vostre comunità a impegnarsi "in un'intensa e capillare opera di educazione e di testimonianza che faccia crescere in ciascuno la consapevolezza dell'urgenza di scoprire sempre più a fondo la verità della pace" (Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 2006, 8 dicembre 2005, n. 16). Al ritorno nelle vostre Diocesi, portate a tutti i sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, catechisti e fedeli laici l'affetto del Successore di Pietro, che li esorta a vivere ogni giorno il servizio della carità, divenendo sempre più uniti a Cristo e che imparte loro, e anche a voi, una particolare Benedizione Apostolica.



AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE Sala Clementina Venerdì, 10 febbraio 2006

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Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di incontrare, al termine della sua Sessione plenaria, la Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione che ho avuto la gioia di presiedere per più di vent'anni, per mandato del mio Predecessore, il venerato Papa Giovanni Paolo II. I vostri volti richiamano alla mia memoria anche quelli di tutti coloro che, in questi anni, hanno collaborato con il Dicastero: a tutti ripenso con gratitudine ed affetto. Non posso non ricordare infatti, con una certa commozione, questo periodo così intenso e proficuo, da me trascorso presso la Congregazione che ha il compito di promuovere e tutelare la dottrina sulla fede e sui costumi nell'intera Chiesa cattolica (cfr Pastor Bonus ).

Nella vita della Chiesa la fede ha un’importanza fondamentale, perché fondamentale è il dono che Dio fa di se stesso nella Rivelazione e questa auto-donazione di Dio viene accolta nella fede. Appare di qui la rilevanza della vostra Congregazione che, nel suo servizio a tutta la Chiesa e in particolare ai Vescovi, quali maestri della fede e pastori, è chiamata, in spirito di collegialità, a favorire e richiamare proprio la centralità della fede cattolica, nella sua autentica espressione. Quando si affievolisce la percezione di questa centralità, anche il tessuto della vita ecclesiale perde la sua originale vivacità e si logora, decadendo in uno sterile attivismo o riducendosi a scaltrezza politica dal sapore mondano. Se la verità della fede è invece posta con semplicità e decisione al centro dell'esistenza cristiana, la vita dell’uomo viene innervata e ravvivata da un amore che non conosce soste né confini, come ho avuto modo di richiamare anche nella mia recente Lettera Enciclica Deus caritas est.

La carità, dal cuore di Dio attraverso il cuore di Gesù Cristo, si effonde mediante il suo Spirito sul mondo, come amore che tutto rinnova. Questo amore nasce dall'incontro con Cristo nella fede: “All’inizio dell’essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva”(Deus caritas est ). Gesù Cristo è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo. La luce irradiata da Gesù è splendore di verità. Ogni altra verità è un frammento della Verità che Egli è ed a Lui rimanda. Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova, si riconosce fatta per il bene e si esprime in azioni e comportamenti di carità.

Per questo Gesù dona all'uomo la piena familiarità con la verità e lo invita continuamente a vivere in essa. E’ una verità offerta come realtà che ristora l'uomo ed insieme lo supera e lo sovrasta; come Mistero che accoglie ed eccede nello stesso tempo lo slancio della sua intelligenza. E nulla come l'amore alla verità riesce a sospingere l’intelligenza umana verso orizzonti inesplorati. Gesù Cristo, che è la pienezza della verità, attira a sé il cuore di ogni uomo, lo dilata e lo colma di gioia. Solo la verità è infatti capace di invadere la mente e di farla gioire compiutamente. E’ questa gioia che allarga le dimensioni dell'animo umano, risollevandolo dalle angustie dell'egoismo e rendendolo capace di amore autentico. E’ l'esperienza di questa gioia che commuove, che attira l'uomo ad una libera adorazione, non ad un prostrarsi servile, ma ad inchinare il cuore di fronte alla Verità che ha incontrato.

Perciò il servizio alla fede, che è testimonianza a Colui che è la Verità intera, è anche un servizio alla gioia ed è questa gioia che Cristo vuole diffondere nel mondo: è la gioia della fede in Lui, della verità che per mezzo di Lui si comunica, della salvezza che viene da Lui! E’ questa gioia che il cuore sperimenta quando ci inginocchiamo per adorare nella fede Gesù! Questo amore alla verità ispira ed orienta anche l'approccio cristiano al mondo contemporaneo e l'impegno evangelizzatore della Chiesa, temi su cui vi siete soffermati a discutere durante i lavori della Plenaria. La Chiesa accoglie con gioia le autentiche conquiste della conoscenza umana e riconosce che l’evangelizzazione esige anche un reale farsi carico degli orizzonti e delle sfide che il sapere moderno dischiude. In realtà i grandi progressi del sapere scientifico, cui abbiamo assistito nel secolo scorso, hanno aiutato a comprendere meglio il mistero della creazione, segnando profondamente la coscienza di tutti i popoli. I progressi della scienza tuttavia sono stati a volte così rapidi da rendere assai complesso riconoscere come essi siano compatibili con le verità rivelate da Dio sull’uomo e sul mondo. Talora, alcune affermazioni del sapere scientifico sono state addirittura contrapposte a tali verità. Ciò può aver provocato una certa confusione nei fedeli ed anche costituito una difficoltà per la proclamazione e la recezione del Vangelo. E’ perciò di vitale importanza ogni studio che si proponga di approfondire la conoscenza delle verità scoperte dalla ragione, nella certezza che non vi è “competitività alcuna tra la ragione e la fede” (Fides et ratio
FR 17).

Non dobbiamo avere alcun timore di affrontare questa sfida: Gesù Cristo è infatti il Signore di tutta la creazione e di tutta la storia. Il credente sa bene che “tutte le cose sono state create per mezzo di lui ed in vista di lui... e tutte sussistono in lui” (Col 1,16 Col 1,17). Approfondendo continuamente la conoscenza di Cristo, centro del cosmo e della storia, possiamo mostrare agli uomini e alle donne del nostro tempo che la fede in Lui non è senza rilevanza per le sorti dell’umanità: essa è anzi il compimento di tutto ciò che è autenticamente umano. Solo in questa prospettiva potremo offrire risposte convincenti all’uomo in ricerca. Tale impegno è di importanza decisiva per l’annuncio e la trasmissione della fede nel mondo contemporaneo. In realtà, il compito di evangelizzare richiede oggi, come urgente priorità, un simile impegno. Il dialogo fra fede e ragione, religione e scienza, offre non solo la possibilità di mostrare all’uomo di oggi, in modo più efficace e convincente, la ragionevolezza della fede in Dio, ma altresì di mostrare che in Gesù Cristo risiede il compimento definitivo di ogni autentica aspirazione umana. In questo senso, un serio sforzo evangelizzatore non può ignorare gli interrogativi che sorgono anche dalle odierne scoperte scientifiche ed istanze filosofiche.

Il desiderio della verità appartiene alla natura stessa dell’uomo e tutto il creato è un immenso invito a cercare quelle risposte che aprono la ragione umana alla grande riposta che da sempre cerca e attende: “La verità della Rivelazione cristiana, che si incontra in Gesù di Nazareth, permette a chiunque di accogliere il «mistero» della propria vita. Come verità suprema essa, mentre rispetta l’autonomia della creatura e la sua libertà, la impegna ad aprirsi alla trascendenza. Qui il rapporto libertà e verità diventa sommo e si comprende in pienezza la parola del Signore: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Jn 8,32)” (Fides et ratio FR 15).

La Congregazione trova qui il motivo del suo impegno e l'orizzonte del suo servizio. Il vostro servizio alla pienezza della fede è un servizio alla verità e perciò alla gioia, una gioia che proviene dalle profondità del cuore e che sgorga da quegli abissi di amore che Cristo ha spalancato con il suo cuore aperto sulla Croce e che il suo Spirito diffonde con inesauribile generosità nel mondo. Da questo punto di vista, il vostro ministero dottrinale, in modo appropriato, può essere definito ‘pastorale’. Il vostro servizio è infatti un servizio alla piena diffusione della luce di Dio nel mondo! La luce della fede, espressa nella sua pienezza ed integralità, possa sempre rischiarare il vostro lavoro ed essere la ‘stella’ che vi guida e vi aiuta a dirigere il cuore degli uomini a Cristo! Questo è il gravoso ed affascinante impegno che compete alla missione del Successore di Pietro, alla quale voi siete chiamati a collaborare. Grazie per il vostro lavoro e per il vostro servizio!

Con questi sentimenti imparto a tutti voi la mia Benedizione.




XIV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO - SANTA MESSA PER GLI AMMALATI NELLA MEMORIA DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES

AGLI AMMALATI AL TERMINE DELLA MESSA Sabato, 11 febbraio 2006

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Cari fratelli e sorelle!

Con grande gioia sono venuto in mezzo a voi e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Il mio saluto si rivolge in modo speciale a voi, cari malati, che siete riuniti qui nella Basilica di San Pietro, e vorrei estenderlo a tutti i malati che ci stanno seguendo mediante la radio e la televisione, e a quelli che non hanno questa possibilità, ma sono uniti a noi con i legami più profondi dello spirito, nella fede e nella preghiera. Saluto il Cardinale Camillo Ruini, che ha presieduto l'Eucaristia, e il Cardinale Francesco Marchisano, Arciprete di questa Basilica Vaticana. Saluto gli altri Vescovi e i sacerdoti presenti. Ringrazio l'UNITALSI e l'Opera Romana Pellegrinaggi, che hanno preparato e organizzato questo incontro, con la partecipazione di numerosi volontari. Il mio pensiero si porta anche nell'altra parte del pianeta, in Australia, dove, nella città di Adelaide, ha avuto luogo già da alcune ore la celebrazione culminante della Giornata Mondiale del Malato, presieduta dal mio inviato il Cardinale Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontifico Consiglio per la Pastorale della Salute.

Da quattordici anni, l'11 febbraio, memoria liturgica della Madonna di Lourdes, è diventata anche la Giornata Mondiale del Malato. Tutti sappiamo che, presso la Grotta di Massabielle, la Vergine ha manifestato la tenerezza di Dio per i sofferenti. Questa tenerezza, questo amore premuroso si fa sentire in modo particolarmente vivo nel mondo proprio nel giorno della festa di santa Maria di Lourdes, riattualizzando nella liturgia, e specialmente nell'Eucaristia, il mistero di Cristo Redentore dell'uomo, di cui la Vergine Immacolata è la primizia. Presentandosi a Bernardetta come l'Immacolata Concezione, Maria Santissima è venuta a ricordare al mondo moderno, che rischiava di dimenticarlo, il primato della Grazia divina, più forte del peccato e della morte. Ed ecco che il luogo di quella sua apparizione, la grotta di Massabielle a Lourdes, è diventato un punto di attrazione per tutto il Popolo di Dio, specialmente per quanti si sentono oppressi e sofferenti nel corpo e nello spirito. "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" (
Mt 11,28), ha detto Gesù. A Lourdes Egli continua a ripetere questo invito, con la mediazione materna di Maria, a tutti coloro che vi accorrono con fiducia.

Cari fratelli, quest'anno, insieme con i miei collaboratori del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, abbiamo voluto porre al centro dell'attenzione le persone affette da malattie mentali. "Salute mentale e dignità umana" è stato il tema del convegno che si è svolto ad Adelaide, approfondendo insieme aspetti scientifici, etici e pastorali. Tutti sappiamo come Gesù si ponesse di fronte all'uomo nella sua interezza, per guarirlo completamente, nel corpo, nella psiche e nello spirito. La persona umana, infatti, è un tutt'uno, e le diverse dimensioni si possono e si devono distinguere, ma non separare. Così anche la Chiesa si propone sempre di considerare le persone come tali, e questa concezione qualifica le istituzioni sanitarie cattoliche, come pure lo stile degli operatori sanitari in esse impegnati. In questo momento, penso in modo particolare alle famiglie che hanno al proprio interno una persona malata di mente e vivono la fatica e i diversi problemi che ciò comporta. Ci sentiamo vicini a tutte queste situazioni, con la preghiera e con le innumerevoli iniziative che la Comunità ecclesiale pone in atto in ogni parte del mondo, specialmente là dove la legislazione è carente, dove le strutture pubbliche sono insufficienti, e dove calamità naturali o, purtroppo, guerre e conflitti armati producono gravi traumi psichici nelle persone. Sono forme di povertà che attirano la carità di Cristo, Buon Samaritano, e della Chiesa, indissolubilmente unita a lui al servizio dell'umanità sofferente.

A tutti i medici, gli infermieri e gli altri operatori sanitari, a tutti i volontari impegnati in questo campo, vorrei oggi consegnare simbolicamente l'Enciclica Deus caritas est, con l'augurio che l'amore di Dio sia sempre vivo nei loro cuori, così da animare il loro lavoro quotidiano, i progetti, le iniziative, e soprattutto i loro rapporti con le persone malate. Agendo in nome della carità e nello stile della carità, voi, cari amici, offrite il vostro prezioso contributo anche all'evangelizzazione, perché l'annuncio del Vangelo ha bisogno di segni coerenti che lo confermino. E questi segni parlano il linguaggio dell'amore universale, un linguaggio comprensibile da tutti.

Tra poco, creando il clima spirituale di Lourdes, si spegneranno le luci nella Basilica e accenderemo le nostre candele, simbolo di fede e di ardente invocazione a Dio. Il canto dell'Ave Maria di Lourdes ci inviterà a recarci spiritualmente dinanzi alla grotta di Massabielle, ai piedi della Vergine Immacolata. A Lei con fede profonda vogliamo presentare la nostra condizione umana, le nostre malattie, segno del bisogno che tutti abbiamo, mentre siamo in cammino in questo pellegrinaggio terreno, di essere salvati da suo Figlio Gesù Cristo. Sia Maria a tenere desta la nostra speranza, perché, fedeli all'insegnamento di Cristo, rinnoviamo l'impegno di sollevare i fratelli nelle loro infermità. Il Signore faccia sì che nessuno nel momento del bisogno sia solo e abbandonato, ma, al contrario, possa vivere, anche la malattia, secondo la dignità umana. Con questi sentimenti imparto di cuore la Benedizione Apostolica a tutti voi, malati, operatori sanitari e volontari.





AGLI SCRITTORI DEL COLLEGIO DI "LA CIVILTÀ CATTOLICA Sala dei Papi Venerdì, 17 febbraio 2006

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Cari Scrittori del Collegio della Civiltà Cattolica!

Sono lieto di accogliervi insieme con tutti coloro che in varie forme collaborano con voi. Conosco e apprezzo l'opera che la Rivista svolge a servizio della Chiesa dal 1850, quando il mio Predecessore di venerata memoria, il beato Pio IX, la istituì “in modo perpetuo”, dotandola di un particolare Statuto, nel quale è stabilito uno speciale legame con la Santa Sede. Vi è in ciò l’espressione di una particolare fiducia nei confronti della Rivista da parte dei Pontefici miei Predecessori, ma vi è anche l’appello alla vostra fedeltà nei confronti delle direttive della Santa Sede. Pur nel tumultuoso mutare delle contingenze storiche, tale legame non è mai venuto meno, come mostrano gli attestati di benevolenza che i Romani Pontefici hanno espresso alla Rivista nei suoi 155 anni di vita. In tali documenti, infatti, emerge l'interesse con cui essi hanno seguito e seguono il lavoro della Civiltà Cattolica, riconoscendone l'utilità per il bene della Chiesa ed apprezzandone la costante fedeltà alle direttive del Magistero.

In questo nostro tempo in cui il Signore Gesù chiama la sua Chiesa ad annunciare con nuovo slancio il Vangelo di salvezza, non ci si può tuttavia dispensare dalla ricerca di nuovi approcci alla situazione storica in cui oggi vivono gli uomini e le donne, per presentare ad essi in forme efficaci l'annuncio della Buona Notizia. La Civiltà Cattolica, per essere fedele alla sua natura e al suo compito, non mancherà, pertanto, di rinnovarsi continuamente, leggendo correttamente i “segni dei tempi”. In realtà, oggi va sempre più affermandosi una cultura caratterizzata dal relativismo individualista e dallo scientismo positivista; una cultura, quindi, tendenzialmente chiusa a Dio e alla sua legge morale, anche se non sempre pregiudizialmente avversa al cristianesimo. E’ grande perciò lo sforzo che i cattolici sono chiamati a compiere per sviluppare il dialogo con la cultura odierna e aprirla ai valori perenni della Trascendenza.

E’ uno sforzo in cui il credente si avvale degli strumenti offerti dalla fede e dalla ragione: strumenti a prima vista poco adeguati, ma resi efficaci dalla potenza di Dio, che segue strade lontane dal potere e dal successo. D'altra parte, non va dimenticato che oggi nel mondo ci sono anche tanti segni di speranza, frutto dell'azione dello Spirito nella storia. Tali sono, ad esempio, la nuova sensibilità per i valori religiosi da parte di tanti uomini e donne, la rinnovata attenzione nei confronti della Sacra Scrittura, il rispetto dei diritti umani in misura ben maggiore di quanto avveniva anche in un passato recente, la volontà di dialogo con le altre religioni. In particolare, la fede in Gesù può aiutare molti a cogliere il senso della vita e dell'avventura umana, offrendo loro quei punti di riferimento che spesso mancano in un mondo tanto frenetico e disorientato.

Ecco, allora, dove si colloca la missione di una rivista di cultura come La Civiltà Cattolica: partecipare al dibattito culturale contemporaneo, sia per proporre, in modo serio e nello stesso tempo divulgativo, le verità della fede cristiana in maniera chiara e insieme fedele al Magistero della Chiesa, sia per difendere senza spirito polemico la verità, talvolta deformata anche attraverso accuse prive di fondamento alla comunità ecclesiale. Come faro sulla strada che La Civiltà Cattolica è chiamata a percorrere vorrei indicare il Concilio Vaticano II. Le ricchezze dottrinali e pastorali che esso contiene - e, soprattutto, l’ispirazione di fondo - non sono state ancora assimilate appieno dalla comunità cristiana, anche se sono passati 40 anni dalla sua conclusione. Indubbiamente esso ha dato alla Chiesa un impulso capace di rinnovarla e di disporla a rispondere in modo adeguato ai problemi nuovi che la cultura contemporanea pone agli uomini e alle donne del nostro tempo. D'altra parte, il Vaticano II è stato integrato da numerosi documenti dottrinali e pastorali, che la Santa Sede e le Conferenze Episcopali di molte nazioni hanno pubblicato sui problemi sorti recentemente. Essi costituiscono una fonte sempre viva a cui La Civiltà Cattolica può attingere nel suo lavoro. Si tratta di divulgare e sostenere l'azione della Chiesa in tutti i campi della sua missione. Un particolare impegno la Rivista deve porre nella diffusione della Dottrina sociale della Chiesa, uno dei temi che durante i suoi 155 anni di vita essa ha più ampiamente trattato.

Desidero concludere questo nostro incontro confermando la fiducia della Santa Sede verso la vostra Rivista, nella certezza che tutti i suoi redattori e collaboratori, sull'esempio di coloro che li hanno preceduti, sapranno corrispondere a tale fiducia con gioiosa fedeltà e spirito di servizio. Mentre affido a Maria, Sede della Sapienza, l'opera de La Civiltà Cattolica, imparto a tutti voi, redattori e collaboratori della Rivista, come anche a tutti i suoi affezionati lettori, una speciale Benedizione Apostolica.



AI DIACONI PERMANENTI DELLA DIOCESI DI ROMA Sala Clementina Sabato, 18 febbraio 2006

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Cari diaconi romani,

sono particolarmente lieto dell'incontro odierno, che avviene nel 25° anniversario del ripristino del diaconato permanente nella Diocesi di Roma. Saluto con affetto il Cardinale Vicario, che ringrazio per le parole che a nome di tutti mi ha indirizzato. Saluto pure il Vescovo Monsignor Vincenzo Apicella, finora incaricato del Centro Diocesano per il diaconato permanente, e Mons. Francesco Peracchi, Delegato del Cardinale Vicario, che da anni segue la vostra formazione. Porgo a ciascuno di voi e alle vostre famiglie il mio più cordiale benvenuto.

L’apostolo Paolo in un passo famoso della Lettera ai Filippesi afferma che Cristo "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (
Ph 2,7). E’ Lui, Cristo, l’esempio a cui guardare. Nel Vangelo Egli ha detto ai suoi discepoli di essere venuto "non per essere servito ma per servire" (cfr Mt 20,28). In particolare, durante l’Ultima Cena, dopo aver nuovamente spiegato agli Apostoli di essere in mezzo a loro "come colui che serve" (Lc 22,27), ha compiuto l’umile gesto, riservato agli schiavi, di lavare i piedi ai Dodici, dando così l’esempio perché i suoi discepoli potessero imitarlo nel servizio e nell’amore vicendevole. L’unione con Cristo, da coltivare attraverso la preghiera, la vita sacramentale e in particolare l’adorazione eucaristica, è di massima importanza per il vostro ministero affinché esso possa realmente testimoniare l’amore di Dio. Infatti, come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, da Dio "l’amore può essere ‘comandato’ perché prima è donato" (n. 14). Cari diaconi, accogliete con gioia e gratitudine l’amore che il Signore nutre per voi e che riversa nella vostra vita, e con generosità donate agli uomini quello che gratuitamente avete ricevuto. La Chiesa di Roma ha una lunga tradizione nel servizio ai poveri della città. In questi anni sono emerse nuove forme di povertà: molte persone, infatti, hanno smarrito il senso della vita e non posseggono una verità su cui costruire la propria esistenza; tanti giovani chiedono di incontrare uomini che li sappiano ascoltare e consigliare nelle difficoltà della vita. A fianco della povertà materiale, troviamo anche una povertà spirituale e culturale. La nostra Diocesi, consapevole che l’incontro con Cristo "dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (Deus caritas est ), sta dedicando particolare attenzione al tema della trasmissione della fede.

Cari diaconi, vi ringrazio per i servizi che con grande generosità svolgete in numerose comunità parrocchiali di Roma, dedicandovi in particolare alla pastorale battesimale e a quella familiare. Insegnando il Vangelo di Cristo, che vi è stato consegnato dal Vescovo il giorno della vostra ordinazione, voi aiutate i genitori che chiedono il battesimo per i loro figli ad approfondire il mistero della vita divina che ci è stata donata e quello della Chiesa, la grande famiglia di Dio, mentre ai fidanzati che desiderano celebrare il sacramento del matrimonio annunciate la verità sull’amore umano, spiegando così che "il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa" (Deus caritas est ). Molti di voi svolgono un’attività lavorativa negli uffici, negli ospedali e nelle scuole: in questi ambienti siete chiamati ad essere servitori della Verità. Annunciando il Vangelo, potrete donare la Parola capace di illuminare e dare significato al lavoro dell’uomo, alla sofferenza degli ammalati, e aiuterete le nuove generazioni a scoprire la bellezza della fede cristiana. Sarete, in tal modo, diaconi della Verità che rende liberi, e condurrete gli abitanti di questa città ad incontrare Gesù Cristo. Accogliere il Redentore nella propria vita è per l’uomo fonte di una gioia profonda, una gioia che può donare la pace anche nei momenti di prova. Siate, dunque, i servitori della Verità per essere portatori della gioia che Dio vuole donare ad ogni uomo.

Non è sufficiente però annunciare la fede solo con le parole perché, come ricorda l’Apostolo Giacomo, la fede "se non ha le opere, è morta in se stessa" (Jc 2,17). È dunque necessario affiancare all’annuncio del Vangelo la testimonianza concreta della carità, che "non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale… ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza" (Deus caritas est ). L’esercizio della carità appartiene fin dall’inizio al ministero diaconale: i sette, di cui parlano gli Atti degli Apostoli, furono eletti per servire alle mense. Voi, che appartenete alla Chiesa di Roma, siete gli eredi di una lunga tradizione, che ha nel diacono Lorenzo una figura singolarmente bella e luminosa. Molti sono i poveri, spesso provenienti da paesi molto lontani dall’Italia, che bussano alle porte delle comunità parrocchiali per chiedere un aiuto necessario a superare momenti di grave difficoltà. Accogliete questi fratelli con grande cordialità e disponibilità, e cercate, per quanto possibile, di aiutarli nelle loro necessità, ricordando sempre le parole del Signore: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40). Esprimo la mia gratitudine a quanti fra voi sono impegnati in questa silenziosa e quotidiana testimonianza della carità. Attraverso il vostro servizio, infatti, anche i poveri percepiscono di far parte di quella grande famiglia dei figli di Dio, che è la Chiesa.

Cari diaconi romani, vivendo e testimoniando l’infinita carità di Dio, il vostro ministero possa essere sempre al servizio dell’edificazione della Chiesa come comunione. Nel vostro lavoro siete sostenuti dall’affetto e dalla preghiera delle vostre famiglie. La vostra vocazione è una grazia particolare per la vostra vita familiare, che in questo modo è chiamata ad aprirsi sempre più all’accoglienza della volontà del Signore e delle necessità della Chiesa. Il Signore ricompensi la disponibilità con la quale le vostre mogli e i vostri figli vi accompagnano nel vostro servizio all’intera comunità ecclesiale.

Maria, l'umile serva del Signore che ha donato al mondo il Salvatore, e il diacono Lorenzo, che ha amato il Signore fino a donare la vita per lui, vi accompagnino sempre con la loro intercessione. Con questi sentimenti, imparto di cuore a ciascuno di voi la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a quanti vi sono cari e a quanti incontrate nel vostro ministero.






Discorsi 2005-13 60206