Discorsi 2005-13 30306

VISITA ALLA SEDE DELLA RADIO VATICANA IN OCCASIONE DEL 75° ANNIVERSARIO DELLA SUA FONDAZIONE Venerdì, 3 marzo 2006

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Salone della Redazione One-O-Five Studio "Card. Karol Wojtyla"

Cari Fratelli e Sorelle,

saluto di cuore tutti gli ascoltatori e le ascoltatrici di Radio Vaticana e auguro loro la pace e la gioia del Signore. Per me è una grande gioia essere qui. Siamo consapevoli che 75 anni fa Papa Pio XI ha inaugurato la Radio Vaticana e ha dato così una nuova voce alla Santa Sede, anzi alla Chiesa e al Signore. Una voce con la quale si potesse realmente eseguire il mandato del Signore: "Annunciate il Vangelo a tutte le creature sino ai confini della terra". Nel frattempo, lo vedo, in questi 75 anni la tecnica si è molto perfezionata. Oggi la voce di Radio Vaticana può giungere in ogni parte del mondo, in tante case, e - come è stato sottolineato - soprattutto c'è anche una bella reciprocità, non solo parlando ma anche accogliendo le risposte, in un vero dialogo per capire, per rispondere e per costruire così la famiglia di Dio. Mi sembra questo il senso di un mezzo di comunicazione come questo: aiutare a costruire questa grande famiglia che non conosce frontiere, nella quale, nella molteplicità delle culture e delle lingue, tutti sono fratelli e sorelle, e così rappresentano una forza per la pace. Vorrei augurare a tutti coloro che mi ascoltano in questo momento di poter realmente sentirsi coinvolti in questo grande dialogo della verità. Nel mondo dei mezzi della comunicazione non mancano, come sappiamo, anche voci contrastanti. Tanto più è importante che esista questa voce, che vuole realmente mettersi al servizio della verità, di Cristo, e così mettersi al servizio della pace e della riconciliazione nel mondo. Auguro ai collaboratori che possano essere efficaci strumenti di questa grande opera di pace del Signore. Ringrazio per tutto quello che fate giorno per giorno, forse anche notte per notte. Auguro agli ascoltatori che, coinvolti loro stessi in questo grande dialogo, diventino anch'essi testimoni della verità e della forza della pace nel mondo.

*** Sala Marconi


Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
cari fratelli e sorelle!

Volentieri sono venuto tra voi, in questa bella sede di Palazzo Pio, che il Servo di Dio Paolo VI ha voluto mettere a disposizione della Radio Vaticana. Vi saluto tutti cordialmente e vi ringrazio per la vostra accoglienza. Saluto, in particolare, il Reverendo Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Padre Peter-Hans Kolvenbach, e lo ringrazio per il servizio che fin dalle origini della Radio Vaticana i Gesuiti rendono alla Santa Sede, fedeli al carisma ignaziano di piena dedizione alla Chiesa e al Romano Pontefice. Saluto il Cardinale Roberto Tucci e il Padre Antonio Stefanizzi, come anche il Padre Pasquale Borgomeo forzatamente assente per precedenti impegni, i quali per diversi anni sono stati Direttori Generali della Radio Vaticana. Saluto il Padre Federico Lombardi, attuale Direttore Generale, e gli sono riconoscente per le parole che mi ha indirizzato a nome di tutti voi. Sono grato pure al Signor Candi, che ha interpretato i sentimenti dei dipendenti laici. Il mio pensiero va in questo momento anche ai dipendenti trattenuti nelle altre sedi dell'Emittente - il Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria, la Palazzina Leone XIII e la Palazzina Marconi - e che prendono parte a questo incontro in collegamento audio e video. Saluto i vostri colleghi già in pensione, i numerosi collaboratori, i familiari ed amici, e quanti avrebbero voluto essere presenti, ma non hanno potuto per la ristrettezza dello spazio disponibile. Il mio saluto si estende inoltre agli ascoltatori delle vostre trasmissioni, sparsi in ogni parte del mondo.

Le suggestive immagini di 75 anni fa ci presentano la prima stazione Radio Vaticana, che oggi può sembrare modesta. Sapeva però Guglielmo Marconi che la strada aperta dalla scienza e dalla tecnica avrebbe grandemente influito sulla vita dell'umanità. Anche il mio venerato Predecessore Pio XI era ben consapevole dell'importanza che il nuovo strumento di comunicazione, di cui la Chiesa stava dotandosi, avrebbe avuto per la diffusione del magistero pontificio nel mondo. Il suo primo radiomessaggio, che il 12 febbraio 1931 inaugurò la storia della vostra Emittente, era diretto con originale solennità "a tutte le genti e ad ogni creatura". Negli anni seguenti, durante la Seconda Guerra Mondiale, il Servo di Dio Pio XII con i suoi storici radiomessaggi poté fare udire a tutti i popoli parole di conforto, moniti ed appassionate esortazioni alla speranza e alla pace. E quando il comunismo estese il suo dominio su diverse nazioni dell'Europa centrale e orientale e su altre parti della Terra, la Radio Vaticana moltiplicò i programmi e le lingue di trasmissione, per far sì che giungesse alle Comunità cristiane oppresse da regimi totalitari la testimonianza della vicinanza e della solidarietà del Papa e della Chiesa universale. Con il Concilio Vaticano II si prese ancor più consapevolezza dell'importanza che gli strumenti della comunicazione avrebbero avuto nella diffusione del messaggio evangelico in questa nostra epoca, e la vostra Emittente con validi e moderni mezzi tecnici prese a sviluppare una programmazione radiofonica sempre più ricca e articolata. Oggi, infine, grazie alle più avanzate tecnologie, in particolare satelliti e internet, voi siete in grado di produrre programmi in diverse lingue, che vengono ripresi e trasmessi da numerose emittenti in ogni continente, raggiungendo così un ancor più vasto bacino di ascoltatori.

Cari amici, di tutto questo non possiamo non ringraziare il Signore e, al tempo stesso, pregarlo perché continui ad assistervi nel vostro lavoro. Invocatelo con le parole scritte sulla facciata principale di questa vostra sede: "Adsis Christe, eorumque aspira laboribus, qui pro tuo nomine certant - Assistici, o Cristo, e ispira le fatiche di coloro che combattono per il tuo nome". Sì! La vostra è la "buona battaglia della fede", secondo le parole dell'apostolo Paolo (cfr
1Tm 6,12), per diffondere il Vangelo di Cristo. Essa consiste, come si legge nel vostro Statuto, nell'"annunciare con libertà, fedeltà ed efficacia il messaggio cristiano e collegare il centro della cattolicità con i diversi Paesi del mondo: diffondendo la voce e gli insegnamenti del Romano Pontefice; informando sull'attività della Santa Sede; facendosi eco della vita cattolica nel mondo; orientando a valutare i problemi del momento alla luce del magistero ecclesiastico e nella costante attenzione ai segni dei tempi" (n. 1.3).

È questa una missione che rimane sempre attuale, anche se con il tempo cambiano le circostanze e le modalità per attuarla. In effetti, la Radio Vaticana non è più oggi una sola voce che si irradia da un unico punto, come avveniva dalla prima stazione marconiana. È piuttosto un coro di voci, che risuona in più di quaranta lingue e può dialogare con culture e religioni diverse; un coro di voci, che percorre le vie dell'etere grazie alle onde elettromagnetiche e si diffonde capillarmente per rimanere inciso lungo i nodi e le maglie di quella rete telematica sempre più fitta che avvolge il pianeta. Continuate, cari amici, ad operare nel grande areopago della comunicazione moderna, facendo tesoro della straordinaria esperienza da voi vissuta durante il Grande Giubileo dell'Anno 2000 e ancor più in occasione della morte dell'amato Papa Giovanni Paolo II, un evento che ha mostrato quanto l'umanità desideri conoscere la realtà della Chiesa. Ma non dimenticate che, per portare a compimento la missione affidatavi, occorre certo un'adeguata formazione tecnica e professionale, ma è necessario soprattutto che coltiviate incessantemente in voi uno spirito di preghiera e di fedele adesione agli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa. Vi aiuti e vi protegga sempre la Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione. Rinnovandovi i sentimenti della mia riconoscenza, volentieri imparto a voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, la mia Benedizione, estendendola alle persone a voi care e a tutti gli ascoltatori della Radio Vaticana.



AI SOCI DELL’UNIONE CRISTIANA IMPRENDITORI DIRIGENTI (U.C.I.D.) Aula Paolo VI Sabato, 4 marzo 2006

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Signor Cardinale,
cari amici dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti!

Sono lieto di accogliervi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale saluto. Un pensiero particolare va al Cardinale Ennio Antonelli, che ha interpretato i comuni sentimenti. Lo ringrazio per l'indirizzo, come grato sono anche al Presidente dell'UCID per le cortesi parole con cui ha introdotto il nostro incontro, presentando le motivazioni e lo stile del vostro impegno personale e associativo. Mi ha colpito, in special modo, il proposito da voi manifestato di tendere ad un'etica che vada oltre la semplice deontologia professionale - anche se, nell'attuale contesto, questo già non sarebbe poco. Questo mi ha fatto pensare al rapporto tra giustizia e carità, al quale ho dedicato una specifica riflessione nella seconda parte dell'Enciclica Deus caritas est (nn. 26-29). Il cristiano è chiamato a cercare sempre la giustizia, ma porta in sé la spinta dell'amore, che va oltre la stessa giustizia. Il cammino compiuto dai laici cristiani, dalla metà dell'Ottocento ad oggi, li ha condotti alla consapevolezza che le opere di carità non debbono sostituirsi all'impegno per la giustizia sociale. La dottrina sociale della Chiesa e soprattutto l'azione di tante aggregazioni di ispirazione cristiana, come la vostra, dimostrano quanta strada abbia compiuto la Comunità ecclesiale su questo argomento. In questi ultimi tempi, grazie anche al magistero e alla testimonianza dei Romani Pontefici, ed in particolare dell'amato Papa Giovanni Paolo II, è più chiaro in tutti noi come giustizia e carità siano i due aspetti inseparabili dell'unico impegno sociale del cristiano. Ai fedeli laici, in modo particolare, compete di operare per un giusto ordine nella società, partecipando in prima persona alla vita pubblica, cooperando con gli altri cittadini sotto la loro personale responsabilità (cfr Deus caritas est ). Proprio nel fare questo essi sono animati dalla "carità sociale", che li rende attenti alle persone in quanto persone, alle situazioni di maggiore difficoltà e solitudine, ed anche ai bisogni non materiali (cfr ivi, 28b).

Due anni fa, grazie al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, è stato pubblicato il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Si tratta di uno strumento formativo quanto mai utile per tutti coloro che intendono lasciarsi guidare dal Vangelo nella loro attività lavorativa e professionale. Sono certo che esso sia stato oggetto di attento esame anche da parte vostra ed auspico che, per ciascuno di voi e per le sezioni locali dell'UCID, diventi un punto di riferimento costante nell'esaminare le questioni, nell'elaborare i progetti, nel cercare le soluzioni per i complessi problemi del mondo del lavoro e dell'economia. In effetti, è proprio in questo ambito che voi realizzate una parte irrinunciabile della vostra missione di laici cristiani, e quindi del vostro cammino di santificazione.

Ho, inoltre, visto con interesse la "Carta dei valori" dei giovani dell'UCID e mi congratulo per lo spirito positivo e di fiducia nella persona umana che la anima. Ad ogni "credo" essa unisce un "mi impegno", puntando così sulla coerenza tra una forte convinzione e un conseguente sforzo operativo. In particolare, ho apprezzato il proposito di valorizzare ogni persona per quello che è e che può dare, secondo i suoi talenti, rifuggendo da ogni forma di sfruttamento; come pure l'importanza riconosciuta alla famiglia e alla responsabilità personale. Si tratta di valori che purtroppo, anche a causa delle attuali difficoltà economiche, rischiano spesso di non essere seguiti dagli imprenditori che sono privi di solida ispirazione morale. Per questo è indispensabile l'apporto di quanti la attingono dalla loro formazione cristiana, che a maggior ragione non va mai data per scontata, ma sempre deve essere alimentata e rinnovata.

Cari amici, tra pochi giorni celebreremo la solennità di san Giuseppe, Patrono dei lavoratori. Sicuramente nella storia della vostra Associazione la sua venerazione è stata sempre presente. Da parte mia, che ne porto anche il nome, sono lieto oggi di potervelo indicare non solo quale celeste protettore e intercessore per ogni benemerita iniziativa, ma prima ancora come confidente della vostra preghiera, del vostro impegno ordinario, certamente costellato di soddisfazioni e di delusioni, della vostra quotidiana e, direi, tenace ricerca della giustizia di Dio nelle cose umane. Proprio san Giuseppe vi aiuterà a mettere in pratica l'impegnativa esortazione di Gesù: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia" (
Mt 6,33). Vi assista sempre anche la Vergine Maria con i grandi testimoni della carità sociale, che hanno diffuso con il loro insegnamento e la loro azione il Vangelo della carità. Vi accompagni, infine, la Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a voi qui presenti, estendendola volentieri a tutti i soci ed ai vostri familiari.



AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE IN OCCASIONE DEL 40° ANNIVERSARIO DEL DECRETO CONCILIARE "AD GENTES" Aula della Benedizione Sabato, 11 marzo 2006

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Signori Cardinali,
venerati fratelli nell'Episcopato e nel Presbiterato,
cari fratelli e sorelle!

Saluto con affetto tutti voi, che avete partecipato al Convegno internazionale, organizzato dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e dalla Pontificia Università Urbaniana, in occasione del 40° anniversario del Decreto conciliare Ad gentes. Saluto in primo luogo il Cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto a vostro nome. Saluto i Vescovi e i Sacerdoti presenti e quanti hanno preso parte a questa iniziativa quanto mai opportuna, perché risponde all'esigenza di continuare ad approfondire gli insegnamenti del Vaticano II, per fare emergere la forza propulsiva impressa da tale assise conciliare alla vita e alla missione della Chiesa.

In effetti, con l'approvazione, il 7 dicembre 1965, del Decreto Ad gentes è stato dato alla missione della Chiesa un rinnovato impulso. Sono stati meglio enucleati i fondamenti teologici dell'impegno missionario; il suo valore e la sua attualità di fronte alle trasformazioni del mondo e alle sfide che la modernità pone alla predicazione del Vangelo (cfr n. 1). La Chiesa ha assunto una ancor più chiara consapevolezza della sua innata vocazione missionaria, riconoscendovi un elemento costitutivo della sua stessa natura. In obbedienza al comando di Cristo, che mandò i suoi discepoli ad annunciare il Vangelo a tutte le genti (cfr
Mt 28,18-20), la comunità cristiana anche in questa nostra epoca si sente inviata agli uomini e alle donne del terzo millennio, per far loro conoscere la verità del messaggio evangelico ed aprir loro in tal modo la via della salvezza. E questo, come dicevo, non costituisce qualcosa di facoltativo, ma la vocazione propria del Popolo di Dio, un dovere che ad esso incombe per mandato dello stesso Signore Gesù Cristo (cfr Evangelii nuntiandi EN 5). Anzi, l'annuncio e la testimonianza del Vangelo sono il primo servizio che i cristiani possono rendere a ogni persona e all'intero genere umano, chiamati come sono a comunicare a tutti l'amore di Dio, che si è manifestato in pienezza nell'unico Redentore del mondo, Gesù Cristo.

La pubblicazione del Decreto conciliare Ad gentes, su cui avete opportunamente riflettuto, ha permesso di meglio porre in evidenza la radice originaria della missione della Chiesa, e cioè la vita trinitaria di Dio, da cui scaturisce il movimento di amore che dalle Persone Divine si effonde sull'umanità. Tutto sgorga dal cuore del Padre celeste, il quale ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia la vita eterna (cfr Jn 3,16). Con il mistero dell'Incarnazione, il Figlio Unigenito è stato costituito autentico e supremo mediatore tra il Padre e gli uomini. In Lui, morto e risorto, la provvidente tenerezza del Padre raggiunge ogni uomo nelle forme e nelle vie che solo Lui conosce. Compito della Chiesa è comunicare incessantemente questo amore divino, grazie all'azione vivificante dello Spirito Santo. È infatti lo Spirito che trasforma la vita dei credenti, liberandoli dalla schiavitù del peccato e della morte, e rendendoli capaci di testimoniare l'amore misericordioso di Dio, che vuole fare dell'umanità, nel suo Figlio, un'unica famiglia (cfr Deus caritas est ).

Fin dalle sue origini, il Popolo cristiano ha avvertito con chiarezza l'importanza di partecipare la ricchezza di questo amore a quanti ancora non conoscevano Cristo, attraverso un'incessante azione missionaria. Ancor più, in questi ultimi anni, si è sentito il bisogno di ribadire questo impegno, perché nell'epoca moderna, come osservava l'amato mio Predecessore Giovanni Paolo II, la missio ad gentes pare talora subire una fase di rallentamento per difficoltà dovute al mutato quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell'umanità. La Chiesa è oggi chiamata a confrontarsi con sfide nuove ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme a ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli. Il campo della missio ad gentes appare così notevolmente ampliato e non definibile solamente in base a considerazioni geografiche o giuridiche; non sono infatti solo i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori i veri destinatari dell'attività missionaria del Popolo di Dio.

Si tratta di un mandato la cui attuazione fedele esige pazienza e lungimiranza, coraggio e umiltà, ascolto di Dio e vigile discernimento dei "segni dei tempi". Il Decreto conciliare Ad gentes rileva come la Chiesa sappia che, affinché "quanto una volta è stato operato per la comune salvezza, si realizzi compiutamente in tutti nel corso dei secoli" (n. 3), sia necessario percorrere lo stesso cammino di Cristo, cammino che conduce fino alla morte di croce. Infatti, l'azione evangelizzatrice "deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso, fino alla morte, da cui (Egli) uscì vincitore" (Ibid., 5). Sì! La Chiesa è chiamata a servire l'umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandosi illuminare dalla sua Parola e imitandolo nel donarsi generosamente ai fratelli. Essa è strumento nelle sue mani, e per questo compie quanto le è possibile, cosciente che chi opera tutto è sempre il Signore.

Cari fratelli e sorelle, grazie per la riflessione che avete sviluppato in questi giorni, approfondendo i contenuti e le modalità dell'attività missionaria nella nostra epoca, soffermandovi in particolare a mettere in luce il compito della teologia, che è anche esposizione sistematica dei vari aspetti della missione della Chiesa. Con l'apporto di tutti i cristiani l'annuncio del Vangelo risulterà certamente sempre più comprensibile ed efficace. Maria, Stella dell'evangelizzazione, aiuti e sostenga coloro che in tante regioni del mondo operano sulle frontiere avanzate della missione. A tal proposito, come non ricordare quanti, anche di recente, hanno dato la vita per il Vangelo? Il loro sacrificio ottenga una rinnovata primavera, ricca di frutti apostolici per l'evangelizzazione. Per questo preghiamo, affidando al Signore tutti coloro che, in vario modo, lavorano nella grande vigna del Signore. Con tali sentimenti, imparto a voi qui presenti la Benedizione Apostolica, estendendola di cuore alle persone a voi care e alle Comunità ecclesiali alle quali appartenete.



CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA Cappella Redemptoris Mater Sabato, 11 marzo 2006

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Signor Cardinale,
Cari Confratelli,

Alla fine di questi giorni di grazia, è doveroso e bello da parte del Papa dire: grazie! Grazie innanzitutto al Signore, che ci ha concesso questo periodo di respiro fisico e spirituale. Grazie a Lei, Signor Cardinale, che ci ha guidato sulle orme di san Marco nel cammino con Gesù verso Gerusalemme. All'inizio, Lei ci ha subito fatto capire il carattere profondamente ecclesiale di questo "sacramentum exercitii". Ci ha fatto capire che non si trattava di un ritiro individuale, privato. Con il "sacramentum exercitii", realizziamo la nostra solidarietà con la Chiesa nel comune "exercitium" sacramentale, e, così, rispondiamo alla nostra responsabilità di pastori. Non possiamo portare al mondo il lieto annuncio, che è Cristo stesso in persona, se non siamo noi stessi in una profonda unità con Cristo, se non lo conosciamo profondamente, personalmente, se non viviamo della sua Parola.

Insieme con il carattere ecclesiastico ed ecclesiale di questi Esercizi, Lei ce ne ha mostrato anche il carattere cristologico. Ci ha fatto attenti al Maestro interiore; ci ha aiutato ad ascoltare il Maestro che parla con noi e in noi; ci ha aiutato a rispondere, a parlare con il Signore, ascoltando la sua Parola. Lei ci ha guidati su questa strada "catecumenale" che è il Vangelo di Marco, in un pellegrinaggio comune insieme con i discepoli verso Gerusalemme, e ci ha dato di nuovo la certezza che nella nostra barca - nonostante tutte le tempeste della storia - c'è Cristo. Ci ha insegnato di nuovo a vedere sul volto sofferente di Cristo, sul volto coronato di spine, la gloria del Risorto. Per questo Le siamo grati, Signor Cardinale, e possiamo con nuova forza e con nuova gioia pellegrinare con Cristo e con i discepoli verso la Pasqua.

In tutti questi giorni il mio sguardo è stato rivolto necessariamente a questa rappresentazione dell'annuncio a Maria. La cosa che mi ha affascinato è questa: l'Arcangelo Gabriele tiene in mano un rotolo, che penso sia il simbolo della Scrittura, della Parola di Dio. E Maria sta in ginocchio all'interno del rotolo. Maria è nel rotolo, cioè vive nella Parola di Dio, con tutta la sua esistenza vive all'interno della Parola. È quasi permeata dalla Parola. Così tutto il suo pensiero, la sua volontà, il suo agire sono permeati e formati dalla Parola. Dimorando Ella stessa nella Parola, può divenire anche la "Dimora" nuova della Parola nel mondo.

Silenziosamente, solo con questi accenni, alla fine, Lei, Signor Cardinale, ci ha guidato in un cammino mariano. Questo cammino mariano ci chiama ad inserirci nella Parola di Dio, a collocare la nostra vita all'interno della Parola di Dio e così a lasciar permeare il nostro essere da questa Parola, perché possiamo poi essere testimoni della Parola vivente, di Cristo stesso nel nostro tempo.

Così, con nuovo coraggio, con nuova gioia, andiamo verso la Pasqua, verso la celebrazione del Mistero di Cristo, che è sempre più di una celebrazione o di un rito: è Presenza e Verità. E preghiamo il Signore affinché ci aiuti ad andare dietro a Lui e ad essere così anche guide e pastori del gregge affidato a noi.

Grazie, Signor Cardinale!
Grazie, Cari Confratelli!




SANTO ROSARIO CON GLI UNIVERSITARI Aula Paolo VI Sabato, 11 marzo 2006

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Cari giovani universitari!

Al termine della preghiera del santo Rosario, con grande gioia rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, riuniti qui in Vaticano e contemporaneamente a Madrid, a Nairobi, a Owerri, ad Abidjan, a Dublino, a Salamanca, a Monaco di Baviera, a Friburgo, a San Pietroburgo, a Sofia, come pure ad Antananarivo e a Bonn. Con voi saluto e ringrazio i venerati Pastori, che sono con voi e guidano la vostra preghiera in collegamento con noi. È questo un bel segno della comunione della Chiesa cattolica. Ringrazio altresì il Coro e l'Orchestra, come pure i vari organismi che hanno collaborato per questo evento: il Centro Televisivo Vaticano, la Radio Vaticana, Telespazio, i Ministeri degli Esteri e dell'Università, la Provincia e il Comune di Roma.

Questa Veglia mariana, cara al Papa Giovanni Paolo II, getta ponti di fraternità tra i giovani universitari d'Europa, e questa sera li prolunga all'interno del grande continente africano, affinché cresca la comunione tra le nuove generazioni e si diffonda la civiltà dell'amore. Per questo desidero far giungere agli amici che sono collegati con noi dall'Africa un abbraccio particolarmente affettuoso, che vorrei estendere a tutte le care popolazioni africane.

¡Queridos jóvenes universitarios reunidos en Madrid y Salamanca! Que la Virgen María os ayude a dar testimonio del amor de Dios entre vuestros amigos y compañeros.

My dear friends, gathered in Nairobi, Owerri and Dublin; may Mary, the Seat of Wisdom, teach you always to integrate truth and love, in your studies and in your lives!

Liebe junge Freunde in München und in Bonn! Schöpft die göttliche Liebe aus dem Herzen Christi und bringt sie in konkreten Werken des Dienstes an euren Brüdern und Schwestern zum Ausdruck. Dabei begleite und helfe euch die Jungfrau Maria!

Chers étudiants de Fribourg et d'Abidjan! Sous la conduite maternelle de Marie, suivez toujours Jésus sur le chemin de l'amour, en faisant de votre vie un don généreux.

[Cari amici di San Pietroburgo! La Santa Madre di Dio accompagni il vostro itinerario di formazione, perché possiate intraprendere l’attività professionale animati dall’amore cristiano.]

[Cari giovani di Sofia! Dio è amore: questa verità fondamentale della fede cristiana illumini sempre il vostro studio e tutta la vostra vita.]

Cari amici, tra poco consegnerò la mia Enciclica Deus caritas est ad alcuni vostri rappresentanti. In tal modo, simbolicamente, intendo consegnarla a tutti gli universitari d'Europa e d'Africa, con l'augurio che la verità fondamentale della fede cristiana - Dio è amore - illumini il cammino di ciascuno di voi e si irradi attraverso la vostra testimonianza ai compagni di studio. Questa verità sull'amore di Dio, origine, senso e fine dell'universo e della storia, è stata rivelata da Gesù Cristo, con la parola e con la vita, massimamente nella sua Pasqua di morte e risurrezione. Essa è alla base della sapienza cristiana che, come lievito, è in grado di far fermentare ogni cultura umana, perché esprima il meglio di sé e cooperi alla crescita di un mondo più giusto e pacifico.

Cari universitari, nel consegnarvi l'Enciclica, vi propongo anche il mio Messaggio per la XXI Giornata Mondiale della Gioventù, che celebreremo la prossima Domenica delle Palme. Ho dedicato tale Messaggio all'importanza della Parola di Dio, e per questo ne ho tratto il titolo dal versetto del Salmo 118 che dice: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino". In preparazione alla Giornata delle Palme, vi invito al tradizionale appuntamento per tutti i giovani, che avrà luogo nel pomeriggio di giovedì 6 aprile, in Piazza San Pietro. Accoglieremo la Croce pellegrina proveniente da Colonia e ricorderemo con cuore grato, a circa un anno dalla sua morte, il mio grande predecessore Giovanni Paolo II.

Maria, Sede della Sapienza, vi ottenga, in questa Quaresima, un profondo rinnovamento spirituale, perché possiate sempre vivere ed offrire il vostro studio a gloria di Dio. A tal fine vi assicuro che continuerò a ricordarvi nelle mie preghiere, mentre di cuore benedico tutti voi e i vostri familiari.



AI MEMBRI DELL’ "AMERICAN JEWISH COMMITTEE" Giovedì, 16 marzo 2006

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Distinti membri dell'American Jewish Committee,

vi porgo un cordiale benvenuto in Vaticano e confido che questo incontro incoraggi ulteriormente i vostri sforzi per incrementare l'amicizia fra il popolo ebraico e la Chiesa cattolica.

La recente celebrazione del 40º anniversario della Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate ha aumentato il nostro comune desiderio di conoscerci meglio e di sviluppare un dialogo caratterizzato da amore e rispetto reciproci. Di fatto, gli ebrei e i cristiani hanno un ricco patrimonio comune. In molti modi questo rende il nostro rapporto unico fra le religioni del mondo. La Chiesa non potrà mai dimenticare quel popolo eletto con cui Dio ha stretto una santa alleanza (cfr Nostra aetate
NAE 4).

Ebraismo, Cristianesimo e Islam credono nell'unico Dio, Creatore del cielo e della terra. Ne consegue che le tre religioni monoteiste sono chiamate a cooperare per il bene comune dell'umanità, servendo la causa della giustizia e della pace nel mondo. Ciò è importante soprattutto oggi in quanto dobbiamo prestare un'attenzione particolare nell'insegnare il rispetto di Dio, delle religioni e dei loro simboli, dei luoghi santi e di quelli di culto. Le guide religiose hanno la responsabilità di operare per la riconciliazione grazie al dialogo autentico e ad atti di umana solidarietà.

Cari amici, prego affinché la vostra visita oggi possa confermarvi nei vostri sforzi volti a edificare ponti di comprensione al di là di tutte le barriere. Su tutti voi invoco i doni divini di forza e benessere.



AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI Sala Clementina Venerdì, 17 marzo 2006

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Eminenze,
Eccellenze,
Cari Fratelli e care Sorelle in Cristo,

È con grande piacere che oggi vi porgo il benvenuto in Vaticano in occasione dell'annuale Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Innanzitutto desidero ringraziare l'Arcivescovo Foley, Presidente del Consiglio, per le sue cordiali parole di presentazione e, di fatto, ringraziare tutti voi per l'impegno nell'importante apostolato delle comunicazioni sociali, sia come forma diretta di evangelizzazione sia come contributo alla promozione di tutto ciò che è buono e autentico per ogni società umana.

Nel mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ho scelto di riflettere sui mezzi di comunicazione sociale come rete che facilita la comunicazione, la comunione e la cooperazione. L'ho fatto ricordando che il Decreto del Concilio Vaticano II, Inter Mirifica, aveva già riconosciuto il potere enorme dei mezzi di comunicazione sociale nell'ispirare la mente degli individui e nel plasmare il loro pensiero. Quaranta anni dopo comprendiamo, più che mai, l'esigenza pressante di utilizzare quel potere a beneficio dell'umanità.

San Paolo ci ricorda che attraverso Cristo non siamo più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, crescendo come tempio santo, dimora di Dio (cfr
Ep 2,19-22). Questa immagine sublime di una vita di comunione impegna tutti gli aspetti della nostra vita di cristiani e a voi, in particolare, indica la sfida di incoraggiare le comunicazioni sociali e l'industria dell'intrattenimento a essere protagoniste di verità e promotrici di quella pace che scaturisce da vite vissute secondo quella verità liberatrice. Come sapete bene, questo impegno richiede coraggio e determinazione di principio a quanti possiedono l'enormemente influente industria della comunicazione sociale o vi lavorano, al fine di garantire che la promozione del bene comune non venga mai sacrificata a un desiderio egoistico di profitto o a un programma ideologico di scarsa responsabilità pubblica. Nel riflettere su questo, confido nel fatto che vi sarà di grande aiuto lo studio della Lettera Apostolica Il rapido sviluppo, del mio amato predecessore.

Nel mio messaggio di quest'anno ho anche voluto richiamare una particolare attenzione sulla necessità urgente di sostenere e supportare il matrimonio e la vita familiare, fondamento di ogni cultura e società. In cooperazione con i genitori, le comunicazioni sociali e l'industria dell'intrattenimento possono essere d'aiuto nella vocazione difficile, ma appagante di allevare i figli, presentando modelli edificanti di vita e di amore. Quanto è scoraggiante e distruttivo per tutti noi quando accade il contrario! I nostri cuori non sono forse straziati quando i giovani sono soggetti a espressioni d'amore false o infondate che ridicolizzano la dignità della persona umana che Dio ha donato e minano gli interessi della famiglia?

In conclusione, vi esorto a rinnovare i vostri sforzi volti ad aiutare quanti operano nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale a promuovere ciò che è buono e autentico, in particolare a proposito del significato dell'esistenza umana e sociale, e a denunciare ciò che è falso, soprattutto tendenze dannose che rovinano il tessuto di una società civile degna della persona umana. Traiamo coraggio dalle parole di san Paolo: Cristo è la nostra pace: in Lui siamo un popolo solo (cfr Ep 2,14)! Adoperiamoci insieme per edificare la comunione di amore secondo i piani che il Creatore ha reso noti tramite suo Figlio! A voi tutti, ai vostri colleghi e ai vostri familiari imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.




Discorsi 2005-13 30306