Discorsi 2005-13 18036

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CAMERUN IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sabato, 18 marzo 2006

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Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

Sono lieto di porgervi un cordiale benvenuto, mentre realizzate il vostro pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, e saluto in particolare quanti compiono quest'anno la loro prima Visita ad limina. Siete venuti a incontrare il Successore di Pietro per rafforzare i vincoli di comunione che vi uniscono a lui. Nel corso dei nostri incontri sono stato attento alle vostre gioie e alle vostre preoccupazioni di Pastori della Chiesa in Camerun. Vi assicuro della mia preghiera per il vostro ministero episcopale e per le vostre comunità diocesane. Possa questo soggiorno fortificare il vostro dinamismo missionario e far crescere fra voi l'unità nella carità, per guidare con misura e sicurezza i fedeli affidati alla vostra sollecitudine pastorale!

Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor Simon-Victor Tonyé Bakot, Arcivescovo di Yaoundé, per le sue cordiali parole e per la presentazione delle sfide con cui la Chiesa in Camerun deve oggi confrontarsi. Una volta tornati nel vostro Paese, portate a tutti i diocesani il saluto affettuoso del Papa, che li invita a lasciarsi rinnovare interiormente da Cristo per recare una testimonianza di fraternità e di comunione che interpelli sempre più la società attuale.

La vita della Chiesa in Camerun è stata caratterizzata lo scorso anno dal decimo anniversario dell'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, firmata a Yaoundé nel settembre 1995 da Papa Giovanni Paolo II. Questo momento di grazia, vissuto nella fede e nella speranza, ha rivelato una reale solidarietà pastorale organica in tutto il continente africano, manifestata in particolare dai lavori fecondi e stimolanti dell'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. Auspico che le intuizioni ecclesiologiche e spirituali contenute in questo testo, veri antidoti contro lo scoraggiamento e la rassegnazione, suscitino nelle vostre comunità, ma anche in seno alla Conferenza Episcopale, uno slancio nuovo, per realizzare la missione salvifica che la Chiesa ha ricevuto da Cristo. Si tratta di far penetrare il Vangelo nel più profondo delle culture e delle tradizioni del vostro popolo, caratterizzate dalla ricchezza dei loro valori umani, spirituali e morali, senza smettere di purificare tali culture, attraverso una necessaria conversione di ciò che in esse si oppone alla pienezza di verità e di vita che si manifesta in Cristo Gesù. Ciò richiede anche di annunciare e di vivere la Buona Novella avviando senza paura un dialogo critico con le culture nuove legate all'emergere della mondializzazione, affinché la Chiesa vi apporti un messaggio sempre più pertinente e credibile, restando fedele al comandamento che ha ricevuto dal suo Signore (cfr
Mt 28,19).

I vostri resoconti quinquennali sottolineano il contesto economico e sociale sfavorevole che fa aumentare il numero delle persone in condizione di grande precarietà, indebolendo il legame sociale e comportando la perdita di un certo numero di valori tradizionali come la famiglia, la condivisione, l'attenzione ai bambini e ai giovani, il senso della gratuità, il rispetto degli anziani. L'offensiva delle sette, che approfittano della credulità dei fedeli per allontanarli da Cristo e dalla Chiesa, le diverse pratiche di religiosità popolare che fioriscono nelle comunità e che è opportuno purificare costantemente, come pure le devastazioni dell'Aids, sono altrettante sfide attuali alle quali siete invitati a dare risposte teologiche e pastorali precise, per evangelizzare a fondo il cuore degli uomini e per risvegliare la loro coscienza. In questa prospettiva, è opportuno aiutare tutti i membri della Chiesa, senza eccezioni, a sviluppare un'intimità sempre più grande con Cristo, alimentata dalla Parola di Dio, attraverso una vita di preghiera intensa e una vita sacramentale regolare. Che possiate guidarli lungo i cammini di una fede più adulta e più salda, capace di trasformare a fondo i cuori e le coscienze, per far nascere relazioni sempre più fraterne e solidali fra tutti!

Spetta a voi, attraverso la parola e la testimonianza di vita, invitare gli uomini a scoprire Cristo nella forza dello Spirito e a confermarli nella fede viva. Auspico vivamente che la ricchezza delle vostre prediche, la vostra preoccupazione di promuovere una catechesi strutturata e di assicurare una formazione iniziale e permanente esigente per i catechisti, il vostro sostegno alla ricerca teologica, come anche la sollecitudine che dimostrate per il vostro ministero di santificazione, possano suscitare un nuovo slancio di santità nelle comunità. I cristiani potranno allora occupare il loro posto e agire con competenza negli ambiti della vita sociale, della politica e dell'economia, proponendo ai loro concittadini una visione dell'uomo e della società conforme ai valori umani fondamentali e agli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa.

La Chiesa è chiamata a diventare sempre più una casa e una scuola di comunione. In questa prospettiva il lavoro svolto insieme, in spirito di carità, nella vostra Conferenza Episcopale, composta da Vescovi di lingua francese e di lingua inglese, è di per sé un eloquente segno di questa unità che voi vivete, e aiuta a portare avanti l'evangelizzazione del vostro popolo segnato da differenze etniche. Vi incoraggio a continuare in questa direzione, mostrando con le vostre parole e con i vostri scritti come la Chiesa cattolica ha a cuore la promozione del benessere e della dignità di tutti gli abitanti del Camerun, senza eccezioni, e la realizzazione delle loro aspirazioni profonde all'unità, alla pace, alla giustizia e alla fraternità.

Mi rallegro del crescente numero di sacerdoti e di seminaristi nel vostro Paese, e rendo grazie anche per il lavoro paziente dei missionari che li hanno preceduti e che si sono donati con generosità e spirito apostolico, per edificare comunità capaci di suscitare al loro interno vocazioni sacerdotali. La ricerca dell'unità al servizio della missione vi invita a esser attenti ai vincoli di comunione fraterna con i vostri sacerdoti. Incoraggio parimenti i vostri sacerdoti a lasciarsi rinnovare dalla carità pastorale che deve guidarli, loro che, attraverso l'Ordinazione, sono configurati a Cristo Capo e Pastore. Che ognuno mediti sul dono totale che ha fatto di se stesso a Dio e alla Chiesa, a immagine del dono di Cristo, e sulle esigenze che la carità pastorale comporta, in particolare sulla necessità di una vita casta vissuta nel celibato, in conformità con la legge della Chiesa, su un giusto esercizio dell'autorità e su un rapporto sano con i beni materiali. Spetta a voi sostenerli nella loro vita sacerdotale, attraverso la vostra vicinanza e il vostro esempio, ricordando che "se l'ufficio episcopale non poggia sulla testimonianza della santità manifestata nella carità pastorale, nell'umiltà e nella semplicità di vita, finisce per ridursi ad un ruolo quasi soltanto funzionale e perde fatalmente di credibilità presso il Clero ed i fedeli" (Pastores gregis ) Non sono le nostre azioni pastorali, ma il dono di noi stessi e la testimonianza di vita a rivelare l'amore di Cristo per il gregge.

Nei vostri resoconti quinquennali prendete atto delle grandi sfide con cui la famiglia deve confrontarsi. Essa subisce in pieno gli effetti devastanti di una società che propone modi di fare che spesso la indeboliscono. È pertanto opportuno promuovere una pastorale familiare che offra ai giovani un'educazione affettiva e morale esigente, preparandoli a impegnarsi a vivere l'amore coniugale in modo responsabile, condizione tanto importante per la stabilità delle famiglie e dell'intera società. Mediante una formazione iniziale e permanente, che possiate permettere alle famiglie cristiane di percepire la grandezza e l'importanza della loro vocazione, invitandole senza posa a ravvivare la loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa del dono reciproco totale, unico ed esclusivo che il matrimonio comporta!

La Chiesa in Camerun si preoccupa costantemente di manifestare in maniera specifica ed efficace la carità di Cristo verso tutti nei diversi ambiti dello sviluppo, della promozione umana, della giustizia e della pace, della salute, rivelando lo stretto vincolo esistente fra l'evangelizzazione e l'azione sociale. Apprezzo le iniziative promosse in tal senso e rendo omaggio ai cristiani che vi si sono impegnati, soprattutto nel campo della pastorale della salute, messa particolarmente in evidenza in occasione della Giornata Mondiale del Malato, tenutasi lo scorso anno a Yaoundé. Questo evento saprà sicuramente contribuire a rendere sempre più visibile per l'opinione pubblica l'impegno pastorale e la missione della Chiesa presso i malati e nell'educazione alla salute di base, al fine di suscitare collaborazioni feconde con quanti operano nel settore della salute.

Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, desidero incoraggiarvi a proseguire l'opera di evangelizzazione nel vostro Paese. Vi invito anche a continuare, in uno spirito di dialogo sincero e paziente, vissuto nella verità e nella carità, a consolidare relazioni fraterne con le altre confessioni cristiane e con i credenti di altre religioni, per manifestare l'amore di Cristo Salvatore che fa nascere fra gli uomini il desiderio di vivere in pace e di formare un popolo di fratelli. La Chiesa in Camerun, in questa regione dell'Africa centrale tanto martoriata dalle guerre, è sempre più un segno tangibile di questa pace da edificare, una pace che supera i ripiegamenti identitari o etnici, che proscrive la tentazione della vendetta o del risentimento, e che stabilisce relazioni nuove fra gli uomini, fondate sulla giustizia e sulla carità!

Vi affido tutti all'intercessione della Vergine Maria, Stella dell'Evangelizzazione, e imparto volentieri a voi, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli laici delle vostre Diocesi, una particolare Benedizione Apostolica.



AI RAPPRESENTANTI DELLA SANTA SEDE PRESSO LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI Sabato, 18 marzo 2006

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Signor Cardinale
e cari Rappresentanti della Santa Sede
presso gli Organismi Internazionali,

Vi accolgo tutti con affetto in quest’incontro, nel quale ho la gioia di prendere contatto per la prima volta con voi, convenuti qui a Roma per riflettere insieme su alcune importanti questioni dell’ora presente. A tutti voi rivolgo il mio cordiale saluto e ringrazio, poi, sentitamente il Signor Cardinale Segretario di Stato per le parole che mi ha indirizzato a nome vostro.

L’accresciuta partecipazione della Santa Sede alle attività internazionali costituisce un prezioso stimolo a che essa possa continuare a dare voce alla coscienza di quanti compongono la comunità internazionale. Si tratta di un servizio delicato e faticoso, che – poggiando sulla forza apparentemente inerme, ma in definitiva prevalente della verità – intende collaborare alla costruzione di una società internazionale più attenta alla dignità ed alle vere esigenze della persona umana. In questa prospettiva, la presenza della Santa Sede presso gli Organismi Internazionali Intergovernativi rappresenta un contributo fondamentale al rispetto dei diritti umani e del bene comune e, pertanto, all’autentica libertà ed alla giustizia. Siamo in presenza di un impegno specifico ed insostituibile, che può divenire ancor più efficace se si uniscono le forze di quanti collaborano con fedele dedizione alla missione della Chiesa nel mondo.

Le relazioni fra gli Stati e negli Stati sono giuste nella misura in cui esse rispettano la verità. Quando, invece, la verità è oltraggiata, la pace è minacciata, il diritto viene compromesso, allora, con logica conseguenza, si scatenano le ingiustizie. Esse sono frontiere che dividono i Paesi in maniera molto più profonda di quanto lo facciano i confini tracciati sulle carte geografiche e, spesso, non sono soltanto frontiere esterne, ma anche interne agli Stati. Queste ingiustizie assumono anche molti volti; per esempio, il volto del disinteresse o del disordine, che giunge a ledere la struttura di quella cellula originante della società, che è la famiglia; oppure il volto della prepotenza o dell’arroganza, che può arrivare fino all’arbitrio, mettendo a tacere chi non ha voce o non ha forza per farla udire, come avviene nel caso dell’ingiustizia che, oggi, è forse la più grave, ossia quella che sopprime la vita umana nascente.

"Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (
1Co 1,27). Questo criterio dell’azione divina, di perdurante attualità, vi sproni a non meravigliarvi, e tanto meno a scoraggiarvi, davanti alle difficoltà ed alle incomprensioni. Sapete, infatti, che, attraverso di esse, partecipate con autorevolezza alla responsabilità profetica della Chiesa, che intende continuare a levare la sua voce in difesa dell’uomo, anche quando la politica degli Stati o la maggioranza dell’opinione pubblica si muovono in direzione contraria. La verità, infatti, trova forza in se stessa e non nel numero dei consensi che riceve.

Siate certi che accompagno la vostra missione, ardua ed importante, con cordiale attenzione e con sincera gratitudine, assicurandovi anche il ricordo nella preghiera, mentre volentieri imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica.





AI MEMBRI DEL SINODO PATRIARCALE ARMENO ED AI PELLEGRINI ARMENI Sala Clementina Lunedì, 20 marzo 2006

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Beatitudine,
venerati fratelli nell'Episcopato,
cari fratelli e sorelle!

Con gioia vi saluto e vi do il mio cordiale benvenuto! Siete giunti a Roma da diverse parti del mondo, recando con voi la consapevolezza di appartenere ad una Chiesa antica e nobile, che con i suoi tesori spirituali contribuisce ad arricchire la bellezza della Sposa di Cristo. Grazie, Beatitudine, per le fervide espressioni di comunione che mi ha rivolto anche a nome del Sinodo dei Vescovi della Chiesa armeno-cattolica e di tutti i presenti. Ella ha voluto ricordare i tanti segni di benevolenza e di sollecitudine che i miei Predecessori hanno manifestato verso la vostra antica e veneranda Chiesa. Occorre al tempo stesso riconoscere il forte attaccamento, talvolta sino al martirio, che la vostra Comunità ha sempre dimostrato verso la Sede di Pietro in un reciproco e fecondo rapporto di fede e di affetto. Anche per questo desidero manifestare la mia profonda riconoscenza.

La Chiesa armena, che fa riferimento al Patriarcato di Cilicia, è certamente partecipe a pieno titolo delle vicende storiche vissute dal Popolo armeno lungo i secoli e, in particolare, delle sofferenze che esso ha patito in nome della fede cristiana negli anni della terribile persecuzione che resta nella storia col nome tristemente significativo di metz yeghèrn, il grande male. Come non ricordare in proposito i tanti inviti rivolti da Leone XIII ai cattolici perché soccorressero l'indigenza e le sofferenze delle popolazioni armene? Né si possono dimenticare, come Ella opportunamente ha sottolineato, i decisi interventi di Papa Benedetto XV quando, con profonda emozione, deplorava: “Miserrima Armeniorum gens prope ad interitum adducitur” (AAS VII, 1915, 510). Gli Armeni, che si sono sempre sforzati di integrarsi con la loro operosità e la loro dignità nelle società in cui si sono venuti a trovare, continuano a testimoniare anche oggi la loro fedeltà al Vangelo. In realtà, la Comunità armeno-cattolica è sparsa in molti Paesi, pure al di fuori del territorio patriarcale. In considerazione di ciò, la Sede Apostolica ha costituito dove era necessario Eparchie o Ordinariati per la loro cura pastorale. In Medio Oriente, in Cilicia e, successivamente, in Libano, la Provvidenza ha collocato il Patriarcato degli armeno-cattolici: ad esso, tutti i fedeli armeno-cattolici guardano come a saldo punto di riferimento spirituale per la loro secolare tradizione culturale e liturgica.

Osserviamo, poi, come diverse Chiese, che riconoscono in san Gregorio l'Illuminatore il comune padre fondatore, sono fra loro divise, anche se negli ultimi decenni tutte hanno ripreso un dialogo cordiale e fruttuoso, al fine di riscoprire le comuni radici. Incoraggio questa ritrovata fraternità e collaborazione, auspicando che da essa scaturiscano nuove iniziative per un percorso comune verso la piena unità. E se gli avvenimenti storici hanno visto la frammentazione della Chiesa armena, la Divina Provvidenza farà sì che un giorno essa torni ad essere unita con una sua Gerarchia in fraterna sintonia interna e in piena comunione con il Vescovo di Roma. Di questa auspicata unità è stato un segno confortante la celebrazione dei 1700 anni di fondazione della Chiesa armena, con la partecipazione dell’amato mio Predecessore Giovanni Paolo II. L’amore del Signore per la Chiesa pellegrina nel tempo saprà offrire ai cristiani – è la nostra fiduciosa speranza – i mezzi necessari per realizzare il suo pressante desiderio: “ut unum sint”. Vogliamo essere tutti strumenti a disposizione di Cristo; Egli, che è Via, Verità e Vita, ci conceda di perseverare con ogni nostra forza, perché vi sia quanto prima un solo gregge sotto un solo Pastore.

Cari fratelli e sorelle, con questi sentimenti invoco su di voi, sulle vostre comunità e sul Popolo armeno la celeste intercessione di Maria Santissima che, come amava dire san Nerses Shnorali, è “luogo del Verbo incircoscritto, terra da ogni parte sigillata, in cui dimorò la Luce, aurora del Sole di giustizia”. Vi sostenga, inoltre, la protezione di san Gregorio l'Illuminatore e dei Santi e dei Martiri che nel corso dei secoli hanno reso testimonianza al Vangelo. Vi accompagni infine la Benedizione, che di cuore imparto a voi e al vostro Popolo, quale segno del costante affetto del Successore di Pietro per tutti gli Armeni.




VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI DIO PADRE MISERICORDIOSO

AGLI OPERATORI PASTORALI INCONTRATI AL TERMINE DELLA MESSA Salone parrocchiale IV Domenica di Quaresima, 26 marzo 2006

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Caro parroco,
cari amici,

vedo che siete realmente una parrocchia viva: dove tutti collaborano, dove l'uno porta il peso dell'altro — come dice san Paolo — e così fate crescere l'edificio vivo del Signore, che è la Chiesa. Essa non è fatta di pietre materiali, ma di pietre vive, di persone battezzate che sentono tutta la responsabilità della fede per gli altri, tutta la gioia di essere battezzati e di conoscere Dio nel volto di Gesù. Perciò voi vi impegnate perché possa crescere realmente questa parrocchia.

Stiamo andando verso la Pasqua e ci appaiono i due aspetti della vita cristiana: una parte costituisce una scalata, una salita, che può essere anche un po' difficile; l'altra parte sta sempre nella luce di Dio, nella luce del Signore nostro.

Vorrei semplicemente dire grazie per il vostro impegno. Vedere in una parrocchia tante persone attive che visitano i malati, che aiutano chi è in difficoltà, che collaborano con il parroco, che provvedono ad una buona celebrazione della liturgia, è una gioia per il Vescovo di Roma che sono io, anche se l'attività concreta la svolge il Cardinale Vicario. Tuttavia sento questa responsabilità e sono realmente felice di vedere che Roma, la «vecchia Roma» è una «giovane Roma» e vive realmente in parrocchie vivaci. La fede va portata avanti, perché fuori dall'Italia si pensa spesso che a Roma ci siano solo cerimonie e burocrazie ecclesiastiche, ma non ci sia una grande vita ecclesiale, la quale è invece visibile proprio anche nelle periferie di Roma. Roma è giovane, la Chiesa è sempre di nuovo giovane. È bello per me vedere questa partecipazione e posso solo dirvi grazie ed incoraggiarvi a continuare, sotto la guida del vostro parroco.

E già da adesso, buona Pasqua a voi tutti.



AI NUOVI CARDINALI, CON I FAMILIARI E I PELLEGRINI CONVENUTI PER IL CONCISTORO Aula Paolo VI Lunedì, 27 marzo 2006

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Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’Episcopato e nel presbiterato,
Cari amici!

Dopo la solenne celebrazione del Concistoro, che ci ha offerto la possibilità di trascorrere momenti di preghiera e di intensa fraternità, sono lieto di incontrarvi anche quest'oggi. Con animo grato al Signore per questo lieto evento, gli chiediamo di sostenere i nuovi Cardinali e di proteggerli nel compimento dei diversi ministeri che svolgono nella Chiesa. A Gesù Buon Pastore domandiamo, in particolare, di continuare ad accompagnarli con la sua grazia. A voi tutti qui presenti, familiari e fedeli venuti per condividere con i neo-Cardinali questi giorni di festa, rivolgo il mio più cordiale saluto.

Saluto innanzitutto voi, venerati Cardinali italiani. Saluto Lei, Signor Cardinale Agostino Vallini, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; saluto Lei, Signor Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna; saluto Lei, Signor Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura. A voi, venerati Fratelli, fanno corona quest'oggi tante persone care, la cui presenza, oltre che segno di amicizia e di affetto, è anche una visibile manifestazione della comunione feconda di bene che anima la Chiesa. Voglia il Signore rendere ognuno di voi testimone sempre più generoso del suo amore.

Traduzione italiana:

[Saluto cordialmente il nuovo Cardinale Albert Vanhoye, così come i suoi confratelli gesuiti, i suoi familiari e tutti i francofoni, venuti in occasione del Concistoro nel quale ho creato Cardinale anche Monsignor Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux e stimato Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia. Rendo grazie per il lavoro esegetico fecondo del Cardinale Vanhoye, che si è impegnato a scrutare la Parola di Dio e a trasmettere con pazienza il suo sapere a numerose generazioni di giovani, dando così loro i mezzi per vivere del Vangelo e per esserne i testimoni. Possiate voi tutti avere regolarmente il tempo di nutrirvi della Scrittura!]

Traduzione italiana:

[Estendo i miei cordiali saluti ai nuovi Cardinali di lingua inglese: Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; Cardinale Gaudencio Rosales, Arcivescovo di Manila, Filippine; Cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, Arcivescovo di Seoul, Corea; Cardinale Sean O'Malley OFM Cap., Arcivescovo di Boston, Stati Uniti d'America; Cardinale Joseph Zen Zekiun, SDB, Vescovo di Hong Kong, Cina; Cardinale Peter Dery, Arcivescovo Emerito di Tamale, Ghana. Venerati e cari Fratelli, nel rinnovarvi i miei saluti fraterni e nell'offrirvi la mia fervente preghiera per la missione che vi è stata affidata per il servizio alla Chiesa universale, vi raccomando ancora una volta alla protezione di Maria, Madre della Chiesa.

Desidero anche salutare i familiari e gli amici dei nuovi Cardinali, insieme ai fedeli che li hanno accompagnati a Roma per la solenne celebrazione di venerdì e sabato scorsi. Auspico che il tempo trascorso qui, nella Città Eterna, approfondirà il vostro amore per la Chiesa e rafforzerà la vostra fede in Gesù Cristo, nostro Salvatore e Signore! Vi incoraggio a continuare a pregare per i nostri Cardinali e a sostenerli con amore e con affetto. Che Dio vi benedica tutti!]

Traduzione italiana:

[Saluto i nuovi Cardinali di lingua spagnola e tutti i fedeli dell'America Latina e della Spagna che li accompagnano. Saluto in particolare i loro familiari, i fratelli Vescovi, sacerdoti, religiosi e seminaristi, specialmente quelli del Seminario di Toledo.

Il Venezuela esulta per il suo Cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas, accompagnato anche dalla sua anziana madre. Sia a Valencia sia ora nella Capitale, egli ha portato a termine tante iniziative pastorali per il bene della sua amata Nazione.

La Spagna si onora del Cardinale Antonio Cañizares Llovera, Arcivescovo di Toledo, che in precedenza ha svolto un fecondo ministero ad Avila e a Granada, dando prova della sua costante dedizione alle rispettive comunità ecclesiali.

I vostri popoli si distinguono per la fedeltà al successore di Pietro e per la devozione alla Vergine Maria. Che Ella sia sempre la stella che guida le vostre Chiese particolari nel compito evangelizzatore!]


Traduzione italiana:

[Saluto il caro Cardinale Stanislao Dziwisz, la sua famiglia, gli amici e gli ospiti. Insieme a voi esprimo al neo-Cardinale la gratitudine per tutti gli anni passati a fianco di Giovanni Paolo II e per tutto ciò che questo servizio ha portato per la Chiesa universale. Prego affinché il suo futuro ministero sia ugualmente fruttuoso. Benedico di cuore tutti voi qui presenti.]


[Rivolgo un cordiale benvenuto al Card. Franc Rodé, ai suoi connazionali e agli amici, specialmente ai fedeli dell’Archidiocesi di Ljubljana, di cui egli, fino a non molto tempo fa, era Pastore. Mi è gradito costatare che anche la Chiesa in Slovenia offre il suo contributo alla missione della Sede Apostolica, nella persona del neo-eletto Cardinale. Il suo incarico di Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica è di grande importanza. Continuate ad accompagnarlo in questo suo servizio con la preghiera, affinché la Chiesa possa progredire sempre meglio nel cammino della santità!]

Cari fratelli, grazie ancora per questa vostra visita! Nel rinnovare a voi, Signori Cardinali, il mio fraterno saluto, desidero assicurarvi che continuerò ad accompagnarvi con la preghiera. So, da parte mia, di poter contare sempre sulla vostra collaborazione, della quale sento di avere bisogno. Gli incontri dell'intero Collegio Cardinalizio con il Successore di Pietro, come è avvenuto anche giovedì scorso, continueranno ad essere occasioni privilegiate per cercare insieme di servire meglio la Chiesa, da Cristo affidata alle nostre cure.

La Vergine Maria, Madre della Chiesa, e i Santi Pietro e Paolo veglino su ognuno di voi e sul vostro quotidiano lavoro. Con questi sentimenti, di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a quanti vi circondano con tanta gioia ed affetto.



AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DAL PARTITO POPOLARE EUROPEO Aula della Benedizione Giovedì, 30 marzo 2006

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Onorevoli Parlamentari,
Signore e Signori,

sono lieto di ricevervi in occasione delle Giornate di Studio sull'Europa organizzate dal vostro gruppo parlamentare. I Pontefici Romani hanno sempre prestato una particolare attenzione a questo continente. L'udienza di oggi è dunque opportuna e si inserisce in una lunga serie di incontri fra i miei predecessori e i movimenti politici di ispirazione cristiana. Ringrazio l'Onorevole Pöttering per le parole che mi ha rivolto a vostro nome ed estendo a lui e a tutti voi i miei saluti cordiali.

Attualmente, l'Europa deve affrontare questioni complesse di grande importanza come la crescita e lo sviluppo dell'integrazione europea, la definizione sempre più precisa della politica di prossimità in seno all'Unione e il dibattito sul suo modello sociale. Per raggiungere questi obiettivi, sarà importante trarre ispirazione, con fedeltà creativa, dall'eredità cristiana che ha contribuito in modo particolare a forgiare l'identità di questo continente. Apprezzando le sue radici cristiane, l'Europa sarà in grado di offrire un orientamento sicuro alle scelte dei suoi cittadini e delle sue popolazioni, rafforzerà la loro consapevolezza di appartenere a una civiltà comune, e alimenterà l'impegno di tutti ad affrontare le sfide del presente per il bene di un futuro migliore. Quindi apprezzo il riconoscimento da parte del vostro gruppo dell'eredità cristiana dell'Europa che offre preziosi orientamenti etici alla ricerca di un modello sociale che soddisfi adeguatamente le esigenze di un'economia già globalizzata e risponda ai mutamenti demografici, assicurando crescita e sviluppo, tutela della famiglia, pari opportunità nell'istruzione dei giovani e sollecitudine per i poveri.

Inoltre, il vostro sostegno all'eredità cristiana può contribuire in maniera significativa a sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose. Le politiche elaborate partendo da questa base non solo implicano il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo, ma, più in generale, escludono l'impegno con la tradizione religiosa dell'Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove (cfr Evangelium vitae
EV 70). Dal momento che questa tradizione, proprio in ciò che possiamo definire la sua unione polifonica, trasmette valori che sono fondamentali per il bene della società, l'Unione Europea può solo ricevere un arricchimento dall'impegno con essa. Sarebbe un segno di immaturità, se non addirittura di debolezza, scegliere di opporvisi o di ignorarla, piuttosto che di dialogare con essa. In questo contesto bisogna riconoscere che una certa intransigenza secolare dimostra di essere nemica della tolleranza e di una sana visione secolare dello Stato e della società. Sono lieto, dunque, del fatto che il trattato costituzionale dell'Unione Europea preveda un rapporto strutturato e permanente con le comunità religiose, riconoscendo la loro identità e il loro contributo specifico. Soprattutto, confido nel fatto che la realizzazione efficace e corretta di questo rapporto cominci ora, con la cooperazione di tutti i movimenti politici indipendentemente dai loro orientamenti. Non bisogna dimenticare che, quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un'interferenza poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe confliggere con situazioni di potere e interessi personali.

Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l'interesse principale dei suoi interventi nell'arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti:

- tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;

- riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;

- tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.

Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un'offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa.

Cari amici, nell'esortarvi a essere credibili e coerenti testimoni di queste verità fondamentali attraverso la vostra attività politica e più basilarmente attraverso il vostro impegno a condurre una vita autentica e coerente, invoco su di voi e sulla vostra opera la permanente assistenza di Dio, nel cui nome imparto la mia Benedizione Apostolica su di voi e su quanti vi accompagnano.







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