Discorsi 2005-13 29096

A S.E. IL SIGNOR RROK LOGU AMBASCIATORE DI ALBANIA PRESSO LA SANTA SEDE Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Venerdì, 29 settembre 2006

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Signor Ambasciatore,

nel darLe il benvenuto all’inizio della Sua missione, La ringrazio per le cortesi espressioni che mi ha rivolto e per i sentimenti di profonda stima che ha voluto manifestare nei confronti della Santa Sede. La prego di significare al Signor Presidente della Repubblica che ricambio cordialmente i suoi saluti, mentre estendo il mio pensiero all’intero Popolo albanese, la cui aspirazione alla verità e alla libertà, come Ella ha opportunamente osservato, non è stata cancellata nemmeno dalla lunga e pesante dittatura comunista, dalla quale è uscito non molti anni or sono. Per crescere in un clima di autentica libertà occorre un contesto etico-spirituale adeguato, fondato su una concezione dell’uomo e del mondo che ne rispecchi la natura e la vocazione. L’Europa, con il suo ricchissimo patrimonio di idee e di istituzioni, ha costituito certamente nel corso di questi due millenni un laboratorio privilegiato di civiltà, anche se a costo di quali e quanti travagli. Quante guerre! Fino a quelle del secolo scorso, che hanno assunto proporzioni mondiali. L’Albania aspira ad integrarsi anche istituzionalmente con le nazioni europee, sentendosi ad esse già legata non solo per motivi geografici, ma soprattutto per ragioni storico-culturali. Non posso che augurare che tale aspirazione trovi una valida e piena realizzazione, e che all’armonico processo di unificazione dell’Europa possa offrire un proprio peculiare contributo.

Signor Ambasciatore, ho molto apprezzato che Ella abbia sottolineato, sia guardando al passato che al presente, quanto siano state importanti la presenza e l’opera della Chiesa Cattolica in Albania, per la promozione della fede e dei valori spirituali come pure per il sostegno a molteplici situazioni di bisogno. A questo proposito vorrei ricordare Madre Teresa, proclamata Beata nel 2003 dal mio venerato predecessore Giovanni Paolo II. Con la testimonianza di una vita evangelica e con il coraggio disarmante dei suoi gesti, delle sue parole e dei suoi scritti, questa figlia eletta dell’Albania ha annunciato a tutti che Dio è amore e che ama ogni uomo, specialmente chi è povero e abbandonato. In realtà, è proprio l’amore la vera forza rivoluzionaria che cambia il mondo e lo fa progredire verso il suo compimento; di questo amore la Chiesa intende dare testimonianza con le sue opere educative ed assistenziali, aperte non solo ai cattolici ma a tutti. E’ questo lo stile che ha insegnato Gesù Cristo: il bene, cioè, deve essere fatto per se stesso e non per altri fini. Nel sottolineare quest’impegno della Chiesa nell’esercizio dell’amore evangelico, desidero ricordare che un’eminente forma di carità è l’attività politica vissuta come servizio alla polis, alla “cosa pubblica”, nell’ottica del bene comune. Tale servizio si sentono chiamati a svolgere i cattolici, specialmente i fedeli laici, nel rispetto della legittima autonomia della politica e collaborando con gli altri cittadini per la costruzione di una nazione prospera, fraterna e solidale. Molte sono le sfide che l’Albania deve affrontare in questo momento. Vorrei citare, tra gli altri problemi, quello dell’emigrazione di molti suoi figli. Se da una parte è necessario combattere le cause di tale fenomeno, occorre anche creare le condizioni perché quanti lo desiderino possano ritornare in patria. E mi piace qui rendere omaggio agli albanesi che, fedeli ai migliori valori della loro tradizione, sanno farsi apprezzare in Italia, in Europa e in altri Paesi del mondo.

Per quanto poi riguarda i rapporti ufficiali tra la Chiesa Cattolica e lo Stato, esprimo apprezzamento per la normativa – cui Ella ha fatto riferimento – approvata al fine di rendere esecutivo l’Accordo del 2002 tra la Santa Sede e la Repubblica di Albania, ed auspico che opportune intese seguano a regolare pure gli aspetti economici che rivestono non poca importanza. La Santa Sede vuole in tal modo contribuire al consolidamento in Albania dello stato di diritto e del necessario quadro giuridico per il reale esercizio dei diritti dei cittadini nell’ambito religioso. Ciò favorirà inoltre la convivenza tra le diverse Confessioni religiose presenti nel Paese, che hanno saputo finora offrire un esempio di vicendevole rispetto e collaborazione, da conservare e promuovere.

Signor Ambasciatore, formulo a Lei i migliori auguri per una serena e proficua missione, assicurandoLe la cordiale collaborazione di quanti lavorano nei vari Uffici della Sede Apostolica. Mi è caro riecheggiare, al termine di queste riflessioni, l’auspicio che il Servo di Dio Giovanni Paolo II rivolse all’amato Popolo albanese durante la storica visita del 25 aprile 1993, quello cioè di “proseguire uniti e saldi nel cammino che conduce alla piena libertà, nel rispetto di tutti e seguendo le orme a voi familiari della pacifica convivenza, dell’aperta collaborazione ed intesa fra le diverse componenti etniche, culturali e spirituali” (Discorso nella cerimonia di benvenuto, n. 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 1 [1993], 1003). Su questa strada l’Albania potrà contare sul sostegno della Chiesa Cattolica e, in particolare, della Santa Sede. Lo assicuro insieme con il mio ricordo nella preghiera, mentre invoco le celesti benedizioni su di Lei e sulla sua famiglia, sul Presidente della Repubblica e sull’intero Popolo albanese.






AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MALAWI IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 29 settembre 2006

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Cari Fratelli Vescovi,

sono lieto di porgervi il benvenuto, Vescovi del Malawi, in occasione della vostra visita ad Limina Apostolorum e vi ringrazio per le cortesi parole che l'Arcivescovo Tarcisius Ziyaye, Presidente della Conferenza Episcopale, mi ha rivolto a vostro nome. Questa visita esprime i profondi vincoli di comunione e affetto che legano le vostre Chiese locali nell'Africa orientale alla Sede di Roma.

Simon Pietro fu chiamato a rafforzare i suoi fratelli (cfr
Lc 22,32) e a nutrire il gregge del Signore (cfr Jn 21,17), e anche voi siete stati posti come responsabili e Pastori del vostro popolo per istruirlo, santificarlo e governarlo nel nome del Signore. Mentre venerate le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, prego affinché, mediante la loro intercessione, veniate rafforzati e nutriti per il vostro ministero fra gli abitanti del Malawi e continuiate a proclamare senza timore il Vangelo di Gesù Cristo, che è venuto "perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

L'esuberanza con cui i popoli dell'Africa rendono lode a Dio nelle celebrazioni liturgiche è nota in tutto il mondo e la Chiesa in Malawi non fa eccezione. La gioiosa celebrazione esprime la grande vitalità delle vostre comunità cristiane e riflette la predominanza dei giovani nella vostra popolazione. Continuate a guidarli con autentica sollecitudine paterna verso una conoscenza più profonda del loro Signore Crocifisso e Risorto, impartendo sempre loro una sana catechesi nella fede. A questo fine, è importante che insegnanti e catechisti ricevano una buona preparazione per il loro nobile compito perché, come sapete, svolgono un ruolo importante nell'aiutare il Vescovo nella sua responsabilità di insegnare con l'autorità di Cristo. Quindi, dovrebbero ricevere una buona formazione nella fede ed essere in grado di comunicare sia la gioia sia la fatica di seguire Cristo. Auspico che l'Università cattolica del Malawi, appena inaugurata, riesca a offrire un contributo significativo in quest'area e vi incoraggio a fare tutto il possibile per fornirle le risorse di cui ha bisogno e permetterle di mantenere un elevato livello di insegnamento in fedeltà al Magistero della Chiesa.

In un mondo dominato da valori secolari e materialisti, può essere difficile mantenere quello stile di vita contro-culturale che è tanto necessario nel sacerdozio e nella vita religiosa. Il clero nel vostro Paese, come del resto i fedeli che esso assiste, a volte si trova in situazioni di bisogno, non avendo i mezzi necessari per un "dignitoso mantenimento del clero, il sostenimento delle opere di apostolato e di carità" (Presbyterorum ordinis PO 17). Sono certo che farete tutto il possibile per soddisfare le legittime necessità dei vostri collaboratori e, al contempo, li ammonirete contro una preoccupazione eccessiva per le cose materiali. Aiutate il vostro clero a non cadere nella trappola di considerare il sacerdozio uno strumento di avanzamento sociale, ricordandogli che "l'unica, legittima ascesa al ministero pastorale è la Croce" (cfr Omelia dell'Ordinazione, 7 maggio 2006). I responsabili della formazione nel seminario devono insegnare agli studenti che un sacerdote è chiamato a vivere per gli altri e non per se stesso, a imitazione di Cristo, che è venuto "non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45). Soprattutto, l'esempio del ministero episcopale, che è veramente incentrato su Cristo, può ispirare i sacerdoti.

Miei cari Fratelli Vescovi, vivete come seguaci autentici di Cristo e fate sì che la vostra sequela sia la base dell'autorità che esercitate. Prego affinché, in questo modo, possiate rafforzare i vincoli di carità fraterna all'interno del presbyterium di ognuna delle vostre Chiese locali.

Vedo con gioia che continuate a esercitare il vostro ufficio magisteriale esprimendovi su questioni di ordine sociale. Infatti, la vostra Lettera Pastorale di Pentecoste, Renewing Our Lives and Society with the Power of the Holy Spirit, che avete pubblicato all'inizio di questo anno, richiama l'attenzione su alcuni mali sociali e morali che affliggono questa nazione. La sicurezza alimentare è minacciata non solo dalla siccità, ma anche da una gestione dell'agricoltura inefficiente e iniqua. La diffusione dell'AIDS aumenta per la incapacità di restare fedeli a un unico partner nel matrimonio o di praticare l'astinenza. I diritti delle donne, dei bambini e dei nascituri vengono cinicamente violati dal traffico di esseri umani, dalla violenza domestica e da quanti sostengono l'aborto. Non cessate mai di proclamare la verità, e insistete su di essa, "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2) perché "la verità vi farà liberi" (Jn 8,32). Il Buon Pastore, che non lascia mai il suo gregge incustodito, vigila sulle sue pecore e le protegge sempre. Seguendo il suo esempio, continuate a guidare il vostro popolo lontano dai pericoli che lo minacciano e conducetelo verso pascoli sicuri. Prego affinché il vostro popolo segua i vostri consigli al fine di rinnovare il volto della Terra (cfr Ps 104,30) e lo Spirito di Dio possa veramente mantenere l'unità della vostra nazione nel vincolo della pace (cfr Ep 4,3).

Concludendo le mie osservazioni di oggi, desidero ricordarvi l'immagine degli Apostoli riuniti nel Cenacolo con Maria, Madre del Signore, pregando per la discesa dello Spirito Santo, la stessa scena che descrivete tanto magnificamente nel paragrafo conclusivo della vostra ultima Lettera Pastorale. In quel documento avete incoraggiato il vostro popolo a riunirsi per pregare, in famiglia e in seno a piccole comunità cristiane. So che anche voi continuerete a pregare insieme e in comunione con il clero e il laicato, per i doni dello Spirito alla Chiesa nel vostro Paese. Lo Spirito è forza "che trasforma il cuore della comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell'amore del Padre, che vuole fare dell'umanità, nel suo figlio, un'unica famiglia" (Deus caritas est ).

Anche io prego affinché lo Spirito possa riversarsi abbondantemente su tutti voi e, mentre affido voi e il vostro clero, i religiosi e i laici all'intercessione di Maria, Madre della Chiesa, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di forza in nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.



ALLE COMUNITÀ DI CASTEL GANDOLFO Sala degli Svizzeri, Castel Gandolfo Sabato, 30 settembre 2006

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Cari fratelli e sorelle,

sta per terminare il mio soggiorno nella residenza estiva di Castel Gandolfo e, prima di ritornare in Vaticano, desidero ringraziare cordialmente quanti hanno in vario modo contribuito a rendere la mia permanenza proficua e serena. Con gioia, pertanto, incontro quest'oggi tutti voi ed a ciascuno porgo il mio saluto riconoscente. Saluto anzitutto il Vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro, e gli sono grato per la premura che ha sempre nei miei confronti. Saluto il Parroco di Castel Gandolfo e la Comunità parrocchiale. Un caro saluto rivolgo ai Gesuiti della Specola vaticana ed alle Comunità religiose e laicali, maschili e femminili, presenti a Castel Gandolfo. In questi mesi ho sentito la loro vicinanza spirituale e le ringrazio di cuore, augurando a tutti di corrispondere con rinnovata generosità alla chiamata di Dio, spendendo le proprie energie a servizio del Vangelo.

Il mio deferente pensiero va, poi, al Signor Sindaco, all'Amministrazione e al Consiglio Comunale. Attraverso di lui desidero estendere il mio saluto all'intera cittadinanza di Castel Gandolfo, che mostra in tanti modi la sua premura nei miei confronti e di quanti trascorrono insieme a me i mesi estivi a Castel Gandolfo. Sono ben note, inoltre, la cortesia e l'ospitalità dei Castellani verso i numerosi pellegrini e visitatori, che vengono a far visita al Papa, specialmente per l'appuntamento domenicale dell'Angelus.

Un grato apprezzamento e un affettuoso saluto indirizzo al personale medico e agli operatori dei vari Servizi del Governatorato, che, certamente con non pochi sacrifici, hanno assicurato la loro presenza e le loro competenti prestazioni. Con stima saluto i funzionari e gli agenti delle Forze dell'Ordine italiane che, validamente collaborando con la Gendarmeria Vaticana e la Guardia Svizzera Pontificia, hanno potuto assicurare una tranquilla e sicura permanenza a me e ai miei collaboratori, come pure un ordinato accesso dei visitatori e dei pellegrini al Palazzo Apostolico. E non posso dimenticare gli ufficiali e gli avieri del 31° stormo dell'Aeronautica Militare, che gentilmente assicurano i miei spostamenti in elicottero. A tutti ed a ciascuno va il grazie più sincero, che avvaloro con l'assicurazione di un costante ricordo nella preghiera per ognuno di voi, cari amici, per i vostri familiari e per le persone a voi care.

In questo giorno, sabato, dedicato alla Madonna, invoco su ciascuno la sua materna protezione, mentre ancora una volta vi ringrazio per la vostra preghiera, formulando per tutti voi, per il vostro lavoro e per i vostri progetti sinceri auguri di ogni desiderato bene. Con tali voti, di cuore imparto la Benedizione Apostolica, pegno di copiosi favori celesti, a voi e alle persone care.



AL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE Castel Gandolfo Sabato, 30 settembre 2006

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Cari fratelli e sorelle,

anche quest'anno, giunge al termine il mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo. Ringrazio il Signore per aver potuto trascorrere questi mesi, in serena distensione, in così amena località dei Castelli Romani. La mia gratitudine si estende a ciascuno di voi, che, in un certo modo, fate parte della "famiglia" del Papa quando egli abita a Castello. Giorno dopo giorno ho avuto modo di apprezzare la vostra dedizione e la vostra generosità. Per questo vi ringrazio, mentre tutti vi saluto con affetto. In primo luogo, saluto il dottor Saverio Petrillo, Direttore Generale delle Ville Pontificie, sempre attento e premuroso. A lui va la mia sincera gratitudine anche per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome vostro. Estendo poi il mio grato pensiero a quanti prestano la loro collaborazione, in diverse forme, nelle Ville Pontificie e chiedo a Dio di ricompensarvi, cari amici, per l'impegno e la fedeltà con cui svolgete i compiti che vi sono affidati. Unisco volentieri nel ricordo affettuoso le vostre famiglie e quanti vi sono cari.

Assicuro da parte mia che non mancherò di pregare per ciascuno di voi e per tutte le vostre intenzioni e vi domando di ricordarmi nelle vostre preghiere. Il Signore, ricco di bontà e di misericordia, che non fa mai mancare il suo aiuto a coloro che confidano in Lui sia sempre il vostro saldo sostegno. Su di voi vegli con materna protezione la Vergine Maria, che nel mese di ottobre invocheremo in modo speciale con la recita del santo Rosario. Sia Lei ad accompagnare voi e le vostre famiglie in ogni momento. Con tali sentimenti, vi benedico con affetto insieme con i vostri familiari e tutte le persone che vi sono care.




AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELLE DIOCESI DELLA ROMAGNA Aula Paolo VI Sabato, 7 ottobre 2006

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Cari pellegrini della Romagna,

sono lieto di porgervi il mio più cordiale benvenuto. Saluto tutti con affetto, a cominciare da Mons. Giuseppe Verucchi, Arcivescovo di Ravenna-Cervia, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi a nome vostro. Insieme con lui, saluto i Vescovi di Faenza-Modigliana, di Forlì-Bertinoro, di Imola, di Cesena-Sarsina e di Rimini, e l’Arcivescovo emerito di Ravenna-Cervia, Mons. Luigi Amaducci. Un particolare e deferente saluto indirizzo ai cari Cardinali Ersilio Tonini e Pio Laghi, i quali hanno voluto unirsi a questo nostro incontro, che costituisce uno dei "momenti forti" del vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli. Il mio affettuoso pensiero va poi, oltre che a voi qui presenti, a quanti nelle vostre rispettive Diocesi sono uniti a noi spiritualmente, con un ricordo speciale per i bambini e i giovani, per le famiglie, per le persone sole e per quanti vivono momenti difficili. A ciascuno assicuro la mia spirituale vicinanza nella preghiera.

Cari fratelli e sorelle, siete venuti particolarmente numerosi quest’oggi per ricordare con gratitudine la visita pastorale che il mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, compì nel maggio di vent’anni fa nella vostra amata Terra. Vi siete preparati a questo appuntamento con un significativo momento di preghiera, guidati dalla parola del venerando Cardinale Tonini, che nel pomeriggio presiederà la solenne Concelebrazione eucaristica in programma nella Basilica di san Pietro. Mi ha fatto piacere che per questa provvidenziale occasione abbiate voluto riprendere in mano i discorsi che l’amato Giovanni Paolo II ebbe a pronunciare nel corso del suo indimenticabile pellegrinaggio apostolico in Romagna. Le sue parole sono rimaste impresse nel vostro cuore e nella vostra memoria. La rivisitazione del suo prezioso insegnamento costituisce, pertanto, una singolare opportunità per le vostre belle e vivaci Comunità diocesane; è uno stimolo alla riflessione e all’approfondimento della comunione affettiva ed effettiva fra tutte le componenti delle rispettive Chiese particolari; è un invito a camminare uniti ai vostri Pastori e al Successore di Pietro; è un incoraggiamento per i membri delle vostre Diocesi a proseguire, con rinnovato slancio, la comune missione evangelizzatrice, testimoniando il Vangelo della speranza in questa nostra epoca.

E’ possibile portare a compimento questo impegnativo mandato missionario soltanto grazie al sostegno di Dio ed alla valorizzazione convinta e coraggiosa del patrimonio spirituale che la popolazione romagnola ha saputo salvaguardare e difendere nel corso dei secoli, come volle sottolineare Giovanni Paolo II, riconoscendo in essa "una comunità umana e cristiana piena di fervore operativo, consapevole del suo ruolo entro la società nell’attuale momento storico; una comunità di cristiani che, secondo la tradizione dei cattolici romagnoli, vuole tenere unite la sodezza della fede e il coraggio della testimonianza sociale, l’adesione alla comunità ecclesiale e la lealtà verso la società civile" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1986, vol. I, pp. 1386-1387). Queste parole del mio venerato Predecessore siano per voi una spinta a non lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà che anche la vostra Regione incontra in questo nostro tempo. Infatti, a distanza di vent’anni da quel significativo evento, in Romagna, come altrove, non mancano sfide e problemi per chi vuole vivere in modo coerente la propria fede, sforzandosi di coniugarla con le esigenze della vita quotidiana. Penso alle crisi che minacciano tante famiglie, al crescente bisogno di vocazioni sacerdotali e religiose di fronte al preoccupante calo numerico e all’avanzare dell’età dei sacerdoti; penso alle tante insidie di una società consumistica e secolarizzata, che tenta di sedurre un numero sempre crescente di persone, inducendole a subire un progressivo distacco dai valori della fede nella vita familiare, civile e politica.

Si tratta di sfide che vanno affrontate senza perdersi d’animo, guardando con fiducia ai molti motivi di speranza che grazie a Dio non mancano. Ci sono, ad esempio, tante persone desiderose di dare un senso e un valore solido alla propria esistenza, uomini e donne interessati ad una forte e sincera ricerca religiosa. Al riguardo, risulta attuale quanto Giovanni Paolo II ebbe a dire allora ai giovani - ed oggi io lo ripeto a voi, cari fratelli e sorelle: "E’ questo il momento di vivere in pienezza la gioia di essere cristiani. Testimoniate questa gioia davanti al mondo. Cristo cammina con voi, Lui, il Risorto, sul quale la morte non ha più potere, perché Egli l’ha vinta una volta per tutte. Cristo, il perennemente giovane, sia vostro sostegno e guida oggi, domani, sempre!" (Insegnamenti, cit., p. 1391). Testimoniare la gioia di essere cristiani: sia questo il vostro corale impegno. A tal fine, proseguite ed anzi intensificate la comunione ecclesiale e siate protagonisti generosi della missione evangelizzatrice che il Signore vi affida, facendo tesoro delle indicazioni scaturite dalla memorabile Visita di vent’anni orsono e corroborati anche dalla grazia dell’odierno pellegrinaggio.

La Beata Vergine Maria, che oggi veneriamo con il titolo di Madonna del Rosario, continui ad accompagnarvi e a guidarvi nel vostro itinerario spirituale e pastorale. Da parte mia, vi assicuro un ricordo al Signore e di cuore vi benedico, insieme con le vostre famiglie, le vostre comunità parrocchiali e religiose e tutte le persone a voi care.



AL TERMINE DELLA PROIEZIONE DEL FILM "PAPA LUCIANI: IL SORRISO DI DIO" Palazzo San Carlo Domenica, 8 ottobre 2006

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Signor Presidente della RAI,
gentili Signore e distinti Signori!

Abbiamo appena terminato di vedere insieme questo bel film, che ripercorre le tappe più significative della vita del venerato mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo I. Sento vivo il bisogno di esprimere sincera gratitudine anzitutto a Lei, Signor Presidente, e poi al Consiglio di Amministrazione e al Direttore Generale della RAI, per aver offerto a me e ai miei collaboratori questa gradita opportunità. Saluto i responsabili di RAI Fiction e della Società Leone Cinematografica, che hanno ideato e prodotto questo interessante lungometraggio. Un particolare saluto e ringraziamento va al regista Giorgio Capitani e ai vari attori, con una menzione speciale per Neri Marcoré, che ha interpretato Albino Luciani.

Saluto cordialmente anche tutti voi, che avete accolto l’invito a partecipare a quest’incontro, nel quale abbiamo potuto rivivere momenti suggestivi della vita della Chiesa del secolo scorso. Abbiamo soprattutto potuto rivisitare la figura dolce e mite di un Pontefice forte nella fede, fermo nei principi, ma sempre disponibile all’accoglienza e al sorriso. Fedele alla tradizione e aperto al rinnovamento, il Servo di Dio Albino Luciani, da Sacerdote, da Vescovo e da Papa, fu instancabile nell’attività pastorale, stimolando costantemente clero e laicato a perseguire, nei vari campi dell’apostolato, l’unico e comune ideale della santità. Maestro di verità e catecheta appassionato, a tutti i credenti ricordava, con l’affascinante semplicità che gli era solita, l’impegno e la gioia dell’evangelizzazione, sottolineando la bellezza dell’amore cristiano, unica forza in grado di sconfiggere la violenza e costruire un’umanità più fraterna. Mi piace infine richiamare la devozione che egli nutriva verso la Madonna. Quando era Patriarca di Venezia ebbe a scrivere:"È impossibile concepire la nostra vita, la vita della Chiesa, senza il rosario, le feste mariane, i santuari mariani e le immagini della Madonna". E’ bello accogliere questo suo invito e trovare, come egli fece, nell’umile affidamento a Maria il segreto di una quotidiana serenità e di un fattivo impegno per la pace nel mondo.

Ancora una volta grazie, cari amici, per la vostra presenza. Con affetto benedico tutti voi e le persone a voi care.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CANADA OCCIDENTALE IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Lunedì, 9 ottobre 2006

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Cari Fratelli Vescovi.

"Bisognava far festa e rallegrarsi... perché è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (
Lc 15,32). Con affetto fraterno vi porgo il benvenuto, Vescovi della Conferenza Cattolica occidentale del Canada e ringrazio il Vescovo Wiesner per i buoni auspici che mi ha trasmesso a vostro nome. Li ricambio con calore e assicuro voi e quanti sono affidati alla vostra cura pastorale delle mie preghiere e della mia sollecitudine. Il vostro incontro con il Successore di Pietro conclude le visite ad Limina Apostolorum della Conferenza Episcopale Canadese. Nonostante il clima sempre più secolare dell'ambito in cui esercitate il vostro ministero, i vostri resoconti contengono molto da cui potete trarre incoraggiamento. In particolare, sono stato lieto di osservare la sollecitudine e la generosità dei vostri sacerdoti, la dedizione abnegata dei religiosi presenti nelle vostre Diocesi e la sempre maggiore disponibilità dei laici a incoraggiare la propria testimonianza della verità e dell'amore di Cristo nelle loro case, nelle scuole, sui luoghi di lavoro e nella sfera pubblica.

La parabola del figliol prodigo è uno dei passi più apprezzati delle Sacre Scritture. La sua profonda illustrazione della misericordia di Dio e l'importante desiderio umano di conversione e di riconciliazione, come pure la ripresa dei rapporti interrotti, parlano agli uomini e alle donne di ogni età. La tentazione dell'uomo di esercitare la propria libertà allontanandosi da Dio è frequente. Ora, l'esperienza del figliol prodigo ci fa constatare sia nella storia sia nella nostra vita che quando la libertà viene ricercata al di fuori di Dio il risultato è negativo: perdita della dignità personale, confusione morale e disgregazione sociale. Al contrario, l'amore appassionato del Padre per l'umanità vince l'orgoglio umano. Donato gratuitamente, è un amore che perdona e che porta le persone a entrare più profondamente nella comunione della Chiesa di Cristo. Offre veramente a tutti i popoli l'unità in Dio e, come mostra in maniera perfetta il Cristo sulla Croce, riconcilia la giustizia e l'amore" (cfr Deus caritas est ).

E che dire del fratello maggiore? Non è forse egli, in un certo senso, anche tutti gli uomini e tutte le donne? Forse, soprattutto quelli che si allontanano tristemente dalla Chiesa? La sua razionalizzazione del proprio atteggiamento e delle proprie azioni suscita una certa simpatia, ma, in ultima analisi, descrive la sua incapacità di comprendere l'amore incondizionato. Incapace di pensare al di là dei limiti della giustizia naturale, resta intrappolato nell'invidia e nell'orgoglio, staccato da Dio, isolato dagli altri e a disagio con se stesso.

Cari Fratelli, che la riflessione sui tre personaggi di questa parabola, ossia il Padre nella sua abbondante misericordia, il figlio più giovane nella sua gioia di essere perdonato e il fratello maggiore nel suo tragico isolamento, vi confermi nel vostro desiderio di affrontare la perdita del senso del peccato, a cui avete fatto riferimento nei vostri resoconti. Questa priorità pastorale riflette la grande speranza che i fedeli sperimentino l'amore infinito di Dio quale chiamata ad approfondire la loro unità ecclesiale e a superare la divisione e la frammentazione che tanto spesso feriscono le famiglie e le comunità di oggi. Da questo punto di vista, la responsabilità del Vescovo di indicare la presenza distruttiva del peccato è prontamente intesa quale servizio di speranza: rafforza i credenti affinché evitino il male e scelgano la perfezione dell'amore e la pienezza della vita cristiana.

Desidero, quindi, lodare la vostra promozione del Sacramento della Penitenza. Sebbene questo Sacramento sia spesso considerato con indifferenza, ciò che produce è proprio quella completa guarigione alla quale aneliamo. Un rinnovato apprezzamento di questo Sacramento confermerà che il tempo impiegato nel confessionale trae il bene dal male, ripristina la vita dalla morte e rivela di nuovo il volto misericordioso del Padre.

Per comprendere il dono di riconciliazione è necessaria una attenta riflessione sui modi per suscitare conversione e penitenza nel cuore dell'uomo (cfr Reconciliatio et paenitentia RP 23). Sebbene le manifestazioni del peccato abbondino, avidità e corruzione, rapporti rovinati dal tradimento e sfruttamento di persone, il riconoscimento della peccaminosità individuale viene meno. Oltre a questo affievolirsi del riconoscimento del peccato, con il corrispondente indebolirsi del bisogno di ricercare il perdono, si verifica, in definitiva, un affievolirsi del nostro rapporto con Dio (cfr Discorso in occasione dei Vespri ecumenici, Ratisbona, 12 settembre 2006).

Non sorprende che questo fenomeno sia particolarmente pronunciato in società caratterizzate da una ideologia secolarista post-illuminista. Laddove Dio viene escluso dalla sfera pubblica, il senso di offesa a Dio - l'autentico senso del peccato - svanisce e proprio quando il valore assoluto delle norme morali viene relativizzato, le categorie di bene o di male svaniscono insieme alla responsabilità individuale. Tuttavia, la necessità umana di riconoscere ed affrontare il peccato non viene mai meno, indipendentemente da quanto un individuo possa, come il fratello maggiore, razionalizzare il contrario. Come ci dice san Giovanni "se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi" (1Jn 1,8). Ciò è parte integrante della verità sulla persona umana. Quando la necessità di cercare il perdono e la disponibilità a perdonare vengono dimenticate, al loro posto sorge una inquietante cultura del biasimo e della litigiosità. Tuttavia quest'orribile fenomeno si può eliminare. Seguire la luce della verità taumaturgica di Cristo significa dire con il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo" e dobbiamo essere lieti "perché questo tuo fratello... era perduto... ed è stato ritrovato" (Lc 15,31-32).

La pace e l'armonia durature tanto anelate dagli individui, dalle famiglie e dalla società sono al centro della vostra sollecitudine nell'approfondire la riconciliazione e la comprensione con molte delle Prime Nazioni della vostra regione. Si è ottenuto molto. A questo proposito, ho appreso da voi con gioia dell'opera del Consiglio Aborigeno Cattolico per la Riconciliazione e degli scopi che l'Amerindian Fund si prefigge. Tali iniziative suscitano speranza e rendono testimonianza dell'amore di Cristo che ci spinge (cfr 2Co 5,14). Tuttavia bisogna ancora fare molto. Quindi, vi incoraggio ad affrontare con compassione e determinazione le cause delle difficoltà relative alle necessità sociali e spirituali dei fedeli aborigeni. L'impegno per la verità apre la via a una riconciliazione duratura attraverso un processo di guarigione che implica il chiedere e il concedere il perdono, due elementi indispensabili alla pace. In tal modo la nostra memoria viene purificata, il nostro cuore reso sereno e il nostro futuro riempito di una speranza ben fondata nella pace che scaturisce dalla verità.

Con affetto fraterno condivido queste riflessioni con voi e vi assicuro delle mie preghiere mentre cercate di rendere la missione santificatrice e riconciliatrice della Chiesa sempre più apprezzata e riconoscibile nelle vostre comunità ecclesiali e civiche. Con questi sentimenti vi affido a Maria, la Madre di Gesù, e all'intercessione della beata Kateri Tekakwitha. A voi e ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.





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