Discorsi 2005-13 9126


VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA SANTA MARIA STELLA DELL’EVANGELIZZAZIONE


SALUTO AI MEMBRI DELLA GIOVENTÙ ARDENTE MARIANA (GAM) PRIMA DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA II Domenica di Avvento, 10 dicembre 2006

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Buon giorno, cari fratelli e sorelle!

Grazie per la vostra presenza e per il vostro affetto. Sono contento di celebrare con voi questa domenica. Purtroppo fa un po’ freddino, ma il Signore ci aiuterà in questo momento in cui con grande gioia vogliamo dedicare questa chiesa, perché sia centro spirituale e umano di questo quartiere. Ci unisca il Signore a sé e ci conceda così l’unità anche tra di noi. Saluto cordialmente i responsabili, i ragazzi, i giovani e le famiglie della Gioventù Ardente Mariana (GAM) di Roma, che questa notte hanno vegliato nella Cappella qui adiacente loro sede diocesana, in attesa del presente incontro di preghiera e di festa.

Carissimi, vi esorto a proseguire nella vostra opera di formazione per la missione, sempre fedeli a quelli che voi amate definire i “tre amori bianchi”: l’Eucarestia, Maria Santissima e il Successore dell’Apostolo Pietro.

Volentieri benedico voi, i vostri intenti di evangelizzazione e la vostra nuova sede diocesana. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.






SALUTO AI RAGAZZI E RAGAZZE DELLA PARROCCHIA, IN PARTICOLARE QUELLI CHE SI PREPARANO ALLA PRIMA COMUNIONE E ALLA CRESIMA II Domenica di Avvento, 10 dicembre 2006

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Cari ragazzi e ragazze!

Grazie per questo benvenuto! Mi dicono che questa sarà la sala “Benedetto XVI”, quindi siamo a casa! Grazie per la vostra presenza! Mi dicono che andate avanti verso la Prima Comunione e verso la Cresima, ma prima dobbiamo ancora celebrare il Natale. Natale è il giorno in cui Dio ci ha fatto un grande dono, non qualche cosa di materiale, ma il suo dono è stato di donare se stesso. Ci ha dato il suo Figlio, e così Natale è diventato la festa dei doni.

Vogliamo imitare Dio, non vivere solo per noi, non pensare solo a me, ma pensare all’altro, fare un dono all’altro, anche ai genitori, ai fratelli e sorelle e così via. E anche qui il più bel dono è essere buono per gli altri, mostrare bontà, giustizia, amore. Questo è il dono ultimo. Gli altri doni esprimono solo questo significato, questa volontà di essere buoni l’uno con l’altro. E facendo questo vero dono, nel quale imitiamo Dio, ci prepariamo anche alla Prima Comunione e alla Cresima. Perché nella Prima Comunione il Natale diventa, per così dire, perfetto. Nel Natale Dio ha dato se stesso, nella Prima Comunione fa questo dono ad ognuno di noi individualmente, viene ad ognuno di noi. Sotto l’apparenza di un piccolo pezzo di pane, è Egli stesso che si dona, vuole entrare nel nostro cuore. Se a casa si aspetta un grande ospite, si fa di tutto per pulire, preparare, e così via, perché egli trovi la casa accogliente. Così, sapendo che Dio stesso vuole entrare in me, nel mio cuore, facciamo il possibile perché questo cuore sia un cuore buono e bello, così la gioia sarà più grande.

E la Cresima ripete in un certo senso questo stesso gesto di Dio. Lo Spirito Santo viene per essere nostro accompagnatore in tutta la nostra vita. Nella vita ci sono tante complicazioni, in cui abbiamo bisogno di aiuto: lo Spirito Santo ci aiuta, ci accompagna e ci mostra la strada.

Così, in questo senso, andiamo verso il Natale pieni di gioia, perché Dio c’è, Dio mi conosce, perché Dio vuole conoscere me e venire da me nel mio cuore.

Auguro a tutti voi un Buon Natale adesso, e belle settimane di preparazione alla Prima Comunione. I miei complimenti per questa bella chiesa, che vi aiuterà ad avere gioia di Dio, gioia di essere cattolici, di avere la fede! Auguri!



IN OCCASIONE DELL'INCONTRO CON SUA BEATITUDINE CHRISTODOULOS, ARCIVESCOVO DI ATENE E DI TUTTA LA GRECIA Giovedì, 14 dicembre 2006

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"Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (
1Co 1,3)

Beatitudine,

Cari Fratelli in Cristo che accompagnate il venerabile Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia in occasione del nostro incontro fraterno, vi saluto nel Signore.

Con gioia profonda, sono lieto di accogliervi con la stessa formula che san Paolo rivolse "alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo" (1Co 1,2). In nome del Signore e con affetto sincero e fraterno, vi porgo il benvenuto in mezzo a noi, nella Chiesa di Roma, e ringrazio Dio che ci permette di vivere questo momento di grazia e di gioia spirituale.

La vostra presenza qui ravviva in noi la grande tradizione cristiana che è nata e che si è sviluppata nella vostra amata e gloriosa Patria. Attraverso la lettura delle Lettere di Paolo e degli Atti degli Apostoli, questa tradizione ci ricorda ogni giorno le prime comunità cristiane che si sono formate a Corinto, a Tessalonica e a Filippi. Ci rammentiamo così della presenza e della predicazione di san Paolo ad Atene e della sua coraggiosa proclamazione della fede nel Dio sconosciuto e rivelato in Gesù Cristo, e del messaggio della resurrezione, difficile da comprendere per i suoi contemporanei.

Nella prima lettera ai cristiani di Corinto, che sono stati i primi a conoscere difficoltà e gravi tentazioni di divisione, possiamo vedere un messaggio attuale per tutti i cristiani. In effetti, un pericolo reale si presenta quando alcune persone manifestano la volontà di identificarsi con un determinato gruppo dicendo: io appartengo a Paolo, io ad Apollo, io a Cefa. È allora che Paolo pone la temibile domanda: "Cristo è stato forse diviso?" (1Co 1,13).

La Grecia e Roma hanno intensificato i loro rapporti fin dagli albori del cristianesimo e li hanno mantenuti, rapporti che hanno dato vita alle diverse forme di comunità e di tradizioni cristiane nelle regioni del mondo che oggi corrispondono all'Europa dell'Est e all'Europa dell'Ovest. Queste intense relazioni hanno parimenti contribuito a creare una sorta di osmosi nella formazione delle istituzioni ecclesiali. Tale osmosi - nella salvaguardia delle particolarità disciplinari, liturgiche, teologiche e spirituali delle due tradizioni romana e greca - ha reso feconde l'azione evangelizzatrice della Chiesa e l'inculturazione della fede cristiana.

Oggi, le nostre relazioni stanno riprendendo lentamente ma in profondità e improntate all'autenticità. Costituiscono per noi un'occasione per scoprire tutta una gamma nuova di espressioni spirituali ricche di significato e di impegno reciproco. Ne rendiamo grazie a Dio.

La visita memorabile del mio venerato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, ad Atene, nell'ambito del suo pellegrinaggio sulle orme di san Paolo, nel 2001, resta un punto fondamentale nella progressiva intensificazione dei nostri contatti e della nostra collaborazione. Nel corso di quel pellegrinaggio, Papa Giovanni Paolo II è stato accolto con onore e rispetto da Vostra Beatitudine e dal Santo Sinodo della Chiesa di Grecia, e noi ricordiamo in particolare il commovente incontro nell'Areopago dove san Paolo predicò. Scambi di delegazioni di sacerdoti e di studenti hanno poi avuto luogo.

Inoltre, non desidero né posso dimenticare la feconda collaborazione che si è instaurata fra l'Apostoliki Diakonia e la Biblioteca Apostolica Vaticana.

Simili iniziative contribuiscono alla concreta conoscenza reciproca e sono certo che avranno un ruolo nella promozione di relazioni nuove fra la Chiesa di Grecia e la Chiesa di Roma.

Se volgiamo la sguardo verso il futuro, Beatitudine, vediamo dinanzi a noi un vasto campo dove potrà crescere la nostra collaborazione culturale e pastorale.

I diversi Paesi europei stanno lavorando alla creazione di una nuova Europa, che non può essere una realtà esclusivamente economica. Cattolici e ortodossi sono chiamati a offrire il loro contributo culturale e soprattutto spirituale. Hanno in effetti il dovere di difendere le radici cristiane del Continente, che l'hanno modellato nel corso dei secoli, e di permettere così alla tradizione cristiana di continuare a manifestarsi e di operare con tutte le sue forze a favore della salvaguardia della dignità delle persona umana, del rispetto delle minoranze, avendo cura di evitare un'omologazione culturale che rischierebbe di provocare la perdita di immense ricchezze della civiltà; allo stesso modo, occorre adoperarsi per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, che comprendono il principio di libertà individuale, in particolare della libertà religiosa. Tali diritti vanno promossi e difesi nell'Unione Europea e in ogni Paese che ne è membro.

Allo stesso tempo, occorre sviluppare una collaborazione fra cristiani in ogni Paese dell'Unione europea, in modo da far fronte ai numerosi pericoli che la fede cristiana deve affrontare, ossia la secolarizzazione crescente, il relativismo e il nichilismo, che aprono la via a comportamenti e anche a legislazioni che attentano alla dignità inalienabile delle persone e mettono in discussione istituzioni fondamentali come il matrimonio. È urgente intraprendere azioni pastorali comuni, che costituiranno per i nostri contemporanei una testimonianza comune e ci disporranno a rendere conto della speranza che è in noi.

La sua presenza qui, Beatitudine, è il segno di questo impegno comune. Da parte sua, la Chiesa cattolica nutre la volontà profonda di fare tutto il possibile per il nostro riavvicinamento, al fine di giungere alla piena comunione fra cattolici e ortodossi, e, in questo momento, a favore di una collaborazione pastorale a tutti i livelli possibili, affinché il Vangelo venga annunziato e il nome di Dio sia benedetto.

Beatitudine, rinnovo i miei voti di benvenuto a Lei e agli amati Fratelli che l'accompagnano nella sua visita. Affidandovi all'intercessione della Théotokos, chiedo al Signore di colmarvi dell'abbondanza delle Benedizioni celesti.



DICHIARAZIONE COMUNE TRA IL SANTO PADRE BENEDETTO XVI E SUA BEATITUDINE CHRISTODOULOS, ARCIVESCOVO DI ATENE E DI TUTTA LA GRECIA

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1. Noi, Benedetto XVI, Papa e Vescovo di Roma, e Christodoulos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, in questo luogo sacro di Roma, reso illustre dalla predicazione evangelica e dal martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, abbiamo il desiderio di vivere sempre più intensamente la nostra missione di rendere una testimonianza apostolica, di trasmettere la fede a quanti sono vicini e a quanti sono lontani e di annunciare loro la Buona Novella della nascita del Salvatore, che celebreremo prossimamente. È parimenti nostra responsabilità comune superare, nell'amore e nella verità, le molteplici difficoltà e le esperienze dolorose del passato, per la gloria di Dio, Santissima Trinità, e della sua santa Chiesa.

2. Il nostro incontro nella carità ci rende maggiormente consapevoli del nostro compito comune: percorrere insieme il cammino arduo del dialogo nella verità al fine di ristabilire la piena comunione di fede nel vincolo dell'amore. È così che obbediremo al comandamento divino e che realizzeremo la preghiera di nostro Signore Gesù Cristo, e che, illuminati dallo Spirito Santo che accompagna e non abbandona mai la Chiesa di Cristo, proseguiremo il nostro impegno in questo cammino, seguendo l'esempio apostolico e dando prova d'amore reciproco e di spirito di riconciliazione.

3. Riconosciamo i passi importanti compiuti nel dialogo della carità e dalle decisioni del Concilio Vaticano II nell'ambito delle relazioni reciproche. Inoltre, confidiamo che il dialogo teologico bilaterale metta a profitto questi elementi positivi per formulare proposte accettate da entrambe le parti, in uno spirito di riconciliazione, sull'esempio del nostro illustre Padre della Chiesa, san Basilio Magno, che, in un periodo di molteplici divisioni del corpo ecclesiale, si diceva persuaso "che con la comunicazione reciproca più duratura e i dibattiti senza spirito di disputa, se sarà necessario che sia aggiunto qualche nuovo chiarimento, il Signore vi provvederà, Lui che fa cooperare tutte le cose a favore di quanti lo amano" (Lettera 113).

4. Affermiamo unanimamente la necessità di perseverare nel cammino di un dialogo teologico costruttivo. In effetti, nonostante le difficoltà costatate, questa è un delle vie essenziali di cui disponiamo per ristabilire l'unità tanto desiderata del corpo ecclesiale attorno all'altare del Signore, e al contempo per rafforzare la credibilità del messaggio cristiano in un periodo di sconvolgimenti nelle società in cui viviamo, ma anche di grandi ricerche spirituali, in un buon numero di nostri contemporanei, che sono altresì inquieti dinanzi alla globalizzazione crescente, che minaccia a volte l'uomo, anche nella sua esistenza e nel suo rapporto con Dio e con il mondo.

5. In modo del tutto particolare, rinnoviamo solennemente il nostro desiderio di annunciare al mondo il Vangelo di Gesù Cristo, soprattutto alle nuove generazioni, perché "l'amore di Dio ci spinge" (2 Cor 5, 14) a far scoprire loro il Signore venuto nel nostro mondo affinché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Ciò è particolarmente importante nelle nostre società dove numerose correnti di pensiero allontanano da Dio e non danno un significato all'esistenza. Vogliamo annunciare il Vangelo di grazia e di amore affinché tutti gli uomini siano, anch'essi, in comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e che la loro gioia sia perfetta.

6. Noi pensiamo che le religioni abbiano un ruolo da svolgere nel garantire l'irradiamento della pace nel mondo e che non debbano assolutamente essere focolai d'intolleranza né di violenza. In quanto capi religiosi cristiani, esortiamo insieme tutti i capi religiosi a perseguire e a rafforzare il dialogo interreligioso e ad adoperarsi per creare una società di pace e di fraternità fra le persone e fra i popoli. Questa è una delle missione delle religioni. È in tal senso che i cristiani lavorano e vogliono continuare a lavorare nel mondo, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, in uno spirito di solidarietà e di fraternità.

7. Vogliamo rendere omaggio ai sorprendenti progressi realizzati in tutti gli ambiti della scienza, in particolare in quelli che concernono l'uomo, invitando tuttavia i Responsabili e gli scienziati al rispetto del carattere sacro della persona umana e della sua dignità, poiché la sua vita è un dono divino. Ci preoccupa vedere che le scienze praticano sperimentazioni sull'essere umano, che non rispettano né la dignità né l'integrità della persona in tutte le fasi della sua esistenza, dal concepimento alla sua fine naturale.

8. Inoltre, chiediamo di dare maggiormente prova di sensibilità per proteggere in modo più efficace, nei nostri Paesi, in Europa e a livello internazionale, i diritti fondamentali dell'uomo, fondati sulla dignità della persona creata a immagine di Dio.

9. Auspichiamo una feconda collaborazione per far riscoprire ai nostri contemporanei le radici cristiane del Continente europeo, che hanno forgiato le diverse nazioni e contribuito allo sviluppo di vincoli sempre più armoniosi fra di esse. Ciò le aiuterà a vivere e a promuovere i valori umani e spirituali fondamentali per le persone come pure per lo sviluppo delle società stesse.

10. Riconosciamo i meriti dei progressi della tecnologia e dell'economia per un gran numero di società moderne. Tuttavia, invitiamo i Paesi ricchi a una maggiore attenzione verso i Paesi in via di sviluppo e i Paesi più poveri, in uno spirito di condivisione solidale riconoscendo che tutti gli uomini sono nostri fratelli e che è nostro dovere andare in aiuto dei più piccoli e dei più poveri, che sono i prediletti del Signore. In tal senso, è importante anche non sfruttare in modo improprio il Creato, che è l'opera di Dio. Facciamo appello alle persone che hanno responsabilità nella società e a tutti gli uomini di buona volontà perché s'impegnino in una gestione sensata e rispettosa del Creato affinché sia correttamente gestito, in spirito di solidarietà, soprattutto verso i popoli che vivono in situazioni di miseria, e per lasciare alle generazioni future una terra realmente abitabile per tutti.

11. A motivo delle nostre convinzioni comuni, ribadiamo il nostro desiderio di collaborare allo sviluppo della società, in una cooperazione costruttiva, al servizio dell'uomo e dei popoli, e rendendo una testimonianza della fede e della speranza che ci animano.

12. Pensando in modo particolare ai fedeli ortodossi e cattolici, li salutiamo e li affidiamo a Cristo Salvatore, perché siano testimoni instancabili dell'amore di Dio, ed eleviamo una fervente preghiera affinché il Signore faccia a tutti gli uomini il dono della pace, nella carità e nell'unità della famiglia umana.

Dal Vaticano, 14 dicembre 2006


Benedictus PP. XVI


S. B. Christodoulos







AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI Sala del Concistoro Giovedì, 14 dicembre 2006

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Eccellenze,

È con gioia che vi accolgo per la presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri Paesi: la Danimarca, il Kyrgyzstan, il Mozambico, l'Uganda, la Siria e il Lesotho. Ringraziandovi per le cortesi parole che mi avete rivolto da parte dei vostri Capi di Stato, vi sarei grato se poteste trasmettere loro i miei cordiali saluti e i miei auguri deferenti per la loro persona e per l'alta missione al servizio della propria nazione. Attraverso di voi desidero salutare anche tutte le Autorità civili e religiose dei vostri Paesi, come pure i vostri concittadini, con un pensiero particolare per le comunità religiose, che operano in mezzo ai loro fratelli e in collaborazione con essi.

L'anno che sta terminando ha visto numerosi conflitti nei diversi Continenti. In quanto diplomatici, siete, senza alcun dubbio, preoccupati per le situazioni e i focolai di tensione che continuano a svilupparsi, a detrimento delle popolazioni locali, mietendo un gran numero di vittime innocenti. Da parte sua la Santa Sede condivide questa inquietudine, che rischia di mettere in pericolo la sopravvivenza di alcune popolazioni e fa gravare sui più poveri il fardello della sofferenza e della mancanza dei beni più essenziali.

Per arginare tali fenomeni, le Autorità e tutte le persone che hanno responsabilità nella società civile devono mettersi sempre più all'ascolto del loro popolo, cercando le soluzioni più adeguate per rispondere alle situazioni di disperazione e di povertà, e per una condivisione più equa possibile, in seno a ogni nazione e a livello di comunità internazionale.

È di fatto dovere dei Responsabili della società non creare e non mantenere in un Paese o in una regione situazioni di insoddisfazione grave, sul piano politico, economico o sociale, che lascerebbero pensare alle persone di essere emarginate dalla società, dagli ambiti decisionali e gestionali, e di non avere il diritto di beneficiare dei frutti del prodotto nazionale. Simili ingiustizie non possono che essere fonte di disordini e generare una sorta di scalata di violenza. La ricerca della pace, della giustizia e di una buona intesa fra tutti deve essere uno degli obiettivi prioritari, esigendo dalle persone che esercitano responsabilità che siano attente alle realtà concrete del Paese, impegnandosi a eliminare tutto ciò che si oppone all'equità e alla solidarietà, in particolare la corruzione e la mancanza di condivisione delle risorse.

Ciò presuppone dunque che le persone che detengono l'autorità nella Nazione nutrano la preoccupazione costante di considerare il loro impegno politico e sociale come un servizio alle persone e non come la ricerca di benefici per un piccolo numero, a detrimento del bene comune. So che occorre un certo coraggio per mantenere la rotta in mezzo alle difficoltà, avendo come obiettivo il bene degli individui e della comunità nazionale. Tuttavia, nella vita pubblica, il coraggio è una virtù indispensabile per non lasciarsi guidare da ideologie di parte, e neanche da gruppi di pressione, o dal desiderio di potere. Come ricorda la Dottrina sociale della Chiesa, il bene delle persone e dei popoli deve restare sempre il criterio fondamentale delle decisioni nella vita sociale.

Mentre cominciate la vostra missione presso la Santa Sede, tengo a rivolgervi, Signora e Signori Ambasciatori, i miei auspici più cordiali per il successo del vostro lavoro. Che l'Onnipotente accompagni voi, i vostri familiari, i vostri collaboratori e tutti gli abitanti del vostro Paese, e che colmi ognuno dell'abbondanza delle sue Benedizioni.



SALUTO AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRE-NATALIZIA PER GLI UNIVERSITARI DEGLI ATENEI ROMANI Basilica Vaticana Giovedì, 14 dicembre 2006

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Cari amici!

Anche quest’anno ho la gradita opportunità di incontrare il mondo universitario romano, e di scambiare con voi gli auguri per il santo Natale ormai vicino. Saluto il Cardinale Camillo Ruini, che ha presieduto la Celebrazione eucaristica e vi ha guidato nella riflessione sui testi liturgici. Ringrazio poi il Rettore dell’Università Roma 3 e la giovane studentessa, che si sono fatti portavoce della vostra qualificata assemblea. A tutti e a ciascuno il mio affettuoso saluto.

Ci incontriamo nella prossimità del Natale, che è la festa dei doni, come ricordavo domenica scorsa visitando la nuova parrocchia romana dedicata a Santa Maria, Stella della Evangelizzazione. I doni natalizi ci ricordano il dono per eccellenza, che il Figlio di Dio ha fatto di se stesso a noi nell’Incarnazione. Per questo il Natale viene opportunamente sottolineato con i tanti doni, che la gente si scambia in questi giorni. E’ importante, però, che non si dimentichi il Dono principale di cui gli altri doni non sono che un simbolo. Natale è il giorno in cui Dio ha donato se stesso all’umanità e questo suo dono diventa, per così dire, perfetto nell’Eucaristia. Sotto l’apparenza di un piccolo pezzo di pane – dicevo ai bambini della parrocchia romana ricordata, i quali si preparano alla Prima Comunione e alla Cresima – è Gesù stesso che si dona e vuole entrare nel nostro cuore. Voi, cari giovani, quest’anno state riflettendo proprio sul tema dell’Eucaristia, seguendo l’itinerario spirituale e pastorale predisposto dalla Diocesi di Roma. Il Mistero eucaristico costituisce il punto di convergenza privilegiato tra i diversi ambiti dell’esistenza cristiana, compreso quello delle ricerca intellettuale. Incontrato nella liturgia e contemplato nell’adorazione, Gesù-Eucaristia è come un “prisma” attraverso il quale si può meglio penetrare nella realtà, sia nella prospettiva ascetica e mistica, che in quella intellettuale e speculativa, come anche in quella storica e morale. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente e la Santa Messa è vivo memoriale della sua Pasqua. Il Santissimo Sacramento è il centro qualitativo del cosmo e della storia. Per questo costituisce una sorgente inesauribile di pensiero e di azione per chiunque si ponga in ricerca della verità e voglia cooperare con essa. E’, per così dire, un “concentrato” di verità e di amore. Illumina non solo la conoscenza, ma anche e soprattutto l’agire dell’uomo, il suo vivere “secondo la verità nella carità” (
Ep 4,15), come dice san Paolo, nel quotidiano impegno di comportarsi come Gesù stesso si è comportato. L’Eucaristia, dunque, alimenta nella persona, che se ne nutre assiduamente e con fede, una feconda unità tra contemplazione e azione.

Cari amici, entriamo nel mistero del Natale, ormai vicino, attraverso la “porta” dell’Eucaristia: nella grotta di Betlemme adoriamo lo stesso Signore che nel Sacramento eucaristico ha voluto farsi nostro alimento spirituale, per trasformare il mondo dall’interno, a partire dal cuore dell’uomo. So che per molti di voi, universitari di Roma, è ormai consuetudine, all’inizio dell’anno accademico, compiere uno speciale pellegrinaggio diocesano ad Assisi, e so che anche recentemente vi avete partecipato in buon numero. Ebbene, san Francesco e santa Chiara non sono stati entrambi “conquistati” dal mistero eucaristico? Nell’Eucaristia essi hanno sperimentato l’amore di Dio, quello stesso amore che nell’Incarnazione ha spinto il Creatore del mondo a farsi piccolo, anzi il più piccolo e il servo di tutti. Cari amici, nel prepararvi al Santo Natale nutrite gli stessi sentimenti di questi grandi Santi, così cari al popolo italiano. Come loro, fissate lo sguardo sul bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia (cfr Lc 2,7 Lc 2,12 Lc 2,16).

Ponetevi alla scuola della Vergine Maria, la prima che ha contemplato l’umanità del Verbo incarnato, l’umanità della Divina Sapienza. Nel Bambino Gesù, col quale intrecciava infiniti e silenziosi colloqui, Ella riconosceva il Volto umano di Dio, così che la misteriosa Sapienza del Figlio si è impressa nella mente e nel cuore della Madre. Perciò Maria è diventata la “Sede della Sapienza”, e con questo titolo è venerata in particolare dalla Comunità accademica romana. Alla Sedes Sapientiae è dedicata una speciale Icona, che da Roma ha già visitato vari Paesi, pellegrinando attraverso le istituzioni universitarie. Oggi essa è qui presente, perché passa dalla delegazione proveniente dalla Bulgaria a quella qui giunta dall’Albania. Saluto con affetto le rappresentanze di queste due Nazioni ed auguro che, per Mariam, le loro rispettive comunità accademiche possano avanzare sempre più nella ricerca della verità e del bene, alla luce della divina Sapienza. Questo augurio rivolgo di cuore a ciascuno di voi, qui presenti, e lo accompagno con una speciale Benedizione, che estendo volentieri a tutti i vostri cari. Buon Natale!






IN OCCASIONE DELL'INCONTRO CON SUA BEATITUDINE ANTONIOS NAGUIB PATRIARCA DI ALESSANDRIA DEI COPTI CATTOLICI Sala Clementina Venerdì, 15 dicembre 2006

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Beatitudine,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Cari Figli e Figlie della Chiesa copta ortodossa,

Beatitudine, dopo la sua elezione al seggio patriarcale di Alessandria dei Copti Cattolici, la sua prima visita ufficiale al Successore di Pietro è un momento di grazia per la Chiesa. La ringrazio per le parole che mi ha appena rivolto concernenti il suo Patriarcato e per la sua preghiera per il mio ministero. Sono lieto di incontrarla qui, insieme ai Vescovi del suo Patriarcato, a sacerdoti e fedeli, per celebrare la "communio ecclesiastica" che ho avuto la gioia di accordarle il 6 aprile scorso. Vi saluto tutti cordialmente, voi che siete venuti per partecipare a questo grande momento di comunione fraterna e di unità della Chiesa copta cattolica con la Sede apostolica. Colgo l'occasione per salutare Sua Beatitudine il Cardinale Stephanos II, Patriarca emerito, che sono lieto di accogliere e che ha dedicato la propria vita al servizio di Dio e della Chiesa copta cattolica.

È nella celebrazione della Liturgia Divina che si manifesta al meglio la comunione in Cristo, che fa di noi dei fratelli. È qui che si esprime in pienezza la comunione fra tutti i cattolici, attorno al Successore di Pietro. Lei è, Beatitudine, il Padre e il Capo della Chiesa copta cattolica di Alessandria, sede prestigiosa onorata nel corso dei cinque primi secoli come primo Patriarcato dopo Roma. La sua comunità patriarcale è portatrice di una ricca tradizione spirituale, liturgica e teologica - la tradizione alessandrina - i cui tesori fanno parte del patrimonio della Chiesa: è stata beneficiaria della predicazione dell'evangelista san Marco, interprete dell'Apostolo Pietro; un vincolo particolare di fraternità lega pertanto il suo Patriarcato alla Sede di Pietro. Desidero dunque assicurarla della mia preghiera e del mio sostegno per lo "speciale ufficio" che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha affidato alle Chiese orientali cattoliche: "promuovere l'unità di tutti i cristiani, specialmente orientali" (Orientalium ecclesiarum
OE 24), in particolare con i vostri fratelli della Chiesa copta ortodossa. Parimenti, avete un ruolo importante nel dialogo interreligoso, per sviluppare la fraternità e la stima fra cristiani e musulmani, e fra tutti gli uomini.

Beatitudine, nel divenire Patriarca lei ha conservato il suo nome, Antonios, che ricorda la grande corrente del monachesimo, nata in Egitto e che la tradizione ricollega all'opera di sant'Antonio, poi a quella di san Pacomio. Grazie al contributo occidentale di san Benedetto, il monachesimo è divenuto un albero gigante che ha recato frutti abbondanti e magnifici in tutto il mondo. Nel ricordare la Chiesa copta, come non pensare agli scrittori, agli esegeti e ai filosofi, quali Clemente di Alessandria e Origene, ma anche ai grandi patriarchi, confessori e dottori della Chiesa, quali Atanasio e Cirillo, i cui nomi illustri scandiscono attraverso i secoli la fede di un popolo fervente.

Voi dovete seguire senza posa le loro orme, sviluppando la ricerca teologica e spirituale propria della vostra tradizione.

Nel mondo attuale, la vostra missione è di grande importanza per i vostri fedeli e per tutti gli uomini, ai quali l'amore di Cristo ci spinge ad annunciare la Buona Novella. Rendo omaggio, in particolare, alla vostra attenzione per l'educazione umana, spirituale, morale e intellettuale della gioventù attraverso una rete scolastica e catechetica di qualità, che costituisce un servizio a tutta la società. Auspico vivamente che questo impegno educativo sia sempre più riconosciuto, affinché i valori fondamentali siano trasmessi, nel rispetto dell'identità propria delle scuole cattoliche; i giovani di oggi potranno così divenire uomini e donne responsabili nelle loro famiglie e nella società, desiderosi di costruire una maggiore solidarietà e una più ardente fraternità fra tutte le componenti della nazione. Trasmettete ai giovani tutta la mia stima e il mio affetto, ricordando loro che la Chiesa e l'intera società hanno bisogno del loro entusiasmo e della loro speranza.

Vi invito a intensificare la formazione dei sacerdoti e dei numerosi giovani che desiderano consacrarsi al Signore. La vitalità delle comunità cristiane nel mondo di oggi esige Pastori secondo il cuore di Dio, che siano veri testimoni del Verbo di Dio e guide per aiutare i fedeli a radicare, sempre più profondamente, la loro vita e la loro missione in Cristo!

Conosco il ruolo che la vita consacrata ha nella vostra Chiesa. Che la povertà, la castità e l'obbedienza vissute secondo i consigli evangelici siano una testimonianza e un appello alla santità per il mondo di oggi! Possano i membri degli Istituti consacrati proseguire la loro missione, in particolare presso i giovani e le persone più bisognose della società!

Al termine del nostro incontro, formulo, Beatitudine, voti fraterni affinché lo Spirito Santo la illumini nell'esercizio del suo ufficio, la consoli nelle difficoltà e le doni la gioia di veder crescere in fervore e in numero la sua Chiesa patriarcale. All'inizio del suo ministero, desidero ripetere a tutti le parole di Cristo ai discepoli: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12,32). Mentre porgo attraverso di Lei i miei cordiali saluti all'insieme del popolo egiziano, vi affido tutti all'intercessione della Vergine Maria e di tutti i santi copti. Di cuore, imparto a lei, ai Vescovi e a tutti i fedeli del suo Patriarcato, un'affettuosa Benedizione Apostolica.





AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO IN OCCASIONE DEL QUINTO CENTENARIO DEI MUSEI VATICANI Sala Clementina Sabato, 15 dicembre 2006

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Signor Cardinale
venerati Fratelli nell’Episcopato,
gentili Signori e Signore!

E’ per me un onore ed un piacere accogliere quest’oggi una così qualificata rappresentanza di responsabili delle maggiori istituzioni museali del mondo intero. A ciascuno di voi il mio più cordiale saluto accompagnato da sincera gratitudine per l’odierna vostra visita. In primo luogo saluto il Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, l’Arcivescovo Giovanni Lajolo, che ringrazio anche per essersi fatto interprete dei sentimenti di tutti i presenti. Saluto il Signor Cardinale, i Vescovi, le personalità e gli esperti provenienti da ogni continente. Un ringraziamento speciale va al Direttore dei Musei Vaticani e ai suoi collaboratori, come pure a quanti hanno preparato ed organizzato il Convegno, che conclude un ricco calendario di iniziative commemorative del V° centenario dei Musei Vaticani. Le molteplici manifestazioni, che si sono snodate lungo l’intero anno, non tendevano soltanto a commemorare eventi del passato, ma anche a creare nuove opportunità di approfondimento per i numerosissimi visitatori che ogni giorno frequentano i Musei. Si è in tal modo posto in evidenza quanto interesse susciti una realtà museale così stratificata nel tempo.

Mi congratulo pertanto per questo Simposio, la cui attenzione è incentrata su una tematica di indubbio interesse: l’identità e il ruolo del museo oggi e le sue future prospettive. Proprio perché dedicata allo studio della funzione e degli obiettivi dell’istituzione "museo" nella società contemporanea, l’iniziativa del Congresso non ha previsto semplicemente una rassegna di relazioni da parte di esperti. Voi avete inteso piuttosto confrontarvi attraverso studi teorici, interventi specifici, scambi di esperienze ed un franco dialogo per far emergere elementi che permettano di meglio delineare la funzione, che potremmo definire "educativa", del museo nel contesto dell’odierna società globalizzata. La Chiesa da sempre sostiene e promuove il mondo dell’arte considerandone il linguaggio un privilegiato veicolo di progresso umano e spirituale. Vale la pena ricordare anche in questa circostanza l’iscrizione che il mio venerato Predecessore Benedetto XIV fece apporre alla porta d’ingresso del Museo Cristiano: "Ad augendum Urbis splendorem et asserendam religionis veritatem - Per promuovere lo splendore della città di Roma e affermare la verità della religione cristiana".

Lo sviluppo nel tempo dei Musei Vaticani sta a dimostrare come queste finalità siano sempre rimaste ben presenti nell’impegno dei Pontefici. Ricevendo il mese scorso il personale di quest’importante Istituzione, osservavo come nel suo "codice genetico" sia scritta questa verità: la grande civiltà classica e quella ebraico-cristiana non si oppongono tra loro, ma convergono nell’unico piano di Dio. Ed aggiungevo che si tratta di una logica propria all’intero Museo, che in questa prospettiva appare veramente un tutto unitario nella complessa articolazione delle sue sezioni. In definitiva, si potrebbe dire che i Musei Vaticani possono rappresentare una straordinaria opportunità di evangelizzazione perché, attraverso le varie opere esposte, offrono ai visitatori una testimonianza eloquente dell’intreccio continuo che esiste tra il divino e l’umano nella vita e nella storia dei popoli. L’ingente numero di persone che ogni giorno li visitano sta a dimostrare il crescente interesse verso questi capolavori di arte e queste testimonianze storiche, che costituiscono una sintesi meravigliosa di Vangelo e cultura.

Proprio a partire dall’esperienza dei Musei Vaticani, si rivela molto appropriata la scelta operata dagli organizzatori del Convegno, che si sono proposti di non limitarsi ad analizzare le istituzioni museali nell’attuale loro ordinamento. Essi hanno chiesto ai partecipanti di interrogarsi piuttosto su quale ruolo i Musei possano ricoprire nel futuro, quale funzione siano chiamati a svolgere nell’epoca contemporanea, segnata da rapidi mutamenti sociali e nella quale la rete delle comunicazioni innerva l’intero tessuto dell’umanità. Indubbiamente, come è stato notato nel corso dei lavori, la funzione del Museo è oggi sensibilmente cambiata: da privilegio il Museo è diventato diritto, da centro riservato agli artisti, agli specialisti e ai soli uomini di cultura è ai nostri giorni sempre più "casa" di tutti, rispondendo in tal modo ad una diffusa esigenza formativa della società. Giustamente poi si riserva un’attenzione speciale alle nuove generazioni, che nei Musei possono riconoscere le radici della loro storia e della loro cultura. Ogni opportunità per favorire l’integrazione e l’incontro tra gli individui e i popoli è senza dubbio da incoraggiare. In tale prospettiva anche i musei, pur tenendo conto delle mutate condizioni sociali, possono diventare luoghi di mediazione artistica, anelli di raccordo tra il passato, il presente e il futuro, crocevia di uomini e donne dei vari continenti, nonché cantieri di ricerca e fucine di arricchimento culturale e spirituale. Il dialogo, grazie a Dio, sempre più auspicato fra culture e religioni non può che agevolare la reciproca conoscenza e rendere più proficui gli sforzi per costruire un comune avvenire di solidale progresso e di pace per l’intera umanità. I Musei potranno contribuire a diffondere la cultura della pace se, conservando la loro natura di templi della memoria storica, saranno anche luoghi di dialogo e di amicizia tra tutti.

Illustri Signori e Signore, rinnovo a ciascuno di voi il mio cordiale ringraziamento per l’odierna vostra visita e auguro che il vostro quotidiano lavoro contribuisca a trasmettere alle generazioni di domani l’amore per quella bellezza che, come scrive Dostoevskij, "salverà il mondo" (L’idiota, P. III, cap. V, Milano 1998, p. 645). Con tali sentimenti, mentre formulo fervidi voti per le prossime Feste Natalizie, invoco su voi tutti e sulle vostre famiglie l’abbondanza delle benedizioni di Dio.




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