Discorsi 2005-13 24027

AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA Sala Clementina Sabato, 24 febbraio 2007

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Cari fratelli e sorelle,

è per me una vera gioia ricevere in questa Udienza così affollata i Membri della Pontificia Accademia per la Vita, riuniti in occasione della XIII Assemblea Generale; e quanti hanno inteso partecipare al Congresso che ha per tema: "La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita". Saluto il Cardinale Javier Lozano Barragán, gli Arcivescovi e Vescovi presenti, i confratelli sacerdoti, i relatori del Congresso e tutti voi, convenuti da diversi Paesi. Saluto in particolare il Vescovo Elio Sgreccia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che ringrazio per le amabili parole rivoltemi, e per il lavoro a cui attende insieme con il Vice-Presidente, il Cancelliere e i membri del Consiglio Direttivo, per attuare i compiti delicati e vasti della Pontificia Accademia.

Il tema che avete posto all’attenzione dei partecipanti, e pertanto anche della comunità ecclesiale e dell’opinione pubblica, è di grande rilevanza: la coscienza cristiana, infatti, ha una interna necessità di alimentarsi e rafforzarsi con le motivazioni molteplici e profonde che militano a favore del diritto alla vita. E’ un diritto che esige di essere sostenuto da tutti, perché è il diritto fondamentale in ordine agli altri diritti umani. Lo afferma con forza l’Enciclica Evangelium vitae: "Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (cfr
Rm 2,14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l'umana convivenza e la stessa comunità politica" (n. 2). La medesima Enciclica ricorda che "questo diritto devono in modo particolare difendere e promuovere i credenti in Cristo, consapevoli della meravigliosa verità, ricordata dal Concilio Vaticano II: ‘con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo’ (Gaudium et spes GS 22). In questo evento di salvezza, infatti, si rivela all’umanità, non solo l’amore sconfinato di Dio, che ‘ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito (Jn 3,16), ma anche il valore incomparabile di ogni persona umana" (ibid.)

Continuamente, perciò, il cristiano è chiamato a mobilitarsi per far fronte ai molteplici attacchi a cui è esposto il diritto alla vita. In ciò egli sa di poter contare su motivazioni che hanno profonde radici nella legge naturale e che possono quindi essere condivise da ogni persona di retta coscienza. In questa prospettiva, soprattutto dopo la pubblicazione dell’Enciclica Evangelium vitae, molto è stato fatto perché i contenuti di tali motivazioni potessero essere meglio conosciuti nella comunità cristiana e nella società civile, ma bisogna ammettere che gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme. Sono sempre più forti le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi dell’America Latina e nei Paesi in via di sviluppo, anche con il ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva: si incrementano le politiche del controllo demografico, nonostante che siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale.

Nello stesso tempo, nei Paesi più sviluppati cresce l’interesse per la ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del "figlio perfetto", con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia. Tutto questo avviene mentre, su un altro versante, si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale. In queste situazioni la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà.

Per questo è ancor più necessario l’appello alla coscienza e, in particolare, alla coscienza cristiana. "La coscienza, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere di seguire ciò che sa essere giusto e retto" (n. 1778). Da questa definizione emerge che la coscienza morale, per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità, deve cioè essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la consistenza dei criteri di valutazione, così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutino a ciò.

La formazione di una coscienza vera, perché fondata sulla verità, e retta, perché determinata a seguirne i dettami, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi, è oggi un’impresa difficile e delicata, ma imprescindibile. Ed è un’impresa ostacolata, purtroppo, da diversi fattori. Anzitutto, nell’attuale fase della secolarizzazione chiamata post-moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza, non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità ci si allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione. Così la coscienza, che è atto della ragione mirante alla verità delle cose, cessa di essere luce e diventa un semplice sfondo su cui la società dei media getta le immagini e gli impulsi più contraddittori.

Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità. Solo così sarà possibile avviare i giovani a comprendere i valori della vita, dell’amore, del matrimonio, della famiglia. Solo così si potrà portarli ad apprezzare la bellezza e la santità dell’amore, la gioia e la responsabilità di essere genitori e collaboratori di Dio nel dare la vita. In mancanza di una formazione continua e qualificata, diventa ancor più problematica la capacità di giudizio nei problemi posti dalla biomedicina in materia di sessualità, di vita nascente, di procreazione, come anche nel modo di trattare e curare i pazienti e le fasce deboli della società.

E’ certamente necessario parlare dei criteri morali che riguardano questi temi con professionisti, medici e giuristi, per impegnarli ad elaborare un competente giudizio di coscienza, e, nel caso, anche una coraggiosa obiezione di coscienza, ma una pari urgenza insorge a livello di base, per le famiglie e le comunità parrocchiali, nel processo di formazione della gioventù e degli adulti. Sotto questo aspetto, accanto alla formazione cristiana, finalizzata alla conoscenza della Persona di Cristo, della sua Parola e dei Sacramenti, nell’itinerario di fede dei fanciulli e degli adolescenti occorre unire coerentemente il discorso sui valori morali che riguardano la corporeità, la sessualità, l’amore umano, la procreazione, il rispetto per la vita in tutti i momenti, denunciando nel contempo con validi e precisi motivi, i comportamenti contrari a questi valori primari. In questo specifico campo l’opera dei sacerdoti dovrà essere opportunamente coadiuvata dall’impegno di laici educatori, anche specialisti, dediti al compito di guidare le realtà ecclesiali con la loro scienza illuminata dalla fede. Prego, pertanto, il Signore perché mandi fra voi, cari fratelli e sorelle, e fra quanti si dedicano alla scienza, alla medicina, al diritto, alla politica, dei testimoni forniti di coscienza vera e retta, per difendere e promuovere lo "splendore della verità" a sostegno del dono e del mistero della vita. Confido nel vostro aiuto, carissimi professionisti, filosofi, teologi, scienziati e medici. In una società talora chiassosa e violenta, con la vostra qualificazione culturale, con l’insegnamento e con l’esempio, potete contribuire a risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza.

"L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio nel suo cuore -ci ha insegnato il Concilio Vaticano II-; ubbidire ad essa è la dignità stessa dell’uomo e, secondo questa, egli sarà giudicato" (Gaudium et spes GS 16). Il Concilio ha offerto sapienti indirizzi perché "i laici imparino a distinguere accuratamente diritti e doveri che spettano loro in quanto membri della Chiesa da quelli che competono loro in quanto membri della società umana" e "perché imparino ad armonizzarli fra loro, ricordando che in ogni cosa temporale, devono lasciarsi guidare dalla coscienza cristiana, perché nessuna attività umana, nemmeno temporale, può sottrarsi a Dio" (Lumen gentium LG 36). Per questa stessa ragione il Concilio esorta i laici credenti ad accogliere "quanto i pastori decidono come maestri e capi della Chiesa" e, d’altro canto, raccomanda "che i pastori riconoscano e promuovano la dignità e responsabilità dei laici nella Chiesa, si servano volentieri del loro prudente consiglio" e conclude che "da tali rapporti familiari tra laici e pastori si devono attendere molti vantaggi nella Chiesa" (Lumen gentium LG 38).

Quando è in gioco il valore della vita umana, questa armonia tra funzione magisteriale e impegno laicale diventa singolarmente importante: la vita è il primo dei beni ricevuti da Dio ed è fondamento di tutti gli altri; garantire il diritto alla vita a tutti e in maniera uguale per tutti è dovere dal cui assolvimento dipende il futuro dell’umanità. Emerge anche da questa angolatura l’importanza di questo vostro incontro di studio. Ne affido i lavori ed i risultati all’intercessione della Vergine Maria, che la tradizione cristiana saluta come la vera "Madre di tutti i viventi". Sia Lei ad assistervi e a guidarvi! A suggello di questo auspicio, desidero impartire a tutti voi, ai vostri familiari e collaboratori l’Apostolica Benedizione.






CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA Cappella Redemptoris Mater Sabato, 3 marzo 2007

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Signor Cardinale,

a nome di tutti noi qui riuniti, vorrei dirle, di tutto cuore, grazie, per la meravigliosa anagogia che Lei ci ha donato in questa settimana.

Nella Santa Messa, prima della preghiera eucaristica, ogni giorno rispondiamo all'invito «in alto i nostri cuori» con le parole: «sono rivolti al Signore». E temo che questa risposta sia spesso più rituale che esistenziale. Ma Lei ci ha insegnato in questa settimana, realmente, ad alzare, ad elevare il nostro cuore, a salire in alto verso l'invisibile, verso la vera realtà. E ci ha donato anche la chiave per rispondere ogni giorno alle sfide di questa realtà.

Durante la Sua prima conferenza mi sono accorto che negli intarsi del mio inginocchiatoio è raffigurato il Cristo risorto, circondato da angeli che volano. Ho pensato che questi angeli possono volare perché non si trovano nella gravitazione delle cose materiali della terra, ma nella gravitazione dell'amore del Risorto; e che noi potremmo volare se uscissimo un po' dalla gravitazione del materiale ed entrassimo nella gravitazione nuova dell'amore del Risorto.

Lei, realmente, ci ha aiutati ad uscire da questa gravitazione delle cose di ogni giorno e ad entrare in questa altra gravitazione del Risorto e, così, a salire in alto. Per questo Le diciamo grazie.

Vorrei dirLe grazie anche perché ci ha donato diagnosi molto acute e precise della nostra situazione di oggi e soprattutto ci ha mostrato come dietro a tanti fenomeni del nostro tempo, apparentemente molto lontani dalla religione e dal Cristo, ci sia una domanda, un'attesa, un desiderio; e che la unica vera risposta a questo desiderio, onnipresente proprio nel nostro tempo, è Cristo.

Così Lei ci ha aiutato a seguire con maggiore coraggio Cristo e ad amare di più la Chiesa, la «Immaculata ex maculatis», come Lei ci ha insegnato con sant'Ambrogio.

Vorrei infine dirLe grazie per il suo realismo, per il suo umorismo e per la sua concretezza; fino alla teologia un po' audace di una sua domestica: non oserei sottoporre queste parole «il Signore forse ha i suoi difetti» al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma in ogni caso abbiamo imparato ed i suoi pensieri, Signor Cardinale, ci accompagneranno non solo nelle prossime settimane.

Le nostre preghiere sono con Lei. Grazie.





AI MEMBRI DELL'ISTITUTO PAOLO VI DI BRESCIA Sala dei Papi Sabato, 3 marzo 2007

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Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliere ciascuno di voi, che fate parte del Comitato Scientifico e del Comitato Esecutivo dell'Istituto Paolo VI, promosso dall’"Opera per l'Educazione Cristiana" di Brescia, allo scopo di favorire lo studio della vita, del pensiero e dell’attività di questo indimenticabile Pontefice. Vi saluto tutti cordialmente, a cominciare dai Signori Cardinali presenti. In particolare, saluto il Dr. Giuseppe Camadini e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto nella sua qualità di Presidente del vostro Istituto. Porgo poi uno speciale saluto a Mons. Giulio Sanguineti, Vescovo della diocesi nella quale questo mio venerato Predecessore è nato, è stato battezzato ed ordinato sacerdote. A lui sono grato anche per quanto autorevolmente fa per sostenere ed accompagnare l'attività di una così benemerita Istituzione. Grazie, cari amici, per avermi offerto in dono un esemplare di tutte le pubblicazioni finora da voi edite. Si tratta di una ben vasta serie di volumi, che testimoniano il notevole lavoro da voi svolto in oltre 25 anni.

Ho avuto modo di conoscere anch’io l'attività del vostro Istituto. Ne ho ammirato la fedeltà al Magistero, come pure l'intento di onorare un grande Pontefice, del quale è vostra cura far risaltare l’anelito apostolico, grazie ad un rigoroso lavoro di ricerca e ad iniziative di elevato spessore scientifico ed ecclesiale. Al Servo di Dio Paolo VI io mi sento molto legato per la fiducia che ebbe a mostrarmi nominandomi Arcivescovo di Monaco di Baviera e, tre mesi dopo, annoverandomi nel Collegio Cardinalizio. Egli fu chiamato dalla Provvidenza divina a guidare la barca di Pietro in un periodo storico segnato da non poche sfide e problematiche. Nel ripercorrere col pensiero gli anni del suo pontificato, colpisce l'ardore missionario che lo animò e che lo spinse ad intraprendere impegnativi viaggi apostolici anche verso nazioni lontane, a compiere gesti profetici di alta valenza ecclesiale, missionaria ed ecumenica. Fu il primo Papa a recarsi nella Terra dove Cristo visse e dalla quale Pietro partì per venire a Roma. Quella visita, appena sei mesi dopo la sua elezione a Sommo Pastore del Popolo di Dio e mentre era in corso il Concilio Ecumenico Vaticano II, rivestì un chiaro significato simbolico. Indicò alla Chiesa che la via della sua missione è di ricalcare le orme di Cristo. Questo fu appunto quanto il Papa Paolo VI cercò di fare nel corso del suo ministero petrino, che esercitò sempre con saggezza e prudenza, in piena fedeltà al comando del Signore.

In effetti, il segreto dell'azione pastorale che Paolo VI svolse con instancabile dedizione, adottando talora decisioni difficili e impopolari, sta proprio nel suo amore per Cristo: amore che vibra con espressioni toccanti in tutti i suoi insegnamenti. Il suo animo di Pastore era tutto preso da una tensione missionaria alimentata da sincero desiderio di dialogo con l’umanità. Il suo invito profetico, più volte riproposto, a rinnovare il mondo travagliato da inquietudini e violenze mediante "la civiltà dell’amore", nasceva da un totale suo affidamento a Gesù, Redentore dell’uomo. Come dimenticare, ad esempio, quelle parole che anch’io, allora presente come Perito al Concilio Vaticano II, ebbi ad ascoltare nella Basilica Vaticana all'apertura della Seconda Sessione, il 29 settembre 1963? "Cristo nostro principio - proclamò con intimo trasporto Paolo VI -, Cristo nostra via e nostra guida! Cristo nostra speranza e nostro termine... Nessun'altra luce si libri in questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo; nessun'altra verità interessi gli animi nostri, che non siano le parole del Signore, unico nostro Maestro; nessun'altra aspirazione ci guidi, che non sia il desiderio di essere a Lui assolutamente fedeli" (Insegnamenti di Paolo VI, I [1963], 170-171). E fino all'ultimo respiro il suo pensiero, le sue energie, la sua azione furono per Cristo e per la Chiesa.

Il nome di questo Pontefice, che l’opinione pubblica mondiale comprese nella sua grandezza proprio in occasione della morte, resta soprattutto legato al Concilio Vaticano II. Se infatti fu Giovanni XXIII a indirlo e a iniziarlo, toccò a lui, suo successore, portarlo a compimento con mano esperta, delicata e ferma. Non meno arduo fu per Papa Montini reggere la Chiesa nel periodo post-conciliare. Non si lasciò condizionare da incomprensioni e critiche, anche se dovette sopportare sofferenze e attacchi talora violenti, ma restò in ogni circostanza fermo e prudente timoniere della barca di Pietro.

Con il passare degli anni appare sempre più evidente l'importanza per la Chiesa e per il mondo del suo pontificato, come pure il valore del suo alto magistero, a cui si sono ispirati i suoi Successori, ed al quale anch’io continuo a far riferimento. Colgo, pertanto, volentieri l’odierna circostanza per rendergli omaggio, mentre vi incoraggio, cari amici, a proseguire nel lavoro che avete da tempo intrapreso. Facendo mia l’esortazione che vi indirizzò l’amato Giovanni Paolo II, vi ripeto volentieri: "Studiate Paolo VI con amore... studiatelo con rigore scientifico... studiatelo con la convinzione che la sua eredità spirituale continua ad arricchire la Chiesa e può alimentare le coscienze degli uomini di oggi, tanto bisognosi di parole di vita eterna" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1980, PP 187-189). Cari fratelli e sorelle, grazie ancora per la vostra visita; vi assicuro un ricordo nella preghiera e benedico con affetto voi, le vostre famiglie e tutte le iniziative dell’Istituto Paolo VI di Brescia.



AI SOCI DEL CIRCOLO SAN PIETRO Sala dei Papi Giovedì, 8 marzo 2007

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Cari amici,


grazie per la vostra presenza a questo incontro, con cui intendete rinnovare i sentimenti di affetto e di devozione che legano il vostro Sodalizio al Successore dell’apostolo Pietro. Vi saluto tutti cordialmente. Saluto i membri della Presidenza Generale del vostro benemerito Circolo, ed in modo speciale il Presidente, Don Leopoldo dei Duchi Torlonia, al quale esprimo gratitudine anche per le gentili parole che mi ha rivolto a vostro nome, illustrandomi le vostre attività liturgiche e caritative. Estendo il mio pensiero al vostro Assistente spirituale, alle vostre famiglie e a quanti in vario modo prendono parte alle attività che voi organizzate. Come ormai da lunga tradizione, questo appuntamento annuale ha luogo in relazione con la festa della Cattedra di San Pietro, per sottolineare la peculiare fedeltà alla Santa Sede che voi volete contraddistingua il vostro Circolo, e per consegnare al Papa la raccolta del tradizionale Obolo di san Pietro da voi effettuata nelle parrocchie e negli istituti della diocesi di Roma.

L’antica pratica dell’Obolo di san Pietro, in un certo modo già in vigore nelle prime Comunità cristiane, scaturisce dalla consapevolezza che ogni fedele è chiamato a sostenere anche materialmente l’opera dell’evangelizzazione e, al tempo stesso, a soccorrere con generosità i poveri ed i bisognosi, memori delle parole di Gesù: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (
Mt 25,39). Grazie alla compartecipazione di risorse materiali, leggiamo negli Atti degli Apostoli che “nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli Apostoli” (At 4,34s.); ed ancora: “i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea” (Ac 11,29).

Questa prassi ecclesiale è andata sviluppandosi con il passare dei secoli, adattandosi alle diverse esigenze dei tempi e prosegue anche ora. In ogni diocesi, in ogni parrocchia e comunità religiosa viene infatti annualmente raccolto l’Obolo di san Pietro, che è poi fatto pervenire al centro della Chiesa per essere ridistribuito secondo i bisogni e le richieste che giungono al Papa da ogni parte della terra. Nella storia della Chiesa ci sono stati momenti nei quali il sostegno economico dei cristiani al Successore di Pietro è risultato particolarmente significativo, come possiamo facilmente comprendere da quanto, ad esempio, scriveva il beato Papa Pio IX nell’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871: “Più abbondante del solito giunse a Noi l’obolo, con il quale poveri e ricchi si sono sforzati di soccorrere la povertà a Noi cagionata; ad esso si aggiunsero molteplici, svariati e nobilissimi doni, e uno splendido tributo delle arti cristiane e degli ingegni, particolarmente adatto a far risaltare la duplice potestà, spirituale e regale, a Noi concessa da Dio” (Ench. Enc., 2, n. 452, p. 609).

Anche in questo nostro tempo la Chiesa continua a diffondere il Vangelo e a cooperare alla costruzione di una umanità più fraterna e solidale. E proprio grazie anche all’Obolo di san Pietro le è possibile portare a compimento questa sua missione di evangelizzazione e di promozione umana. Vi sono, quindi, grato per il vostro impegno nel raccogliere, come ha sottolineato il vostro Presidente, le offerte dei romani, segno della loro gratitudine per l’azione pastorale e caritativa del Successore di Pietro. So che siete animati da zelo e generosità: il Signore vi ricompensi e renda fruttuoso il servizio ecclesiale che svolgete, come pure vi aiuti a portare a realizzazione ogni iniziativa del vostro Circolo. Tra queste mi piace ricordare specialmente il prezioso servizio che voi rendete da oltre sei anni con l’Hospice Sacro Cuore, dove la quotidiana presenza di vostri volontari offre sostegno ai malati e ai loro familiari: la vostra è una silenziosa, ma quanto mai eloquente, testimonianza di amore per la vita umana, che merita attenzione e rispetto sino all’ultimo suo respiro.

Cari amici, siamo nel tempo quaresimale, durante il quale la liturgia ci ricorda che, all’impegno della preghiera e del digiuno, dobbiamo unire l’attenzione per i fratelli, specialmente per coloro che si trovano in difficoltà, venendo in loro soccorso con gesti ed opere di sostegno materiale e spirituale. Ripeto quest’oggi a voi l’invito che nel Messaggio per la Quaresima ho rivolto a ogni cristiano, l’auspicio cioè che questo tempo liturgico sia per tutti “una rinnovata esperienza dell’amore di Dio donatoci in Cristo, amore che ogni giorno dobbiamo a nostra volta ‘ridonare’ al prossimo, soprattutto a chi più soffre ed è nel bisogno” (L’Osservatore Romano, 14 febbraio 2007, p. 5). Mentre vi esprimo ancora una volta la mia riconoscenza per l’odierna vostra visita, vi incoraggio a proseguire con entusiasmo le vostre attività caritative e il servizio d’onore e di accoglienza ai fedeli che svolgete nella Basilica Vaticana e durante le celebrazioni presiedute dal Papa. Vi affido alla materna protezione di Maria, che voi invocate come Salus Populi Romani. Con questi sentimenti, assicurandovi un ricordo nella preghiera per voi e per le vostre iniziative, imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI Sala Clementina Venerdì, 9 marzo 2007

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Eminenze,
Miei Cari Fratelli Vescovi,
Cari Fratelli e Care Sorelle in Cristo,

sono lieto di accogliervi in Vaticano oggi, in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Ringrazio innanzitutto l'Arcivescovo Foley, Presidente del Consiglio, per i suoi cortesi commenti introduttivi. Desidero esprimere a tutti voi la mia gratitudine per il vostro impegno nell'apostolato delle comunicazioni sociali, la cui importanza non può essere sottovalutata nel nostro mondo sempre più tecnologico.

Il campo delle comunicazioni sociali muta rapidamente. Mentre i mezzi di comunicazione di stampa faticano a mantenere la propria diffusione, altri mezzi quali la radio, la televisione e Internet si stanno sviluppando a una velocità straordinaria. Sullo sfondo della globalizzazione, questa ascesa dei mezzi elettronici coincide con una sempre maggiore concentrazione nelle mani di alcune multinazionali la cui influenza attraversa tutti i confini sociali e culturali.

Quali sono stati i risultati e gli effetti di questo incremento dei mezzi di comunicazione sociale e delle attività dell'industria dell'intrattenimento? So che questa domanda richiede molta attenzione da parte vostra. Infatti, dato il ruolo pervasivo dei mezzi di comunicazione sociale nel plasmare la cultura, ciò riguarda tutti coloro che hanno a cuore il benessere della società civile.

Indubbiamente, le varie componenti dei mezzi di comunicazione sociale hanno apportato grande beneficio alla civiltà. Pensiamo solo ai documentari eccellenti e ai servizi di informazione, al sano intrattenimento e ai dibattiti che spingono a pensare e alle interviste. Inoltre, a proposito di Internet è doveroso ricordare che ha messo a disposizione un mondo di conoscenza e di apprendimento che in precedenza poteva essere di difficile accesso per molti, se non per tutti.

Questi contributi al bene comune meritano un plauso e vanno incoraggiati.

D'altro canto, è anche evidente che molto di ciò che viene trasmesso in varie forme nelle case di milioni di famiglie in tutto il mondo è distruttivo. Orientando la luce della verità di Cristo su tali ombre la Chiesa genera speranza. Potenziamo i nostri sforzi volti a incoraggiare tutti a mettere la lucerna sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono in casa, a scuola, e nella società (cfr
Mt 5,14-16)!

A questo proposito, il mio Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali di questo anno richiama l'attenzione sul rapporto fra i mezzi di comunicazione sociale e i giovani. Le mie ansie non sono diverse da quelle di qualsiasi madre o padre o insegnante o cittadino responsabile.

Riconosciamo tutti che "la bellezza, quasi specchio del divino, ispira e vivifica i cuori e le menti giovanili, mentre la bruttezza e la volgarità hanno un impatto deprimente sugli atteggiamenti ed i comportamenti" (n. 2). La responsabilità di introdurre ed educare i bambini e i giovani alla bellezza, alla verità e alla bontà è dunque molto gravosa. Può essere sostenuta dalle multinazionali solo se promuovono la fondamentale dignità umana, il valore autentico del matrimonio e della vita familiare e i risultati e gli obbiettivi positivi dell'umanità.

Mi rivolgo ancora una volta ai responsabili dell'industria dei mezzi di comunicazione sociale affinché consiglino ai produttori di tutelare il bene comune, di sostenere la verità, di proteggere la dignità individuale umana e di promuovere il rispetto per le esigenze della famiglia. Nell'incoraggiare tutti voi, riuniti qui oggi, ho fiducia nel fatto che vi preoccuperete di garantire che i frutti delle vostre riflessioni e dei vostri studi vengano effettivamente condivisi con le Chiese particolari attraverso la parrocchia, la scuola e le strutture diocesane.

A tutti voi, ai vostri colleghi e ai membri delle vostre famiglie a casa imparto la mia Benedizione Apostolica.





SANTO ROSARIO CON GLI UNIVERSITARI Aula Paolo VI Sabato, 10 marzo 2007

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Cari giovani universitari!

Sono molto lieto di rivolgervi il mio cordiale saluto al termine della Veglia mariana, che il Vicariato di Roma ha promosso in occasione della Giornata Europea degli Universitari. Ringrazio il Cardinale Camillo Ruini e Mons. Lorenzo Leuzzi, come pure quanti hanno cooperato all’iniziativa: le istituzioni accademiche, i Conservatori di Musica, il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero delle Comunicazioni. Mi congratulo con i Maestri dell’orchestra e del grande coro e con voi, cari musicisti e coristi. Mentre accolgo voi, amici di Roma, il mio pensiero va con pari affetto ai vostri coetanei che, grazie ai collegamenti radio-televisivi, hanno potuto partecipare a questo momento di preghiera e di riflessione da alcune città d’Europa e dell’Asia: da Praga, Calcutta, Hong Kong, Bologna, Cracovia, Torino, Manchester, Manila, Coimbra, Tirana e Islamabad-Rawalpindi. E’ davvero un segno dei tempi, un segno di speranza questa "rete", realizzata con la collaborazione del Centro Televisivo Vaticano, della Radio Vaticana e di Telespazio.

È una "rete" che dimostra tutto il suo valore se consideriamo il tema della veglia odierna: "La carità intellettuale, via per una nuova cooperazione Europa – Asia". È suggestivo pensare alla carità intellettuale come forza dello spirito umano, capace di accomunare gli itinerari formativi delle nuove generazioni. Più globalmente, la carità intellettuale può unire il cammino esistenziale di giovani che, pur vivendo a grande distanza gli uni dagli altri, riescono a sentirsi legati sul piano della ricerca interiore e della testimonianza. Questa sera realizziamo un ideale ponte tra l’Europa e l’Asia, continente di ricchissime tradizioni spirituali, dove si sono sviluppate alcune tra le più antiche e nobili tradizioni culturali dell’umanità. Quanto significativo è pertanto questo nostro incontro! I giovani universitari di Roma si fanno promotori di fratellanza all’insegna dell’amore intellettuale, perseguono una solidarietà che non prende le mosse dal piano degli interessi economici o politici, ma da quello dello studio e della ricerca della verità. Siamo, insomma, nella vera prospettiva "universitaria", e cioè di quella comunità del sapere che è stato uno degli elementi costitutivi dell’Europa. Grazie, cari giovani!

Mi rivolgo ora a quanti sono collegati con noi dalle diverse città e nazioni.

Milí mladí prátelé, kterí jste shromáždeni v Praze! Kéž prátelství s Ježíšem Kristem je vždy svetlem pro vaše studium i pro váš osobní rust.

[Cari giovani che siete riuniti a Praga! L’amicizia con Cristo illumini sempre il vostro studio e la vostra crescita personale.]

Dear university students from Calcutta, Hong Kong, Islamabad-Rawalpindi, Manchester and Manila! May you bear witness to the fact that Jesus Christ takes nothing away from us but brings to fulfilment our deepest longings for life and truth!

Drodzy Przyjaciele z Krakowa! Radosnym i otwartym sercem zglebiajcie nauczanie, które pozostawil wszystkim mlodym, a szczególnie studentom, umilowany Sluga Bozy Jan Pawel II.

[Cari amici di Cracovia! Fate sempre tesoro degli insegnamenti che il venerato Papa Giovanni Paolo II ha lasciato ai giovani e, in modo particolare, agli universitari.]

Queridos estudantes da Universidade de Coimbra! Que a Virgem Maria, Sede da Sabedoria, seja a vossa guia para vos tornardes verdadeiros discípulos e testemunhas da Sabedoria cristã.

Të dashur të rinj të Tiranës! Ju ftoj të jeni protagonistë në ndërtimin e Shqipërisë së re, duke u ushqyer prej rrënjëve kristiane të Evropës.

[Cari giovani di Tirana! Impegnatevi a costruire da protagonisti la nuova Albania, attingendo alle radici cristiane dell’Europa.]

Cari studenti delle Università di Bologna e di Torino! Non fate mancare alla costruzione del nuovo umanesimo, basato sul dialogo fecondo tra fede e ragione, il vostro contributo originale e creativo.

Cari amici, stiamo vivendo il tempo della Quaresima, e la liturgia ci esorta continuamente a rendere più salda la nostra sequela di Cristo. Anche questa Veglia, secondo la tradizione delle Giornate Mondiali della Gioventù, può essere considerata una tappa del pellegrinaggio spirituale guidato dalla Croce. E il mistero della Croce non è sganciato dal tema della carità intellettuale, anzi, lo illumina. La sapienza cristiana è sapienza della Croce: gli studenti e, a maggior ragione, i docenti cristiani, interpretano ogni realtà alla luce del mistero d’amore di Dio, che ha nella Croce la sua più alta e compiuta rivelazione. Ancora una volta, cari giovani, vi affido la Croce di Cristo: accoglietela, abbracciatela, seguitela. E’ l’albero della vita! Ai suoi piedi trovate sempre Maria, la Madre di Gesù. Insieme con Lei, Sede della Sapienza, volgete lo sguardo a Colui che per noi è stato trafitto (cfr
Jn 19,37), contemplate la sorgente inesauribile dell’amore e della verità, e potrete diventarne anche voi discepoli e testimoni pieni di gioia. E’ l’augurio che rivolgo a ciascuno di voi. Lo accompagno di cuore con la preghiera e con la mia Benedizione, che estendo volentieri a tutti i vostri cari.






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