Discorsi 2005-13 20047

AI MEMBRI DELLA "PAPAL FOUNDATION" Sala Clementina Venerdì, 20 aprile 2007

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Cari amici,

sono lieto di salutare voi, membri della "Papal Foundation", in occasione del vostro pellegrinaggio annuale a Roma. Quest'anno il nostro incontro è ancora una volta colmo della gioia del Tempo Pasquale, in cui la Chiesa commemora il passaggio di Cristo dalla morte alla vita, l'alba della nuova creazione e l'afflato dello Spirito Santo. Che lo Spirito riempia i vostri cuori con doni di saggezza, gioia e pace e che il vostro pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli e dei martiri rinnovi il vostro amore per il Signore e per la sua Chiesa!

Fin dall'inizio, la "The Papal Foundation" ha cercato di promuovere la missione ecclesiale sostenendo specifiche opere di carità vicine al cuore del Successore di Pietro nella sua sollecitudine per tutte le Chiese (cfr
1Co 11,28). Colgo volentieri questa occasione per esprimere la mia gratitudine non solo per l'assistenza che la Foundation ha offerto ai Paesi in via di sviluppo attraverso finanziamenti a supporto di una varietà di progetti caritativi ed educativi, ma anche per l'aiuto apportato a laici, sacerdoti e religiosi presso le Pontificie Università qui, a Roma, mediante l'assegnazione di borse di studio.

Così, state contribuendo in modo significativo alla formazione di futuri responsabili le cui menti e i cui cuori siano plasmati dall'insegnamento del Vangelo, dalla sapienza della dottrina sociale cattolica e da un profondo senso di comunione con la Chiesa universale nel suo servizio a tutta la famiglia umana.

Durante questo Tempo Pasquale incoraggio tutti voi a scoprire ancor più pienamente nell'Eucaristia, il Sacramento dell'amore sacrificale di Cristo, l'ispirazione e la forza necessari per operare con generosità ancora maggiore per la diffusione del Regno di Dio e la crescita della civiltà dell'amore (Cfr Sacramentum caritatis, n. 90). Con grande affetto affido voi e le vostre famiglie all'amorevole intercessione di Maria, Madre della Chiesa, e di tutto cuore imparto la mia Benedizione Apostolica quale pegno di gioia e di pace nel Signore.





VISITA PASTORALE A VIGEVANO E PAVIA



SALUTO AI GIOVANI E AGLI AMMALATI Balcone centrale del Vescovado Piazza Sant' Ambrogio, Vigevano Sabato, 21 aprile 2007

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Cari fratelli e sorelle,


sono lieto di trovarmi tra voi, e vi ringrazio per la vostra cordiale e festosa accoglienza. Scendendo dall'elicottero, quasi ho udito l'eco delle campane di tutte le chiese della Diocesi che a mezzogiorno hanno suonato a festa per rivolgermi un corale saluto. Vi sono riconoscente anche per questo gesto di affetto. Il mio primo incontro è stato con i ragazzi delle scuole e delle società sportive, venuti ad accogliermi nello stadio comunale. Lungo il percorso, poi, ho visto tanta gente. Grazie a tutti e a ciascuno. Qui a Vigevano, l'unica Diocesi della Lombardia non visitata dal mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, ho voluto dare inizio a questo mio pellegrinaggio pastorale in Italia. Così, è come se riprendessi il cammino da lui percorso per continuare a proclamare agli uomini e alle donne dell'amata Italia l'annuncio, antico e sempre nuovo, che risuona con particolare vigore in questo tempo pasquale: Cristo è risorto! Cristo è vivo! Cristo è con noi oggi e sempre!

Saluto il Sindaco di questa Città, che ringrazio per le cortesi parole di benvenuto che mi ha indirizzato a nome della comunità civica. Un grazie di cuore esprimo a quanti hanno cooperato in diversi modi per la preparazione e la realizzazione di questa mia visita, alla quale vi siete predisposti specialmente con la preghiera. Un pensiero speciale dirigo alle Suore Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, che ho poc'anzi incontrato; la loro orante presenza costituisce per l'intera Diocesi un perenne richiamo a considerare sempre di più l'importanza dell'Eucaristia, centro e culmine della vita della Chiesa. A queste care Sorelle che hanno consacrato tutta la loro esistenza al Signore giungano il mio incoraggiamento e la mia riconoscenza. Saluto poi gli ammalati e, mentre mi rivolgo a voi qui presenti, estendo il mio pensiero a coloro che nei paesi e nelle città della Diocesi soffrono, sono in difficoltà o si ritrovano emarginati. La materna protezione della Vergine Santa sia per ciascuno sostegno e conforto nella prova.

Un saluto speciale rivolgo adesso a voi, cari giovani raccolti in questa piazza, mentre spiritualmente abbraccio tutti i giovani vigevanesi e lomellini. Cari amici, Cristo risorto rinnova a ciascuno di voi il suo invito a seguirlo. Non esitate a fidarvi di Lui: incontratelo, ascoltatelo, amatelo con tutto il vostro cuore; nell'amicizia con Lui sperimenterete la vera gioia che dà senso e valore all'esistenza.

Cari fratelli e sorelle, avrei volentieri aderito all'invito di prolungare il mio soggiorno nella vostra Diocesi, ma non mi è possibile, ed allora permettete che stringa in un grande abbraccio ogni abitante di questa Città e dei Vicariati di Mortara, Garlasco, Mede e Cava Manara. Tra poco, riuniti tutti spiritualmente attorno all'altare per la solenne Concelebrazione eucaristica, pregheremo perché il Signore risorto faccia sì che la visita del Successore di Pietro susciti in ogni membro della vostra Comunità diocesana un rinnovato fervore spirituale. Con questo augurio a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.




SALUTO AI GIOVANI DELLA DIOCESI DI PAVIA Piazza Duomo, Pavia Sabato, 21 aprile 2007

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Cari fratelli e sorelle,


dopo aver trascorso questo pomeriggio a Vigevano, eccomi ora tra voi, a Pavia, in questa piazza, con il maestoso e imponente Duomo del XV secolo che le fa da sfondo. In questa chiesa sono da secoli custodite gelosamente, come in uno scrigno, le spoglie di san Siro, primo Vescovo del III-IV secolo. In questo momento tali reliquie sono provvisoriamente ospitate nella chiesa del Carmine. Ringrazio tutti voi per avermi atteso e per avermi accolto con grande calore. In questo nostro primo incontro, desidero salutare la Signora Sindaco e il Ministro Mastella, ai quali sono grato per le cordiali parole rivoltemi. Saluto pure le altre Autorità civili presenti. Un saluto particolare desidero rivolgere al Pastore della Diocesi, il Vescovo Giovanni Giudici, e, insieme con lui, saluto i sacerdoti, le religiose e i religiosi e quanti attivamente si dedicano al lavoro pastorale.

Una parola particolarmente affettuosa desidero indirizzare specialmente a voi, cari giovani, convenuti così numerosi per questo mio primo contatto con la vostra Diocesi. Di essa voi rappresentate la speranza e il futuro: sono per questo felice di iniziare la mia prima visita proprio con voi. Grazie per la numerosa presenza. Vengo tra voi questa sera per rinnovarvi un annuncio che è sempre giovane, per affidarvi un messaggio che, quando viene accolto, cambia l'esistenza, la rinnova e la riempie. La Chiesa proclama questo messaggio con particolare gioia in questo tempo pasquale: Cristo risorto è vivo tra noi! Anche oggi! Quanti vostri coetanei nel corso della storia, cari giovani, lo hanno incontrato e sono diventati suoi amici; lo hanno seguito fedelmente e ne hanno testimoniato l'amore con la propria vita!

Ed allora non abbiate paura di donare la vostra esistenza a Cristo: Egli non delude mai le nostre attese, perché sa che cosa c'è nel nostro cuore. Seguendolo con fedeltà non sarà difficile per voi trovare la risposta alle domande che portate nell'animo: "Che cosa debbo fare? Quale compito mi attende nella vita?". La Chiesa, che ha bisogno del vostro impegno per recare specialmente ai vostri coetanei l'annuncio evangelico, vi sostiene nel cammino di conoscenza della fede e dell'amore per Dio e per i fratelli. La società, che in questo nostro tempo è segnata da innumerevoli mutamenti sociali, attende il vostro apporto per costruire una comune convivenza meno egoista e più solidale, realmente animata dai grandi ideali della giustizia, della libertà e della pace.

Ecco la vostra missione, cari giovani amici! Lavoriamo per la giustizia, per la pace, per la solidarietà, per la vera libertà. Il Cristo risorto vi accompagni e insieme con Lui la Vergine Maria, sua e nostra Madre. Con il suo esempio e la sua costante intercessione la Madonna vi aiuti a non scoraggiarvi nei momenti dell'insuccesso e a confidare sempre nel Signore. Vi ringrazio ancora una volta di cuore per questa vostra presenza e vi benedico tutti con affetto. Buona notte e arrivederci a domani!




VISITA AL POLICLINICO "SAN MATTEO" DI PAVIA - AI DIRIGENTI, AL PERSONALE MEDICO, AGLI AMMALATI E AI FAMILIARI Cortile interno del Policlinico, Pavia Domenica, 22 aprile 2007

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Cari fratelli e sorelle,


nel programma della visita pastorale a Pavia non poteva mancare una sosta al Policlinico "San Matteo" per incontrare voi, cari ammalati, che provenite non solo dalla provincia di Pavia ma da tutta l'Italia. A ciascuno esprimo la mia personale vicinanza e solidarietà, mentre abbraccio spiritualmente anche gli ammalati, i sofferenti e le persone in difficoltà che si trovano nella vostra Diocesi e quanti se ne prendono amorevole cura. A tutti vorrei far giungere una parola di incoraggiamento e di speranza. Rivolgo un rispettoso saluto al Presidente del Policlinico, Signor Alberto Guglielmo, e lo ringrazio per le cordiali espressioni che mi ha poc'anzi indirizzato. La mia gratitudine si estende ai medici, agli infermieri e a tutto il personale, che qui opera quotidianamente. Un pensiero grato rivolgo ai Padri Camilliani, che con vivo zelo pastorale recano ogni giorno ai malati il conforto della fede, come pure alle Suore della Provvidenza impegnate in un generoso servizio secondo il carisma del loro Fondatore, san Luigi Scrosoppi. Un grazie di cuore esprimo alla rappresentante degli ammalati e con affetto penso pure ai familiari dei malati, che con i loro cari condividono momenti di trepidazione e di fiduciosa attesa.

L'ospedale è un luogo che potremmo dire in qualche modo "sacro", dove si sperimenta la fragilità della natura umana, ma anche le enormi potenzialità e risorse dell'ingegno dell'uomo e della tecnica al servizio della vita. La vita dell'uomo! Questo grande dono, per quanto lo si esplori, resta sempre un mistero. So che questa vostra struttura ospedaliera, il Policlinico "San Matteo", è ben conosciuta in questa Città e nel resto d'Italia, soprattutto per alcuni interventi di avanguardia. Qui, voi cercate di alleviare la sofferenza delle persone nel tentativo di un pieno recupero delle condizioni di salute e molto spesso, grazie anche alle moderne scoperte scientifiche, ciò avviene. Qui si ottengono dei risultati veramente confortanti. Il mio vivo auspicio è che, al necessario progresso scientifico e tecnologico, si accompagni costantemente la coscienza di promuovere, insieme con il bene del malato, anche quei valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita in ogni sua fase, dai quali dipende la qualità autenticamente umana di una convivenza.

Trovandomi tra voi, mi viene spontaneo pensare a Gesù che, nel corso della sua esistenza terrena, ha sempre mostrato una particolare attenzione verso i sofferenti, guarendoli e donando loro la possibilità di un ritorno alla vita di relazione familiare e sociale che la malattia aveva compromesso. Penso anche alla prima comunità cristiana, dove, come leggiamo in questi giorni negli Atti degli Apostoli, molte guarigioni e prodigi accompagnavano la predicazione degli Apostoli. Sempre la Chiesa, seguendo l'esempio del suo Signore, manifesta una speciale predilezione verso chi soffre e, come ha detto il Signor Presidente, vede nel sofferente Cristo stesso, e non cessa di offrire ai malati l'aiuto necessario, l'aiuto tecnico e l'amore umano, consapevole di essere chiamata a manifestare l'amore e la sollecitudine di Cristo verso di essi e verso coloro che se ne prendono cura. Progresso tecnico, tecnologico, e amore umano devono sempre andare insieme!

Particolarmente attuale risuona, poi, in questo luogo la parola di Gesù: "Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l'avete fatto a me" (
Mt 25,40 Mt 25,45). In ogni persona colpita dalla malattia è Lui stesso che attende il nostro amore. Certo, la sofferenza ripugna all'animo umano; rimane però sempre vero che, quando viene accolta con amore, con compassione, ed è illuminata dalla fede, diviene un'occasione preziosa che unisce in maniera misteriosa al Cristo Redentore, l'Uomo dei dolori, che sulla Croce ha assunto su di sé il dolore e la morte dell'uomo. Con il sacrificio della sua vita Egli ha redento la sofferenza umana e ne ha fatto il mezzo fondamentale della salvezza. Cari ammalati, affidate al Signore i disagi e le pene che dovete affrontare e nel suo piano diventeranno mezzi di purificazione e di redenzione per il mondo intero. Cari amici, assicuro a ciascuno di voi il mio ricordo nella preghiera e, mentre invoco Maria Santissima, Salus infirmorum - Salute degli infermi, perché protegga voi e le vostre famiglie, i dirigenti, i medici e l'intera comunità del Policlinico, a tutti con affetto imparto una speciale Benedizione Apostolica.



INCONTRO CON IL MONDO DELLA CULTURA DISCORSO Cortile "Teresiano" dell’Università, Pavia Domenica, 22 aprile 2007

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Magnifico Rettore,

illustri Professori, cari studenti!

La mia visita pastorale a Pavia, seppur breve, non poteva non prevedere una sosta in questa Università, che costituisce da secoli un elemento caratterizzante della vostra città. Sono pertanto lieto di trovarmi in mezzo a voi per questo incontro a cui attribuisco particolare valore, venendo anch'io dal mondo accademico. Saluto con cordiale deferenza i professori e, in primo luogo, il Rettore, Prof. Angiolino Stella, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi. Saluto gli studenti, in special modo il giovane che si è fatto portavoce dei sentimenti degli altri universitari. Mi ha rassicurato sul coraggio nella dedizione alla verità, sul coraggio di cercare oltre i limiti del conosciuto, di non arrendersi alla debolezza della ragione. E sono molto grato per queste parole. Estendo il mio pensiero beneaugurante anche a quanti fanno parte della vostra comunità accademica e non hanno potuto essere qui presenti quest'oggi.

La vostra è una delle più antiche ed illustri Università italiane, ed annovera - ripeto quanto ha detto il Magnifico Rettore - tra i docenti che l'hanno onorata personalità quali Alessandro Volta, Camillo Golgi e Carlo Forlanini. Mi è caro pure ricordare che nel vostro Ateneo sono passati docenti e studenti segnalatisi per un'eminente statura spirituale. Tali furono Michele Ghislieri, diventato poi Papa san Pio V, san Carlo Borromeo, sant'Alessandro Sauli, san Riccardo Pampuri, santa Gianna Beretta Molla, il beato Contardo Ferrini e il servo di Dio Teresio Olivelli.

Cari amici, ogni Università ha una nativa vocazione comunitaria: essa infatti è appunto una universitas, una comunità di docenti e studenti impegnati nella ricerca della verità e nell'acquisizione di superiori competenze culturali e professionali. La centralità della persona e la dimensione comunitaria sono due poli co-essenziali per una valida impostazione della universitas studiorum. Ogni Università dovrebbe sempre custodire la fisionomia di un Centro di studi "a misura d'uomo", in cui la persona dello studente sia preservata dall'anonimato e possa coltivare un fecondo dialogo con i docenti, traendone incentivo per la sua crescita culturale ed umana.

Da questa impostazione discendono alcune applicazioni tra loro connesse. Anzitutto, è certo che solo ponendo al centro la persona e valorizzando il dialogo e le relazioni interpersonali può essere superata la frammentazione specialistica delle discipline e recuperata la prospettiva unitaria del sapere. Le discipline tendono naturalmente, e anche giustamente, alla specializzazione, mentre la persona ha bisogno di unità e di sintesi. In secondo luogo, è di fondamentale importanza che l'impegno della ricerca scientifica possa aprirsi alla domanda esistenziale di senso per la vita stessa della persona. La ricerca tende alla conoscenza, mentre la persona abbisogna anche della sapienza, di quella scienza cioè che si esprime nel "saper-vivere". In terzo luogo, solo valorizzando la persona e le relazioni interpersonali il rapporto didattico può diventare relazione educativa, un cammino di maturazione umana. La struttura infatti privilegia la comunicazione, mentre le persone aspirano alla condivisione.

So che quest'attenzione alla persona, alla sua esperienza integrale di vita e alla sua tensione comunionale è ben presente nell'azione pastorale della Chiesa pavese in ambito culturale. Lo testimonia l'opera dei Collegi universitari di ispirazione cristiana. Tra questi, vorrei anch'io ricordare il Collegio Borromeo, voluto da san Carlo Borromeo con Bolla di fondazione del Papa Pio IV e il Collegio Santa Caterina, fondato dalla Diocesi di Pavia per volontà del Servo di Dio Paolo VI con contributo determinante della Santa Sede. Importante, in questo senso, è anche l'opera delle parrocchie e dei movimenti ecclesiali, in particolare del Centro Universitario Diocesano e della F.U.C.I.: la loro attività è volta ad accogliere la persona nella sua globalità, a proporre cammini armonici di formazione umana, culturale e cristiana, ad offrire spazi di condivisione, di confronto e di comunione. Vorrei cogliere questa occasione per invitare gli studenti e i docenti a non sentirsi soltanto oggetto di attenzione pastorale, ma a partecipare attivamente e ad offrire il loro contributo al progetto culturale di ispirazione cristiana che la Chiesa promuove in Italia e in Europa.

Incontrandovi, cari amici, viene spontaneo pensare a sant'Agostino, co-patrono di questa Università insieme a santa Caterina d'Alessandria. Il percorso esistenziale e intellettuale di Agostino sta a testimoniare la feconda interazione tra fede e cultura. Sant'Agostino era un uomo animato da un instancabile desiderio di trovare la verità, di trovare che cosa è la vita, di sapere come vivere, di conoscere l'uomo. E proprio a causa della sua passione per l'uomo ha necessariamente cercato Dio, perché solo nella luce di Dio anche la grandezza dell'uomo, la bellezza dell'avventura di essere uomo può apparire pienamente. Questo Dio inizialmente gli appariva molto lontano. Poi lo ha trovato: questo Dio grande, inaccessibile, si è fatto vicino, uno di noi. Il grande Dio è il nostro Dio, è un Dio con un volto umano. Così la fede in Cristo non ha posto fine alla sua filosofia, alla sua audacia intellettuale, ma, al contrario, lo ha ulteriormente spinto a cercare le profondità dell'essere uomo e ad aiutare gli altri a vivere bene, a trovare la vita, l'arte di vivere. Questo era per lui la filosofia: saper vivere, con tutta la ragione, con tutta la profondità del nostro pensiero, della nostra volontà, e lasciarsi guidare sul cammino della verità, che è un cammino di coraggio, di umiltà, di purificazione permanente. La fede in Cristo ha dato compimento a tutta la ricerca di Agostino. Compimento, tuttavia, nel senso che egli è rimasto sempre in cammino. Anzi, ci dice: anche nell'eternità la nostra ricerca non sarà finita, sarà un'avventura eterna scoprire nuove grandezze, nuove bellezze. Egli ha interpretato la parola del Salmo "Cercate sempre il suo volto" ed ha detto: questo vale per l'eternità; e la bellezza dell'eternità è che essa non è una realtà statica, ma un progresso immenso nella immensa bellezza di Dio. Così poteva trovare Dio come la ragione fondante, ma anche come l'amore che ci abbraccia, ci guida e dà senso alla storia e alla nostra vita personale. Stamattina ho avuto occasione di dire che questo amore per Cristo ha dato forma al suo impegno personale.

Da una vita impostata sulla ricerca egli è passato ad una vita totalmente donata a Cristo e così ad una vita per gli altri. Ha scoperto - questa è stata la sua seconda conversione - che convertirsi a Cristo vuol dire non vivere per sé ma essere realmente al servizio di tutti. Sant'Agostino sia per noi, proprio anche per il mondo accademico, modello di dialogo tra la ragione e la fede, modello di un dialogo ampio, che solo può cercare la verità e così anche la pace. Come annotava il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nell'Enciclica Fides et ratio, "il Vescovo di Ippona riuscì a produrre la prima grande sintesi del pensiero filosofico e teologico, nella quale confluivano correnti del pensiero greco e latino. Anche in lui, la grande unità del sapere, che trovava il suo fondamento nel pensiero biblico, venne ad essere confermata e sostenuta dalla profondità del pensiero speculativo" (n. 40). Invoco, pertanto, l'intercessione di sant'Agostino affinché l'Università di Pavia si distingua sempre per una speciale attenzione alla persona, per un'accentuata dimensione comunitaria nella ricerca scientifica e per un fecondo dialogo tra la fede e la cultura. Vi ringrazio per la vostra presenza e, augurando ogni bene per i vostri studi, imparto a voi tutti la mia Benedizione, estendendola ai vostri familiari e alle persone a voi care.






AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE INTERNAZIONALE DEI SANTI CIRILLO E METODIO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 4 maggio 2007

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Venerati Fratelli nell’Episcopato!

“Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi” (
Rm 13,13). Sono lieto di accogliervi con queste parole tratte dalla Lettera dell’apostolo Paolo ai Romani: sì, il Dio della speranza vi colmi delle sue celesti consolazioni! Con quest’augurio abbraccio fraternamente ciascuno di voi, cari Pastori di una porzione del gregge del Signore a me particolarmente cara! Voi provenite da Paesi diversi, che hanno etnie, culture e lingue differenti, ma le cui comunità ecclesiali sono accomunate dalla stessa fede nel Cristo risorto tramandataci dagli Apostoli. Siate i benvenuti.

Saluto ciascuno di voi, mentre ringrazio di cuore per le gentili parole rivoltemi l’Arcivescovo Stanislav Hocevar, Presidente della vostra Conferenza Episcopale Internazionale dei Santi Cirillo e Metodio, eretta nel dicembre del 2004 dal mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Il vostro Presidente s’è fatto interprete dei sentimenti di comunione che vi legano al Successore di Pietro: ve ne sono grato. Questa casa è anche la vostra; in essa potete sperimentare la cattolicità della Chiesa di Cristo, che allarga le sue tende sino agli estremi confini della terra. A conclusione della vostra visita ad Limina Apostolorum, vi rinnovo l’espressione della mia cordiale gratitudine, che vi chiedo di trasmettere anche alle vostre comunità, sul cui orante sostegno conto fiduciosamente. Assicurate a tutti - sacerdoti, religiosi e religiose, bambini e giovani, anziani e famiglie - che il Papa è loro vicino e li ricorda ogni giorno al Signore. Esorto tutti a perseverare nell’unità, nell’apertura reciproca e nello spirito di fraternità.

I diversi Paesi e i vari contesti sociali e religiosi, nei quali sono situati i vostri fedeli, venerati Fratelli, comportano non poche ripercussioni sulla loro vita cristiana. Penso, ad esempio, al matrimonio tra coniugi di distinta confessione o religione, che domanda da parte vostra, cari Pastori, una speciale cura spirituale e una più armonica cooperazione anche con le altre Chiese cristiane. Penso inoltre all’educazione religiosa delle nuove generazioni, da prevedere doverosamente all’interno dei programmi scolastici. E come non far cenno poi a quell’aspetto fondamentale per la vita ecclesiale che è costituito dalla formazione dei sacri ministri e dal loro accompagnamento spirituale nel contesto pluriconfessionale menzionato? So che è in progetto un Seminario Maggiore a Subotica: incoraggio cordialmente l’iniziativa per il buon servizio che potrebbe rendere alle diverse diocesi. Occorre aiutare i seminaristi a crescere con la chiara consapevolezza che il presbitero è “alter Christus”, il quale deve coltivare una relazione intima con Gesù, se vuole adempiere appieno alla sua missione e non considerarsi semplice “funzionario” di un’organizzazione ecclesiastica. Il sacerdote è a totale servizio della Chiesa, organismo vivo e spirituale che trae la sua energia non da componenti nazionalistiche, etniche o politiche, ma dall’azione di Cristo presente nei suoi ministri. Il Signore, infatti, ha voluto la sua Chiesa aperta a tutti; gli Apostoli l’hanno così edificata sin dai primi passi del Cristianesimo e i Martiri hanno reso testimonianza con il loro sangue alla sua santità e alla sua “cattolicità”. Nel corso dei secoli, la Tradizione ne ha mantenuto inalterato il carattere di universalità, mentre andava propagandosi ed entrando in contatto con lingue, razze, nazionalità e culture differenti. Di questa unità nella diversità della Chiesa voi potete fare quotidiana esperienza.

Cari e venerati Fratelli, durante questi giorni ho avuto modo di meglio conoscere la realtà delle vostre Diocesi, costituite spesso da un piccolo gregge inserito in vasti contesti di molteplicità etnica, culturale e religiosa. Non è pertanto facile la vostra missione! Ma con l’aiuto del Signore, e nella docilità al suo Spirito, esortate quanti Egli stesso ha affidato alle vostre premure a non stancarsi di essere “lievito” evangelico che fermenta la società. In questo modo potrete insieme, secondo l’esortazione dell’apostolo Pietro, rendere testimonianza della speranza che vi anima (1P 3,15). Ciò realizzerete grazie ad una costante fedeltà a Cristo, ad un’assidua pratica sacramentale e a una generosa dedizione apostolica. Sarà necessario a tale scopo coinvolgere ogni membro del Popolo di Dio, utilizzando ogni disponibile strumento di formazione cristiana, approntato nei diversi idiomi della popolazione.

Una tale condivisa azione pastorale non potrà non comportare benefiche ricadute anche in ambito civile. Infatti, rette coscienze formate secondo il Vangelo saranno più facilmente spinte a costruire una società a dimensione umana. Una male intesa modernità tende oggi ad esaltare in maniera soverchia i bisogni dell’individuo a scapito dei doveri che ogni persona ha verso Dio e verso la comunità alla quale appartiene. E’ importante, ad esempio, porre in luce la retta concezione della responsabilità civile e pubblica, perché proprio da questa visione discende l’impegno per il rispetto dei diritti di ciascuno e per un’integrazione convinta della propria cultura con le altre, tendendo insieme al bene comune.

La Provvidenza ha posto i vostri popoli nel contesto di un continente europeo che in questi anni si va ristrutturando. Di tale processo storico anche le vostre Chiese si sentono partecipi, ben sapendo di poter apportare il loro peculiare contributo. Purtroppo, non mancano gli ostacoli: la scarsità di mezzi a disposizione a causa della situazione economica e l’esiguità delle forze cattoliche potrebbero scoraggiarvi. Non è facile dimenticare la pesante eredità di oltre quarant’anni di pensiero unico, che hanno causato comportamenti sociali non improntati alla libertà e alla responsabilità personale, ed è, al tempo stesso, difficile resistere alle tentazioni del materialismo occidentale con i rischi di relativismo e liberalismo etico, di radicalismo e fondamentalismo politico. Non perdetevi di animo, ma unite piuttosto le forze e continuate pazientemente la vostra opera, certi che un giorno, con l’aiuto di Dio, si potranno raccogliere quei frutti che Egli stesso farà maturare secondo i suoi misteriosi disegni di salvezza.

Mi preme, in questo momento, assicurarvi che il Papa vi è vicino e vi incoraggia ad andare avanti, confidando nell’aiuto del Signore, il Buon Pastore. Cari Fratelli, restate sempre accanto ai vostri fedeli: essi hanno bisogno di saggi maestri, di santi pastori, di guide sicure, che con il loro esempio li precedano sul cammino della piena adesione a Cristo. Siate uniti tra voi, curate le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; siate solleciti verso gli operatori pastorali; esortate i laici ad assumere le responsabilità che sono loro proprie, in campo civile ed ecclesiale, secondo lo spirito della Gaudium et spes, perché siano in grado di dare una armonica testimonianza davvero cattolica. Il Signore vi ha posto a stretto contatto con i fratelli ortodossi: come membra di un unico Corpo, ricercate ogni possibile collaborazione al servizio dell’unico Regno di Dio. Non manchi la disponibilità a collaborare anche con altre confessioni cristiane e con ogni persona di buona volontà nel promuovere ciò che può tornare utile alla diffusione dei valori evangelici.

Cari e venerati Fratelli, in questo nostro incontro ho voluto evidenziare taluni aspetti della vita delle vostre Comunità quali sono emersi nei nostri incontri individuali. Nel congedarmi da voi, vi attesto ancora una volta il mio affetto e vi assicuro la mia preghiera. Mentre invoco la celeste protezione di Maria, Regina degli Apostoli, e dei Santi Cirillo e Metodio, Patroni della vostra Conferenza Episcopale Internazionale, imparto a voi una cordiale Benedizione Apostolica, estendendola volentieri ai tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali.






ALLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA IN OCCASIONE DEL GIURAMENTO DELLE NUOVE GUARDIE Sala Clementina Sabato, 5 maggio 2007

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Signor Comandante, care Guardie Svizzere!

E’ per me un vero piacere incontrarvi in occasione del giuramento delle nuove Guardie Svizzere. A ciascuno di voi, cari neo alabardieri, dirigo innanzitutto il mio cordiale saluto, che estendo a tutte le Guardie Svizzere, ringraziandovi per aver scelto di dedicare alcuni anni della vostra giovinezza al servizio del Papa e dei suoi più stretti collaboratori. Ringrazio anche il vostro Comandante per tutto ciò che egli fa, affinché voi possiate svolgere il vostro servizio nel modo giusto. Saluto il vostro Cappellano, come pure i parenti, i familiari, le ex Guardie Svizzere e gli amici che hanno desiderato essere presenti a un atto tanto solenne e significativo per la Sede Apostolica, quale è appunto il giuramento delle nuove Guardie Svizzere.

Mi è ancora ben impresso nella memoria il ricordo delle solenni celebrazioni commemorative del V centenario della fondazione del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, svoltesi lo scorso anno con grande partecipazione di popolo. Tali celebrazioni hanno contribuito a far meglio conoscere l’origine, la storia e il valore del vostro Corpo e della significativa testimonianza di fede e di amore, che da oltre 500 anni voi rendete alla Chiesa. In effetti tutto ebbe origine quando il 22 gennaio del 1506 giunse in Vaticano una truppa di 150 uomini richiesta dal mio predecessore Giulio II all’Eidgenossenschaft dell’Alta Alemagna. Da quel giorno sino ai nostri tempi la storia del vostro Corpo di Guardia si è intimamente intrecciata con gli eventi e la vita della Chiesa e, in particolare, del Papa. Ed è una lunga storia di fedeltà e di generoso servizio prestato sempre con dedizione, talora sino all’eroismo del sacrificio della vita. Questa vostra apprezzata dedizione ha meritato giustamente la stima e la fiducia di tutti i Pontefici, che nel vostro Corpo di Guardia hanno trovato costantemente aiuto, sostegno e protezione. Grazie, cari amici, per questa vostra silenziosa, ma efficiente presenza accanto alla persona del Papa; grazie per la professionalità ed anche per l’amore con cui svolgete la vostra missione.

Sì, la vostra non è solo una prestazione professionale; è anche una vera missione al servizio di Cristo e della sua Chiesa. Nel nuovo Regolamento della Guardia Svizzera Pontificia, da me approvato proprio lo scorso anno in occasione del V centenario della sua nascita, si dice che “le Guardie Svizzere devono dimostrarsi in tutte le circostanze buoni cristiani e soldati esemplari” (art 73); ed ancora “devono evitare quanto contrasta con la fede, la morale cristiana e i doveri del proprio stato. Devono inoltre essere sempre fedeli alle caratteristiche e tradizioni del Corpo, con uno stile di vita semplice e sobrio” (art. 75). Si aggiunge pure che “al fine di formare una vera comunità, devono coltivare a livello personale ed esercitare vicendevolmente uno spirito di cristiana solidarietà, che valga a conservare ed a promuovere la mutua unione degli animi” (art 77). Si tratta, com’è facile vedere, di indicazioni quanto mai precise e concrete per portare a compimento il disegno che Dio ha su ciascuno di voi, avendovi chiamati a servirlo in una così benemerita Istituzione. In definitiva, il Signore vi chiama alla santità, ad essere cioè suoi discepoli, pronti sempre ad ascoltare la sua voce, a compiere la sua volontà e a realizzarla nel quotidiano adempimento dei vostri doveri. Ciò contribuirà a fare di voi dei “buoni cristiani” e al tempo stesso dei “soldati esemplari”, animati da quello spirito evangelico, che rende ogni battezzato “lievito” atto a fermentare la massa e “luce” che illumina e riscalda l’ambiente dove vive e lavora.

Vi aiuti il Signore, cari amici, a realizzare compiutamente questa vostra peculiare missione, lavorando ogni giorno “acriter et fideliter”, con coraggio e con fedeltà. Per questo, non cessate di alimentare il vostro spirito con la preghiera e l’ascolto della parola di Dio; partecipate con devozione alla Santa Messa e coltivate una filiale devozione verso Maria. Invocate e cercate di imitare i vostri santi Patroni Martino, Sebastiano e Nicola di Flüe, “defensor pacis et pater patriae”, perché dal Cielo vi assistano, e voi possiate “servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice ed i suoi legittimi Successori”, come ognuno di voi pronunzia nella formula del giuramento. Quanto a me, mentre vi ringrazio ancora una volta per la vostra dedizione, esprimo voti augurali particolarmente per le nuove Guardie Svizzere. A tutti poi e a ciascuno imparto di cuore la mia Benedizione, estendendola volentieri alle vostre famiglie e alle persone a voi care.






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