Discorsi 2005-13 13157

CERIMONIA DI CONGEDO Aeroporto internazionale di São Paulo/Guarulhos Domenica, 13 maggio 2007

13157
Signore Vicepresidente,


Al momento di lasciare questa terra benedetta del Brasile, si innalza nella mia anima un inno di ringraziamento all’Altissimo, che mi ha consentito di vivere qui ore intense e indimenticabili, con lo sguardo rivolto verso la Signora Aparecida che, dal suo Santuario, ha presieduto l’inizio della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi.

Nella mia memoria rimarranno per sempre incise le manifestazioni di entusiasmo e di profonda pietà di questo popolo della Terra della Santa Croce che, insieme alla moltitudine di pellegrini venuti dall’intero Continente della Speranza, ha saputo dare una calorosa dimostrazione di fede in Cristo e d’amore verso il Successore di Pietro. Chiedo a Dio che aiuti i responsabili sia nell’ambito religioso che in quello civile ad imprimere un passo deciso a quelle iniziative che tutti si attendono per il bene comune della grande Famiglia latinoamericana.

Il mio saluto finale, colmo di gratitudine, va al Signore Presidente della Repubblica, al Governo di questa Nazione e dello Stato di San Paolo, così come alle altre Autorità brasiliane che tante dimostrazioni di delicatezza mi hanno voluto riservare durante questi giorni.

Sono grato anche alle Autorità consolari, il cui lavoro diligente ha facilitato immensamente la partecipazione delle rispettive Nazioni a questi giorni di riflessione, preghiera e impegno per il bene comune dei partecipanti a questo grande evento.

Un particolare pensiero di stima fraterna rivolgo, con profonda riconoscenza, ai Signori Cardinali, ai miei Fratelli nell’Episcopato, ai Sacerdoti e Diaconi, Religiosi e Religiose, e agli Organizzatori della Conferenza. Tutti hanno contribuito a rendere splendide queste giornate, lasciando quanti hanno preso parte ad esse ricolmi di gioia e di speranza – gaudium et spes! – nella famiglia cristiana e nella sua missione in seno alla società.

Abbiate la certezza che porto tutti nel mio cuore, dal quale sgorga la Benedizione che vi dono e che estendo a tutti i Popoli dell’America Latina e del Mondo.

Molte grazie!





AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MALI IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Palazzo Apostolico, Castel Gandolfo Venerdì, 18 maggio 2007

18057

Cari Fratelli nell'Episcopato,

Vi accolgo con gioia, Pastori della Chiesa nel Mali, mentre realizzate la vostra visita ad limina Apostolorum. Per voi e per la vita delle vostre comunità diocesane, è un momento importante che manifesta la comunione delle vostre Chiese locali con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale, e che vi aiuterà a perseverare nel dinamismo missionario. Che le vostre Chiese locali sappiano che hanno un posto nel cuore e nella preghiera del Papa! Ringrazio Monsignor Jean Gabriel Diarra, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per le cordiali parole che ha pronunciato a nome vostro e per la sua presentazione delle realtà della Chiesa nel vostro Paese. Lieto di constatare la stima di cui gode la comunità cattolica del Mali da parte delle Autorità e della popolazione, desidero salutare cordialmente i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti e tutti i fedeli laici delle vostre Diocesi. Li incoraggio a vivere con generosità il Vangelo di Cristo che hanno ricevuto dai loro Padri nella fede. Il mio saluto va anche a tutti gli abitanti del Mali, e chiedo a Dio di benedire ogni famiglia e di permettere a tutti di vivere nella pace e nella fraternità.

Cari Fratelli nell'Episcopato, cercando la vostra unità interiore e la fonte delle vostre energie nella carità pastorale, anima del vostro apostolato, come anche nell'affetto che mostrate verso il gregge che vi è stato affidato, il vostro ministero troverà il suo pieno sviluppo e una rinnovata efficacia. Siate ardenti Pastori che guidano il popolo di Dio come uomini di fede, con fiducia e coraggio, sapendo essere vicini a tutti, per suscitare la speranza, anche nelle situazioni più difficili. In effetti, "ad immagine di Cristo Gesù e sulle sue orme, anche il Vescovo esce per annunziarlo al mondo come Salvatore dell'uomo, di ogni uomo. Missionario del Vangelo, egli agisce in nome della Chiesa, esperta in umanità e vicina agli uomini del nostro tempo" (Pastores gregis ).

Guidati da una carità sincera e da una sollecitudine particolare, siete per ognuno dei vostri sacerdoti un padre, un fratello e un amico. Essi cooperano generosamente alla vostra missione apostolica, vivendo spesso in situazioni umane e spirituali difficili. Oggi che il clero diocesano è chiamato a svolgere un ruolo più attivo nell'evangelizzazione, in collaborazione fraterna e fiduciosa con i missionari, alla cui opera coraggiosa rendo omaggio, è necessario che i sacerdoti vivano la loro identità sacerdotale donandosi completamente al Signore, per il servizio disinteressato ai loro fratelli, senza perdersi d'animo dinanzi alle difficoltà che devono affrontare. In una comunione sempre più intima con Colui che li ha chiamati, troveranno l'unità della loro vita e anche la forza per il ministero al servizio degli uomini e delle donne affidati loro, nonostante la dispersione delle occupazioni quotidiane. La vita di preghiera e la vita sacramentale sono per i sacerdoti un'autentica priorità pastorale, che li aiuterà a rispondere con determinazione alla chiamata alla santità ricevuta dal Signore e alla missione di guidare i fedeli lungo quello stesso cammino. Che non dimentichino mai, come ho scritto nell'Enciclica Deus Caritas est, che "chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell'emergenza e sembra spingere unicamente all'azione" (n. 36)!
Affinché i sacerdoti possano lavorare efficacemente all'evangelizzazione e contribuire alla crescita spirituale della comunità cristiana, la loro formazione deve essere preparata con grande cura. In effetti, questa non si può limitare alla trasmissione di nozioni astratte. Essa deve preparare i candidati al ministero sacerdotale, e perciò deve essere effettivamente vincolata alle realtà della missione e della vita presbiterale. La formazione umana è alla base della formazione sacerdotale. Un'attenzione particolare per la loro effettiva maturità permetterà loro di dare una risposta libera alla vita nel celibato e nella castità, dono prezioso di Dio, e ad averne una salda consapevolezza per tutta l'esistenza.

Mentre la Chiesa che è nel vostro continente si prepara a celebrare la seconda Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, l'impegno dei fedeli al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace è un imperativo urgente. I laici devono dunque prendere coscienza in modo rinnovato della loro missione particolare in seno alla missione unica della Chiesa e delle esigenze spirituali che comporta per la loro esistenza. Se s'impegneranno risolutamente nell'edificazione di una società giusta, solidale e fraterna, saranno allora autentici messaggeri della Buona Novella di Gesù e contribuiranno all'avvento del Regno di Dio, santificando il mondo e pervadendolo dello spirito del Vangelo. Affinché questa partecipazione alla trasformazione della società sia efficace, è indispensabile formare laici competenti per servire il bene comune. Questa formazione, nella quale la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa è un elemento fondamentale, deve tener conto del loro impegno nella vita civile, affinché siano capaci di affrontare i compiti quotidiani negli ambiti politici, economici, sociali e culturali, mostrando che l'onestà nella vita pubblica apre la via alla fiducia da parte di tutti e a una sana gestione delle questioni.

Mediante l'azione delle comunità religiose e di laici impegnati, la Chiesa apporta altresì un contributo apprezzabile alla vita della società, in particolare attraverso la sua opera educativa a favore delle giovani generazioni, la sua attenzione per le persone che soffrono, e in generale attraverso le sue opere caritative. Tuttavia queste opere devono essere effettivamente l'espressione della presenza amorevole di Dio fra le persone bisognose. Come ho sottolineato nella mia Enciclica Deus Caritas est, l'attività caritativa della Chiesa ha un profilo specifico e, per questo, è importante che "mantenga tutto il suo splendore e non si risolva nella comune organizzazione assistenziale, divenendone una semplice variante" (n. 31). Il sostegno effettivo dei responsabili della nazione a queste opere educative, sociali e sanitarie, che sono al servizio di tutta la popolazione, senza escludere nessuno, non può essere che un aiuto prezioso per lo sviluppo della società stessa.

Cari Fratelli nell'Episcopato, i vostri resoconti quinquennali mostrano che la pastorale del matrimonio è una preoccupazione essenziale nella vita delle vostre Diocesi. In effetti, quando il numero dei matrimoni cristiani resta relativamente debole, è dovere della Chiesa aiutare i battezzati, in particolare i giovani, a comprendere la bellezza e la dignità di questo Sacramento nell'esistenza cristiana. Per rispondere al timore spesso manifestato dinanzi al carattere definitivo del matrimonio, una salda preparazione, con la collaborazione di laici ed esperti, permetterà così alle coppie cristiane di restare fedeli alle promesse del matrimonio. Diverranno consapevoli del fatto che la fedeltà dei coniugi e l'indissolubilità della loro alleanza, il cui modello è la fedeltà mostrata da Dio nell'alleanza indistruttibile che Egli stesso ha stretto con l'uomo, sono una fonte di felicità per quanti si uniscono. E questa felicità sarà anche quella dei loro figli, riflessi dell'amore che nutrono i loro genitori l'uno per l'altro. Un'educazione umana e cristiana ricevuta fin dall'infanzia e fondata sull'esempio dei genitori, permetterà ai bambini di accogliere, poi di far crescere in loro, i germogli della fede. In questo spirito, rendo grazie per i giovani che accettano di ascoltare la chiamata di Dio a servirlo nel sacerdozio e nella vita consacrata.

Infine, desidero esprimere la mia soddisfazione nel sapere che i fedeli cattolici in Mali intrattengono relazioni cordiali con i loro concittadini musulmani. È fondamentale che una giusta attenzione sia rivolta al loro approfondimento, per favorire l'amicizia e una collaborazione feconda fra cristiani e musulmani. A tal fine, è legittimo che l'identità propria di ogni comunità possa esprimersi visibilmente, nel rispetto reciproco, riconoscendo la diversità religiosa della comunità nazionale e favorendo una coesistenza pacifica, a tutti i livelli della società.

È allora possibile camminare insieme, in un impegno comune per la giustizia, la concordia e la pace.
Per concludere, cari Fratelli nell'Episcopato, vi porgo il mio cordiale incoraggiamento per la vostra missione al servizio del Vangelo di Cristo. La speranza cristiana che deve animarvi è un sostegno per la fede e uno sprone per la carità. Che Notre Dame du Mali protegga tutte le famiglie della vostra nazione! A ognuno di voi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutti i laici delle vostre Diocesi, imparto di tutto cuore un'affettuosa Benedizione Apostolica.





AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO DALLA FONDAZIONE "CENTESIMUS ANNUS - PRO PONTIFICE" Sala Clementina Sabato, 19 maggio 2007

19057

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
cari amici!

È per me motivo di vero piacere accogliervi in questa visita, che segue la celebrazione dell’Eucaristia a cui avete preso parte questa mattina nella Basilica di San Pietro. A ciascuno di voi il mio cordiale saluto, che, in primo luogo, dirigo al Signor Cardinale Attilio Nicora, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ringraziando tutti i rappresentanti per le parole che mi hanno rivolto. Il mio saluto va poi al Conte Lorenzo Rossi di Montelera, vostro Presidente, ai Vescovi e ai sacerdoti presenti, e si estende a tutti i membri del vostro benemerito Sodalizio, anche a quanti non hanno potuto prendere parte all’odierno incontro, come pure ai vostri familiari.

Nel corso della vostra riunione quest’anno avete riflettuto sull’impegno fondamentale che caratterizza la Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice: quello cioè di approfondire gli aspetti più attuali della Dottrina sociale della Chiesa con riferimento alle problematiche e alle sfide che più urgono oggi nel mondo. In secondo luogo, siete venuti a presentare al Papa il frutto della vostra generosità, perché ne disponga per rispondere alle tante richieste di aiuto che a lui giungono da ogni parte del mondo. E, vi assicuro, sono veramente tante. Grazie, quindi, per questo vostro contributo, grazie per quel che fate e per l’impegno con cui vi dedicate alle attività della vostra Associazione, voluta dal mio venerato predecessore Giovanni Paolo II. Colgo l’occasione per offrire alla vostra considerazione alcune brevi riflessioni sul tema sociale ampio e stimolante che vi ha impegnato durante i vostri lavori. Avete, infatti, analizzato sotto il profilo economico e sociale il cambiamento che è in atto nei Paesi "emergenti", con le ripercussioni di carattere culturale e religioso che ne conseguono. In particolare, avete fissato l’attenzione sulle nazioni dell’Asia caratterizzate da forti dinamiche di crescita economica, che però non sempre comportano un reale sviluppo sociale, e quelle dell’Africa, dove, purtroppo, la crescita economica e lo sviluppo sociale incontrano molti ostacoli e sfide.

Ciò di cui questi popoli, come del resto quelli di ogni parte della terra, hanno bisogno è senza dubbio di un progresso sociale ed economico armonico e a dimensione realmente umana. A questo proposito, mi piace riprendere un incisivo passaggio dell’Enciclica Centesimus annus dell’amato Giovanni Paolo II, laddove egli afferma che "lo sviluppo non deve essere inteso in un modo esclusivamente economico, ma in senso integralmente umano". Ed aggiunge che "non si tratta solo di elevare tutti i popoli al livello di cui godono oggi i Paesi più ricchi, ma di costruire nel lavoro solidale una vita più degna, di far crescere effettivamente la dignità e la creatività di ogni singola persona, la sua capacità di rispondere alla propria vocazione e, dunque, all’appello di Dio, in essa contenuto" (n. 29).

Ritroviamo qui un costante insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa, a più riprese ribadito dai miei predecessori in questi ultimi decenni. Ricorre proprio quest’anno il 40° anniversario della pubblicazione di una grande Enciclica sociale del Servo di Dio Paolo VI, la Populorum progressio. In questo testo più volte citato nei documenti successivi, quel grande Pontefice già asseriva con forza che "lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica". Infatti, esso "per essere sviluppo autentico, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo" (n. 14). L’attenzione alle vere esigenze dell’essere umano, il rispetto della dignità di ogni persona, la ricerca sincera del bene comune sono i principi ispiratori che è bene tener presenti quando si progetta lo sviluppo di una nazione. Purtroppo, però, questo non sempre avviene. L’odierna società globalizzata registra spesso paradossali e drammatici squilibri. In effetti, quando si considera l’incremento sostenuto dei tassi di crescita economica, quando ci si sofferma ad analizzare le problematiche collegate al progresso moderno, non escluso l’elevato inquinamento e l’irresponsabile consumazione delle risorse naturali e ambientali, appare evidente che solo un processo di globalizzazione attento alle esigenze della solidarietà può assicurare all’umanità un futuro di autentico benessere e di stabile pace per tutti.

Cari amici, so che voi, professionisti e fedeli laici attivamente impegnati nel mondo, volete contribuire a risolvere queste problematiche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. È vostro scopo anche promuovere la cultura della solidarietà e favorire uno sviluppo economico attento alle reali aspettative degli individui e dei popoli. Mentre vi incoraggio a proseguire in questo vostro impegno, vorrei ribadire che solo dall’intreccio ordinato dei tre profili irrinunciabili dello sviluppo – economico, sociale ed umano – può nascere una società libera e solidale. Faccio volentieri mio, in questa circostanza, quanto Papa Montini esprimeva con chiarezza appassionata nella sua già citata Enciclica Populorum progressio: "Se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca di un umanesimo nuovo ed integralmente umano, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori di amore, di amicizia, di preghiera e di contemplazione" (n. 20). Questa è la vostra missione; questo il compito che il Signore vi affida al servizio della Chiesa e della società e so che lo state svolgendo con zelo e generosità. Al riguardo, ho appreso con piacere che la vostra Fondazione va estendendo la propria presenza in diversi Paesi d’Europa e d’America. Ne sono davvero lieto! Su voi e sulle vostre iniziative, come pure sulle vostre famiglie invoco abbondante la benedizione di Dio.






ESECUZIONE DELL’ORATORIO SACRO "RESURREXI" OFFERTO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA AL SANTO PADRE DISCORSO Mercoledì, 23 maggio 2007

23057

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
gentili Signori e Signore!

A pochi giorni dalla conclusione del tempo pasquale - celebreremo domenica prossima la solennità della Pentecoste - abbiamo avuto questa sera un’ulteriore opportunità di soffermarci a meditare sull’evento mirabile della Risurrezione di Cristo. L’occasione ci è stata data dall’esecuzione di questo suggestivo Oratorio che la Conferenza Episcopale Italiana, riunita in Assemblea Generale, ha voluto offrire a me e ai miei collaboratori per il mio ottantesimo genetliaco e come coronamento della Visita ad limina dei Presuli d’Italia, svoltasi nel corso di quest’anno pastorale in un clima di profonda comunione ecclesiale. Grazie, venerati e cari Fratelli Vescovi Italiani, per questo gradito dono. Abbiamo insieme ascoltato la rievocazione di personaggi e scene del Vangelo che ci riconducono al mistero centrale della nostra fede: la Risurrezione del Signore. Abbiamo potuto gustare una composizione concertistica e poetica caratterizzata da un armonico intreccio tra espressività artistica e simbologia spirituale, melodia e stimolanti spunti di meditazione.

Al termine di questo bel concerto, sento il bisogno di ringraziare quanti lo hanno promosso, attentamente preparato ed ora magistralmente eseguito. Vorrei innanzitutto rivolgere il mio grato pensiero all’Arcivescovo Angelo Bagnasco, che da qualche mese ha assunto la guida, come Presidente, della Conferenza Episcopale Italiana. Lo saluto con affetto e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto all’inizio di questo nostro incontro, e gli assicuro la mia benevolenza, accompagnata da costante preghiera per l’alto compito che è chiamato a svolgere al servizio della Chiesa in Italia. Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, le Autorità presenti e quanti non hanno voluto mancare a questa serata musicale. Con sincera gratitudine saluto il coro, con il maestro Marco Faelli e l’orchestra dell’Arena di Verona, diretti dal maestro Julian Kovatchev. Ringrazio il coro di voci bianche “ALIVE” ed il maestro Paolo Facincani, come pure quello di voci bianche “Benjamin Britten”, diretto dal maestro Marco Tonini. A ciascuno di voi, cari artisti e musicisti, il mio grazie cordiale per la mirabile esecuzione di questo oratorio sacro, realizzato da Alberto Colla per la parte musicale e da Roberto Mussapi per il testo poetico: ad essi va il mio vivo e riconoscente apprezzamento.

Dicevo all’inizio che questa serata musicale ci ha dato modo di meditare sull’evento centrale della nostra fede: la Risurrezione di Cristo. Il titolo Resurrexi “Sono risorto”, tratto dall’incipit latino dell’antifona d’ingresso della Messa di Pasqua, suona in effetti come l’autopresentazione di Gesù, che nella liturgia si identifica e si fa riconoscere, appunto, nella sua condizione di Risorto. L’Oratorio fa rivivere i sentimenti di stupore e di gaudio provati da coloro che furono i primi testimoni oculari della Risurrezione. Attraverso cinque “quadri”, armonicamente collegati in un intreccio melodico e poetico, gli autori di questo melodramma ci hanno aiutato a meditare sull’alba del Terzo giorno ricca di luce sfolgorante, che ha aperto il cuore degli Apostoli ed ha permesso loro di comprendere, nel loro pieno significato, gli eventi drammatici della morte e risurrezione del divino Maestro, come pure i precedenti gesti e gli insegnamenti della sua vita.

La Pasqua costituisce il cuore del cristianesimo. Per ogni credente e per ogni comunità ecclesiale è importante l’incontro con Gesù Cristo crocifisso e risorto. Senza quest’esperienza personale e comunitaria, senza un’intima amicizia con Gesù, la fede resta superficiale e sterile. Auspico vivamente che anche questo oratorio, che abbiamo seguito con religiosa attenzione e partecipazione, ci aiuti a maturare nella nostra fede. Nella Pasqua di Cristo è anticipata la vita nuova del mondo risorto: se ne siamo fermamente persuasi, più consapevole sarà di conseguenza la nostra testimonianza evangelica e più ardente lo zelo apostolico. Ci ottenga questo dono lo Spirito Santo, che scese abbondante nella Pentecoste sulla Chiesa nascente. Con questi sentimenti, mentre rinnovo, anche a nome dei presenti, un cordiale ringraziamento agli ideatori della serata, come pure ai valenti maestri, orchestrali e cantori, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.





ALLA DELEGAZIONE DELLA BULGARIA IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI IN ONORE DEI SANTI CIRILLO E METODIO Giovedì, 24 maggio 2007

24057

Signor Presidente del Parlamento,
Onorevoli Membri del Governo,
venerati Fratelli Rappresentanti
della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Cattolica!

Mi è caro poter porgere a ciascuno il mio cordiale benvenuto nella memoria liturgica dei Santi Cirillo e Metodio. Questa occasione è quanto mai propizia per manifestare la mia stima e vicinanza al Popolo bulgaro, che anche oggi ha voluto rendere testimonianza delle sue radici cristiane mediante l'invio di questa Delegazione. Vedo in questo gesto anche il desiderio di riaffermare le proprie tradizioni europee, profondamente impregnate di valori evangelici. Certo, data la sua origine, la storia della Bulgaria precede la rivelazione cristiana. E’, però, indubitabile che nel Vangelo la Nazione ha trovato una sorgente di valori, capace di rafforzare la cultura, l’identità e il genio tipico del popolo. In tal modo l'insegnamento dei Fratelli di Tessalonica ha contribuito a modellare la fisionomia spirituale del Popolo bulgaro, consentendone l’inserimento a giusto titolo nella tradizione culturale del Continente europeo.

Dopo la triste e dura dominazione comunista, la Bulgaria è oggi protesa verso una piena integrazione con le altre Nazioni europee. Rifacendosi proprio agli insegnamenti di Cirillo e Metodio, codesta nobile Nazione potrà rafforzare gli obiettivi sinora raggiunti, attingendo a quella fonte di preziosi valori umani e spirituali che ne ha alimentato la vita e lo sviluppo. È mio fervido auspicio che i fondamenti culturali e spirituali presenti nella società bulgara continuino ad essere coltivati non soltanto nel territorio della Repubblica, ma con il suo valido contributo possano essere difesi e proposti anche in quei Consessi di cui essa è ormai autorevole protagonista. Auspico, in particolare, che la Bulgaria ed il suo Popolo conservino e promuovano quelle virtù cristiane che discendono dagli insegnamenti dei Santi Cirillo e Metodio, ancor oggi quanto mai attuali e necessari. In questa circostanza mi preme ricordare che i pensieri e le preoccupazioni del Popolo bulgaro mi sono sempre presenti e che per questo assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza spirituale.

Con questi sentimenti, rinnovo l’espressione della mia stima e, assicurando che la Santa Sede seguirà il cammino di codesta Nazione con amichevole attenzione, rinnovo a Lei, Signor Presidente, e agli onorevoli Componenti della Delegazione il mio benedicente ed orante saluto, con il quale intendo anche raggiungere tutti i cittadini della cara Repubblica bulgara.




ALLA DELEGAZIONE DELLA EX-REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI IN ONORE DEI SANTI CIRILLO E METODIO Giovedì, 24 maggio 2007

24157

Signor Presidente del Parlamento,
Onorevoli Membri del Governo,
venerati Fratelli Rappresentanti
della Chiesa Ortodossa e della Chiesa Cattolica!

conservo ancora vivo il ricordo del recente incontro durante il quale S.E. il Signor Primo Ministro mi ha trasmesso il cordiale saluto del Primo Magistrato del vostro Paese. Ricordo pure con piacere gli scambi epistolari che ad esso hanno fatto seguito a testimonianza delle amichevoli e buone relazioni esistenti tra la Sede Apostolica e la Repubblica che voi qui degnamente rappresentate. Questa collaborazione abbraccia sia aspetti civili che religiosi ed è vivo auspicio che possa intensificarsi sempre più.

Anche l’odierno incontro, che avviene in occasione della tradizionale ricorrenza della memoria liturgica dei Santi Cirillo e Metodio, si inserisce in questo contesto di mutua stima ed amicizia. Maestri nella fede dei popoli slavi, questi due grandi Apostoli del Vangelo sono invocati come intercessori e protettori da tutti i cattolici d’Europa, desiderosi di conservare inalterato il patrimonio spirituale da loro tramandatoci e costruire insieme un futuro di progresso e di pace per tutti.

Nel rivolgervi il mio più cordiale benvenuto, faccio mio l’auspicio da voi manifestato, che venga cioè non soltanto condiviso il patrimonio spirituale di cui voi siete eredi, ma che alla vostra peculiare identità sia riservata la dovuta e da voi attesa considerazione da parte degli altri Popoli europei a voi vicini per tradizione e per cultura. Questi Santi Co-Patroni dell’Europa, ai quali voi con pieno diritto vi riferite, hanno tracciato un sentiero umano e spirituale, che fa della vostra Terra un luogo d’incontro tra diverse esigenze culturali e religiose. Il pacifico componimento delle aspirazioni dei popoli che vi abitano, proietta sul Continente europeo uno scenario di fattivo e fecondo confronto, al quale la Santa Sede guarda con favore.

Il mio augurio cordiale è che possiate conservare sempre fedelmente l’eredità dei vostri due Santi Protettori, così che la vostra voce, tanto in campo civile quanto in quello religioso, possa essere ascoltata e tenuta nella giusta considerazione. Mentre invoco da Dio serenità e pace per la vostra Patria, mi piace, in questa singolare circostanza, rinnovare per ciascuno di voi l’espressione dell’amichevole benevolenza della Sede Apostolica. Accompagno questi miei cordiali sentimenti con l’assicurazione della mia personale stima ed amicizia. Ancora una volta formulo sinceri voti augurali, e li avvaloro con la preghiera che elevo a Dio per voi qui presenti, per le Autorità e per il Popolo macedone.





AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Aula del Sinodo Giovedì, 24 maggio 2007

24257

Cari Fratelli Vescovi italiani,

abbiamo oggi, in occasione di questa vostra 57a Assemblea Generale, una nuova e felice opportunità di incontrarci e di vivere un momento di intensa comunione. Saluto il vostro nuovo Presidente, Mons. Angelo Bagnasco, e lo ringrazio di cuore per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di voi tutti. Rinnovo l'espressione della mia gratitudine al Cardinale Camillo Ruini, che per tanti anni, in qualità di Presidente, ha servito la vostra Conferenza. Saluto i tre Vicepresidenti e il Segretario Generale. Saluto con affetto ciascuno di voi, rivivendo quei sentimenti di amicizia e di comunione che ho potuto manifestarvi personalmente in occasione della vostra Visita ad Limina. Per me è un bellissimo ricordo questo incontro con tutti i Pastori della Chiesa in Italia. Ho imparato così la geografia, diciamo, “esteriore”, ma soprattutto la geografia “spirituale” della bella Italia. Ho potuto realmente entrare nell'intimo della vita della Chiesa, dove c'è ancora tanta ricchezza, tanta vitalità di fede; dove, in questo nostro difficile periodo, non mancano i problemi, ma si vede anche che la forza della fede è profondamente operante nelle anime. Anche laddove la fede appare spenta, una piccola fiamma rimane; e noi possiamo ravvivarla.

Proprio della Visita ad Limina che avete compiuto nei mesi scorsi desidero anzitutto parlarvi, perché essa è stata per me un grande conforto e un'esperienza di gioia, oltre che l'occasione per conoscere meglio le vostre persone e le vostre Diocesi e per condividere con voi le soddisfazioni e le preoccupazioni che accompagnano la sollecitudine pastorale. Dall'insieme di questi incontri con voi sono stato anzitutto confermato nella certezza che in Italia la fede è viva e profondamente radicata e che la Chiesa è una realtà di popolo, capillarmente vicina alle persone e alle famiglie. Vi sono indubbiamente situazioni differenziate, in questo Paese così ricco di storia, anche religiosa, e caratterizzato da molteplici eredità oltre che da diverse condizioni di vita, di lavoro e di reddito. La fede cattolica e la presenza della Chiesa rimangono però il grande fattore unificante di questa amata Nazione ed un prezioso serbatoio di energie morali per il suo futuro.

Naturalmente queste consolanti realtà positive non ci portano ad ignorare o sottovalutare le difficoltà già presenti e le insidie che possono crescere con il passare del tempo e delle generazioni. Avvertiamo quotidianamente, nelle immagini proposte dal dibattito pubblico e amplificate dal sistema delle comunicazioni, ma anche, sebbene in misura diversa, nella vita e nei comportamenti delle persone, il peso di una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca invece di rivendicazioni non di rado ingiustificate. Avvertiamo anche la necessità di un irrobustimento della formazione cristiana mediante una catechesi più sostanziosa, per la quale può rendere un grande servizio il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Necessario è anche l’impegno costante di mettere Dio sempre più al centro della vita delle nostre comunità, dando il primato alla preghiera, alla personale amicizia con Gesù e quindi alla chiamata alla santità. In particolare, deve essere grande la cura per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, come anche la sollecitudine per la formazione permanente e per le condizioni in cui vivono e operano i sacerdoti: specialmente in alcune regioni, infatti, proprio il numero troppo esiguo di giovani sacerdoti rappresenta già adesso un serio problema per l’azione pastorale. Insieme a tutta la comunità cristiana, chiediamo con fiducia e con umile insistenza al Signore il dono di nuovi e santi operai per la sua messe (cfr
Mt 9,37-38). Sappiamo che qualche volta il Signore ci fa aspettare, ma sappiamo anche che chi bussa non lo fa invano. E quindi continuiamo, con fiducia e con pazienza, a pregare il Signore affinché ci doni nuovi santi “operai”.

Cari Fratelli Vescovi, poco prima dell'inizio della Visita ad Limina questi temi sono stati oggetto del Convegno che ha visto riunita la Chiesa italiana a Verona. Conservo nel mio cuore un grande e grato ricordo della giornata che ho trascorso con voi in quell'occasione e sono felice dei risultati che nel Convegno sono maturati. Fondamentalmente si tratta ora di proseguire il cammino, per rendere sempre più effettivo e concreto quel “grande sì” che Dio in Gesù Cristo ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza: in quel “sì” si riassume il senso stesso del Convegno. Partire da questo fatto e farlo percepire a tutti — che, cioè, il cristianesimo è un grande “sì”, un “sì” che viene da Dio stesso ed è concretizzato nella Incarnazione del Figlio — mi sembra di grandissima importanza. Solo se collochiamo la nostra esistenza cristiana all'interno di questo “sì”, se penetriamo profondamente nella gioia di questo “sì”, possiamo poi realizzare la vita cristiana in tutte le parti della nostra esistenza, anche in quelle difficili del vivere come cristiani oggi.

Sono lieto dunque che in questa Assemblea voi abbiate approvato la Nota pastorale che riprende e rilancia i frutti del lavoro compiuto nel Convegno. E' molto importante che quella speranza in Gesù risorto, quello spirito di comunione e quella volontà di testimonianza missionaria che hanno animato e sostenuto il cammino preparatorio e poi la celebrazione del Convegno continuino ad alimentare la vita e l'impegno multiforme della Chiesa in Italia.

Il tema principale della vostra Assemblea si collega, a sua volta, strettamente con gli obiettivi del Convegno di Verona. State riflettendo infatti su “Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo: la Chiesa in missione, ad gentes e tra noi”. Abbracciate dunque, in una prospettiva di evangelizzazione articolata ma alla fine giustamente unitaria, perché si tratta sempre di annunciare e testimoniare il medesimo Gesù Cristo, sia i popoli che si stanno per la prima volta aprendo alla fede, sia i figli di quei popoli che ora vengono a vivere e a lavorare in Italia, sia anche la nostra gente, che a volte si è allontanata dalla fede ed è comunque sottoposta alla pressione di quelle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese e in tutta l'Europa. A tutti e a ciascuno devono rivolgersi la missione della Chiesa e la nostra sollecitudine di Pastori: mi pare doveroso ricordarlo particolarmente in questo cinquantesimo anniversario dell'Enciclica Fidei donum di Pio XII.

Mi rallegro che abbiate voluto mettere alla base dell'impegno missionario la fondamentale verità che Gesù Cristo è l'unico Salvatore del mondo: la certezza di questa verità ha fornito infatti, fin dall'inizio, l'impulso decisivo per la missione cristiana. Anche oggi, come ha riaffermato la Dichiarazione Dominus Iesus, dobbiamo avere piena coscienza che dal mistero di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, vivo e presente nella Chiesa, scaturiscono l'unicità e l'universalità salvifica della rivelazione cristiana e quindi il compito irrinunciabile di annunciare a tutti, senza stancarsi o rassegnarsi, lo stesso Gesù Cristo, che è la via, la verità e la vita (Gv l 4,16). Mi sembra che, se vediamo il panorama della situazione del mondo di oggi, si può capire — direi anche umanamente, quasi senza necessità di ricorrere alla fede — che il Dio che si è dato un volto umano, il Dio che si è incarnato, che ha il nome di Gesù Cristo e che ha sofferto per noi, questo Dio è necessario per tutti, è l'unica risposta a tutte le sfide di questo tempo.

La stima e il rispetto verso le altre religioni e culture, con í semi di verità e di bontà che vi sono presenti e che rappresentano una preparazione al Vangelo, sono particolarmente necessari oggi, in un mondo che cresce sempre più assieme. Non può però diminuire la consapevolezza dell'originalità, pienezza e unicità della rivelazione del vero Dio che in Cristo ci è stata definitivamente donata, e nemmeno può attenuarsi o indebolirsi la vocazione missionaria della Chiesa. Il clima culturale relativistico che ci circonda rende sempre più importante e urgente radicare e far maturare in tutto il corpo ecclesiale la certezza che Cristo, il Dio dal volto umano, è il nostro vero e unico Salvatore. Il libro “Gesù di Nazaret” — un libro personalissimo, non del Papa ma di quest'uomo — è scritto con questa intenzione: che possiamo di nuovo, con il cuore e con la ragione, vedere che Cristo è realmente Colui che il cuore umano attende.

Cari Fratelli, come Vescovi italiani voi avete una precisa responsabilità non solo verso le Chiese a voi affidate ma anche verso l'intera Nazione. Nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica, tra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio (cfr . Mt Mt 22,21), non possiamo non preoccuparci infatti di ciò che è buono per l'uomo, creatura e immagine di Dio: in concreto, del bene comune dell'Italia. Di questa attenzione al bene comune avete dato una chiara testimonianza con la Nota approvata dal Consiglio Episcopale Permanente riguardo alla famiglia fondata sul matrimonio e alle iniziative legislative in materia di unioni di fatto, muovendovi in piena consonanza con il costante insegnamento della Sede Apostolica.

In questo contesto, la recentissima manifestazione a favore della famiglia, svoltasi per iniziativa del laicato cattolico ma condivisa anche da molti non cattolici, è stata una grande e straordinaria festa di popolo, che ha confermato come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani. Questo evento ha certamente contribuito a rendere visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società che ha particolarmente bisogno di essere compreso e riconosciuto oggi, di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui. Pertanto ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata.

La medesima attenzione ai veri bisogni della gente si esprime nel servizio quotidiano alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste; è un servizio nel quale si prodigano tante realtà ecclesiali, a cominciare dalle vostre Diocesi, dalle parrocchie, dalla Caritas e da molte altre organizzazioni di volontariato. Insistete, cari Fratelli Vescovi, nel promuovere e animare questo servizio, affinché in esso risplenda sempre l'autentico amore di Cristo e tutti possano toccare con mano che non esiste separazione alcuna tra la Chiesa custode della legge morale, scritta da Dio nel cuore dell'uomo, e la Chiesa che invita i fedeli a farsi buoni samaritani, riconoscendo in ciascuna persona sofferente il proprio prossimo.

Desidero, infine, ricordare l'appuntamento che ci vedrà di nuovo insieme a Loreto, agli inizi di settembre, per quel pellegrinaggio e incontro che porta il nome di “Agorà dei giovani italiani” e che intende inserire più profondamente i giovani nel cammino della Chiesa dopo il Convegno di Verona e prepararli alla Giornata Mondiale della Gioventù del prossimo anno a Sydney. Sappiamo bene che la formazione cristiana delle nuove generazioni è il compito forse più difficile, ma sommamente importante che sta davanti alla Chiesa. Andremo, pertanto, a Loreto insieme ai nostri giovani perché la Vergine Maria li aiuti ad innamorarsi sempre più di Gesù Cristo, a stare dentro alla Chiesa riconosciuta come compagnia affidabile e a comunicare ai fratelli la gioiosa certezza di essere amati da Dio.

Carissimi Vescovi italiani, nell'esercizio del nostro ministero incontriamo, oggi come sempre, non poche difficoltà, ma anche ben più abbondanti consolazioni del Signore, trasmesse anche attraverso le testimonianze di affetto del nostro popolo. Ringraziamo Dio per tutto questo e proseguiamo il nostro cammino fortificati dalla comunione che ci unisce e che oggi abbiamo di nuovo sperimentato. Con questo animo vi assicuro la mia preghiera per voi, per le vostre Chiese e per l'Italia e imparto di cuore a voi e a tutti i vostri fedeli la Benedizione Apostolica.




Discorsi 2005-13 13157