Discorsi 2005-13 61907

AI PARTECIPANTI AL XII CONGRESSO MONDIALE DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE DELLA PASTORALE NELLE CARCERI Castel Gandolfo Giovedì, 6 settembre 2007

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Cari amici,

sono lieto di accogliervi mentre vi riunite a Roma in occasione del XII Congresso Mondiale della Commissione Internazionale della Pastorale nelle Carceri. La ringrazio Presidente, Dr. Christian Kuhn, per le cordiali parole espresse a nome del Comitato Esecutivo della Commissione.

Il tema del vostro Congresso quest'anno "Scoprire il volto di Cristo in ogni detenuto" (cfr
Mt 25,36), descrive alla perfezione il vostro ministero di vivido incontro con il Signore. Infatti, in Cristo "l'amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme" affinché "nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù in incontriamo lui" (Deus caritas est ).

Il vostro ministero richiede molta pazienza e perseveranza. Spesso provate delusioni e frustrazioni. Rafforzare i vincoli che vi uniscono ai vostri Vescovi vi permetterà di trovare quel sostegno e quella guida di cui avete bisogno per aumentare la consapevolezza della vostra vitale missione. Infatti, questo ministero, in seno alla comunità cristiana locale, incoraggerà altri a unirsi a voi nel compiere opere corporali di misericordia, arricchendo quindi la vita ecclesiale della Diocesi. Parimenti, ciò contribuirà a portare coloro che servite fino al cuore della Chiesa universale, in particolare attraverso la loro partecipazione regolare alla celebrazione dei Sacramenti della Penitenza e della Santa Eucaristia (cfr Sacramentum caritatis, n. 59). I detenuti possono facilmente lasciarsi schiacciare da sentimenti di isolamento, vergogna e rifiuto che minacciano di mandare in frantumi le loro speranze e loro aspirazioni per il futuro. In tale contesto, i cappellani e i loro collaboratori sono chiamati a essere araldi della compassione e del perdono infiniti di Dio. In collaborazione con le autorità civili, hanno il compito difficile di aiutare i detenuti a riscoprire il senso di uno scopo cosicché, con la grazia di Dio, possano trasformare la propria vita, riconciliarsi con le loro famiglie e i loro amici, e, per quanto possibile, assumersi le responsabilità e i doveri che permetteranno loro di condurre una vita onesta e retta in seno alla società.

Le istituzioni giudiziarie e penali svolgono un ruolo fondamentale nel tutelare i cittadini e il bene comune (cfr Catechismo della Chiesa cattolica CEC 2266). Al contempo, devono contribuire al ripristino dei rapporti sociali distrutti dagli atti criminali commessi (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 403). Per loro stessa natura, quindi, tali istituzioni devono contribuire alla riabilitazione di chi ha commesso il crimine, facilitando il passaggio dalla disperazione alla speranza e dalla inaffidabilità alla affidabilità. Quando le condizioni nelle carceri e negli istituti di pena non sono tali da indurre il processo di riconquista del senso di un valore e di accettazione delle corrispondenti responsabilità, queste istituzioni falliscono nel raggiungere i loro scopi essenziali. Le autorità pubbliche devono essere sempre vigili in questo compito, eliminando qualsiasi strumento di punizione o correzione che mini o destabilizzi la dignità umana del detenuto. A questo proposito, ripeto che alla proibizione della tortura non si può derogare in alcuna circostanza (Ibidem, n. 404).

Ho fiducia nel fatto che il vostro Congresso vi offre l'opportunità di condividere le vostre esperienze del misterioso volto di Cristo che risplende sui volti dei detenuti. Vi incoraggio nei vostri sforzi volti a mostrare quel volto al mondo, promuovendo un maggiore rispetto per la dignità dei detenuti. Infine, prego affinché il vostro Congresso sia occasione anche per voi stessi per apprezzare di nuovo quanto, nel soddisfare le necessità dei detenuti, i vostri occhi sono aperti alle meraviglie che Dio opera per voi ogni giorno (cfr Deus caritas est ).

Con questi sentimenti estendo i miei auspici sinceri a voi e a tutti i partecipanti al Congresso per il buon esito del vostro incontro e imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e ai vostri cari.




VIAGGIO APOSTOLICO IN AUSTRIA

IN OCCASIONE DELL’850° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL SANTUARIO DI MARIAZELL



INTERVISTA CONCESSA DAL SANTO PADRE AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO DIRETTO IN AUSTRIA Venerdì, 7 settembre 2007

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Padre Federico Lombardi. Ringraziamo il Santo Padre di venirci a salutare all’inizio di questo viaggio in Austria. Io presento ora alcune delle domande che voi mi avete dato nei giorni scorsi perché le proponessi al Santo Padre.

D. – Questo viaggio porta il Santo Padre in un Paese che conosce dalla sua infanzia. Quale importanza attribuisce a questo ritorno in Austria?

R. – Il mio viaggio vuole essere soprattutto un pellegrinaggio; vorrei inserirmi in questa lunga fila di pellegrini nel corso dei secoli – sono 850 anni – e così, pellegrino con i pellegrini, pregare con loro che pregano. E mi sembra importante questo segno dell’unità che crea la fede: unità tra i popoli, perché è un pellegrinaggio di molti popoli, unità tra i tempi e quindi un segno della forza unificante, della forza di riconciliazione che c’è nella fede. In questo senso vuol essere un segno della universalità della comunità di fede della Chiesa, un segno anche dell’umiltà e soprattutto anche un segno della fiducia che abbiamo in Dio, della priorità di Dio, che Dio c’è, che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. E naturalmente, anche espressione dell’amore per la Madonna. Quindi vorrei semplicemente confermare questi elementi essenziali della fede, in questo momento della storia.

D. – La Chiesa austriaca negli anni Novanta ha attraversato un periodo difficile e inquieto, con tensioni pastorali e contestazioni. Il Santo Padre ritiene che queste difficoltà siano superate? Pensa con questa visita di aiutare a sanare le ferite e promuovere l’unità nella Chiesa, anche tra quelli che si sentono ai margini della Chiesa?

R. – Innanzitutto, vorrei dire grazie a tutti quelli che hanno sofferto in questi ultimi anni. So che la Chiesa in Austria ha vissuto tempi difficili: tanto più sono grato a tutti – laici, religiosi e sacerdoti – che sono rimasti, in tutte queste difficoltà, fedeli alla Chiesa, alla testimonianza a Gesù, che nella Chiesa dei peccatori hanno tuttavia riconosciuto il Volto di Cristo. Non direi che sono già totalmente superate queste difficoltà: la vita in questo nostro secolo – ma questo vale un po’ per tutti i secoli – rimane difficile; anche la fede vive sempre in contesti difficili. Ma spero di potere un po’ aiutare nella guarigione di queste ferite, e vedo che c’è una nuova gioia della fede, c’è un nuovo slancio nella Chiesa, e vorrei in quanto posso confermare questa disponibilità ad andare avanti con il Signore, ad avere fiducia che il Signore nella sua Chiesa rimane presente e che così, proprio vivendo la fede nella Chiesa, possiamo anche noi stessi arrivare alla meta della nostra vita e contribuire ad un mondo migliore.

D. – L’Austria è un Paese di tradizione profondamente cattolica, eppure mostra anche segni di secolarizzazione. Con quale messaggio di incoraggiamento spirituale il Santo Padre si rivolgerà alla società austriaca?

R. – Ecco, io vorrei semplicemente confermare la gente nella fede, ché proprio anche oggi abbiamo bisogno di Dio, abbiamo bisogno di un orientamento che dia una direzione alla nostra vita. Si vede che una vita senza orientamenti, senza Dio, non riesce: rimane vuota. Il relativismo relativizza tutto e alla fine, bene e male non sono più distinguibili. Quindi, vorrei semplicemente confermare in questa convinzione, che diventa sempre più evidente, del nostro avere bisogno di Dio, di Cristo e della grande comunione della Chiesa che unisce i popoli e li riconcilia.

D. – Vienna è sede di molte organizzazioni internazionali, tra cui anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, ed è luogo tradizionale d’incontro fra Oriente e Occidente. Il Santo Padre intende inviare messaggi anche sulla politica internazionale e sulla pace, o sui rapporti con l’ortodossia e l’islam, per superare divergenze e polemiche?

R. – Il mio non è un viaggio politico, è un pellegrinaggio, come ho detto. Sono solo due giorni – inizialmente, era previsto solo il pellegrinaggio a Mariazell, adesso abbiamo giustamente più tempo per essere anche a Vienna, per essere con diverse componenti della società austriaca. Non sono previsti immediatamente, in questo tempo così breve, incontri con le altre confessioni o religioni; solo un momento davanti al monumento della Shoah per mostrare – diciamo – la nostra tristezza, il nostro pentimento e anche la nostra amicizia verso i fratelli ebrei, per andare avanti in questa grande unione che Dio ha creato con il suo popolo. Immediatamente, quindi, non sono previsti tali messaggi. Solo all’inizio, nell’incontro con il mondo politico, vorrei parlare un po’ di questa realtà che è l’Europa, delle radici cristiane dell’Europa, del cammino da prendere. Ma è ovvio che tutto facciamo sempre poggiando sul dialogo sia con gli altri cristiani sia anche con i musulmani e con le altre religioni; il dialogo è sempre presente: è una dimensione del nostro agire, anche se in questa circostanza non va tanto esplicitato a causa del carattere specifico di questo pellegrinaggio.

Padre Federico Lombardi. Santità, noi la ringraziamo moltissimo di queste parole e le facciamo tutti insieme gli auguri migliori per il buon successo di questo pellegrinaggio. Grazie tante a Lei.




CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto internazionale di Vienna/Schwechat Venerdì, 7 settembre 2007

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Signor Presidente Federale,
Signor Cancelliere Federale,
venerato Signor Cardinale,
cari Confratelli nell’Episcopato,
illustri Signore e Signori,
cari giovani amici!

Con grande gioia metto oggi piede, per la prima volta dopo l’inizio del mio Pontificato, in terra d’Austria, in un Paese che mi è familiare a causa della vicinanza geografica al luogo della mia nascita, e non soltanto per questo. La ringrazio, Signor Presidente Federale, per le cordiali parole con cui, in nome dell’intero Popolo austriaco, mi ha rivolto il Suo benvenuto. Lei sa quanto mi senta legato alla Sua Patria e a molte persone e luoghi del Suo Paese. Questo spazio culturale nel centro dell’Europa supera frontiere e congiunge impulsi e forze di varie parti del Continente. La cultura di questo Paese è essenzialmente permeata dal messaggio di Gesù Cristo e dall’azione che la Chiesa ha svolto nel suo nome. Tutto ciò e ancora molte altre cose mi danno la viva impressione di essere tra voi, cari Austriaci, un po’ “a casa”.

Il motivo della mia venuta in Austria è l’850o anniversario del luogo sacro di Mariazell. Tale Santuario della Madonna rappresenta in certo qual modo il cuore materno dell’Austria e possiede da sempre una particolare importanza anche per gli Ungheresi e per i Popoli slavi. È simbolo di un’apertura che non supera solo frontiere geografiche e nazionali, ma nella persona di Maria rimanda ad una dimensione essenziale dell’uomo: la capacità di aprirsi alla Parola di Dio ed alla sua verità.

Con questa prospettiva, durante i prossimi tre giorni, desidero compiere qui in Austria il mio pellegrinaggio verso Mariazell. Negli ultimi anni si costata con gioia un crescente interesse da parte di tante persone per il pellegrinaggio. Nell’essere in cammino durante un pellegrinaggio, proprio anche i giovani trovano una via nuova di riflessione meditativa; fanno conoscenza gli uni degli altri e insieme si ritrovano davanti alla creazione, ma anche davanti alla storia della fede che, non di rado, inaspettatamente sperimentano come una forza per il presente. Intendo il mio pellegrinaggio verso Mariazell come un essere in cammino insieme ai pellegrini del nostro tempo. In questo senso inizierò fra poco al centro di Vienna la preghiera comune che, quasi come pellegrinaggio spirituale, accompagnerà queste giornate in tutto il Paese.

Mariazell rappresenta non solo una storia di 850 anni, ma in base all’esperienza della storia – e soprattutto in virtù del rimando materno della Statua miracolosa a Cristo – indica anche la strada verso il futuro. In questa prospettiva vorrei oggi, insieme con le Autorità politiche di questo Paese e con i rappresentanti delle Organizzazioni internazionali, gettare ancora uno sguardo sul nostro presente e sul nostro futuro.

Il giorno di domani mi porterà per la festa della Natività di Maria, la Festa patronale di Mariazell, a quel Luogo di grazia. Nella Celebrazione eucaristica davanti alla Basilica ci riuniremo, secondo l’indicazione di Maria, intorno a Cristo che viene in mezzo a noi. A Lui chiederemo di poterLo contemplare sempre più chiaramente, di riconoscerLo nei nostri fratelli, di servirLo in loro e di andare insieme con Lui verso il Padre. Come pellegrini al Santuario, nella preghiera e attraverso i mezzi di comunicazione, saremo uniti a tutti i fedeli e agli uomini di buona volontà qui nel Paese e ampiamente oltre i suoi confini.

Pellegrinaggio non significa soltanto cammino verso un Santuario. Essenziale è anche il cammino di ritorno verso la quotidianità. La nostra vita quotidiana di ogni settimana comincia con la Domenica – dono liberatorio di Dio che vogliamo accogliere e custodire. Celebreremo così questa Domenica nella Basilica di Santo Stefano – in comunione con tutti coloro che nelle parrocchie dell’Austria e in tutto il mondo si raccoglieranno per la Santa Messa.

Signore e Signori! So che in Austria la Domenica, in quanto giorno libero dal lavoro, ed anche i tempi liberi in altri giorni della settimana vengono in parte usati da molte persone per un impegno volontario a servizio degli altri. Anche un simile impegno, offerto con generosità e disinteresse per il bene e la salvezza degli altri, segna il pellegrinaggio della nostra vita. Chi “guarda” al prossimo – lo vede e gli fa del bene – guarda a Cristo e Lo serve. Guidati ed incoraggiati da Maria vogliamo aguzzare il nostro sguardo cristiano in vista delle sfide da affrontare nello spirito del Vangelo e, pieni di gratitudine e di speranza, da un passato a volte difficile, ma sempre anche ricco di grazia, ci incamminiamo verso un futuro colmo di promesse.

Signor Presidente Federale, cari amici! Mi rallegro di queste giornate in Austria e all’inizio del mio pellegrinaggio saluto Lei e tutti voi con un cordiale “Grüß Gott!”.




PREGHIERA ALLA MARIENSÄULE Piazza Am Hof, Vienna Venerdì, 7 settembre 2007

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Venerato, caro Signor Cardinale,

onorevole Signor Sindaco,
cari fratelli e sorelle!

Come prima tappa del mio pellegrinaggio verso Mariazell ho scelto la Mariensäule, per riflettere un momento con voi sul significato della Madre di Dio per l’Austria del passato e del presente, come anche sul suo significato per ciascuno di noi. Saluto di cuore tutti voi convenuti qui per la preghiera ai piedi della Mariensäule. Ringrazio Lei, caro Signor Cardinale, per le calorose parole di benvenuto all’inizio di questa nostra celebrazione. Saluto il Signor Sindaco della Capitale e tutte le Autorità presenti. Un particolare saluto rivolgo ai giovani e ai rappresentanti delle comunità di lingue straniere nell’Arcidiocesi di Vienna, che dopo questa liturgia della Parola si raccoglieranno nella chiesa, dove fino a domani rimarranno in adorazione davanti al Santissimo. Ho sentito che stanno qui ormai da tre ore. Posso solo ammirarli e dire: “Vergelt’s Gott!” Con questa adorazione realizzate in modo molto concreto ciò che in questi giorni vogliamo fare tutti noi: con Maria guardare a Cristo.

Con la fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, si collega sin dai primi tempi una venerazione particolare per sua Madre, per quella Donna, nel cui grembo Egli assunse la natura umana partecipando perfino al battito del suo cuore, la Donna che accompagnò con delicatezza e rispetto la sua vita fino alla sua morte in croce, e al cui amore materno Egli alla fine affidò il discepolo prediletto e con lui tutta l’umanità. Nel suo sentimento materno Maria accoglie anche oggi sotto la sua protezione persone di tutte le lingue e culture, per condurle insieme, in una multiforme unità, verso Cristo. A Lei possiamo rivolgerci nelle nostre preoccupazioni e necessità. Da Lei, però, dobbiamo anche imparare ad accoglierci a vicenda con lo stesso amore con cui Ella accoglie tutti noi: ciascuno nella sua singolarità, voluto come tale e amato da Dio. Nella famiglia universale di Dio, nella quale per ogni persona è previsto un posto, ciascuno deve sviluppare i propri doni per il bene di tutti.

La Mariensäule, eretta dall’imperatore Ferdinando III come ringraziamento per la liberazione di Vienna da un grande pericolo e da lui inaugurata proprio 360 anni fa, deve essere anche per noi oggi un segno di speranza. Quante persone, da allora, si sono fermate presso questa colonna e, pregando, hanno levato gli occhi verso Maria! Quanti hanno sperimentato nelle difficoltà personali la forza della sua intercessione! Ma la nostra speranza cristiana si estende ben oltre la realizzazione dei nostri desideri piccoli e grandi. Noi leviamo gli occhi verso Maria, che ci mostra a quale speranza siamo stati chiamati (cfr
Ep 1,18); Lei, infatti, personifica ciò che l’uomo è veramente!

L’abbiamo appena sentito nella Lettura biblica: già prima della creazione del mondo, Dio ci ha scelti in Cristo. Egli conosce ed ama ciascuno di noi fin dall’eternità! E a quale scopo ci ha scelti? Per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità! E ciò non è un compito inattuabile: in Cristo Egli ce ne ha già donato la realizzazione. Noi siamo redenti! In virtù della nostra comunione col Cristo risorto, Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale. Apriamo il nostro cuore, accogliamo l’eredità preziosa! Allora potremo intonare, insieme a Maria, la lode della sua grazia. E se continueremo a portare le nostre preoccupazioni quotidiane davanti alla Madre immacolata di Cristo, Lei ci aiuterà ad aprire le nostre piccole speranze sempre verso la grande, vera speranza che dà senso alla nostra vita e può colmarci di una gioia profonda ed indistruttibile.

In questo senso vorrei ora, insieme a voi, levare gli occhi verso l’Immacolata, affidare a Lei le preghiere che poc’anzi avete pronunciate e chiedere la sua protezione materna per questo Paese e per i suoi abitanti:

Santa Maria, Madre Immacolata del nostro Signore Gesù Cristo, in te Dio ci ha donato il prototipo della Chiesa e del retto modo di attuare la nostra umanità. A te affido il Paese d’Austria e i suoi abitanti: aiuta tutti noi a seguire il tuo esempio e ad orientare la nostra vita totalmente verso Dio! Fa che, guardando a Cristo, diventiamo sempre più simili a Lui: veri figli di Dio! Allora anche noi, pieni di ogni benedizione spirituale, potremo corrispondere sempre meglio alla sua volontà e diventare così strumenti di pace per l’Austria, per l’Europa e per il mondo. Amen.





INCONTRO CON LE AUTORITÀ E CON IL CORPO DIPLOMATICO Sala dei Ricevimenti, Hofburg, Vienna Venerdì, 7 settembre 2007

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Onorevole Signor Presidente Federale,

Onorevole Signor Cancelliere Federale,
Illustri Membri del Governo Federale,
Onorevoli Deputati del Parlamento nazionale e Membri del Senato Federale,
Illustri Presidenti Regionali,
Stimati Rappresentanti del Corpo diplomatico,
Illustri Signore e Signori!

Introduzione

È per me una grande gioia e un onore incontrarmi oggi con Lei, Signor Presidente Federale, con i Membri del Governo Federale, come anche con i Rappresentanti della vita politica e pubblica della Repubblica d’Austria. In questo incontro nella Hofburg si rispecchia il buon rapporto, caratterizzato da fiducia vicendevole, tra il Vostro Paese e la Santa Sede, di cui Lei, Signor Presidente, ha parlato. Di questo mi rallegro vivamente.

Le relazioni tra la Santa Sede e l’Austria rientrano nel vasto complesso dei rapporti diplomatici, che trovano nella città di Vienna un importante crocevia, perché qui hanno sede anche vari Organismi internazionali. Sono lieto della presenza di molti Rappresentanti diplomatici, ai quali va il mio deferente saluto. Vi ringrazio, Signore e Signori Ambasciatori, per la vostra dedizione non solo al servizio dei Paesi che rappresentate e dei loro interessi, ma anche della causa comune della pace e dell’intesa tra i popoli.

Questa è la mia prima visita come Vescovo di Roma e Pastore supremo della Chiesa cattolica universale in questo Paese, che, però, conosco da molto tempo e per numerose visite precedenti. È – permettetemi di dirlo – veramente una gioia per me trovarmi qui. Ho qui molti amici e, come vicino bavarese, il modo di vivere e le tradizioni austriache mi sono familiari. Il mio grande Predecessore di beata memoria, Papa Giovanni Paolo II, ha visitato l’Austria tre volte. Ogni volta è stato ricevuto dalla gente di questo Paese con grande cordialità, le sue parole sono state ascoltate con attenzione e i suoi viaggi apostolici hanno lasciato le loro tracce.

Austria

L’Austria negli ultimi anni e decenni ha registrato successi, che ancora due generazioni fa nessuno avrebbe osato sognare. Il Vostro Paese non ha solo vissuto un notevole progresso economico, ma ha sviluppato anche un’esemplare convivenza sociale, di cui il termine “solidarietà sociale” è diventato un sinonimo. Gli austriaci hanno ogni ragione di esserne riconoscenti, e lo manifestano avendo un cuore aperto verso i poveri e gli indigenti nel proprio Paese, ma essendo anche generosi quando si tratta di dimostrare solidarietà in occasione di catastrofi e di disgrazie nel mondo. Le grandi iniziative di “Licht ins Dunkel” – “Luce nelle tenebre” – prima di Natale e “Nachbar in Not” – “Vicino nel bisogno” – sono una bella testimonianza di questi sentimenti.

Austria e l’ampliamento dell’Europa

Ci troviamo qui in un luogo storico, dal quale per secoli è stato governato un impero che ha unito ampie parti dell’Europa centrale e orientale. Questo luogo e quest’ora offrono, pertanto, un’occasione provvidenziale per fissare lo sguardo sull’intera Europa di oggi. Dopo gli orrori della guerra e le esperienze traumatiche del totalitarismo e della dittatura, l’Europa ha intrapreso il cammino verso un‘unità del Continente, tesa ad assicurare un durevole ordine di pace e di giusto sviluppo. La divisione che per decenni ha scisso il Continente in modo doloroso è, sì, superata politicamente, ma l’unità resta ancora in gran parte da realizzare nella mente e nel cuore delle persone. Anche se dopo la caduta della cortina di ferro nel 1989 qualche speranza eccessiva può essere rimasta delusa e su alcuni aspetti si possono sollevare giustificate critiche nei confronti di qualche istituzione europea, il processo di unificazione è comunque un’opera di grande portata che a questo Continente, prima corroso da continui conflitti e fatali guerre fratricide, ha portato un periodo di pace da tanto tempo sconosciuto. In particolare, per i Paesi dell’Europa centrale e orientale la partecipazione a tale processo è un ulteriore stimolo a consolidare al loro interno la libertà, lo stato di diritto e la democrazia. Vorrei ricordare, a tale proposito, il contributo che il mio predecessore Papa Giovanni Paolo II ha dato a quel processo storico. Pure l’Austria, che si trova al confine tra l’Occidente e l’Oriente di allora ha, come Paese-ponte, contribuito molto a questa unione e ne ha anche – non bisogna dimenticarlo – tratto grande profitto.

Europa

La “casa Europa”, come amiamo chiamare la comunità di questo Continente, sarà per tutti luogo gradevolmente abitabile solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni che traiamo dalla nostra storia e dalle nostre tradizioni. L’Europa non può e non deve rinnegare le sue radici cristiane. Esse sono una componente dinamica della nostra civiltà per il cammino nel terzo millennio. Il cristianesimo ha profondamente modellato questo Continente: di ciò rendono testimonianza in tutti i Paesi e particolarmente in Austria non solo le numerose chiese e gli importanti monasteri. La fede ha la sua manifestazione soprattutto nelle innumerevoli persone che essa, nel corso della storia fino ad oggi, ha portato ad una vita di speranza, di amore e di misericordia. Mariazell, il grande Santuario nazionale austriaco, è al contempo un luogo d’incontro per vari popoli europei. È uno di quei luoghi nei quali gli uomini hanno attinto e attingono tuttora la “forza dall’alto” per una retta vita.

In questi giorni la testimonianza di fede cristiana al centro dell’Europa viene espressa anche mediante la “Terza Assemblea Ecumenica Europea” in Sibiu/Hermannstadt (in Romania) posta sotto il motto: “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e di unità in Europa”. Viene spontaneo il ricordo del “Katholikentag” centro-europeo che nel 2004, sotto il motto “Cristo – speranza dell’Europa”, ha radunato tanti credenti a Mariazell!

Oggi si parla spesso del modello di vita europeo. Con ciò si intende un ordine sociale che collega efficacia economica con giustizia sociale, pluralità politica con tolleranza, liberalità ed apertura, ma significa anche conservazione di valori che a questo Continente danno la sua posizione particolare. Questo modello, sotto i condizionamenti dell’economia moderna, si trova davanti ad una grande sfida. La spesso citata globalizzazione non può essere fermata, ma è un compito urgente ed una grande responsabilità della politica quella di dare alla globalizzazione ordinamenti e limiti adatti ad evitare che essa si realizzi a spese dei Paesi più poveri e delle persone povere nei Paesi ricchi e vada a scapito delle generazioni future.

Certamente – lo sappiamo l’Europa ha vissuto e sofferto anche terribili cammini sbagliati. Ne fanno parte: restringimenti ideologici della filosofia, della scienza ed anche della fede, l’abuso di religione e ragione per scopi imperialistici, la degradazione dell’uomo mediante un materialismo teorico e pratico, ed infine la degenerazione della tolleranza in una indifferenza priva di riferimenti a valori permanenti. Fa però parte delle caratteristiche dell’Europa la capacità di autocritica che, nel vasto panorama delle culture del mondo, la distingue e la qualifica

La vita

È nell’Europa che, per la prima volta, è stato formulato il concetto di diritti umani. Il diritto umano fondamentale, il presupposto per tutti gli altri diritti, è il diritto alla vita stessa. Ciò vale per la vita dal concepimento sino alla sua fine naturale. L’aborto, di conseguenza, non può essere un diritto umano – è il suo contrario. È una “profonda ferita sociale”, come sottolineava senza stancarsi il nostro defunto Confratello, Cardinale Franz König.

Nel dire questo non esprimo un interesse specificamente ecclesiale. Vorrei piuttosto farmi avvocato di una richiesta profondamente umana e portavoce dei nascituri che non hanno voce. Con ciò non chiudo gli occhi davanti ai problemi e ai conflitti di molte donne e mi rendo conto che la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà.

Mi appello in questo contesto ai responsabili della politica, affinché non permettano che i figli vengano considerati come casi di malattia né che la qualifica di ingiustizia attribuita dal Vostro ordinamento giuridico all’aborto venga di fatto abolita. Lo dico mosso dalla preoccupazione per i valori umani. Ma questo non è che un lato di ciò che ci preoccupa. L’altro è di fare tutto il possibile per rendere i Paesi europei di nuovo più aperti ad accogliere i bambini. Incoraggiate, Vi prego, i giovani, che con il matrimonio fondano nuove famiglie, a divenire madri e padri! Con ciò farete del bene a loro medesimi, ma anche all’intera società. Vi confermo anche decisamente nelle Vostre premure politiche di favorire condizioni che rendano possibile alle giovani coppie di allevare dei figli. Tutto ciò, però, non gioverà a nulla, se non riusciremo a creare nei nostri Paesi di nuovo un clima di gioia e di fiducia nella vita, in cui i bambini non vengano visti come un peso, ma come un dono per tutti.

Una grande preoccupazione costituisce per me anche il dibattito sul cosiddetto “attivo aiuto a morire”. C’è da temere che un giorno possa essere esercitata una pressione non dichiarata o anche esplicita sulle persone gravemente malate o anziane, perché chiedano la morte o se la diano da sé. La risposta giusta alla sofferenza alla fine della vita è un’attenzione amorevole, l’accompagnamento verso la morte – in particolare anche con l’aiuto della medicina palliativa – e non un “attivo aiuto a morire”. Per affermare un accompagnamento umano verso la morte occorrerebbero però delle riforme strutturali in tutti i campi del sistema sanitario e sociale e l’organizzazione di strutture di assistenza palliativa. Occorrono poi anche passi concreti: nell’accompagnamento psicologico e pastorale delle persone gravemente malate e dei moribondi, dei loro parenti, dei medici e del personale di cura. In questo campo la “Hospizbewegung” fa delle cose grandiose. Tutto l’insieme di tali compiti, però, non può essere delegato soltanto a loro. Molte altre persone devono essere pronte o essere incoraggiate nella loro disponibilità a non badare a tempo e anche a spese nell’assistenza amorosa dei gravemente malati e dei moribondi.

Il dialogo della ragione

Fa parte dell’eredità europea, infine, una tradizione di pensiero, per la quale è essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verità e ragione. Si tratta qui, in definitiva, della questione se la ragione stia al principio di tutte le cose e a loro fondamento o no. Si tratta della questione se la realtà abbia alla sua origine il caso e la necessità, se quindi la ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e nell’oceano dell’irrazionalità, in fin dei conti, sia anche senza un senso, o se invece resti vero ciò che costituisce la convinzione di fondo della fede cristiana: In principio erat Verbum – In principio era il Verbo – all’origine di tutte le cose c’è la Ragione creatrice di Dio che ha deciso di parteciparsi a noi esseri umani.

Permettetemi di citare in questo contesto Jürgen Habermas, un filosofo quindi che non aderisce alla fede cristiana. Egli afferma: “Per l’autocoscienza normativa del tempo moderno il cristianesimo non è stato soltanto un catalizzatore. L’universalismo ugualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e di convivenza solidale, è un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore. Immutata nella sostanza, questa eredità è stata sempre di nuovo fatta propria in modo critico e nuovamente interpretata. A ciò fino ad oggi non esiste alternativa”.

I compiti dell’Europa nel mondo

Dall’unicità della sua chiamata deriva, tuttavia, per l’Europa anche una responsabilità unica nel mondo. A questo riguardo essa innanzitutto non deve rinunciare a se stessa. Il continente che, demograficamente, invecchia in modo rapido non deve diventare un continente spiritualmente vecchio. L’Europa inoltre acquisterà una migliore consapevolezza di se stessa se assumerà una responsabilità nel mondo che corrisponda alla sua singolare tradizione spirituale, alle sue capacità straordinarie e alla sua grande forza economica. L’Unione Europea dovrebbe pertanto assumere un ruolo guida nella lotta contro la povertà nel mondo e nell’impegno a favore della pace. Con gratitudine possiamo costatare che Paesi europei e l’Unione Europea sono tra coloro che maggiormente contribuiscono allo sviluppo internazionale, ma essi dovrebbero anche far valere la loro rilevanza politica di fronte, ad esempio, alle urgentissime sfide poste dall’Africa, alle immani tragedie di quel Continente, quali il flagello dell’AIDS, la situazione nel Darfur, l’ingiusto sfruttamento delle risorse naturali e il preoccupante traffico di armi. Così pure l’impegno politico e diplomatico dell’Europa e dei suoi Paesi non può dimenticare la permanente grave situazione del Medio Oriente, dove è necessario il contributo di tutti per favorire la rinuncia alla violenza, il dialogo reciproco e una convivenza veramente pacifica. Deve anche continuare a crescere il rapporto con le Nazioni dell’America latina e con quelle del Continente asiatico, mediante opportuni legami di interscambio.

Conclusione

Onorevole Signor Presidente Federale, illustri Signore e Signori! L’Austria è un Paese ricco di molte benedizioni: grandi bellezze paesaggistiche che, anno dopo anno, attirano milioni di persone per un soggiorno di riposo; un’inaudita ricchezza culturale, creata e accumulata da molte generazioni; molte persone dotate di talento artistico e di grandi forze creative. Dappertutto si possono vedere le testimonianze delle prestazioni prodotte dalla diligenza e dalle doti della popolazione che lavora. È questo un motivo di gratitudine e di fierezza. Ma certamente l’Austria non è un’“isola felice” e neppure crede di esserlo. L’autocritica fa sempre bene e, senz’altro, è diffusa in Austria. Un Paese che ha ricevuto tanto deve anche dare tanto. Può contare molto su se stesso e anche esigere da se stesso una certa responsabilità nei confronti dei Paesi vicini, dell’Europa e del mondo.

Molto di ciò che l’Austria è e possiede, lo deve alla fede cristiana ed alla sua ricca efficacia sulle persone. La fede ha formato profondamente il carattere di questo Paese e la sua gente. Deve perciò essere nell’interesse di tutti non permettere che un giorno in questo Paese siano forse ormai solo le pietre a parlare di cristianesimo! Un’Austria senza una viva fede cristiana non sarebbe più l’Austria.

Auguro a Voi e a tutti gli Austriaci, soprattutto agli anziani e ai malati, come anche ai giovani che hanno la vita ancora davanti a sé, speranza, fiducia, gioia e la benedizione di Dio! Vi ringrazio.





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